IL VOLO DELLA FENICE Il cinema Sudcoreano contemporaneo

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TAXIDRIVERS

Bong Joon-ho

elementi che non esistono nella realtà attuale, ma che il regista è capace di far divenire reali innalzandoli a emblemi di una società in divenire. Il passato stilistico di Bong Joon-ho è però iniziato da un legame molto forte con la narrativa del quotidiano, molto cara a un certo cinema sudcoreano. Il suo primo film nel 2000, che in italiano suonerebbe “Can che abbaia non morde” Barking Dogs Never Bite, racconta la storia di un ricercatore universitario senza un contratto stabile, Ko Yun-ju, il quale non potendo pagare il preside per effettuare la sua scalata sociale, sfoga le proprie frustrazioni su di un cane del vicinato, rapendolo e uccidendolo accidentalmente. La bibliotecaria, Park Hyun-nam, decide di mettersi sulle tracce del rapitore di cani. Vi è una linearità narrativa e una lentezza voluta che porta allo scoprirsi indolente della trama e degli intrecci secondari. La passione per il thriller poliziesco, che non lascerà mai il regista almeno fino a Memorie di un assassino, è la base sulla quale viene costruita questa narrazione bizzarra, cruda, condita da uno humor nero tanto forte quanto disarmante. Traspare inoltre un forte interesse nei confronti di una società stratificata, nella quale chi è in basso è costretto a mangiarsi i cani “trovati” in strada. A tale proposito, la scena in cui la ragazza corre sul tetto del pa18

lazzo per recuperare il cagnolino nelle mani del mangiatore di cani, è la sintesi perfetta del realismo crudo che inizia a sentire il bisogno di un respiro fantastico della narrazione. Sullo sfondo schiere di tifosi appostati sui tetti, inneggiano al gesto atletico della protagonista, amplificandone in tal modo la portata epica da una parte, e ironizzando sulla squallida quotidianità, dall’altra. Memorie di un assassino, del 2003, rappresenta il completamento di quella prima fase di indagine della narrazione, che vede la realtà sotto osservazione serrata, da più punti di vista, tutti realistici e in contrasto tra di loro. Mentre in Madre, al centro della storia ci sarà la serrata e disperata ricerca di innocenza, in Memorie di un assassino, c’è la disperata e accanita ricerca di un colpevole. Anche in quest’ultimo lavoro la soluzione è un fallimento, vale a dire l’insuccesso totale della ricerca del colpevole. Importante sembra essere la frase che uno dei detective dice all’altro verso la fine della disastrosa investigazione: “lascia perdere”. Lascia perdere di indagare una realtà intrinsecamente ingannevole. È come se il regista dicesse a sé stesso che la ricerca della verità porti comunque sia a una disfatta. E allora, tanto vale darsi a un universo più fantasioso, un universo inventato. The Host, realizzato nel 2006, rappresenta la vera svolta nella carriera del

© Marie Claire Korea / Wikimedia Commons / CC-BY-SA-3.0

D

ifficile incasellare un regista come Bong Joon-ho in una categoria o in un genere preciso. Apprezza sia l’approfondimento sociale che il superficiale action-movie, si muove bene nel poliziesco come nella commedia nera e può dare vita a piccoli capolavori di messa in scena come Parasite. Ma cerchiamo di definire la poetica di questo stravagante, visionario sperimentatore della Settima arte. Le influenze che ha subito nella sua storia personale, si leggono chiare nelle sue pellicole. Se, da una parte Bong Joon-ho, è legato a un concetto di “design del film”, una progettualità dal carattere pubblicitario, l’attenzione tutta sua alle caratteristiche di comprensibilità del messaggio in pochi fotogrammi, dall’altra il regista sudcoreano, matura sempre più evidente un gusto per l’analisi sociale, per lo studio quasi di un’entomologia della razza umana. Arriva in tal modo a generare una nuova forma d’espressione che possiamo definire iperrealismo fantastico, vale a dire questa capacità di prendere degli aspetti della società, riassumerli e trasfigurarli in una storia più vera del verosimile. Okja e Snowpiercer sono l’emblema di questa maturazione dello stile di Bong Joon-ho verso questo iperrealismo fantastico. Entrambi, infatti, hanno quali oggetti del racconto

In foto: una scena del film Snowpiercer (2013) di Bong Joon-ho A sinistra: il regista Bong Joon-ho


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