IL VOLO DELLA FENICE Il cinema Sudcoreano contemporaneo

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La commedia umana di

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utore poco conosciuto in Italia, se non per le sparute apparizioni nei festival internazionali, Hong Sang-soo (Seul, 25.10.1960) è figlio di un ufficiale dell’esercito sudcoreano e di un’impiegata in una casa di produzione cinematografica. Passa la sua infanzia e adolescenza a guardare film americani in televisione. Studia cinema e teatro all’università di Chungang a Seoul, per poi continuare negli Stati Uniti prima all’Università della California e in seguito all’Istituto di Arte di Chicago, dove realizza i suoi primi cortometraggi sperimentali. Ma il suo stile inizia a prendere forma durante il soggiorno in Francia affascinato dai film di Éric Rohmer e dai dipinti di Cézanne e dalla pittura degli impressionisti. Il giovane regista in erba sceglie di coniugare il proprio amore per la sperimentazione con l’aspetto narrativo dopo la visione di Diario di un curato di campagna di Robert Bresson. In Italia si è iniziato a parlarne più diffusamente nel 2010 con Hahaha che vinse il premio come miglior film nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes e trasmesso da Rai 3 cinque

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anni dopo senza essere distribuito, appunto, nelle sale italiane. L’unico film che ha avuto una distribuzione regolare è stato In Another Country (2012). Nel 2013 il suo Uri Sunhi vinse il Pardo d’Argento alla miglior regia al Festival di Locarno per poi aggiudicarsi due anni dopo il Pardo d’oro come miglior film con Right Now, Wrong Then (2015). Hong Sang-soo cesella il mondo circostante con la macchina da presa che tratteggia gli stati d’animo dei personaggi attraverso elementi minimali. Questa sua ricerca, che utilizza una grammatica filmica basilare, lo porta a creare un grande affresco umano della contemporaneità, basato sugli scarti temporali e il continuo travaso del cinema nella vita reale. È un cinema dove l’immagine si fa sostanza poetica e la forma diviene consustanziale con i personaggi – elementi limitati e pesanti che reggono come colonne l’architettura cinematografica che rasenta la calligrafia visiva. L’opera di Hong Sangsoo arriva alla perfezione di un haiku, cinema-zen in cui ogni inquadratura è un verso che dona ritmo interiore alla contemplazione dello spettatore. On the Beach at Night Alone (2017),

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che potremmo definire come un sequel improprio di Right Now, Wrong Then, dove una pittrice – interpretata sempre dalla stessa attrice – incontra un regista in viaggio di lavoro e se ne innamora, è un esempio dei temi esposti. In questa opera, invece, la storia s’incentra su una giovane attrice in crisi esistenziale con una storia d’amore finita con un regista più maturo. Il film racconta di personaggi che sono simboli della quotidianità, mettendo in scena la mediocrità, le insicurezze profonde dell’essere umano. La rappresentazione della realtà, in cui agiscono i personaggi, è in ambienti spogli, essenziali, isolati, metafora della solitudine esistenziale dell’uomo e della donna e del loro dibattersi nella ricerca di una felicità amorosa sempre irrisolta, creatrice di dissidi interiori e di rapporti umani ontologicamente rappresentanti la difficoltà del vivere. Come accade anche in Hotel by the River (2018), altro capitolo di una comèdie humaine, in cui assistiamo al lento scorrere di una giornata di un vecchio poeta che sente l’avvicinarsi della fine. Rifugiatosi in un hotel in pieno inverno, ospite di un mecenate amante della sua poesia, chiama a


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