I Was Sitting on My Patio... by Robert Wilson, Lucinda Childs - Photo Lucie Jansh Mensile di cultura e spettacolo - n° 256-257 - anno 25 - Ottobre/Novembre 2021 spedizione in A.P. 45% art.2 comma 20/B - legge 662/96 - DCI-VE
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256-257 OCTOBER-NOVEMBER 2021
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Colpo di scena!
BIENNALE ARCHITETTURA FINISSAGE SPECIAL
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l’architettura di sauerbruch hutton 3.9.21– 9.1.22
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M9 - Museo del ’900 via Giovanni Pascoli 11 Venezia Mestre M9museum.it
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october-november2021 CONTENTS
editoriale (pag. 7) Le armi del sapere incontro (pag. 8) Intervista a Tiziana Lippiello, Rettrice Ca’ Foscari zoom (pag. 10) Intervista a Flavio Gregori, Direttore 14. Incroci di civiltà speciale (pag. 18) Festa della Madonna della Salute architettura (pag. 20) Finissage 17. Biennale Architettura | Leoni d’Oro | Alejandro Aravena | Sergio Pascolo | Not Vital. SCARCH | Revive the Spirit of Mosul | When Art Meets Architecture | Shaping the City | Intervista a Serena Maffioletti e Guido Zucconi, Le sfide di Venezia | L’architettura di sauerbruch hutton arte (pag. 36) Intervista a Inti Ligabue, Power and Prestige | Migrating Objects | Venetia 1600. Nascite e Rinascite | Il Lascito Franca Fenga Malabotta | Tiziano Vecellio, Il Bravo | Omaggio a Virgilio Guidi | Glass to Glass | Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri | Peter Fischli | Georg Baselitz | Gestus | Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti | La Venezia umana – La Venezia disumana | HYPERVENEZIA | Arno Rafael Minkkinen | Galleries | A.R. Penck | Francesco Vezzoli in Florence | Review: Michele Alassio – Passing Steamer nella fotografia musica (pag. 54) Alice canta Battiato | Marco Masini | Venezia Jazz Festival Fall Edition | New Echo System | Candiani Groove | Padova Jazz Festival classical (pag. 62) Fidelio | Rigoletto | Festival Palazzetto Bru Zane, Sulle tracce di Napoleone | Musikàmera | Vivaldi Festival | Archipelago 2021 | Musica antica in Casa Cozzi | Giovanni Morelli theatro (pag. 70) Teatro Stabile del Veneto – Scenari senza confini | O.C.E.A.N.I.C.A. | I Was Sitting on My Patio | Turandot | Maria Callas | Moving with Pina | Cenere Cenerentola | Il nodo | Il marito invisibile | Intervista a Eleonora Fuser e Giorgio De Marchi | Ester cinema (pag. 80) Intervista a Thomas Kruithof, Les promesses | Alfred Hitchcock presenta… | Venezia. Infinita Avanguardia | Paesaggi che cambiano | Imre Gyöngyössy | Alida Valli | Belfast | The Last Duel | De André#De André. Storia di un impiegato | Academy Museum of Motion Pictures etcc... (pag. 86) Intervista ad Roberto Ferrucci e Tiziano Scarpa | #nonsolocompiti | Premio Gaetano Cozzi | Parole menu (pag. 90) Il pollo dell’imperatore | Valentina Tamborra | 5. Biennale Foto/ Industria | Venice Ospitality Challenge citydiary (pag. 97)
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INCROCI DI CIVILTÀ
Curtains open on the 14th edition of cultural festival Incroci di civiltà. The programme starts with a meeting with New York author Nicole Krauss, this year’s guest of honour. On closing day, a great night out with Vinicio Capossela. In the middle: round tables, debates, and meetings. zoom p. 10
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MADONNA DELLA SALUTE
November 21 is a special day for Venice, rules are uncodified, but live in the people’s DNA. It is a religious feast, yes, but it’s what’s around it that makes it unique: an air of celebration that is all about the city. Step in line by the Basilica and, once in, pay homage to the Madonna by the main altar, and then look above you, right at the dome… speciale p. 18
I Was Sitting on My Patio This Guy Appeared I Thought I Was Hallucinating by Robert Wilson, Lucinda Childs Act. 1 Christopher Nell (Paris, 2021) Photo Lucie Jansh
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17. BIENNALE ARCHITETTURA
An invitation to all those who still haven’t visited the Biennale: this is the hottest time, the last few weeks of the ‘stoic and heroic’ 17th Venice Architecture Biennale. How will we live together? asks Biennale curator Hashim Sarkis, and quite a few interesting responses are to be found at Giardini and Arsenale. Architecture redesigned its own borders and entered the most perturbed present there ever was. architettura p. 20
COVER STORY
Una cover dedicata al teatro e al nostro attesissimo ritorno in platea! Ci aspettano stagioni colme di novità. Al Goldoni con la direzione artistica di Giorgio Ferrara arrivano alcuni mostri sacri della scena internazionale: Robert Wilson e Lucinda Childs e il loro I Was Sitting on My Patio…, la pièce andata in scena per la prima volta nel 1977 con i due nel ruolo dei protagonisti, che ora viene ricreata per due nuovi interpreti: l’attore e cantante tedesco Christopher Nell (ritratto nella foto), figura dei palcoscenici berlinesi, e l’australiana Julie Shanahan, storica ballerina della compagnia di Pina Bausch. Un monologo privo di ogni apparente dramma o tragedia, costituito da un flusso casuale di associazioni di idee che si riversa sui confini di un nudo set in bianco e nero. Non accade nulla e poi accade tutto di nuovo... e, un po’ come in una giostra, continuerà a succedere!
Forty-three years after the first performance of I Was Sitting on My Patio This Guy Appeared Thought I Was Hallucinating, Robert Wilson and Lucinda Childs hand over their role to two new performers in this doubled-up solo, Christopher Nell and Julie Shanahan. It is a monologue, void of any apparent drama or tragedy of its own, consisting of a random flow of association of ideas that spills out onto the confines of a bare black and white set. Everything happens and then happens again... And, rather like a merry-go-round, will go on happening. theatro pag. 72
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POWER AND PRESTIGE
A new exhibition at Palazzo Franchetti for a kind of item – maces – that will find their original prestige and sacredness. Fondazione Giancarlo Ligabue, in cooperation with the Musée du quai Branly-Jacques Chirac of Paris, produced the exhibition, which was curated by prominent researcher Steven Hopper. arte p. 36
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VENEZIA JAZZ FESTIVAL
Beauty and musical research, modern sound, refined melodies, with some of the most interesting performers from Europe and beyond: this is Venezia Jazz Festival Fall Edition, a programme of twenty great concerts. Mino Cinelu and Nils Petter Molvær are, among others, the emblem of a Festival that is as diverse as can be. musica p. 56
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editoriale di Massimo Bran
LE ARMI DEL SAPERE
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olo a pensarci, a ritornarci su, per quanto questo incubo persista residualmente vivo attorno a noi, il sangue ci si ghiaccia ancora nelle vene. A quest’ora lo scorso anno, illusi da un’estate che una robusta minoranza consumò scriteriatamente, insofferente a ogni civile regola collettiva, e che una maggioranza ben più robusta visse con un certo, per quanto prudente, libero sollievo alla luce dei dati incoraggianti sui contagi, ci si accingeva a richiudere tutto, sconsolatamente, con un senso di livida angoscia e perdizione, di razionale preoccupazione che tutta questa storia portasse via con sé migliaia, milioni di storie, di progetti, di percorsi esistenziali e professionali investiti da una crisi senza precedenti. Insomma, il lockdown parte 2 se possibile si dimostrava ancora più drammatico, soprattutto da un punto di vista psicologico, del lockdown parte 1. L’unica serie che avremmo davvero voluto finisse con l’ultimo frame della prima stagione. Ebbene, oggi ottobre 2021, alla vigilia dei mesi più freddi e “influenzali”, il governo ha appena decretato la riapertura delle sale da concerto, dei teatri, dei cinema al 100 %! Al netto di chi, più o meno legittimamente, da tempo denunciava l’oggettivo ritardo con cui ci si prendeva cura della sofferenza inaudita di un’industria già fragile di per sé come quella della produzione culturale e dello spettacolo, un risultato quasi inaudito, che ha davvero ai nostri occhi del miracoloso. Al punto che ci accostiamo ad esso ancora con una certa circospezione, diffidenti, timorosi che si tratti solo di una falsa ripartenza. Ed è curioso come un simile, portentoso miracolo sia una delle massime espressioni mai vissute da quando calpestiamo questo Pianeta del sapere razionale, scientifico. Un ossimoro spettacolare. La velocità e la qualità con cui la scienza ha saputo rimetterci in carreggiata con questi mai troppo benedetti vaccini ci sta facendo capire quanto lo studio, la ricerca, la conoscenza siano il più grande patrimonio che l’homo sapiens abbia saputo costruire dal giorno della sua prima apparizione in questo mondo. Al netto di una chiassosa minoranza di inutili idioti no vax, scusate, ma su questo fronte non c’è politically correct che tenga, che peraltro destano una qualche preoccupazione data l’inevitabile, truce strumentalizzazione che il mai defunto fascismo tricolore sta compiendo sulle loro ottuse teste forte della accondiscendente destra parlamentare più estrema dell’occidente, i più, e di gran lunga, hanno civicamente e razionalmente seguito le indicazioni che le autorità mediche e istituzionali hanno dato loro circa la strada obbligata da seguire per uscire da questo disastro. Non solo il risultato è stato schiacciantemente positivo, ma ha altresì rappresentato una netta inversione di tendenza rispetto a quella sottocultura barbara populista dell’uno vale uno. Non poteva del resto che essere il sapere a detenere le armi utili per sconfiggere l’ignoranza. Una partita ancora aperta, s’intende, però fortunatamente già bella segnata. È quindi oltremodo confortante a anche platealmente eloquente, venendo ora a noi, che nel cuore della nostra cara cultura in divenire di questa città gli eventi, le manifestazioni culturali ed artistiche che vanno a sancire questa nuova, agognata rinascita siano due straordinari progetti entrambi espressione della casa del sapere per eccellenza, vale a dire l’Università, segnatamente in questo caso l’Ateneo di Ca’ Foscari. La recente Art Night, la notte dell’arte che più di qualsiasi altro evento
culturale qui, in una città che purtroppo incredibilmente non ne ha contezza, ha saputo dimostrare cosa significhi davvero nel concreto fare sistema tra pubblico e privato sul terreno della cultura e dell’arte, e l’imminente festival letterario Incroci di civiltà, giunto quest’anno alla sua quattordicesima edizione, che come eloquentemente dice il suo stesso titolo è un terreno di incontro declinato letterariamente tra tutte le culture del mondo, senza barriere per definizione, ben restituiscono nella loro rispettiva specificità identitaria e nella loro comunanza culturale il livello che un centro di ricerca e di formazione qual è un’Università sa esprimere proprio grazie all’assolvimento della sua funzione prima, che è quella di aprire nuove strade alla conoscenza. E aprire nuove strade alla conoscenza significa anche, e mi verrebbe da dire soprattutto, condividere questa stessa conoscenza con più persone possibili, con la società civile, con soggetti attivi di tutte le generazioni, naturalmente in primis rivolgendosi ai giovani, che per primi hanno bisogno di assorbire questa tensione vitale di una cultura che dai laboratori e dalle aule chiuse delle Università uscendone si fa qualificante verbo attivo del vivere insieme. In una città che avanza caoticamente a spinte contrapposte, con l’alto e il bassissimo che si incrociano quotidianamente, orfana di visioni ampie e fluide da parte di chi, leggi classe dirigente, su tutti chi direttamente amministra la cosa pubblica, dovrebbe progettualmente sovrintenderne il futuro conoscendo lucidamente le priorità che andrebbero innanzitutto assolte, vale a dire i contenuti di qualità indiscutibilmente elevata che una capitale globale dell’arte e della cultura avrebbe il dovere di esprimere e valorizzare ogni santo giorno, in una città in cui è plateale l’assenza di una regia congrua al cospetto di una teoria crescente e corposissima di soggetti culturali territoriali e internazionali che qui hanno deciso di insediarsi per regale altra arte e cultura alla città e al mondo, sapere che almeno vi è qualcuna delle sue più importanti istituzioni vocate allo sviluppo del sapere che si prende carico di trascinare pezzi di sistema-città verso la qualità condivisa, beh, non è davvero poca cosa, no. Sullo spessore e le novità dell’imminente edizione di Incroci di civiltà non mi dilungo qui, dato che questo numero apre proprio su questo straordinario Festival letterario. Due parole invece vorrei in conclusione spenderle per Art Night, appena svoltasi all’inizio di questo mese. Parole di encomio e per nulla di prammatica, perché è davvero tra tutti gli eventi e le rassegne che la città ha saputo creare negli ultimi vent’anni quello che più di ogni altro ha mostrato nel concept, nel suo sviluppo, nei fatti, insomma, che cosa voglia dire avere una visione di insieme del fare arte e cultura in una città così cruciale internazionalmente su questo terreno quale è Venezia. Riuscire a coinvolgere centinaia, dicasi centinaia, tra istituzioni pubbliche e private, gallerie, librerie, sale da concerti e quant’altro in unico, lungo momento serale, esprimendo quindi la consapevolezza viva che agire insieme si può e bene e che sviluppare percorsi condivisi arricchisce tutti coloro i quali ne fanno parte, in più in una città che da decenni e decenni ha dimenticato e svilito questa sua originaria vocazione, beh, è davvero un merito straordinario e riconoscerlo apertamente è tutto fuorché un esercizio retorico. 7
Intervista Tiziana Lippiello Rettrice Ca’ Foscari
LEZIONI DI FUTURO Quando mi sono iscritta a Ca’ Foscari, la scelta di studiare la lingua e la filosofia cinese classica non poteva che essere dettata dalla curiosità per questa cultura. La cosiddetta ‘globalizzazione’ era ancora lontana...
incontro
di Elisabetta Gardin
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a veneziana Elena Lucrezia Cornaro Piscopia è stata la prima donna laureata al mondo, precisamente in filosofia all’Università di Padova nel 1678. Proprio in quel prestigioso Ateneo, in cui insegnò tra gli altri anche Galileo Galilei, da poco è stata nominata rettrice una donna. Si tratta di Daniela Mapelli, prima donna alla guida di questa Università nei suoi quasi ottocento anni di storia, essendo stata fondata nel 1222 e seconda al mondo, e di poco, solo a Bologna in quanto a età. Poco prima a Venezia all’Università Ca’ Foscari, precisamente dal primo ottobre 2020, è entrata in carica come rettrice Tiziana Lippiello, un’altra prima volta storica al femminile. In Italia la prima rettrice è stata Maria Tedeschini Lalli nel 1992 all’Università di Roma Tre; oggi nel nostro Paese su 84 rettori solo 8 sono donne. Anche se le due recenti nomine in Veneto fanno ben sperare, è innegabile che nel nostro Paese il percorso delle donne verso posizioni apicali sia costantemente in salita. La componente femminile è sottodimensionata, le donne sono ancora poco presenti, poco rappresentate nei ruoli dirigenziali in qualunque campo. C’è ancora molto da fare. Abbiamo parlato al femminile di ruoli, lavoro e Università con la rettrice di Ca’ Foscari Tiziana Lippiello. Nata in Friuli, a San Vito al Tagliamento, vive a Portogruaro, ha due figlie, è laureata in Lingue e letterature orientali a Ca’ Foscari, ha studiato all’Università di Lingue straniere di Pechino, alla Facoltà di filosofia della Fudan University di Shanghai (1985-1987) e alla Facoltà di Lettere dell’Università di Leiden (1989-1993), dove ha conseguito il Dottorato di ricerca. Ricercatrice all’Università di Trieste, dal 2000 lavora a Ca’
Foscari, dove ha insegnato lingua cinese classica, è stata senatrice, direttrice del Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa mediterranea, Prorettrice vicaria con delega alle relazioni internazionali ed infine Rettrice. In un mondo ideale le donne non dovrebbero più ricorrere alle quote rosa per ricoprire determinati ruoli, ma gli unici criteri da seguire dovrebbero essere la capacità, la competenza, il valore. Esserci per legge, quindi attraverso un vincolo obbligatorio, ha senso? Ha senso nella misura in cui la strada da percorrere per raggiungere la parità di genere è ancora lunga. Attualmente nella nostra società le quote rosa sono un istituto che, imponendo il principio della rappresentanza di genere, dovrebbe garantire una forma di equilibrio. Tuttavia occorre accompagnare questo strumento con azioni concrete volte a cambiare un certo modo di pensare e a offrire strumenti e servizi a sostegno della carriera delle donne e della conciliazione della professione con la vita privata; senza tali misure si rischia che questo cambiamento resti incompiuto e anzi si traduca in un aggravio di lavoro, facendo sì che le buone intenzioni rimangano solo belle parole. Quali sono i punti fondamentali su cui si fonda il programma del suo sessennio di rettorato? Al centro del mio mandato da Rettrice ci sono l’internazionalizzazione, gli studenti e la ricerca, il contributo di Ca’ Foscari in città e per la città. Per tanti anni ho girato il mondo come Prorettrice alle relazioni internazionali del nostro Ateneo e posso dire che Ca’ Foscari è molto apprezzata per
alla Cina erano allora inimmaginabili. A un certo punto, dopo aver fatto anche altri tipi di esperienze, ho compreso che la mia vocazione autentica erano l’insegnamento e la ricerca e così è iniziata la mia carriera all’università. Sono molto affezionata alle mie studentesse e ai miei studenti e mi manca molto non avere, da Rettrice, tempo da dedicare all’insegnamento. Mi riprometto di ritrovarlo.
l’offerta didattica interdisciplinare e per i numerosi scambi e progetti di mobilità con tante università nel mondo. Perciò ho fortemente voluto il recente ingresso di Ca’ Foscari nel network di atenei EUTOPIA, sostenuto dalla Commissione Europea: un’opportunità per sviluppare ulteriori progetti per studenti e personale a livello europeo. Per quanto riguarda nello specifico gli studenti, il mio obiettivo è favorire quanto più possibile la residenzialità nel centro storico per fare di Venezia una città che accoglie i giovani universitari offrendo loro occasioni di aggregazione. Le Università italiane sono accusate di nepotismo e di essere controllate dai potenti baroni. Quanta verità vi è in questa diffusa convinzione e da quanta trasparenza invece sono connotati i processi decisionali nei vari dipartimenti? Purtroppo questa immagine non giova al sistema. L’università italiana continua per certi aspetti a essere vista come un mondo governato da dinamiche di tipo baronale e si fatica invece a percepire i significativi passi in avanti che si stanno compiendo per garantire meritocrazia, trasparenza, sostegno delle carriere dei giovani studiosi. I pregiudizi sono duri a morire, anche se certamente si può e si deve fare molto di più per favorire il merito. Alcune iniziative importanti però sono state avviate, dal reclutamento internazionale alla valutazione del corpo docente, contribuendo a rendere più competitivi i nostri atenei. Cosa l’ha spinta verso l’insegnamento e cosa l’affascina ancora di questo mestiere? Sono sempre stata, fin da giovane, una studentessa appassionata e dedita allo studio. Quando mi sono iscritta a Ca’ Foscari la scelta di studiare la lingua e la filosofia cinese classica non poteva che essere dettata dalla pura curiosità per questa cultura. La cosiddetta “globalizzazione” era ancora lontana e gli sbocchi professionali in Cina o legati
Nel nostro Paese abbiamo prestigiosi atenei con punte di eccellenza, eppure molti giovani per fare carriera universitaria nel mondo della ricerca si iscrivono a centri universitari all’estero. Perché le nostre Università sono ancora ben poco appetibili internazionalmente? Perché il sistema universitario italiano non riesce a competere in termini di risorse e investimenti e quindi in termini di servizi e opportunità. Eppure, quanto alla qualità della ricerca, gli studiosi italiani sono apprezzati all’estero e occupano spesso posizioni di rilievo nel mondo accademico. Ciò significa che ricevono nel loro Paese una formazione di alto livello. Purtroppo scontiamo un gap strutturale, cui si sta cercando in questi ultimissimi tempi di porre seriamente rimedio: mi riferisco all’istruzione nel senso più esteso qui in Italia, che è sempre stata sottofinanziata, generando va da sé un divario con gli altri paesi europei e non solo che facciamo fatica a colmare. Oggi sono però ottimista e fiduciosa, le cose stanno cambiando. Dobbiamo forse comunicare di più, come Paese, ciò che di significativo e importante facciamo nel campo della ricerca. E avere più mezzi per essere competitivi a livello europeo e mondiale. Ad ogni modo a Ca’ Foscari negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente il numero di docenti provenienti dall’estero. Sempre più spesso molti studenti interrompono il loro percorso scolastico abbandonando gli studi. Cosa va ripensato nella didattica italiana, cosa modificare? Penso che si dovrebbero stringere maggiori sinergie e contatti fra il mondo universitario e quello scolastico e che nei programmi della scuola superiore dovrebbe essere riservato più spazio a forme di didattica innovativa e interdisciplinare e ad attività pratiche che possano aiutare gli studenti a mettersi alla prova e a capire quali sono le proprie attitudini. Oggi più che mai occorre che gli studenti neodiplomati riflettano a fondo sulle loro scelte e sul loro futuro: l’università non può rischiare di costituire un mero prolungamento dell’adolescenza, ma deve poter essere per i giovani l’occasione, in sé irripetibile, di coltivare le proprie vocazioni e di sviluppare i propri talenti. Ca’ Foscari è un’autentica fucina di eventi culturali, ricordiamo tra gli altri Venetonight, Art Night, Short Film Festival, importanti mostre d’arte e nel prossimo, imminente mese di novembre Incroci di Civiltà. Ci parli un po’ di questa ricca ed articolata attività, in particolare di quest’ultimo festival letterario che è il prossimo dei vostri grandi appuntamenti aperti alla città e al mondo. Ca’ Foscari ha sempre avuto questa capacità di integrarsi nel territorio offrendo anche all’esterno un proprio contributo attraverso la divulgazione dei risultati del proprio lavoro, con una ricca offerta culturale che parte dalla ricerca che si sviluppa nei dipartimenti. Siamo felici di poter riprendere in presenza tutte queste iniziative e di sviluppare il nostro ruolo civico. Incroci di civiltà è un festival delle letterature, rappresenta l’incontro delle culture, in una città come Venezia da sempre porta aperta sul mondo. 9
Intervista Flavio Gregori
DOVE SIAMO RIMASTI
Where Were We?
La letteratura può avere un ruolo nella contemporanea società globale? E se sì, quale?
zoom
Flavio Gregori
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Nicole Krauss
Vinicio Capossela © Agne Raceviciute
di Mariachiara Marzari
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l sipario su Incroci di civiltà, edizione numero 14 “in presenza”, si aprirà il 3 novembre alla Scuola Grande di San Rocco con la consegna del Premio Bortolotto Possati – Ca’ Foscari a Nicole Krauss, la scrittrice newyorkese che quest’anno sarà ospite d’onore dell’edizione che segna il cambio di guardia alla direzione del festival: da Pia Masiero prende ora il testimone Flavio Gregori, professore di Letteratura inglese. La chiusura, all’Auditorium Santa Margherita, sarà altrettanto attesa e “spettacolare” con protagonista Vinicio Capossela, da sempre esploratore di miti che incrociano popoli e nazioni. Ideato e organizzato dall’Università Ca’ Foscari Venezia, in collaborazione con Fondazione di Venezia, Comune di Venezia e con la partnership di Francesca Bortolotto Possati, Marsilio, Fondazione Musei Civici ed Eni, il Festival Internazionale di Letteratura presenta un programma fittissimo di incontri, dibattiti, riflessioni, in cui vedremo alternarsi autori più conosciuti e scrittori emergenti, per un totale di ventisei scrittori originari di quattordici Paesi (Gran Bretagna, Germania, Italia, India, Olanda, Francia, Stati Uniti, Serbia, Turchia, Cina, Afghanistan, Repubblica del Congo, Argentina, Haiti). Protagonista indiscussa la letteratura in tutte le lingue del mondo: La letteratura ci salverà dall’estinzione, titolo di uno dei libri che saranno presentati quest’anno, potrebbe essere, a ragione, il motto di questa edizione della ripresa, che vedrà come sempre partecipe tutta la città di Venezia. Oltre all’Auditorium Santa Margherita di Ca’ Foscari, Scuola Grande di San Rocco, Fondazione Querini Stampalia, Teatrino di Palazzo Grassi, Fondaco dei Tedeschi, Auditorium Lo Squero/Fondazione Cini, il Carcere femminile della Giudecca.
Quali linee in continuità con l’ormai importante storia di questo Festival e quali novità ha deciso di imprimere nella sua nuova direzione di Incroci di civiltà? Le linee guida che ispirano Incroci di civiltà stanno scritte nel nome di questo Festival, che contiene una dichiarazione di intenti: noi ci occupiamo – e continueremo a farlo – della coesistenza delle culture, delle tante civiltà, spesso diverse e talora persino conflittuali, eppure sempre collegate e intrecciate fra loro, e della conseguente necessità del dialogo, dell’ascolto, della tolleranza, del riconoscimento reciproco e del riconoscimento delle molte identità che popolano il mondo e di cui ciascuno di noi è costituito nella propria essenza. Continueremo a basare il Festival sulla formula delle conversazioni con gli scrittori e le scrittrici provenienti da tutto il mondo (finora sono stati più di 270). Le conversazioni sono sempre improntate ai temi sopra elencati del dialogo e della convivenza delle civiltà. Naturalmente, essendo Incroci un festival letterario, le conversazioni e gli incontri poggiano sulla presentazione e la discussione da parte degli scrittori delle proprie opere. Apriamo sempre con la breve lettura di un brano da parte degli autori nella propria lingua, corredato dalla proiezione sullo sfondo della traduzione italiana. Le conversazioni, che sono curate dai docenti e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari, toccano tanti temi della contemporaneità visti sotto una prospettiva letteraria che possiamo riassumere, semplificando, nella domanda: «La letteratura può avere un ruolo nella contemporanea società globale? E se sì, quale?». Fa parte della tradizione del Festival anche il fine didattico di una parte dei suoi incontri: Incroci è nato nel 2008/2009 da un progetto di ricerca e da un progetto didattico dell’allora Facoltà di Lingue Straniere, il cui fine era (e continua a essere) quello di arricchire la conoscenza e la capacità critica del pubblico e degli studenti. Pertanto la letteratura, così come viene presentata da Incroci di civiltà, può contribuire ad aumentare la consapevolezza civile ed etica delle persone. Le novità in un certo senso dipendono da questa tradizione di impegno etico e civile: Incroci di civiltà desidera aprirsi ancor più all’analisi di questioni e tematiche che, per riassumere, potremmo definire come i problemi della sostenibilità. In realtà, per come è strutturato e per i suoi fini, il Festival ha da sempre partecipato alla discussione di quei temi che ora si trovano articolati nell’Agenda ONU 2030. Rispetto a questa Agenda gli attuali progetti di Incroci di civiltà tendono a una maggiore apertura a tematiche nuove che diverranno costanti del Festival: i temi della sostenibilità ambientale, del rapporto dell’uomo con il proprio Pianeta, del ruolo che la letteratura e le arti possono avere nella crescita della consapevolezza ambientale (le cosiddette environmental humanities) e, più in generale, della sostenibilità politica ed economica del mondo globale. Già in questa edizione ci sarà una conversazione dedicata al rapporto
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he fourteenth edition of
Incroci di civiltà will open on November 3 with an award ceremony to honour New York author Nicole Krauss. The closing ceremony, at Auditorium Santa Margherita, will see the participation of singer/songwriter Vinicio Capossela, who has always been an explorer of myth at the crossroads of peoples and nations. The protagonist of the programme is literature – in any language: Literature will save us from extinction is one of the books to be presented in this edition. What’s new at the festival The guidelines are written in the very name of our festival: Incroci di civiltà, or crossroads of civilizations. What we work on, and this year is no exception, is the coexistence of cultures, of the several civilizations, some very different from one another and some in conflict with one another. No matter what, all are linked and intertwined, all must recognize the other and acknowledge that diverse identities populate the world. We will keep basing the Festival as a conversation programme with authors from all over the world – we’ve had over 270 thus far. Naturally, with Incroci being a literature festival, debates will be about the presentation and discussion of usually individual pieces of literature. We open the meeting with the author reading a piece in their language, with Italian translation on screen. Professors and grad students of Ca’ Foscari University will then lead the conversation to touch different themes of modernity under a literary lens. “May literature have a role in modern society? If so, which role?” – this is the essential question we look at. The Festival is also educational in essence, as it was born out of an educational programme of the Foreign Language Department,
14. Incroci di civiltà - Festival Internazionale di Letteratura 3-6 novembre www.unive.it
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zoom INCROCI DI CIVILTÀ FLAVIO GREGORI
fra letteratura e ambiente tra gli scrittori Antonio Moresco e Tiziano Scarpa e la studiosa e saggista Carla Benedetti, autrice di un pamphlet dal titolo per noi molto eloquente, La letteratura ci salverà dall’estinzione. Ci sarà l’intervento di una giornalista e saggista inglese, già economista ed esperta di mercato, e grande viaggiatrice, Mandeep Rai, che ha scritto un importante libro sulla diversità e la ricchezza dei valori nelle loro varie articolazioni che l’autrice ha studiato in più di cento nazioni, The Value Compass: What 101 Countries Teach Us About Purpose, Life, and Leadership. Ci sarà un dialogo, che ci auguriamo proficuo e pieno di spunti interessanti, fra un musicista e giornalista francese, Antoine Pecqueur, autore di uno studio su come la cultura, il “soft power”, contribuisca a modellare il mondo anche sotto il profilo geopolitico, e un romanziere anch’esso francese ma di origini congolesi, Wilfried N’Sondé, autore di importanti testi che trattano dei debiti morali che l’uomo occidentale ha nei confronti dell’Africa, che come ben sappiamo ha sfruttato nel corso dei secoli spesso schiavizzando i suoi abitanti e depredando le sue risorse, ma anche della necessità di un costante dialogo fra il mondo occidentale e gli altri mondi. Sarà l’occasione per sentire un vivo scambio letterario-saggistico sulle possibilità, opportunità e doveri che l’attuale mondo globalizzato ha per uscire da quelle dinamiche di sfruttamento e colonizzazione che hanno dominato i modelli economico-politici dei secoli passati, producendo i danni di cui ora ci rendiamo conto misurandone la drammatica entità: un mondo sempre meno sostenibile. Questi sono solo tre esempi di occasioni in cui la sostenibilità sarà al centro della nostra discussione. La civiltà non può che basarsi sulla sostenibilità delle politiche, dell’economia e del rapporto dell’uomo col Pianeta. E la sostenibilità non può che fondarsi, a sua volta, sul dialogo fra gli uomini. Un Festival di letteratura giunto alla sua quattordicesima edizione e cresciuto negli anni in termini di autori e di interesse da parte del pubblico, che ha collocato, congiuntamente con altre importanti progettualità ed eventi dell’Ateneo legati all’arte, al cinema, al teatro, Ca’ Foscari tra i principali generatori di cultura e sapere della città in una decisa ottica di apertura al mondo. Quali i fattori determinanti di questo processo e quali gli sviluppi possibili che l’Ateneo sta disegnando? La domanda prevede una risposta molto complessa che non si può dare in poche parole. Volendo semplificare un po’, si potrebbe dire che Incroci di civiltà desidera promuovere la cultura e il dialogo attraverso un fattivo rapporto con le tante istituzioni e i tanti soggetti pubblici e privati che a Venezia si occupano anch’essi di cultura. Non solo perché Incroci si svolge sì a Ca’ Foscari, ma anche in altri sedi cittadine di prestigio (quest’anno a Palazzo Grassi-Punta della Dogana/Fondazione Pinault, alla Fondazione Querini Stampalia, al Fondaco dei Tedeschi, alla Scuola Grande di San Rocco), ma soprattutto perché continua a coinvolgere molte realtà culturali veneziane nella progettazione, nella pianificazione e nello svolgimento stesso del Festival. Certo, il 2021 è stato un anno molto difficile e complicato da un punto di vista organizzativo; nonostante ciò ce l’abbiamo fatta e siamo quindi ora felicissimi di poter dire che la 14. edizione di Incroci si svolgerà soprattutto all’insegna del ritorno, del nuovo inizio, della ripresa, anche se con tutte le cautele dettate dalla pandemia che è ancora fra noi. Si sono riavviati già molti dei rapporti che l’università ha intessuto con la città grazie a Incroci (e non solo) e ancor più verranno ripresi e aggiunti nell’edizione del 2022, che speriamo si possa svolgere nella piena normalità. L’ambizione del Festival infatti è quella di tornare a essere, sempre meglio e di più, un catalizzatore di idee e di progetti culturali cittadini messi in relazione con altre realtà culturali nazionali e internazionali. A tal proposito va posta con forte evidenza l’importante, nuovo rapporto che il Festival ha instaurato con il Salone internazionale del libro di Torino, in cui Incroci
Pia Masiero e Flavio Gregori
which goes to show how literature can improve the civil and ethical awareness of people. Incroci di civiltà analyses issues and topics that we may collectively refer to as sustainability. In fact, we have always discussed those very topics that we may find in the UN 2030 Agenda. Our current projects open up to environmental sustainability, the relationship of humankind and the planet, the role that literature and the arts may have in improving environmental awareness, and, more generally, of the political and economic sustainability of the globalized world. In this year’s edition, we will discuss the relationship between literature and environment with authors Antonio Moresco and Tiziano Scarpa and with scholar and essayist Carla Benedetti, who wrote a pamphlet of very significant title: Literature will save us from extinction. An English journalist, essayist, economist, and traveller, Mandeep Rai, will intervene, too. Rai wrote a book on diversity and the richness of values she studied in over 100 countries: The Value Compass: What 101 Countries Teach Us About Purpose, Life, and Leadership. A conversation will follow, hopefully a fruitful one, between a French musician and journalist, Antoine Pecquer, and a Congolese-French novelist, Wilfried N’Sondé. Pecquer once authored a study on how culture and soft power contribute to model the world from a geopolitical sense, while N’Sondé wrote important pieces on the moral debt western civilization has with Africa. This will be the chance to foster a literary exchange on the possibility, opportunities, and obligations that the modern, globalized world will face before it emerges from the exploitation and colonization dynamics that dominated past economic and political models, whose damages we are only now realizing in their enormity.
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zoom INCROCI DI CIVILTÀ FLAVIO GREGORI
sarà presente con una propria conversazione che io stesso, assieme a un giovane ricercatore a Ca’ Foscari, Alessandro Raveggi, condurrò con l’importante orientalista e scrittore francese Mathias Énard, che spero possa nel prossimo futuro essere presente anche a Venezia. Il direttore del Salone, Nicola Lagioia, sarà a sua volta ospite di Incroci, impegnato in una conversazione con il narratore e romanziere argentino Rodrigo Fresan, uno dei più interessanti autori sudamericani del momento. Un’altra collaborazione, questa volta internazionale, è in corso con l’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi che contribuirà alla presentazione a Venezia di due scrittori che ci faranno visita per la prima volta, Jan Brokken e Hans Maarten van den Brink. Assieme all’Ambasciata e alla Fondazione olandese per le Lettere, Letterenfonds, stiamo inoltre preparando una video-intervista con il celebre scrittore Cees Nooteboom, in passato già ospite di Incroci, che dalla sua casa ad Amsterdam ci racconterà del proprio rapporto con Venezia, oggetto del suo ultimo, fortunato libro, Venezia. Il leone, la città e l’acqua. Sono solo due esempi di aperture verso importanti realtà culturali nazionali ed internazionali con cui Incroci collabora. Molte altre seguiranno. In un periodo come questo appena passato, e in parte ancora presente, di forte difficoltà per tutti, quali temi e quali autori ha privilegiato nel costruire il percorso di Incroci 2021? Oltre agli autori già citati nelle precedenti risposte, e ai progetti a essi collegati, l’edizione 2021 di Incroci ha voluto fortemente puntare sulla scrittura femminile. Il numero di scrittrici è aumentato percentualmente rispetto al passato, ma non è solo una questione di dati numerici, in sé poco significativi; è la qualità delle autrici invitate che, singolarmente e complessivamente, speriamo possa rendere questa edizione di Incroci un’edizione al femminile. Ne è già un chiaro esempio la scrittrice che sarà l’ospite d’onore del Festival, Nicole Krauss, che sarà anche premiata con il Premio Francesca Bortolotto Possati-Ca’ Foscari e coinvolta in un’iniziativa del Progetto “LEI” di Ca’ Foscari dedicato a rafforzare il ruolo sociale ed economico delle donne nel mondo del lavoro. Nicole Krauss, che nel 2020 ha pubblicato una raccolta di racconti (recentemente edita in Italia da Guanda) intitolata Essere un uomo, dialogherà con la scrittrice e matematica Chiara Valerio e con la nostra collega Pia Masiero, già direttrice di Incroci dal 2013 al 2020, proprio sui temi che sono al centro del suo nuovo libro: cosa contraddistingue un uomo e cosa contraddistingue una donna? E cosa fa di entrambi degli esseri umani? La domanda sembra banale ma non lo è; soprattutto la risposta non è affatto scontata, come gli stessi racconti di Nicole Krauss dimostrano. Sicché la conversazione potrà offrire molti spunti di riflessione a tutti, e agli uomini in particolare, che hanno bisogno – e hanno anche l’obbligo – di analizzare a fondo e rivedere, individualmente e socialmente, il proprio rapporto con le donne, come tra l’altro il movimento Me Too ci ha insegnato. Altre scrittrici offriranno un’importante varietà di posizioni e di prospettive sul mondo e sulla vita, tra queste la cinese-americana Geling Yan, romanziera e autrice di fortunate sceneggiature cinematografiche, la scrittrice e attivista turca Alsi Erdogan, che nel 2016 è dovuta fuggire dal suo Paese dopo avere passato del tempo in carcere a causa del suo impegno in favore dei diritti umani, l’indiana Deepa Anappara, che con il suo La pattuglia dei bambini ha richiamato l’attenzione mondiale sui drammi dell’infanzia e dell’adolescenza in India, o ancora Heddi Goodrich, americana, che racconterà della sua esperienza di studio e di crescita in Italia, a Napoli, e della sua decisione di scrivere i suoi romanzi in italiano. 14
Antoine Pecqueur
Asli Erdogan
Dopo l’edizione online Incroci 12 e ½, che ha riscosso peraltro un ottimo successo, l’urgenza del contatto umano, del dialogo e dell’incontro dal vivo pone grande attesa su questa nuova edizione. Come si strutturerà quest’anno il festival? Come detto, la 14. edizione di Incroci tornerà a essere in presenza: gli autori saliranno sul palcoscenico e il pubblico potrà seguire le loro conversazioni nelle sale, che finalmente potranno tornare a riempirsi in tutta la loro capienza grazie alle nuove disposizioni di legge. Nel pieno rispetto delle regole contro la pandemia, il pubblico dei lettori potrà seguire i propri autori e le proprie autrici, potrà scambiare due parole con loro durante il firma copie, e potrà sentire dalla viva voce degli scrittori e delle scrittrici le lingue del mondo che sono sempre state il “marchio di fabbrica” di Incroci e che anche quest’anno saranno offerte agli spettatori in sala. Il Festival si svolgerà in diverse sedi. L’inaugurazione e la conversazione inaugurale con Nicole Krauss e Chiara Valerio si svolgeranno alla Scuola Grande di San Rocco, le altre conversazioni fra l’Auditorium Santa Margherita di Ca’ Foscari, il Teatrino di Palazzo Grassi, il Fondaco dei Tedeschi e la Fondazione Querini Stampalia. Approfitto di questa intervista per ringraziare di cuore i direttori e i responsabili di queste sedi per la loro vicinanza e per averci aiutato a rendere ancora una volta Incroci un festival diffuso su tutto il cuore vivo della città. Un importante appuntamento che anche quest’anno riusciremo a realizzare è la conversazione IAS-Interrogatorio alla Scrittura, un incontro di uno scrittore con le carcerate della Casa di reclusione alla Giudecca, il tutto grazie alla grande disponibilità della Direzione della Casa di reclusione e al lavoro dell’associazione Closer che coordina le iniziative culturali nel carcere femminile. L’autore che quest’anno sarà intervistato (o “interrogato”) dalle carcerate sarà Gholam Najafi, lo scrittore afghano che, fuggito in giovane età dal suo Paese, da molti anni è residente a Murano. Le storie narrate da Najafi sicuramente toccheranno il cuore delle donne detenute e saranno uno spunto importante per il loro dialogo. Verso Incroci è un’altra bellissima intuizione che per un mese, questo di ottobre fino ai primi di novembre, ci accompagnerà in direzione del Festival con una intrigante serie di incontri tra autori e pubblico. Come sarà animato questo percorso di avvicinamento? Verso Incroci è un percorso di avvicinamento un po’ informale che prepara al Festival vero e proprio. Quest’anno è composto da quattro incontri: il primo, già svoltosi a Ca’ Foscari il 6 ottobre e molto partecipato da un pubblico di studenti e cittadini, ha visto protagonista l’autore spagnolo Manuel Vilas, prodigo di letture dai suoi romanzi e dalle sue poesie e di riflessioni profonde; l’incontro con Mathias Énard, di cui ho detto in precedenza, al Salone del Libro di Torino il 16 ottobre prossimo; un incontro con lo scrittore e viaggiatore triestino Paolo Rumiz il 19 ottobre a Ca’ Foscari, in collaborazione con il festival Dedica di Pordenone con cui Incroci ha un gemellaggio da molti anni; una conversazione fra il filologo e linguista Lorenzo Tomasin e lo scrittore veneziano Tiziano Scarpa il 26 ottobre, sempre a Ca’ Foscari, avente come argomento Venezia e le lingue d’Europa, un omaggio ai 1600 anni della città.
James Noël
Deepa Anappara
Wilfried N’Sondé
Si ha a volte l’impressione che le grandi case editrici puntino soprattutto sui libri capaci di fare cassetta, meno sulla ricerca dei talenti. Tuttavia Incroci, fin da subito, ha promosso un mix tra scrittori già molto noti e altri, pur affermati nei loro rispettivi paesi, quasi sconosciuti in Italia. Come sono evolute nel tempo le dinamiche per raggiungere questo obiettivo? E quale direzione sta seguendo nella ricerca di nuove frontiere letterarie? È di questi giorni la notizia del Premio Nobel allo scrittore tanzaniano Abdulrazak Gurnah, ospite della prima edizione di Incroci di civiltà nel 2008 quando non era ancora un autore così affermato, almeno in Italia. Mi sembra un esempio lampante di come Incroci sia interessato soprattutto a far sentire le voci di quegli scrittori che forse non godono di un successo commerciale ampio, ma che hanno molto da dire e lo dicono, lo scrivono, con grande maestria e alta qualità letteraria. Scrittori e scrittrici che un giorno diverranno famosi, importanti, riconosciuti. Questo permette a Incroci di avere sempre una presenza di autori e autrici più o meno affermati ma tutti di rilevante interesse innanzitutto per ciò che esprimono nelle proprie opere. Incroci ha ospitato premi Nobel come Orhan Pamuk o Wole Soyinka e vincitori di premi di grande prestigio come il Man Booker Prize o il Goncourt o il Pulitzer, così come una vastissima teoria di scrittori e scrittrici di minore fama che però a Venezia hanno catturato l’attenzione del pubblico e dei media per la qualità delle loro opere, la freschezza e rilevanza del proprio discorso e la dedizione alla letteratura e all’impegno morale e civile. L’autore che chiuderà la rassegna di quest’anno, Vinicio Capossela, è un po’ un esempio-epitome di questa tipologia complessa e multiforme di scrittori e artisti che partecipano a Incroci: poliedrico cantautore e musicista, ma anche interessante e affermato scrittore di romanzinon romanzi, di pastiche letterari, di racconti e di miti: Capossela è un autore certamente molto affermato in Italia ma costantemente teso a dare voce agli inascoltati, a chi sta ai margini ed è escluso dal discorso dominante. È uno straordinario esempio di incrocio di voci e dunque di civiltà. Lo staff di Incroci, il suo direttivo e i colleghi dei dipartimenti linguistici e umanistici di Ca’ Foscari contribuiscono costantemente a fornirci suggerimenti, spesso mettendoci loro in contatto diretto con gli autori e le autrici e i loro editori ed agenti. È soprattutto la conoscenza approfondita degli autori e delle loro opere da parte dei colleghi cafoscarini che ci permette di avere ogni anno un gruppo vario e interessante di scrittori e scrittrici: la forza e anche l’unicità di Incroci infatti è quella di fondarsi sull’alta competenza culturale di chi promuove e organizza scientificamente il Festival. Si potrebbe dire, in un certo senso, che il festival nasce ogni anno dai corsi e dalle lezioni dei professori e dei ricercatori di Ca’ Foscari, dai loro studi e pubblicazioni e dal profondo interesse per le letterature straniere che è sempre stato il fiore all’occhiello di questo Ateneo.
GelingYan
A festival that is growing It’s not easy to point out a single factor. Incroci di civiltà promotes culture and dialogue thanks to a working relationship among many Venice cultural institutions and private and public actors. All are involved in the design, planning, and production of the Festival. This year has obviously been a difficult one, but we finally made it and we are very happy to say that the fourteenth edition of Incroci will take place under the auspices of coming back together, of recovery, though certainly under the safety protocols dictated by the ongoing pandemic. We got back to work with many of the people we got to know in the past thanks to Incroci and many more will be added to our roster in 2022 – by which time, we hope we’ll be back to normal. The goal of the Festival is to be, more so and better so, a catalyser of cultural ideas and projects that grows together with other national and international actors in the field of culture. Authors and themes The upcoming edition of Incroci will focus on women’s literature. The number of female authors has been growing in the past, but sheer number is not the point: quality is. A perfect example is our guest of honour at the Festival: Nicole Krauss, who will also be awarded the Francesca Bortolotto Possati – Ca’ Foscari Prize and will work on a Ca’ Foscari University project to improve the social and economic role of women in the workspace all over the world. Krauss will discuss with author and mathematician Chiara Valerio and with our colleague Pia Masiero about her latest book, To Be a Man: what makes a man, and what makes a woman? And what makes both human beings? The question sounds banal, but it isn’t, and certainly the answers won’t be. Hence, the conversation will inspire us all, men in particular, who need to analyse and examine their social and individual relationships with women. Other authors will offer different positions and perspectives on the world and on life, like Chinese-American Geling Yan, a successful novelist and screenwriter, Alsi Erdogan, a Turkish author who had to flee from her country in 2016 due to her being because of her human rights activism, and Deepa Anappara, the Indian author of Djinn Patrol on the Purple Line who drew the world’s attention on the dramatic conditions of children and adolescents in certain parts of India. Also, American author Heddi Goodrich will talk about her life in Naples and her decision to write in Italian. Waiting for Incroci Four October appointments while waiting for the main programme to begin: Manuel Villas meets the public at Ca’ Foscari on the 6th; Mathias Énard will be at the Turin Book Fair on the 16th; Paolo Rumiz will meet the public here in Venice, at Ca’ Foscari University, on the 19th; and linguist and philologist Lorenzo Tomasin and author Tiziano Scarpa will talk about Venezia e le lingue d’Europa, at Ca’ Foscari on October the 26th – an homage to the 1600 years of Venice.
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Vasily Kandinsky, Paesaggio con macchie rosse, n. 2 (Landschaft mit roten Flecken, Nr. 2), 1913. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia.
emozióne [sostantivo femminile] Forte impressione, turbamento, eccitazione.
