PINK BASKET N.27

N.27 APRILE 2021

IN QUESTO NUMERO // MILLENNIALS D’ORO // MARTINA BESTAGNO, LA CAPITANA // INSIDE A1: MOMENTO DECISIVO // FOCUS: REGINE D’EUROPA // INSIDE A2: EMOZIONI? SÌ GRAZIE // GALBIATI, LA SCORER // SALVO D’AMERICA // RIGENERARE LO SPORT // RUBRICHE PINK

APRILE 2021

N.27

in questo numero 1 EDITORIALE

Millennials d’oro

3 inside a1

Momento decisivo

9 PINK GLOSSARY 11 Focus

Regine d’Europa

17 cover story

Martina la capitana

23 inside A2

Emozioni? Sì grazie

29 Primo piano

Galbiati la scorer

33 altri mondi

Rigenerare lo sport

39 storie

Salvo d’America

44 pink mix 47 PALLA E PSICHE

Playoff fever

48 guardia e ladri

Must-have

50 BUZZER BEATER

Stagione Covid

DIRETTRICE RESPONSABILE Alice Pedrazzi caporedattore Massimo Mattacheo REDAZIONE Silvia Gottardi,

Francesco Velluzzi, Eduardo Lubrano, Manuel Beck, Chiara Borzì, Simone Fulciniti, Susanna Toffali, Alice Buffoni

PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal

FOTO DI Marco Brioschi, Reyer Venezia, Fiba Europe, Sara Tumeo, Arizona Wildcats

PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi

editoriale

MILLENNIALS D’ORO DI ALICE PEDRAZZI

Millennials di belle, bellissime speranze.

Per loro stesse, certamente. Ma anche (o questa volta sarebbe meglio dire soprattutto) per il movimento intero che, coccolandosi i propri gioiellini già splendenti nel campionato cadetto, può alzare la testa verso il futuro con più d’un sospiro di sollievo e con lo sguardo lieto di chi ha davanti un orizzonte di buone prospettive.

Come simbolo delle tante giovani che ben stanno figurando in serie A2, c’è un terzetto di millenials che fa stropicciare gli occhi dalla meraviglia: Angelica Castellani, classe 2000 della Fe.Ba Civitanova Marche, Marta Rossini, classe 2001 della PF Firenze e Carlotta Zanardi, addirittura classe 2005 della Brixia Brescia incantano con numeri da record tutti i parquet del girone sud della A2.

Una serie che funziona, dunque, questa A2 con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo dritto al futuro, non soltanto per l’ottimo livello tecnico-agonistico visto in questa regular season e nella Final 8 di Coppa Italia che si è svolta a Brescia. Vinta sì, ancora da Crema (per la quarta volta consecutiva), ma con uno scarto complessivo totale in tutte le 7 partite giocate di 40 punti, che significa 5.7 punti di scarto medio a partita, a testimonianza dell’alto valore diffuso fra tutte le squadre scese in campo, ma anche come “serbatoio” dell’eccellenza futura.

Carlotta Zanardi, la più piccola anagraficamente del nostro terzetto-simbolo, oltre ad essere leader assoluta (a 16 anni) della Brixia Brescia che si è conquistata il secondo posto nel girone sud, ha superato 7 volte in stagione quota 20 punti, 1 volta ha sfondato il muro dei 30 punti e ha recentemente infilato nel suo score una tripla doppia (17 punti, 10 rimbalzi e 12 assist nella gara contro Bolzano): numeri che dimostrano una maturità cestistica inversamente proporzionale alla sua età. Marta Rossini, al primo anno in serie A2 come Zanardi, è andata nove volte in stagione oltre i 20 punti ed una, strabiliante, a quota 40 (nella gara disputata dalla sua PF Firenze contro La Spezia). Angelica Castellani, al secondo anno di A2, si aggiunge a questo terzetto delle meraviglie per essere stata capace, unica insieme a Zanardi, di mettere a referto una tripla doppia (15 punti, 10 rimbalzi e 11 assist contro La Spezia). Numeri pieni di significato, quelli appena snocciolati, che si riassumono in una parola: futuro. A cui aggiungiamo un aggettivo: rosa. Dal doppio significato, questa volta: non solo perché rappresenta il nostro femminile, ma soprattutto perché sembra davvero che ci sorrida, questo futuro.

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TALENTO AWAK KUIER, AL PRIMO ANNO A RAGUSA, HA DIMOSTRATO TUTTO IL SUO VALORE. LA GIOCATRICE FINLANDESE È STATA SCELTA AL NUMERO 2 DEL DRAFT WNBA DALLE DALLAS WINGS.

inside A1

MOMENTO DECISIVO

SI ENTRA NELLA FASE CALDA DELLA STAGIONE, QUELLA DELLE PARTITE DA DENTRO O FUORI, SENZA RITORNO. IN SERIE A1 SONO STATI EMESSI I PRIMI VERDETTI, NELLE PROSSIME DUE SETTIMANE SI CONOSCERÀ LA SQUADRA CAMPIONE D’ITALIA. LA NOSTRA ANALISI DELLA SITUAZIONE PLAYOFF E PLAYOUT

Di Francesco Velluzzi

A

l gran ballo del campionato emergono due belle re-

altà: Bologna e Sassari. La Virtus e la Dinamo.

La Segafredo e il Banco di Sardegna. I due club che sono da tempo nell’élite della maschile e che hanno coraggiosamente annesso anche il settore femminile. Permetteteci di dire che è la notizia più bella. Perché da una parte Bologna, guadagnandosi una semifinale praticamente impossibile con la Reyer Umana Venezia del sindaco veneziano Luigi Brugnaro che maschile e femminile li aveva accorpati per prima nel suo club, è entrata nel gotha del movimento con pieno merito. Dall’altra, Sassari, vincendo alla bella in Lombardia il primo playout con Broni, al primo anno dell’esperimento tentato e voluto la scorsa estate dal suo deus ex machina Stefano Sardara (che aveva già creduto nel basket in carrozzina), ha centrato un obiettivo diventato particolarmente difficile per l’esiguità della rosa, ridottissima, per i tanti problemi dovuti al Covid-19, per le problematiche legate a trasferte che sono durate anche tre giorni.

Playoff La stagione anomala del basket donne, che ha

permesso a pochissimi fortunati di assistere alle partite di un torneo che avrebbe il giusto epilogo se la serie finale, quella per lo Scudetto, avesse una grande visibilità mediatica, è partita con dei playoff monchi. Pronti ai nastri di partenza e la Fila San Martino di Lupari, impegnata nel derby veneto con la strafavorita Famila Schio, è costretta a dare forfait causa Covid-19. Il club dell’attivissimo e appassionato presidente Vittorio Giuriati è colpito in blocco dalla pandemia. I playoff non possono aspettare, la stagione va conclusa nei tempi e nei modi previsti anche perché poi bisognerà dare spazio alla Nazionale di Lino Lardo che dovrà prepararsi per l’Europeo. Così Schio va dritta in semifinale. Da un lato si riposa, recupera energie e pure la leader carismatica e ricca di talento Giorgia Sottana, dall’altro resta 17 giorni senza giocare una partita ufficiale e sfida la storica rivale Passalacqua Ragusa dove già hanno militato Sabrina Cinili e Jillian Harmon che ora vestono orange.

inside A1

Sofferenza Quello tra Ragusa e la sorprendente Empo-

li è stato sicuramente il quarto più sofferto, anche se alla fine ha prevalso la qualità e la superiorità della formazione siciliana di Gianni Recupido. Che passando, con soli sei punti di scarto in Toscana, ha vinto il match point in casa per 78-76. Questo rende ancor più merito all’Use di Cioni costruita con pochi mezzi e poche risorse economiche, ma che in campo ha sempre dato l’anima rendendo la vita impossibile anche alle big. Se lo spirito rimarrà tale e le straniere verranno azzeccate come in questa stagione, il club di

Sesoldi e Benassai, con l’allenatore ormai fidelizzato potrà ambire anche a qualcosa di più. Per ora restano i complimenti per una stagione brillante. Ragusa accede alla semifinale con Schio sperando come al solito di fare lo sgambetto. Verdi e orange si sono giocate quattro volte la finale per il titolo. E lo Scudetto è sempre finito in Veneto, anzi ci è rimasto, visto che negli ultimi anni la società di Marcello Cestaro lo ha perso solo una volta, nel 2017, rocambolescamente con Lucca. Schio ha la forza dei nervi distesi e un organico superiore, anche con le varie defezioni delle straniere che, per vari

EQUILIBRIO QUELLO CHE HA CARATTERIZZATO LA SERIE TRA VIRTUS BOLOGNA E GEAS SESTO, L’UNICO QUARTO DI FINALE A TERMINARE ALLA BELLA. A PASSARE IL TURNO SONO STATE LE V NERE.

motivi, hanno lasciato squadra e città. Ragusa non ha niente da perdere e il suo gioco aggressivo mette nei guai chiunque. Solo che metterlo in pratica per 40 minuti è complicato.

Che battaglia Il quarto più battagliero è stato sicuramen-

te quello giocato tra la Virtus Segafredo Bologna e l’Allianz Geas Sesto San Giovanni, un altro club che ha disputato una stagione da applausi. Poteva ambire al quarto posto, ha avuto un periodo Covid-19 tremendo che, sicuramente, è costato caro alla squadra rosso-

nera sempre ben allenata da Cinzia Zanotti. Bologna e Geas sono rivali e avversarie da una vita, poi ci sono le tante amicizie fuori dal campo, perché Giulia Arturi lo è per tante bolognesi che quest’anno hanno avuto un buon contributo da Bibi Barberis che al Geas ci è nata e vissuta. Bologna, in virtù di un girone d’andata a dir poco straordinario, ha vinto lo sprint per il quarto posto e nel quarto di finale ha sfruttato il fattore campo.

La Virtus, sconfitta a Sesto in Gara-1 nettamente (8759) col tiro dalla lunga (4/20) che proprio non andava a nessuna, nelle due decisive gare ha sofferto, ma ha

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inside A1 sempre vinto con un discreto margine: 12 punti in gara 2 e 8 alla bella. Tirata fino al quarto periodo la gara decisiva in cui Bishop e Williams hanno fatto la differenza più di Begic. Mentre all’Allianz non è bastata la monumentale Gwathmey. Zanotti ha patito la cattiva serata delle piccole (Verona e Dotto 1/8 da tre in due).

E così addio semifinale. Dove va con pieno merito la banda che Lollo Serventi ha saputo plasmare alla perfezione. Con un club importante a fare da supporto sempre. Il gradino successivo, cioè la semifinale, non può essere scalato: manca ancora qualche tassello alla Virtus per arrivare al livello più alto, quello in cui si lotta alla pari per il titolo. Ma i rumors dicono che la società guidata da Luca Baraldi, che nel femminile gode dell’esperienza accumulata in anni di lavoro da procuratore del fido Paolo Ronci, voglia fare sul serio per la prossima stagione. Cioè voglia costruire uno squadrone in grado di puntare dritto ai vertici. La manager Federica Nannucci e la team manager Roberta

tro Valencia. Pan e Penna sono la bellezza di un vivaio che dopo l’apprendistato giovanile ha completato l’opera negli Stati Uniti. Lardo le può avere protagoniste anche in azzurro.

Playout Chi retrocede? È sempre una grande amarezza

vedere la retrocessione di due squadre, ma così è lo sport. Alla faccia delle superleghe... Vigarano ha salutato, Broni e Battipaglia si giocheranno l’altro posto con le lombarde favorite perché al club di Rossini non ne va mai bene una. Lucca era logico che non avesse problemi e così è stata più dura la sfida tutta grinta e cuore tra Broni e Sassari. Che è riuscita a fare la differenza nell’ultimo atto, in trasferta, con la bravura e la capacità della miglior realizzatrice del campionato: Kennedy Burke. La ventiquattrenne ala di Los Angeles è stata immarcabile per chiunque in tutta la stagione regolare. Non poteva succedere diversamente nei playout. Magari non vedrà mai l’affascinante Alghero,

Al gran ballo del campionato emergono due belle realtà: Bologna e Sassari. La Virtus e la Dinamo. La Segafredo e il Banco di Sardegna.

I due club che sono da tempo nell’élite della maschile e che hanno coraggiosamente annesso anche il settore femminile.

Resta sono le colonne portanti di una società che si è anche presa l’incarico di organizzare una Final Eight di Coppa Italia (con la bella chicca della finalissima di lunedì 8 marzo nel giorno della festa della donna, idea brillante) in un periodo come questo. Non era facile per nessuno. Le voci parlano di nomi forti, a cominciare da quello di Sabrina Cinili, pronta a lasciare Schio, per vivere una nuova affascinante esperienza in un’altra piazza. Aggiungendo qualche pedina chiave, il guanto di sfida potrà essere lanciato. Anche tenendo le fedelissime Tassinari e Tava che sono l’essenza di questa squadra. Anche dal punto di vista morale.

