PINK BASKET N.23

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N.23 DICEMBRE 2020

IN QUESTO NUMERO // DONNE VINCENTI // LA CRESCITA DI COSTANZA VERONA // INSIDE A1: DINAMO, IDENTITÀ SARDA // FOCUS: RITORNO IN CAMPO POST COVID // INSIDE A2: UDINE TOP, BRESCIA 9 // FEDERICA MONACO E IL CAMBIO DI MARCIA DI VICENZA // PASSARO, UNA VITA DI RIVALSE // RUBRICHE PINK


DICEMBRE 2020

N.23

in questo numero 1 EDITORIALE

Donne vincenti

3 inside a1

Identità sarda

9 PINK GLOSSARY 11 Focus

Ritorno in campo

17 cover story

La crescita di Costanza

23 inside A2

Udine top Brescia: 9

29 Primo piano

Cambio di marcia

35 storie

Vita di rivalse

DIRETTRICE RESPONSABILE Alice Pedrazzi caporedattore Massimo Mattacheo REDAZIONE Silvia Gottardi, Alice Pedrazzi,

Massimo Mattacheo,Francesco Velluzzi, Manuel Beck, Chiara Borzì, Caterina Caparello, Eduardo Lubrano, Susanna Toffali, Alice Buffoni

PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

38 pink mix

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/

41 PALLA E PSICHE

FOTO DI Marco Brioschi,

Donne leader

42 guardia e ladri

Christmas wishlist

44 BUZZER BEATER

Pink power

Meccano Floreal

Alessandro Zonta, Roberto Liberi, Federica Senes/Dinamo Basket, Luigi Canu/Dinamo Basket, Marco Picozzi, Roberta Banzi, Archivio Fip, FIBA Europe, CONI PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi


editoriale

DONNE VINCENTI DI ALICE PEDRAZZI

“Impossibile è la definizione di un avvenimento fino al momento prima che succeda”. Lo scrittore napoletano Erri De Luca, lo spiega così, e bene, in uno dei suoi ultimi libri. Ma noi, gente di basket e di sport, lo viviamo sulla pelle da sempre, l’impossibile che diventa possibile. Lo abbiamo visto materializzarsi, ad esempio, in tutte le gare vinte dai tanti Davide che hanno battuto i Golia sui parquet di tutto il mondo. È il campo, maestro supremo, ad avercelo insegnato. E non importa quale parte del rettangolo di gioco si occupi, sul parquet con la palla in mano, in panchina a dirigere le operazioni o correndo su e giù col fischietto in bocca: il suo insegnamento vale per chiunque lo calchi, con la consapevolezza che lo sport non è solo agonismo e fatica fisica. È allenamento alla vita. Quella vera. Quella che a volte brucia più dei muscoli stremati da fatica e tensione. Ecco perché non siamo stupiti, ma orgogliosi, di aver fornito alla lotta per eccellenza di questo ultimo affannoso anno, quella al Covid-19, alcune delle nostre donne migliori. Donne di sport e di vita. Donne che hanno imparato ad essere vincenti sul campo, andando avanti quando sono stanche morte, quando il fiato brucia nel petto, prima di uscire ed ogni singolo muscolo trema, prima di contrarsi ancora una volta. Hanno imparato sul parquet la solidarietà verso la compagna (che nella lotta al Covid-19 è il malato da assistere, un altro come me, perché nessuno – come abbiamo ben compreso in questi mesi – può considerarsi al riparo dal virus) e sempre sul campo hanno imparato il rispetto, ma non il timore, per l’avversario, anche per quello più insidioso come il virus, appunto. E’ dunque l’orgoglio a farci parlare, come in molti hanno fatto in questi giorni da sempre contraddistinti dai bilanci di fine anno, della storia di Federica Giudice, l’ala ventenne della PF Umbertide (A2), tarantina di nascita, umbra d’adozione, studentessa di scienze infermieristiche all’Università di Perugia e da mesi in campo anche in corsia, con il tirocinio al Centro Ictus di Città di Castello, che con naturalezza e fierezza dice: “Dietro entrambe le divise, quella da giocatrice e quella da infermiera, c’è un grande senso di responsabilità”. O di quella di Lucia Morsiani, 28 anni, bandiera dell’E-Work Faenza e infermiera a Cesena che, per talento e qualità probabilmente starebbe bene anche al piano superiore dell’A1, ma che ha deciso di usare tutte le energie di cui è dotata per correre dal campo alle corsie incessantemente. Una andata e ritorno senza sosta, sempre con lo stesso obiettivo: vincere, in campo contro le avversarie, in ospedale contro il Covid-19. O ancora quella di Silvia Marziali, che sul campo ci sta da tempo – e con autorità – arbitrando ai massimi livelli nazionali ed europei e nella lotta al Covid-19 è in primissima linea, da medico, in servizio in un ospedale della sua città, Fermo, al 118 della Capitale e lavorando anche per il Ministero della Salute a Civitavecchia. Con orgoglio, si diceva, parliamo di loro, ma non con stupore. Perché noi le conosciamo le “donne del basket”. E sappiamo che se sul campo hanno imparato a non tremare, a fare quel centimetro in più che fa la differenza, certamente lo sanno fare anche quando la vita, quella vera, chiama. Come ora.

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CAPITANA CINZIA ARIOLI È LA GIOCATRICE DI MAGGIORE ESPERIENZA E LEADER DELLA DINAMO SASSARI WOMEN, FORMAZIONE ALLA PRIMA ESPERIENZA ASSOLUTA NEL MASSIMO CAMPIONATO.


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IDENTITÀ SARDA

LA DINAMO SASSARI È UN ESEMPIO DI PROGRAMMAZIONE VINCENTE NELLA PALLACANESTRO NAZIONALE. DALLO SCORSO MESE DI GIUGNO, LA FORMAZIONE FEMMINILE SI È AFFIANCATA ALLA MASCHILE, CON L’OBIETTIVO DI RAFFORZARE ULTERIORMENTE L’IDENTITÀ TRA IL CLUB E LA SARDEGNA

DI MASSIMO MATTACHEO

U

n’isola felice dove i sogni – spesso e volentieri nati

con i piedi ben piantati per terra – sono diventati solide realtà. Realtà stupende, come quella della Dinamo Sassari, da almeno un decennio simbolo dell’operosità di una terra e di un popolo che hanno saputo raggiungere traguardi inimmaginabili. Di una visione e di una concretezza, quelle del Presidente Stefano Sardara, che ha saputo dare nuova linfa, sempre e comunque, a un progetto unico nel panorama nazionale. Quella di una regione, la Sardegna, che ha saputo fin da subito immedesimarsi in una squadra. La Dinamo, appunto. Che, non contenta né sazia dei traguardi raggiunti in campo maschile, non solo non ha mollato un centimetro, ma anzi ha raddoppiato. E così, in estate, è nata la squadra femminile. La terza, in Italia, ad abbinarsi alla formazione maschile in Serie A, dopo Reyer Venezia e Virtus Bologna. Guarda caso, due società gloriose e vincenti. Programmatiche. Proprio come Sassari. Unica nel nostro paese a vantare anche la squadra di

basket in carrozzina nella massima serie. Un gioiello, insomma. Che nasce da lontano, dalla volontà dei padri fondatori della Dinamo di dare vita a una Polisportiva. Da un club che ha radici forti e profonde. Che non ha mai fatto il passo più lungo della gamba. E che ha sempre trovato grandi risultati, in campo maschile. E ora, prova a replicarsi, nel femminile, in un percorso che vuole essere vincente. Iniziamo ora il nostro viaggio, alla scoperta del mondo Dinamo.

Un viaggio che inizia da molto lontano, dalla nascita della

squadra sarda nel 1960: in questo lasso di tempo non è mai mancata l’idea di dare vita a una linea identitaria molto attuale anche ora sotto la guida di Stefano Sardara. “Nel 2014 – esordisce Sardara – è nata la Dinamo Lab, formazione che milita stabilmente nella massima serie FIPIC, mentre nell’estate del 2020 abbiamo colto al volo l’opportunità di dare vita a una squadra femminile. Questo nell’ottica di dare seguito alla lunga tradizione di pallacanestro in rosa della nostra terra.


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Un esempio di ciò? Il nostro palazzetto, intitolato e dedicato alla grande Roberta Serradimigni”.

Una scelta, quella della Dinamo, quasi controcorrente ri-

spetto al sentimento nazionale, soprattutto in una annata così complessa a causa del propagarsi del Covid-19, che ha minato le certezze di ognuno di noi. Ma questo non ha scoraggiato la società sarda che, per parola del suo Presidente, “trae un bilancio positivo per come è stato accolto il progetto e anche per il clima che si respira all’interno della squadra. Per fare un esempio: alla prima partita in casa, nonostante gli ingressi fossero contingentati, molti tifosi sono venuti a sostenere le ragazze a scatola chiusa. Questa è la gratificazione più bella. A livello sportivo, eravamo consapevoli delle difficoltà che avremmo incontrato, ma

stiamo crescendo e la strada tracciata è quella giusta”. A guidare la neonata Dinamo femminile è stato scelto Antonello Restivo, allenatore di esperienza e legato alla Sardegna (nato a Cagliari, in carriera ha guidato la Virtus e la Russo Cagliari, Porto Torres, l’Olimpia Cagliari, il Cus Cagliari e il San Salvatore Selargius), che si ritiene “onorato di potere fare parte di un progetto così serio e organizzato, dove la professionalità è tangibile in tutti i settori, dallo staff tecnico, alla comunicazione e al marketing. Credo che Sassari abbia dato vita a un progetto davvero bellissimo che consente alle ragazze di vivere quotidianamente al fianco della formazione maschile. Questo può essere un traino importante per tutto il movimento”. La Dinamo, infatti, è stata la quarta squadra del massimo campionato – dopo Reyer Venezia, Use Empoli (la


IDENTITÀ IL RAPPORTO TRA LA SQUADRA MASCHILE E QUELLA FEMMINILE È ECCELLENTE: ENTRAMBE SONO RAPPRESENTAZIONI DELLA IDENTITÀ DEL POPOLO SARDO.

cui maschile milita in Serie B) e Virtus Bologna – ad affiancare la formazione femminile a quella maschile. Una scelta che in altri sport, in Italia ma anche in Europa è già radicata e che può “rappresentare il futuro della nostra pallacanestro in un mondo ideale – prosegue patron Sardara – anche se in questo momento storico ritengo ci siano ancora diverse società con poca stabilità a livello strutturale. Ritengo pertanto che per fare lo step successivo sia necessario evitare che alcuni club siano costretti a ritirarsi a stagione in corso”. La scelta compiuta da Sassari lancia anche un messaggio alle altre società e all’intero movimento cestistico nazionale per il futuro, perché “avere una formazione maschile e femminile aumenta il valore del lavoro delle ragazze – commenta coach Restivo -. Lo staff della squadra maschile è presente ai nostri alle-

namenti e alle partite, così come noi alle loro, c’è un ottimo rapporto e uno scambio reciproco di informazioni. La serietà della Dinamo si è vista fin dai primi giorni della stagione, quando siamo andati in ritiro al Geo Village di Olbia come gli uomini”.

Un legame stimolante e reciproco che arricchisce entrambi

gli staff tecnici: a riprova di ciò, Gianmarco Pozzecco, capo allenatore della formazione maschile, ha voluto esprimere tutta la soddisfazione per la nascita della squadra femminile, che testimonia “l’ambizione e la solidità del progetto del club. Io sono davvero felice di condividere il mio percorso con Antonello Restivo, l’assistente Roberto Zucca e tutto lo staff perché le opportunità di confronto non mancano e sono stimolanti, soprattutto in questa stagione così particolare. Credo

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inside A1 anche che la squadra femminile sarà amata dai tifosi, perché il popolo sardo ha pazienza ed entusiasmo: per questo darà alle ragazze un sostegno incondizionato in quanto l’amore per il mondo Dinamo è una certezza”.