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Dorsoduro 701, Venezia guggenheim-venice.it
zoom
CHIEDETELO A UNA DONNA
INCROCI DI CIVILTÀ PROGRAMMA
Mercoledì 3 novembre h. 18 | Scuola Grande di San Rocco Sala Capitolare
INAUGURAZIONE Saluti istituzionali
Tiziana Lippiello, Rettrice Università Ca’ Foscari Venezia Paola Mar, Assessore ai Rapporti con le Università del Comune di Venezia Michele Bugliesi, Presidente Fondazione di Venezia Flavio Gregori, Direttore di Incroci di civiltà Premio Francesca Bortolotto PossatiCa’ Foscari Premio Francesca Bortolotto PossatiIncroci Giovani Francesca Bortolotto Possati a seguire NICOLE KRAUSS (USA) conversa con Chiara Valerio e Pia Masiero in collaborazione con Guanda Editore
in collaborazione con il Dipartimento di Studi sull’Asia e Africa Mediterranea h. 15 | Teatrino Palazzo Grassi
GELING YAN (Cina)
conversa con Marco Ceresa e Nicoletta Pesaro in collaborazione con il Dipartimento di Studi sull’Asia e Africa Mediterranea
h. 17 | Teatrino Palazzo Grassi
MANDEEP RAI e DEEPA ANAPPARA
(India) conversano con Giovanni Dell’Olivo in collaborazione con V20 - Values 20, Giulio Einaudi Editore
h. 19 | Teatrino Palazzo Grassi
RODRIGO FRESÁN (Argentina) e NICOLA LAGIOIA (Italia)
Giovedì 4 novembre
conversano con Alessandro Raveggi e Susanna Regazzoni in collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torino e LiberAria editore
h. 9.30 | Auditorium Santa Margherita CF
h. 19 | DFS Fondaco dei Tedeschi
JAMES NOËL (Haiti)
conversa con Giuseppe Sofo in collaborazione con il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati e Venise pour la francophonie 21 h. 12 | Auditorium Santa Margherita CF
ULLA LENZE (Germania)
conversa con Cristina Fossaluzza in collaborazione con Progetto Waterlines – Residenze letterarie e artistiche a Venezia, e Marsilio Editori
h. 15.30 | Auditorium Santa Margherita CF
WILFRIED N’SONDÉ (Repubblica del Congo) e ANTOINE PECQUEUR (Francia) conversano con Marie-Christine Jamet in collaborazione con Ocean Space, Venise pour la francophonie 21, ADD Edith. e 66thand2nd
h. 18.30 | Scuola Grande di San Rocco Sala Capitolare
JAN BROKKEN e HANS MAARTEN VAN DEN BRINK (Paesi Bassi)
conversano con Pietro Del Soldà in collaborazione con Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, Letterenfonds, Iperborea editore e Marsilio editore h. 21.15 | Cinema Multisala Rossini
One Second (Yi miao zhong) proiezione del film di Zhang Yimou tratto da un romanzo di GELING YAN, presente in sala
Venerdì 5 novembre h. 09.30 | Auditorium Santa Margherita CF
CATERINA EDWARDS (Canada) e VITTORIO LONGHI (Italia)
conversano con Shaul Bassi in collaborazione con il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati
h. 12 | Auditorium Santa Margherita CF
ASLI ERDOGAN (Turchia)
conversa con Giulia Ansaldi e Matthias Kappler
HEDDI GOODRICH (USA) conversa con Mena Mitrano in collaborazione con Giunti Editore
Sabato 6 novembre h. 10 | Fondazione Querini Stampalia
OTO HORVAT (Serbia) conversa con Marija Bradas e Alessandro Raveggi in collaborazione con il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati h. 10.30 | Carcere femminile della Giudecca, Venezia
IAS - Interrogatorio Alla Scrittura GHOLAM NAJAFI (Afghanistan) conversa con Simone Cristoforetti in Collaborazione con Closer - associazione culturale h. 12 | Fondazione Querini Stampalia
CHIARA PIAGGIO e IGIABA SCEGO (Italia) presentano l’antologia Africana in collaborazione con Giangiacomo Feltrinelli Editore h. 16 | Auditorium Santa Margherita CF
ANTONIO MORESCO, CARLA BENEDETTI e TIZIANO SCARPA (Italia) conversano con Alessandro Cinquegrani h. 18.30 | Auditorium Santa Margherita CF
VINICIO CAPOSSELA (Italia) in collaborazione con Feltrinelli editore
Domenica 7 novembre h. 11.30 | Fondazione Cini Auditorium “Lo Squero”
Evento speciale
Maurizio Scaparro e l’invenzione del Carnevale veneziano
conversazione a cura di Maria Ida Biggi e Piermario Vescovo, con Roberto Bianchin in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini
Ospite d’onore di Incroci di civiltà la scrittrice newyorkese Nicole Krauss, riceverà il Premio Bortolotto Possati – Ca’ Foscari. Nulla di più meritato. Ricordo ancora l’emozione che provai nel 2005, quando lessi La storia dell’amore (Guanda). Il mio pensiero andò subito a Kafka e al suo modo, tipico della cultura ebraica, di accettare le ambiguità della vita, di far convivere aspetti contraddittori. Non a caso afferma Nicole Krauss «La cultura ebraica ti educa a convivere con il dubbio... il lettore deve perdersi in ciò che legge, diffido dei racconti chiusi, chiari, con una storia ben determinata». In La storia dell’amore uno dei protagonisti, Litvinoff, rintraccia un foglio con la notizia che Kafka è morto su un albero da cui non voleva più scendere. «Scendi, gli gridavano… non posso, rispose lui con una nota di malinconia. Perché se scenderò smetterete di volermi… Lo trovarono congelato a terra come un uccello. Si dice che quando appoggiarono le orecchie alla conchiglia del suo orecchio, sentirono sé stessi». Tutti i romanzi e soprattutto i racconti, nei quali Krauss è di maestria senza pari nel panorama letterario contemporaneo, contengono una ironia gioiosa, anche nel raccontare di drammi e di momenti difficili. Una leggerezza che Italo Calvino nelle Lezioni americane definì “superiore”. La stessa Nicole parla di giocosità e la attribuisce al suo modo di affrontare la scrittura «quando inizio a scrivere non so dove andrò a finire, è anche mia la gioia di scoprire in che direzione va la storia». Ancora due illuminanti citazioni da La storia dell’amore. «Volevo descrivere il mondo perché a vivere in un mondo non descritto mi sentivo troppo solo», commenta uno dei protagonisti immigrato negli States durante la persecuzione nazista, autore di un unico romanzo, che credeva perduto. E ancora, «So che in questa storia c’è una morale, ma non capisco qual è?». Il suo ultimo libro Essere un uomo (Guanda, 2021) contiene in realtà, a dispetto del titolo, una serie di short stories della tradizione americana, dove gli uomini sono raccontati attraverso gli occhi delle donne in momenti diversi della loro esistenza, di fronte alla nascita o vicino alla morte, ma sempre nell’incontro/ scontro con amore, sesso, potere, violenza. Storie, momenti in cui il passato gode della duplice valenza di senso di appartenenza ad una comunità, ma anche di peso da cui liberarsi. Dice la scrittrice «tutti noi siamo in qualche modo dei sopravvissuti alle difficoltà della vita, ma abbiamo spesso saputo trovare momenti di speranza». Madre ebrea inglese, padre ebreo americano, nonni disseminati tra la Germania, Ucraina, Ungheria e Bielorussia, amicizia a Stanford con Joseph Brodsky, esordisce con poesie e racconti, ben presto accolti nelle prestigiose antologie The Best American Short Stories (Boston, Houghton Mifflin Co., 2003 e 2008) i suoi romanzi sono tradotti in quasi tutte le lingue del mondo, sposata per lunghi anni con lo scrittore ebreo Jonathan Safran Foer, noto anche per le sue campagne ambientaliste e animaliste. Loris Casadei 17
speciale
LIBERTÀ DI CULTO
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Le tradizioni si modificano ma è fondamentale continuare a conservarle, perché in un’epoca come la nostra, che è un’epoca di mutamenti, l’unico modo per non avere paura di tutto ciò che sta avvenendo, è sapere chi sei senza bisogno di dirlo, di proclamarlo. Ma se sai chi sei, con le tue tradizioni, non perderai mai la tua identità Andrea Camilleri
© Archivio Carlo Naya
di Fabio Marzari
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a Madonna della Salute
rappresenta per Venezia un momento imprescindibile del calendario cittadino. Anche nel 2020, annus horribilis, in pochi hanno voluto rinunciare alla visita devozionale nella Basilica del Longhena, e seppure con distanziamento e riti semplificati, soprattutto per la consegna e l’accensione delle candele, la ricorrenza è stata comunque festeggiata. L’autunno 2021 pare un po’ meno complicato, con un gran numero di vaccinati tra la popolazione e qualche luce fioca fioca che si lascia intravedere in fondo al tunnel, il 21 novembre è un giorno che merita di essere vissuto secondo regole precise, non codificate, ma assai presenti nel DNA dei veneziani, di ogni appartenenza sociale e geografica. Gli aspetti religiosi sono abbastanza usuali, è il contorno che rende unica questa giornata, a partire dall’aria di festa che si vive in città. La folla che si assiepa, si spera a giusta distanza, incanalandosi in file abbastanza ordinate per rendere omaggio alla Mesopanditissa dell’altare maggiore, è consapevole di prendere parte a un rito antico, semplice e molto sentito. La devozione è un fatto privato per i veneziani, non esibito, si festeggia uniti, applicando quasi il principio transitivo. La Madonna della Salute è stata capace di un miracolo collettivo, la salute di ciascuno rappresenta la salute di un’intera città, è una Madonna a valenza erga omnes, in grado di guardare al benessere di un popolo, in parte disperso tra terraferma e paesi satelliti, di cui Venezia, povera di abitanti – città sospesa sull’acqua, da cui quasi tutti i presenti originano o comunque vantano un qualche legame – rappresenta l’elemento aggregante.
A very important day in the calendars of Venetians is the upcoming November 21, the day of Madonna della Salute – literally, Our Lady of Good Health, and originally a feast to give thanks to the divinity for the end of the plague. Seems quite fitting, today. Even in our annus horribilis of 2020, some did carry out the rites of devotion, although with all the distances and modern rites we have come to know. This year will apparently be a little less complicated to both pay homage to the Madonna, and get rid of the plague once and for all. Festa della Madonna della Salute 21 novembre Basilica della Madonna della Salute basilicasalutevenezia.it
di Camillo Tonini
«I
eri alle ore 3 e mezza circa del pomeriggio, scoppiava violenta bufera con dense
tenebre, pioggia dirotta e vento così impetuoso, che svelse oltre la metà del tetto di piombo, che copre il fabbricato delle Procuratie Nuovissime, situato di fronte alla facciata della Basilica di San Marco. Le lamine di piombo sollevate dal vento, fracassavano, cadendo i sottoposti fanali e guastarono i tubi del gas, di tal maniera che, per alquante notti, la Piazza non potrà essere completamente illuminata. Il turbine durava poco più di mezz’ora, cagionava lievi danni in altri luoghi della città ed a’ bastimenti ormeggiati nel canale, però non si ha a deplorare nessuna vittima». Questa la notizia riportata il 16 luglio del 1859 dalla Gazzetta Uffiziale di Venezia. Lo stesso forte uragano si abbatteva anche sulla Chiesa della Salute, danneggiando una vasta porzione della copertura in piombo della cupola centrale e la statua lignea della Vergine Maria, posta sopra il cupolino superiore, così da temere per la sua precaria stabilità. Il funesto evento accadeva a pochi giorni dall’armistizio di Villafranca, firmato l’11 luglio dello stesso anno. A Venezia la disillusione per non essere stati liberati dal dominio dell’Impero asburgico, si percepiva in un clima di crescente ostilità verso gli austriaci che, da parte loro, erano sempre meno disposti a prendersi cura della manutenzione della Città, alla quale prevedevano presto avrebbero dovuto rinunciare. Tuttavia, l’Imperial Regio Ufficio delle Provinciali Costruzioni, nel giro di pochi giorni riceveva dal “capo mastro” Giuseppe Biondetti Crovato, eminente figura di impresario friulano nella Venezia dell’Ottocento, un primo Elenco dei lavori urgenti di riparazione dei danni provocati dall’uragano nella cupola maggiore della Chiesa della Salute, vistato da Tommaso Meduna, allora Direttore delle Pubbliche Costruzioni per Venezia. Dalla relazione tecnica, apparve subito evidente che il tempio veneziano necessitava non solo di restauro, ma del completo rifacimento delle due cupole per il quale, solo nel giugno del 1865, venne presentato il relativo progetto con il computo dei lavori dove veniva anche previsto il lievo della statua esistente e della sua sostituzione con una copia delle stesse dimensioni intagliata in legno e ricoperta da lastre di rame. Ma allora nulla se ne fece. La monumentale scultura, alta più di tre metri, era stata issata all’apice della grande cupola centrale nel 1687 a conclusione dei lavori della chiesa, interrotti nel 1645 all’inizio della guerra di Candia (1645-1671) contro il Turco e in coincidenza della riconquista, durante la Guerra del Peloponneso (1684-1699), di alcune piazzeforti veneziane sottratte al tradizionale nemico da Francesco Morosini, allora Capitano Generale da Mar. Caricata di significati politici oltre che religiosi, la statua della Vergine, veniva ritratta anch’essa nelle vesti di Capitana da mar, con nella destra il bastone di comando, come a condurre la Città dal ponte di una galera. Sotto i piedi dell’immagine sacra si scorgeva la mezzaluna, consueto attributo del culto della Vergine Maria, ma anche palese allusione alla protezione che a Lei si chiedeva non solo contro la peste, ma anche a sostegno della vittoria delle armi veneziane. Nel 1875, nella Venezia oramai italiana, quei tempi erano oramai irrimediabilmente passati e con altro spirito se non quello della devozione mariana, si iniziò finalmente il restauro delle cupole, del quale rimane una splendida testimonianza in una foto Naya e si diede incarico di eseguire la copia della statua lignea per sostituirla a quella all’apice del tempio. Quella originale venne, quindi, rimossa e collocata nella Sala dei Filosofi a Palazzo Ducale, inserita tra i marmi dello Statuario Veneto e qui rimase fino agli anni Venti del Novecento quando fu ricoverata in un deposito della Sovrintendenza. Solo in tempi più recenti, la Capitana venne recuperata dalla sensibilità e dal gusto di Egle Trincanato, Direttrice di Palazzo Ducale dal 1954 al 1975, ed esposta, così come si era conservata, nell’atrio degli Uffici della Direzione del museo, decontestualizzata dalla sua originaria funzione, imponente alla vista per una prospettiva troppo ravvicinata, sfigurata nel volto ricoperto da una maschera di rame e con le mani mutile prive del bastone di comando. Quel che rimane della seicentesca imponente figura femminile, montata su una piccola base marmorea che denuncia un’esperita assonanza della Trincanato con i contemporanei allestimenti scarpiani, oggi ci sorprende ancora e ci affascina per la sua estraniante scomposta bellezza che richiama inevitabilmente capolavori scultorei di alcuni grandi maestri del Novecento. 19
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
UN ALTRO PRESENTE
architettura
Another Present
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...continuiamo a vivere come se fossimo soli su un pianeta passivo dotato di risorse infinite. Parafrasando Prince, continuiamo a festeggiare come se fosse il 1999: Party like it was 1999 Hashim Sarkis
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uesto è un invito per tutti coloro che non siano
già stati all’Arsenale e ai Giardini: siamo entrati nel periodo più caldo, le ultime settimane dell’“eroica e stoica” 17. Biennale Architettura. Partita a maggio quando l’incertezza era ancora dominante e molte le restrizioni, tra cui nessun opening canonico, grazie alla ferma volontà della Biennale stessa, in primis dal suo Presidente Roberto Cicutto, la Mostra Internazionale di Architettura 2021 ha catturato con successo l’attenzione internazionale con risultati di pubblico (che al momento registra +15% rispetto all’edizione 2018 – ma questi dati sono sicuramente destinati a crescere in queste ultime settimane) e di media significativi. How will we live together?, quesito posto dal curatore Hashim Sarkis come filo rosso della sua esposizione alle Corderie all’Arsenale e al Padiglione Centrale ai Giardini, e al quale si sono allineati anche le Partecipazioni Nazionali e gli Eventi Collaterali, – è una richiesta agli architetti di immaginare spazi in cui possiamo vivere generosamente insieme nel rispetto politico, sociale, religioso e ambientale –, ha stimolato risposte interessanti. «Ogni generazione si sente costretta a porre questa domanda e a rispondere in un suo modo proprio. Oggi, a differenza delle precedenti generazioni guidate ideologicamente, sembra esserci consenso sul fatto che non esiste un’unica fonte dalla quale possa derivare una risposta. La pluralità delle fonti e la diversità delle risposte non farà che arricchire la nostra convivenza, non ostacolarla» (H.S.). L’architettura, quindi, ha dovuto ridisegnare i suoi confini, uscire dalla disciplina ed entrare nel presente più perturbato di sempre, scendere in campo per in primis confrontarsi e trovare soluzioni condivise sull’esperienza del vivere. I Leoni d’Oro della 17. Biennale Architettura ne sono un esempio concreto.
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his is an invitation addressed to all who haven’t been to the Arsenale or to Giardini yet: these are the hottest days, the last few weeks of the “stoic and heroic” 17th Architecture Biennale. The Biennale opened back in May, with uncertainty and restrictions aplenty, thanks to the determination of Biennale President Roberto Cicutto. The Biennale did, once again and against all odds, crowned with success: +15% public participation compared to the 2018 edition (though the number is sure to go up over the next few weeks). How will we live together? asked Biennale curator Hashim Sarkis, who lately added: “Every generation feels forced to ask this question and look for answers that feels right to them. There used to be ideological guidance to answers, but today, the consensus is there is no single source for a possible answer. Multiplicity of sources and diversity of answers will enrich, not hinder, our coexistence.” Architecture must redesign its borders and get into the perturbed state of our presence to confront and find solutions for the experience of living. The Golden Lions of the 17th Venice Architecture Biennale are a fine example of that very sentiment.
17. Mostra Internazionale di Architettura Fino 21 novembre Giardini, Arsenale, Venezia www.labiennale.org
EMIRATI ARABI UNITI «Leone d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale per un esperimento che ci incoraggia a pensare alla delicata relazione tra spreco e produzione sia a una scala globale che locale, proponendo un modello costruttivo capace di legare artigianalità e tecnologie avanzate». Wetland, progetto presentato dai curatori Wael Al Awar e Kenichi Teramoto, studia l’utilizzo delle sabkhah, un solido ecosistema composto da distese di sale naturale presenti negli Emirati Arabi Uniti, per esplorare modi per produrre una fonte rinnovabile di costruzione, che possa sostituire il cemento Portland. Il processo di cristallizzazione salina nelle sabkhah offre un affascinante modello per costruire con la natura e non contro di essa. Arsenale
RUSSIA «Menzione speciale come Partecipazione Nazionale per una ristrutturazione sensibile e attenta del padiglione storico ai Giardini che si apre allo spazio esterno e al futuro». Open!, progetto curato da Ippolito Pestellini Laparelli, ridefinisce il Padiglione come luogo in costruzione, sia nella sua architettura che come istituzione, indagandone modelli alternativi. Il Padiglione, migrato nel 2020 sulla piattaforma digitale Open? (pavilionrus.com) diventando un incubatore di nuovi contenuti, nel 2021, re-indirizza il suo focus sulla messa in scena di uno spazio praticamente vuoto per svelare i dettagli della sua ristrutturazione architettonica e istituzionale. Giardini
FILIPPINE «Menzione speciale come Partecipazione Nazionale per un esemplare progetto comunitario che genera un archivio ricco di esperienze e pratiche collaborative di costruzione». Structures of Mutual Support, curato da Framework Collaborative, esplora l’immaginario della bayanihan filippina e del dugnad norvegese come principi guida per la prassi architettonica declinata alla progettazione e costruzione di una biblioteca e di un tambayan, uno spazio di ritrovo, all’interno della comunità. Un invito aperto a un dialogo per re-immaginare l’architettura con tali tradizioni e strategie in epoca contemporanea. Arsenale Photo Andrea Avezzù, Courtesy La Biennale di Venezia
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17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA LEONI D’ORO
FAST «Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante a How will we live together? a Foundation for Achieving Seamless Territory (FAST) (Amsterdam; New York) per una proposta coraggiosa che ci invita a prendere consapevolezza delle storie divisive, le pratiche agricole, i rituali della vita quotidiana e la condizione dei nuovi insediamenti e dell’occupazione». L’attività di ricerca di Malkit Shoshan, architetto di origini israeliane e fondatrice del think-tank FAST, si occupa soprattutto di quelle aree dove la possibilità di conflitto è più elevata, sia per la conformazione naturale del territorio, sia per la distribuzione delle risorse o più specificamente per il modo in cui l’attività umana plasma il territorio stesso, esaltandone le fragilità e creandone di nuove attraverso un uso distorto della politica. Il progetto Watermelons, Sardines, Crabs, Sands, and Sediments: Border Ecologies and the Gaza Strip ripercorre in particolare la trasformazione di una piccola fattoria a Kutzazh, un villaggio agricolo situato lungo uno dei confini più militarizzati tra Gaza e Israele. Arsenale
CAVE BUREAU «Menzione speciale per un partecipante a How will we live together? a Cave_bureau (Nairobi, Kenya) per una esplorazione visionaria e creativa di uno degli ambienti più antichi abitati dall’uomo». The Anthropocene Museum consiste in una collezione di pietre di ossidiana appese al soffitto con corde di sisal. L’installazione riproduce una sezione della grotta Mbai in Kenya, utilizzata nella metà secolo scorso da combattenti per la libertà contro il colonialismo come luogo di riunione dove pianificare la resistenza. L’azione di Cave_bureu è orientata a sviluppare sistemi che possano migliorare la condizione umana senza impattare negativamente sull’ambiente naturale e sul tessuto sociale. Giardini
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Modelli urbani alternativi L’architettura come azione collettiva
Photo Andrea Avezzù, Courtesy La Biennale di Venezia
raumlaborberlin, a cui la giuria della 17. Biennale Architettura presieduta da Kazuyo Sejima ha assegnato il Leone d’Oro per il miglior partecipante a How will we live together?, è un collettivo composto da nove architetti/artisti attivisti tedeschi (con l’eccezione dell’architetto e designer italiano Francesco Apuzzo) riuniti in una struttura di lavoro collaborativa, che opera all’intersezione tra architettura, urbanistica e arte con un approccio sperimentale. Le loro indagini progettuali si concentrano su luoghi urbani complessi trasformandoli in laboratori in cui coinvolgere attivamente la collettività nel processo di conoscenza, comprensione, utilizzo della città e delle sue dinamiche. Luoghi in cui lo spazio si fonde con l’esperienza individuale, offrendo un potenziale inutilizzato da ‘sfruttare’ per costruire modelli urbani alternativi. È il caso, ad esempio, di Floating University e di Haus der Statistik, i due complessi architettonici presi in esame in Instances of Urban Practice, il progetto presentato dal collettivo alla Biennale del “vivere insieme”. Entrambe le strutture sono situate in luoghi emblematici della città, la prima nei pressi dell’ex-aeroporto di Tempelhof e la seconda poco distante da Alexanderplatz. Floating University è un luogo accuratamente progettato che ospita delle architetture costruite su un bacino idrologico biologicamente ricco anche se seriamente minacciato dall’inquinamento, una sorta di paradiso improbabile e paradossale che riesce tuttavia a stimolare situazioni di incontro, azione e creatività. Haus der Statistik è un complesso di uffici della Repubblica Democratica Tedesca ora trasformato in uno spazio per l’arte, la cultura e l’attività sociale ed educativa, gestito da una coalizione di persone della società civile. Concentrando l’indagine su questi due luoghi di auto-gestione e di cooperazione scientifica, artistica e civica e analizzandone in profondità le modalità collaborative di produzione e di scambio di conoscenza, raumlaborberlin pone l’accento sulle questioni relative all’architettura come risorsa e come forma collettiva, individuando nell’azione e nell’evoluzione dello spazio costruito il fulcro della pratica architettonica. Marisa Santin
Golden Lion for the best participant in the 17th Exhibition How will we live together? to raumlaborberlin for an inspiring collaborative approach that argues for participation, regeneration and collective responsibility, resulting in two projects that are a model for imaginative civic revitalization.
Work/ Space
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The Jury of the 2021 Venice Architecture Biennale awarded the Golden Lion to raumlaborberlin, a collective of nine architects/artists who work at the intersection of architecture, urban planning, and art with an experimental attitude. Their projects focus on complex urban environments where collectives can learn, understand, and use the city together. Two examples may be the Floating University and Haus der Statistik, the two buildings presented at Biennale. The first lies on a water basin that is biologically rich, though threatened by pollution. The second used to be a governmental office of East Germany, now a space for art, culture, and social activities. raumlaborberlin believe that architecture is a resource and a collective endeavour, with action and evolution at the centre of the praxis. Instances of Urban Practice raumlaborberlin Arsenale
PALAZZO MORA PALAZZO BEMBO GIARDINI MARINARESSA OPEN DAILY 10 AM - 6 P M CLOSED ON TUESDAY FREE ENTRY
22.05 – 21.11
VENICE 2021 ARCHITECTURE BIENNIAL
W W W.ECC-ITALY.EU
FB @EUROPE ANCULTURALCENTRE
W W W.TIMESPACEE XISTENCE .COM
IG @ECC_ITALY
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architettura
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
Il riflesso d’argento Spazi di conoscenza simmetrica Abbiamo imparato a conoscere e amare nelle ultime Biennali il riflesso d’argento che Alejandro Aravena emana con l’originale interpretazione del mestiere di architetto. Un’interpretazione che Alejandro sembra esprimere con efficacia a Venezia, città che ha conosciuto durante il periodo degli studi, frequentando lo IUAV e l’Accademia di Belle Arti e nella quale ritorna spesso con piacere. Di Venezia lo colpisce la capacità di resistere ai test del tempo, una città completamente a misura d’uomo e dei bambini. Nel raccontarla ricorda che, quando le sue figlie correndo per le calli gli chiedevano «fino a dove possiamo andare?», lui rispondeva «fino a dove volete», una frase difficile da dire in altre città. Iniziammo a notare la sua vera anima nel 2012, nella Biennale Common Ground di Chipperfield, quando presentò due progetti nati da situazioni architettoniche molto particolari, generate da questioni di diseguaglianza sociale. Il titolo dell’installazione era Il Magnete e la bomba. Si trattava nel primo caso di una foresta per proteggere la città di Constitución da eventuali tsunami e offrire contemporaneamente un accesso democratico al fiume. Il secondo progetto riguardava l’allargamento dell’area di un’oasi del fiume all’intera città di Calama, centro teatro di battaglie sociali enormi per il diritto all’acqua, trasformando la zona della miniera in una vera e propria città. Progetti tesi già da allora ad attirare persone, conoscenze e sviluppo e in questo modo a disarmare le bombe sociali. Nel 2016, nominato Curatore della Biennale, decise di introdurre il progetto di curatela in un’affollatissima conferenza stampa semplicemente con una foto di Bruce Chatwin che immortalava su una scala nel deserto l’archeologa tedesca Maria Reiche intenta a studiare le linee di Nazca. Quella semplice scala era la prova che non dovremmo chiamare in causa limiti, seppure duri, per giustificare l’incapacità di fare il nostro lavoro. Contro la scarsità di mezzi Reporting from the Front opponeva l’inventiva, una prospettiva più ampia, una condivisione di conoscenze ed esperienze; inventiva e pertinenza con chi tra noi rimane con i piedi ancorati al suolo. Una gran voglia di dimostrare storie di successo e casi esemplari in cui l’architettura ha fatto, fa e farà la differenza. Eppure ricordiamo come in quei giorni Aravena rifiutasse di essere definito con l’etichetta di “architetto sociale”, perché «...l’architettura non può che essere sociale per sua stessa natura: l’aspetto sociale rappresenta una della informazioni che determinano la forma di un progetto, senza il quale non sarà più architettura ma qualcos’altro...». Nel 2018, nella Biennale delle Grafton, Freespace, Alejandro sottolineò il dovere di occuparsi dell’enorme problema di fornire progetti abitativi incrementali come “sistemi aperti” invece che oggetti finiti, in modo da sfruttare al meglio l’iniziativa delle persone spontanea di costruire per sé stesse. Quest’anno, nella Biennale di Sarkis, alla domanda How will we live together? Aravena risponde con la sorprendente e ammiratissima installazione dedicata all’eterno conflitto tra mapuche e cileni: Building places to get to know each other (KÜNÜ), Building places to parley (KOYAÜ-WE). Alla base dello scontro c’è da sempre la questione della terra. Il progetto è un percorso alternativo alla violenza, uno spazio nel quale facilitare la conoscenza simmetrica dell’altro. Una sorta di ripristino della vecchia tradizione dei parlamenti, un luogo di discussione che dopo Venezia tornerà in Cile per adempiere alla prevista funzione di un auspicato, effettivo ravvicinamento tra mapuche e cileni. Un lungo percorso, un legame speciale di un altro grande architetto con Venezia, un pensiero che ha illuminato la visione di molti di noi, convinti dell’importanza di saper riconoscere i riflessi d’argento nei nostri cieli tempestosi. Paolo Lucchetta 24
The Silver Lining
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We have long come to appreciate and love, over the last few Biennales, the silver lining that is Alejandro Aravena’s interpretation of what it means to make architecture. It is all the more apparent in Venice, the city he knew as a student and that he visits every so often. Aravena loves Venice’s ability to stand the test of time and it being a city perfectly scaled for adults and children. He remembers how his children, running down an alley, would ask: “How far can we go?” and he’d reply: “However far you wish” – not something you can say in just any other city. Aravena answered 2021 Biennale curator Hashim Sarkis’ question: How will we live together? with a surprising, universally acclaimed exhibition about the long-lasting conflict between Mapuche and Chileans: Building places to get to know each other other (KÜNÜ), Building places to parley (KOYAÜ-WE). At the centre of the conflict is the issue of land. The project is an alternative to violence, a space to facilitate mutual recognition and a sort of recovery of the ancient tradition of parliaments. The installation will be taken to Chile to carry out its function and bring about a much-awaited for rapprochement between the two peoples. Chileans and Mapuche, Building places to get to know each other (KÜNÜ), Building places to parley (KOYAÜ-WE) ELEMENTAL Arsenale
“Every cloud has a silver lining”. Ogni nuvola, ogni difficoltà ha un riflesso d’argento, un lato positivo proverbio inglese a cura di Marisa Santin
HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
THE QUINO TREATY, 1532–2029
L’albero di china (quino), da cui deriva il chinino, unico rimedio naturale alla malaria, ha resistito a tutti i tentativi di sintetizzazione industriale. La sua unicità ha alimentato secoli di colonialismo finalizzato alle attività estrattive e allo sfruttamento delle popolazioni autoctone nella zona racchiusa tra le Ande e il bacino del Rio delle Amazzoni. Pablo Escudero (LA MINGA), architetto, urbanista e agricoltore, immagina invece una contro-storia di resistenza, sussistenza e resilienza, resa possibile da un trattato che metta al bando i sistemi di espropriazione e deumanizzazione. Padiglione Centrale, Giardini
HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
STATELESS HERITAGE
Può un campo profughi essere considerato un patrimonio da tutelare? E chi dovrebbe occuparsi di un patrimonio che non appartiene a nessuno stato? La riflessione di Sandi Hilal e Alessandro Petti (DAAR) prende come caso-esempio il campo profughi palestinese di Dheisheh, situato a sud di Betlemme, immaginando di poterlo nominare patrimonio mondiale dell’UNESCO. Le implicazioni di tale possibilità hanno alimentato una discussione che ha coinvolto politici, esperti in conservazione, attivisti, rappresentanti governativi e non-governativi, e residenti vicini. Padiglione Centrale, Giardini
HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
STONE GARDEN. RESILIENT LIVING: AN ARCHAEOLOGY OF THE FUTURE
Per Lina Ghotmeh l’architettura è uno strumento di guarigione capace di creare resilienza nei momenti di crisi. La torre Stone Garden, da lei progettata per integrarsi in un paesaggio urbano dilaniato dalla guerra, è situata a pochi chilometri dal porto industriale di Beirut, centro di un’esplosione che nell’agosto del 2020 ha distrutto vaste aree della città. Richiamando le rovine invase dalla natura, la torre, che oggi ospita appartamenti, una piattaforma artistica dedicata alla fotografia e un centro di dibattito e di riflessioni sul Medio Oriente, diventa simbolo di ottimismo e di persistenza alle avversità. Corderie, Arsenale
PARTECIPAZIONE NAZIONALE
ARMENIA Hybridity. A Machine for Living Together
L’Armenia, luogo di diaspora, si interroga sui rapporti di convivenza che avvengono nel limine di due spazi distinti. Punto di contatto e di apertura, l’architettura sottende ai processi del vivere insieme anche attraverso nuove forme ibride che accostano il reale e il digitale. L’installazione interattiva di INVIVIA e Storaket Architectural Studio – situata sia negli spazi esterni di Ca’ Zenobio sia in diversi luoghi in Armenia – rimanda alla nostra capacità come esseri umani di adattarci a nuovi contesti socioculturali, arricchendoli al contempo. Ca’ Zenobio degli Armeni | www.venicearmenia.org
PARTECIPAZIONE NAZIONALE
PORTOGALLO In conflict
Il collettivo depA architects analizza sette progetti abitativi portoghesi che hanno generato controversie lungo un arco temporale che dalla Rivoluzione dei Garofani del 1974 arriva fino ai giorni nostri. Si tratta di casi emblematici di scontro, amplificati dalla grande risonanza mediatica, che permangono nella memoria collettiva. Quale relazione tra architettura e conflitti sociali emerge da tale analisi? Il pubblico è invitato a rispondere a questa domanda attraverso un programma di dibattiti che si svolgono online e in presenza a Venezia, Lisbona e Porto. Fondazione Ugo e Olga Levi Onlus, Palazzo Giustinian Lolin | www.inconflict.pt
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architettura
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
La terapia dell’abitare Al Padiglione Italia il ‘caso’ Venezia «Venezia e la sua laguna sono un luogo unico nel mondo fondato su uno stile di vita centrato sull’uomo, sull’armonia e sull’equilibrio, che di per sé è testimonianza attiva della transizione al futuro sostenibile». Fare architettura a Venezia vuol dire guardare oltre la disciplina e interrogarsi quotidianamente sulla città, sulla sua straordinaria unicità, che tutti le riconoscono, ma soprattutto sulla sua potenzialità di essere «una delle migliori, più attrattive e più importanti piccole città del mondo» dove vivere. Vivere, sì, questo è il punto! Questa potenzialità rimane tale in uno stato di frustrazione permanente, senza innescare alcun percorso solido che possa garantirle un futuro non per i prossimi anni, ma per l’intero secolo. Venezia Secolo Ventuno, libro scritto da Sergio Pascolo, laureato con Vittorio Gregotti e professore IUAV di Architettura e Progettazione Sostenibile, si interroga su idee, visioni, progetti concreti per il futuro di Venezia. Qui e ora, ma anche qui e domani, perché rimanda immediatamente a una necessità, un’urgenza di pianificare a media, lunga scadenza un futuro che non sopporterebbe più soluzioni estemporanee e rabberciate a problemi di una complessità immane fattisi oramai cronici. Ridefinirsi in questo secolo, a partire da un suo momento, ora, vero crinale epocale nella trasformazione del nostro vivere questo Pianeta, significa avviare un processo che richiede al contempo capacità operativa immediata e profonda lungimiranza nelle pianificazioni. Non è quindi sfuggita al vulcanico Alessandro Melis, curatore del Padiglione Italia 2021, il cui tema principale dal quale si sviluppano innumerevoli percorsi è Comunità Resilienti, l’occasione di offrire alla platea della Biennale Architettura un incontro che tratta di Venezia e del suo futuro. Una discussione aperta che parte dai contenuti del libro Venezia Secolo Ventuno per presentare e discutere di una nuova iniziativa di cui è promotore lo stesso Sergio Pascolo, Venice Urban Lab, un’organizzazione civica indipendente con un approccio olistico alle questioni urbane e ai processi di trasformazione, una piattaforma permanente a supporto della resilienza della città con riflessione sulle tematiche relative alla cultura urbana e architettonica, uno spazio virtuale e fisico, un cluster di incontro e scambio, che connette e coinvolge chi progetta e chi abita, chi opera e chi amministra per contribuire ad un virtuoso cambiamento e rinascita di Venezia, della sua Laguna e del suo territorio, come impulso per tutte le città storiche del mondo. L’incontro in programma il 26 ottobre, in forma di tavola rotonda coordinata da Sergio Pascolo dal titolo Venice Twentyfirst Century. From Vision to Action, ospita interventi di figure di indiscusso profilo internazionale, nazionale e territoriale quali: Prof. Benno Albrecht, Rettore dell’Università Iuav di Venezia, Architetto Roberto Beraldo, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Venezia, Reiner Nagel, Direttore della Federal Foundation of Baukultur Potsdam, Prof. Thomas Auer, Fondatore di Transsolar Klimaengineering Chair TUM di Monaco, uno dei massimi esperti di Klima Engineering e di progettazione integrata, il Presidente dell’Ateneo Veneto, Ambasciatore Gianpaolo Scarante. L’evento sarà sia in presenza con pubblico limitato che in collegamento streaming. 26
Venice Twenty-First Century
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“Venice and its lagoon are a one-of-a-kind place where lifestyle is centred on the person, on harmony, and on balance, which is in itself a living testimony of the transition to sustainable future.” Making architecture in Venice means to look beyond architecture as a discipline and question the city, its uniqueness, and its potential to be one of the best, most attractive, and most important small cities in the world where one can live. Because living is the point! Venezia Secolo Ventuno (“Venice Twenty-first century”) is a book where author Sergio Pascolo, a professor of architecture and sustainable design, questions ideas, visions, and projects for the future of Venice. For the now, but for the morrow as well, because the future will not tolerate temporary, patched-together solutions to issues of extreme complexity that grew chronic over time. To redefine means to kickstart a process that is about immediate operative ability and a long-term outlook in planning. Alessandro Melis, the curator of the 2021 Italian Pavilion at Biennale, took the chance to offer Biennale visitors a meeting on Venice and its future, apropos the main theme of the Pavilion, Resilient Communities. The meeting will be an open discussion that will build upon the themes of Venezia Secolo Ventuno and will then focus on Venice Urban Lab, an initiative by Pascolo and an independent civic group that works on a holistic approach to urban issues. The meeting will take place on October 26 and will see the participation scholars of clear fame from Italy and abroad, including IUAV President Benno Albrecht and the director of the Federal Foundation of Baukultur Potsdam Reiner Nagel. Venezia Secolo Ventuno. Dalla visione all’azione 26 ottobre, ore 11-13 Padiglione Italia, Arsenale www.comunitaresilienti.com
We continue to inhabit houses and cities built on outmoded ideas of a good life. The architectural resilience of these spaces may have adjusted to our changing needs over time, but by now they have reached the limits of their elasticity Hashim Sarkis a cura di Marisa Santin
PARTECIPAZIONE NAZIONALE
ITALIA Comunità resilienti
Senza mai esporlo direttamente, gli spazi dedicati alle comunità resilienti ideati da Alessandro Melis evocano in sé il ‘caso’ Venezia. Indicando come chiave di lettura il recupero di una nuova forma di interazione tra spazio urbano e territorio produttivo, i progetti esposti al Padiglione Italia – proposti in modalità esperienziale e immersiva, privilegiando forme espressive dal sapore cyberpunk legate alla graphic novel e al gaming – mettono in evidenza la fragilità della città lagunare raccontando mille altre fragilità che delineano l’aspetto del nostro Paese da nord a sud. Tese delle Vergini, Arsenale | www.comunitaresilienti.com
PARTECIPAZIONE NAZIONALE
DANIMARCA con-nect-ed-ness
Giocato sul tema della connessione fra esseri viventi e ambiente, il progetto di Lundgaard & Tranberg Architects riproduce il circuito della natura governato dall’acqua, cui concorre anche quella piovana di Venezia grazie a delle condutture che la convogliano dall’esterno. L’acqua viene accolta, percepita con i sensi e quindi lasciata fuoriuscire dal Padiglione, mentre le variazioni climatiche influenzano continuamente l’espressione e la forma degli spazi per sottolineare che l’acqua è allo stesso tempo un elemento vitale e poetico, potente e indocile. Giardini | www.dac.dk
HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
CITY TO DUST
Secondo la visione di Studio L A (Amsterdam) la pratica dell’architettura è uno strumento attraverso cui indagare fenomeni sociali per ricollocarli in una nuova prospettiva, concentrandosi su formazione dell’identità collettiva e spazio pubblico. In collaborazione con il designer Baukje Trenning, lo Studio ha ricostruito sul pavimento dell’Arsenale una mappa di Venezia in fragilissime piastrelle di terrazzo che si sbriciolano a ogni passo, invitando i visitatori a riflettere sugli effetti della loro presenza in città e sull’impatto dell’overtourism. Corderie, Arsenale | studio-la.org
HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
SERVIZIO MODIFICATO (AMENDED SERVICE)
Il progetto si inserisce nella serie di indagini sulla laguna veneziana che Sandro Bisà (Bisà Associati) conduce in collaborazione con diversi istituti accademici e con progetti specifici della Commissione Europea. In questo caso, la riflessione si sofferma sugli effetti della presenza contigua di turisti, residenti e pendolari, analizzando l’intreccio dei loro diversi flussi su una città che ha ridotto la popolazione residente a poco più di 50mila unità a fronte di un’incidenza turistica che conta dai 12 ai 20 milioni di persone ogni anno. Corderie, Arsenale
HOW WILL WE LIVE TOGETHER?
RESILIENCE OF VENICE
Mappando i progetti messi in atto dopo l’alluvione del 1966 dalle diverse istituzioni coinvolte, l’installazione mira a evidenziare la fragilità fisica e sociale di Venezia. Il tema della resilienza viene affrontato da Laura Fregolent (IUAV, Venezia) e da Paola Malanotte-Rizzoli (MIT, Cambridge, USA) da due punti di vista diversi e complementari. Da un lato vengono analizzate le componenti fisiche e morfologiche che hanno caratterizzato la storia della città e che ne determineranno la capacità di resilienza di fronte alle sfide del prossimo futuro (riscaldamento globale, aumento del livello del mare). Dall’altro lato, si pone l’accento sugli aspetti urbani della resilienza, quali la sopravvivenza di spazi residenziali e commerciali in un contesto interessato da inondazioni sempre più frequenti e impattanti. Corderie, Arsenale
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SAPHIRA & VENTURA ART DESIGN ARCHITECTURE, and the NEW YORK INTERNATIONAL CONTEMPO RARY ART SOCIETY (NYICAS), present WHEN ART MEETS ARCHITECTURE IN TIMESPACEEXISTENCE – Venice Biennale 2021, at Palazzo Mora. Saphira & Ventura exhibits cutting edge international architects, designers, and contemporary artists. It provides its clients access to the international market by creating partnerships with public and private companies, museums, art fairs and other international entities. It transforms spaces into exclusive and unique experiences. Saphira & Ventura's mission is to find creative solutions that connect people to their ideas and spaces through sustainable practices and cutting-edge technology. These selected 12 projects are a collective work of artists, architects and designers that demonstrate how our society can live together harmoniously in TIME SPACE EXISTENCE. WALKACROPOLIS: Gotham Innovation Greenhouse team Jee Won Kim, Carl Skelton and Patrick Bermingham present WALKACROPOLIS. The project elevates pedestrians to a new level. It takes pedestrians “off the street” to a safer, brighter, quieter place and facilitates and supports autonomous vehicle circulation below. THE PATH OF CONSCIOUSNESS: The Path of Consciousness, is a conjuncture of Neil Kerman's paintings, the sculptural vision of Antonio Spinosa, the structural design of Nicolas Fiedler, the graphics of the architect Samuel Garcia from Studio Papaya, and the reference of Edo’s Rocha stadium architecture. Patricia O’Reilly, architect and urban planner, author of the social project FAVELA DA PAZ (Peace Slum) for sustainable urban renewal and architecture, transforms the stereotype of the favela into a livable urban community. Currently, the architect is raising funds for execution of this project.
WALKACROPOLIS
THE PATH OF CONSCIOUSNESS
FAVELA DA PAZ
COEXISTENCE IN TIME AND SPACE THROUGH COLOR AND MUSIC
COEXISTENCE IN TIME AND SPACE THROUGH COLOR AND MUSIC: The painter Howard Zi Hao Qiu and architect Alan Ritchie have created a Museum of Music and Colors. The project SHARING TABLE by Graziele De Souza focuses on the moments in which we live, awakening the importance of sharing and being present in people's lives.
SHARING TABLE
Architect Anna Persia's installation emotionally connects the individual and the environment. The EPHEMERAL INSTALLATION creates an atmosphere of contemplation and discovery of sensations. PARKLETS: Cristina Cortes, with Danielle Garcia and Rayra Lira, developed a concept of “RE-CONNECTING BUS SHELTER", an innovative solution that brings together key concepts such as nature reconnection, biophilia and sustainability.
EPHEMERAL INSTALLATION
Architect Adriana Mavignier's GARDEN GALLERY created a space where nature blends with art. This garden gallery is a thematic garden, imbued with deeper meanings and symbols. Tufi Mousse presents a special SCHOOL FOR AUTISTIC TEENAGERS, where architecture and aesthetics generate a sensory environment and raise the intuitive sense of teenagers with AUTISM.
PARKLETS
JUCA MAXIMO, artist and designer, has created an installation in which the walls and the paintings become one. OSTAP PATYK exhibits an emotional reflection of reality which focuses on the beauty of the world as well as a philosophical rethinking of the world. Patyk's projects are composed of mosaic murals.
SCHOOL FOR AUTISTIC TEENAGERS
Alexandre Mavignier, shows the series GIANT WOMEN (“Mulheres Gigantes”), inspired by the extinction of the Ycamiabas Indian tribe, warrior female giants, whose history gave rise to the name Amazonas. He also presents AMAZON TEARS, (“Lágrimas Amazônidas”), a ceiling installation constructed with pieces of coals harvested from Amazonian ashes. Meirelles Junior - designer and photographer of the book MANGUEZAIS RAÍZES MARANHENSES shows the area of mangroves in Maranhão state that produces about 95% of the food caught from the coastal sea areas of the Amazon, vital for the ecosystem’s survival.
OSTAP PATIK
Michael Schucht, producer of the documentary THE FLYING RIVERS focuses on the way the Amazon forest cools the earth. Large quantities of water vapor are transported from the Amazon Basin to other parts of the planet. Chris Diewald presents a series of photos of people living on the riverbanks in the Amazon: RIBEIRINHOS.
RIBEIRINHOS
SAPHIRA & VENTURA GALLERY: 4 W 43rd Street, Suite 416 - New York, NY - 10036 | +1 (646) 922-7052 | info@artsvgallery.com | saphiraventura.com
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architettura
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA EVENTI COLLATERALI
Senza confini, con molti orizzonti A Venezia tra gli Eventi Collaterali della Biennale di Architettura, merita una visita SCARCH, progetto dell’artista svizzero Not Vital (Bassa Engadina, 1948) presso l’Abbazia di San Giorgio Maggiore, fortemente legato al modo di vivere quasi nomade e alla ricerca e ideazione di nuovi habitat. La sua pratica artistica si basa infatti sull’esplorazione del contesto spaziale e socioculturale dei luoghi in cui vive e lavora, un percorso di ricerca legato alla produzione territoriale, che lo porta a collaborare con artigiani locali e realizzare progetti site-specific in aree remote e spesso difficili da raggiungere. Il termine “SCARCH”, coniato dall’artista stesso, è una fusione delle parole “scultura” e “architettura”. Gli edifici che Not associa a questo formalismo esistono per svolgere un’unica funzione poetica e trascendentale, quella di educare alla contemplazione del tramonto o del cielo notturno. Esemplare è il progetto globale dal titolo House to Watch the Sunset, costruzione di 13 metri realizzata in Nigeria con l’unico scopo, come suggerito
dal titolo, di permettere la contemplazione del tramonto. Dopo la realizzazione di questo primo particolare edificio-torre, Vital ha dichiarato di voler costruire in ogni continente una struttura per contemplare il tramonto nelle dimensioni e nella forma uguali per tutti, ma con materiali di costruzione differenti a seconda dei diversi luoghi, divenendo così ognuna un progetto site-specific. Nell’Abbazia di San Giorgio il visitatore si trova davanti al quinto esemplare del progetto, realizzato in alluminio da artigiani italiani. La struttura, leggermente riflettente, crea un forte ma parimenti rispettoso dialogo con l’architettura palladiana della chiesa benedettina. La mostra SCARCH si compone anche di altri sette lavori in dialogo relazionale tra le montagne svizzere dell’Engandina, terra natia dell’artista, e l’Abbazia di San Giorgio a Venezia. Luigi Crea Not Vital. SCARCH Fino 21 novembre Abbazia di San Giorgio, Isola di San Giorgio Maggiore www.abbaziasangiorgio.it
Photo Credits contesnsanally
La diversità che unisce «La ricostruzione del complesso della Moschea Al-Nouri, un sito storico che fa parte del tessuto e della storia di Mosul in Iraq, segna una pietra miliare nell’avanzamento della riconciliazione e della coesione sociale della città devastata dalla guerra» (Audrey Azoulay, Direttore Generale UNESCO). L’UNESCO, il governo dell’Iraq e il Ministero della Cultura e della Gioventù degli Emirati Arabi Uniti hanno voluto fortemente essere presenti come Evento Collaterale alla 17. Biennale Architettura con Revive the Spirit of Mosul, per raccontare un progetto di post-conflitto e di transizione in corso e per ripristinare i punti di riferimento multiculturali e lo stile di vita dell’antica città irachena. Il 16 novembre 2020 l’UNESCO infatti ha lanciato un concorso internazionale di architettura per la ricostruzione del complesso religioso di Al-Nouri, distrutto durante la battaglia di liberazione di Mosul del 2017. UNESCO Regional Bureau for Science and Culture in Europe nella sede di Venezia, a Palazzo Zorzi ospita la mostra dei progetti dei primi cinque classificati del con-
corso. La mostra è una narrazione della storia recente della città attraverso un percorso che segue quattro temi corrispondenti a quattro sale: distruzione, liberazione, azione e futuro. Per migliaia di anni Mosul è stata un crocevia commerciale, intellettuale e culturale. Il suo stesso nome, “al mawsil”, che in arabo significa collegamento, giunzione, connettore, restituisce l’idea di dialogo e diversità. L’unità nella diversità è fondamentale per l’identità e lo spirito di Mosul, è insito nel tessuto della
città ed è visibile nel suo patrimonio costruito di santuari, chiese, moschee, madrasse e cimiteri. Quando la città è stata occupata dagli estremisti nel luglio 2014, questo tessuto è stato fatto a pezzi e con esso l’80% del paesaggio urbano, inclusi edifici storici come la moschea Al-Nouri, il minareto di Al-Hadba e le chiese di Al-Tahera e Al-Saa’a. Revive the Spirit of Mosul Fino 21 novembre UNESCO, Palazzo Zorzi, Castello 4390 en.unesco.org
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architettura
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA NOT ONLY BIENNALE
SPAZI GLOBALI
La Biennale Architettura è un’occasione unica per incrociare esperienze e confrontare approcci diversi e alternativi alla disciplina. Confini dilatati che offrono soluzioni creative connettendo persone, idee, spazi attraverso pratiche sostenibili e tecnologie all’avanguardia. Saphira & Ventura – Art Design Architecture è un ibrido tra studio di architettura e galleria d’arte, che sviluppa connessioni tra discipline per stimolare lo scambio tra architetti, università, artisti e studi emergenti e per fornire l’accesso al mercato internazionale mettendo in contatto domanda e offerta in ambito pubblico e privato sul terreno culturale e artistico, ma anche civile, sociale e politico a seconda dei progetti sviluppati. Sede a New York, ma vocazione globale, Saphira & Ventura partecipa al dibattito attorno a tema della 17. Biennale Architettura, con una presenza rivelante nella mostra Time Space Existence a Palazzo Mora. When Art Meets Architecture, titolo dell’esposizione, inquadra perfettamente l’attività di questo studio/galleria, che presenta un’interessante varietà di interventi. Di particolare rilevanza il progetto della prima Biennale AMA+ZÔNIA 2022, che riunirà in Amazzonia artisti, designer e architetti locali e internazionali in un forum di scambio tecnico e scientifico, creando consapevolezza sulle questioni ambientali come base per la sopravvivenza planetaria. When Art Meets Architecture Fino 21 novembre European Cultural Centre, Palazzo Mora www.saphiraventura.com
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Manifesto Urbano L’architettura ri-disegna la città Dopo cinque mesi in cui l’architettura ha messo in mostra il nostro presente, restituendone l’evidenza dei problemi e delle criticità e ponendo le basi per la realizzazione di soluzioni concrete nell’immediato e per il futuro, emerge ora l’esigenza di sedimentare, riflettere e confrontarsi sui temi sollevati dalla domanda di Hashim Sarkis How will we live together? Questioni chiave dell’urbanizzazione contemporanea, disuguaglianze abitative, dislocamento di comunità, nuovi valori architettonici e identità spaziale, ambiente costruito e materiali da costruzione sostenibili, emissioni di CO2, riscaldamento globale e impatto sulla nostra vita quotidiana, sono i temi presentati e discussi da un gruppo di accademici, urbanisti, designer, architetti, politici e studiosi, chiamati dall’European Cultural Centre nel contesto della mostra Time Space Existence a partecipare alla seconda edizione di Shaping the City: A Forum for Sustainable Cities and Communities, il 15 e 16 ottobre a Palazzo Michiel a Venezia e online sul canale YouTube di ECC Italy. Tra gli esperti internazionali sono presenti: il vincitore del Leone d’Oro e curatore del Padiglione Nazionale degli Emirati Arabi Uniti Wael Al Awar, il Direttore Editoriale di «Domus» Walter Mariotti, il Ricercatore associato presso la Graduate School of Design dell’Università di Harvard e Direttore di INVIVIA Europe Stefano Andreani, il Co-Direttore del Centro SUTD-JTC I3 e Direttore del Laboratorio di Architettura Avanzata presso la Singapore University of Technology and Design Thomas Schroepfer, il Professore e Direttore del Planning and Climate Change Lab all’Università Iuav di Venezia Francesco Musco, e ETH Zurich Digital Building Technologies. Con un approccio spaziale, pragmatico, inclusivo e sostenibile, il forum propone, attraverso una serie di presentazioni e tavole rotonde nell’arco delle due giornate, nuove riflessioni sui temi fondamentali che stanno plasmando le nostre città al giorno d’oggi. Le conversazioni sono strutturate in modo da ritrarre una serie di prospettive internazionali riguardo all’urbanistica e all’architettura, esplorando quattro sotto temi principali: Design per la comunità; Nuovi materiali in architettura; Cambiamento climatico e Città resilienti; Ripensare la città. Shaping the City 2021 affronta questi temi ponendosi in dialogo privilegiato con Venezia, che rappresenta con la sua laguna un luogo emblematico per sperimentare le crescenti questioni globali del cambiamento climatico, della resilienza, dello spazio urbano e della migrazione degli abitanti.