All’assalto Bologna ha già capito che la semifinale è

una partita diversa. Lo sta vivendo sulla propria pelle con Venezia che le ha rifilato una prima pesante sconfitta. E che nei quarti è passata come un caterpillar su Costa Masnaga che merita già un plauso per la bella stagione che è riuscita a completare. Matilde Villa l’hanno apprezzata proprio tutti. Può essere lei il futuro del basket italiano. Una macchina da punti simile raramente si era vista nelle ultime annate. La Venezia di Giampiero Ticchi ha spazzato via le lombarde come doveva essere senza alcun problema. E ora è pronta a dare l’assalto al tricolore che lo scorso anno non si è potuto assegnare. L’Umana ha la forza di un organico completo in tutti i reparti e la rabbia di una squadra che è arrivata davvero a un passo dall’Eurocup con-

come ha dichiarato, ma a Sassari ha lasciato un bel ricordo perché ha condotto la squadra alla fatidica salvezza segnando 26 punti in gara tre. Poi Arioli e Pertile meritano un abbraccio gigante, così come Calhoun e Fekete, le altre due splendide straniere. Ma il merito principale va al tecnico Antonello Restivo che ha fatto i conti con qualsiasi tipo di problema, innanzitutto il lungo infortunio alla caviglia della capitana e anima Cinzia Arioli che a 37 anni e dopo tanti campionati di A2 ha dimostrato di poter competere ancora alla pari in una categoria superiore in cui la differenza col piano di sotto è enorme. Sassari ora ha tutto il tempo per respirare e programmare. L’idea di Sardara è quella di andare avanti e proseguire, la fine, tanto attesa, della pandemia può permettergli di organizzare una squadra qualitativamente migliore con qualche italiana di categoria in più e la sapiente guida di Restivo, tecnico che nel settore, dopo questa impresa, si è guadagnato parecchia credibilità. E, magari, col suo aiuto, come in questa stagione, Sassari potrà trovare ancora una straniera all’altezza di Burke che difficilmente rimarrà in Sardegna. Non sarà difficile per tanti club darle un po’ di soldi in più e portarla a giocare ancora le coppe come lei desidera. Dopo che avrà terminato la sua esperienza nella WNBA. Sassari è salva, ora tocca a Broni e Battipaglia scannarsi per evitare l’inferno. E ricominciare per il prossimo campionato, con qualche problema in meno. E qualche soldino in più.

CANNONIERA KENNEDY BURKE È STATA IL FARO OFFENSIVO DELLA DINAMO SASSARI, LA GIOCATRICE CHE CON LE SUE PERFORMANCE HA CONSENTITO ALLE SARDE DI OTTENERE LA SALVEZZA.

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glossary

PINKGLOSSARY Parole del basket che raccontano storie (perlopiù divertenti).

Espressioni baskettàre

(p.2)

“Leggere la targa” Tipica espressione di natura automobilistica che, se applicata al basket, significa: tu sei un Pandino e la tua avversaria è una Ferrari che ti ha appena fregato la palla ed è già a canestro dall’altra parte del campo mentre tu stai ancora mettendo la prima.

“Asse play-pivot” L’asse play-pivot è il sogno ricorrente di ogni allenatore, è l’essenza del basket, è la combo perfetta, è lo yin e lo yang della pallacanestro. Ma la verità è che nel 90% dei casi rimane una vera e propria chimera che si riduce a: playmaker troppo impegnato a palleggiare a testa bassa e a passare alle sue amiche guardie; lungo che sbraccia come se stesse annegando in mare e sgomita come se fosse in fila all’Apple Store per acquistare l’ultimo modello di Iphone; coach disperato che urla “guarda sotto, guarda sotto!” nella speranza che il miracolo avvenga; arbitro che per farla finita fa ambarabacicicocò tra: “fischio 3 secondi? Fallo in attacco? o fallo in difesa?”. E propendendo per la prima scelta, pone fine all’azione, alla speranza del coach, alla pazienza della lunga e all’illusione centenaria di intesa tra play e pivot.

“Ho toccato solo la palla” La più classica delle dichiarazioni di innocenza rivolte agli arbitri assieme a: “non l’ho toccata” oppure “ero ferma”. Solitamente accompagnata da una faccia fintamente angelica e - in casi di estrema colpevolezza - da braccia alzate all’altezza delle spalle, tale espressione viene pronunciata in segno di protesta in seguito ad un’azione difensiva in cui la giocatrice ha tentato (invano) di stoppare l’avversaria al tiro. Tentato. Perché idealmente voleva eseguire una stoppata storica, perfetta. Di fatto, ha tatuato la propria mano sul braccio dell’avversaria senza il suo esplicito permesso.

“Ho fatto virgola” Locuzione informale con cui la giocatrice rivela il suo tondissimo e schifosissimo 0% al tiro in partita. Per cui, quando chiedete a una giocatrice “com’è andata la partita oggi?” e vi risponde con “ho fatto virgola”, significa che a) dovete subito cambiare argomento; b) è probabile che nel giro di poco la giocatrice scoppi in un pianto isterico misto a imprecazioni, rivolte a tutti quei palloni rimbalzati sul ferro; c) non tirate fuori i tabellini della partita per nessun motivo: vedere il vuoto cosmico nella colonnina dei punti segnati è sempre una sensazione tremenda; d) evitate frasi fatte tipo “le giornate no capitano”, “però hai difeso bene”, perché rimarranno soltanto dei vacui tentativi di consolazione che contribuiranno anzi ad aumentare il ricordo di quel tondissimo 0%.

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STELLA YVONNE ANDERSON È STATA GRANDE PROTAGONISTA DELLA FINALE, PER LA REYER. IL SUO CANESTRO, A UN SECONDO DAL TERMINE, È VALSO L’ULTIMO VANTAGGIO OROGRANATA.

focus

REGINE D’EUROPA

LE FINAL FOUR DI EUROLEGA ED EUROCUP HANNO EMESSO I PROPRI VERDETTI. EKATERINBURG SI CONFERMA LA MIGLIORE SQUADRA CONTINENTALE, VALENCIA BEFFA VENEZIA IN UNA FINALE BELLISSIMA. PER L’ITALIA, TANTI SEGNALI POSITIVI E INCORAGGIANTI, NONOSTANTE I RISULTATI FINALI

DI MASSIMO MATTACHEO

G

lory days. I giorni della gloria. Una hit del 1985,

dall’album Born in the USA con cui Bruce Springsteen scalò le classifiche mondiali. Un successo planetario, una canzone ancora oggi in voga. Ma anche, nello sport, giornate da ricordare, che restano indimenticabili negli occhi, nel cuore e nella memoria storica di atleti, addetti ai lavori e tifosi. Momenti come la Final Four di una coppa europea, il massimo traguardo raggiungibile, l’obiettivo di una stagione intera. Tra sacrifici, lavoro, impegno e – perché no – anche un po’ di fortuna, le partite che tutti vorrebbero giocare.

Zarine d’Europa. Questa la migliore definizione per Ekaterinburg, che nell’edizione 2020/21 di EuroLeague Women ha fatto nuovamente valere la legge della più forte. Prima per punti segnati a gara (87.5 di media) e per assist (23.9), terza per rimbalzi (40.3), la formazione allenata da Miguel Mendez ha rispettato i pronostici della vigilia ed è salita nuo-

vamente sul trono continentale. Per la quarta volta nelle ultime cinque edizioni, la sesta in assoluto. Un dominio totale, una oligarchia, quella della squadra russa, che ha avuto la meglio del Fenerbahce in una semifinale tiratissima e risolta solo nelle battute conclusive, e di Perfumerias Avenida nell’atto conclusivo del torneo. Nella bolla di Istanbul (difficile dire se con il pubblico sarebbe cambiato il verdetto del campo) Ekaterinburg ha dimostrato ancora una volta di avere una marcia in più, nei momenti caldi, rispetto a tutte le altre, agguerrite competitor, desiderose di detronizzare la formazione guidata da Mendez dal trono di Europa.

Una corazzata costruita con un unico obiettivo: vincere. Una

serie di stelle – Alba Torrens, Allie Quigley, Breanna Stewart, Jonquel Jones, Brittney Griner – che non ha nulla da invidiare a quelle di una franchigia WNBA, una solidità spaventosa nelle dieci partite giocate (tutte vinte) dimostrata anche dallo scarto medio a

focus

gara (21.6 punti) rifilato alle avversarie. Un percorso immacolato, una prova di forza devastante che ha tolto a tutte le sfidanti ogni possibilità di competere per vincere. Solo il Fenerbahce, infatti, è davvero riuscito a tenere testa alla compagine russa per tutti e quaranta i minuti di gioco, guidato da una Iagupova commovente (26 punti alla sirena) che non è bastata per sfatare il tabù finale per le turche (giunte alla settima sconfitta in semifinale nella loro storia).

Il Fenerbahce, dopo avere patito la maggiore abitu-

dine delle proprie avversarie a giocare questo tipo di gare, è riuscito a risalire la china e a rimontare l’incontro, giocando la propria pallacanestro e appoggiandosi ai punti di riferimento consolidati che hanno portato la formazione turca a giocarsi l’atto finale del torneo. Nel finale punto a punto, la maggiore lucidità di Ekaterinburg nei possessi decisivi ha consentito alle russe di imporsi e volare in finale.

BEFFA POCHI DECIMI DI SECONDO HANNO PRIVATO LA REYER VENEZIA DELLA VITTORIA DELL’EUROCUP, AL TERMINE DI UNA FINALE TIRATISSIMA E DI ALTA QUALITÀ.

La formazione turca ha poi conquistato il terzo posto vincendo la “finalina” contro Sopron con il punteggio di 64-58.

Per Zandalasini una stagione positiva, conclusa con 8.9 punti in poco più di 20 minuti di media sul parquet e percentuali di eccellenza dal campo (oltre il 40% da due e tre punti e il 90% ai liberi). Una manifestazione in cui la nostra portacolori ha visto il proprio minutaggio calare con l’innesto – a stagione in corso

– di Iagupova, vera e propria stella della squadra e giocatrice di riferimento del panorama europeo. La capacità di Cecilia di adattarsi al nuovo ruolo è stata importante per il Fenerbahce, che si è ritrovato una freccia in più al proprio arco spesso e volentieri in uscita dalla panchina.

E se l’EuroLega continua, imperterrita, a parlare russo, l’EuroCup per la prima volta dice Spagna.

Con Valencia, capace di imporsi sulla Reyer Venezia

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focus di un solo punto alla sirena, al termine di una partita tirata e risolta da una grande rimessa che ha consegnato alle iberiche la Coppa. Una situazione per certi versi simile a quanto visto in gara 1 dei quarti di EuroLega maschile, laddove Zach LeDay ha regalato il successo all’Olimpia Milano sul Bayern Monaco e ha dato il via alla possibile – al momento in cui scriviamo l’Armani conduce 2-0 nella serie – qualificazione meneghina alla Final Four, un traguardo che manca da ventinove anni in casa Olimpia. Un’eternità.

Tornando sul suolo italico, per la Reyer una beffa, per come

maturata la sconfitta in finale contro Valencia. Un ko diverso rispetto a quello del 2017/18, quando la squadra allora allenata da Andrea Liberalotto si era arresa al Galatasaray in una finale andata/ritorno a somma di punteggio. Già, proprio quel Galatasaray oggi capace di inserirsi tra le migliori otto squadre d’Europa, e fer-

avanti possibile – la risposta di De Zotti -. Ci aspettavamo di potere centrare le Final Four, e, onestamente, anche la finale. Il format europeo di quest’anno, così particolare, ci ha abituato a giocare sfide da dentro o fuori fin dall’inizio della stagione. Sicuramente questo ha responsabilizzato le nostre giocatrici e ha permesso loro di crescere in un contesto competitivo di livello”.

Un gruppo, quello di italiane della Reyer Venezia, che costituisce anche lo zoccolo duro della Nazionale allenata da Lino Lardo, attesa dagli Europei in programma in Francia e Spagna dal 17 al 27 giugno. E proprio le gare giocate con la maglia Azzurra “sono state una esperienza importante per le nostre atlete – il commento del GM orogranata – per acquisire ulteriore responsabilità e ritagliarsi un ruolo importante anche con l’Italbasket”.

Dopo due finali europee nelle ultime tre edizioni di EuroCup, la grande ambizione per la Reyer è quella di entrare in pianta stabile nel novero delle formazioni che

Perché i sogni possono diventare realtà.

Soprattutto se sostenuti da passione e ambizione, cultura del lavoro e organizzazione. Tutti punti cardine che la Reyer Venezia ha dimostrato di avere, già da diversi anni. mato ai quarti di finale dal Fenerbahce di Zandalasini (anche in questo caso al termine di gare di andata e ritorno a somma di punteggio). Corsi e ricorsi, intrecci dal sapore molto azzurro.

Ma Venezia è ambiziosa, e non sarà certo una sconfitta, per quanto dolorosa, nella finale di EuroCup disputata nella bolla di Szekszard (Ungheria), a rallentare o interrompere il percorso di grande crescita degli ultimi anni “iniziato con la ricerca delle migliori giovani italiane disponibili sul mercato iniziando diversi anni fa con Penna e Pan – racconta il General Manager Roberto De Zotti – per potere intraprendere un cammino che sta dando i suoi frutti. Questa è stata la nostra filosofia per provare a competere con Schio, che ha allestito roster composti da giocatrici di maggiore esperienza”.