“Il maschile è un traino importante ma sarebbe troppo

semplicistico ridurre a questo il cammino delle Dinamo Women – chiosa il Presidente – perché stanno costruendo con merito il loro seguito giorno dopo giorno. E poi, in Sardegna, il matriarcato ha radici solidissime (ride, ndr)”. Due squadre, una unica entità con

(“Siamo più di un gioco”) e vogliamo essere molto più di un club, dentro e fuori dal campo” afferma Sardara. Il Presidente della squadra sarda ha accompagnato la sua creatura in un viaggio ambizioso e vincente, non solo a livello sportivo ma anche a livello organizzativo, strutturale e di vision. Riconosciuto come uno dei migliori dirigenti del panorama cestistico nostrano, Stefano Sardara ha una idea chiara di come si promuove la pallacanestro. Promozione che deve partire “da un nucleo di società attive e capaci di coinvolgere sponsor e tifosi nel proprio progetto, un qualcosa di impor-

Essere Dinamo è un modus vivendi che ci accompagna. La consapevolezza del cammino compiuto in questo lasso di tempo ci permette di essere umilmente ambiziosi anche nel futuro. al suo interno anime diverse e complementari, guidate da una proprietà attenta e pronta a cogliere ogni occasione, svilupparsi ed evolversi anno dopo anno, passo dopo passo, quotidianamente. Una crescita partita da basi solide, ampliate nel corso degli anni con una struttura solida e professionale che ha permesso alla società sarda di “ricevere tante attestazioni di stima che ci gratificano, così come lo fa anche la fiducia che i nostri tifosi hanno sempre riposto nel progetto. Se la macchina funziona è più facile allargare la “famiglia”, perché si parte dalle basi e si coordinano le diverse aree di competenza presenti”. Una identità che ha radici profonde e solide anche nella Sardegna, la terra di appartenenza di cui la Dinamo è espressione principe nella palla a spicchi. La formazione femminile consente a Sassari di rafforzare ancora di più questo sentiment, forte di un nucleo di giocatrici che conosce bene l’isola avendo militato in tante squadre sarde già negli anni passati. “Il motto con cui ci identifichiamo è Ca semus prus de unu giogu

tante. A livello istituzionale, la Lega deve promuovere partite ed eventi, coltivare un bacino di utenza dando visibilità a questo sport al fine di provare a colmare il gap che esiste tra il calcio e tutte le altre discipline. Con un lavoro di squadra, si possono ottenere risultati in questo senso”.

Siamo così arrivati alla fine del nostro viaggio. Un percorso

iniziato sessanta anni fa, quando “dieci studenti del Liceo Azuni decisero di fondare la Dinamo – racconta con orgoglio Sardara – di cui noi portiamo avanti l’eredità con orgoglio e ambizione. Vogliamo guardare avanti rimanendo ben saldi sulle nostre radici: essere Dinamo è un modus vivendi che ci accompagna. La consapevolezza del cammino compiuto in questo lasso di tempo ci permette di essere umilmente ambiziosi anche nel futuro”. Un presente (e un futuro) che si racchiudono in una parola: identità. Quella che ha portato Sassari fino a qui, e che la accompagnerà anche negli anni a venire.

LA SERIE A1 A FINE 2020 Due vittorie in campionato per la Dinamo Sassari in questo 2020, in un torneo che vede il dominio dell’Umana Reyer Venezia, inarrestabile capolista della Serie A1. Le orogranata hanno inanellato undici vittorie su altrettanti incontri. Tengono il passo delle venete la Virtus Bologna (avversaria della squadra allenata da coach Ticchi nel big match del 30 dicembre), autentica sorpresa di questa prima fase, il Famila Schio e la Passalacqua Ragusa. Alle loro spalle il terzetto formato da Empoli, Geas e Costa Masnaga ha scavato già un bel solco (sei punti) rispetto alle più immediate inseguitrici in ottica qualificazione ai playoff, lanciando talenti come Matilde Villa e Beatrice Del Pero. San Martino di Lupari, Campobasso, Broni, la stessa Dinamo, Vigarano e Battipaglia (unica compagine ancora a zero punti) sono ancora in corsa per l’ultimo posto della post season. Tutto rimane molto aperto e rende il campionato affascinante.


PRESIDENTE STEFANO SARDARA, DOPO AVERE PORTATO LA SQUADRA MASCHILE AL MASSIMO LIVELLO IN ITALIA, RILANCIA ANCHE CON LA FEMMINILE. CON UNA VISION CHIARA E BASI SOLIDE.

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Ogni gesto di solidarietà è il frutto di un impegno quotidiano, che nasce nel carrello della spesa per trasformarsi in progetti a sostegno del nostro territorio e delle persone che lo vivono. SALUTE

RISPARMIO ENERGETICO

AUTISMO

CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Sosteniamo la sanità: sono stati donati 300 mila euro agli ospedali locali e, in collaborazione con Selex, 1 milione di euro all’ospedale Sacco di Milano. Aderiamo all’Ora Blu: con Famila e Emisfero ogni ultimo martedì del mese accogliamo le persone autistiche in un ambiente adatto alle loro esigenze.

RICERCA

Diamo valore alla ricerca: abbiamo finanziato bandi per la ricerca contro il diabete e per la Fondazione Veronesi.

A FIANCO DELLE DONNE

In occasione dell’8 marzo abbiamo scelto un regalo solidale a sostegno di tutte le donne e contribuito alla loro tutela con una donazione a Telefono Rosa.

AMBIENTE

Ogni anno evitiamo l’emissione in atmosfera di 1.200 tonnellate di C02 grazie all’utilizzo di imballaggi RPC, e di altre 300 tonnellate dall’impiego di impianti fotovoltaici. i brand coinvolti

Favoriamo il risparmio energetico riducendo i consumi di oltre il 40% grazie all’installazione di porte sui banchi frigo, e di oltre il 50% attraverso l’utilizzo d’illuminazione a LED. Ci impegniamo a contrastare lo spreco alimentare grazie alla vendita a fine giornata di prodotti prossimi alla scadenza a prezzi scontati del 50%. Recuperiamo le eccedenze alimentari nel 60% dei nostri punti vendita e le doniamo a Caritas, onlus, parrocchie e associazioni locali.

OCCUPAZIONE

Sosteniamo l’occupazione femminile e giovanile: degli oltre 7.000 dipendenti del Gruppo il 64% sono donne e il 20% sono giovani con meno di 35 anni.

SPORT GIOVANILE

Con donazioni e sponsorizzazioni incentiviamo la pratica dello sport tra i giovani, per promuovere uno stile di vita sano in un contesto positivo. Scopri tutte le iniziative su unicomm.it


glossary

PINKGLOSSARY Parole del basket che raccontano storie (perlopiù divertenti).

Pick

di frequente: “Pick’n’roll”, in italiano: “Blocco”

Definizione.

Movimento cestistico solitamente messo in atto da giocatrici-armadio che consiste nel piazzarsi con movimenti da puma dietro alla schiena dell’avversaria, assumere una posizione in stile Haka degli All Blacks e infine evitare, con tutte le forze e i mezzi possibili, che l’avversaria possa muoversi. Di conseguenza, suddetto movimento può anche definirsi – per chi lo riceve – colpo di frusta legalizzato. Può anche succedere che siano le giocatrici di piccola taglia a portare un blocco alle giocatrici-armadio. In tal caso i finali possibili sono due: la giocatrice-nana finisce per scavare un piccolo buco nel parquet a forza di spingere e l’arbitro arriva sistematicamente a fischiare fallo per blocco in movimento. Oppure, nei casi peggiori, per qualche strana legge della fisica la giocatrice-nana subisce una specie di onda d’urto provocata dal suo stesso movimento, finendo a terra agonizzante. Senza dubbio, il pick è adorato dalle giocatrici di basket e dagli allenatori, perché è la chiave risolutiva di moltissime azioni offensive. È, ed è stata, un’ancora di salvezza per generazioni di baskettàri. Un mito, insomma. “Mancano pochi secondi alla fine dell’azione?” Blocco. “Serve un canestro veloce?” Blocco. “Serve un tiro da tre?” Blocco. “Non sai cosa fare?” Blocco. “Non ti ricordi più lo schema?” Blocco. “Vuoi vendicarti di un torto subito?” Blocco. “Sei stanco, hai quattro falli e vuoi uscire ma il coach non ti cambia?” Blocco, in movimento. E così via. Il successo, in tutti i casi, è assicurato. E sì, perché dopo decenni che questo movimento offensivo viene applicato, la difesa sembra rimanere ogni volta spiazzata. Giocatrici che si schiantano come moscerini sul parabrezza o che rimangono incastrate tra gomiti e ginocchia avversarie senza possibilità di sbrogliarsi, allenatori che inventano difese sfruttando i numeri ordinali nella speranza di fermare il blocco. “Passa in prima, no in seconda! Meglio in terza, dai proviamo in quarta!”. A volte ci azzeccano, altre no e alcuni, per risolverla velocemente, scelgono una difesa a zona. Insomma, il blocco ha acquisito una tale celebrità da avere dei nomi propri come “Elle” - molto elegante - o “Corna” - nel caso i blocchi siano due simultaneamente - o qualsiasi altro nome inventato per non far capire agli avversari le proprie intenzioni. Anche se in realtà le hanno capite da un pezzo e l’avversaria in questione sta già chia mando l’osteopata anticipandogli che dovrà sistemarle la schiena.

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RINVII DIVERSE SONO STATE LE SQUADRE COLPITE DA CASI DI COVID-19, CHE HANNO PORTATO AL RINVIO DELLE PARTITE DI A1 E A2. TRA QUESTE SQUADRE, LA PASSALACQUA RAGUSA: IN FOTO MARZIA TAGLIAMENTO.


focus

RITORNO IN CAMPO

I CAMPIONATI, IN QUESTA STAGIONE, SONO RESI INCERTI DAL PROPAGARSI DEL COVID-19. IN QUESTO FOCUS SI È POSTA L’ATTENZIONE SUI PROTOCOLLI DA SEGUIRE PRIMA E DURANTE IL RITORNO IN CAMPO CON LE OPINIONI DI ESPERTI IN MEDICINA DELLO SPORT E PREPARAZIONE FISICA

DI EDUARDO LUBRANO

I

l Covid-19 ha stravolto la nostra vita nel 2020. Il Covid-19

ha portato via moltissime persone care ad ognuno di noi in un anno nel quale gli sportivi di tutto il mondo hanno anche subìto la violenza di vedersi strappare via degli idoli di una vita. Ora ci chiediamo: come si supera, come si va avanti? A metà dicembre le partite rinviate causa diffusione del Coronavirus tra la serie A1 ed i due gironi della A2 femminile erano 46, tantissime, più di quelle di una stagione regolare. Alcune squadre sono state colpite più di altre, qualcuna è stata solo sfiorata, altre ancora sono state del tutto evitate dal contagio o dalle conseguenze. Dopo le prime undici giornate solo quattro squadre avevano giocate tutte le gare programmate, una ne aveva potuto disputare solo sei. Tutto è filato liscio – dal punto di vista del calendario - fino alla quinta giornata del girone di andata, poi sono iniziati i rinvii. “Inevitabile però – afferma il Dr. Pier Tettamanti, specialista in Medicina dello Sport e Responsabile