© Venice Documentation Project
Urban Manifesto
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After five months spent on architectural reflections on our time, on our problems, and on possible solutions, it is now the time to take stock and confront the issue – in Biennale curator Hashim Sarkis’ words: How will we live together? Key questions of modern urbanism, housing inequalities, community displacement, new architectural values, spatial identities, sustainable materials, carbon emissions, global warming are the topics presented and discussed by scholars, urban planners, designers, architects, politicians at the European Cultural Centre for Time Space Existence on October 15 and 16. The conferences will also be streamed on YouTube. Spatial, pragmatic, inclusive, sustainable approaches for a series of presentations and round tables on the issues that are defining humankind’s activities today. Conversations will be about urban planning, architecture, design for communities, new building materials, climate change, and resilient cities. Shaping the City 2021 will touch these themes while in the privileged position of being in Venice, a place that is a prime example of urban experimentation. Shaping the City: A Forum for Sustainable Cities and Communities 15, 16 ottobre European Cultural Centre, Palazzo Michiel, Cannaregio 4391 www.shapingthecity.org
Maurizio Galimberti, “Studio N°2 Piazza San Marco” Venezia 2012 © Maurizio Galimberti
VENEZIA, GIANNI BERENGO GARDIN E MAURIZIO GALIMBERTI Due sguardi a confronto Venezia/Fondazione di Venezia, Rio Novo 17.09.21 > 09.01.22
LA VENEZIA UMANA-LA VENEZIA DISUMANA Venezia/Tre Oci/Sale De Maria 16.09.21 > 01.11.21
LE SFIDE DI VENEZIA. L’ARCHITETTURA E LA CITTÀ NEL NOVECENTO Venezia Mestre/M9 - Museo del `900 03.09.21 > 09.01.22 Info: Tel. +39 041 2201233 - a.gini@fondazionedivenezia.org - www.fondazionedivenezia.org In collaborazione con in association with:
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architettura
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA NOT ONLY BIENNALE
La città del progetto Intervista a Serena Maffioletti e Guido Zucconi Gli anniversari sono occasioni per ricordare la storia di una città. All’M9 – Museo del ‘900 Le Sfide di Venezia. L’architettura e la città del Novecento, “mostra appendice” della più grande esposizione di Palazzo Ducale che celebra i 1600 anni dalla nascita di Venezia, svela il racconto della rinascita che nel secolo scorso ha portato Venezia a espandersi oltre il suo cuore storico verso parti della laguna ancora poco inurbate e la terraferma – il Lido, Mestre e il nuovo polo industriale di Marghera, creato praticamente dal nulla – con nuove architetture e una nuova fruizione del territorio. Una città che ha dovuto e deve quotidianamente fare i conti con il suo carattere, la sua storia e la sua identità unica. L’architettura della città – immaginata, progettata ed effettivamente realizzata – diventa quindi, oggi più che mai, un elemento fondamentale per il dibattito sulle Venezie possibili. La mostra, prodotta da M9 – Museo del ‘900 in collaborazione con l’Università Iuav di Venezia e in partnership con la Fondazione Musei Civici, è curata da Guido Zucconi e Archivio Progetti, Università Iuav di Venezia, con il coordinatore scientifico, Serena Maffioletti, che attraverso sei sezioni e più di 80 opere – tutti esempi che raccontano di una città viva, che anche a livello nazionale ha saputo porsi in una condizione innovativa e a tratti pioneristica – disegna un originale racconto per scoprire, o riscoprire, architetture e vita della Venezia del Novecento, nel tentativo di dimostrare la sua avvenuta rinascita e la sfida di ridefinirsi nel tempo. «La città [Venezia] ha sempre tentato gli architetti, sia che ne volessero conservare la bellezza antica sia che volessero sperimentare la contiguità tra vecchio e nuovo in una città in cui quel rapporto non è mai stato disgiunto» (Alberto Ferlenga, Ex Rettore Iuav Venezia) Questa dichiarazione racchiude in sé il senso delle “sfide” presentate in questo vostro progetto espositivo. Quale significato avete voluto dare a questa parola nella costruzione della mostra? G.Z._Nel corso del Novecento Venezia ha offerto ampie possibilità progettuali sia agli architetti che cercavano di mimetizzarsi nella grande tradizione locale (pensiamo alla Casa Bizantina di Giuseppe Torres completata nel 1906), sia a coloro che volevano giocare sul contrasto (come nel Garage di Piazzale Roma), sia ai fautori di una possibile mediazione come nella Casa alle Zattere di Ignazio Gardella. In questo spazio ‘interstiziale’ spicca l’opera di Carlo Scarpa, il quale ha saputo coniugare nuovi linguaggi con materiali e tecniche della tradizione da lui addirittura rilanciati (come nel caso della “calce rasata” o del “pastellone”). La mostra ha cercato di evidenziare questi diversi atteggiamenti che, nel primo e nel secondo caso, si presentano come vere sfide alle pratiche e ai modelli correnti. Quali “sfide” sono state fondamentali per Venezia? E quali quelle che sono state invece perse e che, alla luce delle condizioni attuali della città, avrebbero potuto essere altrettanto fondamentali? Le Sfide di Venezia. L’architettura e la città del Novecento Fino 9 gennaio 2022 M9 – Museo del ‘900-Mestre www.m9museum.it
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Guido Zucconi, Serena Maffioletti, Riccardo Domenichini
G.Z._Ridefinirsi come città complessa, “multi-faceted”, ha rappresentato una grande sfida che Venezia ha vinto già da inizio Novecento: partendo quasi da zero, è diventata il quarto porto del Mediterraneo e la quarta città industriale d’Italia. Ha anche assunto i panni di un centro balneare alla moda e di un polo internazionale per l’arte d’avanguardia (Biennale, Ca’ Pesaro). Oggi tutte queste identità sembrano appassite di fronte ai processi di de-industrializzazione e alla dimensione di massa del turismo. Con quest’ultimo Venezia deve oggi fare i conti, dopo avere rimandato il problema o averlo scansato con proposte irrealizzabili come i tornelli alle porte della città. Combinare cultura e turismo in forme reciprocamente compatibili: questa è una delle prossime sfide, magari accompagnata da un’offerta più ampia rispetto al tragitto Piazzale Roma-Canal Grande-Piazza San Marco. Venezia in bilico tra conservazione e innovazione. La mostra pone l’architettura al centro dei processi politici, sociali e soprattutto economici della città. Quando l’architettura, e in particolare il dibattito intorno a essa e alla città stessa, ha perso la sua voce? E perché? G.Z._Trovare un giusto equilibrio tra conservazione e innovazione è un problema generale un po’ ovunque. A Venezia la questione tende ovviamente a radicalizzarsi, ma proprio per questo la città può diventare, e in parte lo è o lo è già stato, un laboratorio davanti agli occhi del mondo. L’architettura rappresenta il sensore che meglio registra questo tipo di equilibri non soltanto sul piano dello stile, in una ovvia giustapposizione tra il nuovo e l’antico, ma anche e soprattutto rispetto a una serie di problemi di ordine sociale, economico che la città deve affrontare per vincere la scommessa e dirsi “moderna” nonostante il peso della tradizione. Pensiamo, tra gli altri, al tema delle infrastrutture per la mobilità (ponti, autorimesse), per il tempo libero, per l’istruzione: nel corso del Novecento la città ha saputo dare risposte efficaci in tempi e modi diversi, con un’accelerazione dopo l’apertura del ponte nel 1933, con un décalage nella fase post-alluvione 1966. L’architettura in realtà non ha mai “perso la voce” anche per la presenza di uno dei più importanti centri universitari del Paese: è stata spesso inascoltata in un rapporto non facile con la città che lo ospita. Speriamo che questa mostra rappresenti un primo ‘mattoncino’ nella costruzione di un rapporto più ravvicinato tra queste due entità spesso tra loro lontane. Attraverso la mostra l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia dà prova di essere un vero giacimento di memoria fondamentale per la città. Una memoria che più che mai oggi diventa attuale per porre le basi di un altro e più alto futuro. Quali linee avete seguito, quali progetti avete privilegiato nel racconto della mostra? S.M._Possedere e gestire un archivio come questo, che conta ormai più di ottanta fondi di architetti italiani, consente di tracciare
The city always tempted architects – whether they wanted to preserve its ancient beauty or experiment with the contiguity of old and new in a place where that relationship never wavered Alberto Ferlenga, Ex Rettore Iuav Venezia
A Project City
ENG
Interview with Serena Maffioletti e Guido Zucconi Anniversaries can be occasions to remember the story of a city. At M9, the Museum of the 1900s, Le Sfide di Venezia. L’architettura e la città del Novecento complements the exhibition at Palazzo Ducale on the 1600 years of Venice and is the story of the rebirth that, over the twentieth century, saw Venice expand beyond its historic core towards yet-unurbanized parts of the lagoon and the mainland using modern architecture and new modes of urban development. Architecture becomes an essential element to debate the possible futures of Venice. The exhibition, produced by M9 with Iuav University and Fondazione Musei Civici, has been curated by Guido Zucconi with the cooperation of Serena Maffioletti. Exhibiting challenges G.Z._Throughout the 1900s, Venice has offered countless possibilities to architects, both to those who aspired to blend in the great local tradition (like Giuseppe Torres did with his 1906 Byzantine House), to those who dared play with contrasts (like the car garage in Piazzale Roma), and to those who worked on mediation, like Ignazio Gardella did with his mansion at Zattere. In this latter ‘interstitial’ room, Carlo Scarpa’s work stands out. Scarpa knew how to pair new languages with traditional materials and techniques. The exhibition highlights these several attitudes, with the first and second ones being a challenge to current practices and models. Winners and losers G.Z._To redefine Venice as a complex, multi-faceted city is a challenge that Venice has been winning since the early 1900s. Starting basically from scratch, it became the fourth-largest Mediterranean port and the fourth large industrial area in Italy. It also established itself as a fashionable summer destination and a pole of attraction for avant-garde art. Today, these identities seem less prominent due to de-industrialization and mass tourism. To combine culture and tourism in forms that are mutually compatible: this is the future challenge for the city. Architecture at the centre of policy G.Z._To find the right balance between conservation and innovation is a general problem that is not unique to Venice. Here,
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FONDATION WILMOTTE
RE MAKE PRIX W 2020 - THE WINNING PROJEcT - THE cHâTEAu DE LA TOuR D’AIGuEs
aguna Veneta-
2 1 .0 5
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I N VIT E D : T HE R E F U G E TO N N E AU - CH A RLOT TE PE RR IA ND. PI E RRE JE A NNE RET BY CA SS I NA
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-Laguna Veneta-
FONDATION WILMOTTE
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Fondamenta dell’Abbazia, Cannaregio 3560 - 30121 Venezia Open : 10:00am-1:30pm - 2:00pm-6:00pm Closed on Monday and bank holidays Vaporetto : Ca’D’Oro - Madonna dell’Orto
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FondamentaMisericordia Misericordia Fondamenta
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Madonna dell’Orto Madonna dell’Orto
T: + 39 041 476 1160 3
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FondamentaContarini Contarini Fondamenta RamoI Piave I Piave Ramo
WilmotteFoundation Foundation Wilmotte
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-Canal Grandea
fondaco@wilmotte.fr www.prixw.com
architettura
17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA NOT ONLY BIENNALE molti itinerari narrativi. É l’offerta dei documenti conservati a quanti lo desiderano (dallo studente al professore di fama internazionale) l’obiettivo primo della nostra istituzione, al di là dell’imprescindibile scopo conservativo; è questa costante capacità ad offrirsi come infrastruttura e servizio per la costruzione di molte e diverse narrazioni la ragione del successo dell’Archivio Progetti. Questa struttura dello Iuav ha assunto la mostra come una restituzione, un omaggio alla città per quanto essa ha dato all’architettura del Novecento, per i continui stimoli che essa ha offerto alla cultura internazionale del progetto. In questa logica narrativa, che premia sia la ricerca di radici sia l’invenzione delle proposte, abbiamo riunito progetti realizzati e incompiuti in un unico sguardo, un unico percorso scandito dalle suggestioni che la città ha suscitato per la costruzione del suo stesso domani e come capitale internazionale di riflessioni e stimoli sull’habitat dell’uomo. Quale il ruolo e l’importanza che l’Archivio Progetti assume nel percorso formativo dell’Università Iuav e parallelamente quale responsabilità effettiva deve assumersi nel dibattito sul futuro di Venezia? S.M._Per quanto l’Archivio spazi oggi nel contesto di un amplissimo recinto internazionale, tanto come patrimonio quanto come rete scientifica, è indubbio che un’ineliminabile radice lo lega a questa incredibile e meravigliosa città. Se l’Archivio è nato come memoria storica dell’“ateneo del progetto”, è dai legami scientifici ed operativi di Iuav con Venezia che esso ha acquisito anche il ruolo di memoria della storia di questa città unica al mondo, unica anche nel modo in cui le sfide che hanno segnato il Novecento hanno trovato singolare espressione nel suo corpo antico, nelle sue estensioni lagunari e di terraferma. Poco di quanto si può dire sul Novecento di Venezia è detto in questa mostra, che per tratti sintetici parla della perpetua ricerca di incontro tra passato e futuro che le dà forma: molti altri documenti di architetti, urbanisti, storici, artisti, fotografi, designer presenti nelle nostre strutture attendono nuovi studi, soprattutto ad opera dei giovani, degli studenti che da sempre si rivolgono a noi per conoscere dai disegni originali, dai manoscritti e dattiloscritti l’esemplarità di Venezia per la sua misura umana, per la sua tensione ininterrotta tra natura e costruzione. Mariachiara Marzari
the issue is more radicalized, but for that very reason, the city can become an open workshop for the world to see. Architecture is the indicator that registers better than any other this kind of balance not only viz. style, though also with respect to social and economic issues that Venice must confront to win the challenge and be able to call itself ‘modern’. Think about the infrastructure for mobility (bridges, car garages), for education, for free time: over the twentieth century, Venice has been able to give concrete, effective answers. Architecture never really lost its voice, also thanks to one of the most important architecture colleges in the country. Designs and projects S.M._To be able to access such as large archive as Iuav’s allows us to create many interesting narratives. The main goal of our institutions is, in fact, to make these documents available to all and to act as an infrastructure for stories. The exhibition is the way we give back, we pay homage to the city for the powerful stimulus it gave to architecture. Using this logic, we collected both realized and unrealized designs under a single project, a single narrative that touches all the suggestions that Venice gave as it built its own future and as the world capital of what it means to be a habitat for humankind. A role for Iuav S.M._While the Archive is today, part of an international context, it is very clearly an outgrowth of this incredible, wonderful city. Thanks to the role and relationship Iuav has with Venice, it grew to be the memory of this unique city. In this exhibition, we can only say so much about the importance Venice had in twentieth-century culture. There is so much more to study on: work by architects, urban planners, historians, artists, photographers, designers… so much scholarly work needs to be done to testify the example of Venice as workbench to determine human measure and its uninterrupted tension between nature and construction.
DIETRO LE QUINTE DELLO STUDIO
Sauerbruch Hutton Architekten, film realizzato dall’artista Harun Farocki come parte della sua serie di documentazione sulla natura del lavoro, ci accompagna dietro le quinte dello studio internazionale di architettura, urbanistica e design Sauerbruch Hutton di Berlino, composto da un team di circa 120 persone. Lo sguardo particolare e al contempo discreto del regista è solo una delle molte possibilità per conosce il lavoro di questi architetti offerte dalla mostra draw love build – l’architettura di sauerbruch hutton che M9 – Museo del ‘900 dedica al lavoro dei progettisti del museo, emblematico esempio di rigenerazione urbana. Una mostra organizzata in occasione del trentennale della fondazione dello studio che restituisce attraverso 60 modellini e 100 disegni esposti un arcipelago di progetti che, mescolando le carte dei tempi di realizzazione e dei luoghi di attuazione, definisce visivamente un mondo di ricerche e poetiche ricorrenti dei due architetti e del loro team. Una app, disponibile anche su dispositivi forniti da M9, consente al visitatore di accedere a contenuti più estesi, quali fotografie, disegni, audio e video di approfondimento dei diversi progetti, oltre che ai commenti di Luca Molinari, direttore scientifico del Museo. In sintesi disegnare – amare – costruire, città – sostenibilità – sensualità, tre azioni accostate a tre temi centrali nella storia e nel lavoro dello studio Sauerbruch Hutton costituiscono la loro idea di architettura e danno forma e contenuto alla loro prima mostra monografica in Italia. Ne risulta un viaggio dinamico che rende consapevoli della necessità e dell’importanza dell’architettura nelle nostre vite. draw love build – l’architettura di sauerbruch hutton Fino 9 gennaio 2022 M9 – Museo del ‘900-Mestre www.m9museum.it
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Intervista Inti Ligabue
CAMMINO ALL’INDIETRO VERSO IL FUTURO di Fabio Marzari
U
arte
na nuova importante mostra che rap-
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presenta una sfida per la Fondazione Giancarlo Ligabue: Power and Prestige. Simboli del comando in Oceania, a Palazzo Franchetti dal 15 ottobre, è un’esposizione inedita per degli oggetti, i bastoni di comando, che da sempre nella storia dell’uomo si accompagnano all’idea simbolicamente rappresentata dell’esercizio del potere. Le parole di Emmanuel Kasarhérou, presidente del Musée du quai Branly-Jacques Chirac di Parigi, riescono a dare la misura dell’importanza della nuova mostra della Fondazione: «Senza temere il superlativo, si può lucidamente affermare che la mostra ideata dall’eminente ricercatore Steven Hooper è di portata storica. Lo è in primo luogo per la qualità e la diversità dei pezzi presentati, ciascuno dei quali possiede una specificità di utilizzo e una originalità formale in cui il gesto dell’artigiano che lavora il legno, la pietra o le ossa di cetaceo si fa arte […]. La qualità della mostra deve molto all’audacia, all’energia, all’entusiasmo di Inti Ligabue con cui ha accompagnato il progetto [...]». Ci permettiamo sommessamente di contraddire il professor Kasarhérou: noi crediamo convintamente che solo l’audacia e il senso di follia costruttiva e visionaria che anima da sempre Inti Ligabue, contagiando i suoi più stretti collaboratori, gli ha permesso con la Fondazione dedicata a suo padre Giancarlo di portare a compimento una mostra apparentemente impossibile in cui, come emerge dalla conversazione con Inti Ligabue medesimo pubblicata qui di seguito, degli oggetti all’apparenza inanimati riacquistano il prestigio e la sacralità che una superficiale visione di noi occidentali, accumulatori seriali per oggetti da depositi museali, avevamo ad essi tolto.
Power and Prestige. Simboli del comando in Oceania 16 ottobre-13 marzo 2022 Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Palazzo Franchetti, Campo Santo Stefano www.fondazioneligabue.it
Come è nata questa incredibile mostra? Con il mio amico Alex Bernand, collezionista e profondo esperto della materia, abbiamo bussato alla porta dello studio del professor Steven Hooper, direttore del Sainsbury Research Unit per le Arti dell’Africa, Oceania e delle Americhe presso l’Università dell’East Anglia nel Regno Unito, tra i massimi esperti internazionali in materia. Una lunga e appassionante chiacchierata tra noi tre ci ha portati fino a qui, all’inaugurazione della mostra Power and Prestige. Simboli del comando in Oceania curata da Hooper e co-promossa dalla nostra Fondazione con il Musée du quai Branly di Parigi, il museo con la più vasta collezione di arte etnografica del mondo, che la ospiterà nella tarda primavera 2022. In mezzo un grande lavoro appassionante di ricerca che ci ha permesso di mettere insieme per la prima volta in Italia e in Europa 126 bastoni del comando: mazze di straordinaria bellezza con diverse funzioni, realizzate nel XVIII e XIX secolo, una decina delle quali appartenenti alla nostra Collezione. Una mostra che può considerarsi una pietra miliare, essendo la prima interamente dedicata a questi manufatti. Quale il significato e l’importanza di questi bastoni? Questa dei bastoni è una mia collezione personale, raccolta negli ultimi 10 anni, pur essendoci sempre l’imprinting di papà Giancarlo. Le spedizioni fatte da lui nell’isola di Pasqua, nelle isole Marchesi, a Papeete, in Indonesia mi avevano già avvicinato a questi oggetti. Ricordo di averlo potuto accompagnare all’isola di Pasqua quando avevo 8 anni e in quell’occasione mi fu regalata una rapa, un oggetto che ricorda una pagaia, in realtà sono delle forme stilizzate maschili. Si trattava di un oggetto moderno, preso ad un mercatino locale, ma suscitò in me da subito un fortissimo interesse, fu allora che nacque la prima curiosità. Per questo dico che la collezione è mia, ma un forte input paterno è innegabile. Fatico a trovare le giuste parole per esprimere l’interesse
tra alberi di legno duro, manufatti che se ne ricavavano e personalità di primo piano è ormai consolidato nelle Fiji, dove i capi sono indicati con il titolo onorifico di duru vesi (palo di vesi).
Inti Ligabue con i bastoni della collezione, photo James Mollison
che emanano direttamente in me questi oggetti, che all’apparenza possono sembrare molto semplici, ma che in realtà presentano una complessità nella forma scultorea, nella patina, nell’attenzione ai dettagli, nel bilanciamento. Questi bastoni nascono come oggetti per prevenire la violenza, per evitare mali peggiori, li considero una intermediazione attraverso l’arte. In essi si ravvisa la stilizzazione di un corpo umano: braccia, testa, pene, l’aspetto fallico è sempre presente. Considerati oggetti sacri, erano conservati dentro scrigni nelle capanne per essere tramandati e simbolicamente la vera sconfitta del nemico avveniva dopo aver bruciato la capanna in cui era contenuto l’oggetto del comando. In tutta l’Oceania vi è un rapporto circolare col tempo, dicono: «cammino all’indietro nel futuro con gli occhi fissi sul mio passato», che significa non può esserci futuro senza conoscenza del passato, gli antenati rappresentano il passato, la famiglia il presente, i figli il futuro. Molti bastoni, realizzati con grande attenzione e con materiali pregiati, presentano caratteristiche o forme antropomorfe: rappresentazioni di antenati, riferimenti a presenze ancestrali come mezzi per attivare un potere divino e svolgere un ruolo protettivo nei confronti di chi li detiene. Gli stessi materiali utilizzati sono associati alla divinità e alla messa in atto del potere: in Polinesia la casuarina è una delle essenze più dure del Pacifico tropicale, comunemente detta legno ferro, mentre nelle Marchesi e nelle isole Cook il legno viene chiamato toa, lo stesso termine che si usa per designare i guerrieri di spicco. A Rarotonga, nelle isole Cook, la casuarina era utilizzata per creare immagini di divinità-bastone che a volte prendevano la forma di scettri. Il rapporto
Come si raccontano in mostra questi oggetti? Il valore scultoreo diventa un elemento fondamentale della loro identità. La prima domanda che ci si pone è relativa al rapporto col divino, con le cerimonie, con la rappresentazione politica, poi tali oggetti vengono anche intesi come doni e per la loro forma. L’abilità scultorea degli intagliatori di questi straordinari manufatti è talvolta impressionante, non erano dei semplici esperti: nelle lingue oceaniche i termini “esperto” o “specialista” includevano anche il nostro concetto di “sacerdote”, alludendo a una dimensione religiosa di queste figure. Si trattava cioè di soggetti cui veniva anche riconosciuto un importante ruolo di mediazione tra l’ordinaria esistenza quotidiana e il regno delle potenze superiori, responsabili della prosperità e produttività della vita dell’uomo. È in parte quello che molti isolani del Pacifico intendono per “mana”: un potere che trascende le qualità umane o la casualità meccanica. La prima domanda che ci siamo posti è stata: «Cosa sono questi oggetti e come si possono chiamare?». Preparando il catalogo, edito da Skira, il primo scoglio che sembrava insormontabile è stato quello di trovarci con la parola mazza ripetuta 1584 volte, le ho contate! E questo termine è assolutamente lontano da quanto vogliamo descrivere. Sono oggetti muniti di eccezionale equilibrio che spaziano da 30 centimetri a oltre tre metri e venti, la loro fluidità di forme, la meticolosità dell’intaglio, della lucidatura e degli ornamenti, uniti a una grande varietà di tipologie di impiego, li rendono oggetti straordinari e non riconducibili a una definizione che li possa comprendere nell’insieme. Persino la terminologia degli indigeni per indicare i differenti tipi di mazze, considerata anche l’eterogeneità dei luoghi di produzioni e l’enorme numero di lingue dell’Oceania – per fare un esempio all’inizio dell’Ottocento persino Vanuatu, un arcipelago relativamente piccolo, aveva oltre duecento lingue attive su una popolazione di nemmeno 150.000 abitanti, mentre si stima che la Nuova Guinea abbia oltre mille lingue distinte – rende il tutto di difficile ricostruzione. Che fossero o meno impiegati in combattimento, moltissimi bastoni venivano comunque usati come accessori di costumi e in esibizioni di vario genere, talvolta grandiose e impressionanti come quelle riportate dalle cronache di alcuni missionari della seconda metà dell’Ottocento. Brandire questi bastoni era segno di forza, di potere e di prestigio. La letteratura marchesana accenna a danze e parate con bastoni, organizzate sia prima di un combattimento sia per festeggiare una vittoria. «È in queste occasioni – scrive Steven Hooper – che ùu e parahua, troppo ingombranti e preziose per essere messe a repentaglio in scaramucce sulle montagne, sarebbero apparse nella loro forma migliore, tirate a lucido e splendenti». Chi studia oggi questi oggetti? Quando ci siamo messi a identificare parola per parola il senso e il contesto di molti oggetti, abbiamo compreso che vi è una mancanza di sensibilità verso questo campo ancora poco frequentato. Ad oggi il nostro curatore, l’antropologo Steven Cooper, è certamente il più importante e accreditato studioso al mondo, un personaggio sui generis, dal grande carisma. Cresciuto ed educato dal nonno James Hooper, un celeberrimo collezionista di arte oceanica vissuto nel Novecento, 37
arte Power and Prestige © photos by Hughes Dubois
INTERVIEW INTI LIGABUE
Tavatava, mazza da lancio con intarsi Figi, Prima metà XIX secolo Venezia, Collezione Ligabue © photos by Hughes Dubois
tra una quantità incredibile di questi oggetti, si forma a Cambridge. Ha vissuto a lungo alle Fiji, imparando la lingua locale. La collezione del nonno si disperde negli anni per motivi familiari – viene in parte donata ai musei e in parte venduta –, tuttavia prima che accadesse ciò, Steven Cooper riesce a creare un grande libro omaggio a suo nonno, raccontando questi oggetti: «Il primo a farmi conoscere i bastoni di comando dell’Oceania è stato mio nonno James. Tra i miei primi ricordi degli anni Cinquanta c’è la stanza con una parete interamente coperta di bastoni ùu delle Isole Marchesi, disposti a incastro uno accanto all’altro per sfruttare al massimo lo spazio. All’epoca la cosa mi sembrava normale. Successivamente mi sono reso conto che non lo era poi tanto [...]». In Italia molti di questi oggetti appartengono o alle raccolte pontificie o a congregazioni missionarie, come quella dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, da cui abbiamo ricevuto due prestiti rilevantissimi, tra cui un raro ‘Ao, un bastone bifronte di comando o bastone da danza proveniente da Rapa Nui, che probabilmente rappresenta nel suo insieme una figura maschile stilizzata. Questo grazie alla presenza di missionari nell’isola di Pasqua sin dal 1800, che in cambio di oggetti di uso comune per la vita quotidiana, riportavano in Occidente questi doni, che avevano perso il loro valore simbolico e religioso con la cristianizzazione dell’Isola. La nostra funzione è di recuperare queste storie, di raccontarle di nuovo e di sensibilizzare sull’umanità comune che si ripete nelle sue pulsioni più naturali, più vere e più profonde. Quindi siamo molto felici di presentare questa mostra che sensibilizza su un tema offuscato 38
negli anni, con i bastoni del comando appesi ai muri come i trofei delle battute di caccia grossa di memoria ottocentesca. Si tratta di oggetti scultorei che non esponiamo appesi ai muri, noi collezionisti vogliamo che ciascuno di essi possa erigersi con una dignità propria e non resti schiacciato al muro, come nelle foto d’epoca sui grandi camini delle dimore inglesi. Paul Klee, Giacometti, Henry Moore, Brancusi conoscevano questi oggetti e li rappresentavano a testimoniare una loro assoluta proporzione e delicatezza, riconoscendo in essi la forma pura. Per poterli esporre al meglio nelle 28 vetrine, contenenti ciascuna 3 o 4 oggetti, abbiamo studiato un sistema di aggancio basato su una calamita, una piastra piatta e una specie di chela che li tiene fissati. Abbiamo curato moltissimo l’illuminazione per permettere una lettura precisa di ogni pezzo, che va visto da vicino per poterne comprendere a pieno la complessità e la ricchezza nella lavorazione. Sapevamo di correre tuttavia il rischio di una certa ripetitività espositiva, il nostro sforzo è stato volto nel fare emergere l’anima di questi oggetti che coprono un arco temporale di tre secoli circa, dal XVII al XIX secolo. Testimonianze anteriori di oggetti non ce ne sono arrivate per la organicità del materiale impiegato che ha favorito la distruzione degli oggetti creati fino a circa il XVI secolo. Quali i confini geografici di questa indagine? Stiamo parlando dell’Oceania, il sesto continente, il più vasto, che è caratterizzato da un triangolo di isole formato dalle Hawaii, dalla Nuova Zelanda e dall’Isola di Pasqua, in esso si trovano Melanesia, Micronesia e Polinesia. La Melanesia è l’isola degli scuri, data dalla caratteristica antropologica, la Micronesia
è rappresenta dalla piccolezza delle isole presenti e la Polinesia, tante isole, Fiji, Tonga e molte altre. In questo enorme spazio viveva una popolazione composta dai più grandi navigatori di sempre. Per fare un raffronto: i Fenici, la cui fama era di grandi navigatori, seguivano le coste, i Vichinghi sono quelli più assimilabili, infatti venivano chiamati i Vichinghi d’Oriente. Questa popolazione ha conquistato dimensionalmente un territorio enorme, un intero Oceano, andando ben oltre quello che hanno fatto tutti i navigatori, soprattutto perché utilizzavano delle piccole piroghe, imbarcazioni minuscole con un bilanciere a lato, con una vela al terzo, quasi come le nostre in Laguna, e usavano la bussola solare basandosi sulle stelle e sul moto delle onde. Tornando ai bastoni, erano oggetti intimidatori, non di utilizzo quotidiano, rappresentavano uno status symbol di guerriero, di protettore, di capo, di sacerdote. Chi realizzava questi oggetti non era un semplice artigiano, era un sacerdote, perché doveva in un certo senso attivarli nella loro forza, c’era una sacralità, così come la si ritrovava in chi doveva costruire le canoe. Si eseguivano dei canti durante il taglio dell’albero che sarebbe diventato una piroga, dopo averlo selezionato, si pregava perché fosse propizio per una buona navigazione, perché l’imbarcazione fosse sana e robusta, e lo stesso valeva per questi oggetti che poi venivano scolpiti, intagliati e oliati per creare una patina dopo mesi e mesi di strofinamenti negli oli, nei fanghi e nelle emulsioni che venivano fatte ad hoc. Un bellissimo detto maori recita: «Alle onde del mare la canoa antepone la propria prua, alle onde della vita l’uomo antepone il proprio coraggio». Loro, mentre noi chiedevamo il Paradiso alla nostra religione, chiedevano alla loro cosmologia di avere coraggio, e il
Alle onde del mare la canoa antepone la propria prua, alle onde della vita l’uomo antepone il proprio coraggio coraggio cercavano di averlo attraverso questi oggetti che rappresentavano i loro antenati. Le prue di canoa portano sempre gli antenati: nelle canoe maori c’è Tangaroa il re del mare, nelle isole Marchesi c’è il Tiki. Cosa vi aspettate da questa mostra? La grande sfida che presenta questa mostra è di evitare la semplificazione e la banalizzazione, associare i bastoni all’idea del “buon selvaggio”. Si tratta di culture raffinate con un importante passato tramandato oralmente, in cui si narravano le gesta di abilissimi navigatori e di una grande divinità del mare, che ricorre in tutte le isole, pur distanti migliaia di chilometri tra loro. Mentre noi distinguiamo anfibi, pesci e mammiferi, per loro sono tutti elementi del Grande Oceano che rappresentano con sacralità negli oggetti, realizzati con parti di materiale prezioso fornito dall’oceano stesso, come l’avorio dei denti di balena e i gusci delle tartarughe o le conchiglie bianche. È in atto un grande processo di recupero del passato e rappresenta un’opportunità per tutte le popolazioni indigene oceaniche, polinesiane e della Micronesia di riappropriarsi di una storia importantissima che in parte forse è stata offuscata da noi occidentali. La Nuova Zelanda per esempio potrebbe cambiare nome in Aotearoa, «terra della lunga nuvola bianca» in lingua maori. Siamo tutti molto curiosi di vedere come andrà la mostra. Piacerà? Verrà compresa?
La formula del bello Peggy e gli oggetti migranti della sua Collezione
Photo Matteo DeFina
Passata alla storia per aver sfidato le convenzioni come collezionista e mecenate, e da sempre celebrata per la sua collezione d’arte moderna europea e americana, nel corso degli anni ‘50 e ‘60 Peggy Guggenheim inizia a guardare oltre i confini dell’Europa e degli Stati Uniti interessandosi all’arte dell’Africa, dell’Oceania e delle culture indigene delle Americhe. Queste opere sono rimaste a lungo in relativo oblio, anche se attraverso le molte fotografie scattate a Venezia, a Palazzo Venier dei Leoni e nell’adiacente barchessa, si scopre come la collezionista esponesse sempre le sculture non occidentali tra le icone moderniste. Questo nucleo eccezionale della Collezione della mecenate raramente visibile al grande pubblico ritorna protagonista: dopo essere stata forzatamente chiusa al pubblico causa pandemia, nella mostra Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim, trentacinque opere di arte non occidentale esposte per la prima volta insieme a Palazzo Venier dei Leoni. L’aspetto assolutamente inedito della mostra è la presentazione degli oggetti in gruppi che privilegiano i contesti originari, oggetti straordinari, per lo più rituali, dei quali noi oggi forse abbiamo perso le tracce, messi parallelamente in dialogo con alcuni capolavori delle avanguardie europee in Collezione. A un pubblico occidentale questi “oggetti” trasmettevano un senso
seducente di estraneità, un’aura idealizzata di esotismo, di sovrannaturale e di autenticità incontaminata dalle insidie della modernità. Picasso, Ernst ed Henry Moore, insieme a molti altri, collezionano quella che all’inizio del Novecento è definita in modo imperfetto arte “primitiva”, ispirandosi ampiamente a questi modelli per sviluppare le proprie indagini sulla riduzione della forma, sulla rappresentazione astratta, e su fondamenti teoretici liberi da usi e costumi occidentali. In particolare, Picasso e la sua passione per l’Arte Africana, i surrealisti come Max Ernst per l’Arte dell’Oceania, ma anche alcuni oggetti delle Americhe indigene che vediamo comparire in opere di artisti come Henry Moore, che le ha potute studiare al British Museum di Londra. Lo scopo della mostra è di studiare il contesto e il significato originale delle opere che è andato perdendosi nel corso della storia dell’arte. Nel loro contesto originale non erano state create come opere d’arte da appendere alla parete per ammirarne la bellezza, ma erano invece oggetti di uso cerimoniale molto importanti, creati da artigiani bravissimi. La loro bellezza era considerata in ragione di rendere speciali le cerimonie e i riti durante i quali venivano utilizzati. Migrating Objects è una mostra complessa che offre la possibilità di comprendere tutti i diversi livelli di interpretazione di queste magnifiche opere. Maria Laura Bidorini Migrating Objects Fino 10 gennaio 2022 Collezione Peggy Guggenheim, Dorsoduro 701 www.guggenheim-venice.it
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arte IN THE CITY
Il destino di un mito Se Venezia muore, se Venezia vive: la risposta al quesito sembra nascondersi nella volontà ottimistica della mostra Venezia 1600 promossa dalla Fondazione Musei Civici di Venezia. Un lungo racconto che diventa un’indagine storico-artistica fra passato e presente (il futuro è ancora un’incognita, anche se date le premesse lascerebbe ben sperare) e un vero e proprio omaggio alle tante nascite e rinascite della Serenissima, già Repubblica di chiara fama, con i suoi dogi illuminati e avventurosi mercanti, nonché capitale ideale della cultura. Dodici le sezioni proposte nell’itinerario espositivo a Palazzo Ducale, luogo celebrativo per eccellenza e fulcro di potere nella storia della città, allestito per l’occasione dal regista d’opera, scenografo e costumista Pier Luigi Pizzi, sotto la direzione scientifica di Gabriella Belli, con la curatela di Robert Echols, Frederick Ilchman, Gabriele Matino e Andrea Bellieni. Un’occasione per rivedere opere note ma anche meno conosciute, circa 250 fra dipinti, manufatti antichi e documenti rari. Fra gli artisti esposti, Carpaccio, Bellini, Palma il Giovane, Veronese, Tiziano, Tiepolo, Rosalba Carriera, Longhi, Canaletto e Francesco Guardi, ma anche Canova, Appiani, Querena, Prosdocimi, per arrivare a Pollock, Vedova, Santomaso e Tancredi. L’unicità di Venezia, al di là della sua leggendaria fondazione “sacrale” del 25 marzo 421, festa dell’Annunciazione, resasi necessaria per convenienza, credo e scelta politica, è indubbiamente in quel suo essere Città eletta, trasformatasi nei secoli in sito straordinario da un punto di vista naturalistico e architettonico, da vivere e continuare a preservare. Venezia quindi protetta dalla Vergine Maria (non a caso anche il Ponte di Rialto ha il rilievo dell’Annunciazione su entrambi i lati, e la colomba dello Spirito Santo scolpita sulla chiave di volta della campata del ponte). Ma Venezia è anche La città di San Marco, con le raffigurazioni dei Leoni marciani simbolo della città, e dell’Evangelista protettore, le cui spoglie furono trafugate nel 828 da Alessandria d’Egitto da mercanti veneziani e portate in Laguna. Venezia personificata è rappresentata nelle vesti di una donna giunonica che riceve dall’Evangelista il vessillo della Serenissima nel dipinto di Bonifacio de’ Pitati (1532) oppure, incoronata e abbigliata con l’ermellino, Venezia riceve da Nettuno le ricchezze del mare in una cornucopia, nella tela di Giambatti40
Giandomenico Tiepolo, Venezia riceve da Nettuno le ricchezze del mare, 1756-1758 | Venezia, Palazzo Ducale
sta Tiepolo (1756-58). Tiziano invece, in un affresco del 1523-24, pone la città sotto la protezione di San Cristoforo, il “gigantesco” santo che trasportò Gesù bambino sull’acqua. È, inoltre, con la spada e la bilancia in mano, che Venezia viene ad incarnare La Giustizia, allegoria del buon governo (si veda anche la statua lignea dorata e policroma che ornava la prua del Bucintoro, la galea cerimoniale del doge). Le sezioni Città dei marinai e dei mercanti ne celebrano la potenza navale e mercantile che durerà fino al XVIII secolo, attraverso la figura di Marco Polo viaggiatore, ambasciatore e scrittore per antonomasia, le vedute prospettiche e le carte nautiche, presenti in mostra insieme ad astrolabi, monete (ducati e zecchini), miniature e libri stampati da Aldo Manuzio, che fondò la sua tipografia nel 1495 (celebre la sua marca tipografica del delfino e l’ancora). Non possono mancare le vivaci insegne dipinte delle Arti o Corporazioni veneziane, che rimasero in vita sino alla caduta della Repubblica, e che adornavano Palazzo dei Camerlenghi. Fra i manufatti, vetri, stoffe, bruciaprofumi e argenti. Fondamentale la renovatio urbis, ovvero la risistemazione di Piazza San Marco sotto il dogato di Andrea Gritti (1523-1538), con l’architetto e scultore Jacopo Sansovino. Ampio risalto alla Peste, con le terribili epidemie del 1576 e 1630, che, oltre alle edificazioni salvifiche della chiesa del Redentore di Palladio (autore ricordato anche con modellini posteriori di suoi progetti irrealizzati per il Ponte di Rialto e lo stesso Palazzo Ducale) e della chiesa di Santa Maria della Salute del Longhena, comportarono misure come le “quarantene”, le “patenti” e i “lockdown” mirati ante litteram, a dimostrare la lungimiranza dei veneziani che precorsero i tempi. Tra le sezioni manifesto dell’esposizione, quelle relative
alle ricostruzioni di monumenti ed edifici in seguito a devastanti incendi: si vedano i rifacimenti di Palazzo Ducale quando bruciò la Sala del Collegio e quella del Senato, nonché la Sala del Maggior Consiglio (1574-1577), con l’intervento pittorico di artisti come Palma il Giovane, Tintoretto e Veronese. È il caso di dire davvero che Venezia è sempre risorta a testa alta da terremoti e ceneri ed è prevalsa per lo più l’idea conservatrice di “com’era e dov’era”, ovvero il ripristino di una situazione preesistente (basti pensare alla fedele ricostruzione del campanile di San Marco, caduto nel 1902 e riedificato nel 1912, e al Teatro La Fenice, bruciato per ben due volte, nel 1836 e 1996 e rifatto nel 2003). Interessanti anche le vedute di Francesco Guardi del rogo di San Marcuola (1789), che coinvolse una sessantina di abitazioni, secondo solo a quello del 1514 che aveva raso al suolo Rialto. La fine della Repubblica nel 1797, è evidenziata da L’ultimo Senato di Bressanin, cui segue la pianificazione urbanistica nel periodo napoleonico, la restaurazione nel 1815 e il ritorno delle opere d’arte in laguna trafugate dai francesi fra i quali i famosi Cavalli di San Marco (grazie anche all’intercessione di Canova). Tra dominazione austriaca e moti del 1848, con in mezzo la realizzazione del ponte ferroviario (1846), Venezia che spera fra rivoluzione e unificazione, raffigurata da Appiani nel 1861 come una donna volitiva quanto provata dagli oltraggi subiti. Una carrellata, fra disegni, modellini, dipinti e fotografie, anche sull’architettura del XX secolo, dalla casa museo della collezionista Peggy Guggenheim (1951) ai progetti di Scarpa per lo showroom Olivetti (1957-58) e di Le Corbusier per un nuovo ospedale a San Giobbe (1964, mai realizzato). Venezia regina del cinema con l’Esposizione d’Arte cinematografica (1932) e già prima capitale dell’arte contemporanea,
An interrogation on the way Venice lives and resists and on how strong future securely grows on the vestiges of a noble past The Destiny of Myth
Andrea Appiani jr., Venezia che spera, 1861 | Milano, Museo del Risorgimento
grazie all’istituzione della Biennale ai Giardini (1895), ha il volto dei nuovi artisti degli anni Cinquanta: è Muro e alghe di Santomaso, è la forte gestualità di lotta sociale e culturale di Vedova in Immagine del Tempo. Ma è anche il brillio colorato e movimentato dei riflessi dell’acqua e pietra di Tancredi Parmeggiani in Soggiorno a Venezia, tela che sprigiona luce e calore, antitesi visiva al bianco e nero fotografico dell’“Acqua Granda”, indimenticabile, del 1966 e della notte fra il 12 e 13 novembre del 2019. E se La Zattera o The Raft di Bill Viola è secondo Gabriella Belli «la trasposizione in chiave allusiva e simbolica» delle minacce e sofferenze patite da Venezia, «catarsi di un percorso che nell’empatia con il pubblico mette a fuoco l’intero significato della mostra», riguardando persone di diversa etnia ed età, «la casualità dell’incontro e la condivisione di un destino fanno di quel gruppo di estranei [sorpresi dall’impeto del getto d’acqua prolungato che non risparmia nessuno, ma che poi finisce, e tutti si salvano], una comunità». E quindi, l’esposizione non può che concludersi con le video-installazioni dello Studio Azzurro e Consorzio Venezia Nuova, a più voci, Mose ed Oltre. Ci si interroga, su una Venezia ecosostenibile, a misura d’uomo ma di respiro internazionale. Sul Mose con le sue dighe mobili. E il turismo sarà sempre l’asse portante dell’economia produttiva? E quale il rapporto con la terraferma, Porto Marghera e Mestre? Quale il ruolo delle istituzioni, delle scienze umanistiche e tecnologiche, delle tante associazioni nel campo della ricerca, del restauro e dell’innovazione presenti sul territorio? Ci si interroga, sulla Venezia che resiste, quella del futuro che trae forza dal passato, quella dove le madri hanno deciso di far nascere e giocare ancora i loro bambini, nei campi e per le fondamente, lungo i rii. Luisa Turchi Venetia 1600. Nascite e Rinascite Fino 25 marzo 2022 Palazzo Ducale, Appartamento del Doge palazzoducale.visitmuve.it
Whether Venice lives or dies – the answer to this seems to be in the optimism that is all about Venezia 1600 exhibition, produced by Fondazione Musei Civici di Venezia. The exhibition is a long narration in the fields of history and art and a homage to the many births and rebirths of the City. Twelve sections follow one another at Palazzo Ducale (the Duke’s Palace, fittingly chosen to celebrate Venice) in a setting authored by opera director, scenographer, and costume maker Pier Luigi Pizzi. The exhibition is a chance to see again art that is both well-known and less so: about 250 pieces including paintings, ancient artefacts, and rare documents. Artists represented are Carpaccio, Bellini, Palma il Giovane, Veronese, Tiziano, Tiepolo, Rosalba Carriera, Longhi, Canaletto, Francesco Guardi, Canova, Appiani, Querena, Prosdocimi, all the way to modern names like Pollock, Vedova, Santomaso, and Tancredi. Venice’s uniqueness lies in its being a chosen city, which over the centuries grew into an extraordinary site from a naturalistic and architectural point of view. Venice is the city of the Annunciation (depicted on both sides of the Rialto Bridge) as well as the city of Saint Mark, whose remains were smuggled from Alexandria in 828. A personified Venice is depicted as a Junoesque woman that is given her own flag by Saint Mark in a painting by Bonifacio de’ Pitati (1532) and, crowned and ermine-clad, by Giambattista Tiepolo (1756-58) as she is given the riches of the sea by Neptune. Titian, in a 1523-24 fresco, paints the city under the protection of Saint Christopher, the ‘giant’ saint that ferried Jesus across waters. Venice is also Justice, or the allegory of fair government, sword and scale in her hands. A section dedicated to Venice as the city of merchants and seafarers celebrates the commercial might of the city, which was to last into the eighteenth century, with the figure of Marco Polo – traveller,
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ambassador, and author par excellence – and with vedutas, nautical charts, astrolabes, ancient coins, books. The renovation of the city under Doge Andrea Gritti (1523-1538) saw the initiation of Piazza San Marco in the way it stands today, a design by Jacopo Sansovino. Ample space is given to the history of the Plague, with its awful bouts in 1576 and 1630. We owe the religious sentiment of the time the construction of the Redentore Church by Palladio and the Salute Church by Longhena, respectively. ‘Quarantines’, ‘passes’, and ‘lockdowns’ were used at the time, a testimony of the foresightedness of ancient Venetians. A further section shows models of buildings that perished under fire, like the Doge’s Palace itself in the mid-1500s. It is no exaggeration to say that Venice has always found a way to rise from its ashes, in most cases as it stood, where it stood – just think of the reconstruction of the bell tower in San Marco, crumbled in 1902 and rebuilt identically in 1912, or the Fenice Theatre, burned down in 1836 and 1996. Interesting artwork by Francesco Guardi testimonies the fire of San Marcuola (1789). The fall of the Republic of Venice, in 1797, is shown in Bressanin’s L’ultimo Senato (The Last Congress), historically followed by the modern urban planning of the years under French and Austrian occupation. Venice is shown In Hope, as a strong-willed yet worn out woman, by Appiani in 1861. An anthology of twentieth-century art comprises pieces on loan from the Peggy Guggenheim Collection and designs by architect Carlo Scarpa and Le Corbusier. Venice is crowned Queen of Cinema thanks to the Venice Film Festival (1932), following her consecration as capital of modern art after the establishment of the Biennale (1895). Overall, an interrogation on the way Venice lives and resists and on how strong future securely grows on the vestiges of a noble past.