Un cammino europeo che quest’anno è stato stravolto dal Covid-19, che ha costretto le squadre a giocare in bolle fin da subito una serie di partite secche. Con possibilità, dunque, di errore davvero limitati al minimo. Un percorso immacolato per Venezia, fino all’atto finale della competizione, in una stagione fatta di trentasette successi in quaranta incontri complessivamente disputati. Con tre finali all’attivo: Supercoppa Italiana (vinta), Coppa Italia ed EuroCup (perse). E con il desiderio di provare a lanciare nuovamente la sfida a Schio nell’atto conclusivo del campionato. Virtus Bologna permettendo.

L’obiettivo della squadra orogranata in Europa? “Arrivare il più

disputano l’EuroLega. “Deve anzi essere una necessità per noi – sostiene De Zotti – per confrontarci con un livello di competitività decisamente superiore a quello dell’EuroCup, che ora comincia a esserci stretta. Siamo davvero felici che FIBA abbia riconosciuto il nostro lavoro invitandoci a partecipare a una conference call con le squadre di EuroLeague che si terrà nei prossimi giorni”. La partecipazione al massimo torneo continentale, nella stagione 2018/19 (poi terminata con l’eliminazione ai quarti di finale di EuroCup) è stata sicuramente importante per la Reyer, che ha avuto l’opportunità di testare il proprio livello contro le migliori formazioni d’Europa.

Una crescita, quella cui ambisce l’Umana, che non può essere sicuramente stoppata da una sconfitta – seppure dolorosa – come quella subita da Valencia in finale di EuroCup. Al termine di una sfida tra due compagini che hanno dimostrato di potere essere competitive al piano superiore. Anche nei prossimi anni, quando il format tornerà ad essere tradizionale e non basato su sfide secche come quelle di un’annata così particolare come quella in corso.

Perché i sogni possono diventare realtà. Soprattutto se sostenuti da passione e ambizione, cultura del lavoro e organizzazione. Tutti punti cardine che la Reyer Venezia ha dimostrato di avere, già da diversi anni. Con l’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, di provare ad aprire un ciclo vincente. In Italia e, se possibile, anche a livello europeo.

SEMIFINALISTA IL FENERBAHCE DI CECILIA ZANDALASINI HA SOGNATO DI SCALZARE EKATERINBURG DAL TRONO D’EUROPA. NEGLI ULTIMI MINUTI, PERÒ, LE RUSSE HANNO CONQUISTATO PRIMA LA FINALE E, POI, L’ENNESIMO TRIONFO EUROPEO.

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QUATTRO IL NUMERO DI MAGLIA E LE STAGIONI DI MARTINA A VENEZIA. UNA DELLE CERTEZZE DELLA FORMAZIONE ALLENATA DA COACH TICCHI IN LOTTA PER LO SCUDETTO.

cover story

MARTINA LA CAPITANA MARTINA BESTAGNO È UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA REYER VENEZIA E PER LA NAZIONALE ITALIANA, CHE SI APPRESTA A DISPUTARE GLI EUROPEI A GIUGNO. MA PRIMA, I PLAYOFF CON LE OROGRANATA, CON L’AMBIZIONE DI CONQUISTARE LO SCUDETTO

DI EDUARDO LUBRANO

M

i chiamo Martina Bestagno, vengo dalla città dei

fiori e del Festival, Sanremo, sono del segno del Leone, capitana della Reyer Venezia femminile che ha giocato la finale dell’Eurocup 2021. E sono molto arrabbiata!”. Ecco, chi dovesse ricordare la scena forse più celebre de Il Gladiatore quando si rivela all’Imperatore, rintraccerebbe quello stesso tono di Russell Crowe nelle prime parole di Martina all’inizio di questa intervista. In particolare il riferimento alla finale di Eurocup (la seconda della storia per la Reyer nella competizione) persa in modo che nemmeno Monsieur Rocambole avrebbe immaginato, fa intendere con che animo lei e la squadra hanno affrontato i giorni successivi e l’inizio dei play off scudetto con la Limonta Costa Masnaga, battuta 2-0 nella serie dei quarti di finale.

“Sono orgogliosa della stagione della Reyer in Europa – attacca, è proprio il caso di dirlo, Martina Bestagno – delle mie compagne, di come abbiamo rappresentato noi stesse, la società, il nostro paese. Sappiamo

che abbiamo avuto un’occasione unica anche per il format di questa Eurocup che non prevedeva squadre provenienti dall’Eurolega e per il tipo di squadra che siamo. So che abbiamo cercato di essere sempre nelle migliori condizioni per giocare al meglio con tutte le nostre avversarie”. È stata la sua seconda finale di Eurocup con la Reyer. Differenze?

“Intanto una cosa simile: le abbiamo perse tutte e due… Ma quella del 2018 nella doppia partita l’abbiamo persa nella prima ad Istanbul dove abbiamo proprio sbagliato gara. Poi a Venezia abbiamo vinto ma non è bastato e comunque il Galatasaray era più forte di noi. Questa l’abbiamo persa…. Va beh, lasciamo perdere che se ci ripenso mi sale ancora la rabbia. Sì, rabbia più che amarezza perché eravamo lì ad un secondo dalla vittoria e poi… La batosta è stata forte ma vuol dire che il nostro percorso non è finito. Grandi squadre son passate per grandi sconfitte

cover story

FINALI SUPERCOPPA, COPPA ITALIA ED EUROCUP: VENEZIA È SEMPRE ARRIVATA IN FONDO IN QUESTA STAGIONE, A RIPROVA DELLA SOLIDITÀ DELLA SQUADRA.

prima di vincere dunque a noi manca ancora un passaggio. Perché non possiamo accontentarci. Il primo posto in stagione regolare che tra l’altro non è mai accaduto per la Reyer? La finale di Coppa Italia? La vittoria della Supercoppa? Tutto bellissimo ma non basta. Tutte tappe verso qualcos’altro che faremo di tutto per concretizzare”.

Cosa le ha insegnato questa stagione?

“Moltissimo. In termini tecnici è stato ed è ancora uno straordinario clinic di perfezionamento per me visto

che in allenamento mi confronto con giocatrici come Petronyte, Howard e Fagbenle che sono quanto di meglio si possa trovare in Europa nel settore lunghe.

Questo ha aggiunto qualcosa, credo, al mio bagaglio tecnico, ed ha aumentato il mio piacere di allenarmi.

Sono davvero contenta di averle come compagne di squadra. Io guardo tante partite per tenermi aggiornata e rubo molto con gli occhi a tante giocatrici o giocatori”.

Per dire che il confronto con le migliori ovviamente aiuta sempre…

“Certo che sì. Per una come me che non è tra le più alte, non è tra le più dotate tecnicamente, avere questa possibilità è una specie di premio. Sono fortunata ma la mia fortuna sono convinta di essermela costruita. Da sempre. Da quando feci gli esami di terza media con le valigie nella macchina perché dovevo partire per La Spezia, la mia prima squadra dopo quella di casa mia. E poi quando sono andata all’estero per fare esperienze diverse, in Repubblica Ceca e Belgio. Ed in tante altre occasioni della mia vita nelle quali la mia volontà mi ha aiutato dove magari sape-

vo di non poter arrivare. C’è una frase di Paolo Rossi che mi piace e mi rappresenta: “La mia volontà è al servizio delle mie capacità”. Non credo che bisogna essere per forza la migliore. Ma bisogna fare il meglio di sé sempre e sforzarsi di farlo”.

Capitan Bestagno, che squadra è questa Reyer?

“Ho avuto da subito la sensazione che saremmo state una squadra speciale. Siamo undici componenti tutte sullo stesso piano al di là delle diverse qualità di ognuna. Sappiamo veramente di poter contare l’una

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cover story sull’altra in ogni momento. Specie in quei momenti in cui bisogna combattere, ecco lì non c’è n’è una che fa un passo indietro e dunque il gruppo letteralmente non molla mai, per usare una frase molto comune. E voglio spendere due parole in più per il gruppo delle italiane che è davvero fortissimo in termini tecnici ed umani. Il livello è altissimo e credo che abbiamo le carte in regola per arrivare alla Soddisfazione con la S maiuscola”.

Perché ha scelto di andare a giocare all’estero?

“Perché stava arrivando il momento di fare il salto in A1 ma non volevo andarci senza essere pronta del tutto. Ho pensato che un passaggio fuori dalla mia comfort zone mi avrebbe fatto bene. Ho scelto di fare un percorso perché nella vita non do mai nulla per scontato e non mi sento mai arrivata. E forse questa è una cosa che mi rimprovero: non mi godo mai l’attimo bello che sto vivendo”.

Ed a casa come va allora? I momenti belli ci sono e riesce a goderli?

“Ah sì, quelli sì. Intanto con Milla, il mio cane che è sempre con me, qualunque cosa io faccia, dalle pas-

minata con 27 vittorie su 28 partite giocate fino alla prima partita di semifinale. I quarti sono stati superati col ricorso a due sole gare con la Limonta Costa Masnaga. E poi la semifinale con la Virtus Bologna.

In gara 1, come si direbbe in un titolo, due tempi per studiare, due tempi per dilagare. I 30 punti secchi di divario a favore della Reyer (62 a 92) hanno tracciato una linea importante per la squadra di capitan Bestagno anche se la Reyer ha sempre vinto in stagione con le VuNere.

“Cominciamo col dire che le partite vanno vinte e che trenta punti bisogna saperli dare alle avversarie specie in trasferta e ad una buona squadra come Bologna. Alla quale nei primi venti minuti abbiamo concesso troppi rimbalzi offensivi. Nell’intervallo abbiamo registrato la difesa e su quello abbiamo costruito la vittoria. E su quello continueremo a lavorare perché la difesa è uno dei nostri punti di forza. Ma l’inizio dei nostri playoff è in parte la prosecuzione della stagione regolare (1 sola sconfitta in 25 partite, ndr) ed in parte frutto della rabbia accumulata dopo la finale con Valencia. Forse tutto è nato negli spogliatoi in Ungheria dove ci siamo guardate e ci siamo dette “Ragazze, questa stagione non può finire così!”.

Ho avuto da subito la sensazione che saremmo state una squadra speciale. Siamo undici componenti tutte sullo stesso piano al di là delle diverse qualità di ognuna. seggiate alle uscite per altri motivi. Oppure a dettare i ritmi del mio sonno anche quando rientro a tarda notte da una trasferta... Sono appassionata di cinema, amo il genere thriller, misterioso. Ma anche i cartoni della Disney. Questo unito al fatto che la mia musica preferita è molto americana tipo Soul, Rhythm&Blues fa dire alle mie amiche o alle mie compagne che sono un po’ “antica”. Ma io mi diverto, così come in questo periodo di pandemia ho fatto una scorpacciata di serie tv e mi sono goduta Modern Family che mi diverte molto, e Le regole del delitto perfetto, fantastica”.

Che farà Martina dopo il basket giocato?

“Ho studiato per diventare dirigente sportivo. Quindi il mio futuro lo vedo così. Per esempio l’AS Monaco che è a breve distanza da casa mia a Sanremo, sta crescendo molto ed in pochi anni è diventata una squadra che gioca l’Eurolega ed ha ambizioni. Perché non lì? Ma devo dire che un’altra professione che mi attira molto è quella della commentatrice di basket.

Magari qualcosina di questo sport l’ho imparata…”

Nel frattempo però c’è ancora molto da giocare per Martina. Per esempio la stagione in corso, sin qui do-

Sentite un po’ la pressione del fatto che se doveste arrivarci, sarebbe la quarta finale della storia della Reyer Venezia femminile (la prima nel 1937 dietro l’Ambrosiana Milano, la seconda con scudetto nel 1946 davanti alla Bernocchi Legnano, la terza nel 2009 battuta dalla Cras Basket Taranto,ndr)?

“E’ una strana sensazione. Primo perché da quando io sono qui, 2017, abbiamo sempre giocato le semifinali con Ragusa mentre quest’anno abbiamo cambiato avversaria. Poi perché dall’inizio della stagione abbiamo tutte avuto la consapevolezza di essere un gruppo con un po’ più di “cattiveria” sportiva ovviamente. E che la finale sia un po’ una sorta di passaggio obbligato. Che però sia chiaro dobbiamo conquistarci senza distrazioni. Dopo la finale di Eurocup sembrava avessimo perso un po’ di entusiasmo ma lo stiamo recuperando perché insieme all’alchimia, alla responsabilità, al rispetto delle avversarie dobbiamo ricominciare un po’ a volare. Come è successo qualche giorno dopo la finale di Eurocup quando in allenamento si è ripetuta la stessa situazione che ha portato Valencia alla vittoria. Siamo scoppiate a ridere e poi ci siamo dette “Ecco, adesso sappiamo cosa dobbiamo fare”.

AZZURRA BESTAGNO È NEL GIRO DELLA NAZIONALE CHE SI APPRESTA A DISPUTARE GLI EUROPEI IL PROSSIMO GIUGNO, DOPO AVERE CENTRATO LA QUALIFICAZIONE CON PROVE CONVINCENTI.

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inside A2

Emozioni?

Sì grazie MANCANO I RECUPERI PER CHIUDERE LA STAGIONE REGOLARE DI A2, POI TORNA

DOPO QUASI 24 MESI LA GRANDE GIOSTRA DEI PLAYOFF (E QUELLA DEI PLAYOUT).