Medico della Nazionale Femminile senior – perché rimettendo in moto i campionati, alzando il numero dei contatti tra le squadre e le società, i viaggi e quant’altro era preventivabile e preventivato che sarebbe successo... È stato tuttavia posto un argine ai potenziali problemi: l’attenzione delle Società nel seguire le linee guida emanate dal Comitato Scientifico della FIP e anche dello stesso Settore Squadre Nazionali/Settore Sanitario nell’ambito dell’attività delle squadre nazionali ha di sicuro aiutato nel contenere i contagi... Qualche squadra sarà costretta ad un tour de force ma la risposta generale al problema secondo me, secondo noi Medici dello Sport, ha rispecchiato un po’ le nostre attese”. In che senso lo intende, Dr. Tettamanti? “Di fronte ad un evento così traumatico come questa pandemia bisogna fare diverse distinzioni. La prima è la più semplice: la risposta di ognuno di noi ad un’infezione di qualsivoglia natura è diversa perché


focus

ognuno di noi è diverso e le sue difese sono differenti. Purtroppo abbiamo avuto dei morti, non parlo dello sport nello specifico e nemmeno entro nella casistica di questi decessi. Abbiamo avuto persone che hanno contratto il virus e sviluppato la malattia anche in modo molto forte ma sono guarite seppure con percorsi diversi. Poi ci sono quelli che hanno invece sviluppato un’infezione in forma talmente lieve da passare inosservata e quindi ne sono ignari oppure venuti a conoscenza di aver contratto il Coronavirus solo in seguito ad un test: sono i cosiddetti “asintomatici”... Avremo quindi una popolazione eterogenea anche di atleti COVID+ che riprenderanno la loro attività...” La interrompo: possiamo fare una distinzione da un punto di vista fisico e funzionale tra uomini e

donne da questo punto di vista? “No. Per un motivo molto semplice: stiamo studiando questo virus da poco meno di un anno e tra evidenze scientifiche ed esperienze personali non abbiamo dati sufficienti per fare questo distinguo. Sappiamo solo, ma questo non c’entra con lo sport, che il Covid-19 attacca più gli uomini che le donne e che ci sia una più alta letalità nei primi”. Torniamo al recupero allora. “Le linee guida della Federazione Medico Sportiva hanno costruito la strada lungo la quale muoversi per tutti. E da aprile, quando uscì la prima versione, ad oggi quelle linee si sono evolute di pari passo con l’aggiornamento delle conoscenze sul virus. È compito, obbligo direi, di ogni Medico dello Sport, valutare attentamente la storia clinica del soggetto allo


PRECAUZIONI TANTE, ANCHE A LIVELLO DI PREPARAZIONE FISICA. NEL PIENO RISPETTO DEI PROTOCOLLI PREVISTI, ANCHE ALL’INTERNO DELLA “BOLLA” IN CUI È STATO IMPEGNATO MATTEO PANICHI CON LA NAZIONALE SENIOR.

scopo di identificare possibili casi non diagnosticati e disporre ulteriori accertamenti se un dettaglio, un dubbio, un punto non dovesse essergli chiaro. Ricordiamo una cosa che sanno tutti ma che è fondamentale: prima di tornare all’attività ogni atleta con pregressa diagnosi di COVID-19 deve sostenere una nuova visita di idoneità sportiva, che tra le altre cose comprende un elettrocardiogramma sotto sforzo e la spirometria”. Perché polmoni e cuore sono gli apparati che soffrono di più l’attacco del Covid-19? “Certo. In realtà l’elettrocardiogramma è da sempre il fulcro della visita medico sportiva e lo è ancora di più adesso. E sappiamo da subito che il virus attacca i polmoni. Ma anche le arterie ed i reni sono coinvolti. Alcuni studi pubblicati su prestigiose riviste scien-

tifiche hanno evidenziato come il virus può lasciare traccia nell’individuo asintomatico fino al 50% dei casi. Quindi lo screening per un atleta asintomatico che deve tornare ad allenarsi e giocare mira ad essere il più completo possibile. E su questo voglio dire che in Italia siamo un’eccellenza da questo punto di vista da oltre 40 anni: tutelare per Legge la salute di chi fa sport (a partire dal Decreto del 18 febbraio del 1982 -Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica, ndr) ci mette all’avanguardia nella salvaguardia dei nostri sportivi”. Dr. Tettamanti, in momenti come questi girano diverse voci. Una racconta di spirometrie di atleti ed atlete che al momento della nuova visita per l’idoneità, sembravano quelle di persone anziane. Possibile?

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focus “Io non ne ho viste. Ma che questo virus possa influire sull’attività polmonare è una cosa accertata. Per questo la scrupolosità degli accertamenti è fondamentale. Per questo la figura del Medico dello Sport è fondamentale. E noi Medici dello Sport abbiamo il dovere di essere il più aggiornati possibile sulle complicanze legate all’infezione da Coronavirus. Attenendosi ai fatti. Anche perché lo stato attuale delle conoscenze sulle conseguenze a medio/lungo termine non ci permette di stabilire chi potrà sviluppare le complicanze. La ripresa dell’attività deve essere progressiva e le indicazioni del medico devono passare al preparatore che deve saperle traferire ad ogni atleta. Perché non dimentichiamo che oltre alla malattia c’è anche lo stop forzato che a seconda dei vari casi può comportare tempi diversi di ripresa”. Lei sembra ottimista, per fortuna, in un mare di pessimismo e di visioni nere. “Io sono realista. Ho fiducia nella scienza medica e nei suoi progressi. So che questo virus ha un parente neanche troppo lontano – il virus della Sars del 2003 – che oggi ha permesso una corsa più rapida

inattività e di isolamento a casa, magari in una stanza. E che questo ha comportato oltre alla perdita di forza anche una desuetudine ai movimenti specifici della pallacanestro solo per dirne due. Quindi non è come recuperare un “normale” infortunato che ad un certo punto del suo percorso è uscito di casa, ha potuto andare in piscina, fare certi esercizi in palestra col pallone”. A proposito di approcci, qual è il più importante per voi adesso? “Lo sono tutti ovviamente. In questa fase per noi è fondamentale concentrarci su un cambiamento della strategia degli esercizi strutturali, che riguardano appunto la struttura del corpo che va prima di tutto rimesso in sicurezza. I tanti infortuni al tendine di Achille ai quali abbiamo assistito in questo periodo – a partire dal primo lockdown – sono stati un campanello d’allarme fortissimo. Poi, ma non in ordine di importanza o di consequenzialità ci sono la coordinazione, la forza, i gesti, il ritorno del contatto fisico – saperlo assorbire ed utilizzare è un’abilità importante - e tutto quello che si fa per il recupero di un’atleta”.

Le linee guida della Federazione Medico Sportiva hanno costruito la strada lungo la quale muoversi per tutti. E da aprile ad oggi quelle linee si sono evolute di pari passo con l’aggiornamento delle conoscenze sul virus. al vaccino rispetto ad un virus assolutamente nuovo. So che se ognuno di noi, al di là delle norme di carattere nazionale, nel suo quotidiano si attiene alle regole del buon senso, può limitare i rischi di contagio. Io credo che la prudenza sia un obbligo così come non bisogna dimenticare i fatti e non bisogna farsi prendere dall’ansia e dal panico. E so che se una giocatrice torna ad allenarsi ed a giocare vuol dire che sta bene e può farlo”. Molto poco banale. E noi come da indicazioni del Dr. Tettamanti abbiamo passato la palla al Preparatore Fisico della Nazionale Femminile senior (e non solo) Matteo Panichi. “Sono cambiate molte cose rispetto a prima – ci ha detto – e ci troviamo tutti ad affrontare una quantità diversa di approcci al lavoro. Una volta che abbiamo ricevuto il via libera dai medici per la ripresa dell’attività ed abbiamo acquisito tutte le informazioni sulle difficoltà attraverso cui è passata una giocatrice ci rapportiamo ad un lavoro individuale. Sapendo però che queste ragazze oltre al problema Covid-19 hanno dovuto passare un periodo più o meno lungo di

C’è anche un aspetto psicologico rilevante? “A me non è sembrato. Le ragazze colpite dal Coronavirus hanno sofferto di essere state chiuse a casa da sole – un aspetto che all’inizio è stato un po’ sottovalutato forse - ma questo non ha influito sulla loro voglia di ricominciare anzi. Più del solito uno dei nostri compiti adesso è frenare l’entusiasmo ed il desiderio di tutte e tutti di tornare in campo il prima possibile. Rispetto poi alle differenze che ci sono nell’allenare gli uomini o le donne, secondo me sottili, devo dire che questo particolare momento le ha un po’ amplificate: la meticolosità delle ragazze per esempio nell’eseguire diciamo i “compiti a casa” è stato un grande vantaggio. E noi Preparatori da questo periodo dobbiamo trarre delle lezioni. La prima è la ricerca e l’aggiornamento continuo. La seconda è la flessibilità: allenamenti con un gruppo meno numeroso rispetto al solito, il calendario che cambia continuamente solo per fare due esempi. Io personalmente da oggi in poi mi lamenterò di meno e chiederò di lamentarsi di meno dopo quello che abbiamo passato”. Tutt’altro che banale.


ESPERTO PIER TETTAMANTI, RESPONSABILE MEDICO DELLA NAZIONALE FEMMINILE SENIOR, HA RACCONTATO ALCUNI ASPETTI IMPORTANTI SULLE ATTENZIONI POSTE NEI CONFRONTI DI ATLETE E ATLETI.

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VINCENTE DOPO TRE MEDAGLIE OTTENUTE CON LA MAGLIA DELLE NAZIONALI GIOVANILI, COSTANZA LAVORA PER ENTRARE STABILMENTE NEL GRUPPO DELLE DODICI ATLETE DEL CT LINO LARDO .


cover story

LA CRESCITA DI COSTANZA LA PLAYMAKER DEL GEAS È UNO DEI VOLTI NUOVI DELLA NOSTRA PALLACANESTRO.

GIÀ NEL GIRO DELLA NAZIONALE MAGGIORE GRAZIE A PRESTAZIONI SOLIDE CON IL CLUB, VERONA NON SI PONE LIMITI E VUOLE PROSEGUIRE NEL SUO MIGLIORAMENTO PER ARRIVARE AL MASSIMO LIVELLO POSSIBILE

DI FRANCESCO VELLUZZI

E

ora chiamatela Professoressa Costanza Verona. Perché se

il presente è già scritto, il futuro lo sta scrivendo. A giugno la playmaker dell’Allianz Geas Sesto San Giovanni si laurea in Scienze Motorie. Perché nella sua famiglia il basket è una fede, ma lo studio non viene trascurato da nessuno. La mamma, Simona Chines, ha speso una vita per il basket, è stata giocatrice, playmaker, allenatrice, dirigente, ma non ha mai lasciato il lavoro per l’Unione Europea. Il papà, Antonio (che aveva giocato a calcio e volley), pur sostando fuori dai palazzetti da quando era ragazzo, prima da fidanzato poi da papà, continua con passione e impegno a fare il commercialista a Palermo. E la sorella di Costanza, Marta, che è nata nel 1994, ha chiuso le porte al professionismo perché ha scelto gli studi in Giurisprudenza e un futuro da avvocato. Farà il concorso a dicembre 2021. Così, sparita Palermo, che aveva ritrovato la A-1 con l’impegno di Simona Chines, le stregonerie tattiche di Santino Coppa e qualche sponsor generoso, Marta continua a giocare a Patti, in A-2 perché il futuro pro-

fessionale che la attende è a Palermo, dove vive pure il suo fidanzato. Per ora Palermo continua col settore giovanile, dove mamma Simona butta sempre l’occhio, ma da giugno potrebbe risorgere, con l’ingresso di sponsor che ci credono, e ripresentarsi nell’Olimpo del basket donne. La Lega, lo ha dimostrato con Sassari, apre le porte a chi ha facoltà e possibilità di restare bene a galla.