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arte IN THE CITY
GRANDI AMORI Passaggio di testimone Il Bravo di Tiziano ospite alle Gallerie dell’Accademia
Una mostra dedicata ai Maestri del Novecento italiano Arturo Martini, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis, appositamente pensata per il piano nobile della Galleria di Palazzo Cini e concepita come omaggio a Franca Fenga Malabotta, recentemente scomparsa, e alla sua intensa, lucida e appassionata opera di testimonianza e valorizzazione dell’eredità culturale del marito, noto critico d’arte, poeta, collezionista triestino Manlio Malabotta (1907–1975). I tre artisti sono infatti tra i più rappresentativi del gusto e delle predilezioni collezionistiche di Malabotta, una delle più affascinanti personalità culturali del Novecento giuliano. Nel 2020 le collezioni d’arte della Fondazione Giorgio Cini si sono arricchite grazie ad un ingente lascito testamentario disposto proprio da Franca Fenga Malabotta, vedova di Manlio, la cui fama è legata alla celebre e ricchissima raccolta di dipinti e di grafica di Filippo de Pisis, oggi conservata presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara. Il lascito annovera un poderoso corpus di opere grafiche e di libri illustrati dei più importanti artisti italiani e giuliani del Novecento, tra le quali un acquerello e due acqueforti di Giorgio Morandi; e di un pregevole nucleo di opere di Arturo Martini, tra cui la splendida terracotta con l’Ofelia del 1932, il bronzo Donna al mare dello stesso anno, il gesso La sete, bozzetto preparatorio per l’omonima scultura in pietra di Finale del 1934, e la Natura morta, olio su cartone, del 1945. Il lascito alla Fondazione Cini si qualifica come una delle più importanti acquisizioni degli ultimi anni da parte dell’Istituto di Storia dell’Arte. Arturo Martini, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis Il Lascito Franca Fenga Malabotta 1-31 ottobre Palazzo Cini. La Galleria, San Vio, Dorsoduro 864 www.palazzocini.it
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Nell’interessantissima storia del collezionismo veneziano un capitolo straordinario è sicuramente quello cinquecentesco. La memoria di queste ‘moderne’ raccolte d’arte è giunta fino a noi grazie all’esistenza di numerosi e preziosi inventari e dal loro studio fatto in anni recenti. Sicuramente spicca quel manoscritto di Marcantonio Michiel, Notizie d’arte (Biblioteca Marciana) nel quale il collezionista e connoisseur annota la collocazione e descrizione di alcune tra le più celebri opere dei primi decenni del secolo. Anche il Bravo è citato nella collocazione originaria a partire dal 1528, si tratta della collezione veneziana del patrizio e avvocato Zuanantonio Venier con la sintetica descrizione: «Le due figure che si assaltano furono de Tiziano». Il quadro rimase in famiglia fino agli anni trenta del Seicento e giunse nella collezione dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria nel 1649, con un breve passaggio nella collezione del duca di Hamilton. È in questo secolo che avviene anche il cambiamento attributivo dell’opera, non più a Tiziano ma a Giorgione, non a caso la discendenza giorgionesca dell’opera è chiara soprattutto nella contrapposizione dei personaggi a mezza figura che si stagliano su uno sfondo scuro. Da quel momento il dipinto riscosse un notevole successo tanto da venir replicato e diffuso attraverso le incisioni e descritto dalla critica dell’epoca come opera di Giorgione e con il titolo di “il Bravo”, ancor oggi in uso. L’attrazione era soprattutto nel enigmatico soggetto trattato, dibattito che continua ancor oggi ad impegnare la critica. Forse tratto dalla storia romana, ispirata all’assalto di Celio Plozio da parte di Claudio raccontata da Valerio Massimo (Ridolfi 1648; Boschini 1660) oppure un episodio di un’aggressione realmente accaduta nel secolo XIV da parte di un antenato della famiglia Venier, come proposto più di recente. O forse l’affascinante ipotesi della cattura di Bacco, dai lunghi capelli e il tralcio di vite, da parte di Penteo re di Tebe che voleva impedire la diffusione del culto bacchico raccontato in Euripide e Ovidio. Comunque sia questa potente e originale creazione artistica di un giovane Tiziano che guarda a Giorgione, «ricca di intrecci di sguardi, di guizzi di luce e macchie di colore che enfatizzano la penetrazione psicologica del racconto» (Del Torre) è un motivo in più per ritornare alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Il Bravo prende il posto della Vecchia di Giorgione per un breve periodo ma sembra esser stato dipinto per quella parete, dove dialoga con la Tempesta e Il Concerto del maestro di Castelfranco. Possiamo tutti comprendere chiaramente quante possono essere le difficoltà e le incertezze attributive, spesso riscontrate anche in altre opere, tra la produzione di questi due giganti della pittura veneziana: un affermato Giorgione e un giovane, ma già sorprendente, Tiziano. Franca Lugato Tiziano Vecellio, Il Bravo, 1515-1520 (Vienna, Kunsthistorisches Museum) Fino 20 gennaio 2022 Sala VII, Gallerie dell’Accademia www.gallerieaccademia.it
SEGNI CONTEMPORANEI Il giorno più lungo Una ricca e stimolante mostra antologica per Guidi
«Due verità che hanno bisogno d’incontrarsi»: il tentativo di esprimere la compiutezza umana, come intuizione tra carne e spiritualità, luoghi e tempi commensurabili quanto eterni, nell’incompiutezza dell’espressione pittorica, è ben sintetizzato da un’artista come Virgilio Guidi (1891–1984), che non a caso parlando di sé aggiunge: «Non sento la pittura sensibile, o di sentimento o solo mentale. […] Al trinomio: istinto, anima, spirito, corrisponde colore, luce e forma». L’unico linguaggio possibile, che tutto unifica e lascia immaginare, non può essere per lui che la Luce: meridiana, zenitale e spaziale, sempre intrinseca all’opera d’arte, che lascia presagire bagliori d’infinito. La ricca e stimolante mostra antologica di Guidi, a cura di Stefano Cecchetto, Giovanni Granzotto e Dino Marangon, è un doveroso omaggio al pittore romano che tanta parte della sua vita trascorse e dedicò a Venezia. Emblematico il suo dipinto La Littorina (193637), scompartimento evanescente sul fil rouge della memoria, con nel fondo il suo autoritratto e la moglie Adriana seduta in primo piano, i due finestrini che aprono rispettivamente a sinistra verso il passato della campagna romana di forme e toni cezanniani e a destra nel blu sintetico della solitaria laguna veneziana. Allievo di Giulio Aristide Sartorio all’Accademia di Roma, Guidi si immerge nella stagione del ritorno all’ordine e di Novecento italiano: la sua composta rivisitazione del classicismo, svaporerà pian piano in una materia pittorica vibrante di tonalismi sempre più rarefatti. L’inquietudine sospesa del “Guidi poeta”,
autore di numerose poesie, emerge già nelle variazioni del ciclo dei Ritratti della moglie Adriana che legge o dorme (1928), per giungere alle espressionistiche ed iconiche Figure o Baronesse degli anni Cinquanta. Epifanie luminose dai grandi occhi azzurri, del colore dei suoi Cieli antichi, le sue Nuove Figure che scrutano il mondo, prigioniere dei loro placidi interrogativi insoluti (1963-66), per poi lasciar il posto negli anni Settanta ai soli Occhi nello spazio a guisa di pesci come bianche onde. Cavallo di battaglia i suoi paesaggi, riuniti anche nella collezione Sonino, che evidenziano un itinerario parallelo alla ritrattistica, teso ad «attuare una possibile unione tra le cose visibili e invisibili, tra le figure della mente e quelle dell’esperienza». Si parte negli anni ‘20‘30, con il dinamismo ondulato di agglomerati di case della campagna romana, le Venezie di palazzi e canali debitori di Canaletto, Guardi e Ciardi. Celebri le sue stemperate trasformazioni o variazioni liquide e atmosferiche dell’Isola di San Giorgio, così come le minimali Marine zenitali, sintesi plastica e bidimensionale di macchie di sole, cielo e mare, albe e tramonti concettuali (anni ‘40-‘50) per giungere infine alle più astratte Marine spaziali di linee, colori e triangolazioni uniformi. Luisa Turchi Omaggio a Virgilio Guidi. Con uno sguardo alla Collezione Sonino Fino 7 gennaio 2022 Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di Piazza San Marco, San Marco 71/c Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826 Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ D’Oro, Cannaregio 3932 www.bevilacqualamasa.it
Fondazione Berengo e WonderGlass mettono in mostra, in una tradizionale fornace di Murano e in una della più antiche farmacie di Venezia, la visione dinamica e possibile del futuro del vetro. Glass to Glass abbatte gli steccati di genere e mescola arte e design in un nuovo linguaggio che diventa segno contemporaneo e pensiero visionario. L’idea sta nella materia, il vetro dall’identità in continua ridefinizione e dalle infinite possibilità, e nell’incontro di artisti e designer di fama internazionale con maestri vetrai muranesi, custodi di una tradizione millenaria. Dare una nuova prospettiva a questo antico materiale non è solo aprire lo sguardo dell’arte, offrendo nuovi terreni di sperimentazione al Contemporaneo, ma soprattutto ridare dignità a un mestiere unico e antichissimo e a un’Isola, troppo in affanno o forse solo incapace di guardare nella direzione giusta. Glass to Glass Fino 21 novembre Fondazione Berengo Art Space, Campiello della Pescheria, Murano Berengo Collection, Calle Larga San Marco 412-413, Venezia www.fondazioneberengo.org
IL FUOCO DELLE IDEE Doppia mostra, curata da Marino Barovier, dedicata alla produzione di due artisti e designer che furono presenti alla Venini dagli anni Sessanta. Ognuno di loro, con la sua forte personalità, contribuì a caratterizzare la produzione della vetreria che, in quegli anni di grande trasformazione, seppe proporre nuovi modelli senza rinunciare all’uso del colore e riuscì a rispondere alle nuove esigenze di essenzialità provenienti dal mondo del design. Il primo aspetto venne sviluppato soprattutto attraverso il lavoro di Toni Zuccheri e in particolare con i suoi vasi dalle intense colorazioni e dalla linea organica, ispirata al mondo vegetale. Il secondo aspetto, un nuovo approccio al vetro, fu opera del finlandese Tapio Wirkkala che seppe coniugare la sua cultura del vetro nordico con le lavorazioni muranesi, raggiungendo risultati divenuti oggi iconici. Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri alla Venini 21 novembre-13 marzo 2022 Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio Maggiore lestanzedelvetro.org
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arte IN THE CITY
La pittura è morta, anzi vivissima Peter Fischli, chiamato da Fondazione Prada a realizzare un progetto ambizioso e personale, mette in forma mostra a Palazzo Corner della Regina la crisi della pittura lungo il Novecento fino al Contemporaneo, tracciando «un sentiero narrativo lungo queste linee di rottura, intervallato da qualche deviazione illuminante» (P.F.). La sua opera diventa così l’idea stessa di curatela e di allestimento, “una scultura di una mostra di pittura”, che si traduce in un sistema di pareti temporanee che attraversano e sezionano gli spazi espositivi, passando attraverso le soglie che collegano le diverse stanze per rendere manifesta la continuità di intenti degli artisti presentati in mostra. Sovrapposizioni e continuità, quindi, per offrire al pubblico una pluralità di attitudini, approcci e gesti, per narrare storie di negazione e creazione, di svolta e ripensamento in relazione alla comparsa di nuovi fattori sociali, valori culturali e progressi tecnologici, che tuttavia testimoniano il perdurare della passione per il dipingere come
gesto di espressione, auto-rappresentazione e autocoscienza. Fischli li definisce “un caleidoscopio di gesti ripudiati” che risponde a dubbi sorti attorno ai canoni della storia dell’arte, constatando come, nell’ultimo secolo, diverse generazioni di artisti abbiano dichiarato che la pittura è prossima alla fine, ma spesso, nel farlo, l’abbiano anche rivitalizzata e reinventata. Prima di guardare agli altri artisti e alle loro opere di rottura reale o apparente, l’artista svizzero si interroga ripercorrendo mentalmente la personale evoluzione artistica, che soprattutto con David Weiss (1946–2012) dal 1979 mostra l’utilizzo di una grande varietà di media tra cui video, scultura, installazione e fotografia, per restituire un mondo come spazio aperto, che ribalta la quotidianità e reinventa nuovi universi possibili. «Perché smettere di dipingere? Meglio smettere di smettere di dipingere». M.M. Peter Fischli. Stop Painting Fino 21 novembre Fondazione Prada Venezia, Ca’ Corner della Regina Santa Croce 2215 - www.fondazioneprada.org
Photo Miro Kuzmanovic © Kunsthaus Bregenz
A parti alternate Un artista, George Baselitz, due mostre diverse, Archinto e Vedova accendi la luce, un forte legame con Venezia, tappa importante per la sua carriera (negli anni Ottanta aveva rappresentato la Germania alla Biennale Arte), un dialogo aperto tra antico, moderno e contemporaneo. Archinto a Palazzo Grimani (fino al 27 novembre) mette in mostra dodici opere dell’artista tedesco inserendole dove prima vi erano delle cornici settecentesche che ospitavano i ritratti della famiglia Grimani, ora rimaste irrimediabilmente vuote. Le tele presentano un astrattismo particolare e una grande attenzione al colore: Baselitz reinterpreta i ritratti ormai dispersi dando forma a teschi rovesciati, enormi clessidre che segnano il tempo trascorso da quando Palazzo Grimani era vivo ed abitato ad oggi. Ai Magazzini del Sale, sede della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Baselitz si pone in dialogo diretto con l’artista veneziano: Vedova accendi la luce (fino al 31 ottobre) testimonia infatti la loro profonda amicizia, un rapporto
© Georg Baselitz
fatto di consuetudine e vicinanza, evidenziato in particolare dal fatto che una parte dei lavori esposti sono realizzati alla maniera di Baselitz, mentre altri a quella di Vedova, in un continuo gioco di rimandi dall’uno all’altro artista. Altri dieci dipinti in mostra sono dedicati al tema del gelato (Speiseeis), dove la matière, caratteristica principale dei quadri più espressionisti di Baselitz, è stemperata. Ciò è dovuto al processo che consiste nell’imprimere una seconda tela sulla prima tela dipinta con grandi quantità di materia/colore. Baselitz lavora creando immagini efficaci,
partendo da un processo imprevedibile e rischioso, che allontana l’artista dal risultato. Inoltre, la sua celebre abitudine di capovolgere i quadri, inaugurata nel 1969, è un altro mezzo che Baselitz utilizza per far divergere l’immagine dal sentimento o dall’empatia, sia dell’artista stesso che del visitatore. Due mostre da non perdere. Luigi Crea Georg Baselitz – Archinto Palazzo Grimani Vedova accendi la luce Fondazione Emilio e Annabianca Vedova polomusealeveneto.beniculturali.it www.fondazionevedova.org
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arte IN THE CITY
OCCUPY TEATRINO © Gianni Berengo Gardin
Andrea Di Lorenzo, Foglie di fico, 2019
Pensato come luogo di incubazione di nuove forme di espressione artistica, il Teatrino di Palazzo Grassi abbatte una nuova barriera presentandosi come spazio aperto a nuovi format espositivi, ibridi e laboratoriali, indipendenti dai tracciati del contemporaneo “musealizzato” di Palazzo Grassi e di Punta della Dogana e rivolti nello specifico a un pubblico giovane e dinamico, aperto alle sperimentazioni. Ispirato alle riflessioni sull’essere corpo avviate dai grandi maestri teatrali di inizio Novecento come Artaud, Copeau, Decroux, Mejerchol’d, Gestus, a cura di Video Sound Art, è una mostra collettiva concepita come un corpo in continua evoluzione animato da opere video, installazioni, performance di artisti affiancati da performer. In Gestus I atto: Rifare il corpo dal 15 ottobre al 24 novembre l’accento viene posto su pratiche artistiche che frammentano i confini fisici e concettuali del corpo con opere di Enrique Ramirez e Luca Trevisani, accompagnate dalle performance di Enrique Ramirez (15 ottobre), Caterina Gobbi (16-17 ottobre), Andrea Di Lorenzo (15-16 ottobre). In Gestus II atto: Il montaggio delle azioni dal 1 dicembre al 15 gennaio 2022 l’attenzione si sposta sulle strutture profonde che governano i comportamenti umani attraverso le opere di Ludovica Carbotta e Driant Zeneli e le performance di Ludovica Carbotta con Benedetta Barzini (1 dicembre), Annamaria Ajmone (4 dicembre) e Driant Zeneli (15 gennaio). Gestus I atto: Rifare il corpo / 15 ottobre-24 novembre II atto: Il montaggio delle azioni / 1 dic.-15 gen. 2022 Teatrino di Palazzo Grassi, San Marco 3260 www.palazzograssi.it
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© Maurizio Galimberti
Doppio sguardo La Venezia ‘muta’ di Berengo Gardin e Galimberti Un originale percorso parallelo in cui due grandi maestri della fotografia del Novecento, Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti, accompagnano il visitatore lungo un ideale itinerario attraverso Venezia, fatto di iconiche immagini e di dinamiche istantanee. Venezia, Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti. Due sguardi a confronto, curata da Denis Curti e promossa e organizzata da Fondazione di Venezia, negli spazi di Rio Novo, è il nuovo progetto culturale attraverso cui la Fondazione celebra i 1600 anni della nascita della città. «Il bianco e nero classico di Gianni Berengo Gardin – rivela Denis Curti – coglie una città che pare immutata nel tempo, ma che è ancora capace di svelare segreti e inediti punti di vista. Le composizioni in Polaroid di Maurizio Galimberti sono, per contro, l’occasione di “aggiustare” la nostra mira e il nostro sguardo verso una dimensione surreale e metafisica. Due maestri impegnati in un dialogo a distanza per costruire una vera poesia per gli occhi». Attraverso i loro personalissimi e inconfondibili stili, impressi in oltre una ventina di scatti, Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930) e Maurizio Galimberti (Como, 1956) creano due linguaggi espressivi che, senza la necessità di parole, raccontano e svelano una città che il trascorrere del tempo ha in parte manipolato e rimosso. VENEZIA. Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti Fino 9 gennaio 2022 Fondazione di Venezia, Rio Novo www.fondazionedivenezia.org
NUDO DAVANTI ALL’OBIETTIVO Lo specchio del fotografo
La vita è adesso?
© Sergio Del Pero / Circolo Fotografico La Gondola
Un affiatato gruppo di eccellenti fotografi intrisi di venezianità, che compongo lo storico Circolo Fotografico La Gondola, offre una presa di coscienza visiva su Venezia e sui suoi destini, non tanto in nome di una esteticità puramente amatoriale quanto come prova della capacità della fotografia e di questi fotografi di schierarsi, di alzare la voce, di narrare con efficacia una realtà sempre più difficile da gestire. La Venezia umana – La Venezia disumana, ospitata nelle Sale De Maria della Casa dei Tre Oci e promossa dalla Fondazione di Venezia, mette in mostra le contraddizioni di una città fatta di luci e di ombre, raccolte in due sezioni connesse ma indipendenti. Ne La Venezia umana, lo strumento narrativo è costituito da una serie di fotografie di Sergio Del Pero (1913–1987), considerato uno dei più grandi fotografi del Novecento italiano, anche se poco conosciuto dal grande pubblico. Del Pero racconta una città incarnata dai suoi abitanti, fatta di fatica e di speranze, di forza e di fragilità, di svago e di lavoro. Una Venezia popolare e popolana. La Venezia disumana è invece sintesi della forza espressiva di 24 fotografi del Circolo Fotografico La Gondola, che con i loro scatti documentano le scelte non a misura d’uomo di uno sviluppo e di una progettazione urbanistica in cui Venezia è stata progressivamente spogliata della sua vocazione a essere luogo da abitare e da vivere nel quotidiano, per essere trasformata in città da consumare frettolosamente e senza alcuna partecipazione. Una città che comunque non ha perso la voglia di ricominciare.
Una Venezia senza ombre, in cui la dimensione del tempo riesce a superare l’idea tradizionale di storicizzazione, è quella proposta in mostra a Palazzo Grassi con HYPERVENEZIA, progetto dedicato alla città per i suoi presunti 1600 anni di vita, ideato e realizzato da Mario Peliti con Venice Urban Photo Project e curato da Matthieu Humery. Un percorso immersivo composto da circa 400 fotografie che ripercorrono un ideale itinerario per i Sestieri di Venezia, da una mappa site-specific della città formata da un mosaico di circa 900 immagini geolocalizzate, da un’installazione video di oltre 3.000 fotografie che scorrono, accompagnate da una composizione musicale inedita realizzata ad hoc da Nicolas Godin, del duo di musica elettronica Air. La Venezia che Peliti conobbe negli anni ‘70 del secolo scorso, quando era studente al Collegio Navale Morosini, era completamente diversa dalla città odierna. Allora i pochi alberghi chiudevano nel periodo invernale e i palazzi mostravano il segno del tempo in maniera drammatica, Venezia era una città ancora in parte operaia; oggi, la città è iperaffollata e sempre spinta al massimo, la cui bellezza viene esaltata nei palazzi tornati in gran parte splendenti e nuovamente vivi di vita effimera, fatta di arrivi e partenze. La Venezia che ci appare nella quotidianità, scompare in mostra lasciando emergere un tessuto urbano parallelo, vuoto, al di fuori del tempo, senza visitatori e senza abitanti, inesorabilmente immobile. Fabio Marzari
La Venezia umana – La Venezia disumana Fino 1 novembre Casa dei Tre Oci, Giudecca www.treoci.org
HYPERVENEZIA Fino 9 gennaio 2022 Palazzo Grassi, San Marco 3231 www.palazzograssi.it
Il fotografo americano finlandese Arno Rafael Minkkinen – subito dopo Robert Mapplethorpe, Francesca Woodman, Cindy Sherman e molto più tardi John Coplans – è stato uno dei primi artisti a lavorare con l’autoritratto, non solo all’interno, ma a situarsi direttamente e principalmente – un corpo completamente nudo – all’aperto nella natura stessa e in molte occasioni all’interno degli ambienti urbani, per quella che è diventata una delle coerenze artistiche espressive più lunghe e ininterrotte nella storia del genere. Essere il protagonista di sé stesso ha aperto un dialogo completo tra lui e l’ambiente circostante, generando sfide continue, superate con una creatività e audacia insuperate. In ogni fotografia che Minkkinen ha realizzato nel corso della sua carriera durata cinquant’anni, ha stabilito linee guida rigorose per definire un linguaggio autonomo e unico. Mentre la composizione di ogni scatto è pianificata meticolosamente nella sua mente, l’otturatore della fotocamera agisce con una velocità impercettibile: l’immagine che ne risulta catturata è ciò che attrae Minkkinen. LaToletta SpazioEventi con il suo curatore Michele Alassio apre la stagione dei progetti dedicati ai grandi della fotografia, con un percorso che traccia strade note ma non battute dal grande pubblico per restituire la vocazione stessa del nuovo Spazio, aperto da pochi mesi, quella di indagare dal di dentro la fotografia. La mostra Arno Rafael Minkkinen. Within, in collaborazione con Barry Friedman Ltd., New York, che inaugura il 5 novembre, presenta venti sue immagini fotografiche uniche al mondo come concezione. Arno Rafael Minkkinen. Within 5 novembre-7 gennaio 2022 laToletta Spazio Eventi, Fondamenta di borgo, Dorsoduro 1134 - www.tolettaeventi.com
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arte GALLERIES
GALLERIA ALBERTA PANE MARIE DENIS | IGOR EŠKINJA | LÉONARD MARTIN DAVIDE SGAMBARO | LUCIA VERONESI A Bartleby Fino 6 novembre
ALMA ZEVI ESME HODSOLL Air du Temps Fino 6 novembre
Installazione o fotografia? Tela o performance? Scultura oppure opera a parete? Le opere dei cinque artisti scelti per la collettiva A Bartleby incarnano le suggestioni del mite, pallido ed emaciato scrivano di Melville, un uomo senza referenze, beni e particolarità, che oppone una silenziosa, passiva e impavida resistenza alle richieste dell’uomo di legge per cui lavora. Se Bartebly, nella sua condizione esistenziale di assurda immobilità, cessa persino di svolgere la sua attività di copista, venendo meno alla trascrizione pedissequa della parola e innescando un circolo infinito di sospensione, gli artisti in mostra fanno di questo terreno fertile e indeterminato la fonte di tutte le determinazioni. Le opere vegetali di Marie Denis (Francia, 1972) fissano la condizione transitoria dell’elemento naturale. Poste a terra e appese al muro, sculture, installazioni, éstampes su carta e opere su vetro intessono un continuo e sempre rinnovato dialogo con lo spazio e il fruitore. Il ruolo del fruitore è essenziale anche nelle opere di Igor Eškinja (Croazia, 1975), il quale costruisce la sua visione artistica nel sottile punto d’incontro tra materialità e immaterialità, tra bidimensionalità e terza dimensione, nella tensione tra pluralità e vuoto, in una sfida di limiti e possibilità della percezione. Silenzio e quiete caratterizzano gli ambienti dipinti su tela da Léonard Martin (Francia, 1991): gli elementi scenografici rappresentati, in apparenza inerti e statici, incarnano invero le possibilità di una storia passata e, nel contempo, quelle di un’esperienza non ancora avvenuta. Oltre che per una duplice natura di atto performativo e pittorico, le opere in mostra dell’artista Davide Sgambaro (Italia, 1989) riecheggiano visualmente le parole dello scritto di Melville nell’ironica, eppure desolata, constatazione della condizione di precarietà dell’uomo contemporaneo. Nei suoi lavori egli affronta, attraverso diversi media, timori, inadeguatezze e credenze della società. Proprio l’ambiente sociale e quello dell’intimità, l’esterno e l’interno, l’assenza, che è in realtà forte presenza sono i binari su cui si muove la pratica artistica di Lucia Veronesi (Italia, 1976), in un perpetuo divenire in cui l’accumulo di tecniche e materiali cela, modifica e disvela.
Selezione inedita di dipinti a olio realizzati nel corso degli ultimi cinque anni dalla giovane artista inglese Esme Hodsoll (Londra, 1992). Ogni elemento dei suoi dipinti appare viscerale e vitale: laddove la maggiore parte della pittura figurativa contemporanea è illustrativa e provocatoriamente grottesca, la sua è sobria, evocativa e poco appariscente. «Voglio usare oggetti e persone per comunicare sensazioni – dice l’artista – Per citare Cézanne: “dipingere secondo la natura non è copiare l’oggetto, è realizzare le nostre sensazioni”. Questo è ciò per cui mi impegno, e in termini di stile – se si può chiamare così – miro a farlo nel modo più sottile possibile». Nelle sue immagini, un sacco di plastica nera diventa un lussuoso drappo con la lucentezza della seta spiegazzata; un esile boschetto di ranuncoli in primo piano, al contrario, sembra fuori misura, alieno, come se fosse tratto dall’immaginazione del tormentato pittore di fate vittoriano Richard Dadd. Un fico lasciato troppo a lungo sul davanzale di una finestra al caldo gocciola lentamente i suoi succhi proprio sul condizionatore sotto, formando una bolla color prugna sul metallo bianco; una crepa appena percettibile nell’intonaco agisce quasi come una risposta architettonica al frutto in decomposizione. Questi dipinti richiamano alla mente i lavori di alcuni artisti – Euan Uglow, Lucian Freud, Vilhelm Hammershoi e Walter Sickert, per citarne alcuni – ma non si sentono mai derivati, lasciando la netta sensazione che nessun altro avrebbe potuto crearli. Ma al di là di ogni altra cosa, irradiano quel tipo di tensione aumentata, il senso di movimento imminente, che pochi pittori riescono a comunicare. «Voglio che le cose siano cariche, come l’atmosfera nell’aria prima della tempesta», dice l’artista. In questi termini, Hodsoll è riuscita a realizzare bene e accuratamente la sua visione.
Galleria Alberta Pane Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/h albertapane.com
Alma Zevi Venice Salizzada San Samuele, San Marco 3357 www.almazevi.com
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SPAZIO SALENBAUCH MARLENE BART Je, je suis si fragile a cura di Petra Schaefer
AKKA Project CYRUS KABIRU In Venice Fino 31 ottobre
15 ottobre-10 novembre
Una selezione di opere realizzate da Marlene Bart (classe 1991) a Murano nell’ambito di una residenza artistica promossa e ospitata dal Centro Tedesco di Studi Veneziani e della Fondazione Berengo. Nella fornace a Murano l’artista ha realizzato 12 opere in vetro eterogenee che possono essere racchiuse nel concetto di “studi anatomici degli animali”. In pochi giorni, Marlene Bart ha creato assieme a maestri vetrai assemblage, sculture e opere soffiate di diverse dimensioni, colori e forme. Il titolo Je, je suis si fragile segna il momento di ‘ribalta’ della serie, che gioca con il cliché di Venezia nel suo cromatismo, ma ricorre alla conoscenza scientifica nella sua forma. Con un profondo studio del comportamento degli animali, piuttosto vario e bizzarro, durante l’accoppiamento, l’artista ha guidato i maestri vetrai con foto, disegni e modelli. Nel processo di lavorazione – la massa di vetro viene riscaldata a 1400 gradi e poi raffreddata a 500 gradi durante la lavorazione – ha potuto reagire a intuizioni e ispirazioni, aggiungendo così nuovi aspetti alla vita amorosa degli animali. Je, je suis si fragile – il vetro di Murano è solido, tralucente ed estremamente delicato, rievocando con l’essere in pericolo il memento mori. Al contempo c’è l’altro lato, quello della bellezza e del lusso, originato da un mestiere in grado di conferire una fragile durata alle bolle di sapone. È proprio la delicatezza, e in primis la delicatezza del materiale che va a sottolineare il titolo di questo gruppo di opere, tratto dalla canzone Libertine di Mylène Farmer. Spazio Norbert Salenbauch Calle XXII Marzo, San Marco 2382a (entrata da Calle Sartor da Veste) www.dszv.it
«Most of my projects are freestyle. I don’t plan tomorrow. And I’m very happy.» L’artista pluripremiato Cyrus Kabiru è stato selezionato per la terza edizione di AKKA Project | Residenza d’artista di Venezia. Kabiru (Nairobi, Kenya, 1984) è un artista multidisciplinare autodidatta, noto per i suoi spettacoli scultorei o C-Stunner, realizzati con oggetti recuperati e materiali riciclati provenienti dalle strade di Nairobi. Il design delle sue opere racchiude la sua visione del futuro. Ogni C-Stunner è il prodotto di un processo di innovazione intimamente legato alla sua storia di vita. Kabiru fa riferimento sia alla sua casa in Kenya che ai paesi e alle città internazionali in cui viaggia. Le sue intricate opere scultoree portano al limite estremo i confini dell’artigianato convenzionale, della scultura, della fotografia, del design e della moda, contaminandoli e annullandoli in un nuovo terreno spaziale ed estetico. Riproporre e reinventare opere utilizzando utensili colorati, legno, fili, tappi di bottiglia e altri oggetti scartati, rappresenta per l’artista un modo per sentire il profondo legame con la sua terra e al contempo aiutarla attraverso il riciclo, come fosse “un guerriero della natura”. Importante per il suo percorso l’esperienza della residenza artistica a Venezia, durante la quale ha ricercato nuovi punti di incontro e interazione con il patrimonio culturale, la scena artistica locale e internazionale. Cyrus sta lavorando con artigiani veneziani, sta utilizzando i loro materiali e la loro esperienza, per creare opere che riflettono sia l’atmosfera, la cultura, i colori di Venezia, sia il suo stile particolare, ironico e intrigante. AKKA Project Ca’ del Duca, Corte Duca Sforza, San Marco 3052 akkaproject.com
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arte
NOT ONLY VENICE
AL DI LÀ DEI MURI
A.R. Penck (1939–2017) è tra i più importanti artisti tedeschi della seconda metà del Novecento, colui che, insieme ad altri pittori e compagni – Baselitz, Lüpertz, Polke, Richter, Immendorff e Kiefer – ha saputo esprimere le contraddizioni della Germania post-nazista e del conflitto Est-Ovest mediante un linguaggio originalissimo seppur concepito nelle forme espressive tradizionali, come pittura, disegno e scultura. Una importante retrospettiva al Museo d’arte di Mendrisio ripercorre le principali tappe del suo percorso creativo. Nato a Dresda, Penck per decenni è attivo nella Germania dell’Est con opere di chiara ispirazione socialista. Molto osteggiato, espone raramente nell’allora DDR. È soltanto dall’inizio degli anni Settanta che Penck riesce a partecipare a mostre in Svizzera, Paesi Bassi e Canada. Nel 1972 espone a Documenta 5 di Kassel chiamato da Szeemann. Nel 1980, quando, dopo l’ennesimo contrasto con le autorità, emigra all’Ovest, A.R. Penck è ormai considerato uno dei protagonisti della scena pittorica mondiale e ha già suscitato grande interesse a New York. Basquiat e Haring lo ammirano per la sua vigorosa pittura monumentale, capace di delineare la complessità del mondo con la spontaneità e l’immediatezza di un graffitista. Nel 1984 viene celebrato con una personale alla Biennale di Venezia; nel 1988 la Neue Nationalgalerie di Berlino lo consacra definitivamente con una grande retrospettiva. A.R. Penck 24 ottobre-13 febbraio 2022 Museo d’arte di Mendrisio (CH) www.mendrisio.ch/museo
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Cortocircuiti identitari Il leone rampante di Vezzoli conquista Firenze
Una “staffetta generazionale”, come l’ha definita la co-curatrice del progetto Cristiana Perrella, direttrice del Centro Pecci, quella tra Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli: i due avevano rappresentato l’Italia alla Biennale Arte del 2007 e adesso le loro opere si trovano nuovamente a dialogare in una delle agorà più iconiche del Paese, Piazza della Signoria a Firenze. Il maxi Abete di Penone, tra sconcerti e polemiche, lascia il posto all’opera Pietà (2021) dell’acclamato artista bresciano che andrà a occupare, fino al 2 febbraio 2022, il vertice di un ideale triangolo tra la Fontana del Nettuno di Bartolomeo Ammanni e il Monumento equestre di Cosimo I de’ Medici del Giambologna. Un imponente leone rampante novecentesco stritola tra le fauci una testa romana del II secolo d.C., il cui corpo inerme giace accasciato ai piedi di un basamento antico, ricordando nella posa e nelle flessuose pieghe dei panneggi la tradizione scultorea michelangiolesca. Un’installazione site-specific che nella rappresentazione di un atto efferato si ricollega ad altre opere presenti nella Piazza, come il Perseo di Cellini in Loggia dei Lanzi o il Marzocco di Donatello. Proprio rispetto a quest’ultimo risulta interessante notare come l’opera di Vezzoli omaggi il marzocco fiorentino, simbolo leonino difensore dei valori civici di Firenze, oltre a considerare che il fiume Arno in aramaico si traduce proprio con l’espressione “leone vittorioso”. Insomma,
Vezzoli si è cimentato in un singolare pastiche tra diverse epoche artistiche e suggestioni simboliche che sempre più si configura come cifra caratterizzante dei suoi recenti interventi artistici, si pensi a Francesco Vezzoli: Teatro Romano (2014) quando al MoMA furono esposte teste e busti dell’antica Roma ricolorati dall’artista o all’ancor più attuale Palcoscenici archeologici che ha curato nella sua città natale. Ma Francesco Vezzoli in Florence non si limita al perimetro antistante a Palazzo Vecchio. Il progetto, realizzato in collaborazione con il Museo Novecento sotto la guida di Sergio Risaliti, instaura un’inedita dinamica tra esterni e interni collocando un’altra opera nello Studiolo di Francesco I de’ Medici, una delle stanze più intime e mistiche all’interno della sede del potere politico fiorentino. Al centro di questa wunderkammer decorata dalla scuola vasariana è posizionata la scultura La musa dell’archeologia piange (2021) con cui l’artista crea un cortocircuito tra una figura di togato romana e un testa metafisica di bronzo, citazione diretta a Gli archeologi di De Chirico; una testa aliena, allungata che ricorda quelle di Modigliani e pure la copertina del disco Piccolino di Mina, in cui Gianni Ronco ha reso metamorfico il volto della cantante avvicinandone le sembianze a quelle di una semi-divinità della stirpe degli Anunnaki. D’altronde la dimensione dello psico-divismo è l’altro grande bacino d’ispirazione artistica cui Vezzoli attinge sin dagli anni Novanta. Le dive sono per lui come l’archeologia, immortali. Un progetto coraggioso e riuscito, il suo confrontarsi con i giganti del Rinascimento ci ricorda l’importanza del senso di apparenza culturale che partecipa alla creazione della nostra identità e si potenzia in dialogo con la contemporaneità. È lo stesso Vezzoli ad affermare che «la classicità offre testimonianze autentiche, quindi portatrici di verità e dove c’è verità c’è qualcosa che aiuta la comprensione di se stessi». Una riflessione che, a aprire dal febbraio 2022, continuerà a svilupparsi negli ambienti del Centro Pecci con la personale dedicata a uno dei più acuti, scanzonati e sensibili artisti sulla scena contemporanea internazionale. Federico Jonathan Cusin Francesco Vezzoli in Florence 2 ottobre-2 febbraio 2022 Piazza della Signoria Palazzo Vecchio, Studiolo di Francesco I, Firenze
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ARCHITECTURE
ART
DISCOVERY
EXPERIENCE
ARCHITECTURE SCALA CONTARINI DEL BOVOLO check gioiellinascostidivenezia.it for opening hours info: cultura@fondazioneveneziaservizi.it | +39 0413096605
ART ORATORIO DEI CROCIFERI plan your visit: booking@fondazioneveneziaservizi.it
DISCOVERY COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO plan your visit: booking@fondazioneveneziaservizi.it
EXPERIENCE LUNCH AND DINE ON THE BELVEDERE get in touch: booking@fondazioneveneziaservizi.it
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gioiellinascostidivenezia.it
arte REVIEW a cura di Mariachiara Marzari
L’INFINITO VEDERE «N
el 1979 avevo ventitré anni. Disegnavo all’età di
cinque, e al tempo utilizzavo una tecnica a polvere che mi permetteva di stendere campiture uniformi di colore senza che fosse visibile alcun tratto o contorno. Era impossibile capire come fossero state realizzate, così che la maggior parte delle volte venivano scambiate per delle stampe tipografiche. Pensavo che fosse quella la mia strada, che avrei continuato con il disegno o la pittura. Avevo già visitato i maggiori musei del mondo e studiato dal vero e negli scritti i miei artisti prediletti: Rembrandt, Caravaggio, Klee, Rothko, Pollock. Poi, nel giugno di quell’anno, a Venezia esplose la fotografia. Esposizioni, convegni, workshop. Le opere di tutti i più piccoli celebrati fotografi del mondo erano improvvisamente visibili nella mia città. Vidi tutto, e avidamente, ma a essere sincero rimasi piuttosto perplesso e inappagato. Non riuscivo a categorizzare la fotografia. Tutti parlavano della fotografia come arte, ma io non vedevo nulla da poter chiamare con questo nome. Vedevo documenti, frazioni di avvenimenti sportivi, bellici, e di costume. Vedevo immagini divertenti, ironiche, drammatiche. Vedevo parti del mondo, parti di corpi, ossessioni e deviazioni personali. Poi ho visto lei, ed è cambiato tutto. Sono rimasto a fissarla mezz’ora. Sono anche tornato il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. La fotografia in questione è Passing Steamer, di P.B. Haviland, del gruppo Camera Work». Michele Alassio riprende lo stesso titolo per il suo libro, di fotografia naturalmente, ma trattata dalla parte dell’occhio, della mente e della mano del fotografo, in questo caso di lui stesso. Non un’autobiografia per parlare del proprio lavoro; Alassio si distende sul lettino per raccontare in una prospettiva molto personale e intima, ma al contempo universale, il suo quotidiano fotografico, condito di momenti, incontri, sguardi, rotture nel tentativo di definire la sua poetica in un stream of consciousness liberatorio, poetico e deciso, razionale e irrazionale allo stesso tempo. Un libro che «non va inteso come il tentativo di giustificare letterariamente qualcosa di irrisolto visivamente, ma come la cronaca del mio tentativo di svelare l’enigma della mia attrazione e di comprendere il meccanismo che la sostanzia, così da poterne replicare gli effetti. Di conseguenza questo non è un testo sulla fotografia ma su cosa una sola fotografia [Passing Steamer di P.B. Haviland] mi ha suggerito sulla fotografia in generale». Lo stile essenziale e narrativo di Alassio produce immagini nuove che appaiono all’improvviso, immagini che emergono non dalla superficie piana di una fotografia ma dalla possibilità di penetrare tramite essa il vissuto del fotografo. «La fotografia non da risposte, fa domande». Le fotografie di Alassio interrogano la realtà e la mettono in bilico tra reale e irreale, cercano di comprendere il segreto di un luogo, di un momento, di un’atmosfera e di rivelarlo in un immagine che diventa narrazione. È proprio questo è il punto di incontro tra l’artista, il fotografo e l’uomo. «La fotografia smette di essere un documento e può essere arte quando ciò che mostra non è il fine, ma il mezzo». Il libro Passing Steamer nella fotografia di Michele Alassio è stato presentato il 12 settembre a laToletta SpazioEventi a Venezia, l’8 ottobre a Milano al MIA Art Fair e sarà presentato a fine mese alla Hoepli sempre a Milano, ai primi di dicembre sarà in distribuzione nazionale. È acquistabile alla libreria laToletta, allo SpazioEventi e online.
Michele Alassio Passing Steamer nella fotografia 2021, laToletta Edizioni
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COMUNE SENTIRE
Common sentiment Quando canto Franco non faccio altro che aderire a quello che lui scrive, trovando una continuità fra le nostre sensibilità di Davide Carbone
«O
musica
ra più che mai è mio profondo desiderio di essere
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semplice strumento insieme a Carlo Guaitoli, per quel che possiamo cogliere e accogliere, di ciò che Franco Battiato ha trasmesso attraverso la sua musica e i suoi testi, in questo suo straordinario passaggio sulla Terra». Parole di Alice, all’anagrafe Carla Bissi, cantautrice di razza che ha fatto della collaborazione con Franco Battiato uno snodo cruciale per la storia della musica contemporanea italiana: Per Elisa, I treni di Tozeur, Prospettiva Nevski sono brani indissolubilmente legati alla voce potente ed elegante di una cantante che ha dall’inizio della carriera stretto un rapporto speciale con il genio musicale di Catania, scomparso il 18 maggio 2021. Per Elisa, scritta insieme a Franco Battiato e al violinista compositore Giusto Pio, con cui vinse il Festival di Sanremo nel 1981, si impose subito nelle hit parade italiane ed estere: un testo che è autentica letteratura, in puro stile Battiato, un mix di parole semplici e concetti alti come sempre in anticipo sui tempi. Il 22 e 23 ottobre al Teatro Malibran, doppia tappa di Alice canta Battiato, chiusura in grande stile dell’edizione 2021 del Festival delle Idee, laboratorio di eventi diffusi che dal 30 settembre ha animato Venezia e Mestre: in questo viaggio Alice è accompagnata al pianoforte dal maestro Guaitoli, da tanti anni collaboratore di Battiato in qualità di pianista e direttore d’orchestra. Alice rende omaggio all’artista siciliano con autenticità ed eleganza, sia perché sua amica e collaboratrice dagli esordi, ma soprattutto per quell’affinità artistica che da sempre li lega e che la rende un’interprete unica della musica di Franco Battiato. Sul palco canzoni che appartengono ai diversi periodi compositivi del Maestro, alcune mai cantate prima d’ora e altre che hanno cantato insieme per la prima volta nel 2016, nel tour Battiato e Alice. Senza disdegnare poi una breve incursione nelle sue cosiddette canzoni “mistiche”, e tra i brani nati dalle numerose collaborazioni a partire dal 1980 e scritte insieme, come i duetti storici e altri che Battiato ha scritto più recentemente per lei.
A
lice is a prominent
Italian performer who worked with the late Franco Battiato for most of her career, even co-writing a few songs. Per Elisa, I treni di Tozeur of 1984 Eurovision Song Contest glory, Prospettiva Nevski are remembered in the powerful rendition of Alice’s voice. Per Elisa, which the two wrote together with violinist and composer Giusto Pio, went on to win the 1981 Sanremo Italian Song Festival and made quite a hit abroad, too: the lyrics are pure literary work, as per Battiato’s trademark, a mix of simple words and high concepts that trailblazed the path for music to come. On October 22 and 23, a double date with Alice canta Battiato at Malibran Theatre. The concerts are the closing event for the 2021 edition of Festival delle Idee and will see the participation of piano maestro Carlo Guaitoli, for a long time an associate of Battiato’s both as a pianist and as a conductor. Alice will pay homage to her longtime friend with authenticity and elegance with their greatest hits as well as a few of the so-called ‘mystic songs’. Alice canta Battiato 22-23 ottobre Teatro Malibran www.teatrolafenice.it
HAI VINTO TUTTO
Sono ‘inciampata’ in Masini nell’età della Malinconoia (1991), anzi forse un po’ prima: ero un’adolescente problematica decisamente precoce. Ho letteralmente consumato i nastri delle sue cassette nel mio Walkman Sony... «La noia è come il blues/ ti fa pensare a Dio/leggera come un gas/ che penetra il tuo io/La noia è nostalgia/di un posto che non c’è/è voglia di andar via/ da tutti anche da te/È la malinconoia che uccide a questa età/è il cuore che si scuoia/ cercando quel che ha già/E il cielo cade giù/ con la sua melma buia/e non esisti più nella malinconoia». Ero ipnotizzata dalla voce di quel «pazzo che grida nei dischi il bisogno d’amore che c’è» (Vaffanculo, 1993), dai quei testi che scartavetravano il cuore, dalle sue mani che accarezzando il pianoforte intessevano melodie capaci di rapirmi e portarmi altrove. Nella musica di Masini c’era, c’è, e sempre ci sarà, quell’inimitabile, pulsante, miscuglio di realtà, dolore e consapevolezza che sa far vibrare le corde più profonde dell’anima. Quel suo dire tanto, troppo, di sé, del mondo, di cose a cui spesso si preferisce non pensare (Perché lo fai?, Principessa, Bella Stronza, T’innamorerai) gli è valso l’appellativo di “cantore del disagio” ma al tempo stesso l’amore incondizionato di milioni di fan in tutta Europa, a cui, in fondo, spetta sempre l’ultima parola. E infatti trent’anni dopo siamo ancora tutti qui, con le mani a cuore a gridare «Forza Marco!», perché nonostante tutto – nonostante anche l’infamità mediatica che lo dipinse come iettatore per un certo periodo – Masini ha sempre saputo instaurare un rapporto viscerale e autentico con il proprio pubblico, continuando a regalarci forti emozioni e soddisfazioni, dal trionfo a Sanremo con L’uomo volante (2004) al podio mancato seppur meritatissimo del 2020 con il bellissimo brano Il confronto… «E no, la vita non è giusta… ma oltre la paura del confronto – Marco, davvero – hai vinto tutto». Chiara Sciascia Marco Masini 29 novembre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it
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musica
FALL EDITION #4
FESTIVAL
La bellezza in musica Bellezza e ricerca musicale, sonorità contemporanee e melodie raffinate, con alcuni degli artisti più interessanti della scena europea e mondiale. È Venezia Jazz Festival Fall Edition, come i colori della Laguna, un viaggio caleidoscopico di oltre venti concerti fra la musica improvvisata e le sue declinazioni più sorprendenti, dall’elettronica alla musica classica fino all’incontro con gli strumenti etnici delle tradizioni africane e sudamericane, reinterpretate, e a progetti di contaminazione digitale. Mino Cinelu e Nils Petter Molvaer con l’affascinante progetto SulaMadiana sono, fra gli altri artisti, l’emblema di un Festival che vuole rappresentare latitudini e mentalità diversissime, che si attraggono in nome della musica e della ricerca di nuove sonorità. Due personalità artistiche distantissime, quella dell’etereo jazz norvegese e della world music di sangue caraibico, che hanno dato vita ad una pubblicazione ECM di rara bellezza, con un live altrettanto magnetico. È questa la nostra idea di innovazione: territori inesplorati come quelli proposti da due altri importanti musicisti, il decano del sassofono Joe Lovano e il pianista polacco Marcin Wasilewski con il suo stabile trio. Una meraviglia! Musical beauty, artistic research, mod ern sound, and fine melodies thanks to some of the most interesting performers from Europe and the world. This is Venezia Jazz Festival Fall Edition. Much like the colours of the Venetian lagoon, the Jazz Festival is a diverse array of improvisational music and its most surprising variations, of electronic music, of classical music, and of ethnic music from Africa and South America, variously reinterpreted and contaminatedin digital projects. Mino Cinélu and Nils Petter Molvær are, with their fascinating project SulaMadiana, the emblem of this Festival - a representation of different latitudes and diverse minds that come together under the aegis of music and research of new sound. Two very different artists: ethereal Norwegian jazz on one side and Caribbean blood-infused world music on the other. Together, they gave life of an ECM-published record of unparalleled beauty as much as their live performances are magnetically charming. This is our idea of innovation: unexplored territories, like the ones that two important musicians, sax legend Joe Lovano and Polish pianist Marcin Wasilewski. Call home!
Giuseppe Mormile Direttore artistico Venezia Jazz Festival Venezia Jazz Festival Fall Edition #4 Fino 14 novembre venetojazz.com
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Abel Selaocoe & Dudù Kouate duo
Un artista di altissimo livello, raramente in tour nella Penisola. È Abel Selaocoe, violoncellista sudafricano che sta ridefinendo i confini dello strumento attraverso performance virtuosistiche fatte di improvvisazione, canto, percussioni e richiami a culture diverse. A Venezia in duo con il polistrumentista senegalese Dudù Kouate. An artist of extraordinary level, whom we’d like to see more of in Italy. Abel Selaocoe is a South African cellist that redefined the reach of his instrument thanks to virtuoso performances built on improvisation, song, drum inputs, and diverse cultural references. Selaocoe will perform with Senegales multi-instrumentalist Dudù Kouate.
Venerdì 15 ottobre h. 19.30 | Auditorium Lo Squero - Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore
Tragos de Tango
Stefano Cocco Cantini e Antonello Salis AR’DUO
Una combinazione strumentale con pochissimi precedenti, fra jazz e musica popolare, improvvisazione e melodia. Una simbiosi musicale che coinvolge sax, pianoforte e fisarmonica in un concerto che non mancherà di meravigliare il pubblico. Musiche originali e improvvisazioni si uniscono in un continuo interplay firmato da due importanti musicisti internazionali.
An instrumental combo that has rarely been tried before: jazz, folk, improvisation, and melody. This musical symbiosis sees sax, piano, and accordion in a concert that will wow you. Original music and improvisation mix in an interplay signed by the two musicians.
Venerdì 22 ottobre h. 19.30 | Auditorium Lo Squero - Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore
Reis/Demuth/Wiltgen
Tre virtuosi del proprio strumento raccontano l’epoca d’oro del tango. La passione e la tradizione della musica nata sul Rio della Plata viene proposta attraverso autori come Piazzolla, Troilo, Di Sarli, Pugliese e molti altri, in un trio ricco di sensualità, con arrangiamenti originali.
Three virtuosos tell the story of golden-age tango. Their passion seeps through as they perform pieces by Piazzolla, Troilo, Di Sarli, Pugliese, and several others – sensuality and original arrangements complement their show.
Giovedì 21 ottobre h. 19 | Splendid Venice Hotel
Musicisti di spicco del vivo panorama jazz lussemburghese, dopo un periodo di formazione come singoli, debuttano nel 2011 con l’album che porta i loro nomi, varcando i confini nazionali. Significativa la collaborazione con il sassofonista Joshua Redman e con il direttore d’orchestra Vince Mendoza. Sly è il loro ultimo lavoro discografico. Leading performers in the Luxemburgish jazz world, the duo debuted in 2011 with a self-titled album that took them beyond their national
Latitudini e mentalità diversissime, che si attraggono in nome di nuove sonorità borders, also thanks to a cooperation with sax player Joshua Redman and conductor Vince Mendoza. Sly is their latest record. Sabato 23 ottobre h. 19.30 | Teatrino di Palazzo Grassi
Hamid Drake Pasquale Mirra
Uno dei vibrafonisti più interessanti della scena nazionale ed internazionale e il brillante, sensibile, infinitamente ritmico, intelligente, spirituale e potente batterista di Chicago. Il duo propone un caleidoscopico viaggio sonoro fra culture, con un uso evocativo degli strumenti. An internationally-known vibraphonist and an upbeat, sensitive, rhythmic, powerful drummer from Chicago. The duo offer a vivid journey into a world of different musical cultures. Venerdì 29 ottobre Laguna Libre, Fondamenta Cannaregio Aperitivo/Concerto h. 18.30/20 Cena/Concerto h. 21/22.30
Isfar Sarabski Piano Solo
Il celebre pianista dell’Azerbaigian firma un jazz dalle influenze sia folk che classiche: una rara occasione per ascoltare colui che è considerato uno dei più grandi pianisti orientali, vincitore del Concorso Pianistico Solo del Montreux Jazz Festival nel 2009. The Azerbaijani pianist authors folk- and classical-infused jazz. His concert is a rare occasion to see one of the greatest Asian pianists, awarded the Montreux Jazz Festival piano competition prize in 2009.