CI ARRIVIAMO LANCIATI DA UN APRILE AD ALTA DENSITÀ DI PARTITE, DI SORPRESE, DI NOVITÀ DAL MERCATO

di manuel beck

T

empi supplementari in A2. La stagione regolare si

sarebbe chiusa con aprile, ma è stata prolungata a inizio maggio per terminare i recuperi: mentre scriviamo ne mancano 12 nel girone Nord e 10 nel Sud. Quest’ultimo ha vissuto un mese sereno, al contrario dell’altro, dove sono state costrette a lunghi stop S. Martino, Vicenza, Carugate, Castelnuovo.

La battaglia contro il virus ha già richiesto impegni enormi a società e giocatrici; serve ora lo sforzo finale. Ne vale la pena perché il campionato, pur tra mille difficoltà, ha offerto tanto, ma il meglio arriva adesso: le emozioni di playoff e playout, che tornano dopo quasi due anni (25 maggio 2019, rocambolesco spareggio-promozione tra Bologna e Alpo, dopo che erano già salite Costa e Palermo).

La sensazione è che 7 mesi di campionato non abbiano ancora detto tutto sui veri valori. C’è chi ha perso giocatrici-chiave per infortunio; chi si è rinforzato di recente con innesti di spessore; chi ha dovuto fermarsi

per un mese abbondante e poi spremersi due volte alla settimana per recuperare. Insomma, l’ordine con cui le squadre si presenteranno in griglia-playoff (o playout) potrebbe, almeno in parte, non corrispondere ai reali rapporti di forza, favorendo sorprese.

Su chi puntare per le due promozioni? Al Nord è difficile che esca una carta diversa dagli assi Crema-Moncalieri-Udine; le prime due si fanno preferire per l’esperienza. Alpo è l’outsider più pericolosa; Castelnuovo avrebbe l’organico per arrivare in fondo, ma è stata tartassata dal Covid. Al Sud il punto fermo è Faenza; l’alternativa con più potenziale è Valdarno; le debuttanti d’assalto sono Brescia e Patti, ma sarebbe eclatante se arrivassero fino al paradiso; lo stesso vale per le altre.

Playoff e playout cominceranno il 12 maggio. Il decreto legge del 22 aprile prevede il ritorno del pubblico nei palazzetti dal 1° giugno, in tempo per disputare almeno la conclusione della post-season in presenza dei tifosi.

Sarebbe un finale della storia ancora più apprezzato.

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GIRONE NORD // Moncalieri vince i big match con Udine e Crema.

Gran lotta alle spalle delle prime tre.

Conquista i playoff Sarcedo. Lutto a Bolzano.

Divorzio Ponzano-Iannucci, salta Pastore a Milano Per il vertice Il trio di testa ha fatto il vuoto. Crema sarà

prima se vince i recuperi con Vicenza e S. Martino: è 2-0 su Udine e ha salvato, per un solo punto, la differenza-canestri con Moncalieri, che si è imposta 66-58 (Penz 14 punti) sulla regina di Coppa Italia, ma all’andata aveva ceduto di 9. Poi, sempre per un punto, Giulia Gatti e compagne si salvano in casa di Alpo: supplementare agguantato da una tripla di Caccialanza (14 punti) e risolto da due liberi di Nori a 1”.

Moncalieri ha una striscia di 13 vittorie di fila. Oltre a Crema è finita tra le sue prede Udine (55-71, Berrad 19 contro Cvijanovic 17): ribaltato il -14 dell’andata. Ha chiuso un aprile perfetto vincendo a Milano (63-68, con 16+12 rimbalzi di Katshitshi) e il recupero-derby con Castelnuovo (68-42). Con l’inserimento della lunga Trehub, da Valdarno, ha un arsenale completo, nonostante l’assenza di Cordola.

Udine, che ha già terminato i suoi impegni, non può più arrivare prima, al massimo seconda. Le friulane hanno chiuso con tre larghe vittorie su Albino, Carugate e Ponzano, mandando a segno ogni volta almeno 10 giocatrici, a conferma della loro profondità “chilometrica” intorno ai cardini Peresson e Cvijanovic. Gran stagione in rapporto alle quotazioni del precampionato.

Da quarta a settima Anche in questa fascia la corsa è

aperta. Castelnuovo, con 3 recuperi da disputare, resta ben messa per il 4° posto, e il potenziale è indiscutibile; ma deve togliersi la ruggine dopo oltre un mese di stop per Covid: al rientro, ancora senza Valentina Gatti, Pavia e Scibelli, la squadra di Zara ha perso netto contro la rivale Alpo (51-72, già -25 dopo 3 quarti).

Le veronesi continuano ad attraversare alti e bassi: a parte l’impresa sfiorata con Crema, c’è stato un passo falso a Bolzano e uno evitato solo all’overtime con S. Martino (25 punti di Conte). Importante però la vittoria in volata sul Sanga (60-56; Mancinelli 13 punti e 9 rimbalzi) che è valso il 2-0 sulla diretta inseguitrice lombarda; e soprattutto, sommando qualità ed esperienza, Vespignani e compagne restano in grado di far fuori chiunque in una serie-playoff.

Milano ha dovuto rinunciare al rinforzo di lusso Chiara Pastore (l’ex azzurra, dopo alcuni allenamenti, ha valutato di non essere nella forma adatta a tornare in campo dopo un anno d’inattività), ma ha vinto i derby con Mantova e Carugate oltre a dominare a Bolzano (22 punti Beretta, 21 Novati).

Attenzione alla risalita di Vicenza, che al rientro dal Covid dopo oltre un mese ha inanellato 3 vittorie: 25 punti di

Villarruel contro Ponzano; 17+13 rimbalzi di Tibè contro Mantova; 19 di Carcaterra a Bolzano. Si è fermata contro Sarcedo ma ha 3 recuperi per scalare posizioni. Ha inserito Martines che aveva iniziato la stagione a Ponzano.

Ottavo posto e salvezza diretta Grande sprint per Sarcedo,

che con 4 vittorie di fila (su Ponzano, Albino e Carugate e, colpo grosso, in casa di Vicenza nel derby, 58-60) ha scavalcato Mantova. Le giallonere di Zimerle festeggiano così l’ingresso ai playoff, ancor più notevole se si considera che nell’ultimo mese hanno dovuto fare a meno di Pieropan e Santarelli, trovando nuovi equilibri intorno all’asse Viviani (18 punti contro Albino e canestro decisivo a Vicenza)-Colombo-Mandic (21+12 rimbalzi nel derby).

Mantova paga le troppe sconfitte in volata; all’ultimo tiro quelle casalinghe con Albino (costata la panchina a coach Borghi, sostituito dal duo Albertini-Purrone) e Moncalieri.

Nel mezzo, il colpo a Bolzano, con 10 giocatrici a segno, vale la salvezza diretta, traguardo apprezzabile.

Tra playout e retrocessione BC Bolzano ha abbandonato le

speranze di rimonta: passando da un lungo stop a una girandola di recuperi, ha iniziato bene la serie di 4 partite casalinghe, battendo Alpo (78-72 con 28 di Fall), poi però è apparsa a corto d’energie con Mantova, Milano e Vicenza. Alla già lunga lista di negatività stagionali per le altoatesine si è aggiunta la peggiore: l’improvvisa scomparsa dell’assistente allenatrice Deborah Fiorani.

Anche Albino, nonostante i derby vinti di un punto su Mantova e Carugate (15+15 rimbalzi per l’ex di turno De Gianni), ha dovuto rassegnarsi ai playout. Sempre puntuale coach Stazzonelli nel dare opportunità a tutte le sue 12.

Ponzano ha reagito al divorzio da Iannucci (non un fulmine a ciel sereno: la top-scorer del girone era stata oggetto di qualche “panchinamento” inatteso) battendo Bolzano all’overtime con 16 punti di Leonardi e C. Miccoli; poi tre scogli duri come Vicenza, Moncalieri e Udine, non superati.

Carugate è tornata da oltre un mese di fermo-Covid perdendo 4 partite in 12 giorni, di cui una di un punto con Albino e una sciupando un netto vantaggio contro Sarcedo; guaio aggiuntivo l’infortunio che ha chiuso la stagione di Laura Meroni. Cresce la giovane play Usuelli.

San Martino, ferma dal 27 marzo quando ha sfiorato l’impresa con Alpo, spera di essere lasciata in pace dal Covid per tentare una rimonta complicata (ha 4 punti con 4 recuperi a disposizione; deve raggiungere Carugate che ne ha 10 con una gara da giocare) ma non ancora proibita dalla matematica.

ANGELICA TIBÈ LEADER DI UNA VICENZA PRIMA FERMATA DAL COVID-19 E ORA IN FORTE RECUPERO E IN CORSA PER IL QUARTO POSTO. IL RENDIMENTO DI TIBÈ È SEMPRE STATO COSTANTE NELL’ANNATA.

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MARTA GRANZOTTO ALLE SPALLE DELLE PRIMISSIME DELLA CLASSE, BUON CAMPIONATO PER SELARGIUS, IN CORSA PER UN POSTO NOBILE NELLA GRIGLIA PLAYOFF. GRAZIE ANCHE ALLE PRESTAZIONI DELLA SUA GUARDIA, IN FOTO.

GIRONE SUD // Faenza chiude in testa davanti a Brescia, Valdarno e Umbertide. Continua l’ascesa di Patti.

Rinforzi importanti fra le “big”. Firenze e Spezia in lotta per i playoff.

Cagliari: bene il Cus, giù la Virtus Poker di testa In aprile, tutte le squadre della zona-playoff

hanno alternato successi e battute d’arresto. Ma il primato di Faenza è limpido: premia la più regolare. Traguardo raggiunto battendo Spezia (con 21 di Morsiani) e soprattutto le inseguitrici Umbertide (56-60 in trasferta, Ballardini 14) e Valdarno (67-60, Franceschelli 15; non bastano 23 di Slim). La squadra di Sguaizer ha anche inserito Policari, di ritorno dalla Spagna.

Il 2° posto dell’esordiente Brescia è un premio al gran lavoro del gruppo guidato dal duo Zanardi: papà Stefano in panchina e Carlotta in campo. In aprile ha battuto in trasferta Valdarno (68-73, sorpasso con 3 triple di Bonomi, nonostante i 32 di Miccio) e Faenza (59-66, Zanardi 21 con tripla-chiave dopo la rimonta romagnola). Ha aggiunto le 2003 Labanca e N’Guessan dall’A1 di Costa, subito preziose. La due metri Turmel ha viaggiato su un “doppio 12” di media nel mese (punti e rimbalzi).

Due buone notizie per Valdarno, terza sicura: l’olandese Slim è un rinforzo di primo livello (16 punti e 12 rimbalzi di media); è tornata Cecili dopo il grave infortunio in prestagione. Ma le recenti sconfitte con Faenza e Brescia sembrano indicare, in ottica-playoff, che il potenziale non è ancora sfruttato al 100%. Gran carattere, però, nella rimonta a Selargius, da meno 9 a 2’ dalla fine per vincere 51-52 (assist di Miccio per Slim allo scadere); di spessore anche la vittoria su Umbertide (68-64 con 23 di Miccio).

Proprio le umbre sono quarte, grazie alla loro identità da battaglia, mai doma, tostissima sotto canestro con Kotnis e Baldi, mentre sul perimetro è cresciuta l’importanza di Stroscio: sua la tripla vincente nell’impresa a Brescia dopo un overtime (62-64; Kotnis 21). E ancora al supplementare Umbertide ha piegato Spezia (59-56, Stroscio 15).

Dal quinto al settimo – Qui la lotta, mentre scriviamo (26

aprile), è ancora aperta. Selargius, organico corto ma quintetto di qualità, ha toccato un picco altissimo con l’impresa su Faenza (52-49, Manzotti 22), dopo aver battuto anche Firenze (21 di Manzotti). Qualche sconfitta, compreso il derby col Cus Cagliari, la mette a rischio di perdere posizioni; ha fatto comunque meglio delle attese.

La Nico ha vissuto un periodo di grazia, quando ha demolito Spezia (49-80 con 17 di Ramò) e Selargius (8853 con 21 per Botteghi e Zelnyte). Male però nelle trasferte isolane con Cus Cagliari e Patti.

Proprio le siciliane sono in crescita prepotente: 4 vittorie di fila nell’ultimo mese. Spiccano il +23 a Spezia (21 per Galbiati e Cupido) e il 92-66 su Ponte Buggianese (24 + 9 assist per Galbiati). L’ingaggio della lunga argentina

Victoria Llorente (sorella di Florencia che gioca a Mantova) è d’impatto, anche se nel frattempo si è infortunata Coppolino e si è ritirata Kramer.

Lotta playoff e salvezza diretta – A chi l’ultimo biglietto fra le

prime 8? Firenze ha 2 punti di vantaggio su La Spezia ma ha un solo recupero a disposizione contro 3 della rivale. Lo scontro diretto ha premiato alla grande le toscane, che sbancando 73-89 il PalaSprint, con 40 punti di super-Marta Rossini (contro 24 di Hernandez), hanno pure ribaltato il -13 dell’andata. Prezioso anche il successo sul Cus Cagliari (M. Rossini 22).