VAI COSTANZA Ma, raccontata la famiglia Verona, ora bi-

sogna concentrarsi sul talento di Costanza. Playmaker d’azione, d’attacco, una che osa sempre e si butta con convinzione in mezzo a gambe e braccia lunghissime, nonostante il suo metro e settanta. Costanza è nata a Palermo il 6 agosto del 1999. Il pallone da pallacanestro lo ha preso in mano per la prima volta a quattro anni. Un percorso quasi obbligato, vista la vita e la passione di mamma Simona e i cinque anni in più della sorella Marta con la quale il legame è strettissimo. “Fino ai 16 anni mi ha allenata mia mamma. Facevo parte


cover story

TERZO ANNO VERONA HA INIZIATO QUEST’ANNO LA SUA TERZA STAGIONE IN MAGLIA GEAS, CON UN RUOLO SEMPRE PIÙ IMPORTANTE ALL’INTERNO DELLO SCACCHIERE TATTICO DI COACH ZANOTTI.

del settore giovanile a Palermo, ma ho giocato anche in A-3 e in A-2. Con Piero Musumeci”, racconta la play del “futuro”. Giocare a basket ad alto livello non poteva che essere il sogno di questa adolescente che tutto il tempo extra liceo classico lo trascorreva in palestra. “E così a 17 anni mi sono trasferita a Battipaglia. È stata la mia prima esperienza lontana da casa. Mi ha voluta Massimo Riga. Che poi, l’anno successivo, ho deciso di seguire a Torino”. Dove Costanza ha cominciato a dimostrare, giovanissima, diciottenne, di poter valere con

pieno merito il grande palcoscenico della A-1. Poi a Torino è finita come è finita e il grande basket femminile se n’è andato. Per i problemi economici che affliggono tantissimi club. Ma, nel frattempo, Stefano Luigini, procuratore di Costanza, e la sua assistita stavano per fortuna programmando un bel futuro. Che è l’attualità della playmaker palermitana. “E’ il mio terzo anno al Geas. E devo ammettere che non avrei potuto fare scelta migliore. Sono all’ultimo anno di contratto. Ma in questi tre anni mi sono trovata benissimo. Devo am-


mettere che si sta meglio a Milano che a Torino. Io vivo a Sesto San Giovanni e ho la metropolitana sotto casa, quindi in 10-15 minuti sono in centro a Milano dove vive pure mia cugina Simona Fiorelli che fa l’università. Ci troviamo spesso ed è una bellissima cosa, abbiamo un bel rapporto. Ormai mi sono abituata a vivere fuori di casa e questo percorso lo rifarei 100 volte, riesco ad essere indipendente. Milano mi affascina, certo non ha il mare che è l’unica cosa che manca, ma è una città che ha davvero tutto”.

BASKET E OBIETTIVI In poco tempo Costanza Verona è diven-

tata playmaker titolare dell’Allianz Geas. Deve solo imparare a gestire meglio il suo talento, a essere più equilibrata nella distribuzione del gioco, partendo meno in quarta all’assalto. Ma il talento c’è e lo dimostrano anche le prime convocazioni nella nazionale maggiore da parte del CT Lino Lardo. Con Cinzia Zanotti, Verona è cresciuta, maturata, esplosa, tanto che a novembre era tra le convocate di Lardo e solo il Covid-19 (“sono stata l’ultima a prenderlo in squadra, dove siamo sta-

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cover story te colpite praticamente tutte”) le ha precluso di vivere quella bellissima esperienza nella bolla di Riga dove le azzurre hanno quasi totalmente recuperato dopo la batosta di Cagliari con la Repubblica Ceca. “Con Cinzia Zanotti sono migliorata sicuramente. Lei è importante per me, mi dà tanta fiducia, ha creduto subito nei miei mezzi. Mi dà serenità e giocare in una squadra del genere è stimolante. In uno sport come il nostro in cui la passione è la parte fondamentale vivere in un bel gruppo è, forse, l’aspetto più importante. Non si gioca per diventare ricche, si gioca perché siamo innamorate della pallacanestro. Quindi la coesione del gruppo è l’aspetto dominante. Anche le tre nostre straniere sono ben integrate. Poi ci sono giovani di qualità, come Pan-

pesanti, qualcosa era logico che andasse storto. Ma io credo si possa riprendere il giusto cammino”.

OBIETTIVI Costanza lavora pure per se stessa. “Il mio de-

siderio è far parte del gruppo della Nazionale che a febbraio tornerà in campo per le qualificazioni all’Europeo. Voglio essere tra le 12. Ho fatto tutte le nazionali giovanili e vinto tre medaglie, un bronzo all’Europeo Under 16 e un argento al Mondiale Under 17 con Giovanni Lucchesi e l’oro all’Europeo Under 20 con Sandro Orlando. Lì entrai anche nel miglior quintetto. Poi Capobianco mi chiamò per la prima volta ai raduni della Nazionale maggiore. Lavoro per entrarci stabilmente. Il mio modello è sempre stata Francesca Dotto.

Mi impegno per arrivare all’obiettivo di giocare in Eurolega, il desiderio massimo. So che c’è molta più fisicità e il livello è decisamente alto, ma voglio abituarmi al livello internazionale. zera e Gilli, un settore giovanile che da sempre va alla grande. Insomma tutto funziona alla perfezione”. Pure la convivenza con Giulia Arturi, 33 anni, capitana e leader, playmaker di spessore e di alto livello. L’equilibrio in persona. Una che difficilmente butta via un pallone. Giulia e Costanza si dividono sostanzialmente il minutaggio anche se i minuti che scottano spettano più alla ventunenne palermitana. Le due non si pestano i piedi, non c’è antipatia, anzi, semplicemente una sana competizione che alza anche il livello degli allenamenti. “Come è giusto che sia. Giulia mi aiuta tantissimo. È una persona super che ho la fortuna di conoscere e vivere ogni giorno. Non c’è assolutamente antagonismo. Mi ha accolto nella famiglia Geas nel migliore dei modi, facendomi diventare parte di questo gruppo e di questo ambiente. Confrontandomi con lei, miglioro pure io, giorno dopo giorno. E, soprattutto, lavoriamo in tutti gli allenamenti e in tutte le partite per il bene comune cercando di portare la squadra più in alto possibile. Siamo consapevoli di poter riuscire a centrare il quarto posto alla fine della stagione regolare e di andare alle finali di Coppa Italia. Siamo incappate in qualche scivolone (l’ultimo in casa prima di Natale contro l’Empoli che ha azzeccato tutto nei tiri da tre punti) di troppo. Non voglio cercare alibi, ma la pandemia ci ha bersagliate e gli infortuni di Sara Crudo (operata alla caviglia in seguito all’infortunio riportato nella sfida persa con il Banco di Sardegna Sassari, quando l’Allianz scese in campo con sole sei giocatrici - ndr) e Ilaria Panzera (che ha saltato le prime 6 partite - ndr) non sono cose di poco conto. Sono due giocatrici importantissime per noi. Nel mese di dicembre abbiamo dovuto giocare nove partite in 23 giorni per recuperare quelle che avevamo dovuto saltare causa Covid-19. Era chiaro, con due assenze

A me piace giocare come lei, buttandomi senza paura e attaccando il canestro. Anche se pure l’assist mi esalta. Mi impegno per arrivare all’obiettivo di giocare in Eurolega, il desiderio massimo. So che c’è molta più fisicità e il livello è decisamente alto, ma voglio abituarmi al livello internazionale”. Se chiedi a Costanza se tornerebbe a Palermo in A-1 la risposta è “No. Perché ho le idee chiare e so dove voglio arrivare”. Capito la ragazzina? L’ambizione è quella di arrivare nei club che lottano per lo scudetto e fanno le coppe. “Quest’anno credo che lo scudetto se lo giocheranno Venezia e Schio che, come al solito, allestisce uno squadrone. Ma l’Umana ha trovato la quadra giusta, ha buone straniere, italiane che giocavano già insieme e ha aggiunto un elemento importante come Pan. Può essere l’anno buono per loro”.

VITA Intanto Costanza si gode questa stagione al Geas.

Divide l’appartamento con Sara Crudo. “Alla quale quando si è fatta male ho fatto un po’ anche da infermiera... Ben volentieri. Ci troviamo benissimo. Ognuna cucina le sue cose, ma a volte facciamo insieme perché siamo entrambe molto sane... pollo, verdura, riso. Lo scorso anno stavo con Arianna Zampieri. Ma una certezza vale per tutte le compagne: quando torno da Palermo devo sempre arrivare carica di cannoli (che preferisco decisamente alla cassata) e pistacchio. Tutte impazziscono, soprattutto la slovacca Oroszova che è ghiotta. Lo faccio volentieri. L’unica cosa che non posso portare sono gli anelletti al forno di mamma che sono proprio la fine del mondo”. E con questo particolare goloso, Costanza ci dà appuntamento al 2021. Senza dimenticare un saluto a Valeria Trucco. “La mia migliore amica del basket, ci conosciamo dall’Under 14... Non è poco”.


CERVELLO NON SOLO IN CAMPO, DOVE DETTA I RITMI DELLA SQUADRA, MA ANCHE EXTRA PARQUET: A GIUGNO COSTANZA CONSEGUIRÀ LA LAUREA IN SCIENZE MOTORIE.

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inside A2

Udine top Brescia: 9

ALLA CHIUSURA DEL 2020 LE FRIULANE SONO LE UNICHE GIÀ SICURE DI UN POSTO IN COPPA ITALIA. DIETRO DI LORO AL NORD È LOTTA A QUATTRO. IN DICEMBRE IL COVID HA COLPITO DURO AL SUD: CLASSIFICA GUIDATA DA BRESCIA (9 VITTORIE DI FILA), FAENZA E UMBERTIDE, MA MOLTO PROVVISORIA

di manuel beck

H

anno tenuto duro, nel pieno della seconda onda-

ta di Covid, le società di A2, spesso costrette a combattere più le positività e i rinvii che le avversarie. Anna Zimerle, coach di Sarcedo, in un’intervista post-gara a inizio dicembre ha detto: “Credo che lo sport in un momento come questo sia un segnale di speranza e di fiducia. E visto che ci è data la possibilità di giocare, spero che si continui”. Così è stato. E ora la speranza è che, dopo due mesi in salita, cominci la discesa verso un 2021 più sereno. Al Nord, in effetti, la situazione è già migliorata: gli ultimi turni si sono disputati al completo, e dopo i recuperi già effettuati ne rimangono solo 4 (quasi tutti riguardanti il BC Bolzano, fermato a lungo da un’ordinanza provinciale). Al Sud invece, dove il virus ha infierito da fine novembre in avanti, si sono accumulati addirittura 21 rinvii, di cui solo 2 già recuperati nel momento in cui chiudiamo questo

articolo (25 dicembre). Bersagliata soprattutto la Toscana: Firenze, Nico e S.G. Valdarno hanno saltato 5 giornate di fila. Quattro rinvii per Cus Cagliari, Faenza e Pall. Bolzano. Si è dunque corsi ai ripari posticipando a fine stagione regolare le prime 2 giornate di ritorno, in modo da creare un intervallo di 20 giorni tra l’ultima di andata (2 gennaio) e l’inizio del ritorno (23-24 gennaio) in cui smaltire il grosso degli “arretrati”. E intanto si lotta per il primo traguardo: la qualificazione alla Coppa Italia (prime 4 di ogni girone a fine andata). Dopo il 12° turno, ultimo del 2020, al Nord è già dentro Udine, con 10 vinte-1 persa; per gli altri 3 posti lottano Vicenza, Castelnuovo, Crema e Moncalieri; l’esclusa eccellente è Alpo. Al Sud mancano troppi recuperi per avere un quadro chiaro: per ora davanti Brescia, Faenza e Umbertide; in corsa anche Selargius, Valdarno e Firenze; tra le nostre favorite d’inizio stagione restano fuori La Spezia e Nico.