Sabato 30 ottobre h. 19.30 | Sale Apollinee, Teatro La Fenice
Nørdic Frames Grischa Lichtenberger Live a/v [Raster-Media GER]
of 2020) and explore virgin musical territories and collective improvisations. Arctic Riff is one of the most anticipated events of the Festival. Martedì 2 novembre h. 21 | Teatro Toniolo, Mestre
Minimal Klezmer
Produttore berlinese di musica elettronica, visuals & installazioni, è stato scoperto da Alva Noto e dal 2012 fa parte della scuderia Raster-Media. Il suo sound è aggressivo, con un senso ermetico del ritmo e delle melodie. Il concerto è un omaggio a Marcello Mormile, fondatore della rassegna. A Berlin-based producer of electronic music, visuals, and installations, Lichtenberger was discovered by Alva Noto and since 2012, he is part of the Raster-Media line-up. His sound is powerful and hermetic in rhythm and melodies. This concert is an homage to Marcello Mormile, the founder of Nørdic Frames programme. Lunedì 1 novembre h. 19.30 | Teatrino di Palazzo Grassi
Marcin Wasilewski Trio & Joe Lovano Arctic Riff
Appuntamento con la musica klezmer (e affini) grazie a questo trio di giovani musicisti accomunati da formazione classica con deviazione improvvisativa. Strumenti acustici e per lo più “portatili”, assieme ad un’oggettistica di natura eterogenea, rendono la performance un piccolo spazio scenico di improvvisazione musicale e teatrale.
A night with Klezmer music thanks to these classically-trained performers who can improv some good sound when the situation calls for it. Acoustic instruments, mostly ‘portable’, and a diverse array of music props turn their performance into a scenic space for music and theatre.
Giovedì 4 novembre h. 19 | Splendid Venice Hotel
Leo Di Angilla Trio The Rebirth of Acid Jazz
Il celebre sassofonista statunitense Joe Lovano e il trio polacco di Marcin Wasilewski, uno dei pianisti di primo piano del jazz europeo, si incontrano su composizioni originali pubblicate in un disco ECM (Arctic Riff, 2020), fra territori musicali poco esplorati e improvvisazioni collettive, in uno degli eventi più attesi del Festival. Sax player Joe Lovano, from the
Il progetto del percussionista Leo Di Angilla, da più di un decennio collaboratore di Jovanotti, è una rivisitazione in chiave minimale e groove di celebri standard jazz che hanno aperto nuove frontiere non solo nel linguaggio di settore ma anche in ambito dance, funk e soul.
USA, and Marcin Wasilewski’s trio, from Poland, meet to play original pieces (also on an ECM-published record, Arctic Riff,
A project by drummer Leo Di Angilla, since a decade an associate of Jovanotti’s act, revisits famous jazz piec-
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musica FESTIVAL
es in minimal key to open new frontiers not only in jazz proper but also in dance, funk, and soul. Venerdì 5 novembre Laguna Libre, Fondamenta Cannaregio Aperitivo/Concerto h. 18.30/20 Cena/Concerto h. 21/22.30
Ferdinando Romano Totem
espressioni del linguaggio audiovisivo. Una riproduzione e rielaborazione di suoni ed immagini, tra videogames e video arte, per una nuova creatività, che coinvolge giovani compositori e un’orchestra a confronto con la cultura digitale.
An original production by Venice Jazz Festival to explore all the possible relations between jazz music and modern audio/video languages. A re-production and re-elaboration of sounds and images that touch the worlds of videogame and video art. Young composers and an orchestra confront digital culture.
Domenica 7 novembre h. 18 | Museo M9, Mestre
Ferdinando Romano, contrabbassista e compositore, “Miglior Nuovo Talento Italiano” nel Top Jazz di «Musica Jazz» 2020, presenta Totem, ai primi posti nella categoria “Miglior Disco Italiano” dello stesso anno. Nella formazione, alcuni dei più interessanti musicisti e improvvisatori della nuova generazione. Ferdinando Romano is a bassist and composer who was recognized as ‘best emerging Italian talent’ by Musica Jazz in 2020. Romano presents Totem, also nominated as best Italian record last year. In his line-up are some of the most interesting musicians of the new generation. Sabato 6 novembre h. 19.30 | Sale Apollinee, Teatro La Fenice
Jazz is a (Video)Game ThelOrchestra 2021
Progetto finanziato dal Ministero della Cultura, sostenuto da IMF Foundation e Fondazione Musica per Roma e promosso da Veneto Jazz, Visioninmusica e Roma Jazz Festival (JIP- Jazz Italian Platform).
Mino Cinelu e Nils Petter Molvaer SulaMadiana
L’emblema di questo Festival. Due personalità artistiche distantissime, quella dell’etereo jazz norvegese e quella della world music, che hanno dato vita ad un disco ECM di rara bellezza. Il trombettista è tra i principali fautori del nuovo corso del jazz norvegese. Cinelu, francese ma di sangue caraibico, fu accanto a Miles Davis, Gong e Weather Report. The emblem of the Venice Jazz Festival. Two very different personalities – icy Norwegian jazz and world music – gave life to an ECM-published record of rare beauty. The trumpeter is one of the driving forces behind the new course of Norwegian jazz. Cinélu worked with Miles Davis, Gong, and Weather Report. Lunedì 8 novembre h. 21 | Teatro Toniolo, Mestre
Zoe Pia - Shardana
Una produzione originale del Festival che vuole esplorare tutte le possibili relazioni tra le sonorità musicali del jazz e le recenti 58
Le tradizioni, le leggende e i misteri della Sardegna. L’artista, compositrice, musicista eclettica e appassionata ricercatrice, si spinge verso l’utilizzo della soundscape composition unita al linguaggio contemporaneo per arrivare a raccontare in musica le energie nascoste della sua terra.
Traditions, legends, and mystery of Sardinia. The artist, composer, musician, and researcher uses soundscape composition to tell the story of the music and the energy that live in her native land. Venerdì 12 novembre Laguna Libre, Fondamenta Cannaregio Aperitivo/Concerto h. 18.30/20 Cena/Concerto h. 21/22.30
Marco Castelli “L’Inferno” (film muto, 1911)
Rimusicazione dal vivo per sax e live electronics
L’Inferno (di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan, ispirato alle illustrazioni di Gustave Doré), primo kolossal del cinema italiano, viene qui presentato con la colonna sonora dal vivo, rendendone ancora più emozionante la visione e conferendone una sorprendente modernità.
The first Italian big movie production (L’Inferno by Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro, and Adolfo Padovan, inspired by Gustave Doré’s illustrations) will be screened with a live soundtrack performance, which will make for an exciting vintage cinema experience of surprising modernity.
Domenica 14 novembre h. 18 | Museo M9, Mestre
Jam at Laguna
Venerdì 15 ottobre Venerdì 22 ottobre dalle h. 20.30 | Laguna Libre Fond.ta Cannaregio
Super Jam Session con i musicisti del festival e ospiti Sabato 30 ottobre dalle h. 21 | Laguna Libre Fondamenta Cannaregio
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May 22nd 2021> February 27th 2022 Silvano Rubino iSao & Stephanie blake DiDieR Guillon & special guest
StuDentS fRom publicoloR nyc Curated by
Luca Berta & Francesca GiuBiLei
ART EXHIBITION AT
PALAZZO BONVICINI Calle Agnello, 2161/A, Venice everyday 10am - 6pm In collaboration with
www.fondationvalmont.com 60
musica
LA CITTÀ DEI SUONI
CONCERTI
Tutto il necessario
Questione di un attimo
Nato dall’esperienza della rassegna New Echoes (che dal 2017 ha portato a Venezia concerti e performance di grande impatto e originalità) e dalle inevitabili riflessioni stimolate dal difficile periodo pandemico, New Echo System si presenta come spazio dove far crescere idee, mettere in contatto artisti svizzeri e italiani, far dialogare le differenti discipline, con una particolare attenzione alla sostenibilità. Un luogo, Palazzo Trevisan degli Ulivi in Campo Sant’Agnese, e una modalità di ricerca e confronto, di produzione e di condivisione tra i linguaggi che prevede concerti, performance, sessioni di approfondimento, attivazione di produzioni e collaborazioni sia in Svizzera che a Venezia, all’insegna di una condivisione che include le comunità di spettatori e spettatrici in un ecosistema sempre in evoluzione, sotto la ‘supervisione’ dell’Associazione Pro Helvetia. Hely è il progetto di Lucca Fries (pianoforte) e Jonas Ruther (batteria) di Zurigo, protagonisti dell’appuntamento del 29 ottobre. Ascoltare la loro musica è un’esperienza in cui ritmi multidirezionali si fondono con sensibilità post-romantiche e minimaliste. Lucca e Jonas creano spazi sonori con riff di pianoforte staccato e onde estatiche di percussioni, ascoltate l’ultima volta nel loro disco Borderland pubblicato su Ronin Rhythm Records. Oltre un decennio di storia della band, con tournée in Europa, Russia e India fornisce loro le basi per coinvolgenti esibizioni dal vivo.
Il concerto è tutto. Ma prima di arrivare a quel “tutto”, difficile elencare ogni singolo passaggio preliminare, organizzativo e non. Il concerto è un momento, il momento: e per arrivare a quel momento la programmazione di Candiani Groove si è fermata solo in apparenza, solo per i non addetti ai lavori, tenendo bene impresso nella mente di artisti e tecnici il momento in cui l’incontro con il pubblico si sarebbe di nuovo concretizzato. A salire per prima sul palco dell’auditorium di Piazzale Candiani il 24 ottobre è Yilian Cañizares con Resilience Trio, considerata, anche dai colleghi, una delle artiste più promettenti della sua generazione. Dopo lo stupore e lo choc che tutti abbiamo vissuto a causa della pandemia, Yilian ha deciso di ‘risvegliarsi’ e di mettere in piedi un nuovo progetto che si adattasse meglio alla crisi che stiamo vivendo. Il Resilience Trio feat. Childo Tomas e Inor Sotolongo è un progetto che trasmette speranza a tutti quelli che, come lei, hanno scelto di far fronte alle avversità e continuare a creare arte. Domenica 31 ottobre, con il progetto Big Sun è protagonista Chassol, compositore con un background atipico e metodi di composizione altrettanto unici. A novembre, tre diversi appuntamenti, il 5, 13 e 27, rispettivamente con il pianista Antonio Faraò in trio assieme a Mauro Battisti e Max Furian, la band jazz/world fusion Djabe e la chiusura del mese con Carmen Souza a presentare il suo ultimo album, Silver Messengers, dedicato al pianista Horace Silver, scomparso nel 2014.
Pause, stop. Rewind. Play. Ad un anno di distanza il Padova Jazz Festival riprende il discorso brutalmente interrotto lo scorso autunno recuperando quasi totalmente i concerti dell’edizione 2020, completamente annullata a causa di un lockdown perentorio e inevitabile. Un programma “2020 bis” a cui si aggiungono ovviamente numerose novità, guardando al futuro. In scena dal 10 al 21 novembre, la ventitreesima edizione dell’appuntamento padovano sarà un inno all’Europa, con un cast artistico proveniente da Italia, Svezia, Germania, Russia, oltre a una notevole rappresentanza di musicisti statunitensi che dell’Europa hanno fatto una seconda casa. Riflettori puntati, tra gli altri, su David Murray, Enrico Rava con Fred Hersch e su una presenza d’eccezione come quella di Charles Lloyd. Due delle serate ospitate alla Sala dei Giganti saranno dedicate agli estimatori del grande jazz saldamente ancorato alle radici della tradizione afroamericana. Il 13 novembre due fenomenali pianisti come Dado Moroni e Danny Grissett si confronteranno sul repertorio di Charlie Parker. Il 17, il sassofonista statunitense David Murray si presenterà alla testa di un trio dalla composizione ideale per esaltare il suo percorso stilistico, partito dal free e poi approdato a un jazz più ‘ecumenico’ tra mainstream, world music, richiami africani. Le serate al Teatro Verdi saranno inaugurate, il 18, dall’unica data italiana del sassofonista Charles Lloyd, mito del jazz anni ’60, uno dei solisti dalla più intensa carica espressiva tra quelli in attività: le vibrazioni spirituali che si irradiano dal suo incandescente post-bop ne sono la prova. Sempre al Teatro Verdi, il 19 si assisterà a un nuovo faccia a faccia tra jazz statunitense e italiano, con l’incontro tra il trombettista Enrico Rava e il pianista Fred Hersch, duo che incarna uno dei momenti più poetici dell’attuale panorama jazzistico.
New Echo System 29 ottobre Palazzo Trevisan degli Ulivi palazzotrevisan.wordpress.com
Candiani Groove 24, 31 ottobre; 5, 13, 27 novembre Centro Culturale Candiani-Mestre www.culturavenezia.it/candiani
Padova Jazz Festival 10-21 novembre vari luoghi a Padova www.padovajazz.com
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SINTESI DI ESTREMI
Union of opposites
classical
Trama lineare, semplicissima, che dà vita ad un capolavoro dalla genesi tormentata, che solo alla terza revisione troverà il magico equilibrio tra storia, testo e invenzione musicale
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di F.D.S.
È
solo alla terza revisione nel 1814 che la Leonore (presentato nella prima versione in tre atti nel 1805, nella seconda scorciato di un atto nel 1806) diventa il Fidelio o l’amore coniugale, unica opera lirica composta da Beethoven. È un singspiel (forma mista di dialoghi parlati e inserti cantati, che nasce in Austria, Germania e Francia come reazione al dominio oramai declinante dell’opera italiana, nella sua doppia conformazione di opera buffa e di dramma serio metastasiano) in due atti, tratto da un libretto del 1798 di Bouilly, ispirato ad un episodio storico della Rivoluzione francese. Leonore, moglie di Florestano, prigioniero politico sepolto nella prigione governata da don Pizarro, si introduce nel carcere assumendo l’identità di Fidelio, inserviente del carceriere, e salva la vita al marito. L’arrivo di un deus ex machina, il Ministro don Fernando, provocherà la condanna dell’aguzzino don Pizarro ed il lieto fine dell’opera, con la sua conseguente iscrizione tassonomica nella categoria dei pieces a sauvetage allora di moda nel teatro musicale e non europeo. Trama lineare, semplicissima, che dà vita ad un capolavoro sui generis, dalla genesi tormentata che solo alla terza revisione troverà il magico equilibrio tra storia, testo e invenzione musicale e che si pone come sintesi di fortissimi contrasti. Quello tra commedia borghese, tesa a consacrare la famiglia come frutto dell’unione tra lavoro e sentimento, e opera politica, dove si fronteggiano Reazione e Illuminismo, cieco dominio e libertà. Ma anche contrasto musicale, poiché il Fidelio abita in un suo spazio di meravigliosa sospensione tra la ricapitolazione dell’opera classica di Mozart (Flauto magico era l’opera prediletta di Beethoven) e l’anticipazione della rivoluzione musicale romantica che porterà a Verdi. Fidelio inaugura la stagione 2021-2022 della Fenice e andrà in scena il 20, 23, 24, 25, 27 e 30 novembre, con la direzione del maestro sudcoreano Myung-Whun Chung e la regia di Joan Anton Rechi.
O
n its third major revision of
1814, the Leonore (first presented as a three-act piece in 1805 and later, in 1806, as a two-act) becomes known as the Fidelio, or The Triumph of Marital Love, the only opera composed by Beethoven. The opera is a Singspiel, a mixed spoken/sung form that became popular in Austria, Germany, and France in reaction to the declining Italian opera, both in its light (‘operetta’) and full-blown melodrama versions. A linear, simple plot for a sui generis masterpiece that had a hard time coming into itself, and only in its third revision did it find the right balance between history, text, and musical invention – a harmonious union of contrasts between the bourgeois play, which consecrated family as the result of work and love, and political play, where Enlightenment and Reaction, dominance and freedom fight. There is musical contrast, too, for Fidelio inhabits the space between the historicization of Mozart-era classical opera (The Magic Flute was Beethoven’s favourite) and the anticipation of the Romantic musical revolution that will lead to Verdi. Fidelio opens the 2021-2022 season at Fenice Theatre and will be played on November 20, 23, 24, 25, 27, and 30 with Muyng-Whun Chung as conductor and Joan Anton Rechi as director.
Fidelio 20, 23, 24, 25, 27, 30 novembre Teatro La Fenice www.teatrolafenice.it
QUESTA (REGIA) O QUELLA PER ME PARI (NON) SONO
© Michele Crosera
La tradizione dell’opera lirica verdiana riesce a mantenersi sempre vitale anche grazie all’intervento di registi geniali come Damiano Michieletto, che non hanno paura di proporre un altro punto di osservazione rispetto alla messa in scena tradizionale, senza sottrarre il senso di neppure una nota all’intero spettacolo. Il Rigoletto, rappresentato a Venezia per la prima assoluta l’11 marzo 1851 è tornato alla Fenice dal 29 settembre al 10 ottobre con le scene di Paolo Fantin e i costumi di Agostino Cavalca. Sul podio Daniele Callegari e nella compagnia di canto, in alternanza, Ivan Ayon Rivas e Marco Ciaponi nel ruolo del duca di Mantova; Luca Salsi e Dalibro Jenis in quello di Rigoletto; Claudia Pavone e Lara Lagni in quello di Gilda. Non è la prima volta che Michieletto si cimenta con la regia di Rigoletto, quella vista a Venezia era quella andata in scena ad Amsterdam nel 2017, intimista, psicologica e sofisticata, decisamente analitica per quanto riguarda le relazioni tra i vari personaggi. In questa regia c’è un uomo solo e abbandonato da tutti, la cui unica figlia muore. Rigoletto si sente responsabile di questa morte e prova un forte senso di colpa. Ha distrutto, di fatto, la sua unica ragione di vita. Il tema della maledizione riesce a muovere tutta la storia, Rigoletto non si libera più dal senso di colpa e si trova imprigionato in una sorta di gabbia/cella/stanza di ospedale psichiatrico le cui pareti si sbrecciano o si chiudono a seconda dei momenti. Ed è incredibile come tutta l’opera riesca a crescere e convincere con quell’unica scenografia in cui il colore bianco diventa ora ossessivo, ora consolatorio, ora sfondo per proiezioni che nel loro delicato ed elegante svolgersi sottolineano la storia nei suoi drammatici momenti. Verdi musicista è geniale nel saper dosare il volume della tensione di una storia dal fortissimo intreccio psicologico condendolo con momenti di assoluta godibilità. La musica riesce a mantenere la sua potenza dirompente e commuove all’ascolto, sapendo convincere il pubblico fino in fondo a riprova che l’opera è più viva che mai. Fabio Marzari 63
classical FESTIVAL
Sulle spalle dei giganti Tra la fine del Terrore e la caduta dell’Impero, la vita musicale parigina conosce due decenni cruciali, sia dal punto di vista dell’organizzazione sia da quello dell’orientamento estetico. Tuttavia, nella storia della musica europea questo periodo cardine è poco conosciuto, in quanto oscurato dall’imponente ombra di Beethoven; ma è necessario prenderlo in considerazione, se si vuole comprendere l’origine dell’ideale romantico francese e il modo in cui viene liquidato il lascito della Rivoluzione. Politicamente scandita in tre tempi – Direttorio (1795-1799), Consolato (1799-1804), Impero (1804-1815) –, quest’epoca è caratterizzata dal progressivo ritorno a un regime autoritario, gravido di conseguenze per la produzione artistica dell’epoca. La musica è tenuta sotto controllo, ma al tempo stesso è protagonista di nuove opportunità, con la fondazione del Conservatorio e con la rivalorizzazione delle scene liriche, il ripristino della Cappella del sovrano e l’istituzione della “Musique particulière” dell’Imperatore. Peraltro, man mano che la difesa della Patria in pericolo si trasforma in desiderio di conquista universale, all’ambiente artistico viene affidata una duplice missione: assimilare i bottini di guerra nei territori occupati e diffondersi in tutta Europa. Lo sviluppo di una scena lirica italiana a Parigi è legato al gusto personale di Napoleone per la musica transalpina. Abituato a scoprire le opere straniere in traduzione, il pubblico parigino può ora apprezzare i capolavori di Cimarosa, Paisiello, Paër e Mozart nelle loro versioni originali. Festival Eroica o Tirannica? La musica all’epoca di Napoleone Bonaparte Fino 12 novembre Palazzetto Bruzane - bru-zane.com
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Palazzetto Bru Zane LA MARCHESA DEL PIANOFORTE Venerdì 8 ottobre h. 19.30
Uno dei grandi progressi apportati dal Conservatorio è l’ammissione di allievi di entrambi i sessi. Questo vale anche per il corpo insegnante: sin dal momento dell’apertura dell’istituto, Hélène de Montgeroult è nominata professoressa di pianoforte in una classe maschile. Per quanto straordinario questo possa sembrare, la scelta di una donna è meno sorprendente del fatto che si trattasse di un’aristocratica, nel cuore di un istituto che nasceva sotto il segno della neonata Repubblica. Considerando tale singolarità e conoscendo i molteplici ostacoli che si frapposero alla sua nomina, si capisce già il carattere eccezionale di questa pianista d’avanguardia, che nei suoi Studi traccia una via per il futuro. Nata a Londra, Clare Hammond ha studiato alla Cambridge University e alla Guildhall School of Music & Drama e ha conseguito un dottorato in studi musicali alla London University. Nota per i suoi programmi di concerto brillantemente creativi, nella stagione 2020-2021 è stata chiamata a esibirsi con la Britten Sinfonia, la Sinfonia Varsovia, la Royal Philharmonic Orchestra, la BBC Symphony Orchestra e nel corso dell’International Piano Series del Southbank Centre. In maggio ha suonato alla Wigmore Hall di Londra un programma di brani di Szymanowski, Hélène de Montgeroult e Rachmaninov. Nel 2016 le è stato assegnato il Royal Philharmonic Society’s Young Artist Award. There was a time co-education in music conservatories was unthinkable, and segregation applied to faculty, too. Hélène de Montgeroult was nominated professor at the Paris Conservatory in 1795 and assigned a male class – revolutionary, at the time. Clare Hammond studied at Cambridge and at the Guiledhall School of Music & Drama. She is known for her creative concert programmes and has performed in the most important theatres worldwide. Hammond has been awarded the Royal Philharmonic Society’s Young Artist Award in 2016.
Palazzetto Bru Zane CHITARRE EROICHE Martedì 19 ottobre h. 19.30
Al pari del pianoforte, all’inizio del XIX secolo anche la chitarra non vuole più limitarsi al suo abituale ruolo di accompagnamento. Il repertorio di questo strumento, da solo o in duo, si arricchisce costantemente di trascrizioni delle opere più in voga del momento, tratte dall’ambito della lirica come anche dal repertorio dei concerti o della musica da camera. Su impulso di alcuni virtuosi, come Fernando Sor o Antoine de Lhoyer, il campo si amplia ulteriormente, fino a comprendere brani composti appositamente per la chitarra. In tutti i casi, le limitate capacità sonore dello strumento gli impediscono di accedere alle grandi scene musicali e i pezzi che gli vengono dedicati rispondono anzitutto alle richieste dei salotti. Formato dal belga Stijn Konings e dal francese Romaric Martin, compagni di corso nella classe di musica da camera di Olivier Chassain al Conservatorio di Bordeaux, il Duo Tarentelle, nato nel 2012, esplora nei suoi concerti il repertorio per duo di chitarre (Méhul, Sor, Debussy, Granados, Presti). Si esibiscono in festival di richiamo in Francia e in Belgio suonando due chitarre di epoca romantica, opera del grande liutaio parigino René-François Lacôte. In similar way to what happened with the piano, by the early 1800s the guitar resented its limits as an accompanying instrument. Guitar repertoires expanded with adaptations of popular music at the time, either from opera or from chamber music. The capabilities of the instrument soon earned it space on the musical scene. Duo Tarantelle was formed in 2012 and boasts a solid repertoire of duo guitar compositions (Méhul, Sor, Debussy, Granados, Presti) played on vintage instruments.
Ormai desidero che nessuna opera lirica venga data senza il mio ordine Napoleone Bonaparte Palazzetto Bru Zane TRII IMPERIALI Giovedì 4 novembre h. 19.30
Nella Francia del primo Ottocento, il trio per archi è un organico che si incontra di rado e che ispira solo eccezionalmente i compositori; perciò, quando il ventenne Alexandre Boëly porta a termine, nel 1808, i suoi tre primi Trii per archi, si iscrive in una linea essenzialmente viennese, portando a Parigi gli echi dei contemporanei progressi musicali di Haydn e di Beethoven. Ma forse il giovane compositore pensava anche ai sei trii composti da Hyacinthe Jadin alla fine del secolo precedente e che la prematura scomparsa dell’autore (1800) aveva fatto momentaneamente cadere nell’oblio. Nonostante queste due folgoranti apparizioni, il genere dovrà attendere ancora diversi decenni prima di imporsi in Francia come imprescindibile. Fondato nel 2018 da tre giovani solisti, già vincitori singolarmente di diversi concorsi internazionali, il Trio Arnold è invitato a esibirsi in sedi importanti quali la Victoria Hall di Ginevra, il Théâtre des Champs-Élysées, la Salle Pleyel, la Fondation Louis Vuitton, la Philharmonie di Parigi e quella di Berlino. Il trio, che ha frequentato per dieci anni l’Accademia di musica da camera di Seiji Ozawa ed è attualmente in residenza presso la Fondation Singer-Polignac, persegue la ricerca di un suono omogeneo come può esserlo quello di un quartetto d’archi. In questo concerto, Bumjun Kim sarà sostituito dalla violoncellista Stéphanie Huang: rivelazione ADAMI Classique 2021, Huang ha iniziato a suonare il violoncello in tenera età, con sua madre. Si è laureata con lode al Koninklijk Conservatorium van Brussel nella classe di Jeroen Reuling e poi ha studiato al Conservatorio Nazionale Superiore di Musica et de Danse de Paris per il suo Master e il suo Diploma di Artista nella classe di Marc Coppey e nella classe di Emmanuelle Bertrand per il suo Master in musica da camera. Nel novembre 2008 ha vinto il primo premio al Concorso Dexia. All’età di 12 anni, ha debuttato al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles nelle Variazioni su un tema rococò di Čajkovskij. Nel luglio 2015 ha ricevuto il Gran Premio al Concorso Internazionale di Violoncello Suggia a Porto. In early-nineteenth century France, the string trio was not a common formation. When twenty-year-old Alexandre Boëly composed, in 1808, his first three pieces, it was Vienna that inspired him and allowed him to take to Paris the modernity of Haydn and Beethoven. Trio Arnold performed at the Victoria Hall in Geneva, at Théâtre des Champs-Élysées, Fondation Louis Vuitton, the Paris Philharmonie, and others. Cellist Stéphanie Huang recently joined the Trio to replace Bumjum Kim.
Palazzetto Bru Zane QUARTETTI SFAVILLANTI Venerdì 12 novembre h. 19.30
Mentre al di là del Reno la storia del quartetto per archi è caratterizzata dalla preoccupazione per l’omogeneità delle diverse parti, la Francia si distingue per i suoi “quartetti brillanti” che mettono in risalto il primo violino, trattato come un solista accompagnato da un trio d’archi. Erede della sinfonia concertante, esso è perfettamente in linea con un periodo – il primo Ottocento – che privilegia la musica coeva, effimera e tagliata su misura per i virtuosi. Tuttavia, che si tratti di Baillot, indefesso difensore di Haydn e di Beethoven a Parigi, o del giovane Hérold, sempre attento alla scuola viennese, o del sorprendente Jadin, questa distinzione tra le due scuole nazionali appare poco convincente. Preconcetti a parte, quella che si sta delineando è un’altra storia del quartetto in Francia. Fondato nel 2016 da quattro allievi del CNSMD di Parigi, il Quatuor Elmire ha ottenuto numerosi premi ed è stato invitato a esibirsi in importanti rassegne, tra cui Les Rencontres Musicales d’Evian, Les Folles Journées di Tokyo e Musicalta a Lione. I quattro hanno potuto beneficiare dei consigli di formazioni prestigiose come il Quatuor Modigliani, l’Ébène e il Danel. Curiosi di esplorare orizzonti diversi, hanno collaborato con il chitarrista Samuel Strouk a un album di ispirazione jazz, Nouveaux Mondes, e suonano regolarmente in quintetto con i pianisti Claire Désert e Julien Gernay. Sono artisti in residenza presso ProQuartet, Le Dimore del Quartetto e la Fondation Singer-Polignac. While in Germany string quartets reg ularly show great harmony between the several parts, in France the first violin is much more prominent, almost a solo voice accompanied by a string trio. This preconceived notion may be just that, as may elements of French string quartet history show otherwise. Quatuor Elmire performed in several important music festivals and expanded their horizons with guitarist Samuel Strouk for their jazz-inspired album Nouveaux Mondes.
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classical FESTIVAL
Profeta in patria Il Vivaldi Festival nasce dalla volontà di creare a Venezia un festival permanente che ogni anno offrisse la possibilità di riscoprire il patrimonio di questo genio musicale, dalla musica concertistica a quella operistica ancora sconosciuta, dando spazio a diversi modi e stili di interpretare ed eseguire oggi Vivaldi. Il 16 ottobre ecco delle più celebri orchestre del mondo, I Solisti Veneti, che nella maestosa Scuola Grande di San Giovanni Evangelista propone alcuni dei più sorprendenti concerti per orchestra ed oboe di Vivaldi sotto la direzione di Giuliano Carella. Altra straordinaria Scuola Grande è poi quella di San Rocco, dove il 19 ottobre si svolge il concerto di Fabio Biondi e la sua personale interpretazione delle Quattro stagioni insieme ad altre pagine meno conosciute del Vivaldi strumentale. Gran finale il 21 ottobre con Cecilia Bartoli, alla quale sarà consegnato il Premio Vivaldi d’Oro, e concerto serale alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari: l’Orchestra Canova
diretta da Enrico Saverio Pagano esegue una selezione da L’Estro Armonico di Antonio Vivaldi. Per questo concerto conclusivo della prima edizione del Vivaldi Festival l’orchestra è raddoppiata nell’antico stile barocco e disposta in alto nelle due contrapposte cantorie di fronte all’altare maggiore, creando quell’antico effetto stereofonico naturale che già era stato sperimentato nel ‘700. «Nessun grande compositore – spiega il direttore artistico della manifestazione, Enrico Castiglione – ha bisogno di un festival, ma tutti i grandi compositori hanno il proprio festival nella città in cui sono nati. Il Vivaldi Festival nasce proprio dal desiderio di dedicare un festival a Vivaldi nella città dove è nato e dove Vivaldi è diventato uno dei più prolifici quanto rivoluzionari musicisti del Settecento». Vivaldi Festival Fino 21 ottobre vari luoghi a Venezia www.vivaldifestival.org
© Kristian Schuller Decca
Capitoli successivi Tra ottobre e novembre, nove sono gli appuntamenti di Musikàmera, quattro dei quali con replica la sera successiva. La stagione è ospitata nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice e da quest’anno prevede anche alcuni appuntamenti al Teatro Malibran. In particolare, sono in programma due recital pianistici che presentano brani dalla metà dell’Ottocento fino alla musica contemporanea. Si comincia con Emanuele Arciuli (2-3 novembre) che esplora un programma di compositori americani contemporanei tra cui John Harbison, Milton Babbitt e Michael Torke. Emanuele Arciuli è tra i pianisti più attenti alla musica d’oggi ed è considerato un interprete d’eccezione del repertorio di musica americana contemporanea. Non mancano nel suo programma brani di compositori italiani come Nicola Campogrande e Nino Rota. Si prosegue l’8 novembre con il pianista Giuseppe Albanese, in un percorso musicale dedicato all’idea di “danza”, in corrispondenza con il suo ultimo CD edito da DeutscheGrammophon, Invitation to dance. Accanto a perle rare del repertorio pianistico 66
come il Valse Triste del compositore calabrese Alfonso Rendano o Il canto del mattino di Cilea, Albanese propone un excursus nei brani per orchestra più famosi, dall’Uccello di fuoco di Stravinskij alla travolgente Valse di Ravel. Un altro doppio concerto (15-16 novembre), con una formazione particolare, è quello che vede protagonista Tommaso Lonquich al clarinetto e Claudio Martinez Mehner al pianoforte: dalla Sonata di Camille SaintSaëns, compositore di cui nel 2021 si festeggia
il bicentenario dalla morte, fino alla Sonata di Leonard Bernstein passando per opere di Poulenc, Debussy e Stravinskij. Acclamato come “clarinettista formidabile” («Mundo Clásico»), Lonquich è tra i più apprezzati e richiesti clarinettisti della sua generazione. Katia Amoroso Musikàmera 21, 26, 27, 29 ottobre; 2, 3, 8, 9, 15, 16, 19 novembre Teatro La Fenice www.musikamera.org
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6 settembre ore 20.00
26-27 ottobre ore 20.00*
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
ZLATOMIR FUNG
violoncello musiche di Joseph Marie Dall’Abaco, Luciano Berio, Johann Sebastian Bach, Gaspar Cassadò
7 settembre ore 20.00
Integrale
Alessandro Cappelletto e Gianaldo Tatone violini Petr Pavlov viola, Nicola Boscaro violoncello Stefano Pratissoli contrabbasso, Konstantin Becker corno Vincenzo Paci clarinetto , Marco Giani fagotto musiche di Franz Schubert
11-12 settembre ore 20.00* Teatro La Fenice - Sale Apollinee
QUARTETTO VAN KUIJK
Nicolas Van Kuijk e Sylvain Favre-Bulle violini Emmanuel François viola, Anthony Kondo violoncello musiche di Felix Mendelsshon, Edward Grieg
24-25 settembre ore 20.00*
Edoardo Zosi e Liù Pelliciari violini Benedetta Bucci viola, Stefano Cerrato violoncello musiche di Ludwig van Beethoven
29 ottobre ore 20.00
Teatro La Fenice - Sale Apollinee novecento storIco ItalIano
in collaborazione con Archivio Musicale Guido Alberto Fano Onlus
DANILO SQUITIERI
violino
ORAZIO SCIORTINO
pianoforte musiche di Robert Schumann, Felix Mendelssohn, Sergej Prokofiev
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
EMANUELE ARCIULI
21 ottobre ore 20.00
Teatro La Fenice - Sale Apollinee storIco ItalIano
novecento
in collaborazione con Archivio Musicale Guido Alberto Fano Onlus
GIUSEPPE ALBANESE
pianoforte musiche di Guido Alberto Fano, Alfonso Rendano, Francesco Cilea, Giuseppe Martucci, Christoph Willibald Gluck, Igor Stravinskij, Claude Debussy, Maurice Ravel
9 novembre ore 20.00
TEATRO MALIBRAN
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
CONCERTO STRAORDINARIO in occasione dei
40 ANNI DI ATTIVITÀ del
QUARTETTO DI VENEZIA
CLAUDIO MARTINEZ MEHNER pianoforte musiche di Camille Saint-Saëns, Leonard Bernstein, Claude Debussy, Igor Stravinsky, Francis Poulenc
19 novembre ore 20.00 TEATRO MALIBRAN
ĖLISO VIRSALADZE
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
8 novembre ore 20.00
DOMENICO NORDIO
clarinetto
2-3 novembre ore 20.00*
pianoforte musiche di Guido Alberto Fano, Francesco Cilea, Giuseppe Martucci
12-13 ottobre ore 20.00*
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
TOMMASO LONQUICH
pianoforte musiche di Wolfang Amadeus Mozart Fryderyk Chopin
Suyeon Kang violino - Vicki Powell viola Paolo Bonomini violoncello musiche di Zoltán Kodály, Ludwig van Beethoven, Leó Weiner, Jean Françaix
TRIO BOCCHERINI
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
ENZO OLIVA
violoncello
pianoforte musiche di John Cage, Nicola Campogrande, Nino Rota, Frederic Rzewski Round Midnight Variations: Hommage to Thelonious Monk (for Emanuele Arciuli) (John Harbison, Milton Babbitt, Michael Torke, Michael Daugherty)
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
ENSEMBLE AURORA
Enrico Gatti violino - Gaetano Nasillo violoncello Anna Fontana clavicembalo musiche di Giuseppe Tartini, Antonio Vandini
AIAM PREZZI BIGLIETTI: TEATRO LA FENICE | SALE APOLLINEE - Intero € 25 - Ridotto (over 65 e abbonati Teatro La Fenice) € 20 - Ridotto (under 30) € 15 - TEATRO MALIBRAN - Platea € 50 - Palco centrale e laterale (parapetto) € 35* - Palco centrale e laterale (dietro) € 20* - Balconata I settore € 50 - II settore € 35 - Galleria € 25 Loggione € 15 - Ridotto (under 30) € 15 (tranne Platea e Balconata I settore) - Vendita biglietti dal 2 settembre. PREZZI ABBONAMENTI (8 concerti): 6 concerti alle Sale Apollinee del Teatro La Fenice (1° o 2° turno a scelta) + 1 concerto al Teatro Malibran (posto a scelta in tutti i settori) + invito al concerto straordinario del Quartetto di Venezia al Teatro Malibran Intero € 150 - Giovani (under 30) € 80 - Docenti € 120 MAXI ABBONAMENTO (tutti i 15 concerti) Intero € 230 - Giovani (under 30) € 140 - Docenti € 180.
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Beethoven
QUARTETTO ADORNO
Teatro La Fenice - Sale Apollinee
SOLISTI DELLA FENICE
deI quartettI dI
15-16 novembre ore 20.00*
5 dicembre ore 20.00
VALENTINA COLADONATO soprano
CLAUDIO PROIETTI
pianoforte musiche di Maurice Ravel, Ivan Fedele, Mario Castelnuovo-Tedesco, Francis Poulenc
10 dicembre ore 20.00
Teatro La Fenice - Sale Apollinee novecento storIco ItalIano
in collaborazione con Archivio Musicale Guido Alberto Fano Onlus
MARIA PIA PISCITELLI soprano
MAURIZIO COLACICCHI pianoforte musiche di Amilcare Ponchielli, Alfredo Catalani, Francesco Paolo Tosti, Pietro Mascagni, Alfredo Catalani, Riccardo Zandonai, Umberto Giordano, Francesco Cilea, Giacomo Puccini, Franco Alfano, Guido Alberto Fano
* Concerti in abbonamento
in collaborazione con Fondazione Teatro La Fenice
Vendita abbonamenti: dal 2 agosto al 12 settembre solo rinnovo, dal 30 agosto al 12 settembre anche nuovi abbonamenti. Acquisto biglietti: Biglietteria del Teatro La Fenice, Punti vendita Venezia Unica di Piazzale Roma, Ferrovia, Tronchetto, San Marco Correr, Rialto, Lido S. Maria Elisabetta, Accademia, Mestre Piazzale Cialdini, Aeroporto Marco Polo, Dolo, Sottomarina, Chioggia. Biglietteria telefonica (commissione 10%) +39 041 2722699 (dalle 9 alle 17) Biglietteria online (commissione 10%) e info www.musikamera.org * I posti di palco potranno essere acquistati solo da congiunti (minimo 2) a partire da quelli di parapetto. Nel caso in cui il nucleo familiare sia composto da più di due persone potranno essere acquistati, solo in biglietteria, i posti dietro.
classical
PURA CURIOSITÀ
CONCERTI
Officina di note
Il vento in faccia
Continua la stagione ARCHIPELAGO all’Auditorium Lo Squero della Fondazione Cini. Appuntamento tutti i sabati del mese di novembre per quattro concerti che attraversano il repertorio di musica da camera. Si comincia il 6 novembre con il Quartetto di Venezia, ensemble in residenza alla Cini dal 2017, che quest’anno celebra i quarant’anni di attività e che esegue un programma classico con quartetti e quintetti di Boccherini e Mozart. Per l’esecuzione del Quintetto di Boccherini, è prevista la partecipazione del flautista di fama internazionale Massimo Mercelli. Il 13 novembre è il turno della violinista Sonig Thackerian che propone un programma di Sonate e Partite per violino solo di Bach. Al compositore di Lipsia sono dedicati altri due appuntamenti (20 novembre e 11 dicembre) che vedono protagonista Mario Brunello. Il violoncellista trevigiano propone una rilettura di Sonate e Partite in chiave biblica raccontandone tre momenti: la Genesi, lo Spirito e la Carne e il Destino. Particolarità dei due concerti è l’uso di un violoncello a quattro corde, copia di un Amati di inizio Seicento: il suono riproduce l’intensità della voce di un controtenore. Il Quartetto di Venezia ritorna nel suggestivo palcoscenico “a bordo d’acqua” il 27 novembre per omaggiare il 50º anniversario della morte di Stravinskij, le cui spoglie sono sepolte proprio a Venezia, nel cimitero di San Michele. Katia Amoroso
Come un mare è il titolo della nuova edizione di Musica antica in casa Cozzi, progetto promosso dalla Fondazione Benetton e dall’associazione almamusica433, con la direzione artistica di Stefano Trevisi e con il patrocinio e il sostegno del Comune di Treviso. Ispirata a Charles Baudelaire e al desiderio di fare vela alla scoperta di mondi lontani, propone quattro appuntamenti nel mese di novembre. Il 6 novembre nella Chiesa di San Teonisto a Treviso in Bright and Early. Musica italiana e francese per liuto dall’inizio del XVI secolo, Hopkinson Smith propone le raccolte di musica per liuto di Francesco Spinacino e Zoan Ambrosio Dalza, pietre miliari nella storia della musica, alternate alla musica delle prime intavolature per liuto francesi. Antonio Valente è al centro del concerto di Paola Erdas in programma sabato 27 novembre alle 18.30 nella Chiesa di San Teonisto. Un autore fatto di contrasti, le cui musiche passano da una scrittura coltissima e raffinata all’impianto più “pop”, il tutto condito con sapiente piacevolezza, con arte sopraffina che incanta e seduce. Paola Erdas circonda la musica di Valente con composizioni di autori coevi di area ispanica, a ricreare l’ambiente musicale della sontuosa Napoli spagnola della fine del Cinquecento. Il programma si chiude con la sua emblematica Canzon Francese del Principe don Carlo Gesualdo da Venosa.
Archipelago 2021 6, 13, 20, 27 novembre Auditorium Lo Squero www.cini.it
Musica antica in Casa Cozzi 6, 27 novembre Chiesa di San Teonisto-Treviso www.fbsr.it
«È stata un’influenza assoluta. Non ha svolto una funzione didattica, indicandomi questo o quel brano, questo o quell’autore, ma Giovanni ascoltava musica dalla mattina alla sera, mia madre a sua volta cantava e suonava, appena sono stato in grado di farlo, abbiamo spesso suonato in trio. Giovanni suonava molto bene il pianoforte. Ero immerso in un universo sonoro estremamente stimolante, che comprendeva tutto, senza preclusioni. Verso i trent’anni, questa sedimentazione diede i suoi frutti ed iniziai la mia attività di compositore». Parole di Andrea Liberovici, figlio di Margherita Galante Garrone e del compositore Sergio Liberovici, che dall’età di due anni ebbe con Morelli un rapporto filiale. Dal 30 settembre al 3 ottobre scorso Venezia è stata teatro di un omaggio al musicologo scomparso nel 2011 con una serie di iniziative trasversali, come trasversale è stata la sensibilità artistica di una figura capace con la propria intelligenza e curiosità di sondare i legami estetici, genetici e culturali tra diversi ambiti espressivi. La Fondazione Ugo e Olga Levi, insieme con l’Associazione Giovanni Morelli con Un cielo nascosto, il primo festival mai organizzato in Italia dedicato a un musicologo, attraverso concerti, esposizioni, concerti-laboratorio seguiti da dibattiti e discussioni, conferenze e proiezioni, ha accompagnato il pubblico in un viaggio nell’inusuale e originale ricerca musicale e culturale di Morelli, in equilibrio tra antico e contemporaneo, tra istinto e rigore accademico. Giovani esecutori del Conservatorio Benedetto Marcello, allievi dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni e la musica di Ver-V, network dei giovani compositori veneziani, sono state solo alcune delle voci impegnate in un dialogo con Giovanni Morelli, idealmente presente in tutte le iniziative che ne hanno esaltato e diffuso gli ideali, artistici e non. 69
SCENE DA UNA RIVOLUZIONE
Scenes from a Revolution
Sono davvero felice di restituire un Teatro Stabile che oggi sta facendo la rivoluzione sul palcoscenico
theatro
Giampiero Beltotto, Presidente Teatro Stabile del Veneto
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di Chiara Sciascia
È
un nuovo orizzonte quello cui guarda il Teatro Stabile Veneto che punta a una ripartenza completa delle sue attività guidato dalla mano sicura del nuovo direttore Giorgio Ferrara, che dalla nomina dello scorso aprile si è unito alla «rivoluzione che il Teatro Stabile ha intrapreso» – come annunciato dal Presidente Giampiero Beltotto durante la presentazione delle Stagioni – mettendo al servizio di quest’ultima tutta la propria esperienza e passione. Una rivoluzione che ha molteplici obiettivi, e primo fra tutti, tornare a essere un Teatro Nazionale e un punto di riferimento culturale a per il Paese e oltreconfine. In questa chiara direzione si muovono il progetto per il triennio e la stagione disegnati dal direttore Ferrara, che ha coinvolto registi, autori e interpreti con i quali ha collaborato più strettamente durante la sua lunga carriera per aprire nuovi Scenari senza confini che renderanno il Teatro Stabile del Veneto nei suoi tre palcoscenici, il Verdi a Padova, il Goldoni a Venezia e il Mario Del Monaco a Treviso, un’unica piattaforma culturale capace di inserirsi e dialogare nel panorama teatrale italiano e internazionale. La ‘compagnia’ dello Stabile si allarga quindi con nomi di spicco del teatro che dialogheranno e lavoreranno fianco a fianco con il Direttore per il triennio, da Pier Luigi Pizzi che firma lo spettacolo di apertura della Stagione del Goldoni, Tourandot di Carlo Gozzi, prodotto dallo Stabile stesso, a Bob Wilson, già ospite fisso al Festival di Spoleto diretto da Ferrara e ora pronto a debuttare a Venezia in prima nazionale con il riallestimento dello spettacolo cult I was sitting on my patio…, da Emma Dante che presenta il primo capitolo di una trilogia, Pupo di zucchero, liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Basile, a Sandro Parenzo che sta collaborando con Ferrara ad un progetto musical-teatrale scritto da Massimo Cacciari, ancora top-secret. E se Irina Brooks si occupa del progetto itinerante dedicato ai giovani House of Us, che dopo Palermo fa tappa a Venezia nel 2022, il padre Peter presenta al Goldoni Tempest Project spettacolo nato da un percorso di ricerca sull’ultima opera di Shakespeare, diretto dalla moglie Marie Hélène Estienne, che lo stesso regista inglese, oggi 96enne, ha annunciato con un commosso videomessaggio in conferenza stampa. Molti ancora gli ospiti dei tre palcoscenici dello Stabile per la stagione 21/22, tra cui Andrée Ruth Shammah con Massimo Dapporto ne Il delitto di via dell’Orsina, Andrea Chiodi che presenta Le Troiane di Euripide con Elisabetta Pozzi, Adriana Asti in scena con Spettri di Ibsen diretta Rimas Tuminas, Guglielmo Ferro, Serena Sinigaglia, Giorgio Sangati, ma anche l’internazionale Tom Volf a dirigere un’inedita Monica Bellucci nel ruolo di Maria Callas, Alessandra Ferri celebra quarant’anni di carriera con una coreografia immaginata da Bejart, Cristiana Morganti con il suo Moving with Pina, Jannis Kokkos, Stefano Massini con Ottavia Piccolo ad affrontare la terribile memoria del gerarca nazista Eichmann, Anna Foglietta e Paola Minaccioni ne L’attesa, il leggendario scrittore, marionettista e scultore georgiano Rezo Gabriadze… Oltre 20 titoli, tra cui 13 produzioni e co-produzioni dello Stabile, con 6 debutti in prima nazionale. Il cartellone amalgama la grande tradizione classica e una proposta più contemporanea, che vede i palcoscenici dello Stabile affermarsi da un lato come ribalta per nomi di rilievo della scena regionale, italiana e internazionale, e dall’altro come vetrina per artisti emergenti, oltre che fucina di produzioni originali sempre attenta al territorio. La valorizzazione del territorio dal punto di vista culturale e artistico e l’attenzione verso le nuove generazioni, sono gli altri due punti cardine su cui fonda la missione dello Stabile, all’interno della quale si inseriscono numerosi percorsi e iniziative, dai laboratori di Teatro di Cittadinanza, curati a Venezia dal regista Mattia Berto, al Premio Rete Critica, dedicato ai nuovi linguaggi della scena, dal nuovo progetto sperimentale rivolto alle drammaturgie d’impresa alle numerose collaborazioni con i comuni, tra cui Cortina e Badia Polesine. Riprendono inoltre le lezioni dell’Accademia Carlo Goldoni e le attività per le scuole secondarie di primo e secondo grado, oltre ai laboratori per famiglie. Come la città, che celebra i 1600 anni dalla fondazione, anche il Goldoni, nella stagione 2022 festeggia 400 anni di attività, confermandosi il teatro in attività più antico del mondo… un’età perfetta per risvegliarsi rivoluzionario!