Le spezzine, dopo l’impresa a suon di triple su Brescia (76-71 con 19 di Packovski e Templari), si sono perse in un tunnel di 4 sconfitte: oltre a quella con Firenze, fa male soprattutto quella con Civitanova, mentre erano pronosticabili con Patti e Umbertide (nel secondo caso segnando zero punti nel supplementare).

L’impetuosa risalita del Cus Cagliari, con 6 vittorie in 8 partite giocate nell’ultimo mese, rischia di non bastare a evitare i playout (per i playoff è già impossibile). Striulli e compagne hanno collezionato scalpi nobili come Nico (con 16 di Prosperi), Umbertide (62-40 con 12 di Puggioni e Ljubenovic) e Selargius. Ma servirebbero altre due imprese, soprattutto nel recupero con Spezia ribaltando il -16 dell’andata, purché le liguri non vincano più di una partita.

Ai playout – Nel mese di Civitanova spiccano un colpo

a sorpresa, contro Spezia (con 33 punti e 7/13 da 3 per una strepitosa Paoletti e una “tripla doppia” per Castellani: 15 punti, 10 rimbalzi, 11 assist), e uno scontro diretto vinto su Livorno; ma la conclusione è una sconfitta contro Pall. Bolzano (73-56; Kuijt 20 per le vincitrici) in quello che potrebbe un anticipo di playout. Le altoatesine, che hanno giocato 7 volte in un mese, hanno battuto anche Virtus Cagliari e, a loro volta, Livorno (con 18+11 rimbalzi per Chiabotto).

Sono dunque le labroniche ad arrivare alle sfide-salvezza con il peggior “trend”, nonostante abbiano ottenuto un successo di pregio ai danni di Firenze (69-47 con 5 in doppia cifra, tra cui una Giangrasso in crescita). Pesa l’infortunio che ha chiuso la stagione di Peric.

Retrocessa Ha perso le speranze con largo anticipo la Vir-

tus Cagliari, inchiodata a una sola vittoria. In aprile 4 sconfitte senza mai superare i 48 punti. L’infortunio di Kowalska dopo 1’37” della partita con Patti è la mazzata definitiva. 20 punti di Lussu nel derby.

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LEADER IL TALENTO DI VIRGINIA GALBIATI STA TRASCINANDO L’ALMA PATTI A UNA MERITATA QUALIFICAZIONE AI PLAYOFF NEL PRIMO ANNO DELLA SQUADRA IN SERIE A2.

primo piano

Galbiati la scorer

LA MATRICOLA TERRIBILE ALMA PATTI, CHE HA REALIZZATO IL SOGNO DELLA QUALIFICAZIONE AI PLAYOFF, È UNA DELLE SQUADRE MAGGIORMENTE

CRESCIUTE NEL CORSO DELLA STAGIONE. GRAZIE ANCHE ALLE GRANDI PRESTAZIONI OFFENSIVE DELLA SUA LEADER, VIRGINIA GALBIATI

DI Chiara Borzì

T

alento, costanza, solidità. Tre qualità che identifi-

cano spesso un grande giocatore o una grande giocatrice, in questo caso. Un’atleta capace di mantenere anche standard eccellenti in termini realizzativi, nel corso di tutta la stagione. Virginia Galbiati risponde a questo identikit: con la canotta dell’Alma Patti la guardia brianzola è riuscita sempre a piazzarsi tra le prime dieci migliori realizzatrici del Girone Sud. Ha chiuso in doppia cifra 21 gare su 23 giocate, confezionato sette “ventelli” e scollinato quota 30 in due occasioni (31 punti contro Selargius e 35 contro Firenze). Una stagione straordinaria con una squadra, Patti, oggi saldamente in zona playoff dopo mesi di lavoro in campo e costruzione di equilibri di un gruppo che è compatto anche all’esterno del parquet.

Alma Patti, dalle “montagne russe” ai playoff. Virginia, come sono trascorsi questi mesi?

“Sono trascorsi abbastanza velocemente, sicura-

mente pieni di lavoro che abbiamo fatto in palestra.

Ma alla fine, quando si sta bene, il tempo passa veloce e questi mesi non sono pesati. Il nostro inizio è stato sicuramente complicato, però, era ipotizzabile che una squadra completamente nuova, mix di giocatrici di esperienza e giovani alla prima esperienza in A2, avesse bisogno di tempo per prendere le giuste misure, creare corretti equilibri, esprimere un bel basket. Cosa che adesso stiamo facendo”.

In carriera hai giocato sia nel Girone Nord che nel Girone Sud della Serie A2. Ogni anno la geografia della composizione è cambiata, ma a tua opinione cosa differenzia i due gironi oggi?

“Oggi dire girone Nord e girone Sud è relativo. Giocare a Brescia, a Bolzano, a La Spezia implica essere nel Girone Sud, ma sono città del Nord. Quello che posso dire del mio girone è che quest’anno le prime otto squadre in classifica giocano partite il cui risultato non è mai scontato. Il torneo è molto equili-

primo piano brato, non c’è una squadra che potrebbe nettamente vincere contro chiunque. Quindi è sicuramente un girone dove i dettagli fanno la differenza. Non so se il girone Nord sia sullo stesso livello, sicuramente ci sono roster super attrezzati, ma forse non così tanti come nel Girone Sud”.

Hai giocato sia in Serie A1 che in Serie A2 in quasi dieci anni di attività. Come sono cambiati i due campionati? Se credi siano cambiati.

“Ad oggi c’è un basket molto più atletico, molto più

“Sicuramente quello che siamo in campo lo dobbiamo anche all’essere un gruppo fuori. Non è scontato, quando si gioca a basket per lavoro più che per passione. Non è scontato far andare d’accordo dieci caratteri differenti, più lo staff. Nelle infinite trasferte su e giù per l’Italia, da 16,18, 20 ore, sicuramente dopo una bella vittoria ci alziamo tutte a ballare sul bus, comprese le allenatrici, e si crea un’atmosfera super. Un altro aneddoto, dato dal fatto che viviamo tutte in un residence, è legato ai gatti. Ci sono molti gatti nel residence e allora non è strano per

Non è scontato far andare d’accordo dieci caratteri differenti, più lo staff. Nelle infinite trasferte su e giù per l’Italia dopo una bella vittoria ci alziamo tutte a ballare sul bus, comprese le allenatrici. L’ambiente è super. fisico mentre un tempo predominava la tecnica.

Vedo un pochino il livello generale abbassato. Non so bene dove tirar fuori le motivazioni di questo cambiamento, probabilmente sarebbe un discorso lunghissimo da fare a riguardo, ma credo che adesso il basket sia più basato sull’atletismo della singola giocatrice, mentre qualche anno fa credo fosse predominante il gesto tecnico”.

Grazie a questa intervista vi sveleremo quella che, a tutti gli effetti, può essere considerata “la ricetta” per ricreare le opportunità per proliferare a referto! Virginia, quali condizioni permettono ad una giocatrice di rendere in campionato come te quest’anno?

“Indubbiamente i punti cruciali siano quattro: sentire la fiducia delle proprie compagne, avere un gioco che rispecchi le tue caratteristiche, stare bene fisicamente e stare bene mentalmente. Credo il segreto per fare una bella stagione sia tutto qui. Magari ci sono giocatrici fortissime messe fuori dal loro contesto ideale o fuori dalla loro comfort zone che non riescono a rendere. Ecco, quando hai una squadra che è disposta a lavorare per te, quando hai uno staff che ti mette nelle condizioni di fare le cose che ti piacciono di più, quando stai bene fisicamente e mentalmente, sicuramente l’atleta rende per il massimo per cui può rendere. Credo di star facendo una buona stagione quest’anno perché ci sono questi elementi e mi permettono di rendere sul campo”.

Aneddoti da trasferta. Raccontacene qualcuno carino che faccia capire che tipo di gruppo è l’Alma Patti dopo il suono della sirena finale.

noi, mentre siamo in hotel, che qualcuno inizi a miagolare e che qualcuna risponda alla stessa maniera dall’altra camera. Nei corridoi si miagola. Ecco, questo è il nostro modo di comunicare!”.

Dove vuoi arrivare con la maglia di Patti?

“Sicuramente il più in alto possibile. C’è un progetto ambizioso dietro l’Alma Patti, è uno dei motivi per cui ho fatto questa scelta in estate. Credo sarebbe sciocco a questo punto della stagione porsi dei limiti, quindi io faccio le corna, ma spero di arrivare il più lontano possibile”.

Virginia Galbiati non è solo una giocatrice di pallacanestro, ma una laureata in Fisioterapia all’Università Bicocca di Milano. Dai un consiglio alle tue colleghe che stanno giocando ed inseguendo contemporaneamente l’obiettivo della laurea.

“Oggi in Italia credo sia una cosa difficilissima studiare e praticare uno sport a livello professionistico. Credo non ci sia una minima tutela dell’atleta in questo senso, però, come lo sport ci insegna, se vuoi una cosa la ottieni. Ho fatto tanti sacrifici per riuscire ad ottenere la laurea che ho. Ho sicuramente dovuto in determinate annate mettere relativamente da parte la pallacanestro, però se vuoi una cosa la puoi ottenere, quindi il mio consiglio più grande è: sì, la pallacanestro è importante e bellissima, ma investite anche sul vostro futuro oltre il basket. Sarà difficile, sarà complicato e bisognerà fare dei sacrifici, ma costruirsi un futuro oltre la pallacanestro credo sia importantissimo per ogni atleta. Il mio consiglio è questo, non mollare e mettercela tutta”.

AL TIRO RIFERIMENTO OFFENSIVO DELLA SQUADRA, GALBIATI È STATA CAPACE DI SEGNARE VENTI PUNTI IN SETTE OCCASIONI E SUPERARE QUOTA 30 PUNTI REALIZZATI IN DUE PARTITE IN STAGIONE.

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PRIMA NELLA STORIA CENTENARIA DEL CONI, ANTONELLA BELLUTTI È LA PRIMA DONNA A CANDIDARSI ALLA PRESIDENZA.

altri mondi

Rigenerare lo sport LA CORSA ALLA PRESIDENZA DEL CONI – ELEZIONI IL 13 MAGGIO – VEDE UNA INEDITA NOVITÀ: ANTONELLA BELLUTTI È LA PRIMA DONNA NELLA STORIA A CANDIDARSI.

UN PASSATO DA GRANDE OLIMPIONICA, UN PRESENTE DA DIRIGENTE E UN SOGNO: CONTRIBUIRE AD UNA RIGENERAZIONE CULTURALE DEL MONDO SPORTIVO

DI ALICE PEDRAZZI

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igenerazione culturale. È il concetto che sta alla base

della candidatura di Antonella Bellutti, pluriolimpionica con due medaglie d’oro appese al collo nel ciclismo su pista (inseguimento ad Atlanta 1996 e nella corsa a punti a Sydney 2000) e unica atleta italiana ad aver fatto parte delle Nazionali di tre differenti Federazioni Sportive, che a 52 anni ha deciso di diventare la prima donna nella storia centenaria del Coni a candidarsi alla Presidenza.

L’esperienza, pare, non le manchi.

“Le cose vanno dette, perché esistano”. Dice Antonella Bellutti,

mettendo subito a fuoco uno dei temi centrali abbinati, per forza o per volere, alla sua dirompente candidatura, quello della scarsa (scarsissima) presenza di donne in posizioni dirigenziali apicali nel mondo dello sport.

“Molti uomini dicono che le donne non occupano posizioni di vertice per il semplice motivo che non si propongono? – prosegue – Sarà un’affermazione legittima, almeno fino a quando noi non ci comporteremo in modi

e tempi tali da smentirla. Ecco perché mi auguro che la mia candidatura possa servire anche a non fare più apparire come straordinario qualcosa che, invece, dovrebbe essere normale”.

Eppure, guardando i numeri delle dirigenti sportive, nel nostro Paese, da questa normalità siamo molto lontani: l’elezione, a marzo, di Antonella Granata a presidente della FIGS (Federazione Italiana Giuoco Squash) è stata un evento straordinario. È l’unica donna, infatti, a guidare una delle 44 federazioni sportive italiane affiliate al Coni. Numeri, anzi, “non numeri” che la dicono lunga sulla strada quasi infinita che ancora c’è da percorrere.

Ecco perché le parole di Antonella Bellutti, nella loro straordinaria efficacia, risuonano così potenti pur riferendosi a concetti che, a ben pensarci, dovrebbero davvero essere già ampiamente interiorizzati.

“Quando ci sarà un ambiente più favorevole, le donne si metteranno maggiormente in gioco – continua Antonella -. In questo il CIO ci sta aiutando molto, con le quote previste per questa tornata elettorale, che discendono

altri mondi

CICLISMO UNA DELLE TRE FEDERAZIONI SPORTIVE PER LE QUALI HA GAREGGIATO. LE ALTER: ATLETICA E BOB.

da indicazioni – appunto – del CIO stesso e dalle disposizioni per i Giochi di Parigi 2024, quando si dovrebbe raggiungere l’effettiva parità di partecipazione”.

