Kim Jee-woon di RITA ANDREETTI
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In foto: una scena del film
The Last Stand - L’ultima sfida (2013) di Kim Jee-Woon Nella pagina accanto: il regista Kim Jee-Woon
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na tra le filmografie più eterogenee della Corea del Sud. Kim Jee-woon è l’esploratore dei generi, lo stratega del montaggio, il perfezionista dell’azione. Sin dal suo esordio, ha stabilito quelli che sono i suoi punti di forza, sostenuti da un cast che ritorna, e si permette così di transitare da un genere all’altro. È rinomato per il non sapersi ripetere. Esplora linguaggi diversi che si incontrano nella passione con cui riesce a far aderire magneticamente tra loro complesse architetture filmiche, e dove gli intrighi profondi dei plot, sostengono film difficilmente mediocri. Kim Jee-woon (1964) esordisce sul finire degli anni Novanta, in un momento in cui in Corea del Sud si sta facendo strada la New Wave di registi che porteranno questo piccolo Paese ad attirare l’attenzione del pubblico mondiale. Anche se sarà Old Boy (Park Chan-wook, 2003) a inaugurare ufficialmente le danze, quanto meno sul palcoscenico mondiale, il fermento creativo locale è già palpabile. Ecco che, quando Kim Jee-woon presenta The Quiet Family nel 1998, anticipa i tempi e i protagonisti di tutto il cinema coreano: gli allora giovani Choi Min-sik e Song Kang-ho offrono una interpretazione combinata scoppiettante. Da quel momento, li ritroveremo ovunque, non c’è da stupirsi che siano i volti ricorrenti di Jee-woon e del collega Park Chan-wook, piuttosto che di Bong Joon-ho. La sceneggiatura del film d’esordio è costruita magistralmente con una degenerazione degli eventi
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grottesca. La famiglia Kang gioca con il maligno come una famiglia Addams ben più crudele, sfortunata e perseguitata da se stessa. Colonna sonora impeccabile, The Stray Cats tra gli altri, solo per affermare nuovamente la solare leggerezza con cui si parla di spietatezza. Segue la prova esilarante di un wrestler al riscatto, nuovamente il volto di Song Kang-ho, in The Foul King (2000) giovanissimo e particolarmente in forma. Un film che si regge sulla sua interpretazione e su una chiave di lettura sul senso della vita e la capacità di incassare i colpi prima di poterli sferrare. Uno dei pochi protagonisti di Jee-woon davvero esilarante, non troppo splatter, e soprattutto imperfetto. Giocosamente goffo e preferibilmente scollato dal reale. È quell’umorismo sciocco cresciuto in Asia, che attinge dallo slapstick, ma ci appare ben più caotico. Kim Jee-woon prova la commedia e ci mette del suo, chiaramente. Il momento in cui conferma le potenzialità registiche è quando decide di passare anche lui dall’horror. Come una sacra iniziazione, Kim Jee-woon, che ha sicuramente inghiottito quanto più cinema del tremendo poteva in gioventù, mette insieme tutta la sua conoscenza e prepara Two Sisters (2003). È da molti considerato uno dei migliori horror coreani di quegli anni, e il primo a essere distribuito negli Stati Uniti. Ma con Hollywood Jee-woon ha un rapporto speciale, e lo conferma il fatto che sarà lui il regista capace di far tornare Arnold Schwarzenegger dietro la macchina da presa dopo la lunga parentesi politica. È The Last Stand (2013): dopo dieci