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Girone Nord // Tanto equilibrio e finali memorabili; dietro Udine si scambiano colpi Vicenza, Crema e le due piemontesi. Risalgono la giovane Albino e Ponzano con Iannucci. Si sblocca Carugate, sfortunata Bolzano Alternativa a Udine cercasi. Di Vicenza parliamo più avanti. Crema, dopo una mini-crisi (3 sconfitte in 4 partite), si è rilanciata battendo all’overtime Vicenza, in rimonta. Castelnuovo ha invece perso, sempre al supplementare, con le vicentine (nonostante 29 di Madonna), ma si è rifatta nel derby con Moncalieri, anche questo durato 45’ (65-64, decisivo un “2+1” di V. Gatti) e ha dominato a Milano. Moncalieri è uscita forte dallo stop per Covid, mettendo in riga Carugate, S. Martino e Mantova per poi toccare il top nel 71-56 su Vicenza (con 15 di Cordola); ma dopo il semaforo rosso con Castelnuovo ha ceduto alla distanza contro Udine (nonostante 23+14 rimbalzi di Cordola). BC Bolzano. Lotta per riprendersi da due tegole come l’infortunio “termina-stagione” di Molnar e lo stop di un mese per le norme provinciali anti-Covid. Ha preso la lunga portoghese Alves e il play-guardia Iuliano. Nelle prime 3 partite dopo il ritorno in campo, contro Udine, Ponzano e Sarcedo, non è bastata una grande Nasraoui (68 punti complessivi col 75% al tiro). Coronarie. Quelle malconce di chi segue Milano, dopo i 7 finali in volata già collezionati dalle “Orange” nelle prime 12 giornate, con 3 gioie e 4 dolori. La squadra di Pinotti, di fatto mai al completo finora, dà l’impressione di poter raccogliere di più nel ritorno: l’ha dimostrato espugnando il fortino di Crema (45-56) che non veniva violato da oltre 2 anni e 31 partite di fila. Duello. In un derby lombardo ad alto tasso di ruvidità, tra Mantova e Milano, le combattenti d’area Llorente e Guarneri si sono date battaglia a suon di “triple doppie” per punti, rimbalzi e falli subiti (16+18+10 l’argentina, 10+11+10 la novarese; 38-25 la valutazione). Hanno vinto le mantovane che grazie a questo risultato rimangono un passo avanti al Sanga nella bassa zona-playoff. Ghiaccio. Quello rotto da Carugate, dopo 10 sconfitte, battendo Sarcedo e Alpo (65-62) con un salto di qualità in difesa, compensando la poca stazza con la tattica e l’agonismo. La squadra di Cesari ha inserito Laura Meroni (ex Vicenza), sta avendo sempre di più dalla 2002 Colognesi (6 volte in doppia cifra nelle ultime 7 gare; ha il 68% da 2), e ora che Micovic ha ritrovato condizione è un bel riferimento a fianco di Canova e Diotti. Scavalcata così la giovane S. Martino, che invece nel ghiaccio di risultati è bloccata da 8 partite di fila, complice un calendario tremendo in dicembre. Incredibili. Le rimonte di Vicenza a Ponzano e di Alpo a Milano. Soprattutto quella delle vicentine, da

meno 7 nell’ultimo minuto: serie di recuperi col pressing, tripla del pareggio di Lazzaro, poi quella di Tagliapietra da 9 metri sulla sirena (53-56). Le veronesi erano sotto di 5 a 30” dalla fine del primo overtime, con palla in mano al Sanga: Reani intercetta e segna; 2/2 ai liberi di Dell’Olio; entrata di Conte allo scadere per il 2° supplementare, poi vinto. Out. La finalista di settembre non ci sarà a marzo: Alpo fuori dai giochi per la Coppa, con 6 sconfitte in 12 gare. Dell’Olio è tornata a segnare molto, Conte ha collezionato altri due “ventelli”, ma al di là delle singole sembrano mancare la continuità (anche tra un quarto e l’altro) e la tenuta difensiva. Regina. Altro mese esaltante per Udine, in striscia aperta di 8 vittorie, coronata dall’autoritario +14 a Moncalieri (con 20 di Peresson e 17 di Turel), ribaltando il -6 dell’intervallo. Peresson continua la sua stagione da “mvp” (quasi 18 punti e 8 rimbalzi di media oltre alla direzione d’orchestra); la novità recente è la costanza delle giovani Turel e Blasigh, così come di Pontoni. Sommando Cvijanovic, Scarsi, Da Pozzo, Sturma, l’alchimia per coach Matassini è brillante. Anche se a Sarcedo ha rischiato grosso, vincendo 60-61 da meno 8 a fine 3° quarto. Sali & scendi. A proposito di Sarcedo, la squadra di Zimerle ha perso di 1 punto anche lo scontro diretto con Ponzano (53-52): nella striscia di 4 sconfitte (interrotta nel recupero prenatalizio con Bolzano), Pieropan ha tirato col 25%, perdendo lo scettro di top scorer del girone in favore di Iannucci. La quale è l’unica di tutta l’A2 sopra i 20 di media, e con la sua Ponzano sta salendo: dopo lo shock con Vicenza, 3 vittorie di fila, grazie anche alla crescita di Zitkova. Nella stessa zona di medio-bassa classifica, trend positivo per Albino, che ha tanta gioventù e profondità ma anche l’esperienza di Veinberga e di De Gianni (15 punti, 5 assist e 3 stoppate nel derby vinto con Mantova): ora le percentuali stanno supportando l’intensità che non è mai mancata alle discepole di Monica Stazzonelli. Vicenza. La squadra di Rebellato è uscita in piedi, e con chances di Coppa Italia intatte, da un calendario bestiale: 4 big match in 18 giorni. Imprese su Castelnuovo (70-64 d.t.s, con 18 di Villarruel) e Alpo (tripla doppia per Tibè: 15 punti, 17 rimbalzi, 10 falli subiti); ha pagato dazio con Moncalieri e all’overtime con Crema, ma confermando di avere un gruppo che vale più della somma delle singole.


RITORNO MILICA MICOVIC, TORNATA A CARUGATE A STAGIONE IN CORSO, È UNA DELLE VETERANE E DELLE GIOCATRICI DI MAGGIORE ESPERIENZA DELLA SQUADRA.

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inside A2 GIOVENTÙ CIVITANOVA MARCHE È UNA DELLE SQUADRE CON L’ETÀ MEDIA PIÙ BASSA DEL GIRONE SUD DEL CAMPIONATO. IN CORSA PER I PLAYOFF ANCHE GRAZIE AL RENDIMENTO DI GIORGIA BOCOLA.


Girone Sud // Nello slalom generale tra i rinvii-Covid, le vittorie più “pesanti”, in chiave-Coppa Italia, sono quelle di Umbertide a Selargius e di Faenza a La Spezia. Ok Civitanova, ancora a secco la Virtus Cagliari Corsara. Tre partite di fila in trasferta, tre vittorie per Umbertide, che si conferma tra le primissime. Solito gran collettivo nella vittoria di misura a Patti (66-68 con 5 giocatrici fra i 10 e i 15 punti), mentre nello scontro diretto a Selargius (68-76), cruciale nella corsa alla Coppa Italia, è la classica coppia Pompei-Giudice (37 punti in due) a fare la differenza. Più semplice la terza tappa contro la Virtus Cagliari (19 di Kotnis). Denti. Quelli che deve stringere la Virtus Cagliari, ancora a zero dopo 10 partite e sempre alle prese con le assenze (Ledesma k.o. dopo una partita; Favento rientrata una volta e poi di nuovo ferma; Brunetti fuori da un mese). Zolfanelli s’accende spesso, sfiorando i 15 di media, ma finora non bastano né lei né gli sforzi delle giovani, tra cui la 2002 Pala, 155 cm, la più piccola di tutta la serie A secondo le stature ufficiali. Faenza. Dopo l’esonero di Paolo Rossi e l’arrivo di Sguaizer le è toccato un mese di stop per Covid. Ne è uscita bene, con due vittorie in 5 giorni: la più importante a La Spezia, 52-60, concedendo appena 7 punti nell’ultimo quarto. Di chi, nettamente, la miglior valutazione (23)? Di Ballardini, “noblesse oblige”... Così l’E-Work resta in corsa per il titolo d’inverno. Nove. Sono le vittorie di fila per Brescia, fermata solo dal rinvio con Valdarno. È nettamente l’attacco più prolifico di A2 (75 di media); il recente acquisto Beatrice Olajide ha mostrato a Patti (18 punti e 14 rimbalzi) di essere un’arma in più con le sue incursioni di potenza. Ma sorprende anche, per una squadra esordiente nella categoria, la personalità nei momenti cruciali. E poi c’è il “fattore Z”, ovviamente Zanardi, finita sui quotidiani nazionali per i suoi 35 punti a 15 anni (contro il Cus Cagliari), per poi sfiorare una tripla doppia (17 punti, 11 rimbalzi, 8 assist) contro la Virtus Cagliari, quinta volta per lei sopra il 30 di valutazione. Odissee. Quelle di Firenze, Nico e S.G. Valdarno, bloccate per un tempo infinito, più di un mese, dai casi-Covid nel gruppo. Fra le tre toscane, prima di Natale è tornata in campo solo Ponte Buggianese, perdendo contro Selargius (nonostante 18 punti e 15 rimbalzi di Gianolla); ora deve risalire dalla bassa classifica. Discorso diverso per le altre due, che erano ben lanciate prima di doversi fermare: possono ancora entrare in Coppa Italia, ma avranno un gennaio pesante tra recuperi e turni regolari. Patti. Le manca ancora qualcosa per tradurre in risultati il notevole potenziale: altre due sconfitte inter-

ne di misura, con Umbertide e Brescia, dopo aver comandato, soprattutto contro le lombarde. I punti nelle mani, con Cupido-Verona-Galbiati (e all’occorrenza Stoichkova e Manfrè) non sono un problema; paga però una difesa sotto la media e certi momenti in cui scende la qualità delle scelte offensive. Respinta. La sconfitta con Faenza, quinta stagionale, pagando come in altre occasioni un calo nel finale, ha sancito l’esclusione dalla Coppa Italia per La Spezia, che pure vanta come lo scorso anno uno dei migliori quintetti di partenza. Non sono bastate alle liguri le vittorie su Livorno (in rimonta da -15 nel 3° quarto) e Bolzano, con un 56 complessivo di valutazione per Packovski. Selargius. Non basta la prova di Manzotti contro Umbertide: 27 con 5/9 sia da due che da 3, per un 35 di valutazione. Ma la guardia romana concede il bis contro la Nico (24 punti, 10 rimbalzi, 30 di valutazione) e stavolta arriva anche la “W”, che mantiene Selargius nelle zone alte. Squadra corta nelle rotazioni (manca il play svizzero Simioni), ma è l’unica sarda a sorridere in un autunno spietato con le due di Cagliari-città. Tenaci. Quattro vittorie Civitanova, tre Livorno: continuano a sfruttare occasioni contro le avversarie per la salvezza. Nello scontro diretto fra le due sono le marchigiane a dominare (56-88, Bocola 15 punti e 28 di valutazione), ma le labroniche si rifanno ai danni della Pall. Bolzano (74-52 con 18 di Degiovanni). A loro volta le altoatesine si erano imposte sulla Virtus Cagliari (84-62 con 23 di Chiabotto) nonostante venissero da 36 giorni senza partite. Zittisce. Finora presente a referto ma non in campo, per infortunio, Erika Striulli ha ribattuto su Facebook a chi criticava la decisione del suo Cus Cagliari di chiedere il rinvio con Faenza per un singolo caso di Covid nel gruppo (le altre, non essendo fin lì risultate positive, potevano giocare, ma col rischio di incubare il virus): “Nessuno si sta tirando indietro e tutte abbiamo accettato il rischio di un campionato che ci vede costantemente esposte. Ma nel momento in cui la positività è a ridosso della partita, aumentando a dismisura le probabilità di contagio, non solo metteremmo a rischio il gruppo intero, gli arbitri e le colleghe di Faenza, bensì la salute di una moltitudine di persone, dovendo viaggiare in aereo con sconosciuti a fianco e pernottare in albergo”. Parole che spiegano anche lo stato d’animo con cui le giocatrici vivono questo periodo d’incertezze.