A
new outlook at Teatro Stabile Veneto thanks to new director Giorgio Ferrara, nominated last April by the theatre’s president, Giampiero Beltotto. The revolution we will speak of has multiple goals, first of all, making the Stabile a national theatre of prime importance and a cultural reference point for Italy and the world. The projects Ferrara will be working on will involve directors, authors, and performers whom he has known professionally over the years. The three theatres (Verdi in Padova, Goldoni in Venice, and Mario Del Monaco in Treviso) will be a single platform on the world stage. The Company will expand with some of the most prominent names in theatre and will kickstart the season with a self-produced Tourandot. Bob Wilson’s play is also part of the programme, as will Emma Dante and Sandro Parenzo. Irina Brooks will be working on a travelling project dedicated to young people, House of Us, while her father, Peter Brooks, will stage Tempest Project at Goldoni a show inspired by research on Shakespeare’s last oeuvre. Other titles for the 2021/2022 season are Euripides’ The Trojan Women starring Elisabetta Pozzi, Ibsens’ Ghosts starring Adriana Asti, and a Tom Volf-directed piece with Monica Bellucci starring as Maria Callas. Many more guests and over 20 pieces in total – 13 of which are the Stabile’s own productions or co-productions. Culture and art do so much for our region and for future generations, two of the essential pillars of Teatro Stabile’s activity, together with the Teatro di Cittadinanza workshops, Premio Rete Critica, satellite productions in smaller cities like Cortina d’Ampezzo and Badia Polesine. The Accademia Carlo Goldoni runs theatre classes for elementary and middle schools as well as workshops for families. In the year the city of Venice turns 1600, we also celebrate the 400 years of activity of Goldoni Theatre, the oldest continuously working theatre in the world and the perfect age to wake up a revolutionary!
www.teatrostabileveneto.it
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theatro SPETTACOLI
DANZA SOCIALE Non esiste «alcuna differenza tra musica e politica» affermava Luigi Nono nel 1969 e nel 2021, anno che necessita sempre più di una concreta coscienza ecologica, Isabel Lewis allo stesso modo paragona danza e politica, portando a Venezia la sua performance espositiva O.C.E.A.N.I.C.A. (Occasioni per creare narrazioni ecologicamente in sintonia con l’azione collettiva). L’opera performativa, commissionata e realizzata da TBA21-Academy, costituisce il secondo capitolo di The Soul Expanding Ocean, il ciclo espositivo ideato dalla curatrice Chus Martinez per Ocean Space 2021 per avvicinare l’umanità all’Oceano attraverso la lente di un nuovo universo scientifico. Isabel Lewis, artista e coreografa dominicana, usa l’arte della danza come strumento sociale, aderendo al progetto e invitando i visitatori a creare nella chiesa, nel chiostro e nel campo di San Lorenzo un’armonia capace di segnare la nostra continuità con l’Oceano e trasformare il rapporto in modo attivo attraverso appunto danza, canto e musica. Venti danzatori, professionisti e amatoriali, si sono mossi seguendo le correnti oceaniche, catturati e trascinati in una sorta di coreografia intrecciata con una lezione di etnomusicologia sulla tradizione veneziana, sui cori dei pescatori e sulla realtà culturale di questa città sull’acqua. Venezia è infatti un’entità in continuo movimento, proprio come l’Oceano. Lewis compone suono e movimento dei corpi, mescolati, sciolti e risolti in un’unica onda oceanica, e così facendo intende guidare l’uomo verso una coscienza ulteriore, verso una percezione totale dell’Oceano, utilizzando tutti i cinque sensi e magari anche il sesto. Conciliando il suo forte impegno politico con la sua attività artistica, l’artista mira a una rieducazione collettiva. Silvia Gobbo www.ocean-space.org
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La versione di Bob Wilson porta a Venezia lo spettacolo cult del 1977
A qualcuno lo spazio scenico ricorderà il Kandinsky di Punto, linea e superficie. Per Bob Wilson, regista e primo interprete di I Was Sitting on My Patio This Guy Appeared I Thought I Was Hallucinating, la luce colorata, la sua famosa tonalità blu di Einstein on the Beach, costruisce lo spazio, componendo piani su cui giocano superfici e volumi. Erede di Craig, tende a sbarazzarsi della scenografia teatrale, riducendola al minimo. Così la luce e l’elemento linguistico diventano i veri protagonisti. Un giovane e ribelle Bob Wilson, dopo la provocazione delle sette ore di spettacolo di Deafman Glance, con in scena un sordomuto incontrato per strada, costruì da uno scritto di William Harris questa messa in scena del 1977, che debuttò all’Eastern Michigan University. Non mancò di essere notata da Strehler e l’anno dopo venne rappresentata anche a Milano. Dall’11 al 14 novembre, al Teatro Goldoni non sarà però Wilson il performer; forse lo incontreremo tra i palchi o sulle gradinate come ci è accaduto al Teatro Olimpico di Vicenza nel 2018 in occasione dell’Oediphus e dell’Antigone. Non ritroveremo neppure Lucinda Childs, icona della danza contemporanea, Leone d’Oro Biennale Danza nel 2017, i cui famosi otto passi avanti e otto passi indietro contrastavano la traiettoria del treno in Einstein. Ma i nuovi interpreti rispettano una linea di continuità. Christopher Nell del Berliner Ensemble ha a lungo lavorato con Wilson già dai famosi Shakespeares Sonnette del 2009, poi nel Peter Pan, nell’Opera da tre soldi e nel Faust del 2015. È famoso per la sua voce dal timbro tenorile, ma ha cantato anche rock. Acrobata e specialista in step-dance, nonché attore in vari film, ben rende lo zapping verbale, il flusso di parole che sgorga senza fine caratteristico dell’opera. Julie Shanahan, l’interprete femminile, è invece stata allieva di Pina Bausch e a lungo attiva al Tanzteather di Wuppertal. Il primo atto inizia doverosamente al buio e sempre al buio un telefono squilla. Si aprono tre archi di luce. In scena appare una figura umana su una chaise longue vestita in scintillante bianco e nero. Ancora minuti di silenzio. Poi di nuovo buio. Al ritorno della luce le pareti appaiono ricoperte di libri e i pensieri diventano flussi di parole, accompagnate da un pianoforte. Loris Casadei
Wilson’s version
ENG
To some, the stage may remind of Kandisnky’s Point and Line to Plane. Bob Wilson, director of and protagonists in I Was Sitting on My Patio This Guy Appeared I Thought I Was Hallucinating, builds his spaces with coloured light, especially his famous blue in Einstein on the Beach. He likes to get rid of excessive sets and he keeps his to a minimum. Light and language are to be the sole protagonists. From November 11 to 14, Goldoni Theatre will see no Wilson on stage, nor modern dance icon Lucinda Childs, but new interpreters who respect continuity. Christopher Nell of Berliner Ensemble worked with Wilson back in 2009 and is famous for his tenor-like voice, though he sang rock, too. An acrobat and step-dancer, Nell is able to render extremely well the verbal zapping and the endless stream of words that famously pours out of this piece of avant-garde theatre. I Was Sitting on My Patio… 11-14 novembre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it
Un dì, nella reggia mi hai sorriso Per l’apertura di stagione del Teatro Goldoni, il Teatro Stabile del Veneto ha commissionato al maestro Pier Lugi Pizzi il nuovo adattamento della Turandot, stravagante novella scritta da Carlo Gozzi nel 1762, che più tardi ispirò la celebre opera di Puccini. «Non amo dare anticipazioni sugli spettacoli, perché sono convinto che il teatro si fa sul palcoscenico – ha esordito Pizzi durante la presentazione – […] Turandot è una fiaba, una scelta anche insolita, curiosa, una commedia che negli anni Sessanta del XXVIII secolo ha avuto molti meriti perché rientrava nella querelle scoppiata tra Goldoni e Gozzi, che portava avanti l’idea propria del teatro della Commedia dell’arte, quindi fantasia, immaginazione, improvvisazione, contro invece il rigore e il realismo goldoniani». Nell’adattamento firmato da Pizzi, come del resto le scene e la regia, i cinque atti dell’opera originale, in parte in dialetto veneto e in parte in versi, vengono sfrondati e limati fino a diventare un unico atto senza interruzioni, che si serve di un linguaggio più
contemporaneo e immediato per il pubblico di oggi. In scena, un gruppo di 13 attori under 30 con cui il regista ha lavorato con fervore, in quello che ha definito un “laboratorio”, proprio perché si tratta di giovani talenti dell’Accademia «che non hanno alle spalle una grande esperienza di teatro, e questo per me è un vantaggio – ha sottolineato Pizzi – perché spero di portarli a fare teatro con quell’entusiasmo che io ho sempre avuto e di poter contare sulla loro grande energia». Ambientata nella Cina del Gran Khan Altoum, la storia dell’ammaliante e crudele Turandot nonostante l’agognato lieto fine risuona di note drammatiche, al limite della tragedia, sulle quali il grande regista, scenografo e costumista ha costruito l’atmosfera tenebrosa della sua messa in scena, che restituisce in maniera potente quell’instabilità ansiosa che muove l’inquieta principessa. C.S. Turandot 14-17 ottobre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it
Io sono più amore Non molti sanno che dietro il Teatro La Fenice ci sono una fondamenta e un ponte intitolati a Maria Callas. Fu l’Associazione culturale intitolata alla celebre soprano, la Fondazione del Teatro La Fenice, di concerto con il Comune di Venezia e la Soprintendenza e infine il Prefetto ad approvare la definitiva autorizzazione al cambio di toponimi originali. Evento straordinario che dimostra come Maria Callas abbia lasciato un segno indelebile a Venezia e alla Fenice fatto di debutti – nel 1947 con Tristano e Isotta di Wagner – e di scelte artistiche fondamentali per la sua carriera e la sua vita. A novembre, il 26 e 27, sarà un altro Teatro veneziano, il Goldoni a ospitare un attesissimo omaggio alla Divina con Monica Bellucci protagonista di Maria Callas. Lettere e memorie di Tom Volf, tratto dal suo libro, un autoritratto profondamente commovente e affascinante della più grande voce del XX Secolo. Concepito in tre parti, che si susseguono cronologicamente, lo spettacolo racconta gli anni ’50, le sue prime esibizioni sul palcoscenico e il suo matrimonio con Meneghini; gli anni ‘60,
caratterizzati dall’incontro con Onassis e la loro storia d’amore; e gli anni ‘70, i suoi ultimi anni di vita, intrisi di nostalgia e solitudine. Trent’anni pieni di gloria e di dolore. Al centro della scena un divano, la riproduzione esatta di quello che si trovava in Avenue Georges Mandel, nell’appartamento di Parigi dove la Callas ha trascorso i suoi ultimi anni. Accanto al divano, un grammofono, con il quale Maria ascoltava le sue stesse registrazioni e brani del Bel canto. La musica segna il tempo della scena e al contempo della sua vita, è il filo rosso che unisce una lettera all’altra, una voce che inizia a sgorgare con tutto il vigore della giovinezza e che, a poco a poco, comincia a svanire... Monica Bellucci, che veste un abito originale appartenuto alla soprano, riesce a far rivive per breve tempo una Callas intima, forte e vulnerabile, sensibile e fragile, la donna dietro la leggenda. M.M. Maria Callas. Lettere e memorie 26-27 novembre Teatro Goldoni www.teatrostabileveneto.it
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theatro SPETTACOLI
L’essenza del movimento Cristiana Morganti la ricordo ancora nel 2012, a Londra in Der Fensterputzer, sopra un danzatore steso a terra con un gesto per lei tipico: braccia in avanti, leggermente curva con il volto quasi supplice o ingenuo verso un ignoto che non rassicura. Danzatrice storica del Tanztheater, Cristiana inizia con una solida pratica di danza classica, ma con dubbi che la tormentano sino all’incontro decisivo con Pina Bausch in occasione di un suo spettacolo milanese. Nel 1987 la prima audizione. Un imprinting che non ha più abbandonato Cristiana. Ritroviamo la sete di nuove narrazioni, dopo la distruzione dei grandi racconti del balletto operata dalle Avanguardie del primo e secondo Novecento. I racconti diventano brevi, frammentari, talvolta semplici sguardi, ma rimangono percepibili e forti nel trasmettere emozioni. Poi la voglia di comunicare con il pubblico. Cristiana sottolinea come la danza sia un potente strumento di comunicazione, «a patto che chi lo fa abbia coscienza del proprio corpo e dei suoi movimenti».
Due anni fa abbiamo visto il suo Fury Tale sul palco del Goldoni, ora al Teatro Verdi presenta Moving with Pina del 2018, che nasce direttamente dalla pièce madre di tutto il suo lavoro, la Conferenza danzata del 2013. Testimonianza e trasmissione dell’insegnamento coreutico di Pina, ma anche capolavoro espressivo di Cristiana, capace di trascinare con sé tutto il pubblico. Lo spettacolo può anche essere visto come l’insegnamento di Pina, la sua costruzione dei movimenti, che permette di creare quest’amore per la danza, che consente al pubblico di immedesimarsi con la scena. Cristiana potrebbe vigorosamente smentire Roman Jakobson e il suo modello di “funzione emotiva”. Il linguaggio della danza di Cristiana non è una funzione debole, il suo codice colpisce immediatamente il cuore dello spettatore e trasmette le sue emozioni, i suoi messaggi in modo chiaro e diretto. Loris Casadei Moving with Pina 6 novembre Teatro Verdi-Padova www.teatrostabileveneto.it
© Antonella Carrara
E il sogno realtà diverrà… Un graduale susseguirsi di immaginari fiabeschi, costantemente interrotti e squarciati da spaccati di vita terrena, lavoro, realtà. Sul palco coperto di cenere, Cenerentola è un personaggio ambivalente fragile e tenace, sognante e deluso, innalzato e lasciato ricadere su quel soffice manto di polvere nera che eleva le anime al contempo sporca la carne dei dieci danzatori. Cenerentola è una donna, di ieri, di oggi e di domani, in cerca di un ruolo da far proprio, di un personaggio da interpretare, di un luogo in cui sentirsi sé stessa; il principe c’è ma non c’è, non si può davvero dire se ci sarà. Nella creazione di Naturalis Labor, il coreografo Luciano Piovani si discosta dall’idioma tanguero che ha caratterizzato le ultime produzioni per seguire un fluido linguaggio contemporaneo fisico e potente, incanalandolo in una struttura che procede per scene concluse, in orizzontale, evocando situazioni diverse ma sempre incentrate sulle complesse relazioni tra uomini e donne, tra desideri, aspettative, timori e speranze. Al centro spiccano ragazze dai capelli fluenti in lunghe 74
Photo Giuseppe Distefano
vestine bauschiane ad accompagnare le corse e gli avviluppamenti talvolta violenti, talvolta suadenti sui propri compagni. Valzer che attraversano la scena come folate di vento, lasciano spazio a duetti in cui la relazione si sviluppa in un’alternanza di forze e di equilibri. Cenerentola non è altro che un racconto di vita quotidiana, la leggerezza di una fiaba che decide di riscoprire le proprie radici e affondarle saldamente nella realtà, sporca, ma pur sempre vera. In un continuo impasto tra
sogno, virtualità e sospensione del desiderio, si attraversano guerre, illusioni, piaceri, solitudini, forze e liberazioni quasi ancestrali. Un muro/scenografia difficile da scalare, che separa ma allo stesso tempo unisce: i luoghi si confondono in una fiaba di cui restano solo le ceneri, per una redenzione verso la verità dei suoi personaggi. Cenere Cenerentola 9, 10 novembre Teatro Toniolo-Mestre www.comune.venezia.it
L’UOMO IDEALE
Cicatrici indelebili Ambra apre la stagione al Teatro Toniolo
Sta tutto lì, appena il sipario si apre, in quell’aula scolastica ingobbita al centro, con quella sorta di collina nel mezzo che rende precario l’equilibrio di banchi, sedie, personaggi. Si capisce subito che non ci sarà niente di facile o di comodo nel dialogo serrato tra la professoressa di scuola media e la madre di un alunno che ha ricevuto un provvedimento di sospensione. L’incontro genitore-docente si svolge in tempo reale: mio figlio è stato sospeso, è tornato a casa con un invito a presentarmi qui da lei e il corpo pieno di lividi. Perché? È stato vittima di bullismo? O il bullo è lui? O, ancora, è l’insegnante, ad averlo trattato come non si dovrebbe? Sta qui “il nodo” del titolo, e scioglierlo – o meglio, reciderlo, perché di nodo gordiano si tratta – sarà durissimo, una discesa agli inferi, un confronto implacabile tra le due donne, figure tragiche, che trascina con sé dolore, infinito smarrimento e soffocante senso di colpa. Il testo della drammaturga americana Johnna Adams, tra i più interessanti della sua generazione, contemporaneo ed essenziale, scardina il caso particolare per rivolgersi all’universale, si pone le domande assolute – come nelle tragedie greche – cercando le cause e non gli effetti: quali sono le responsabilità educative dei genitori e quali quelle delle istituzioni? Di chi è la
colpa se i nostri figli si trasformano in vittime o carnefici? Dove sbagliamo? Chi sbaglia? Di chi è la responsabilità? Tutti questi interrogativi e molti altri sono amplificati dal medium teatrale, perché se è vero che il mondo dei social ci propone quasi ogni giorno contributi sul tema, è altrettanto vero che è propria del palcoscenico la capacità di mettere a nudo, nella sintesi e nell’intensità che lo contraddistinguono, le più profonde contraddizioni dell’uomo e le ragioni ultime del suo agire. Su Facebook ci può capitare di vedere il video di un singolo episodio, a teatro invece una madre e una professoressa diventano tutti noi come singoli individui e tutti noi come società e ci pongono di fronte alle nostre responsabilità: per ogni ragazzo ferito, umiliato, ma anche per chi umilia e ferisce, siamo noi ad essere sconfitti, come individui e come società, nostra è la responsabilità, nostri la pena e il dolore. Protagoniste di quella che si può definire una “tragedia moderna”, Ambra Angiolini e Arianna Scommegna, dirette da Serena Sinigaglia, portano in scena non già un testo teatrale sul bullismo, ma soprattutto un confronto senza veli sulle ragioni intime che lo generano. L.S.d.B.
Arriva con straordinario (e quasi incredibile) tempismo il decreto ministeriale che riporta finalmente la capienza dei teatri al 100% – in zona bianca, ça va sans dire. Ecco, quindi, che per la ripartenza delle Stagioni proveremo di nuovo la gioia di vedere le platee piene, di sentire applausi scroscianti, di commentare live lo spettacolo con il vicino e anche di sbuffare per far passare chi ha il posto in centro alla fila ed è arrivato per ultimo. Tutte queste cose al Teatro Toniolo di Mestre si inizieranno a fare venerdì 22 ottobre, quando il sipario si rialzerà sul primo spettacolo di stagione, Il marito invisibile, nuova produzione de Gli Ipocriti scritta e diretta da Edoardo Erba che è un’esilarante commedia sulla scomparsa della nostra vita di relazione. In scena, le protagoniste Maria Amelia Monti e Marina Massironi sono due amiche cinquantenni, Fiamma e Lorella, che non si vedono da tempo ma che, perfettamente calate nello spirito del tempo, si tengono in contatto tramite videochat. È proprio durante una di queste chiamate che, dopo le chiacchiere di rito, Lorella annuncia a sorpresa: mi sono sposata! Fiamma sobbalza: già la cosa di per sé è straordinaria, vista la proverbiale sfortuna di Lorella con il sesso maschile. Diventa però davvero incredibile quando la notizia è accompagnata dalla rivelazione di un … non proprio difetto, del nuovo marito, diciamo piuttosto una particolarità: è invisibile. A questo punto Fiamma è sinceramente convinta che il lockdown abbia segnato in modo irreparabile la psiche dell’amica e senza indugio si propone di aiutarla a tornare in qua, però… eh sì, però non ha fatto i conti con la fatale, sconcertante, attrazione di noi tutti per l’invisibilità. Monti e Massironi ci accompagnano con la loro personalissima comicità in un viaggio ironico e surreale, che tuttavia dà i brividi per quanto è scottante e attuale. Livia Sartori di Borgoricco
Il nodo 19-28 novembre Teatro Toniolo-Mestre www.comune.venezia.it
Il marito invisibile 22-31 ottobre Teatro Toniolo www.comune.venezia.it
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Un Museo per ragazzi! Tutti i fine settimana M9 - Museo del ’900 propone attività per famiglie, ragazze e ragazzi, bambine e bambini.
Tanti nuovi laboratori educativi, pensati per tutti dai 4 ai 14 anni, da fare soli o con i genitori, per entrare insieme nella storia, appassionarsi alla robotica e scoprire il mondo in cui viviamo.
Scopri il calendario completo delle attività di M9Education su m9museum.it. Informazioni e prenotazioni M: 3347093012 E: ufficiogruppi@m9museum.it
M9 – Museo del ’900 via Pascoli 11, Venezia Mestre FB/TW/IG @m9museum
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theatro EXHIBITION
Su la maschera! Intervista a Eleonora Fuser e Giorgio De Marchi
© Matteo De Fina
Fino al 31 ottobre in sala Badoer alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista è consigliabile non perdere l’occasione di visitare la mostra Dante Alighieri: ritratti di commedia... Divina, con la direzione artistica di Eleonora Fuser, nota attrice veneziana, fondatrice negli anni ‘70 del TAG, un monumento del teatro locale a valenza internazionale, punto fermo nel panorama culturale dei decenni Settanta e Ottanta e oltre. Un percorso allegorico nel mondo della Divina Commedia di Dante costruito attorno alle maschere in cuoio dell’artista Giorgio De Marchi e ai burattini in legno di Maurizio Gioco. Per meglio restituire la magia di questa esposizione e del mondo delle maschere, ci siamo fatti guidare dai racconti di Eleonora Fuser e Giorgio De Marchi. Com’è nata l’idea della mostra? E.F._Eravamo qui, in questa stessa sala, durante il Carnevale 2020 con una mostra dedicata all’immaginario popolare e il riferimento specifico erano i diavoli dei canti XXI e XXII della Commedia che hanno dei nomi molto particolari: Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello e Rubicante. Sembrano nomi quasi di ispirazione della commedia dell’arte... da qui nacque la prima idea di realizzare delle maschere che incarnassero l’immaginario delle “male bolge” dantesche ne “l’Arzanà de’ Viniziani”. Poi la ‘peste’ ci ha forzatamente costretti a uno stop. Tuttavia, durante la pandemia i maestri si
sono ritirati nei loro laboratori – la manualità salva la vita e il cuore! –, per costruire nuovi burattini e nuove maschere ispirate alle tre cantiche della Divina Commedia: Inferno, Purgatorio e Paradiso. La Divina Commedia per un artista è un universo immaginifico, Dante descrive questi mostri in una tale maniera – chissà da dove scaturivano nel suo immaginario –, che vengono facilmente reinterpretati in chiave contemporanea. Così le maschere ispirate alla Commedia che ha fatto Giorgio De Marchi non sono antropomorfe, monocromatiche, ma hanno colore, volume, hanno psicologia, la maschera narra, per cui il corpo d’attore dentro la maschera è un corpo che già ha molte informazioni. Dunque in mostra Giorgio De Marchi presenta 30 maschere diverse in cuoio, materia che manipola e plasma da oltre 40 anni e che è divenuta una sorta di prolungamento delle sue stesse mani. Mentre il burattinaio Maurizio Gioco propone un percorso infernale con protagonisti Dante, Virgilio e Lucifero accompagnati da Beatrice. Oltre a loro Ulisse e Diomede, il conte Ugolino, Pier della Vigna, Ciacco e Tiresia. Dopo il successo ottenuto lo scorso 2 ottobre, in occasione di Art Night, quando la mostra si è animata in una processione-spettacolo che si rifaceva agli stilemi della Commedia dell’arte dal titolo Sacro-Profano, che ha suscitato un grande interesse nei giornali e telegiornali nazionali, abbiamo in programma altri eventi nell’ambito della mostra: letture dantesche,
Quando la maschera è calata sul volto non deve essere più toccata, perché nel momento in cui l’attore la tocca o la rifiuta, in qualche modo lei se ne va dal corpo! spettacoli di burattini, e per chiudere la Divina Commedia in veneziano. C’è ancora spazio per riprendere la tradizione della Commedia dell’arte? E.F._Sarebbe fondamentale specie a Venezia far rivivere il teatro nei campi, secondo la storia stessa della città, la tradizione del ‘500 e del ‘600 in cui gli attori della Commedia dell’arte venivano molto considerati e partecipavano alle operine barocche di Monteverdi, che rappresentavano una forma teatrale molto complessa e completa. L’attore aveva grande possibilità di espressione, era un istrione, sapeva suonare, cantare, ballare, sostenere duelli teatrali, era completo. Tornando alla domanda va detto che siamo divisi nel mondo del teatro, non c’è coesione, ognuno guarda al suo piccolo mondo. La Commedia dell’arte necessita di un gruppo di 10 o 11 attori per essere opera completa, di un lavoro di produzione molto importante, mentre in generale si parla della Commedia dell’arte come di un teatro di improvvisazione, senza considerare che dietro c’è un lavoro complesso, fisico e intellettivo, di grande ricerca. È necessario codificare quello che all’apparenza è improvvisazione! Questo genere teatrale, che fa parte della nostra cultura dal ‘500, rappresenta la Dante Alighieri. Ritratti di Commedia... Divina Fino 31 ottobre Sala Badoer, Scuola Grande San Giovanni Evangelista www.scuolasangiovanni.it
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theatro NOT ONLY VENICE
Regina salvatrice All’Olimpico in prima assoluta Ester di Jean Racine
Era il 1887 quando il poeta vicentino Giacomo Zanella decise di realizzare la traduzione dell’Ester di Jean Racine, un’opera incentrata su un’eroina biblica, ideale per essere interpretata dalle allieve del Collegio delle Dame Inglesi di Vicenza, di cui il letterato era direttore e insegnante. Dopo la pubblicazione della traduzione, l’idea di realizzarne una messa in scena fu accantonata alla morte dell’autore. Il 16 e il 17 ottobre sul palcoscenico del Teatro Olimpico di Vicenza, in occasione del 74. Ciclo di Spettacoli Classici, finalmente quest’opera vedrà la luce: una prima assoluta mondiale, un evento fondamentale per valorizzare il lavoro di Zanella di cui nel 2020 si è celebrato il bicentenario della nascita. Con Ester viene esaltata la figura della regina dell’ebraismo e le sue doti di portatrice di valori sacri. Le atmosfere della grande tradizione biblica costituiscono il contesto per evocare un misticismo inteso come tensione dell’uomo verso ciò che lo sovrasta e lo guida. Il teatro quindi come momento di riflessione e di formazione alla vita. Ma non solo. Emerge in particolare la figura della donna che “salva” il popolo. Ester, nel panorama delle figure femminili bibliche
assume infatti un ruolo centrale e formativo. Diventa una sorta di modello: nella sua azione si vede un impegno che non è solo quello familiare ma anche sociale e politico. Il fil rouge e titolo della rassegna di spettacoli classici diretta da Giancarlo Marinelli è Nemesi, inteso come trasformazione: così attraverso un’immersione del pubblico nell’ambito biblico e un uso magistrale delle musiche, testimonianze anch’esse di fede, si evoca il cambiamento e il passato diventa fonte di energia. La regia è affidata a Giovanna Cordova che ha firmato per questo Ciclo di spettacoli classici anche un’altra opera di Racine: la tragedia Antigone. Ad interpretare l’opera, coreografata da Silvia Bennte, un gruppo di giovani attori di Tema Cultura Academy di Treviso, scuola di teatro diretta dalla stessa Cordova. Ventisei giovanissimi ragazzi, dai 7 ai 20 anni, sul palcoscenico del Teatro Olimpico con il compito di rendere viva e ‘vicina’ la storia di quest’eroina biblica che ha salvato il suo popolo e che ancora oggi può diventare una sublime fonte d’ispirazione. Katia Amoroso Ester 16-17 ottobre Teatro Olimpico-Vicenza www.tcvi.it/it/classici
nascita del teatro contemporaneo: i ruoli, gli stilemi e gli stereotipi vengono tutti da lì, per cui dovrebbe essere la base, la palestra di formazione di ogni attore, che prima di fare l’accademia di arte drammatica, con una recitazione di stampo ottocentesco, dovrebbe fare un’accademia di Commedia dell’arte dove imparare per così dire a “leggere e scrivere”! Negli anni Ottanta e anche in parte negli anni Novanta abbiamo girato l’intero pianeta portando la Commedia dell’arte a differenti pubblici. Eravamo una compagnia di 11 attori che ricoprivano tutti i ruoli, con precisione gerarchica. Una commedia recitata in due si trasforma in teatro popolare, diventa inevitabilmente un’altra cosa, molto distante dalla Commedia dell’arte. Non basta infilarsi una maschera, come ho potuto imparare dalla scuola di antropologia con Grotowski e da un grande docente del DAMS, il compianto Fabrizio Cruciani. I comici della Commedia dell’arte nella tradizione erano eruditissimi, Andreini gareggiava con Torquato Tasso in poesia, tanto per fare un esempio... E infine le magnifiche maschere, come prendono vita? G.DM._Il materiale usato per le maschere è cuoio – precisamente vacchetta cruda non trattata a cromo –, che viene bagnato dentro l’acqua calda, lavato e, passate circa un paio d’ore, steso sulla matrice o madre di legno, fissato con dei chiodi e lasciato riposare. Piano piano il legno cioè la matrice comincia ad asciugare il cuoio: è in questa fase che va battuto e lisciato la prima volta, poi vanno cercate le linee della maschera, successivamente si passa alla seconda battitura e lisciatura. In qualche modo è il legno, cioè la matrice che la fa da padrone! Bisogna aspettare circa una settimana per poter togliere la maschera dalla matrice e iniziare il lavoro di rifilatura e soprattutto di creazione dell’anatomia, alla fine si rifiniscono i bordi e si fanno le aperture, cioè l’occhio che è la seconda vista dell’attore. È molto importante per le maschere legate all’attore che ci sia l’anatomia corretta dell’occhio, perché l’attore non deve avere problemi con questa faccia finta. C’è una regola che gli attori come Eleonora Fuser conoscono bene: quando la maschera è calata sul volto non deve essere più toccata, perché nel momento in cui l’attore la tocca o la rifiuta, in qualche modo lei se ne va dal corpo! Ero molto giovane quando è nata in me la passione per le maschere, ho lavorato prima con la carta, ma il materiale non mi dava le soddisfazioni che la pelle sa dare. Si tratta di materia viva, la pelle si reincarna, fa rivivere l’animale che è stato sacrificato, questo è molto importante. Ho dedicato quest’ultimo periodo al rapporto corpo-maschera: la maschera lasciata lì è un’orfana, può essere un oggetto affascinante, ma lei aspetta un corpo perché non è fatta per essere abbandonata. La maschera è vorace e soprattutto non ha cimitero, maschere e burattini sopravvivono a chi le ha indossate e aspettano sempre un corpo nuovo! Fabio Marzari 79
Intervista Thomas Kruithof
LA VERITÀ AL POTERE
Power to Truth
cinema
Le promesse sono le monete di scambio della politica, tutti i personaggi del film ne sono in qualche modo soggetti
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P
di Katia Amoroso
R
accontare il significato del co-
raggio in politica, in modo realistico. Questa l’idea alla base di Les promesses, film di apertura di Orizzonti dell’ultima Mostra del Cinema nelle sale dal prossimo 28 ottobre in cui il regista Thomas Kruithof sceglie di rappresentare le dinamiche della vita di un sindaco che affronta i problemi dei suoi cittadini e la propria ambizione. Clémence (Isabelle Huppert), impavida sindaca di una città vicino a Parigi, sta completando l’ultimo mandato della sua carriera politica. Insieme al suo fedele braccio destro Yazid, ha combattuto a lungo per questa città afflitta da povertà, disoccupazione e padroni di topaie privi di scrupoli. Tuttavia, quando le viene offerta la prospettiva di diventare ministro, la sua ambizione prende il sopravvento, facendo vacillare la devozione e l’impegno nei confronti dei suoi cittadini. Riusciranno la sua integrità politica e le sue promesse elettorali a sopravvivere a questa nuova ambizione? Di questo ed altri aspetti abbiamo parlato proprio con il regista, durante la manifestazione al Lido. Il titolo del film sembra concentrarsi sull’autentico protagonista della pellicola, il concetto stesso di “promessa”. Quale la scintilla che ha portato alla nascita del film? Le promesse sono le monete di scambio della politica, tutti i personaggi del film ne sono in qualche modo soggetti. Mi piace molto l’idea della parola “promessa” perché non è legata solo al potere ma anche ad un’intenzione morale, e a un dialogo più intimo verso se stessi. Ho cominciato a pensare a questa storia alcuni anni fa, dopo le elezioni francesi. Volevo fare un film che mettesse in discussione le possibilità del coraggio politico. Fortunatamente, dopo che ho iniziato a scrivere la sceneggiatura insieme a Jean-Baptiste Delafon, qualcosa di più sfumato e meno teorico ha cominciato rapidamente a emergere... Cosa l’ha spinta a raccontare il mondo della politica secondo il prisma delle promesse? In generale, i film politici parlano sempre di potere. Io avevo voglia di parlare per davvero dell’azione concreta, quindi sono partito dalla politica locale e dall’obiettivo di un sindaco: salvare un sobborgo parigino. Da una parte
emergono gli interessi dei cittadini, dall’altro sono in gioco le volontà del governo centrale parigino. Desideravo attraversare tutti i diversi livelli del mondo politico. Si può mentire e rinunciare a delle promesse per delle buone ragioni. Il film racconta infatti diversi punti di vista: ogni personaggio è come un soldato in un campo di battaglia che si misura con le proprie promesse. Come è stato lavorare con Isabelle Huppert? È impressionante vederla lavorare. La prima cosa che colpisce è il suo entusiasmo e la sua generosità durante le riprese. Si è totalmente dedicata al film. Quello che mi ha sorpreso è che pur conoscendo benissimo Isabelle e tutti i suoi film, pensavo di sapere come avrebbe interpretato le varie scene. E invece mi ha stupito moltissimo con un dinamismo straordinario. Isabelle ha aggiunto colori all’interpretazione, vulnerabilità, forza e ambiguità al personaggio. Quello che davvero mi attrae della sua arte è una capacità innata di lasciare certi squarci ‘aperti’, non risolti, creando una profondità che corrisponde alla realtà. E lo stesso vale per Reda Kateb. In generale trovo che la bellezza del lavoro con alcuni attori sia lasciare loro le porte aperte. Verbalizzo tutti i dettagli prima delle riprese, ma quando si comincia gli attori giocano un ruolo fondamentale e contribuiscono a rendere il film ancora più ricco di complessità e spunti. Nel film si parla di un’impavida sindaca al potere. Come vede il ruolo delle donne in politica? Ancora oggi la politica rimane un settore a forte prevalenza maschile. Il mio film non è centrato sull’essere donna in politica, ma inevitabilmente questo tema si percepisce durante tutto il tempo, come se costituisse una filigrana lungo cui si dipana l’azione. C’è sempre un riflesso di misoginia che rende difficile essere una donna in politica. Il modo in cui si esprime il personaggio interpretato da Isabelle Huppert credo sia effettivamente condizionato dal suo essere donna e da tutto ciò che ne consegue. Ha una personalità dura e coraggiosa che si coniuga però con le sue fragilità e complessità. Les promesses Dal 28 ottobre
romises have currency in
the world of politics, and not only as a means of exchange – they are a piece of moral intention, a fragment of a dialogue we have with ourselves. Clémence (Isabelle Huppert) is the mayor of a Parisian exurban community, where she worked hard to give a chance to her populace to fight poverty, unemployment, and slum landlords. When she is offered a ministerial post at the central government, ambition gets the upper hand. We talked with the director Thomas Kruithof about Les promesses, film presented at the last Venice cinema exhibition. Promises In general, power is all political films talk about. I wanted to talk about something different, about concrete action, so I started from local politics and the goal of a mayor: to salvage a poor exurban community near Paris. On one side, we shall see the interests of local citizens; on the other, the policies enacted by the central government. You can lie your way out of promises if you have a good reason to. The film shows multiple points of view: each character is like a soldier at battle, measuring up to the promises he made. Working with Isabelle Huppert It’s amazing seeing her work. What is most amazing is her enthusiasm and her generosity – she committed totally to the film. What also surprised me is that, while I knew her and her films very well and thought I would know how she would interpret the several scenes, she showed incredible dynamism. She added colour to the interpretation, vulnerability, strength, and ambiguity of her character. What I really love about her is her ability to leave open, unresolved ‘cuts’, which add depth to her portrayals and make them more similar to reality. The same goes for Reda Kateb. Women in politics Even today, politics are mostly a man’s world. My film is not strictly about being a woman in politics, though certainly the issue is right there, like a watermark throughout the film. There is some reflection of misogyny that makes it hard for women to get into politics. The way Isabelle Huppert’s character expresses herself is, in fact, affected by her being a woman. She has a strong, brave personality, but that cannot erase her fragility and her complexity.
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cinema RASSEGNE
IL SUONO DELLA PAURA
Rumore di acqua che scorre. Una tendina di plastica che lascia intravedere un corpo di donna impegnato a farsi la doccia. Ecco però che dall’altro lato della tendina, una figura minacciosa si avvicina. Pochi secondi: la tendina si apre e la figura senza volto vibra fendenti precisi, violenti, contro i quali è inutile opporsi. Basterebbe la musica di questa sola scena di Psycho a far passare Bernard Herrmann alla storia. Quel suono di violini, acuto, tesissimo, rende la scena perfetta, indimenticabile, ed è diventato sinonimo acustico del pericolo, dell’inevitabile arrivo del dramma. Questo e altri brani sono al centro del concerto del 31 ottobre alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista, per un recital di Ezio e Anna Lazzarini, pianoforte a quattro mani, con regia di Enrico Bertolotti e abiti di Francesco Ugoli. Nodo alla gola (1948), La congiura degli innocenti (1955), Psycho (1960), Marnie (1964), Vertigo (1958), più altre pellicole su cui è tenuto il più stretto riserbo, in puro stile suspense: il programma della serata si sviluppa sulla musica più evocativa che sia mai stata trasposta sul grande schermo, capace con poche note di scatenare l’angoscia, la paura, con il battito del cuore che segue vertiginosamente il ritmo di una musica che si adatta alla scena e viceversa. Alfred Hitchcock presenta… 31 ottobre Scuola Grande San Giovanni Evangelista www.scuolasangiovanni.it
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Venezia in soggettiva L’Infinita Avanguardia di una città in bilico
Un labirinto di storie, opere d’arte, palazzi, personaggi della vita sociale e culturale, luoghi, stravaganze, tradizioni, in un continuo rimbalzare di epoche e stili, raccontati attraverso lo sguardo e la voce delle persone - storici dell’arte, urbanisti, sociologi, filosofi, biologi, curatori, musicisti, scrittori, giornalisti, artisti, attori - che in diverso modo e a diverso titolo attraversano la città. Venezia. Infinita Avanguardia, passato nelle sale l’11, 12 e 13 ottobre, è un film documentario su soggetto di Didi Gnocchi, con sceneggiatura di Sabina Fedeli, Didi Gnocchi, Valeria Parisi, Arianna Marelli, e con la regia di Michele Mally, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, con la collaborazione di Villaggio Globale International e con la collaborazione speciale di Fondazione Musei Civici di Venezia. L’affresco Il Mondo Novo di Giandomenico Tiepolo, conservato a Ca’ Rezzonico, che rappresenta la società veneziana del ‘700 accorsa ad ammirare quella sorta di “lanterna magica” che era il cosmorama, cinema ante-litteram, e che si accalca a stupirsi e a nutrirsi delle meraviglie del mondo che verrà, in un gioco di incastri e illusioni ottiche, è il motore iniziale del film e il fulcro stesso attorno a cui ruota il racconto: l’identità di Venezia è una formidabile contraddizione tra il fascino della decadenza e la frenesia dell’avanguardia. Il film ha nello storytelling la sua maggiore forza, un’ottima fotografia che si intreccia a filmati d’epoca e a vere meraviglie restituite da particolari di
affreschi e opere dei grandi maestri veneziani, una sapiente colonna sonora che spezza il ritmo del racconto per restituire sentimenti e pensieri di una giovane, talentuosa pianista polacca, Hania Rani, un ritmo molto incalzante, lento, veloce e poi di nuovo lento, cadenzato dalla voce e dalla presenza magistrale di Carlo Cecchi, che incarna la memoria storica della città, tra malinconia e stupore. A tenere il filo tra questi due diversi sguardi e, soprattutto, tra due diverse generazioni, la voce narrante di Lella Costa, una voce femminile per sottolineare che, da sempre, Venezia è donna. Venezia. Infinita Avanguardia, pur non uscendo dagli schemi del racconto leggendario e tradizionale della città che celebra i suoi 1600 anni dalla nascita, offre forse un nuovo modo di vedere Venezia, attraverso le persone e in particolare i veneziani, coloro che hanno il dovere di salvarla, perchè Venezia è unica, ma non immobile e immortale. La città è nelle mani di tutti perché non si è mai fossilizzata nella conservazione di una sola identità storica, ma ha sempre lasciato che il genio e la creatività dei viaggiatori di passaggio e dei suoi stessi abitanti, con estro e trasgressione, continuassero a reinventarla. Venezia. Infinita Avanguardia (Italia 2021 90’) 11, 12 e 13 ottobre
Pianeta terra
Prospettiva ungherese
Lo sguardo di Alida
L’antropologo e scrittore indiano Amitav Ghosh si chiede, e ci chiede, perché ogni libro, ogni opera d’arte, ogni film, affronti la crisi climatica del nostro tempo come se si trattasse di una minaccia futura, quando in realtà si tratta del nostro presente. La crisi climatica attraversa i cinque titoli dell’edizione 2021 della rassegna promossa da Fondazione Benetton Paesaggi che cambiano in modo più o meno esplicito, muovendo, tra realtà e finzione, i protagonisti non solo umani delle diverse storie. Il 20 ottobre agli Spazi Bomben, la proiezione di The Magnitude of All Things: in questo viaggio cinematografico, Jennifer Abbott, premiata al Sundance per la regia di The Corporation, rivela intime relazioni tra le esperienze di dolore, personali e planetarie. Storie dal fronte del cambiamento climatico si fondono così con i ricordi d’infanzia della regista nella Georgian Bay, in Ontario. Giorno dopo giorno, producono abiti per i più importanti brand mondiali, fino a quando qualcosa interrompe la loro routine: improvvisamente svengono sul posto di lavoro, evento seguito da svenimenti in massa dei colleghi. Episodi come questi non sono rari in Cambogia e sono al centro di Boramey, i fantasmi nelle fabbriche, in programma il 3 novembre. The Second Life di Davide Gambino chiude la programmazione di novembre il 17.
Circuito Cinema rende omaggio al cineasta e poeta Imre Gyöngyössy (1930–1994), considerato tra i più significativi registi del cinema ungherese degli anni ‘70 e ‘80, con una retrospettiva dal titolo Speranza del domani, con la fondamentale collaborazione dell’Accademia d’Ungheria a Roma. Realismo magico, simbiosi tra visione e realtà, immagini poetiche ed espressive hanno trasmesso per più di tre decenni il messaggio di Imre Gyöngyössy sui perseguitati della storia, eroi anonimi che si sono opposti alla violenza con la loro energia interiore e la loro tenuta morale. Quella di farsi fraternamente carico del destino degli esiliati e degli apolidi in balìa del potere e di lotte fratricide, strappati all’affetto dei loro cari, è una scelta che lo ha accompagnato per tutta la sua vita. I ragazzi trasformati in cervi, Sei nudo, L’attesa, Due decisioni, Fallo sapere ai tuoi figli, La rivolta di Giobbe: dal 21 ottobre al 4 novembre alla Casa del Cinema – Videoteca Pasinetti le proiezioni di queste pellicole ci pongono di fronte a una storia che mette a dura prova i protagonisti, impegnati nella sopravvivenza, nella riaffermazione dei propri diritti e nella creazione di una propria identità che vada oltre i connotati imposti dalla realtà. Il destino non è scritto, la speranza e il coraggio possono portarci a essere il risultato delle nostre scelte.
I destini di Venezia e Alida Valli si sono incrociati l’ultima volta appena qualche mese fa, quando all’attrice istriana è stata intitolata l’area verde che circonda il celebre cubo rosso diventato simbolo del Cinema nel Giardino della Mostra del Cinema, dove la stessa Valli ricevette il Leone d’Oro alla carriera nel 1997. Nata a Pola il 31 maggio del 1921, è sempre rimasta legata alla sua città natale anche se era partita dall’Istria a otto anni, per seguire il padre che era stato trasferito in una scuola di Como. Nel 1936 la prima particina in I due sergenti, dove è ancora Alida Altenburger, poi l’anno successivo sale alla ribalta con Il feroce Saladino e in quell’occasione il regista Mario Bonnard la battezzerà come Valli, pescando il cognome a caso dall’elenco telefonico. Diventa molto popolare nel giro di pochissimo tempo, poi nel 1941 la prima svolta importante con Piccolo mondo antico di Mario Soldati che la celebra in senso più completo, anche se ha appena vent’anni. Donna libera, attrice di razza, carattere idealista e sguardo che bucava lo schermo, nella rassegna che Circuito Cinema le dedica è diretta da Pasolini (Edipo Re), Pontecorvo (La grande strada azzurra) e Soldati (La mano dello straniero), oltre che da Goffredo Alessandrini, di cui possiamo vedere Noi vivi il 25 ottobre, con il grande Rossano Brazzi ad affiancarla.
Paesaggi che cambiano 20 ottobre; 3, 17 novembre Spazi Bomben-Treviso www.fbsr.it
Speranza del domani. Omaggio a Imre Gyöngyössy 21, 28 ottobre; 4 novembre Casa del Cinema www.comune.venezia.it
Alida Valli. Diva per sempre Fino 25 ottobre Casa del Cinema www.comune.venezia.it
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cinema FILM DEL MESE
GLI OCCHI SUL MONDO
Il re è tornato Ridley Scott fa la storia
Irlanda del Nord, fine anni ‘60. Violenti conflitti tra cattolici repubblicani e protestanti unionisti, Troubles, esplodono con forza e stravolgono gli equilibri culturali e sociali. Buddy è un bambino che sogna un mondo senza violenza, vive con i genitori e due nonni molto vivaci; la loro è una famiglia della working class inevitabilmente coinvolta nei tumulti. Dovranno scegliere se rimanere per lottare o cominciare una nuova vita. In Belfast, Kennet Branagh alla regia si serve del bianco e nero per raccontare un dramma a tratti autobiografico, basato sui fatti storici del conflitto nordirlandese. Se Branagh è l’autore della rinascita cinematografica di William Shakespeare, con 5 titoli e ½ dedicati al Bardo (consideriamo anche Casa Shakespeare, che, pur non essendo la trasposizione di una commedia, è comunque un film a lui dedicato), in lui pulsa anche lo spirito di un regista che si alterna tra esplorazioni dei generi (L’altro delitto per il thriller, Nel bel mezzo di un gelido inverno per la commedia) e produzioni bombastiche dal budget illimitato (Thor e Jack Ryan – L’iniziazione tra tutti). In realtà crediamo sia sbagliato confinarlo nel recinto del regista totalmente british, attratto più dalla commedia della vita che dalla vita tout court. Branagh è un fiero irlandese della classe operaia di Belfast (e alla sua infanzia nordirlandese ha dedicato il film appena presentato alla Festa del Cinema) che a nove anni si trasferisce in Inghilterra: il suo vocabolario artistico nasce con Hitchcock e con Welles, non con Shakespeare. Basta guardare a quella che è la trasposizione più riuscita delle commedie di Shakespeare, quel Molto rumore per nulla che esemplifica eloquentemente la sua visione di cinema: concentrazione di attori americani, citazioni a piene mani della screwball comedy, ambientazione solare e aperta sulle magiche bellezze della terra di Toscana. Insomma, ci troviamo di fronte ad uno degli spiriti più liberi, più proteiformi, più vitali mai espressi dalle arti del palcoscenico, un tosto ragazzino di Belfast che ha affrontato ogni passo, ogni decisione della sua vita con entusiasmo e consapevolezza, estro creativo e determinazione. F.D.S.
Cosa si può dire o scrivere, che non sia già stato detto e scritto, di un regista che arriva al grande schermo non esattamente giovane, dopo anni di sceneggiature e spot pubblicitari, e che da quel momento in poi attraversa il cinema toccando praticamente tutti i generi, pur lasciando sempre un’impronta spiccatamente propria nel suo modo di dirigere e di scegliere gli interpreti? Una carriera peraltro non lineare, estremamente ricca di idee e di realizzazioni, quella di Ridley Scott. Una versatilità che ha sempre lasciato un po’ spiazzata la critica più raffinata ed esigente, sospettosa (non senza motivo) dei registi per nulla timorosi di affrontare, non di rado con risultati discutibili, tematiche e tecniche tra le più varie e disparate. Di sicuro, mettere in cantiere quasi trenta film in poco più di quarant’anni, occupandosi allo stesso tempo anche di produzioni televisive col compianto fratello Tony, è impresa titanica e, come detto, non sempre riuscitissima. Certo, non tutti sono baciati dalla grazia del cinema come Clint Eastwood che non sbaglia un film praticamente da sempre, il che espone tutti gli altri poveri mortali a qualche passo falso. Ad ogni modo pochi e trascurabili nel caso del Nostro. Resta il fatto che Ridley Scott è colui che, con un micidiale uno-due degno del miglior Muhammad Alì, nel giro di tre anni scombina e riscrive la fantascienza come non era mai successo dai tempi di 2001: Odissea nello spazio. Non è altrimenti definibile la svolta impressa con Alien prima e Blade Runner poi. Oppure è colui che lancia definitivamente stelle come Russell Crowe o, ancora, che nel giro di un anno passa dalla Roma imperiale alle sporche guerre nel Corno d’Africa, spesso utilizzando volti sconosciuti al momento del “si gira” e che poi grazie a lui diventano star affermate. Senza tralasciare qualche furbetta strizzatina d’occhio al femminismo (Thelma & Louise) e qualche sbandata (Soldato Jane, Tutti i soldi del mondo), alla verde età che si ritrova dimostra sempre una grande vitalità, destreggiandosi ancora fra i generi: dopo aver portato in Italia Lady Gaga per House of Gucci, ha di recente presentato a Venezia The Last Duel, dramma storico ambientato durante la Guerra dei Cent’anni che riporta l’autore de Il gladiatore a contatto con la Storia e la sua rappresentazione spettacolare. Matt Damon è il cavaliere Jean De Carrouges, che sfidò a duello lo scudiero Jacques Le Gris (Adam Driver) accusandolo di aver stuprato sua moglie (Jodie Comer). Ma nel cast c’è anche, e dici poco, Ben Affleck. Cesare Stradaioli
Belfast (UK, 2021, 98’) Dall’11 novembre
The Last Duel Dal 14 ottobre
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LO SPAZIO DEI SOGNI Era il mio volto De André racconta De André
«C’è ben poco merito nella virtù, e ben poca colpa nell’errore; anche perché non ho ancora capito bene, malgrado i miei 58 anni, che cosa sia esattamente la virtù, e che cosa sia esattamente l’errore». Questa frase, pronunciata da De André nel corso dell’ultimo tour prima di morire, quello di Anime salve per intenderci, riassume forse meglio di ogni altro assunto la summa della sua opera poetica, il suo spirito libero, che lo ha visto cercare la verità e la vera essenza della vita laddove altri ne individuano il peccato e il male. Una pietas cristiana unita ad una fortissima critica sociale che lo ha visto andare sempre e comunque «in direzione ostinata e contraria», come recita in quella specie di testamento spirituale che è Smisurata preghiera, il pezzo finale del quel suo ultimo album. Una carica poeticamente e diversamente eversiva che gli ha permesso di comporre un disco come La buona novella, ispirato ai Vangeli apocrifi non riconosciuti dalla Chiesa cattolica, nei tempi in cui infuriava la contestazione violenta nelle piazze, o un album come Storia di un impiegato, il cosiddetto “disco del Maggio”, in cui con la bellissima Canzone del padre polemizza sia con chi scendeva in piazza che con quelli che «si credevano assolti non essendo coinvolti». O ancora nel 33 giri pubblicato dopo il drammatico rapimento in Sardegna, in cui in qualche modo esprime pietà verso i suoi sequestratori con la bellissima e sentita Hotel Supramonte, mettendosi ancora una volta dalla parte dei reietti. Una disposizione che in maniera specularmente opposta animerà il suo amaro disprezzo verso i ricchi borghesi
che volevano ascoltarlo cantare fintamente “pensosi” in una villa nella ‘sua’ Sardegna, serata al termine della quale si ritirerà a casa sua in cantina dove comporrà ubriaco quell’autentico gioiello che è Amico fragile. Poetico e senza sconti per nessuno, tantomeno per sé stesso, quando parla dei suoi amori passati, come in Giugno 73, che termina con quella frase stupenda che tutti noi avremmo potuto fare nostra almeno una volta nella vita: «È meglio esserci lasciati che non esserci mai incontrati». Infine duro e spietato quando, nella Domenica delle salme, descrive in modo lucido e doloroso un silenzioso e patetico colpo di stato avvenuto intorno a noi senza che ci accorgessimo di nulla, della vittoria silenziosa e definitiva della stupidità e della mancanza di morale sopra ogni altra cosa. Ovvero, la sconfitta della ragione e della speranza. De André#De André. Storia di un impiegato, presentato a Venezia quest’anno con regia di Roberta Lena, si basa sul concerto/spettacolo del concept-album di Fabrizio De André che il figlio Cristiano ha riarrangiato e portato in tour con grande successo per due anni. Ricordi mai confessati, sentimenti che ne hanno ispirato la creazione, la comunità di artisti che sono diventati famiglia, i grandi personaggi di quel tempo che riempivano casa De André: questi gli ingredienti di un affresco musicale ad alto tasso emozionale. Ci manca molto Faber, sì. Sempre. Massimo Macaluso De André#De André. Storia di un impiegato Dal 25 ottobre
I diversi linguaggi della cultura – arte, cinema, musica, architettura, letteratura, teatro –, che solo in apparenza sembrano mondi distinti, vengono continuamente attraversati e restituiti non seguendo i confini stretti dei singoli territori anzi continuando a tessere nuovi percorsi fluidi. Una tendenza che trova nel nuovo, anzi nuovissimo progetto di Renzo Piano, l’Academy Museum of Motion Pictures di Los Angeles, un’emblematica esemplificazione. Un luogo magico e imponente capace di restituire nella sua complessità l’universo cinema, esplorandone l’arte e la scienza, non solo la storia. Circa 28mila mq di spazio espositivo – compresa una sala cinematografica da 1000 posti e un teatro da 288 posti – ottenuto dalla riconversione di uno storico magazzino degli anni ‘30, al quale è stato aggiunto uno scenografico volume in vetro e cemento a forma di sfera. Il patrimonio proveniente dal mondo del cinema che l’Academy Museum ha acquisito conta circa 5000 oggetti che rappresentano la tecnologia cinematografica, il design dei costumi, il design della produzione, il trucco e l’acconciatura, locandine e materiale pubblicitario. Le collezioni includono più di 12,5 milioni di fotografie; 237000 film e video; 85000 sceneggiature; 65000 manifesti e 133000 pezzi di arte della produzione. Sono esposte più di 1700 collezioni speciali di leggende del cinema tra cui Cary Grant, Katharine Hepburn, Alfred Hitchcock e John Huston. Il Museo ha inaugurato gli spazi espositivi, quasi 3000 mq su tre piani, con Stories of Cinema, prospettive celebrative, critiche e personali sulle discipline e sull’impatto del cinema sulla cultura e sul presente. Non poteva mancare The Oscars® Experience, una simulazione immersiva che consente ai visitatori di salire sul palco del Dolby Theatre per provare in prima persona l’emozione della cerimonia di consegna degli Oscar. www.academymuseum.org
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Intervista Roberto Ferrucci e Tiziano Scarpa
VOLAMMO DAVVERO
Ti perdesti una mattina in volo come ci si perde nella vita, senza rendersi conto che ci si smarrisce, scivolando a poco a poco nel non trovarsi più… Daniele Del Giudice di Elisabetta Gardin
etcc...
