RICERCA e INNOVAZIONE
INTELLIGENZA ARTIFICIALE UN PUNTO DI VISTA
IL TERMINE “INTELLIGENZA ARTIFICIALE” FU CONIATO NEL 1955 DALLO SCIENZIATO INFORMATICO JOHN MCCARTHY CHE NE DIEDE LA SEGUENTE DEFINIZIONE: “L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE È QUELLA SCIENZA CHE CONSENTE DI COSTRUIRE MACCHINE INTELLIGENTI, IN PARTICOLARE PROGRAMMI PER COMPUTER INTELLIGENTI. ESSA È LEGATA A COMPITI SIMILI A QUELLI CHE UTILIZZANO COMPUTER PER CAPIRE L’INTELLIGENZA UMANA, MA LA AI NON DEVE LIMITARSI A METODI CHE SONO BIOLOGICAMENTE OSSERVABILI.”
N
Nella definizione, quindi, si fa riferimento ad un approccio tipicamente deduttivo, modellabile secondo costrutti matematici che da regole generali generano conclusioni particolari. Negli ultimi anni, tuttavia, ci si è resi conto che queste tecniche deduttive non sono sufficienti; è necessario risolvere problemi che l’uomo risolve naturalmente ed automaticamente, come riconoscere immagini, senza che questi possano essere scritti matematicamente. In questo caso quindi il sistema impara “dall’esperienza”, attraverso modelli di apprendimento induttivo che permettono di
84
M &A | SETTEMBRE 2021
Di Stefano Ierace
imparare concetti complessi aggregando una moltitudine di concetti più semplici. Questa è la base dello sviluppo del Machine Learning e del Deep Learning, cioè di un apprendimento automatico che richiede lunghe catene causali di fasi computazionali. In realtà, analizzando bene le tecniche alla base, si può affermare che anche le logiche del machine learning non siano di fatto “intelligenti” ma si limitino a definire una correlazione tra variabili di input e output, e a ripetere tali correlazioni. All’interno del “campo di addestramento” il sistema è in grado di tro-
vare soluzioni ottime, fuori da tale campo però non è in grado di svolgere le proprie funzioni. Questo accade molto spesso, e lo vediamo quotidianamente, anche nella relazione con i chatbot. L’intelligenza artificiale ha creato dei programmi (chatbot) che possono intrattenere conversazioni linguistiche con gli utenti. Sono quei programmi che usano modelli computazionali del linguaggio e che gli studiosi definiscono “pappagalli artificiali” poiché parlano senza capire ciò che dicono (www.pensierocritico.eu). La logica su cui si basano non è ovviamente relativa al significato delle parole,