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AL TIRO PROTAGONISTA DEL GRANDE AVVIO DI VICENZA IN QUESTA PRIMA PARTE DELLA STAGIONE, FEDERICA MONACO SI PRENDE RESPONSABILITÀ AL TIRO IN MOMENTI IMPORTANTI DELLE PARTITE.


primo piano

CAMBIO DI MARCIA

LA METAMORFOSI DI VICENZA, DALL’ULTIMO POSTO DELLA PASSATA STAGIONE AL QUASI PRIMATO A UNA GARA DAL TERMINE DEL GIRONE DI ANDATA QUEST’ANNO, RACCONTATA DALLA CAPITANA FEDERICA MONACO, SIMBOLO DELLA CRESCITA DEL CLUB NEL CORSO DELLE VARIE ANNATE TRASCORSE IN VENETO

Di CHIARA BORZì

S

crivi A.S Vincenza e pensi oggi alla seconda forza del

campionato del Girone Nord di Serie A2. Scrivi A.S Vicenza e pensi, dovendo dare anche un occhio alla cronaca, allo splendido risultato raggiunto dalla società del presidente Mariano Feriani a tre mesi dall’addio dello storico main sponsor Velcofin. Dodici partite giocate, nove vinte e tre perse e una qualificazione alle Final Eight di Coppa Italia molto vicina dopo la vittoria nel derby contro Alpo Basket fanno tutta la differenza del mondo se si pensa alla stagione 2019-2020. La formazione allenata da Claudio Rebellato, arrivato a gennaio 2020 (dalla maschile) per sostituire Aldo Corno, ha trovato equilibri sanciti da risultati evidenti. Le alchimie di un gruppo composto da senior e un buon numero di millennials funzionano e da qualche anno ruotano anche attorno alla leadership di una capitana innamorata dei colori bianco-rossi. Chi se non Federica Monaco potrebbe spiegare i cambiamenti di Vicenza negli ultimi anni?

Federica, sei a Vicenza dal 2016, giochi per una delle realtà femminili italiane che ha dimostrato con la sua storia di non avere paura di ripartire dal basso per tornare al vertice. Che cambiamenti avete vissuto insieme? “Vicenza è diventata la mia seconda “casa”. In questi anni ho ricevuto molte offerte, ma quando ritrovi la serenità in una società, in una squadra, penso sia per una giocatrice la cosa più bella. Mi sento amata come se fossi parte di ogni singolo pezzo che compone la famiglia A.S Vicenza. In questi quattro-cinque anni sono cambiate molte cose, dalle compagne di squadra, gli allenatori, ai componenti della società, ma con tutti ho sempre avuto la possibilità di crescere in ogni splendido anno qui a Vicenza”.

UNA MAGLIA COME SECONDA PELLE “L’obiettivo in questi anni è

stato quello di creare un gruppo unito, dallo staff al gruppo squadra. A volte ci si riesce, altre volte come lo scorso anno, si fanno passi falsi. Ma la cosa più bella


primo piano

di questa società è il crederci sempre, proprio come abbiamo fatto quest’anno. Non era semplice ripartire dopo la stagione passata. Penso che ci voglia del tempo per costruire un feeling tra dirigenti e per trovare una squadra con delle giocatrici che tengano alla maglia come se fosse la loro seconda pelle. Finalmente oggi ci sono delle persone all’interno della società che stanno facendo dei salti mortali, che lavorano ogni singolo giorno per trovare le giuste condizioni per

far questo campionato. Faccio due nomi importanti, Gianfranco Dalla Chiara e Roberto Pellizzaro, due persone che dopo lo scorso anno cestistico si sono riunite con tutto lo staff cercando di riportare Vicenza a respirare un’aria pulita. Riuniti per creare un buon progetto, ma soprattutto ricreare un’atmosfera ed una squadra all’altezza della società e della sua storia!”.

CAPITANA FORTUNATA “Come due anni fa, il sogno rimane


GRUPPO RAPPRESENTA LA FORZA DELLA SQUADRA VENETA, COMPOSTA DA GIOCATRICI CHE SANNO ESALTARSI A ROTAZIONE NEL CORSO DELLE PARTITE.

quello di volare in Serie A1. Sarebbe un traguardo ed un’emozione incredibile riportare lì Vicenza da capitana! Ovviamente so che è difficile, ci vorrebbero degli sponsor, degli imprenditori con la voglia di puntare su questa realtà molto di più di quanti ce ne siano ora. Il mio sogno comunque lo sto già vivendo ogni giorno ad occhi aperti. Giocare in una squadra importante come Vicenza, composta da ragazze straordinarie, umili e con un grande cuore. Sono Fortunata!

Il mio compito fin dall’inizio è sempre stato quello di ricordare ad ognuna di noi che siamo delle “Ragazze Fortunate” perché stiamo continuando a far quello che amiamo. Per questo dobbiamo aver rispetto l’una dell’altra e soprattutto giocare anche per chi in questo periodo difficile sta soffrendo e non può far quello che ama”.

Vicenza DALLE TANTE LEADER “Ognuna di noi è rimasta nella

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primo piano

propria abitazione anche quando c’era la possibilità di far altro o di ritornare ognuna nella propria città. Da quando è iniziata questa stagione, credo per tutte le società ci siano stati dei piccoli problemi per poter

il rispetto della società che sta lavorando per noi e in confronto delle compagne e delle nostre avversarie. È cambiato molto rispetto allo scorso anno, anche nella società! Lo staff è unito e quando si re-

Il mio sogno comunque lo sto già vivendo ogni giorno ad occhi aperti. Giocare con una squadra importante come Vicenza, composta da ragazze straordinarie, umili e con un grande cuore. mettere in sicurezza ogni singolo componente, ma se devo essere sincera tutto lo staff ha sempre cercato di metterci al sicuro. Tra tamponi ed igienizzazioni degli strumenti utilizzati, prima e dopo l’allenamento ci siamo messe anche delle regole tra di noi, per

spira unione anche la squadra lo sente e vive tutto in maniera positiva. Sono cambiate le giocatrici, si è costruita una squadra con delle atlete con tanta personalità, voglia di crescere e di vincere. Il bello della mia squadra è che non c’è una singola leader, ma ce


CAPITANA A VICENZA DA DIVERSI ANNI, FEDERICA MONACO È LA CAPITANA E UNA DELLE GIOCATRICI DI MAGGIORE ESPERIENZA DELLA FORMAZIONE ALLENATA DA COACH REBELLATO.

ne sono tante ed ognuna, al momento giusto, cerca di portare la squadra a pensare in modo positivo. La bellezza di questo gruppo è l’unione e come ben si sa, l’unione fa la forza. L’umiltà e la voglia di sacrificarsi per la compagna, questo è quello che cerco di trasmettere alle mie “sorelle in divisa”.

IN ATTESA DEL 2021 “La seconda parte di stagione sarà

bella tosta, ci saranno squadre che dovranno rimettersi in sesto per le settimane di stop dovute al Covid-19, partite da recuperare. Sarà sicuramente una seconda parte di campionato da vivere concentrate e con la mentalità vincente che ci ha contraddistinto in questa prima fase. L’obiettivo? Sono sicuramente i playoff! Vicenza è una città affezionata al basket, è una città che grazie al basket femminile è stata riconosciuta in tutta Italia e in Europa. L’A.S Vicenza per la città è un orgoglio. Oggi facciamo parte anche noi di questa realtà e spetta a noi far innamorare i nostri

tifosi di questa squadra. Tocca a noi scrivere nuove pagine di questa bellissima storia”. La gloria del passato è indiscutibile. Su otto giocatrici donne inserite finora nella Hall Of Fame della pallacanestro italiana, ben sette hanno indossato la maglia dell’AS Vicenza: Pausich, Persi, Gorlin, Bozzolo, Sandon, Pollini, Fullin. Come rimarranno per sempre in bacheca dodici scudetti, cinque Coppe dei Campioni, una Coppa Ronchetti e una Coppa Italia di Serie A2.

MAMMA, INSEGNANTE E... CON LA CANOTTA DI VICENZA “Beh, tra

quattro anni ne avrò 31! Vorrei poter diventare mamma, insegnare a scuola scienze motorie come sto già facendo e perché no? Continuare a giocare con la canotta del Vicenza, con degli obiettivi importanti a livello societario. Tutto questo sarà possibile se il mio fisico me lo permetterà, ma sono fiduciosa”, scherza la capitana bianco-rossa.

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STEFANIA PASSARO, ALTA 193 CM, TRA VICENZA E COMO HA CONQUISTATO 10 SCUDETTI, 6 COPPE CAMPIONI E 4 COPPE ITALIA.


storie

VITA DI RIVALSE

LA CARRIERA DI STEFANIA PASSARO, PIVOT D’ECCELLENZA DI UN’ITALIA COMBATTIVA, È LA DIMOSTRAZIONE DI COME IL RIMANERE FEDELI A SE STESSE SIA LA CHIAVE DI VOLTA NELLO SPORT E NELLA VITA, NONOSTANTE LE MAREE

DI CATERINA CAPARELLO

S

pesso la vita ci pone davanti delle sfide, dei momen-

ti in cui dimostriamo forza interiore, rispetto e, soprattutto, orgoglio. Sono sfide da accettare nonostante facciano paura, da accettare per sopravvivere o per farsi valere. Sono sfide di rivalsa. La storia cestistica di Stefania Passaro, pivot di 193 cm risoluta e tenace, è davvero ricca di queste sfide. E tutte vinte. Dal 1975, anno in cui ha iniziato undicenne, al 1995, Passaro ha conquistato 10 scudetti, 7 Coppe Campioni e 4 Coppe Italia. Eppure da ragazza non aveva alcuna intenzione di giocare a basket. “Tutti insistevano per farmi giocare, ma io non volevo. Anzi, mi dava fastidio che gli altri mi dicessero di farlo. Infatti ho iniziato molto tardi e come bastian contraria. Alle scuole medie si è verificato l’episodio cardine. Durante le ore di ginnastica, maschi e femmine erano divisi. I miei compagni maschi giocavano a basket, mentre noi ragazze eravamo costrette a fare ritmica, che odiavo. Per non parlare

dell’insegnante, una persona che non aveva grande simpatia nei miei confronti tanto da ritenermi, essendo già alta per la mia età, poco aggraziata. Perciò, puntualmente, scappavo a giocare a basket con i miei compagni che erano anche più bassi di me. A quel punto capii di avere un vantaggio, nonostante non sapessi assolutamente giocare. La docente mi beccò e rischiai l’insufficienza. Rinunciai a giocare con i maschi, ma non al basket. Infatti mi iscrissi subito nella società della mia città, Rapallo. Volevo ancora fregare i maschi della mia classe. È nato tutto così, con uno spirito di rivalsa e sfruttando un’altezza che comunque avevo”.

Il cammino di Stefania era iniziato. Quella giovanissima

e alta ragazzina aveva intrapreso il sentiero dai mattoni arancioni, la cui prima tappa era la serie B. “Oltre a giocare con le giovanili, facevo anche la panchina in serie B. Ricordo che la mia prima partita ufficiale delle giovanili è iniziata con un auto


storie

CON LA MAGLIA AZZURRA HA DISPUTATO 178 PARTITE. HA PARTECIPATO A 6 EUROPEI, 3 QUALIFICAZIONI OLIMPICHE, UN MONDIALE DA CAPITANA E UN’OLIMPIADE.

canestro. Erano tutti talmente contenti che giocassi con loro da dirmi solamente di prendere la palla e tirarla nel canestro. Peccato che non mi avessero spiegato le regole. Avevo 11 anni”. Dopo avere appreso saldamente quelle regole, Stefania non sbagliò più. E, a un anno di distanza, le squadre di serie A si accorsero di lei. “Parecchie squadre di A, come la Fiat Torino, mi chiesero di trasferirmi, ma ero troppo piccola e non volevo lasciare la mia famiglia. Decisi di spostarmi a 14-15 anni a Perugia per giocare con la Don Bosco, neopromossa

in A. Rapallo mi cedette per dei palloni da basket in più. Eravamo tutte ragazzine della stessa età, la più grande era la capitana che di anni ne aveva 18. Accettai di andare a Perugia ma a due condizioni: potere alloggiare presso una famiglia, e non in un collegio o appartamento, e usufruire di ripetizioni scolastiche. Per me lo studio era importantissimo, finii il liceo classico proprio a Perugia, dove rimasi tre anni”.