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novembre torna in libreria per Einaudi Lo stadio di Wimbledon, romanzo d’esordio di Daniele Del Giudice, uscito nel 1983 affascinando da subito Italo Calvino, che fu lo scopritore di questo allora giovane talento, sentendolo forse come una sorta di suo erede. Del Giudice era stato selezionato ben due volte per il Premio Campiello, la prima nel 1994 e successivamente nel 1997. La scorsa estate Walter Veltroni, presidente della Giuria dei letterati del Campiello, aveva annunciato che il Premio alla Carriera sarebbe stato assegnato proprio allo scrittore romano trapiantato in laguna, rendendo così omaggio a uno dei maggiori protagonisti della scena culturale italiana, come sottolineato nelle sue motivazioni: «Daniele Del Giudice ha scritto libri emozionanti e colti, ha indagato l’universo dei sentimenti umani e quello, solo apparentemente lontano, della tecnica e della meccanica. E il premio, davvero alla carriera, onora con immenso affetto uno dei massimi protagonisti della vita letteraria, culturale, civile del nostro tempo». Purtroppo questo riconoscimento è giunto troppo tardi. Il 2 settembre, infatti, Daniele Del Giudice ci ha tristemente lasciati. Da molti anni era affetto dal morbo di Alzheimer, che aveva costretto la sua mente al buio e al silenzio; ricoverato in una casa di riposo alla Giudecca, viveva grazie al vitalizio della legge Bacchelli. La malattia non gli ha dunque permesso di cogliere questo ulteriore attestato dell’importanza della sua opera e della stima e dell’affetto che lo circondavano. I suoi romanzi, contraddistinti da una scrittura raffinata ed estremamente curata, sono percorsi da inquietudini e domande. Con uno sguardo originale ha saputo trasmetterci la sua grande cultura e profondità, ma anche la sua leggerezza, perché era mosso sempre dal dubbio e dalla curiosità, dalla ricerca di vedere oltre la forma. Ormai i
nostri giorni sono dominati dalle immagini, ma Del Giudice aveva la consapevolezza che nulla poteva rappresentare l’invisibile che costituisce la realtà quanto la parola, per questo aveva la straordinaria capacità di far aderire le parole alle cose con estrema accuratezza e precisione. È stato senza ombra di dubbio uno dei maggiori scrittori del ‘900 italiano. Da Roma, dove era nato nel 1949, si era trasferito in un primo tempo a Milano, ma poi aveva scelto Venezia come città del cuore, la città in cui vivere, dove era stato tra le altre cose promotore anche del progetto culturale “Fondamenta”, festival letterario con un tratto proprio, originale, ben prima che esplodesse il boom dei festival in ogni dove. Aveva un autentico amore per il volo, la sua grande passione; era infatti pilota d’aereo e infaticabile viaggiatore. Prima di diventare scrittore aveva iniziato come critico letterario nella redazione di «Paese Sera». Nel 1983 aveva pubblicato Lo stadio di Wimbledon. A questo folgorante esordio narrativo era seguito Atlante occidentale nel 1985, per poi scrivere e pubblicare negli anni successivi lavori come Nel museo di Reims, Orizzonte mobile, In questa luce, Raccolte di racconti, Staccando l’ombra da terra, Mania. I suoi romanzi sono stati tradotti in numerose lingue. Tra i suoi saggi letterari troviamo l’introduzione alle Opere complete di Primo Levi. Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi e importanti riconoscimenti, fra i quali il Premio Viareggio Opera Prima, il Premio Comisso, il Premio Bergamo, il Premio Bagutta, il Premio Feltrinelli. Lo scrittore aveva fama di uomo riservato, ma era molto legato agli amici. Raccogliamo il ricordo di due di essi, Roberto Ferrucci e Tiziano Scarpa, per i quali è stato anche un maestro, accomunati dal desiderio di trasmettere l’eredità culturale che questo grande e sfortunato autore ci ha lasciato, desiderosi di contribuire a loro modo a riportarlo al più presto tra i lettori, così come merita.
Chi è stato e che cosa rappresenta per voi Daniele Del Giudice? Roberto Ferrucci_Non è facile rispondere a questa domanda. Daniele è stato all’inizio un romanzo, per me decisivo, che ho letto nel 1983, che non ho mai smesso di rileggere e che da quando ho iniziato a insegnare scrittura creativa all’Università di Padova, nel 2002, è in bibliografia per l’esame: Lo stadio di Wimbledon. È la più grande risposta alla domanda cruciale che ogni scrittore deve porsi: perché scrivere? Poi, una sera del 1985, l’ho incontrato alla Libreria Don Chisciotte di Mestre. Il libraio Billy Lamarmora me lo presentò. Pioveva e Daniele – abitavo ancora con i miei a Carpenedo – si offrì di accompagnarmi a casa a bordo della sua bellissima Peugeot 304 cabriolet color bronzo. Facemmo un giro lunghissimo. «La muovo poco, ti secca se allunghiamo un po’?», mi disse. Diventammo amici, facemmo altri giri con la Peugeot 304, poi prese il brevetto di pilota e volammo insieme, ma una volta soltanto, perché io, pavido, mica mi fidavo così tanto. Fui vittima dei suoi memorabili scherzi ma, soprattutto, divenne un maestro, suo malgrado, perché a Daniele non piaceva affatto quel ruolo. Leggi questo, mi diceva. E io leggevo. Entravo nella sua biblioteca con curiosità, ero la carta assorbente che tutti siamo stati nei nostri vent’anni. Poi lesse il mio primo manoscritto, Terra rossa, e disse…sì. Se scrivo è grazie a lui. Tiziano Scarpa_In assoluto, penso che sia fra gli scrittori più importanti che hanno traghettato le esperienze del Novecento nel nuovo secolo, a livello letterario e di pensiero. Ha capito tante cose grazie alla sua scrittura, come per esempio il fatto che la tecnologia si è sostituita alla politica nel decidere i destini generali, mutazione che lui è riuscito a raccontare in maniera vivida, ammaliante, mostrando come tutto questo si amalgama con la vita dei personaggi, di tutti noi. Per me personalmente è stato un esempio artistico, perché i suoi libri mi hanno dimostrato che la letteratura e i romanzi, con la loro ‘tecnologia’ obsoleta – l’alfabeto! –, possono essere all’altezza della nostra epoca incrostata di elettronica e schermi. Ha aperto delle strade, ha spalancato delle porte, e questo è raro. Ci sono scrittori e scrittrici che percorrono sentieri già battuti e altri che ne dissodano di nuovi. Lui è stato uno di questi. Un vostro ricordo personale. R.F._Un giorno mi invita a bere qualcosa alle Zattere per parlare della mia tesi, che stavo scrivendo su di lui e Antonio Tabucchi. Arrivo e vedo che non è solo. Accanto a lui c’è proprio Tabucchi. Lo avevo visto solo in foto, ma non potevo sbagliarmi. Gli occhiali tondi, i baffetti. Balbetterò, mi dico, lo so. Daniele agita la mano, io mi avvicino. I saluti, la sedia, Tabucchi sorride e ricominciano a parlare fra loro. L’accento toscano conferma l’identità del suo ospite. Li guardo, aspetto, ma non accade nulla. Il disagio dura a lungo. Dopo secoli, Daniele si gira verso di me: «Come va la tesi?». Continua a non presentarmi a Tabucchi, che intanto mi guarda, perciò rispondo e d’un fiato aggiungo «e sono contento che ci sia qui anche il signor Tabucchi». Fanno una faccia. Poi con un sorriso Daniele dice: «Ma quale Tabucchi, questo è Mario, lavora qui,
alle Poste, viene da Grosseto». E aggiunge, guardandolo, che in effetti ho ragione, un po’ a Tabucchi ci assomiglia. «Me lo hanno già detto», gli dà manforte il suo amico. Mormoro delle scuse, mi tiro indietro sulla sedia. E i due, dopo avermi detto figurati – si figuri, mi dice il sosia di Tabucchi – riprendono a parlare fra loro. Non dura a lungo: scoppiano a ridere, a scompisciarsi quasi, e Mario allunga la mano e dice: «Piacere Roberto, sono Antonio Tabucchi». Li ho mandati a quel paese, tutti e due! È stato il mio primo incontro con Tabucchi. Lo hanno reso letterario, tabucchiano, giocandoci impareggiabilmente quei due. T.S._Ne avrei tanti. Uno è un rammarico: Daniele mi aveva invitato a volare con lui, che era pilota di piccoli aerei; avremmo dovuto decollare dall’Aeroporto del Lido, ma purtroppo nei periodi in cui entrambi eravamo disponibili non siamo riusciti a metterci d’accordo su appuntamenti e date e l’occasione è sfumata. Poi mi ricordo la prima volta che andai ad ascoltarlo presentare un suo libro, facendogli una domanda tra il pubblico. Dopo la fine dell’incontro lui venne da me chiedendomi se scrivevo. Capito? Fu lui ad avvicinarmi! Una persona generosissima. Io avevo ventidue anni, lui trentasei: volle conoscermi e leggere i miei primi racconti. Per me trovare un interlocutore così raffinato fu un dono del destino. Perché va assolutamente letto? R.F._Ogni sua riga va letta e riletta, senza se e senza ma. T.S._Oltre ai motivi a cui ho già accennato nella mia prima risposta, perché le sue storie sono belle, diverse da quelle che si trovano in giro, e in più ti fanno scoprire tante cose sulla scienza, l’architettura, la percezione sensoriale. I suoi personaggi sono delle persone appassionate di conoscenza, si infervorano non solo per l’amore o per i rapporti di potere, come succede ordinariamente nei romanzi, ma soprattutto per il mondo che li circonda, per le attività di cui si occupano. È una narrativa originale, che, oltre ai personaggi, può farti innamorare degli oggetti e delle loro istruzioni per l’uso. E poi la sua scrittura è elegantissima, fluida, senza una sbavatura, senza effettacci pseudopoetici: è come se le parole fossero alla loro massima potenza, nella capacità di farti ‘vedere’ il mondo attraverso l’immaginazione interiore suscitata dalla lettura. Il suo libro preferito? R.F._Racconti, romanzi, saggi, interviste, articoli. Tutto! T.S._Questa è la domanda più difficile! Mi è impossibile scegliere. Diciamo che posso dare qualche consiglio a chi non l’ha ancora letto. I libri più indicati per cominciare a conoscerlo, secondo me, sono Lo stadio di Wimbledon e Staccando l’ombra da terra. Personalmente sono molto affezionato, anche per miei motivi biografici, al primo capitolo di Orizzonte mobile, che in realtà è un racconto conchiuso e che narra la storia di una spedizione notturna di alcuni scienziati nel gelo antartico, fra i pinguini. 87
etcc... PAROLE a cura di Renato Jona
LA DAD È TRATTA... ! C
’era una volta…
e quando si comincia così, si sa, ci si riferisce ad un’epoca passata, molto passata, di cui soltanto poche persone sono forse in grado di serbare il ricordo. Addirittura ci si riferisce ad un’epoca nella quale è alto il rischio che fantasia e realtà possano soffrire di qualche commistione o abbiano un confine un po’ labile. Ma la cosa è perdonabile, in fin dei conti, perchè si tratta di epoche così lontane… In effetti moltissime favole iniziano proprio così e il loro fascino consiste nel racconto di fatti che al giorno d’oggi sembrano incredibili, perché non sono raffrontabili con la realtà attuale. Ad esempio, ad un signore molto anziano, in un nostro fortuito incontro, ho sentito dire che quando lui era piccolo, i banchi di scuola erano di legno (la plastica non esisteva ancora). Erano dotati di una “ribaltina” che consentiva di accedere ad un sottostante ripiano, dove erano adagiate le cartelle, cariche di libri di testo e quaderni. E i banchi erano a due posti, senza ruote, all’epoca esisteva anche il “compagno di banco”, che diventava spesso un caro amico; i banchi, ricordava sempre l’anziano signore, nella parte anteriore erano muniti di due fori che contenevano due calamai ripieni di inchiostro che avevano la funzione di consentire ai bambini di intingere le penne (cannucce di legno, dotate di pennino) e quindi poter scrivere. I bidelli, che oggi vengono chiamati collaboratori scolastici, provvedevano a versare l’inchiostro da contenitori più grandi, avendo cura di mantenere costante il giusto livello in ciascun banco, per consentire ai bambini di scrivere. La delicata operazione di scrittura era sempre accompagnata da inevitabili macchie di inchiostro sui fogli dei quaderni, sul banco, sulle dita… Da quell’epoca di sapore oramai “preistorico” le cose mutarono rapidamente: dalle penne, il cui pennino veniva opportunamente… umettato prima della scrittura, per una più regolare distribuzione dell’inchiostro, si passò alla ”lussuosa” penna munita di serbatoio, detta stilografica, posseduta inizialmente da pochi privilegiati. Giravano allora le carte assorbenti per accelerare l’asciugatura degli inchiostri ed evitare lunghe attese o indecorose sbavature di quanto scritto. Poi si fece un uso, maggiormente diffuso, della rivoluzionaria macchina da scrivere. Successivamente furono inventate le penne a sfera che sembravano all’epoca miracolose (scrivevano addirittura senza necessità di ricaricare l’inchiostro!). Qualcuno ricorda ancora le carte carbone, accessori utili per ottenere copie di fogli scritti, senza doverli successivamente riscrivere parola per parola. E per copiare in ordine progressivo le lettere degli uffici o le fatture, non esisteva il semplice e pratico attuale, ben noto comando “control C e control V”, ma una pressa torchio copialettere in ghisa: un apparecchio, montato su un apposito mobiletto che, se non conosciuto, oggi potrebbe sembrare un antico strumento di… tortura! «Control C. e Control V?» La persona anziana è rimasta spiazzata e ha commentato: «Tanti anni ci sono voluti per imparare a tenere bene la
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penna, con l’inclinazione giusta e oggi solo la pressione su due tasti» (Lui ricorda che qualche volta si formava nel dito medio persino una deformazione, un “calletto”, in fin dei conti anche utile a non lasciar scivolare la penna e forse anche trattenere le idee…). Per scrivere, mi ha confessato, veniva spesso coinvolta, impegnata anche l’altra mano, utilizzata per mantenere ben fermo il foglio, in modo tranquillizzante, sicuro. E il foglio, per lo più era quello di un quaderno, a righe o a quadretti, dotato di una copertina colorata, per distinguerlo dagli altri (quaderno di “brutta”, quaderno di “bella”, tenuto quest’ultimo in modo più accurato, dove lentamente, in bella grafia, in ordine, senza macchie e senza errori d’ortografia, venivano ricopiate lettere, idee, esercizi di matematica, pensieri). Già, neppure con la migliore fantasia, si sarebbe potuto immaginare che il materiale su cui scrivere sarebbe stato standardizzato nelle dimensioni e chiamato perentoriamente: A4! (per tutti uguale, utile soprattutto per rendere omaggio a una stampante). Certamente molto più pratico, convenzionale, inequivocabile, veloce. La “risma” spesso fornisce i fogli stampati dalla stampante che vengono incollati dagli studenti sui quaderni. La persona anziana, quando privata di carta e penna e messa davanti ad una tastiera, s’è resa conto, curiosamente, che le è venuto a mancare un aiuto alla costruzione delle idee da stendere sulla carta, che quei tempi creativi oggi sono spesso assenti, con immaginabili conseguenze. Il nostro anziano ha cercato di aggiungere ancora qualcosa ai suoi ricordi. Per la trasmissione dei pensieri, dal mittente al destinatario, esistevano mezzi che oggi fanno quasi sorridere. Buste quadrate o rettangolari, fogli di carta proporzionati, qualche volta intestati, francobolli di formati e prezzi differenti, le cui immagini ricordavano eventi importanti, commemorativi, spesso sconosciuti a chi li applicava, che assumevano valore didattico per alcuni e, talvolta, anche filatelico a seconda della rarità dell’emissione o degli errori commessi nella loro stampa, annulli preziosi, e infine una catena di mezzi di trasporto, il cui ultimo elemento, senza troppa fantasia, si chiamava portalettere, una cara persona che, con gli anni, essendo sempre la stessa, diventava quasi parente dei destinatari! Gli Uffici preposti alla spedizione dei “pensieri” avevano cartelli: P.T. (Poste e Telegrafi). Adesso, in mancanza di telegrafi, è rimasto l’originario colore giallo, ma l’acronimo è lasciato per i più, alla libera interpretazione: Tasso di Protrombina, oppure Provincia di Pistoia o ancora “Punti Tipografici” (che definiscono la dimensione dei caratteri di stampa). A questo punto, quasi al momento dei saluti, mi è sembrato di scorgere tra le pieghe del viso, proprio sulle labbra di chi raccontava, un sorriso. Sembravano racconti di un altro mondo, e forse lo erano…
Esercizi di socialità Adesso, con un tocco di bacchetta magica, quel signore ha realizzato di vivere in un mondo differente. Gli allievi battono, o meglio, sfiorano con i polpastrelli tastiere (di computer, di cellulari, di tablet) con una velocità vertiginosa, senza commettere errori d’ortografia (altrimenti la macchina li segnala subito, li interpreta, li corregge addirittura, purtroppo, anche quando non è necessario) Quando si dice: la macchina ci ha preso la mano… Quell’anziano signore, un po’ a disagio per esser costretto spesso a chiedere ai nipoti soluzioni ‘magiche’ per cose per loro ovvie e per lui incomprensibili, si interroga sulla nuova scuola ed in particolare sulla DAD. Adesso almeno parzialmente, Didattica a Distanza, per necessità. Il virus imperversa proditoriamente da quasi due anni, e studenti e professori si possono incontrare così: ci si vede da una cattedra alle varie scrivanie di casa. Certo questo comporta qualche risvolto negativo, che è stato già rilevato. Quando cambia il mondo, un prezzo va pagato. E il compagno di banco? Ma mi faccia il piacere!... Lei, Signore anziano, consideri invece quanto è stato fortunato: ha vissuto, guadagnandosela, la poesia della lenta formazione delle idee, l’arte di comunicarle in modo chiaro, gradevole, e subito dopo può provare l’emozione di sedersi davanti a magiche tavolette, per lo più nere bianche o metallizzate che comunicano con orologi (che si portano “ancora” al polso e che segnano anche l’ora) o con gli auricolari, ma che non fanno fatica a scaricare le ricette del proprio medico curante, che segnalano l’arrivo di un temporale, spediscono foto, ricordano appuntamenti, prenotano biglietti ferroviari e così via. «Consideri attentamente, Caro Signore: forse lei è l’uomo che visse due volte!» Se riesce a vivere ancora qualche giorno, abbia fede, vedrà che non occorrerà attendere più nove mesi per la nascita di un bimbo… Nel migliore dei casi, sarà tutto più facile: occorrerà però ricordarsi il Pin corretto o aggiornare la Password!
Dopo questo lungo periodo di didattica a distanza, c’è bisogno di socialità! Da qui parte l’idea del nuovo progetto #nonsolocompiti dedicato a studenti dagli 11 ai 14 anni per la creazione di nuovi spazi educativi, aggregativi e ricreativi. Le attività didattiche di dopo-scuola, promosse da Fondazione di Venezia, con il patrocinio della Regione del Veneto e del Comune di Venezia, sono iniziate il 4 ottobre a Venezia, Mestre, Marghera, Riviera del Brenta, Chioggia, Portogruaro e San Donà. Circa 250 ragazzi, che attraversano la fase della preadolescenza e che faticano a svolgere i compiti scolastici da soli, sono guidati da educatori qualificati e volontari selezionati capaci di offrire loro un aiuto concreto oltre i compiti stessi. Numerosi sono infatti i laboratori ideati per responsabilizzare l’uso consapevole dei media, sviluppare capacità tecniche e manuali, cimentarsi in discipline espressive, incentivare la sensibilità alla sostenibilità e al riciclo creativo e valorizzare i materiali naturali. Sono in programma inoltre esperienze formative per la conoscenza del territorio e visite a musei, gallerie e centri espositivi, librerie e biblioteche e non mancano attività motorie e sportive. Monica Nobile, coordinatrice del progetto, mette in luce il fulcro della missione di #nonsolocompiti: «offrire esperienze stimolanti che possano far nascere negli studenti passione e curiosità verso arti, teatro, musica in un’ottica di condivisione e di impiego intelligente e proficuo del tempo libero». www.fondazionedivenezia.org
Il gioco è una cosa seria
Professore e studioso, uomo di straordinaria cultura e raffinata sensibilità intellettuale, Gaetano Cozzi (Zero Branco, 1922 – Venezia, 2001) ha avuto un ruolo fondamentale nella Fondazione Benetton Studi e Ricerche fin da quando questa era agli inizi, nel 1987, con l’avvio, accanto a quelli sul paesaggio, di studi storici nel settore della storia veneta, del gioco e della ludicità. Alla Fondazione, Cozzi ha donato la casa di campagna che divideva con la moglie, pianista e poetessa, Luisa Zille, un luogo significativo per il brano di paesaggio rurale nel quale è immerso, per le memorie umane e culturali che vi sono custodite per la musica che vi risuona, per i libri e l’archivio che vi sono conservati, a cui la Fondazione dedica la rassegna di approfondimento La biblioteca incontra, il 9, 16 e 23 novembre. Nel mese di novembre, il 19 alle ore 17.30, presso gli Spazi Bombem della Fondazione a Treviso, sarà consegnato a due giovani studiosi il “Premio Gaetano Cozzi per saggi di storia del gioco”, dedicato alla memoria del Professore. Giunto alla quinta edizione, il Premio, istituito dalla Fondazione viene attribuito ad Antonia Schorer (Friedrich-Alexander University Erlangen- Nuremberg), per il suo lavoro Historical Foundation of Game-Based Learning. Review of the prevailing game and learning theories of the early 20th century, dedicato ai fondamenti storici dell’apprendimento basato sul gioco, con una rassegna delle relative principali teorie sviluppate nel primo Novecento, e ad Alessia Zubani (Università di Bologna) per Truth or Dare? Ludic automata in the Medieval Islamic courts, saggio incentrato sugli automi ludici nelle corti islamiche in età medievale. Fino al 15 marzo 2022 è aperto il bando per partecipare alla 6. Edizione del Premio (Ludica@fbsr.it). Premio Gaetano Cozzi 19 novembre Spazi Bomben-Treviso www.fbsr.it
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IL POLLO DELL’IMPERATORE …se avessero voluto mangiare bene, avrebbero dovuto sedersi alla tavola del Secondo Console, se avessero voluto mangiare in maniera abbondante a quella del Terzo Console, se invece avessero voluto mangiare in fretta, quella era la tavola del Primo Console
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di Fabio Marzari
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nutile prendersi meriti non propri, il plauso
va ancora una volta a Palazzetto Bru Zane che ha proposto un tema curioso nell’ambito del Festival Eroica o Tirannica? La musica all’epoca di Napoleone Bonaparte (1795-1815), programmando una conferenza di Anna Alberati, bibliotecaria, storica della Gastronomia e specializzata in Storia della Musica e del Teatro, dal titolo: «Pollo alla Marengo, Napoleone e la ricetta della vittoria», tratto dal suo libro pubblicato nel 2015 dedicato al gustoso aneddoto. La storia di questo piatto merita infatti un racconto più approfondito, che parte appunto dalla battaglia di Marengo, combattuta il 14 giugno 1800 durante la Seconda Campagna d’Italia tra le truppe francesi dell’Armata di riserva, guidate dal Primo Console Napoleone Bonaparte, e l’esercito austriaco comandato dal Generale Michael von Melas. La battaglia fu combattuta a est del fiume Bormida, nei pressi dell’attuale Spinetta Marengo. Lo scontro iniziò il primo mattino con l’attacco a sorpresa degli austriaci che mise in grave difficoltà Bonaparte; le truppe francesi dopo una strenua resistenza sembrarono condannate alla disfatta. Quando la sconfitta appariva inevitabile l’arrivo nel pomeriggio dei reparti di rinforzo guidati dal genera-
le Louis Desaix permise a Bonaparte di contrattaccare e sbaragliare il nemico. Alla fine della giornata il Primo Console aveva concluso la battaglia con una grande vittoria e l’esercito austriaco era in rotta a ovest della Bormida; il giorno seguente il Generale von Melas chiese un armistizio. Nella fase culminante della battaglia il Generale Desaix era stato mortalmente ferito. La battaglia divenne subito uno degli eventi più importanti della leggenda napoleonica ed ebbe un’influenza decisiva dal punto di vista militare, ripristinando il predominio francese in Italia, e dal punto di vista politico, consolidando definitivamente il prestigio e il potere del Primo Console Bonaparte in Francia. Ma il povero pennuto in tutto questo combattere, cosa c’entra? Napoleone non era così attento al cibo, tanto che si narra che egli fosse solito ricordare ai suoi commensali che se avessero voluto mangiare bene, avrebbero dovuto sedersi alla tavola del Secondo Console, se avessero voluto mangiare in maniera abbondante a quella del Terzo Console, se invece avessero voluto mangiare in fretta, quella era la tavola giusta... Napoleone era piuttosto irregolare nei pasti e mangiava affrettatamente e male. Quando l’appetito
RICETTA
1 pollo di circa 1,5 kg, 10 gamberi di fiume, 150 g di funghi champignons, 500 g di pomodori maturi, 1 gambo di sedano, 2 spicchi d’aglio, 2 bicchieri di vino bianco, 1 cucchiaio di farina, 4 fette di pancarrè, 3 cucchiai di olio extravergine di oliva, 80 g di burro, 2 cipolle, 1 carota, 1 foglia di alloro, 4 uova, sale, pepe.
Jacques-Louis David, Bonaparte valica il Gran San Bernardo, 1801
si faceva sentire, doveva essere soddisfatto subito e il suo servizio era regolato in modo che in qualsiasi luogo e a qualsiasi ora si potesse a un suo cenno portargli pollo, costolette e caffè. Arrivò dunque la sera della vittoria e come racconta Pellegrino Artusi nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”: «[...] nel sottosopra di quella giornata non trovandosi i carri della cucina, il cuoco al Primo Console e ai Generali improvvisò, con galline rubate, un piatto che da allora fu sempre nelle grazie di Napoleone perchè gli rammentava quella gloriosa vittoria...». La tradizione ricorda che il pollo alla Marengo, preparato con gamberi di fiume, funghi e pomo-
doro, ornato di uova fritte e crostoni di pane fritti, fu cucinato per Napoleone dal suo cuoco, il signor Dunand, che durante i combattimenti cruenti aveva perso i contatti con i carri delle vettovaglie e aveva trovato, o requisito, per non dire rubato... un pollo, qualche gambero di fiume, poche uova e un po’ di funghi, e con questi alimenti era riuscito a inventarsi questa ricetta. Questo piatto un po’ bizzarro e frutto di casualità ha da allora suscitato grande interesse da parte degli chef, compresi quelli più importanti, che ne hanno elaborato versioni più ricche, contribuendo ad aumentare la leggenda intorno al pennuto delle campagne dell’alessandrino.
Lavate e pulite il pollo e tagliatelo a pezzi, affettate finemente le cipolle e fatele appassire nell’olio, quindi unite la farina setacciata per farla colorire. Aggiungete i pezzi di pollo e rosolateli per qualche minuto, bagnate con metà vino e, dopo averlo fatto evaporare, aggiungete i pomodori a dadini, l’aglio e l’alloro. Fate cuocere a calore medio per circa 50 minuti. Pulite e affettate gli champignons e rosolateli in 30 g di burro, uniteli al pollo e cuocete per altri 10 minuti, salate e pepate. Portate a bollore il vino rimasto con altrettanta acqua, la carota e il sedano, sgusciate i gamberi, eliminate il filamento e lessateli per 5-6 minuti. Levateli, salate, pepate e tenete in caldo. Eliminate la crosta alle fette di pancarré e friggetele nel burro rimasto, levate e friggetevi le quattro uova intere. Servite il pollo circondato dai gamberi e dalle fette di pane con le uova sopra. 91
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Un mondo salato
Venezia/Norvegia un viaggio di storie Gli ingredienti ci sono tutti: un leggendario navigatore, un diario con i suoi racconti, un’isola lontana del Nord e un pesce tipico di quelle zone, ad alto tasso energetico. Inizia così il reportage fotografico di Valentina Tamborra (Milano, 1983), un viaggio lungo migliaia di chilometri, che parte da radici lontane e fa un lungo giro per poi ritrovare i punti da cui è partito. Tutto ha inizio nella Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma e nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove sono conservate le testimonianze della vicenda avventurosa, un diario del XV secolo, un primo “reportage di viaggio” dedicato alla Norvegia del Nord, che ci svela la vita dei pescatori di quella remota porzione di mondo. A scriverlo di suo pugno è Pietro Querini, nobiluomo veneziano (Venezia, 1400 c.a. – 1448). Mercante, esploratore e audace capitano, nel 1431 partiva da Venezia per giungere a Candia, dove i Querini erano i Signori dell’Isola, per poi ripartire alla volta delle Fiandre a bordo della caracca Querina, a pieno carico e con un numeroso equipaggio. Lungo il viaggio fu sorpreso da numerose tempeste con conseguenti danni, che causarono la perdita del timone e soprattutto della rotta. Pietro Querini con 14 membri dell’equipaggio, ormai alla deriva da giorni, naufragavano nel 1432 nelle acque del Nord, soccorsi dai pescatori di un isola sconosciuta. L’isola in questione era quella di Sandoy, nell’arcipelago norvegese delle isole Lofoten, sopra il Circolo Polare Artico, in cui come narra lo stesso Querini: «Per tre mesi all’anno, cioè dal giugno al settembre, non vi tramonta il sole, e nei mesi opposti è quasi sempre notte. Dal 20 novembre al 20 febbraio la notte è continua, durando ventuna ora, sebbene resti sempre visibile la luna; dal 20 maggio al 20 agosto invece si vede sempre il sole o almeno il suo bagliore […] gli isolani, un centinaio di pescatori, si dimostrano molto benevoli et servitiali, desiderosi di compiacere più per amore che per sperar alcun servitio o dono all’incontro […] vivevano in una dozzina di case rotonde, con aperture circolari in alto, che coprono con pelli di pesce [...] Prendono fra l’anno innumerabili quantità di pesci, e solamente di due specie: l’una, ch’è in maggior anzi incomparabil quantità, sono chiamati stocfisi; l’altra sono passare, ma di mirabile grandezza, dico di peso di libre dugento a grosso l’una. I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come legno. Quando si vogliono mangiare li battono col roverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongono butiro e specie per darli sapore: ed è grande e inestimabil mercanzia per quel mare d’Alemagna. Le passare, per esser grandissime, partite in pezzi le salano, e così sono buone [...]» Pietro Querini rimase quattro mesi nelle Isole, scoprendo e imparando a conoscere i metodi di essiccazione, conservazione e preparazione del merluzzo, che esporterà al ritorno nella sua Venezia, segnando le sorti culinarie dello stoccafisso nella tradizione italiana. Da questa sventura ha inizio il legame indissolubile che lega l’Italia alla Norvegia: un evento terribile diventato opportunità e occasione di incontro. Ed è l’incontro a guidare il viaggio di Valentina Tamborra che da Roma ha toccato Venezia, Svolvær, Henningsvær e infine Røst, l’isola più a ovest della contea di Nordland. Un viaggio che Valentina percorre con la sua macchina fotografica, fissando paesaggi, persone, luoghi, storie, entrando nelle case dei pescatori e indagando i loro volti segnati dal vento. Un viaggio / Å skrida in antica lingua vichinga che significa appunto “viaggiare, migrare, muoversi in avanti”, che Valentina Tamborra trasforma in skrei e che diventa il titolo della sua mostra ospitata fino al 31 ottobre alla Fondazione Querini Stampalia a Venezia, negli spazi dell’Area Scarpa la cui geometria incornicia perfettamente le fotografie esposte, quasi ammantandole di una fissità essenziale e assolutamente naturale. Una mostra che racconta per immagini la storia di un’amicizia: un filo rosso che collega la storia di un pesce a quella di uomini coraggiosi, una storia di migrazione, di 92
Valentina Tamborra
ricerca, di scoperta, che partendo da Venezia è arrivata oltre il Circolo Polare Artico, in Norvegia, alle isole Lofoten. Un viaggio lungo chilometri, attraverso epoche e mondi lontani eppure legati l’uno all’altro, dove la cucina diventa elemento di unione. Attraverso i racconti di un discendente di Pietro Querini, che porta avanti la memoria e gli ideali di fratellanza e condivisione del proprio avo, Valentina Tamborra racconta di pescatori in una terra estrema dominata dai ritmi della natura, dove è il pesce o quasi l’unica fonte di sostentamento; di un mercato ittico che è cuore pulsante di Venezia e che proprio sulle rovine di casa Querini sorge; di un pesce “povero” che appartiene al ghiaccio e ai venti e che diventa eccellenza nella cucina italiana. Lo skrei è anche un particolare tipo di merluzzo norvegese che compie ogni anno una vera e propria migrazione dal mare di Barents verso le acque più calde della costa settentrionale norvegese, al fine di riprodursi. Attraverso quaranta fotografie, alcune di grande formato alternate ad altre più piccole, Valentina Tamborra cattura il colore atmosferico della luce nordica trasformando le immagini in magnifiche vedute vive e vivide in cui i bianchi, i grigi e i blu acquistano valore tonale, quasi pittorico, tanto da richiamare alla mente la pittura romantica nordica. Riferimento che non viene richiamato solo nella resa dell’immagine, ma anche nell’inquadratura, che diventa essenzialità compositiva, esaltando la potenza della natura e al contempo il suo rapporto con l’uomo, attore e spettatore allo stesso tempo di fronte alla durezza e immensità del paesaggio. Come sottolinea il curatore della mostra, Roberto Mutti «è qui che un reporter di pregio sa abbandonare per un attimo il flusso del racconto per non farsi sfuggire quei particolari, quelle improvvise visioni che non ne distraggono il percorso ma lo arricchiscono [...] che allargano lo sguardo». La mostra è organizzata e promossa in collaborazione con Norwegian Seafood Council e con Tørrfisk fra Lofoten AS. Mariachiara Marzari Valentina Tamborra. Skrei – Il Viaggio 2-31 ottobre Area Scarpa, Fondazione Querini Stampalia Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252 www.valentinatamborra.com
© Valentina Tamborra. Skrei – Il Viaggio
Le isole Lofoten, d’inverno, somigliano a perle che emergono dal mare
Paolo Francis Querini
© Fondazione Querini Stampalia
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A TRI UMPH OF EXCEPT IO N AL TAST E
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VENTO DI PASSIONE
Alimentare e fotogenico
ANDO GILARDI © Fototeca Gilardi
HANS FINSLER Courtesy Fondazione Rolla, Bruzella
HERBERT LIST Courtesy of The Herbert List Estate / Magnum Photos
BERNARD PLOSSU © Bernard Plossu
L’edizione numero cinque della Biennale Foto/Industria 2021 di Bologna, diretta da Francesco Zanot e organizzata da Fondazione MAST, coinvolge la città attraverso dieci mostre diffuse in undici luoghi tra musei e palazzi. Un percorso attraverso le immagini di grandi fotografi italiani e internazionali, i cui lavori sono vere e proprie indagini dedicate all’industria alimentare e al suo impatto sul territorio e sulla società. Ando Gilardi con Fototeca al MAST mette in mostra una combinazione di reportage fotografici e materiali estratti dal pioneristico archivio iconografico che ha fondato nel 1959; Maurizio Montagna con il lavoro Fisheye, ospitato nel Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Bologna, dedica l’attenzione visiva al fiume Sesia e alla sua valle; Lorenzo Vitturi, a Palazzo Pepoli Campogrande, presenta Money Must Be Made, un focus su Balogun, il mercato più grande e complesso di Lagos in Nigeria. Hans Finsler in Schokoladenfabrik a San Giorgio in Poggiale espone una serie realizzata nel 1928 su commissione dell’azienda dolciaria Most; Herbert List, a Palazzo Fava, con Favignana documenta la mattanza dei tonni nell’isola nel 1951; Bernard Plossu con Factory of Original Desires fissa spezzoni di vita in tutto il mondo e ritratti legati a persone e cibo nella quotidianità, sempre a Palazzo Fava; Mishka Henner in In the Belly of the Beast racconta per immagini il rapporto tra uomo, animali e tecnologia nello Spazio Carbonesi; Takashi Homma, al Padiglione Esprit Nouveau, presenta M + Trails, immagini delle facciate dei negozi di McDonald’s in paesi lontani accostate a una sequenza sulle tracce di sangue lasciate dai cacciatori di cervi in Giappone; Henk Wildschut con Food mostra le nuove tecnologie per una produzione sempre più massiccia e intensiva dell’industria alimentare a Palazzo Paltroni; Jan Groover con Laboratory of Forms al MAMbo offre una retrospettiva di tutta la sua carriera a partire dalle celebri nature morte riprese nella cucina della sua abitazione; Vivien Sansour con Palestine Heirloom Seed Library a Palazzo Boncompagni racconta il progetto per salvaguardare antiche varietà di semi e proteggere la biodiversità. Il catalogo delle mostre diventa un libro di cucina autonomo e funzionale grazie allo chef e scrittore Tommaso Melilli che interpreta le immagini e i temi di ogni mostra attraverso una ricetta originale. 5. Biennale Foto/Industria 2021 Bologna 14 ottobre-28 novembre MAST e diversi luoghi Bologna fotoindustria.it
Giunta all’ottava edizione la Venice Hospitality Challenge, regata velica organizzata dallo Yacht Club Venezia, si è disputata il 16 ottobre. Bizzarra e fortunata coincidenza numerica: 16 equipaggi, 16 ottobre, 16 secoli (presunti) di vita della città! Di anno in anno questa manifestazione, nata quasi per scherzo, è divenuta una sfida molto sentita e partecipata tra i più iconici alberghi di Venezia e oltre. Il campo di gara con partenza da San Marco, prevedeva un giro di boa tra il Lido e Sant’Elena per poi volgere verso la Giudecca per il secondo giro di boa, proseguendo verso l’arrivo a San Marco. Maxi Jena – Sina Centurion Palace, condotta dallo skipper sloveno Milos Radonjic, si è aggiudicata il Cappello del Doge in vetro di Murano realizzato da Ars Cenedese, l’imbarcazione partita subito in testa ha mantenuto il comando fino al traguardo. Seconda classificata Way of Life – The Gritti Palace e terza Arca SGR – Ca’ Sagredo. Il mondo delle competizioni veliche con le sue tradizioni consolidate e le sue regole rispettate rappresenta la metafora del “sistema Venezia”, che può funzionare bene, e lo dimostra Venice Hospitality Challenge, solamente in concerto tra i vari stakeholder. Come nelle scorse edizioni, anche quest’anno il tema della sostenibilità e della salvaguardia degli ambienti marini è stato posto in grande evidenza, con il rinnovo, da parte del Comune di Venezia, del protocollo etico promosso dalla One Ocean Foundation. Le magliette della Venice Hospitality Challenge 2021 sono state perciò realizzate in modo ecosostenibile, utilizzando materiali ricavati dagli scarti in Pet delle bottiglie di plastica. F.M. 95
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october-november2021 pag. 98 pag. 106 pag. 109 pag. 111 pag. 112 pag. 115 pag. 116
Cambio di Stagione! Con la capienza al 100% teatri, cinema, sale concerti, musei, mostre, biblioteche, luoghi di aggregazione di diversa natura si riempiono di cultura e di socialità, tutti finalmente dal vivo
citydiary
agenda urbantrekking exhibitions books screenings reservation design&more
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agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA, ETCC...
15
venerdìFriday
ABEL SELAOCOE & DUDÙ KOUATE DUO
:musica
OttOct
P. 56
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Auditorium Lo Squero h. 19.30
ROSITA KESS
Jazz
Al Vapore-Marghera h. 21
16
sabatoSaturday
ENRICO CRIVELLARO BAND
Jazz
Al Vapore-Marghera h. 21
21
giovedìThursday
TRAGOS DE TANGO
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Splendid Venice Hotel h. 19
22
venerdìFriday
STEFANO COCCO CANTINI ANTONELLO SALIS
24
domenicaSunday
YILIAN CAÑIZARES RESILENCE TRIO P. 61
01
Centro Candiani-Mestre h. 18
Jazz “Nørdic Frames”
Jazz “Candiani Groove”
29
HAMID DRAKE PASQUALE MIRRA
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Laguna Libre h. 19.30
HELY
P. 61
Jazz “New Echo System #4”
Palazzo Trevisan degli Ulivi h. 21
PFM
De Andrè tribute
Gran Teatro Geox-Padova h. 21
30
sabatoSaturday
ISFAR SARABSKI
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Teatro La Fenice h. 19.30
SUPERJAM SESSION
JAM AT LAGUNA
NICOLA PIOVANI
Laguna Libre h. 20.30
ALICE
P. 54
Battiato tribute “Festival delle Idee”
Teatro Malibran h. 21
23
sabatoSaturday
REIS/DEMUTH/WILTGEN
Laguna Libre h. 21
Musica d’autore
Gran Teatro Geox-Padova h. 21
31
domenicaSunday
EZIO LAZZARINI ANNA LAZZARINI
Colonne sonore cinematografiche
Scuola Grande San Giovanni Evangelista h. 17.30
CHASSOL
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition”
Indie “Candiani Groove”
ALICE
GHOST HORSE OPHIR HEALING FORCE PROJECT
Teatrino di Palazzo Grassi h. 19.30
Battiato tribute “Festival delle Idee”
Teatro Malibran h. 21
FLAVIO PALUDETTI
Jazz
Al Vapore-Marghera h. 21
Centro Candiani-Mestre h. 18
Indie
GRISCHA LICHTENBERGER
02
martedìTuesday
MARCIN WASILEWSKI TRIO & JOE LOVANO
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Teatro Toniolo-Mestre h. 21
04
giovedìThursday
MINIMAL KLEZMER
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Splendid Venice Hotel h. 19
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition”
lunedìMonday
Teatrino di Palazzo Grassi h. 19.30
venerdìFriday
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition”
Auditorium Lo Squero h. 19.30
NovNov
Argo 16-Marghera h. 20.30
05
venerdìFriday
LEO DI ANGILLA TRIO
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Laguna Libre h. 19.30
STEFANO VOLPATO
Jazz
Al Vapore-Marghera h. 21
ANTONIO FARAÒ MAURO BATTISTI MAX FURIAN
Jazz “Candiani Groove”
Centro Candiani-Mestre h. 21
06
mercoledìWednesday
ANGLES 7
P. 61
Jazz “Padova Jazz Festival”
Sala dei Giganti-Padova h. 21
11
giovedìThursday
DIMITRI GRECHI ESPINOZA FABRIZIO PUGLISI
Jazz “Padova Jazz Festival”
Sala dei Giganti-Padova h. 21
BLACK LIPS
Indie
New Age Club-Roncade h. 21
12
venerdìFriday
ZOE PIA
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Laguna Libre h. 19.30
LUCY WOODWARD
Jazz “Padova Jazz Festival”
Caffè Pedrocchi-Padova h. 21.30
13
sabatoSaturday
DJABE
Jazz fusion “Candiani Groove”
Centro Candiani-Mestre h. 21
PASQUALE MIRRA SOLO DADO MORONI & DANNY GRISSETT
Jazz “Padova Jazz Festival”
Sala dei Giganti-Padova h. 21
sabatoSaturday
ANGELO BRANDUARDI
FERDINANDO ROMANO
Musica d’autore
Teatro La Fenice h. 19.30
14
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition”
07
domenicaSunday
THELORCHESTRA 2021
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Museo M9-Mestre h. 18
08
lunedìMonday
MINO CINELU NILS PETTER MOLVAER
Jazz “Venezia Jazz Festival Fall Edition” Teatro Toniolo-Mestre h. 21
98
10
Gran Teatro Geox-Padova h. 21
domenicaSunday
GREG BURK EXPANDING TRIO
Jazz “Padova Jazz Festival”
Caffè Pedrocchi-Padova h. 21.30
15
lunedìMonday
FEDERICA MICHISANTI & ERRICO DE FABRITIIS MONK’S CASINO Jazz “Padova Jazz Festival”
Sala dei Giganti-Padova h. 21
16
martedìTuesday
MAURIZIO GIAMMARCO
27
sabatoSaturday
CARMEN SOUZA
INDIRIZZI AL VAPORE
Jazz “Padova Jazz Festival”
Jazz “Candiani Groove”
Via Fratelli Bandiera 8-Marghera www.alvapore.it
17
29
Viale dell’Industria 27/5-Marghera Fb: Argo 16
Caffè Pedrocchi-Padova h. 21.30
mercoledìWednesday
SILVIA BOLOGNESI & MARCO COLONNA DAVID MURRAY TRIO Jazz “Padova Jazz Festival”
Centro Candiani-Mestre h. 21
lunedìMonday
MARCO MASINI
Musica d’autore
Teatro Goldoni h. 21
P. 55
ARGO 16
AUDITORIUM LO SQUERO
Isola di San Giorgio www.venetojazz.com
CAFFÈ PEDROCCHI
Sala dei Giganti-Padova h. 21
Via VIII Febbraio 15-Padova www.padovajazz.com
18
Piazzale Candiani 7-Mestre www.culturavenezia.it/candiani
CENTRO CANDIANI
giovedìThursday
CHARLES LLOYD
Via Altinate 73-Padova www.padovajazz.com
19
Via Tassinari 1-Padova www.zedlive.com
venerdìFriday
ENRICO RAVA & FRED HERSCH
Jazz “Padova Jazz Festival”
Teatro Verdi-Padova h. 21
FOLCAST
Musica d’autore
New Age Club-Roncade h. 21
20
sabatoSaturday
MUSEO M9
Via G. Pascoli 11-Mestre www.venetojazz.com
NEW AGE CLUB
Via Tintoretto 14-Roncade www.newageclub.it
PALAINVENT
Dorsoduro 810 palazzotrevisan.wordpress.it
domenicaSunday
Pop
PalaInvent-Jesolo h. 21
ERMANNO MARIA SIGNORELLI & ARES TAVOLAZZI DUO
Jazz “Padova Jazz Festival”
Chiesa di San Gaetano-Padova h. 11
23
martedìTuesday
BRUNORI SAS
Musica d’autore
PalaInvent-Jesolo h. 21
TEATRO VERDI
Via dei Livello 32-Padova www.padovajazz.com
LAGUNA LIBRE
Teatro Verdi-Padova h. 21
RAF UMBERTO TOZZI
TEATRO TONIOLO
Piazzetta Malipiero 1-Mestre www.venetojazz.com
Fondamenta Cannaregio www.venetojazz.com
Piazza Brescia 11-Jesolo www.azalea.it
21
TEATRO MALIBRAN
Campiello del Teatro 5873 www.teatrolafenice.it
GRAN TEATRO GEOX
FIRE! ORCHESTRA CBA
Jazz “Padova Jazz Festival”
TEATRO LA FENICE
Campo S. Fantin 1965 www.venetojazz.com
CHIESA DI SAN GAETANO
Jazz “Padova Jazz Festival”
Teatro Verdi-Padova h. 21
TEATRO GOLDONI
San Marco 4650/B www.teatrostabileveneto.it
PALAZZO TREVISAN DEGLI ULIVI SALA DEI GIGANTI
Piazza Capitaniato-Padova www.padovajazz.com
SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI EVANGELISTA
San Polo 2454 www.scuolasangiovanni.it
SPLENDID VENICE HOTEL
San Marco 760 www.venetojazz.com
TEATRINO DI PALAZZO GRASSI
Campo San Samuele 3231 www.venetojazz.com
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agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA, ETCC...