Orgoglio o peso possono essere, però, il rovescio di una stessa medaglia. Essere la prima donna, in 100 anni di storia, a candidarsi alla presidenza del Coni è una responsabilità che certamente suscita orgoglio in chi ha la forza di accettare una tale sfida ma, allo stesso tempo, può risultare un fardello pesante da trascinare, che rischia di distogliere l’attenzione da un programma ricco di contenuti e prospettive, riducendo la candidatura di Antonella Bellutti alla semplicistica presentazione “della prima donna che tenta la scalata al vertice dello Sport”. “È un fastidio – dice lei, chiarendo i termini della questione, leggermente piccata – Perché non sono semplicemente la prima donna a candidarsi alla presidenza, ma anche la prima campionessa olimpica o la prima laureata in scienze motorie…”.

Punto centrato, ancora una volta. Per questo si parla e si deve

parlare di rigenerazione culturale. Che parte forse dalla rivoluzione di un linguaggio troppo spesso e troppo a lungo, e ancora troppo, stereotipato. Ma è una sfida che Antonella Bellutti ha accettato, consapevole di quanto

possa essere significativa questa sua presenza, ben al di là del risultato finale delle elezioni che si svolgeranno il prossimo 13 maggio. Ed è per questo che anche nel suo programma, nel suo Manifesto, ha cercato di toccare punti cruciali con una visione molto personale della “questione sport” nel nostro Paese. Un programma che ha suscitato qualche perplessità (ed anche qualche velata critica) dopo la presentazione avvenuta nel Salone d’Onore del Coni il 26 aprile.

“Hanno detto e scritto che la mia è una visione un po’ ingenua. Che il programma non è quello di un Presidente del Coni, ma sarebbe più adatto ad un Presidente del Consiglio…? Non capisco se intendano riferirsi ad una visione più specifica e particolare e meno globale.

Ebbene… La mia visione è quella di considerare lo sport nella sua complessità. Probabilmente questo sguardo mi deriva dalla mia formazione multidisciplinare. Sono convinta che lo sport vada affrontato nella sua totalità, di fenomeno a più dimensioni. Come si può ragionare dello sport ad alto livello senza pensare alla programmazione di quello di base? Come si può pensare alla salute e di far diventare lo sport uno stile di vita delle persone, solo quando arrivano a 60 anni? Occorre, al contrario, spiegare ai bambini quanto lo sport possa incidere in modo

positivo sullo stile di vita e far sì che questa visione lo accompagni per tutta la crescita. Ecco, il mio programma parte da una visione del fenomeno sportivo a 360 gradi, che è quella che è sempre mancata fino ad oggi.

Discutiamo su questo. Se poi c’è chi vuole porre l’accento solo sul fatto che io sia la prima donna candidata alla presidenza del Coni, rispondo: pazienza”.

Già, perché nel manifesto di Antonella Bellutti c’è sicuramente

qualcosa del suo essere donna ed atleta, ma anche, e soprattutto, molto di altro, di oltre. Di più!

“Indubbiamente – racconta la neocandidata – il 26 aprile è stato un momento storico dal mio punto di vista: nel Salone d’Onore del Coni sono risuonate parole che sono di denuncia ma anche di proposta, di accusa ma anche di una possibile redenzione. L’aver contribuito con la mia candidatura a rendere le elezioni del Coni un fatto pubblico con un confronto aperto e leale sui candidati e soprattutto sui temi cruciali, anche grazie alla mia presenza ingombrante, è molto significativo. Fa capire l’importanza di esprimersi liberamente su queste tematiche”.

Perché, affinché possano esistere, le cose vanno prima dette!

Lo sguardo di Antonella Bellutti va oltre anche la data del 13 maggio, quella fissata per l’elezione del nuovo presidente del Coni: “Comunque vada, il mio augurio è di aver contribuito a riportare l’accento su questi temi cruciali per il futuro dello sport, e che vengano affrontati anche se non sarò io la presidentessa. Perché penso che queste siano davvero le sfide che abbiamo davanti. Per uno Sport che sia inclusivo e che stia al passo coi tempi... che corrono”.

Le idee dell’ex campionessa olimpica appaiono molto chiare, e le ha più volte manifestate. Cosa vorrebbe rappresentare? Tutto ciò che non è mai stato rappresentato nello sport! Colmare la distanza tra chi lo sport lo pratica e chi lo dirige. In pratica?

“Il caso più significativo che ben rappresenta questa distanza è quello di Lara Lugli (la pallavolista citata per danni perché rimasta incinta, ndr): è questo il segno della distanza ancora abissale… sul piano culturale. Tra chi lo sport lo pratica e chi lo dirige. E faccio mie proprio le parole di Lara quando sostiene che non è possibile accettare solidarietà per fatti come questo dai dirigenti sportivi. Il compito dei dirigenti è quello di fare in modo che cose come queste non accadano, non certo quello di una facile solidarietà postuma… E soltanto quando il

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altri mondi fatto assurge agli (dis)onori della cronaca. È questo che non possiamo più permettere, così come non possiamo permettere che tutto sia soffocato nel silenzio più assordante e che non si prevedano ancora le giuste tutele. Finalmente, anche grazie alla rete, queste tematiche stanno diventando dominio dell’opinione pubblica. Ritengo che il valore della mia candidatura sia anche nel fatto che con essa questi temi sono andati finalmente oltre il confine del cosiddetto feudo”.

come fa un bambino a capire quale sport gli piace davvero e per quale è più portato, se nella scuola non viene data la possibilità di praticarli e conoscerli tutti? Ci si affida al caso o alla passione o all’intuizione dei genitori? Senza inventare nulla, queste questioni si affrontano applicando modelli di sviluppo dello sport che partono proprio da queste considerazioni. Dobbiamo solo applicarli. E far sì che lo sport sia una cosa seria, nel nostro Paese”.

Il mio augurio è di aver contribuito a riportare l’accento su temi cruciali per il futuro dello sport, e che vengano affrontati anche se non sarò io la presidentessa. Queste sono le sfide che abbiamo davanti.

Finalmente, verrebbe da dire. Non soltanto tutele, però.

L’altro tema cruciale del programma di Antonella Bellutti è il valore fondamentale dello sport di base: “Non si può considerare l’alto livello come avulso dalla base – spiega l’ex campionessa - È un grave errore prospettico. Solo quando lo sport entrerà nella vita di tutti – e si può fare soltanto tramite la scuola – quando tutti vedranno riconosciuto il diritto allo sport, allora il nostro Paese potrà davvero dire di essere una eccellenza in ambito sportivo”.

Una questione essenziale. Spiegata da Bellutti con una riflessione tanto semplice quanto disarmante: “In Italia,

Auguri! Con un grande in bocca al lupo a tutti i candidati alla presidenza del Coni (oltre ad Antonella Bellutti, il presidente uscente e super favorito per la riconferma Giovanni Malagò, Franco Chimenti e Renato Di Rocco, ndr). Soprattutto con la raccomandazione che chiunque si siederà su quella poltrona, non ci rimanga troppo comodamente assiso, ma inizi subito a correre, e correre, per raggiungere obiettivi che sono imprescindibili per lo sviluppo dello sport in Italia. Partendo dal basso (scuole e formazione) per arrivare fino all’alto (parità di genere anche nelle posizioni di vertice). Con in mezzo tutto ciò che serve.

CHI È Antonella Bellutti È nata a Bolzano il 7 novembre 1968. Nel corso della sua carriera ha praticato l’atletica leggera, vincendo sette titoli giovanili italiani nei 100 m a ostacoli, il ciclismo su pista e il bob. Una atleta polivalente, capace di vincere due medaglie d’oro olimpiche consecutive in due discipline differenti (inseguimento ad Atlanta 1996 e la corsa a punti a Sydney 2000). Bellutti è stata l’unica a riuscire in questa impresa nella storia italiana.

Dopo essersi ritirata dal ciclismo, insieme a Gerda Weissensteiner, partecipa ai Giochi Olimpici Invernali a Salt Lake City 2002 nella disciplina del bob a due, classificandosi al settimo posto. Unica atleta ad avere fatto parte delle nazionali di tre Federazioni Sportive differenti (atletica, ciclismo e bob), dal 2000 al 2004 ha fatto parte della Giunta Nazionale del CONI, della Commissione Ministeriale per le Pari Opportunità nello Sport e della Commissione Ministeriale Antidoping.

Nel 2003 è stata direttrice tecnica del settore pista, sia maschile sia femminile, della Federazione Ciclistica Italiana. È stata inoltre responsabile del settore Volontari in occasione delle Universiadi Invernali del 2013 che si svolsero in Trentino dall’11 al 21 dicembre.

Bellutti è docente in numerosi corsi di alta formazione sui temi di Leadership e Teambuilding, Stile di vita sano e attivo e Talento e Limite. Nel 2018 è uscito il suo libro “La vita è come andare in bicicletta – autobiografia di una vegatleta”.

Ha poi realizzato uno spot contro la violenza sulle donne, insieme all’atleta paralimpica Marta Caironi, che è stato presentato al Salone d’Onore del CONI. Nel 2019 è stata introdotta nella Walk of Fame dello sport italiano.

Insieme alla compagna Viviana Maffei gestisce la Locanda Itinerande ad Andogno (TN) e si è sempre spesa in favore dei diritti della comunità LGBT+. Dal 2000, inoltre, è testimonial di Assist - Associazione Nazionale Atlete, al fianco della quale si batte per i diritti delle donne e nelle atlete dello sport.

La sua candidatura alla Presidenza del CONI è la prima di una donna, in 100 anni di storia del Coni.

OLIMPIONICA AD ATLANTA ’96 E A SYDNEY 2000 DUE MEDAGLIE D’ORO CONSECUTIVE IN DUE DISCIPLINE DIVERSE. LEGGENDARIA.

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FINAL 4 LE ARIZONA WILDCATS SONO ARRIVATE A UN PASSO DALLA GLORIA, DALLA VITTORIA DEL TITOLO WNCAA, AL TERMINE DI UN PERCORSO STRAORDINARIO NELL’ANNATA.

storie

SALVO D’AMERICA FIGLIO D’ARTE, DOPO UNA LUNGA GAVETTA IN ITALIA (ED IN GIRO PER IL MONDO),

INSIEME ALLA MOGLIE ADIA BARNES RAGGIUNGE LA VETTA DEL BASKET COLLEGIALE AMERICANO. DUE SPLENDIDI BAMBINI E LA SUA TERRA, LA SICILIA, SEMPRE NEL CUORE. CON LO SGUARDO RIVOLTO AL FUTURO

DI SIMONE FULCINITI

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Aprile 2021. San Antonio, Texas. È in corso la finalis-

sima del torneo WNCAA. In campo si sfidano le favoritissime ragazze di Stanford College (già due titoli in bacheca) e le sorprendenti Wildcats d’Arizona. Mancano appena 6 secondi alla fine: c’è una rimessa in zona d’attacco per le Wildcats, che si trovano sotto di un punto. La palla arriva tra le mani di Aari McDonald, la giocatrice di punta del team. La forte esterna prova a buttarsi dentro ma viene prima raddoppiata e poi addirittura triplicata: sulla sirena non può far altro che scagliare la palla da tre punti.

Una lunga parabola che si infrange sul ferro. Le rosse di Tucson sono sconfitte, ma nonostante l’amaro verdetto, si uniscono in un abbraccio emozionante.

Il loro percorso è stato formidabile, il risultato storico. E gran merito di questa stagione da leggenda va allo staff tecnico composto dal capo allenatore Adia Barnes (vecchia conoscenza del campionato italiano per aver indossato le casacche di Napoli, Priolo e Pozzuoli alla fine degli anni 2000) e dal suo assistente (e

marito) Salvo Coppa, siracusano, figlio d’arte, arrivato ai vertici del basket collegiale americano, dopo aver raccolto quintali di esperienze in ogni dove.

Un percorso entusiasmante. «A volte scherziamo, anche

qui negli Usa, diciamo che sono nato con la palla a spicchi in mano. Mia madre mi ha sempre rammentato che il giorno in cui son venuto al mondo, era domenica, e mio padre aveva una partita». Il padre appunto, Santino Coppa, nome che in Sicilia è sinonimo di pallacanestro. «Fin da piccolo lo accompagnavo agli allenamenti: allora c’era un altro approccio al basket, e lui era molto severo con le giocatrici. Io avevo sei anni.

E quando ordinava di sistemarsi a metà campo, per fare tattica, io, in segreto, chiedevo il permesso ad un suo assistente, per entrare e fare qualche tiro dall’altro lato. Finché le ragazze giocavano tutto bene, i miei rimbalzi si confondevano coi loro. Però, quando mio padre diceva stop, se il mio pallone, nel silenzio, toccava terra, allora succedeva l’inferno. Da lì l’ho sem-

storie pre seguito, mi sono appassionato, e ho cominciato col frequentare il minibasket». Giocare è divertente, il pensiero di allenare non lo sfiora per anni.