Non è mai facile partire da giovanissime e spostarsi per


l’Italia lasciando a casa i propri affetti. Ma quando la vicinanza emotiva è presente, tutto si affronta. “I miei genitori mi hanno sempre spronata a fare quello che desiderassi. Almeno una volta al mese venivano a trovarmi e quando mi sentivano giù di corda anticipavano la partenza. Non mi hanno mai lasciata sola e non mi hanno mai fatto pesare la lontananza. Solo dopo ho saputo quanto fosse stata dura anche per loro”. Dopo Perugia arriva, nel 1982, il trasferimento a Vicenza, una squadra per cui Passaro nutriva delle grandi aspettative rivelatesi non così semplici da gestire, nonostante i 5 scudetti (1983, ‘84, ‘85, ‘86 e ‘87) e le 4 Coppe Campioni (1983, ‘85, ‘86 e ‘87). “Sono arrivata a Vicenza da miglior giocatrice giovane e fulcro di Perugia. Ero un po’ il corpo estraneo, poiché la squadra era formata da un gruppo storico e unito che aveva vinto il primo scudetto. Io facevo amicizia con le straniere, come la mia compagna di appartamento, Janice Lawrence, per la quale ho imparato l’inglese e lo slang americano. Ero una giocatrice che aveva tanta voglia di imparare. Nel tempo abbiamo vinto tanto, ma accadeva anche che giocassi molto più in Nazionale che non in squadra, perché giustamente c’erano tante atlete forti. Al terzo anno, volevo andare via. Mi sentivo sottoutilizzata. Avevo già vinto 3 scudetti e 3 Coppe Campioni, volevo giocare e sentirmi utile.

coach Aldo Corno, con il quale intraprese un rapporto odi et amo iniziato a Vicenza. “Appena arrivò, Corno chiese alla presidenza di mandarmi via, un aut aut o me o lui. Fu costretto ad accettarmi, sia per il contratto che avevo e sia perché a Como mi amavano. Fu così che, nel sopportarci, sbocciò l’amore cestistico. Io ero maturata, ero sicura di me stessa e lui aveva riscoperto una giocatrice utile e importante. Nel 1994, disse che ero in assoluto la miglior pivot in circolazione. Gli devo molto”. Il 1995 fu l’anno del ritiro, complice il brutto infortunio al legamento crociato. Un ritiro che lasciava un senso di amarezza dovuto alla mancanza dello spogliatoio, delle sue compagne, dei tifosi, e anche di una partita d’addio ufficiale. “Ho smesso a 32 anni, all’apice e troncando di netto. Per quell’infortunio mi ero resa conto che non sarei stata più come prima. E sono tornata a studiare”.

Ma Stefania Passaro non è stata solo una gigantessa dei club.

Decima per presenze in Nazionale (178 totali per un debutto a 16 anni) e 873 punti realizzati l’hanno resa una delle giocatrici di punta dell’Italia, fermando atlete come Zheng Haixia (115 kg) e Ul’jana Semënova (213 cm), partecipando a 6 Europei (1980, ‘83, ‘85, ‘87, ‘89 e ‘93) e disputando il Mondiale in Malesia nel 1990 come capitana e le Olimpiadi di Barcellona del 1992. “La Nazionale è un orgoglio enorme. Ma

IL BASKET HA FORGIATO IL MIO CARATTERE. NELLE MARCATURE METTEVO L’ANIMA, NON DOVEVO USCIRE DAL CAMPO SENZA AVER DATO TUTTO IL POSSIBILE. Ma ero costretta a rimanere, non volevano lasciarmi andare, nemmeno al quinto anno. A quel punto, ho scelto io stessa di andar via, facendo le valigie e tornando a casa. Ho rischiato di non giocare più perché, all’epoca, se non accettavi un trasferimento o te ne andavi, i club potevano anche decidere di non venderti lasciandoti inoccupata. Io volevo giocare ad Ancona, dove sarei stata utile. Mi risposero che, piuttosto, avrebbero preferito vendermi in A2. A quel punto sono andata via di mia sponte. A novembre mi cedettero ad Ancona e il mio fu il trasferimento più costoso di quegli anni”. Ma anche in quella spiacevole vicenda la rivalsa arrivò, eccome: “Al mio secondo anno ad Ancona, eliminammo Vicenza dai playoff con un mio canestro allo scadere”.

Nel 1990 iniziò il suo ultimo viaggio cestistico, Como, dove

Stefania ritrovò le compagne di Nazionale e vinse altri 5 scudetti (1991, ‘92, ‘93, ‘94 e ‘95) più 2 Coppe Campioni (‘94 e ‘95), oltre a incontrare nuovamente

allo stesso tempo è un’occasione unica di scoprire altre culture”. Perché il basket va oltre il concetto di sport. “Per me il basket è sempre stato un mezzo e non il fine, un mezzo per viaggiare, per conoscere, per scoprire. Ha forgiato il mio carattere, sul campo diventavo una combattente feroce, scrupolosa e perfezionista. Nelle marcature ci mettevo l’anima, non dovevo uscire dal campo senza aver dato tutto il possibile”.

Un’indole da guerriera che Stefania si ritrova anche

dopo la sua brillante carriera, nell’attivismo per la salvaguardia dell’ambiente con l’associazione “Siamo gente di mare”, nel giornalismo e nel supporto delle donne. “Sono passati 45 anni da quando ho iniziato a giocare, ma poco è cambiato in termini di diritti delle donne. Proprio per questo il mio posto è vicino alle differenze, alla varietà e a coloro che fanno vedere l’altra metà del cielo, spesso nascosta dagli uomini”.

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pink mix DI Manuel Beck

serie A1 A1-A2 MOVIMENTI IN FAMIGLIA

ESTERO ITALIAN EXPORT

Un dicembre di porte girevoli. Policari ha salutato Vigarano, di cui era la miglior marcatrice italiana; l’americana Kovatch ha rescisso con Costa (motivi personali legati alla pandemia); a sorpresa Spreafico ha chiesto di lasciare Lucca: la società ha espresso amarezza. Broni, sfortunata con le straniere (Tac k.o. in precampionato, Kizer dopo 5 partite), ha inserito un nuovo pivot: ufficiale Reimer (ex Torino). Il debutto di Harrison a Ragusa ha liberato la sua sostituta Tikvic: la lunga croata ha trovato posto a Campobasso, dove nel frattempo sono rientrate Wojta e Ostarello. Intanto le molisane hanno lanciato il talento ecuadoregno Quiñonez (2006!), che ha risposto con 6,3 punti di media nelle prime 3 partite. Da record la differenza di età con la compagna Sanchez, classe ’76...

L’ingaggio di Elisa Policari in Spagna (Zamarat) ha reso ancora più folta la colonia di giocatrici italiane all’estero. In Europa troviamo anche Martina Fassina, Ilaria Milazzo (entrambe a Lublino, Polonia), Dubravka Dacic (IK Eos, Svezia), Arianna Zampieri (Braunschweig, Germania) e ovviamente Cecilia Zandalasini (Fenerbahce, Turchia). Nell’NCAA statunitense, dove è ripreso l’agonismo dopo lo stop dello scorso marzo per la pandemia, militano Lorela Cubaj (Georgia Tech), Elisa Pinzan (South Florida), Lucia Decortes (Albany), Clara Rosini, Alice Recanati e Dafne Gianesini (tutte e tre a Eastern Kentucky), Chiara Grattini (Tulane), Chiara Bacchini (Quinnipiac), Maria Visone (Stetson), Giulia Bongiorno (Florida International). Sperando di non aver dimenticato nessuna – nel caso segnalatecelo – siamo a quota 16 giocatrici d’esportazione.

CUGINE ELENA E MARTINA BESTAGNO, RISPETTIVAMENTE IN FORZA A VIGARANO E VENEZIA, SI SONO AFFRONTATE IN QUESTA STAGIONE. A VINCERE È STATA MARTINA, CON UNA GRANDE PROVA A LIVELLO PERSONALE (20 PUNTI E 10 RIMBALZI).

Nella terza partita dopo il suo arrivo a Vigarano, Elena Bestagno ha affrontato la cugina Martina di Venezia, che ha condito la vittoria di squadra con 20 punti e 10 rimbalzi personali. Molti “affari di famiglia” in serie A: c’è chi gioca insieme (le gemelle Villa a Costa Masnaga; le sorelle Rossini a Firenze e le Birolini ad Albino); chi affila le armi in vista del duello (le sorelle Meroni: Marta a Milano, Laura a Carugate: in campo il 2 gennaio); chi stava per affrontarsi (le sorelle Olajide: Beatrice con Brixia, Isabella con Valdarno) ma ha dovuto rinviare per Covid-19 e chi spera di poterlo fare (Francesca Dotto di Schio con la gemella Caterina, fuori da troppo tempo a S. Martino). E infine, chi lo scorso anno si era sfidato ma stavolta dovrà farne a meno (le Togliani e le Verona, per discesa in A2 rispettivamente di Giulia e Marta, mentre Anna e Costanza sono rimaste di sopra).


COPPE SCHIO IN BILICO

MEDIA TG VILLA

COVID-19 BASE BLOCCATA

Schio è tornata dalla prima “bolla” di Eurolega, a Riga, con un bilancio di 1 vinta-2 perse che lascia tutto aperto in vista del ritorno (18-21 gennaio al PalaRomare). Confermato che Ekaterinburg è di un altro pianeta (3 vittorie con 27 punti di scarto medio), i valori fra le altre tre del girone sono vicini. Dopo aver incassato un 61-83 dalle russe, il Beretta Famila ha domato Riga (76-72 con 21 di Gruda) ma ha ceduto 81-85 con Girona (nonostante 28 di Gruda), subendo uno 0-4 nell’ultimo minuto. Le spagnole hanno vinto in volata anche con Riga e occupano la seconda piazza utile per la qualificazione. Scalda i motori Venezia per la prima “bolla” di Eurocup, ospitata a Landerneau (Bretagna, Francia) dal 19 al 22 gennaio. Oltre alle francesi padrone di casa, saranno avversarie della Reyer le belghe di Boom e le svizzere di Friburgo.

A 16 anni protagonista di un servizio al Tg1 delle 20, con un’audience di 6 milioni e mezzo, per parlare dei suoi 36 punti contro Sassari e della sua vita da giovane cestista. Va al di là dei sogni quello che è successo a Matilde Villa dopo la sua impresa del 28/11 che ha fatto il giro mediatico d’Italia. Ne hanno parlato i quotidiani più importanti, su web e su carta (la Gazzetta dello Sport le ha dedicato una doppia pagina, poi un’altra sul suo magazine Sportweek); persino lo spagnolo Gigantes del Basket. Ed è in arrivo pure Sky. La storia della “teenager” che fa onde nella massima serie piace eccome. Hanno avuto rilievo anche i 35 punti della 2005 Zanardi, in Brescia-Cus Cagliari di A2, appena un giorno dopo l’exploit di Villa. Così il messaggio verso l’esterno è partito con forza doppia: il basket femminile ha talenti in rampa di lancio...

A1 e A2 sono andate avanti per tutto l’autunno ed è stata una consolazione. Ma la grande maggioranza delle cestiste di tutta Italia, giovanili e senior, è ferma sul piano agonistico da ormai 10 mesi (fine febbraio/inizio marzo 2020). Non solo: da inizio novembre – in qualche regione anche da prima – non può nemmeno allenarsi se non all’aperto, in forma individuale e senza contatto. Opzione a cui molte società hanno rinunciato, per motivi climatici, organizzativi e sanitari, ripiegando sui video allenamenti a distanza (oppure nulla). Quando si riprenderà davvero? L’unica certezza è che fino al 15 gennaio le palestre resteranno chiuse. Sia il ministro dello Sport, Spadafora, sia il presidente Fip, Petrucci, hanno espresso l’auspicio che dal 16/1 si possa gradualmente riprendere. Da capire con quali tempi e modi si potrà tradurlo in pratica.