Ma, un bel giorno, le prospettive cambiano. «Erano i tempi

dell’università, quando mio padre mi comunicò di aver accettato un’offerta annuale per allenare il Famila Schio. E siccome la Trogylos Priolo era la sua vita, mi chiese di fare da assistente all’allenatore prescelto per sostituirlo (Andrea Petitpierre). Voleva che fossi il suo punto di riferimento nella società che aveva portato in serie A1 e con la quale si era aggiudicato la Coppa dei Campioni. Ma io non sapevo nulla di tattica, neppure la differenza tra zona e uomo. “Sarà l’occasione per imparare, mi disse. E accettai la sfida». Salvo in questo periodo è una spugna: cerca di apprendere il più possibile da coach Petitpierre, partecipa a corsi di formazione, e allena gruppi di bambini, tra i quali c’è anche il fratello. In A1 le giocatrici sono più grandi ed esperte di lui. «C’erano Tania Sei-

thailandese. Per alcuni giorni gli allenamenti sono andati avanti così, con un continuo e fastidioso rumore di fondo. Allora decisi di cambiare registro, l’intensità era troppo bassa: mi feci spiegare dalle ragazze i termini chiave (difesa a uomo, contropiede, vieni qui), e nacque una lingua ibrida ma efficace. In sei mesi abbiamo sistemato la squadra e vinto la medaglia d’oro ai giochi sud est asiatico a Giakarta».

Il grande amore era già arrivato. «Con Adia ci siamo co-

nosciuti in Italia, giocando contro, io ero a Priolo lei a Napoli, due volte. Poi siamo rimasti in contatto. Dopo il ritiro è volata in America per fare la broadcaster per le Seattle Storm, squadra WNBA. Ed io andavo spesso a trovarla in estate: questo mi permise di conoscere Brian Agler, il coach, Jenny Boucek la vice (oggi vice dei Dallas Mavericks, la seconda donna che è andata in NBA dopo Becky Hammon). Partecipavo alle riunioni, facevo domande, seguivo gli allenamenti. Finché mi chiesero se volevo lavorare con loro». Corre-

In Italia stavo bene. Mio padre aveva la società di basket, e, nonostante la mia bella gavetta, ero comunque privilegiato.

Inoltre potevo contare su un contratto tranquillo in serie B, a Catania. no, lunga fortissima, grande in difesa e a rimbalzo, e Roberta Meneghel, solo per fare qualche nome.

Osservavo e immagazzinavo informazioni». La passione è ormai scoppiata. «Ricordo tante cene con Andrea, dove parlavamo esclusivamente di schemi.

E il ritorno di mio padre l’anno successivo fu decisivo: con lui è impossibile non innamorarsi di questo sport. Se perde una partita sta male fino a quella dopo. Guardavamo insieme i filmati, e mi permetteva di esprimere liberamente il mio pensiero. Ci siamo scontrati sulle difese da schierare, abbiamo studiato gli attacchi, insomma ero diventato un vero coach».

Seguire le giovanili, per Salvo, è la strada maestra.

«Facevo l’assistente in prima squadra e capo allenatore di un gruppo di ragazzine fantastiche».

Nel frattempo la decisione di rispondere a una chiamata in

terra straniera, la prima. «Andai a Malta, dove il presidente della federazione Antonio Nizzi, col segretario Frank Camilleri mi diedero la possibilità di allenare la nazionale under 18; senza la maturità necessaria per un’esperienza del genere». Quindi la Thailandia, altra bella pagina di vita e di basket. «31 anni e diventai il coach della nazionale senior. Servì tanto spirito di adattamento. Avevo un’interprete: io parlavo in inglese, che non era la mia lingua, e lei traduceva in

va l’estate del 2012. «Stavo dietro la panchina e mi occupavo di situazioni speciali. Mi relazionavo con Boucek, facevo lo scout degli avversari. Analizzavo i filmati e focalizzavo quello che proponevano dopo il time out. Un’ attenzione che non credevo esistesse».

E pensare che, prima del grande salto, Salvo non era del tutto convinto. «Avevo paura. In Italia stavo bene.

Mio padre aveva la società di basket, e, nonostante la mia bella gavetta, ero comunque privilegiato. Inoltre potevo contare su un contratto tranquillo in serie B, a Catania».

Il 2012, un anno decisivo. «La Wnba, il matrimonio, e poi

l’ingaggio di mia moglie come assistente per l’Università di Washington. Cominciai a darle una mano nel reclutamento, instaurando rapporti nell’ambiente, facendomi conoscere». Un impegno premiato. «Si aprì una finestra come assistente per Montana State University. Ne parlai con Adia, e decidemmo insieme che accettare era la cosa migliore». Per Salvo tuttavia fu un periodo, molto difficile. Stare da solo nel Montana, dove d’inverno la temperatura arriva a meno trenta, e fare qualsiasi spostamento diventa un’impresa, per un siciliano come lui, non è cosa che possa durare. Infatti, al termine della stagione è di nuovo a Seattle ad allenare una squadra giovanile. Fino al fatidico 2016. «Per

LAVORO E AMORE AD ARIZONA SALVO È VICE DI ADIA BARNES, EX GRANDE GIOCATRICE E ORA COACH DEL COLLEGE. E ANCHE MOGLIE DI COPPA.

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storie

Adia, che aveva centrato le final four con Washington, ci fu la chiamata in Arizona: la volevano come capo allenatrice. In tre giorni abbiamo fatto le valigie e siamo partiti».

A Tucson Salvo riprende il suo ruolo di assistente. «Da picco-

lo avevo due idoli. Uno era Ettore Messina, che tutt’ora ritengo un vincente. Mi entusiasma vedere come ha ricostruito l’Olimpia Milano, riportandola ai vertici europei. Il secondo, Geno Auriemma, una leggenda, che vinceva sempre con super squadroni». I sogni, talvolta, si avverano. «Quest’anno, in semifinale, abbiamo affrontato UConn, proprio la mitica squadra

di Auriemma. Emozione immensa. Stavo seduto a prendere appunti sulla difesa. Ad un certo punto, mi sento dare tre colpi sul petto: era lui che mi dice “buona fortuna”, in perfetto italiano. Ed io rispondo “in bocca al lupo pure a te”. Un istante nel quale ti passano mille cose per la testa. Pensai al momento difficile in cui lasciai la Sicilia per venire qui, e mio padre, vedendomi giù di morale mi disse: “non fare così, vedrai che laggiù diventerai meglio di Geno Auriemma”. Mi fece ridere, ed era quello di cui avevo bisogno. Alla fine l’ho incontrato e abbiamo vinto. E siamo arrivati in finale per la prima volta nella storia del college».

PERCORSO QUELLO DI ALLENATORE È INIZIATO DIVERSI ANNI FA: FIGLIO DI SANTINO COPPA, SALVO SI È AVVICINATO ALLA PALLACANESTRO FIN DA RAGAZZO, MATURANDO DIVERSE IMPORTANTI ESPERIENZE.

Un successo guadagnato metro dopo metro, che segna sol-

tanto l’inizio. «Ho tanta responsabilità, mia moglie mi dà fiducia, io vivo alla giornata. Vogliamo continuare a vincere, fare il massimo, sostenere il successo ottenuto. Non ti nascondo che il giorno dopo l’arrivo da San Antonio ho cominciato subito a lavorare».

Un’intesa familiare magnifica. «Funziona tutto bene.

Il segreto è arrivare a casa e parlare solo di questioni di famiglia (ci sono anche due splendidi bambini: Matteo, quasi 6 anni, Capri di 7 mesi, chiamata così perchè l’isola è un luogo del cuore). Il lavoro comincia solo quando salgo in macchina. Adia vuole essere stimolata e io l’ho sempre fatto, perché sono onesto

e dico quello che penso. Ma lei è il capo e prende la decisione finale. Quando usciamo dall’ufficio ed entriamo in campo siamo tutti d’accordo». Salvo considera Aari McDonald la giocatrice più forte allenata, Sabrina Ionescu la più forte affrontata. E le italiane d’America? Per lui il nome da evidenziare è quello di Lorela Cubaj. «Il basket italiano non lo seguo molto, ma vedo con piacere che ci sono società solide come Schio, Venezia e Ragusa. Serve parità tra movimento maschile e femminile perché le donne sono vere professioniste. E non c’è bisogno di abbassare i canestri: le donne sono forti e possono giocare coi canestri regolari senza problemi».

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pink mix DI Manuel Beck

serie A1 serie A1 APRILE LE LEADER BATTI-FUGA MAGIE GIOVANI Al termine della stagione regolare, Kennedy Burke (Sassari) è regina delle marcatrici di A1, con una media di 21,9 a partita; sua anche la miglior valutazione. L’ucraina Yurkevichus (Vigarano) arraffa più rimbalzi di tutte: 12,2 per match (davanti alla stessa Burke). Le italiane rispondono con Sara Crudo (Geas), miglior percentuale da 2 col 65,8%; e Giorgia Sottana (Schio), prima nella percentuale da 3 (48,5%). Gloria anche per le “millennials”: Matilde Villa (Costa) capeggia gli assist con 5 a gara; Ilaria Panzera (Geas) recupera più palloni di tutti (2,3 per volta); Sara Madera è la più precisa nei tiri liberi: 90,5%.

L’assenza di pubblico ha favorito le vittorie in trasferta, rispetto a prima del Covid? I dati dicono sì, ma di poco: nel 2020/21 i successi fuori casa sono stati 82 su 176 partite disputate (46,6%); nel 2019/20, considerando le 19 giornate prima dell’arrivo del virus, furono 59 su 133 (44,4%).

PROTAGONISTA SARA MADERA A BRONI SI È RITAGLIATA UN RUOLO IMPORTANTE ED È STATA UNA DELLE MIGLIORI ITALIANE DEL CAMPIONATO. CONTRO BATTIPAGLIA LE LOMBARDE SI GIOCANO LA PERMANENZA IN A1.

La sofferta stagione di Battipaglia, che ha alternato 4 allenatori piazzandosi penultima, ha vissuto un doppio guaio a inizio aprile: prima con il focolaio di Covid che ha impedito di giocare le ultime 3 partite, poi con la partenza non autorizzata (o “fuga”, detto con meno garbo) delle straniere Hersler e Melgoza. Entrambe hanno motivato la decisione con i rischi legati al virus. Dura la reazione del presidente campano Rossini: “Comportamento inaccettabile, abbiamo affidato la questione agli avvocati e andremo fino in fondo”.

La squadra campana, che era già rimasta senza l’americana McCray da inizio marzo, è tornata in campo il 18 aprile per la serie-playout con Lucca, persa 0-2 con un organico pieno di giovanissime (era fuori anche Moroni per Covid).

Anche a Broni una partenza nel finale di stagione: la portoricana di passaporto italiano Sofia Roma ha rescisso il contratto dopo gara-1 di playout.

Aprile si è fatto perdonare. Nel 2020 era stato il mese della cancellazione definitiva della stagione; del vuoto assoluto di partite.

Quest’anno ci ha regalato, nel giro di una quindicina di giorni, le Final Four Ncaa e quelle delle due coppe europee. Poi, il sapore speciale dei playoff e dei playout.

Ma visto che l’editoriale di Alice Pedrazzi propone il tema delle giovani, ne citiamo due, per quello che hanno saputo fare ai massimi livelli in questo aprile. Raquel Carrera, ala di Valencia classe 2001: vince l’EuroCup segnando 22 punti in semifinale e i due liberi decisivi nella finale con Venezia, reggendo a una pressione incredibile sul meno 1 a un secondo dalla sirena. Matilde Villa, play di Costa Masnaga: debutta nei playoff di A1 a 16 anni, segna 23 punti in gara-1 dei quarti, con 6 rimbalzi e 4 assist, contro la difesa della Reyer finalista europea. Normale? Per lei, a quanto pare, sì.

SERIE B CHE RINFORZI!

GIOVANILI 3x3 GIOCANO! CIRCUITO FIP

È ormai decollata a pieno regime la serie B regionale, con i 7 campionati territoriali che stanno terminando il secondo mese di stagione; dovranno terminare entro fine giugno. Le ultime settimane hanno visto arrivare rinforzi di assoluto spessore: Silvia Favento alla Futurosa Trieste, l’ex azzurra Dubravka Dacic a Capri, Roberta Di Gregorio a Taranto, Marcella Filippi alle Panthers Roseto.

La Fip ha comunicato la formula della fase nazionale: accederanno 8 squadre (2 dall’Emilia-Romagna; 2 dal Piemonte se la seconda batterà la prima della Toscana in uno spareggio preliminare, altrimenti 1+1; una a testa dagli altri 4 campionati), abbinate in 4 serie andata-ritorno, in programma il 4 e l’11 luglio: la vincente di ogni serie salirà in A2. Questi gli accoppiamenti: Piemonte 1-Emilia Romagna 2; Lombardia 1-Campania 1; Triveneto 1-Piemonte 2 (o Toscana 1); Lazio 1-Emilia Romagna 1.

Aprile ha segnato la ripartenza dei campionati giovanili dopo 14 mesi, anche se non ancora in tutte le regioni e in tutte le categorie. Le prime a iniziare, subito dopo Pasqua, sono state la Sardegna (con U18 e U16) e il Piemonte, che ha coperto tutto l’arco da U13 a U18.