IN CORSA IL FAMILA SCHIO È IN CORSA PER LA QUALIFICAZIONE ALLA FASE SUCCESSIVA DI EUROLEAGUE WOMEN: NELLA “BOLLA” DI RITORNO LE VENETE GIOCHERANNO AL PALAROMARE, CERCANDO IL PASS PER IL TURNO SEGUENTE DEL TORNEO.


AL COMANDO BECKY HAMMON, DOPO UNA CARRIERA DI ALTO LIVELLO DA GIOCATRICE, È STATA LA PRIMA DONNA ALLENATRICE IN UNO STAFF NBA, QUELLO DEI SAN ANTONIO SPURS.


DONNE LEADER Di Alice Buffoni - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport “Leadership has no gender”. Così Becky Hammon, prima coach donna in NBA, rispondeva agli scettici sulla sua nomina. Siamo d’accordo con lei, ovviamente, la Leadership non ha genere, ma sono state evidenziate alcune differenze significative nel modo di lavorare di allenatori e allenatrici. Alcune ricerche nell’ambito della Psicologia delle Organizzazioni hanno dimostrato che le donne tendono ad avere una leadership più attenta alle relazioni e soprattutto maggiormente orientata ad uno stile più democratico. Le donne leader spesso tendono ad uno stile trasformazionale e interattivo, cioè che prevede negoziazione, in un rapporto di scambio “alla pari” tra coach e giocatori, basando il proprio rapporto su leve più emozionali. È uno stile che risulta più efficace in contesti di rapido mutamento e innovazione come lo sport. Gli uomini invece generalmente prediligono uno stile di tipo transazionale, ossia tendono ad assumere una disposizione conservativa delle dinamiche già presenti nella squadra: il leader fissa gli obiettivi e si occupa di mantenere gli standard individuati. Le donne si sono rivelate più capaci di creare relazioni, risolvere conflitti, aumentare la coesione e la partecipazione interna nei gruppi, incrementando i flussi comunicativi. In una parola, le donne si sono dimostrate più capaci di intelligenza emotiva, cioè di entrare in contatto con la sfera emotiva dei propri giocatori e di utilizzare strategie per rendere le emozioni una risorsa preziosa su cui contare. Ovviamente non esiste uno stile “giusto o sbagliato” in termini assoluti perché la leadership è situazionale, ovvero non si può avere un approccio univoco a ogni situazione. Il leader, infatti, deve sapere quando e come modulare il proprio stile di leadership per ottenere i risultati desiderati, facendo attenzione anche alle caratteristiche dei giocatori. Ogni situazione, ogni squadra, ha il proprio “stile di guida”. Starà all’abilità del leader comprendere in che occasione applicare uno stile piuttosto che un altro, a seconda delle circostanze. Le donne sembrano avere dunque qualche freccia in più al loro arco, che può rivelarsi molto utile nella gestione di gruppi squadra di nuova formazione e nel prevenire situazioni relazionali potenzialmente esplosive. Cosa ne pensano i giocatori e le giocatrici? Le ricerche rivelano che più è alto il tasso tecnico e la maturità, più gli atleti desiderano un coach autocratico e indicazioni tecniche. Le ragazze però continuano a preferire una modalità più democratica per sentirsi parte attiva nel processo decisionale. Siamo pronti a scommettere che i Coach disposti ad accontentare questa richiesta siano molto pochi... Ma è un dato da tenere comunque in considerazione se si vuole allenare un team in rosa! Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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GUARDIA E LADRI

CHRISTMAS WISHLIST

LA PALLACANESTRO AI TEMPI DEL NATALE Di Susanna Toffali Dear Santa... Partiamo dai buoni propositi. Vorrei riuscire a stilare un elenco meno utopistico del solito, chiaramente senza riuscirci. Ragion per cui inizierei eliminando tutte le richieste pressoché irrealizzabili da sempre considerate capisaldi dei miei desideri natalizi. Quest’anno non mi interessa tentare (invano) di aumentare la mia percentuale al tiro, pretendere di effettuare delle corrette letture offensive e difensive, capire la differenza tra lato forte e lato debole, azzeccare il timing dei passaggi, scoprire di avere una mano sinistra, evitare di bucare tre anticipi su tre (all’anno), imparare a passare la palla battuta al lungo in corsa o memorizzare e saper eseguire almeno due terzi degli schemi proposti ad inizio anno dal coach. No, non è che io sia tutto d’un tratto diventata grande: temo solamente di aver assimilato la distinzione tra realtà e suppliche prettamente fantascientifiche. Il punto è che quest’anno la posta in palio è ben più alta. Non si tratta di provare a risolvere le persistenti problematiche di un agglomerato di lacune cestistiche, bensì di trarre in salvo decine di persone sull’orlo di una crisi di nervi a causa di una carenza quasi ipossica di uno dei rari motivi di boriosa millanteria delle loro vite: la pallacanestro. Caro Babbo Natale, te lo chiedo a nome di tutti: ridacci l’unico sport in cui perseveriamo nonostante sappiamo benissimo che l’unico nostro momento di gloria è stato quel canestro di tabella allo scadere nel lontano ‘98. Un auto-canestro, per la precisione. L’unico porto sicuro dove la discriminazione è una mera parola priva di concetto fondato, poiché tanto verremo sempre e comunque scelti per ultimi nel 5vs5, e stigmatizzati senza ritegno ad ogni palla persa. Indistintamente che tu sia un Watusso o che la tua altezza corrisponda a quella del Grande Puffo. L’imprescindibile scuola di vita che ci insegna che lo studio senza applicazione pratica è totalmente vano, e per quanto possiamo imparare a memoria qualunque tipo di transizione offensiva, saremo sempre nella posizione sbagliata nel momento più sbagliato possibile. La nostra occasionale discoteca del venerdì sera, quando, dopo due ore e quaranta di doccia bollente, lo spazientito custode inizia sistematicamente a sollecitarci accendendo e spegnendo le luci, creando un piacevole effetto Cocoricò. Ci manca tutto questo, ci manca come non mai. Per concludere, sappi che ti abbiamo lasciato latte e biscotti sotto l’albero. Purtroppo non abbiamo il camino, ma puoi tranquillamente entrare con un rapido taglio dal lato debole: lì non troverai sicuramente nessuno a sbarrarti la strada.



BUZZER BEATER

PINK POWER Di Silvia Gottardi Giuseppe Abbagnale (FIC), Sabatino Aracu (FISR), Michele Barbone (FIDS), Paolo Barelli (FIN), Piero Bartoletti (FIGS), Carlo Beninati (FIBa), Luigi Bianchi (FITri), Angelo Binaghi (FIT), Felice Buglione (FIDASC), Luciano Buonfiglio (FICK), Maurizio Casasco (FMSI), Bruno Cattaneo (FIPAV), Franco Chimenti (FIG), Angelo Cito (FITA), Giovanni Copioli (FMI), Angelo Sticchi Damiani (ACI), Marco Giunio De Sanctis (FIB), Renato Di Napoli (FITeT), Marco Di Paola (FISE), Renato Di Rocco (FCI), Francesco Ettorre (FIV), Domenico Falcone (FIJLKAM), Alfredo Gavazzi (FIR), Alfio Giomi (FIDAL), Andrea Gios (FISG), Gabriele Gravina (FIGC), Vincenzo Iaconianni (FIM),Vittorio Lai (FPI), Giuseppe Leoni (AeCI), Pasquale Loria (FIGH), Andrea Marcon (FIBS), Ugo Claudio Matteoli (FIPSAS), Carlo Mornati (Commissario FIH), Giovanni Petrucci (FIP), Fabio Pigozzi (Commissario FIPM), Gianfranco Ravà (FICr), Flavio Roda (FISI), Luciano Rossi (FITAV), Igino Rugiero (Comm. UITS), Giorgio Scarso (FIS), Mario Scarzella (FITARCO), Luciano Serafica (FISW), Gherardo Tecchi (FGI), Antonio Urso (FIPE). Questa è la lista dei Presidenti delle Federazioni Sportive Nazionali, che potete trovate comodamente sul sito del Comitato Olimpico Nazionale italiano, di cui Giovanni Malagò è presidente. Prima di lui ci sono stati Gianni Petrucci, Bruno Grandi, Mario Pescante, Arrigo Gatti, Franco Carraro... Indietro, indietro fino a Carlo Compans de Brichanteau, che nel 1914 è stato il primo presidente della storia del CONI. Se non avete notato nulla di strano, ve lo dico io: sono tutti uomini! Come mi ha detto alcuni anni fa la divina Mabel Bocchi durante un’intervista: “Lo sport è una cosa da uomini”, e come darle torto dopo aver letto gli elenchi sopraindicati. E in effetti lo sport in Italia è davvero praticato in gran parte da uomini. Secondo un monitoraggio CONI/ FSN/DSA sui numeri dello sport del 2017, il movimento sportivo federale raggiunge 4 milioni e 703 mila atleti tesserati delle Federazioni Sportive Nazionali (FSN) e delle Discipline Sportive Associate (DSA), di cui la partecipazione femminile delle atlete è pari al 28,2%. Non è tanto, lo so, ma non è nemmeno poco. In fin dei conti, considerando anche che si tratta di uno studio di alcuni anni fa e che le donne che fanno sport sono in aumento, siamo circa un terzo del totale dei praticanti. Ma quindi, perché il 100% dei nostri rappresentanti sono uomini? Analizzando più nel dettaglio disciplina per disciplina, a onor del vero, qualche donna in una posizione di potere si trova (ad esempio Cristina Correnti, Presidentessa FIP Regione Sicilia, di cui abbiamo scritto sul numero scorso), ma sono comunque pochissime e mai ai vertici. Proprio per questo ha fatto scalpore la notizia della candidatura alla Presidenza del Coni dell’ex campionessa olimpionica Antonella Bellutti, prima donna nella storia a candidarsi per questa posizione. Solo l’attenzione mediatica che ha suscitato questo evento fa capire quanto siamo in ritardo su temi che dovrebbero essere la normalità.


ANTONELLA BELLUTTI EX PISTARD, CICLISTA SU STRADA E BOBBISTA. DUE VOLTE CAMPIONESSA OLIMPICA, ORA CANDIDATA ALLA PRESIDENZA DEL CONI.

Il mondo sportivo, ancora oggi, si basa su un sistema di potere consolidato e tutto maschile, che deriva principalmente dal fatto che per un tempo lunghissimo lo sport era un privilegio riservato unicamente agli uomini. Ma a partire dagli anni Settanta le cose sono molto cambiate, grazie anche ai movimenti femministi che hanno determinato una svolta nella considerazione del corpo femminile. Una vera e propria rivoluzione che ha avvicinato le donne allo sport, facendo nascere una generazione di fuoriclasse che sono entrate nella storia: da Sara Simeoni a Martina Navratilova, passando ovviamente per la nostra Mabel Bocchi. Oggi lo sport è di tutti e per tutti, e sono numerosi i nomi italiani femminili tra le eccellenze dello sport mondiale. Anzi, sono spesso le donne a portare a casa il maggior numero di medaglie durante gli eventi internazionali, basti pensare ai palmarès di atlete come Federica Pellegrini, Valentina Vezzali e Carolina Kostner. Ormai è chiaro che c’è bisogno di un cambiamento, prima di tutto culturale. Un primo passo in questa direzione è sicuramente stato fatto con il Fondo Maternità per le atlete, che sembra però molto un “contentino”, in attesa del riconoscimento del professionismo femminile, tappa fondamentale sulla strada, ancora lunga, della parità di genere. Non tiferò aprioristicamente per Antonella Bellutti solo perché è una donna, mi interesserà conoscere il suo programma e capire le sue intenzioni, ma il solo fatto di essersi candidata è un segnale forte e importante di cambiamento. Antonella è l’emblema di tutto ciò che finora non è stato rappresentato. A prescindere da come andranno le elezioni (previste nella primavera 2021), ha aperto una strada che ora sta a tutte noi percorrere.

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