Poi è toccato, a brevissima distanza, al Lazio, con 4 categorie, e la Liguria (U18 e U16). Tra fine aprile e maggio è il turno di Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Friuli-Venezia Giulia (stando ai calendari pubblicati entro il 25 aprile). Il ritorno della “zona gialla” in gran parte d’Italia ha consentito il ritorno agli allenamenti anche per le società che avevano dovuto, o scelto di, interromperli in zona rossa. Difficile - ma non ancora deciso ufficialmente - che si disputino le finali nazionali. Resta l’incognita sull’attività estiva internazionale: è confermato il Mondiale U19 (Italia qualificata), mentre gli Europei sono in forse.

Estate in avvicinamento (si spera libera, il più possibile, dal Covid), sta per tornare il 3 contro 3. A fine maggio si disputerà il torneo di qualificazione alle Olimpiadi per la Nazionale femminile – ma ne parleremo nel prossimo numero. Nasce intanto “3x3 Italia Fip Circuit”, che raggrupperà l’attività ufficiale del 3x3 (maschile e femminile) sotto egida Fip. Il format del circuito prevede, a partire dal 5 giugno (prima tappa a Roma) e fino a inizio agosto, una serie di tornei locali (già ufficializzati 14) che metteranno in palio punti utili per qualificarsi alle finali nazionali. I tornei si dividono in 4 categorie: Classic, Master, Basic, Top.

MASCIA RIELETTA Raffaella Mascia-

dri sarà anche nel prossimo quadriennio fra i rappresentanti degli Atleti nel Consiglio nazionale del Coni. L’ex azzurra (15 scudetti in carriera), attualmente nello staff di Schio, è stata la seconda più votata fra i 9 eletti.

COLPACCIO QUELLO DI ROSETO, IN SERIE B, CHE RILANCIA LE PROPRIE AMBIZIONI FIRMANDO MARCELLA FILIPPI, REDUCE DAL TERMINE DELLA STAGIONE A SAN MARTINO DI LUPARI.

PLAYOFF LA CAPACITÀ DELLE ATLETE DI ESSERE PERFORMANTI IN PARTITE RAVVICINATE È LA CHIAVE PER DISPUTARE DEI BUONI PLAYOFF.

PLAYOFF FEVER DI ALICE BUFFONI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport Finalmente è arrivato il periodo più caldo dell’anno! Aspettiamo di rivivere la febbre da playoff dal 2019 e l’attesa ha amplificato le emozioni in avvicinamento ai match. Coach e giocatrici sono convinti: Gara1 è la più importante. Ma arrivare carichi a Gara1 è facile, possiamo dirlo. Il problema, al massimo, è arrivarci troppo carichi e rimanere fregati dalla voglia di strafare. E come abbiamo già visto in questa rubrica, essere iper-attivati porta le giocatrici fuori dalla zona di performance ottimale. Essenziale, dunque, è attenersi al piano partita e approcciarsi al match con l’atteggiamento giusto: grinta, fiducia nel team e pazienza.

Una partita di playoff è come la somma di tante piccole prove da risolvere. Mosse e contromosse si susseguono a ritmo serratissimo, perché le squadre si conoscono bene e sorprendere le avversarie è sempre più difficile che in campionato. I coach sanno bene come preparare la propria squadra a risolvere problemi, per esempio con esercizi in sotto-numero, partitelle a punteggio da recuperare o chiamando soluzioni per giocatrici specifiche.

Gara1 va giocata senza mai alzare il piede dall’acceleratore se si sta vincendo e senza concedere un solo centimetro in più se si sta perdendo. È una partita a scacchi con la resistenza mentale dell’avversario per affermare di aver il controllo da una parte o di poter tornare sempre pericolosi, dall’altra.

E Gara2? La gestione ottimale delle risorse per affrontare partite così ravvicinate è oggetto di studio e continuo aggiornamento. Oggi sappiamo che se il recupero fisico ottimale si completa in circa 72 ore è comunque possibile accorciare i tempi, per esempio sfruttando, a livello nutrizionale, la cosiddetta finestra anabolica, un arco temporale breve immediatamente successivo allo sforzo fisico in cui le nostre cellule sono più predisposte ad accogliere i nutrienti giusti per ricaricarsi. Inoltre, con le terapie manuali come fisioterapia, stretching, massaggi, ma anche crioterapia possiamo riportare il fisico a un livello altamente competitivo in tempi ristretti.

E la mente, come si ricarica?

Per prima cosa è bene analizzare il match appena concluso per correggere gli errori e archiviarli velocemente, sostituendoli con soluzioni tattiche o di atteggiamento positive. Gara1 è andata, è ora di cominciare la routine mentale di avvicinamento a Gara2.

Vi è inoltre una cosa importante da sapere, il nostro sistema nervoso autonomo si divide in simpatico e parasimpatico, l’equilibrio tra i due determina il benessere psicofisico.

Semplificando, il sistema nervoso simpatico è responsabile delle attività di stimolazione associate alla risposta di tipo attacco o fuga, quindi prepara il corpo a reagire, lo attiva. Immediatamente prima e durante la partita il sistema nervoso è spostato sul simpatico e noi siamo fortemente psico-attivati.

Il parasimpatico, invece, è il sistema che regola tutte le attività che si verificano quando il corpo è a riposo; è dunque il sistema della ipo-attivazione, per il recupero delle funzionalità.

Quindi a termine gara occorre riportare in fretta il nostro sistema nervoso su quest’ultimo versante, per recuperare le energie mentali. La via maestra è il rilassamento, che ogni atleta può imparare a condurre in autonomia dopo poche sedute di mental training, attraverso specifici esercizi di respirazione. L’hai mai provato?

Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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GUARDIA E LADRI

MUST-HAVE

Recenti tendenze della collezione cestista 2020-2021 Di Susanna Toffali La maglietta con le maniche tagliate La statistica indica che tra le principali cause di arrabbiatura delle nonne campeggi l’automatica metamorfosi in sarte di fronte ai tragici orli sbrindellati delle (ex) t-shirt da allenamento delle nipoti cestiste.

Il conseguente quesito è sempre, inesorabilmente lo stesso: “E allora perché non ti sei comprata una canotta?”. La risposta, ad ogni modo, non la sa ancora nessuno.

Gli scaldamuscoli lunghi rigorosamente bucati Croce e delizia di ogni giocatrice, perennemente in dubbio se scendere in campo emulando gli outfit di Pippi Calzelunghe oppure imparare a non atterrare sulle ginocchia ad ogni minimo contatto. Status symbol delle amanti della pratica del flopping, vengono spesso utilizzati dagli arbitri come metro di giudizio per valutare se sia il caso o meno di fischiare un tecnico.

Il top portafortuna Generalmente è il più vecchio, il più consunto e quello con il colore peggiore (giallo sabbia o verde palude, dimostrazione che anche Nike ha i suoi scheletri nell’armadio), ma per qualche inspiegabile motivo l’unico che riesca ad evitare atroci prestazioni balistiche. Facile preda delle mamme, da sempre impegnate nel tentativo di farlo sparire o, perlomeno, di sbiancarlo immergendolo nella candeggina “per sbaglio”.

La fascetta Capelli né troppo lunghi né troppo corti? Fascetta. Forcine dimenticate a casa? Fascetta. Chioma unta in attesa del lavaggio del mercoledì sera? Coda e fascetta. Look troppo spento? Fascetta colorata. Necessità di strozzare una compagna particolarmente antipatica? Fascetta, se possibile resistente. Inutile negarlo, la fascetta è come l’amica con il caricabatterie portatile sempre in borsa: un salvavita.

Le ciabasket Da sempre e per sempre, l’inconfutabile prova della “cestisticità” di qualsiasi sportivo in vacanza. Dalla primitiva Adidas Adilette alla più recente Nike Benassi, la sua autenticità non è data dalla marca né tantomeno dal modello, bensì dalla fascia che separa nettamente i giocatori di pallacanestro dai ben più banali indossatori seriali di infradito.

Il pantaloncino dell’ex squadra C’è chi nel corso degli anni persevera nell’indossare indumenti delle precedenti formazioni in cui ha militato, e chi mente. Il pantaloncino nel corso degli anni ha saputo affermarsi con decisione all’interno della riluttante esposizione di magliette e felpe di società passate. I motivi del suo successo? Logo piccolo, spesso inesistente, nessun segno di tracciabilità del nome della squadra e, puntualmente, il colore che ti serve per completare l’outfit da allenamento.

La scarpa da campetto La trasformazione della scarpa utilizzata per il campionato appena concluso in scarpa da campetto è uno degli automatismi più comuni all’interno del panorama cestistico. La regola è semplice: più la suola è liscia, più i lacci sono sporchi, più la tomaia presenta buchi (o, per meglio dire, voragini), più la calzatura è adatta a ricoprire il ruolo di compagna di débâcle estive.

BUZZER BEATER

STAGIONE COVID Di Silvia Gottardi Questa è stata, ed è tuttora per quelli che stanno ancora giocando, una stagione un po’ particolare. Ma si sapeva.

Questa è stata la stagione del Covid. La prima svoltasi interamente durante una pandemia che ha cambiato radicalmente le nostre vite, non solo lo sport. Lo scorso anno – ce lo ricordiamo tutti – il campionato è stato interrotto e si è concluso senza assegnare lo scudetto.

Ma come sarebbe andata senza Covid? Proviamo a riavvolgere il nastro e a immaginarci una stagione senza tutti gli stop, i rinvii, le positività e le difficoltà.

Novembre Il Geas vince facile in casa contro Sassari e Sara Crudo, dopo l’ennesima prestazione maiuscola, vola nella bolla di Riga con la Nazionale. Per lei un grandissimo esordio in maglia azzurra da 18 pt contro la Romania.

Dicembre Ragusa è in forma splendida e inanella la dodicesima vittoria consecutiva, è prima da sola in testa alla classifica.

Marzo Superlativo Geas. In Coppa Italia elimina prima le padrone di casa di Bologna e poi la corazzata Famila. Ora si gioca la finale contro Venezia.

Aprile Una splendida Vigarano batte Sassari in trasferta e San Martino di Lupari in casa ed evita la retrocessione diretta. Ora si giocherà la salvezza ai playout con il morale alle stelle.

Primo turno Playoff Impresa delle Lupe che a sorpresa eliminano dai quarti il Famila dopo una Gara 3 al cardiopalma, decisa da una bomba sulla sirena della ex Anderson.

E invece, lo sappiamo, le cose non sono andate così.

Proprio mentre la stagione regolare stava arrivando in porto (mancava solo un recupero), sono scoppiati 3 focolai a Vigarano, San Martino di Lupari e Battipaglia. E così il campionato si è chiuso senza la disputa di 6 partite. Vigarano, non potendo giocare le sue ultime 2 gare, è rimasta ultima e quindi condannata alla retrocessione.

Hersler e Melgoza sono scappate da Battipaglia dicendo di avere paura del Covid, le Lupe hanno rinunciato ai playoff e dichiarata chiusa la stagione.

Ma quindi parliamo di un campionato falsato? Che a causa del Covid ha espresso valori diversi da quelli che avrebbe dato il campo? Il tema è caldo ed è giusto porsi il dubbio, ma comunque nel momento in cui si è deciso di affrontare un campionato in piena pandemia, si è anche messo in conto che il Covid avrebbe potuto condizionarlo. Così è effettivamente stato, ma credo che alla fine i valori che sono emersi sono quelli giusti. Ragusa ha rinviato quattro partite all’andata, ma poi è tornata e ha cominciato a vincere. È arrivata terza perché vale quella posizione.

SEI 24/10/20: COSTRO SASSARI IL GEAS È COSTRETTO A GIOCARE IN 6, COMPRESA LA JUNIOR MERISIO, A CAUSA DEI SEI CASI DI POSITIVITÀ AL COVID RISCONTRATI NELLE ORE PRECEDENTI IL MATCH

Così come Bologna ha meritato il quarto posto dopo un ottimo campionato: probabilmente se non avesse avuto 4 pt. di vantaggio sul Geas, al ritorno avrebbe giocato con il coltello tra i denti e magari non avrebbe perso. E poi Vigarano, con tutto il rispetto per una Società che ha fatto benissimo negli ultimi anni e ha dato tanto al movimento: ma credete che dopo aver vinto solo 2 partite su 24 (e perdendo due volte contro Battipaglia, penultima), sarebbe davvero riuscita a vincere le ultime due per evitare la retrocessione diretta? O che le Lupe avrebbero eliminato Schio nel primo turno dei playoff? Su, siamo realisti! Di certo spiace umanamente per queste due realtà che dopo tanti sforzi e tanto lavoro hanno chiuso in questo modo. Così come dispiace non aver visto il Geas in Coppa Italia.

La verità è che è stato fatto un lavoro incredibile da parte di tutti: a partire dalle singole atlete, gli staff medici, tutti i Club, la Lega. Applicazione meticolosa dei protocolli, rispetto delle regole, tamponi a raffica, ci hanno permesso di vedere le giocatrici in campo e di gustarci ogni week-end (quasi) tutte le partite di A1 e A2, come se non fossimo per niente nel mezzo di una pandemia. Farsi le pippe per riscrivere il campionato non ha senso. Siamo fortunati ad aver avuto un campionato che si è svolto in maniera praticamente regolare (pensate alle serie minori e alle giovanili!) e ci ha regalato come sempre grandissime emozioni. Ma non sono ancora finite!

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