16
sabatoSaturday
:classical
OttOct
I SOLISTI VENETI P. 66 GIULIANO CARELLA direttore
Musiche di Vivaldi “Festival Vivaldi“
Scuola Grande San Giovanni Evangelista h. 20.30
17
domenicaSunday
LE PUTTE DI VIVALDI STEFANO SOVRANI direttore SILVIA DELLA BENETTA soprano
Musiche di Vivaldi “Festival Vivaldi“
Chiostro di San Francesco Della Vigna h. 20.30
18
Sabrina Impacciatore voce narrante Musiche di Vettoretti “Stagione 2021“ Ingresso/Ticket € 33 Teatro La Fenice h. 20
forte
Musiche di Mozart, Schubert, Brahms “Musica con le Ali“ Ingresso/Ticket € 20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
QUARTETTO DI VENEZIA
Andrea Vio violino Alberto Battiston violino Mario Paladin viola Angelo Zanin violoncello Musiche di Beethoven, Brahms “Musikàmera“ Ingresso/Ticket € 50/15 Teatro Malibran h. 20
CECILIA BARTOLI mezzosoprano FABIO BIONDI violino EUROPA GALANTE
P. 64
Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 19.30
sabatoSaturday
MARIO VENZAGO direttore
Musiche di Haydn, Brahms Orchestra del Teatro La Fenice Ingresso/Ticket € 88/45 Teatro La Fenice h. 20
(vedi sabato 23 ottobre)
direttore
Musiche di Vivaldi “Festival Vivaldi“
Basilica dei Frari h. 20.30
domenicaSunday
MARIO VENZAGO direttore
Ingresso/Ticket € 88/45 Teatro La Fenice h. 17
26
martedìTuesday
QUARTETTO ADORNO
Edoardo Zosi violino Liù Pelliciari violino Benedetta Bucci viola Stefano Cerrato violoncello Musiche di Beethoven “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
27
mercoledìWednesday
QUARTETTO ADORNO
(vedi martedì 26 ottobre) “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
100
Ingresso libero/Free entry Teatro La Fenice h. 17
CLAUDIO MARINO MORETTI
direttore
06
sabatoSaturday
QUARTETTO DI VENEZIA MASSIMO MERCELLI flauto
Ingresso/Ticket € 33/11 Auditorium Lo Squero h. 17.30
HOPKINSON SMITH liuto
Musiche di Dalza, Spinacino “Musica Antica in Casa Cozzi“
29
08
Ingresso/Ticket € 88/45 Teatro La Fenice h. 20
venerdìFriday
DANILO SQUITIERI violoncello ENZO OLIVA pianoforte
Benedetta Bucci viola Stefano Cerrato violoncello Musiche di Cilea, Fano “Musikàmera“
domenicaSunday
Musiche di Mendelssohn, Brahms Orchestra del Teatro La Fenice Ingresso/Ticket € 88/45 Teatro La Fenice h. 19
NovNov martedìTuesday
EMANUELE ARCIULI pianoforte
Musiche di Cage, Arciuli, Rota “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
03
mercoledìWednesday
EMANUELE ARCIULI pianoforte
(vedi martedì 2 novembre) “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
04
P. 68
Ingresso/Ticket € 20/15 Chiesa di San Teonisto-Treviso h. 18.30
lunedìMonday
GIUSEPPE ALBANESE pianoforte
Musiche di Fano, Gluck “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
09
martedìTuesday
ENSEMBLE AURORA
JONATHAN BRETT direttore MAXIM VENGEROV violino
02
P. 68
Musiche di Boccherini, Mozart “Archipelago 2021“
Musiche di Purcell, Stravinskij Orchestra del Teatro La Fenice
31
Musiche di Brahms, Enescu, Dvorak “Stagione concerti 2021/2022“
Scuola Grande San Rocco h. 20.30
ORCHESTRA CANOVA ENRICO SAVERIO PAGANO
Musiche di Schumann “Premio Una Vita per la Musica“
NEW GIPSY PROJECT DANILO ROSSI viola
24
mercoledìWednesday
giovedìThursday
GABRIELE STRATA pianoforte
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
UTO UGHI violino
Musiche di Vivaldi “Festival Vivaldi“
28
Chiesa della Pietà h. 20.30
23
Musiche di Mehul, Haydn “Eroica o Tirannica? La musica ai tempi di Napoleone Bonaparte (1795-1815)“
20
P. 66
Ingresso/Ticket € 25/15 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
martedìTuesday
STIJN KONINGS chitarra ROMARIC MARTIN chitarra
giovedìThursday
GAIA TRIONFERA violino ALESSANDRO TAVERNA piano-
Musiche di Vivaldi “Festival Vivaldi“
lunedìMonday
QUANTUM ONE
19
21
giovedìThursday
SHUICHI OKADA violino MANUEL VIOQUE-JUDDE viola STÉPHANIE HUANG violoncello
Musiche di Jadin, Boëly “Eroica o Tirannica? La musica ai tempi di Napoleone Bonaparte (1795-1815)“ Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 19.30
Enrico Gatti violino Gaetano Nasillo violoncello Anna Fontana clavicembalo Musiche di Tartini, Vandini “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
10
mercoledìWednesday
EX NOVO ENSEMBLE
Daniele Ruggieri flauto Davide Teodoro clarinetto Carlo Lazari violino Carlo Teodoro violoncello Aldo Orvieto pianoforte Musiche di Vivaldi, Gabrieli “Ex Novo Musica“
Ingresso/Ticket € 20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
11
giovedìThursday
FERDINANDO TREMATORE
violino
CLAUDIA DO MINH RAMOS viola MARIA SALVATORI violoncello
Musiche di Boccherini, Schubert “Musica con le Ali“
Ingresso/Ticket € 20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
12
venerdìFriday
CYPRIEN BROD violino KHOA-NAM NGUYEN violino JEAN SAUTEREAU viola RÉMI CARLON violoncello
Musiche di Jadin, Baillot, Hérold “Eroica o Tirannica? La musica ai tempi di Napoleone Bonaparte (1795-1815)“ Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 19.30
13
sabatoSaturday
SONIG TCHAKERIAN violino
Musiche di Bach “Archipelago 2021“
Ingresso/Ticket € 33/11 Auditorium Lo Squero h. 17.30
15
lunedìMonday
TOMMASO LONQUICH clarinetto CLAUDIO M. MEHNER pianoforte
Musiche di Stravinskij, Debussy “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
16
(vedi lunedì 15 novembre) “Musikàmera“
Ingresso/Ticket € 25/15 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
FIDELIO
(vedi sabato 20 novembre) “Stagione 2021-2022” Ingresso/Ticket € 380/40 Teatro La Fenice h. 19
25
giovedìThursday
FIDELIO
(vedi sabato 20 novembre) “Stagione 2021-2022” Ingresso/Ticket € 380/40 Teatro La Fenice h. 19
27
sabatoSaturday
QUARTETTO DI VENEZIA
Musiche di Stravinskij “Archipelago 2021“
Ingresso/Ticket € 33/11 Auditorium Lo Squero h. 17.30
FIDELIO
(vedi sabato 20 novembre) “Stagione 2021-2022” Ingresso/Ticket € 380/40 Teatro La Fenice h. 15.30
Musiche del repertorio cinquecentesco “Musica Antica in Casa Cozzi“
Ingresso/Ticket € 20/15 Chiesa di San Teonisto-Treviso h. 18.30
29
lunedìMonday
EX NOVO ENSEMBLE
venerdìFriday
ELISO VIRSALADZEpianoforte
Musiche di Mozart, Chopin “Musikàmera“ Ingresso/Ticket € 50/15 Teatro Malibran h. 20
20
martedìTuesday
PAOLA ERDAS clavicembalo
martedìTuesday
TOMMASO LONQUICH clarinetto CLAUDIO M. MEHNER pianoforte
19
23
sabatoSaturday
MARIO BRUNELLO violoncello
Musiche di Bach “Archipelago 2021“
Ingresso/Ticket € 33/11 Auditorium Lo Squero h. 17.30
FIDELIO
P. 62
Opera lirica in due atti Myung-Whun Chung direttore Joan Anton Rechi regia Musiche di Beethoven “Stagione 2021-2022”
Davide Teodoro clarinetto Carlo Lazari violino Annamaria Pellegrino violino Paola Carraro viola Carlo Teodoro violoncello Musiche di Tartini, Pagotto “Ex Novo Musica“
Ingresso/Ticket € 20 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20
30
INDIRIZZI AUDITORIUM LO SQUERO
Isola di San Giorgio Maggiore www.cini.it
BASILICA DEI FRARI
San Polo 3072 www.vivaldifestival.org
CHIESA DELLA PIETÀ
Castello www.vivaldifestival.org
CHIESA DI SAN TEONISTO
Via S. Nicolò 31-Treviso www.fbsr.it
CHIOSTRO DI SAN FRANCESCO DELLA VIGNA
Ramo Al Ponte San Francesco www.vivaldifestival.org
PALAZZETTO BRU ZANE
San Polo 2368 www.bru-zane.com
SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI EVANGELISTA
San Polo 2454 www.vivaldifestival.org
SCUOLA GRANDE SAN ROCCO
San Polo 3052 www.vivaldifestival.org
TEATRO LA FENICE
Campo San Fantin 1965 www.teatrolafenice.it
TEATRO MALIBRAN
Campiello del Teatro 5873 www.teatrolafenice.it
TEATRO TONIOLO
Piazzetta Malipiero 1-Mestre www.culturavenezia.it/toniolo
martedìTuesday
FIDELIO
(vedi sabato 20 novembre) “Stagione 2021-2022” Ingresso/Ticket € 380/40 Teatro La Fenice h. 15.30
Ingresso/Ticket € 380/40 Teatro La Fenice h. 19
101
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA, ETCC...
14
:theatro
OttOct
giovedìThursday
TURANDOT
P. 73
di Carlo Gozzi Adattamento in un atto, regia, scena e costumi di Pier Luigi Pizzi Con Gino Potente, Vincenzo Luongo, Jacopo Rampazzo Musiche di Alessio Vlad “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 35/9 Teatro Goldoni h. 20.30
15
giovedìThursday
TURANDOT
venerdìFriday
TURANDOT
Teatro Goldoni h. 19
16
sabatoSaturday
TURANDOT
(vedi giovedì 14 ottobre) Teatro Goldoni h. 19
ESTER
P. 79
di Jean Racine nella traduzione di Giacomo Zanella Con i giovani attori di Tema Cultura Academy e Servane Giol Coreografia di Silvia Bennett Regia di Giovanna Cordova “74. Ciclo di Spettacoli Classici” Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro Olimpico-Vicenza h. 21
domenicaSunday
TURANDOT
DISCO INFERNO
Ingresso/Ticket € 25/15 Teatro Olimpico-Vicenza h. 21
ESTER
Teatro Olimpico-Vicenza h. 18
20
mercoledìWednesday
TURANDOT
di Carlo Gozzi Adattamento in un atto, regia, scena e costumi di Pier Luigi Pizzi Con Gino Potente, Vincenzo Luongo, Jacopo Rampazzo Musiche di Alessio Vlad “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 35/9 Teatro Verdi-Padova h. 20.30
102
P. 75
TURANDOT
(vedi mercoledì 20 ottobre)
Teatro Verdi-Padova h. 20.30
DISCO INFERNO
(vedi giovedì 21 ottobre)
Teatro Olimpico-Vicenza h. 21
sabatoSaturday
IL MARITO INVISIBILE
(vedi venedì 22 ottobre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
TURANDOT
di Carlo Gozzi Adattamento in un atto, regia, scena e costumi di Pier Luigi Pizzi Con Gino Potente, Vincenzo Luongo, Jacopo Rampazzo Musiche di Alessio Vlad “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 35/8 Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 20.30
30
sabatoSaturday
IO MARIA, LEI CALLAS
Coreografia e regia di Michela Barasciutti Interpreti Sara Cavalieri, Roberta De Rosa, Mirko Paparusso, Marco Mantovani, Erika Melli, Giulio Petrucci Compagnia Tocnadanza Venezia “XIII VeneziainDanza” Ingresso/Ticket € 20 Teatro Malibran h. 20
IL MARITO INVISIBILE
IL MARITO INVISIBILE
(vedi venedì 22 ottobre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 16.30
TURANDOT
Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 20.30
31
domenicaSunday
IO MARIA, LEI CALLAS
(vedi sabato 30 ottobre)
Teatro Malibran h. 17.30
IL MARITO INVISIBILE
(vedi mercoledì 20 ottobre)
(vedi venedì 22 ottobre)
26
KAFKA E LA BAMBOLA VIAGGIATRICE
Teatro Verdi-Padova h. 16
martedìTuesday
IL MARITO INVISIBILE
(vedi venedì 22 ottobre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
27
mercoledìWednesday
IL MARITO INVISIBILE
(vedi venedì 22 ottobre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
GALÀ CON I GIOVANI TALENTI DE L’OPERA DE PARIS
Direzione: Alessio Carbone Danzatori: Alexandre Boccara, Camille Bon, Guillaume Diop, Celia Drouy, Giorgio Foures, Ines McIntosh, Francesco Mura, Bianca Scudamore “XIII VeneziainDanza” Ingresso/Ticket € 35/28 Teatro Malibran h. 20
MOVING WITH PINA
P. 74
di e con Cristiana Morganti Direzione artistica di Simone Mancini Con l’appoggio e il sostegno della Pina Bausch Foundation - Wuppertal “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 25/6 Teatro Verdi-Padova h. 20.30
07
domenicaSunday
GALÀ CON I GIOVANI TALENTI DE L’OPERA DE PARIS
(vedi sabato 6 novembre)
Teatro Malibran h. 17.30
L’AVARO
di Carlo Goldoni Il Portico - Teatro Club APS “Divertiamoci a Teatro 2021/22”
09
(vedi venerdì 29 ottobre)
domenicaSunday
sabatoSaturday
TURANDOT
DISCO INFERNO
Teatro Olimpico-Vicenza h. 21
06
Ingresso/Ticket € 10 Teatro Momo-Mestre h. 16.30
(vedi mercoledì 20 ottobre)
Teatro Verdi-Padova h. 20.30
NovNov
(vedi venedì 22 ottobre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
24
(vedi sabato 16 ottobre)
IL MARITO INVISIBILE TURANDOT
Ingresso/Ticket € 29/26 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
PINOCCHIO
Ingresso/Ticket € 7 Teatro Momo-Mestre h. 11/16.30
venerdìFriday
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
Scritto e diretto da Edoardo Erba Con Marina Massironi e Maria Amelia Monti Musiche di Massimiliano Gagliardi Gli Ipocriti Melina Balsamo “Stagione Teatrale 2021/22”
(vedi giovedì 21 ottobre)
Accademia Perduta/Romagna Teatri Centro di produzione teatrale “Domenica a Teatro 2021/22”
29
(vedi venedì 22 ottobre)
venerdìFriday
(vedi giovedì 14 ottobre) Teatro Goldoni h. 16
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
Con Lucilla Giagnoni Dj setting Alessio Bertallot “74. Ciclo di Spettacoli Classici”
23
giovedìThursday
(vedi venedì 22 ottobre)
Teatro Verdi-Padova h. 19
22
28
IL MARITO INVISIBILE
(vedi mercoledì 20 ottobre)
IL MARITO INVISIBILE
(vedi giovedì 14 ottobre)
17
21
Teatro Toniolo-Mestre h. 16.30
C.S.S. Teatro stabile di innovazione del FVG con Teatrodelleapparizioni “Domenica a Teatro 2021/22” Ingresso/Ticket € 7 Teatro Momo-Mestre h. 16.30
TURANDOT
(vedi venerdì 29 ottobre)
Teatro Mario Del Monaco-Treviso h. 16
martedìTuesday
CENERE CENERENTOLA
P. 74
Regia e coreografie di Luciano Padovani Compagnia Naturalis Labor “Stagione Teatrale 2021/22” Ingresso/Ticket € 29/26 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
10
mercoledìWednesday
CENERE CENERENTOLA
(vedi martedì 10 novembre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
SANI!
di e con Marco Paolini Musiche originali composte ed eseguite da Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi “Stagione teatrale 2021/22” Ingresso/Ticket € 20/18 Teatro Dario Fo-Camponogara h. 21
11
giovedìThursday
I WAS SITTING ON MY PATIO...
P. 72
Testo, ideazione, regia di Robert Wilson Co-regia di Lucinda Childs Con Christopher Nell, Julie Shanahan EdM Productions Teatro Stabile del Veneto “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 45/11 Teatro Goldoni h. 20.30
SANI!
(vedi meroledì 10 novembre)
Teatro Dario Fo-Camponogara h. 21
12
venerdìFriday
I WAS SITTING ON MY PATIO...
(vedi giovedì 11 novembre) Teatro Goldoni h. 19
13
venerdìFriday
IL NODO
P. 75
di Johnna Adams Con Ambra Angiolini e Adriana Scommegna Regia di Serena Sinigaglia “Stagione Teatrale 2021/22”
Ingresso/Ticket € 29/26 Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
DANTE: IL CORAGGIO DI ASSUMERE IL PROPRIO DESTINO
di e con Moni Ovadia e Stefano Albarello (canto e qanûn), Maurizio Dehò (violarda) “Stagione teatrale 2021/22” Ingresso/Ticket € 20/18 Teatro Dario Fo-Camponogara h. 21
20
sabatoSaturday
IL NODO
(vedi giovedì 11 novembre) Teatro Goldoni h. 19
CENERENTOLA UNA STORIA ITALIANA
Coreografie di Claudio Ronda Musiche di Gioachino Rossini e Simone Pizzardo Compagnia Fabula Saltica “XIII VeneziainDanza” Ingresso/Ticket € 20 Teatro Malibran h. 20
domenicaSunday
(vedi venerdì 19 novembre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
IL TEATRO COMICO
(vedi mercoledì 24 novembre) Teatro Verdi-Padova h. 19
26
venerdìFriday
MARIA CALLAS. LETTERE E MEMORIE
P. 73
Scritto e diretto da Tom Volf Con Monica Bellucci Les Visiteurs du Soir “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 60/23 Teatro Goldoni h. 20.30
IL NODO
(vedi venerdì 19 novembre)
21
domenicaSunday
IL NODO
(vedi venerdì 19 novembre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 16.30
IN PRINCIPIO ERA BARBIE
di Ilaria Barlese Compagnia Non Solo Note “Divertiamoci a Teatro 2021/22”
IL TEATRO COMICO
Teatro Verdi-Padova h. 20.30
27
29
lunedìMonday
DANTE: IL CORAGGIO DI ASSUMERE IL PROPRIO DESTINO
di e con Moni Ovadia e Stefano Albarello (canto e qanûn), Maurizio Dehò (violarda) “Stagione teatrale 2021/22” Ingresso/Ticket € 20/18 Teatro Dario Fo-Camponogara h. 21
(vedi mercoledì 24 novembre)
sabatoSaturday
30
martedìTuesday
DANTE: IL CORAGGIO DI ASSUMERE IL PROPRIO DESTINO
(vedi lunedì 29 novembre)
Teatro Dario Fo-Camponogara h. 21
INDIRIZZI TEATRO DARIO FO
Piazza Castellaro-Camponogara www.myarteven.it
TEATRO GOLDONI
Rialto, San Marco 4659 www.teatrostabileveneto.it
TEATRO MALIBRAN
MARIA CALLAS. LETTERE E MEMORIE
Campiello del Teatro, Cannaregio 5873 www.teatrolafenice.it
Teatro Goldoni h. 19
TEATRO MARIO DEL MONACO
(vedi venerdì 26 novembre)
IL NODO
Corso del Popolo 31-Treviso www.teatrostabileveneto.it
Ingresso/Ticket € 10 Teatro Momo-Mestre h. 16.30
(vedi venerdì 19 novembre)
23
(vedi mercoledì 24 novembre) Teatro Verdi-Padova h. 20.30
Via Dante 81-Mestre www.comune.venezia.it
28
Piazza Matteotti 11-Vicenza www.tcvi.it
martedìTuesday
IL NODO
I WAS SITTING ON MY PATIO...
Teatro Goldoni h. 19
KANU
24
Ingresso/Ticket € 7 Teatro Momo-Mestre h. 16.30
(vedi venerdì 19 novembre)
Compagnia Piccoli Idilli “Domenica a Teatro 2021/22”
giovedìThursday
IL NODO
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
(vedi venerdì 19 novembre)
(vedi giovedì 11 novembre)
25
(vedi venerdì 19 novembre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
sabatoSaturday
I WAS SITTING ON MY PATIO...
14
19
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
mercoledìWednesday
IL NODO
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
IL TEATRO COMICO
di Carlo Goldoni Adattamento e regia di Eugenio Allegri Con Giulio Scarpati PPTV, Teatro Stabile del Veneto “Scenari senza confini 2021/22” Ingresso/Ticket € 35/8 Teatro Verdi-Padova h. 20.30
Teatro Toniolo-Mestre h. 19.30
IL TEATRO COMICO
domenicaSunday
IL GIOCO DELLE QUATTRO STAGIONI
Ideazione Marta Dalla Via Con Susi Danesin “Domenica a Teatro 2021/22”
Ingresso/Ticket € 7 Teatro Momo-Mestre h. 11/16.30
TEATRO MOMO
TEATRO OLIMPICO TEATRO TIONIOLO
Piazzetta Malipiero-Mestre www.comune.venezia.it
TEATRO VERDI
Via dei Livello 32-Padova www.teatrostabileveneto.it
IL NODO
(vedi venerdì 19 novembre)
Teatro Toniolo-Mestre h. 16.30
IL TEATRO COMICO
(vedi mercoledì 24 novembre) Teatro Verdi-Padova h. 16
103
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA, ETCC...
14
:cinema
OttOct
giovedìThursday
DOMENICA DELLE PALME
21
giovedìThursday
READY OR KNOT
Regia di Anselm Chan (2020) h. 17
ELISA’S DAY
Regia di Imre Gyöngyössy (1968) “Speranza del domani”
Regia di Alan Fung (2021)
FRAMMENTI DI VITA
Regia di Chi-Man Wan (2021)
Videoteca Pasinetti h. 17.30
Regia di Imre Gyöngyössy, Barna Kabay (1979) “Speranza del domani”
Videoteca Pasinetti h. 20.30
18
P. 83
lunedìMonday
LA MANO DELLO STRANIERO
Regia di Mario Soldati (1953) “Alida Valli, diva per sempre”
Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30
19
martedìTuesday
THE CAVE
h. 19.05
FROM ZERO TO HERO
h. 21.15
“18. Asian Fim Festival”
I RAGAZZI TRASFORMATI IN CERVI
Regia di Imre Gyöngyössy (1973) “Speranza del domani” Videoteca Pasinetti h. 17.30
SEI NUDO
Regia di Imre Gyöngyössy (1972) “Speranza del domani” Videoteca Pasinetti h. 20.30
25
lunedìMonday
NOI VIVI
Regia di Goffredo Alessandrini (1942) “Alida Valli, diva per sempre”
ADDIO TERRAFERMA
DEANDRÉ#DEANDRÉ STORIA DI UN IMPIEGATO
Regia di Otar Iosseliani (1999) “Iosseliani per il Festival Giovanni Morelli”
Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30
20
Videoteca Pasinetti h. 16.30/20
Regia di Roberta Lena (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre h. 16.40/18.30/20.15
THE CAVE
26
Multisala Rossini h. 21.30
Regia di Otar Iosseliani(2002) “Iosseliani per il Festival Giovanni Morelli”
mercoledìWednesday
Regia di Feras Fayyad (2019) “National Geographic – Documentaries”
THE MAGNITUDE OF ALL THINGS P. 83
Regia di Jennifer Abbott (2020) Interviene Sergio Fant, responsabile del programma del Trento Film Festival “Paesaggi che cambiano”
Auditorium Spazi Bombem-Treviso h. 21
martedìTuesday
LUNEDÌ MATTINA
Videoteca Pasinetti h. 17.30/20.30
DEANDRÉ#DEANDRÉ STORIA DI UN IMPIEGATO
Regia di Roberta Lena (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre h. 16.40/18.30/20.15
27
mercoledìWednesday
DEANDRÉ#DEANDRÉ P. 85 STORIA DI UN IMPIEGATO
Regia di Roberta Lena (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre h. 16.40/18.30/20.15
104
04
giovedìThursday
L’ATTESA
Regia di Imre Gyöngyössy (1975) “Speranza del domani” Videoteca Pasinetti h. 17.30
DUE DECISIONI
LA RIVOLTA DI GIOBBE
Videoteca Pasinetti h. 20.30
NovNov
ONE SECOND (YI MIAO ZHONG)
Regia di Imre Zhang Yimou (2020) “14. Incroci di civiltà”
martedìTuesday
Multisala Rossini h. 21.15
ENNIO: THE MAESTRO
Regia di Giuseppe Tornatore (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
Regia di Giuliano Peparini (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
CLAUDIO BAGLIONI - IN QUESTA STORIA CHE È LA MIA
Regia di Giuliano Peparini (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
mercoledìWednesday
ENNIO: THE MAESTRO
Regia di Giuseppe Tornatore (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
08
lunedìMonday
CARLA
Regia di Emanuele Imbucci (2021) “Film Evento” IMG Candiani-Mestre
CLAUDIO BAGLIONI - IN QUESTA STORIA CHE È LA MIA
Regia di Giuliano Peparini (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
BORAMEY, I FANTASMI NELLE FABBRICHE
ENNIO: THE MAESTRO
Regia di Giuseppe Tornatore (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
CLAUDIO BAGLIONI - IN QUESTA STORIA CHE È LA MIA
03
Regia di Imre Gyöngyössy, Barna Kabay, Katalin Petényi (1985) “Speranza del domani” Regia di Imre Gyöngyössy, Barna Kabay (1982) “Speranza del domani”
Videoteca Pasinetti h. 20.30
02
giovedìThursday
FALLO SAPERE AI TUOI FIGLI
Videoteca Pasinetti h. 17.30
Regia di Imre Gyöngyössy, Barna Kabay (1977) “Speranza del domani”
Cinema Giorgione
Regia di Feras Fayyad (2019) “National Geographic – Documentaries” Multisala Rossini h. 17.30
28
P. 83
Regia di Tommaso Facchin, Ivan Franceschini (2021) Interviene il regista Tommaso Facchin “Paesaggi che cambiano”
Auditorium Spazi Bombem-Treviso h. 21
NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE
Regia di Giovanni Piscaglia(2021) “La grande Arte al Cinema” IMG Candiani-Mestre
09
martedìTuesday
CARLA
Regia di Emanuele Imbucci (2021) “Film Evento” IMG Candiani-Mestre
NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE
Regia di Giovanni Piscaglia(2021) “La grande Arte al Cinema” IMG Candiani-Mestre
mercoledìWednesday
CARLA
18
giovedìThursday
MULHOLLAND DRIVE
Regia di Emanuele Imbucci (2021) “Film Evento”
Regia di David Lynch (2001) “IMG Cult – 4K”
NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE
28
IMG Candiani-Mestre
“Il Balletto del Bolshoi di Mosca al Cinema”
IMG Candiani-Mestre
Regia di Giovanni Piscaglia(2021) “La grande Arte al Cinema”
15
lunedìMonday
IMG Candiani-Mestre
domenicaSunday
SPARTACO
IMG Candiani-Mestre
STEVE MCCURRY: LA RICERCA DEL COLORE
29
IMG Candiani-Mestre
Regia di Costanza Quatriglio (2021) “Film Evento”
Regia di Giovanni Piscaglia(2021) “La grande Arte al Cinema”
lunedìMonday
TRAFFICANTE DI VIRUS
ZAPPA
IMG Candiani-Mestre
IMG Candiani-Mestre
Regia di Stanley Kubrick (1971) “IMG Cult – 4K”
Regia di Alex Winter (2021) “Eventi Musicali”
16
ARANCIA MECCANICA
IMG Candiani-Mestre
martedìTuesday
ARCHIPEL LUIGI NONO
Regia di Olivier Mille (1988) Proiezione in lingua originale francese con sottotitoli in italiano “Luigi Nono e i suoi maestri” Teatrino di Palazzo Grassi h. 18
STEVE MCCURRY: LA RICERCA DEL COLORE
Regia di Giovanni Piscaglia(2021) “La grande Arte al Cinema”
30
martedìTuesday
TRAFFICANTE DI VIRUS
Regia di Costanza Quatriglio (2021) “Film Evento” IMG Candiani-Mestre
ARANCIA MECCANICA
Regia di Stanley Kubrick (1971) “IMG Cult – 4K” IMG Candiani-Mestre
IMG Candiani-Mestre
ZAPPA
Regia di Alex Winter (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
17
mercoledìWednesday
STEVE MCCURRY: LA RICERCA DEL COLORE
Regia di Giovanni Piscaglia(2021) “La grande Arte al Cinema” IMG Candiani-Mestre
ZAPPA
Regia di Alex Winter (2021) “Eventi Musicali” IMG Candiani-Mestre
THE SECOND LIFE
P. 85
Regia di Davide Gambino (2021) Interviene il regista “Paesaggi che cambiano”
Auditorium Spazi Bombem-Treviso h. 21
INDIRIZZI AUDITORIUM SPAZI BOMBEN
Via Cornarotta 7-Treviso www.fbsr.it
CINEMA GIORGIONE
Cannaregio 4612 www.comune.venezia.it
IMG CANDIANI
Piazzale Candiani-Mestre imgcinemas.it
MULTISALA ROSSINI
Salita del teatro, San Marco 399 www.comune.venezia.it
TEATRINO DI PALAZZO GRASSI
Campo San Samuele www.palazzograssi.it
VIDEOTECA PASINETTI CASA DEL CINEMA
San Stae 1990 www.comune.venezia.it
MESTRE E LA MEMORIA DEGLI ANNI DI PIOMBO
20 ottobre h. 18
:etcc...
10
Il Comitato Progetto Comune presenta un incontro dedicato ai tragici accadimenti che hanno insanguinato la città negli Anni di piombo. Portano la loro testimonianza: Adriano Favaro, giornalista e scrittore, autore del libro Cronache di piombo. Il terrorismo nel Veneto raccontato dai testimoni di oggi (nuovadimensione, 2021); Giuseppe Favero, quadro storico del Petrolchimico; Barbara Gori, figlia di Sergio Gori, ucciso dalle Brigate Rosse il 29 gennaio 1980; Teresa Friggione Albanese, coniuge di Alfredo Albanese, ucciso il 12 maggio 1980; Cesare Taliercio, figlio di Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Marghera, rapito e ucciso il 5 luglio 1981; Vittorio Rizzi, prefetto, Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza – Direttore Centrale della Polizia Criminale (prenotazione obbligatoria: t. 3347093012 o ufficiogruppi@ m9museum.it).
d’arte del 2019, per Palazzo Grassi Zeneli concepisce una classe aperta dedicata al tema della robotica come disciplina profondamente legata all’idea di utopia nella quale confluiscono discipline umanistiche come la linguistica e scientifiche come la biologia e il suo rapporto tra artificio e natura. I bambini lavoreranno sul tema della interazione uomo e macchina attraverso le tecniche del disegno, della scultura e della performance. Palazzo Grassi (atrio), San Samuele www.palazzograssi.it
KIDS DAY
Tutte le domeniche i bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni, possono partecipare a laboratori gratuiti in Museo avvicinandosi all’arte in modo accessibile e coinvolgente, sperimentando tecniche e tematiche sempre diverse.
SEGNALI DA TAKIS
24 ottobre h. 15.30
ALLA SCOPERTA DELLE SCULTURE DI MIRKO BASALDELLA
M9 Museo del ‘900, via Pascoli 11-Mestre www.m9museum.it
31 ottobre h. 15.30 Collezione Guggenheim, Dorsoduro 701 www.guggenheim-venice.it
LEGGERE VENEZIA TRA PASSATO E FUTURO
RIPENSARE LA CITTÀ CON GLI ANTICHI
P. 32
Un nuovo ciclo di appuntamenti per leggere e pensare Venezia tra il ‘900 e i primi vent’anni del 2000. In occasione della mostra Le sfide di Venezia. L’architettura e la città nel Novecento.
ISNENGHI, RUMIZ, SEGRE
21 ottobre h. 17
Mario Isnenghi, il regista Andrea Segre e Mara Rumiz dialogheranno a partire dall’ultimo libro di Isnenghi, Se Venezia vive. Una storia senza memoria (Marsilio 2021).
MARINI, CALDURA, PLEBANI
11 novembre h. 18
Paola Marini, Riccardo Caldura e Tiziana Plebani dialogheranno intorno al libro di Paola Zatti Venezia adagio. L’altra faccia della città cartolina (Enrico Damiani Editore 2021).
TOSI, FARAONE
17 novembre h. 18
Una riflessione sul presente e futuro dell’area industriale di Porto Marghera, a partire dalle ricerche e analisi proposte nel volume Città e Lavoro. Spazi, attori, e pratiche della transizione tra Mestre e Marghera, a cura di Maria Chiara Tosi e Claudia Faraone (Quodlibet, 2021). M9 Museo del ‘900, via Pascoli 11-Mestre www.m9museum.it
ATELIER DES ENFANTS con Driant Zeneli 23-24 ottobre
Driant Zeneli, già protagonista del Padiglione dell’Albania alla Biennale
29 ottobre h. 17.30
Ateneo Veneto presenta il ciclo di incontri di musica e filosofia Ripensare la città con gli antichi, in occasione dei 1600 anni dalla Fondazione della città. Durante l’incontro Platone nella repubblica (digitale) Luigi Vero Tarca dialoga con Camilla Grandi. Ateneo Veneto, Sala Lettura ateneoveneto.org
UNA NOTTE AL MUSEO
30 ottobre h. 18.30
Nel weekend più stregato dell’anno, M9 lancia la sua prima Notte al museo: un’esperienza unica per bambini dagli 8 agli 11 anni, a caccia dei fantasmi del ’900! Una notte speciale a museo chiuso, per scoprire che cosa succede tra le sue installazioni quando tutti dormono… (informazioni e prenotazioni: t. 3347093012 o ufficiogruppi@ m9museum.it) M9 Museo del ‘900, via Pascoli 11-Mestre www.m9museum.it
CASA DELLE PAROLE
9 novembre h. 18
L’appuntamento dedicato agli amanti della letteratura, torna al Teatrino per una nuova stagione di letture di testi letterari provenienti da tutto il mondo, letti dai lettori di Casa delle Parole in lingua originale e in versione italiana. Il secondo appuntamento è dedicato al tema dels Vuoto. Teatrino di Palazzo Grassi, San Samuele www.palazzograssi.it
105
urbantrekking FOOTPRINTS IN THE CITY
a cura di Franca Lugato
1. PESTE 1348
Confratelli in preghiera davanti a San Giovanni 1349, Pietra d’Istria Scuola Grande di San Giovanni Evangelista
Nel 1348 Venezia era tra le città più popolose d’Europa con più di 100.000 abitanti quando una violenta epidemia di peste nera decimò due terzi della popolazione. Una delle rare testimonianze artistiche di questo tragico periodo in città è rappresentato dal bassorilievo gotico della facciata della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (mentre un secondo si trova presso la Scuola Grande della Carità oggi Gallerie dell’Accademia). Tredici confratelli della Scuola sono inginocchiati in preghiera davanti a San Giovanni, il loro Santo protettore, mentre in basso altri due sorreggono un rotolo che riporta un’iscrizione datata 1349. È la raffigurazione di una commemorazione per i numerosi confratelli morti durante la terribile flagello.
1
2. PESTE 1478
Altare maggiore con la reliquia di San Rocco 1520, Chiesa di San Rocco
Santo francese di Montpellier vissuto nei primi decenni del XIV secolo, Rocco è considerato il protettore della peste per i suoi poteri taumaturgici. Il suo corpo venne trasferito a Venezia nel 1485 e in tale occasione venne pensata una chiesa che ospitasse la preziosa reliquia, tanto da diventare subito meta incessante di pellegrinaggi. Dal 1520 il corpo del Santo è conservato nell’altare-reliquiario dell’abside maggiore, punto focale dell’intera chiesa. Fanno da scenografia gli affreschi della cupola e dell’abside del Pordenone (1528) e i teleri sulle pareti affidati a Jacopo Tintoretto nel 1549. Il 16 agosto, giorno della sua festa, un ‘tendone’ viene allestito fuori dalla chiesa in ricordo della visita del Doge e delle massime autorità religiose.
2
3. PESTE 1509-1510
Tiziano Vecellio San Marco in trono e i santi Cosma, Damiano, Rocco e Sebastiano 1510 ca. (Olio su tavola) Sacrestia della Chiesa della Salute
Eseguita per l’altare di San Marco nella Chiesa di Santo Spirito in Isola, importante sede veneziana dei Canonici regolari Agostiniani, la pala fu trasferita alla Salute assieme ad altri dipinti ed arredi dopo il 1656, quando l’ordine fu soppresso. La presenza dei quattro santi apotropaici a sinistra Cosma e Damiano, i santi medici, che alludono alla scienza, e a destra Rocco e Sebastiano, riferiti alla devozione contro la peste, sono indicativi che l’occasione per la realizzazione fu una pestilenza e con grande probabilità quella del 1509. Anche se la struttura della pala è ancora quattrocentesca, il cromatismo vivace e squillante e una certa monumentalità preludono ai capolavori successivi del grande maestro cadorino. 106
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Le pandemie nei secoli lasciarono segni indelebili su Venezia e, oltre la tragedia, si tramutarono in veri e propri capolavori. In occasione della Festa della Madonna della Salute, un viaggio attraverso la storia con insolite tappe (vedi p. 18)
4. PESTE 1575-1577
Andrea Palladio Chiesa del Santissimo Redentore 1577
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Il 3 maggio del 1577 venne posta la prima pietra per la costruzione della chiesa palladiana del Redentore e questa cerimonia fu propiziatrice di una diminuzione del contagio che portò poi, nel mese di luglio, a dichiarare la città libera dalla peste. Le massime autorità civili e religiose e i veneziani tutti decisero di appellarsi alla pietà divina con un voto attraverso il quale si impegnavano ad edificare una chiesa intitolata al Redentore durante una delle epidemie di peste più virulente di tutti i tempi quella del 1575-1577 (si contavano anche 400 morti al giorno e a fine epidemia le vittime saranno circa 50.000). Per ricordare l’intervento divino, ogni anno i veneziani avrebbero fatto una solenne visita al tempio nell’anniversario della liberazione dal contagio. È così che nacque una delle feste più amate dai veneziani. 5. PESTE 1575-1577
Luigi, Pietro e Andrea Zandomeneghi Sepoltura e monumento funebre di Tiziano Vecellio 1843-1852 Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari
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Lo speciale rapporto che lega Tiziano alla Basilica dei Frari è testimoniato non solo dalle due grandi opere che contribuirono a renderlo famoso, l’Assunta e la Pala Pesaro, ma anche dalla presenza della sua sepoltura. Morto di peste ultraottantenne nell’agosto del 1576 aveva espresso in vita il desiderio di essere sepolto in questo amato luogo. Contrariamente alle severe norme igieniche adottate in questi casi, il suo corpo venne trasportato nella Chiesa dei Frari e sepolto sotto una semplice lapide nei pressi dell’altare del Crocifisso. Sul finire del Settecento ci fu un primo tentativo di realizzare un monumento funebre su progetto di Antonio Canova, ma bisognerà attendere la visita dell’imperatore d’Austria nel 1838 perché venga bandito un concorso. Un monumento in marmo di Carrara a forma di arco di trionfo giganteggia lungo la navata destra nel luogo della sepoltura del pittore, con al centro la statua del vecchio Tiziano coronato di alloro circondato da quattro statue femminili allegorie delle arti. 6. PESTE 1630-1631 (ultima peste a Venezia)
Madonna con il bambino Chiesa di San Polo
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Anche nella Chiesa di San Polo il 21 novembre di ogni anno è grande festa! Una particolare devozione è rivolta alla Madonna che si trova nel primo altare a destra rispetto all’ingresso. La tradizione vuole che la prima guarigione miracolosa dalla terribile pestilenza che colpì Venezia tra il 1630-1631 fu proprio in questa chiesa e che i veneziani accorsero numerosi in pellegrinaggio finché non fu terminata la Chiesa della Salute. Nel nascosto Oratorio del Crocifisso di questa chiesa si può ammirare uno dei cicli pittorici più interessanti della pittura veneziana settecentesca: la Via Crucis del giovane Giandomenico Tiepolo, primo esempio di racconto in 14 stazioni della Passione di Cristo nella Venezia dell’epoca. 107
Gli italiani si voltano, Milano, 1954 © Archivio Mario De Biasi / courtesy Admira, Milano
MARIO DE BIASI FOTOGRAFIE 1947-2003 VENEZIA / TRE OCI 13.05.21 > 09.01.22 Mostra organizzata da / Exhibition organized by
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Sponsor Tecnico / Technical Sponsor
In collaborazione con / In association with TRE OCI CLUB
exhibitions IN VENICE
AKKA Project
Cyrus Kabiru in Venice
FinoUntil 31 ottobreOctober AKKA Project Ca’ del Duca, Corte Duca Sforza San Marco 3052 akkaproject.com
ALMA ZEVI/1
Not Vital. Snow & Water & Ice
FinoUntil 6 novembreNovember Salizzada Malipiero, San Marco 3357 www.almazevi.com
ALMA ZEVI /2
Esme Hodsoll Air du Temps
FinoUntil 6 novembreNovember Salizzada San Samuele, San Marco 3357 www.almazevi.com
CASA DEI TRE OCI/1
La Venezia umana – La Venezia disumana
FinoUntil 1 novembreNovember Giudecca 43 | treoci.org
CASA DEI TRE OCI/2
FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA
Omaggio a Virgilio Guidi Con uno sguardo alla Collezione Sonino
FinoUntil 7 gennaioJanuary, 2022 Galleria di Piazza San Marco San Marco 71/c Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826 Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ D’Oro Cannaregio 3932 www.bevilacqualamasa.it
FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA
Baselitz. Vedova accendi la luce
FinoUntil 31 ottobreOctober Magazzino del Sale Zattere, Dorsoduro 266 www.fondazionevedova.org
FONDAZIONE GRIMANI DELL'ALBERO D'ORO
Palazzo Vendramin Grimani
FinoUntil 21 novemberNovember San Polo 2033 www.fondazionealberodoro.org
Mario De Biasi. Fotografie 1947-2003
FONDAZIONE PRADA
COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM
FinoUntil 9 gennaioJanuary, 2022 Fondamenta delle Zitelle, Giudecca 43 www.treoci.org
Migrating Objects
FinoUntil 10 gennaioJanuary, 2022 Dorsoduro 701 www.guggenheim-venice.it
EUROPEAN CULTURAL CENTRE
TIME SPACE EXISTENCE FinoUntil 21 novembreNovember Palazzo Bembo Riva del Carbon, San Marco 4793 Palazzo Mora Strada Nova, Cannaregio 3659 Giardini della Marinaressa, Castello europeanculturalcentre.eu
FONDATION VALMONT
Alice in Doomedland
LE STANZE DEL VETRO/1
PALAZZO FRANCHETTI/2
FinoUntil 1 novembreNovember Isola di San Giorgio Maggiore lestanzedelvetro.org
16 ottobreOctober 13 marzoMarch, 2022 Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Campo Santo Stefano www.fondazioneligabue.it
L’Arca di vetro La collezione di animali di Pierre Rosenberg
LE STANZE DEL VETRO/2
Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri alla Venini 21 novembreNovember 13 marzoMarch, 2022 Isola di San Giorgio Maggiore lestanzedelvetro.org
M9 – MUSEO DEL ‘900/1
Le sfide di Venezia. L’architettura e la città nel Novecento
HYPERVENEZIA
FinoUntil 9 gennaioJanuary, 2022 San Samuele, San Marco 3231 www.palazzograssi.it
PALAZZO GRIMANI
Georg Baselitz. Archinto
FinoUntil 27 novembreNovember Ramo Grimani, Castello 4858
FONDAZIONE WILMOTTE
FinoUntil 9 gennaioJanuary, 2022 Via Giovanni Pascoli 11, Mestre www.m9museum.it
Re Make. Prix W 2020 The Château de la Tour d’Aigues FinoUntil 21 novembreNovember Galleria, Fondaco degli Angeli Cannaregio 3560 www.wilmotte.com
FONDAZIONE DI VENEZIA
Gianni Berengo Gardin e Maurizio Galimberti. Due sguardi a confronto
A Bartleby
FinoUntil 6 novembreNovember Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/h albertapane.com
GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Tiziano Vecellio, Il Bravo, 1515-1520
MUSEO DEL VETRO
Murano Glass Toys
FinoUntil 6 gennaioJanuary, 2022 Fondamenta Giustinian 8, Murano museovetro.visitmuve.it
PALAZZO CINI/1
L’Ospite a Palazzo. San Giorgio e il drago di Paolo Uccello FinoUntil 31 ottobreOctober San Vio, Dorsoduro 864 www.palazzocini.it
PALAZZO CINI/2
Piranesi Roma Basilico
FinoUntil 31 ottobreOctober Campo San Vio, Dorsoduro 864 www.palazzocini.it
PALAZZO CINI/3
Arturo Martini, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis Il Lascito Franca Fenga Malabotta
FinoUntil 20 gennaioJanuary 2022 Sala VII, Campo della Carità Dorsoduro 1050 www.gallerieaccademia.it
FONDAZIONE BERENGO
GALLERIA MICHELA RIZZO
PALAZZO DUCALE
FinoUntil 13 novembreNovember Giudecca 800Q www.galleriamichelarizzo.net
FinoUntil 25 marzoMarch, 2022 Appartamento del Doge, Piazza San Marco palazzoducale.visitmuve.it
FinoUntil 21 novembreNovember Fondazione Berengo Art Space Campiello della Pescheria 4, Murano Berengo Collection Calle Larga San Marco 412-413 www.fondazioneberengo.org
PALAZZO GRASSI
FinoUntil 21 novembreNovember ECC - Palazzo Mora Strada Nova, Cannaregio 3659 timespaceexistence.com
draw love build – l’architettura di sauerbruch hutton
FinoUntil 27 febbraioFebruary, 2022 Palazzo Bonvicini Calle Agnello, Santa Croce 2161A fondationvalmont.com
GLASS TO GLASS
POWER AND PRESTIGE Simboli del comando in Oceania
M9 – MUSEO DEL ‘900/2
FONDACO MARCELLO
FinoUntil 31 ottobreOctober Calle del Traghetto, San Marco 3415
FinoUntil 6 gennaioJanuary, 2022 ACP, San Marco 2842 www.acp-palazzofranchetti.com
FinoUntil 21 novembreNovember Ca’ Corner della Regina Santa Croce 2215 www.fondazioneprada.org
Peter Fischli. Stop Painting
GALLERIA ALBERTA PANE Marie Denis | Igor Eškinja | Léonard Martin | Davide Sgambaro | Lucia Veronesi
Wallace Chan. TITANS: Un dialogo tra materiali, spazio e tempo
5 novembreNovember 7 gennaioJanuary, 2022 Fondamenta di borgo, Dorsoduro 1134 www.tolettaeventi.com
Massimo Campigli e gli Etruschi. Una pagana felicità
PALAZZO MORA/1
FinoUntil 9 gennaioJanuary, 2022 sede Rio Novo, Dorsoduro 3488/U www.fondazionedivenezia.org
FinoUntil 21 novembreNovember Calle del Fontego dei Tedeschi Ponte di Rialto www.dfs.com
PALAZZO FRANCHETTI/1
Arno Rafael Minkkinen Within
FinoUntil 9 gennaioJanuary, 2022 Via Giovanni Pascoli 11, Mestre www.m9museum.it
Maarten Baas. Second Act
FONDACO DEI TEDESCHI
LATOLETTA SPAZIO EVENTI
Claudio Costa Hermann Nitsch Il viaggio nell’ancestrale
1-31 ottobreOctober La Galleria, San Vio, Dorsoduro 864 www.palazzocini.it
Venetia 1600. Nascite e Rinascite
When Art Meets Architecture in TIME SPACE EXISTENCE
PALAZZO MORA/2
GHETTO: Sanctuary for Sale in TIME SPACE EXISTENCE FinoUntil 21 novembreNovember ECC - Palazzo Mora, Strada Nova, Cannaregio 3659 timespaceexistence.com
PUNTA DELLA DOGANA
Bruce Nauman: Contrapposto Studies
FinoUntil 9 gennaioJanuary, 2022 Dorsoduro 2 www.palazzograssi.it
TEATRINO DI PALAZZO GRASSI
Gestus I atto: Rifare il corpo 15 ottobreOctober 24 novembreNovember
II atto: Il montaggio delle azioni 1 dicembreDecember 15 gennaioJanuary, 2022 San Marco 3260 www.palazzograssi.it
V-A-C ZATTERE
Non-Extractive Architecture: Progettare senza estinguere
FinoUntil 31 gennaioJanuary, 2022 Dorsoduro 1401 www.v-a-c.ru
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STUDIOLANZA
RIPARTIAMO DALLA CULTURA COOPCULTURE È ARTE, DIDATTICA, VALORIZZAZIONE, TUTELA, COOPERAZIONE, LAVORO
Ripartiamo dalla Cultura
Non vediamo l’ora di riaccogliervi in luoghi di inusitata bellezza e di condividere assieme amore per l’arte, cura del patrimonio culturale e della memoria del passato. Coltivare l’anima ci aiuterà a ricominciare. Presto.
www.coopculture.it www.liveculture.it 110
Sedi
Venezia Mestre
Roma
Torino
Firenze
Napoli
Palermo
Corso del Popolo, 40
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Via F. Ferrucci, 77/9
Via Guelfa, 9
Corso Umberto I, 58
Via A. Borrelli, 3
books READINGS & REVIEW INCROCI DI CIVILTÀ
a cura di Fabio Marzari
Un’incursione a piè di pagina tra mondi lontani e scritture brillanti, in compagna di buone idee, aperte e stimolanti (p.10-17)
NICOLE KRAUSS
WILFRIED N’SONDÉ
Essere un uomo
Un oceano, due mari, tre continenti Guanda_Racconti animati da riflessioni incisive e profonde sul tema della memoria, dello sradicamento, della fede. Un ruolo centrale è ricoperto dalle donne: le protagoniste sono colte in vari stadi della loro esistenza, dall’infanzia alla vecchiaia, passando attraverso l’adolescenza, la consapevolezza della sessualità, o il meraviglioso annunciarsi di una nuova vita. Un caleidoscopio di storie da ogni parte del mondo per affrontare in modo originale argomenti attuali come la violenza, il desiderio, la scoperta di sé, e illuminare gli abissi che separano, a volte, l’universo maschile da quello femminile.
66THAND2ND_Il viaggio di Nsaku Ne Vunda ha inizio nel 1583 in una notte di tempesta, nel piccolo villaggio di Boko. Cresciuto nel rispetto degli antenati e delle tradizioni del suo popolo, studia alla scuola dei missionari nella capitale del regno del Congo, dove viene ordinato prete con il nome di don Antonio Manuel. Tornato nel villaggio natale, si dedica alla costruzione di una cappella e percorre la provincia allo scopo di convincere donne e uomini a unirsi alla comunità dei cristiani. Un destino inaspettato però lo attende. Convocato da re Alvaro II, viene nominato ambasciatore presso la Santa Sede con una missione segreta: informare il papa della tratta degli schiavi che riduce i suoi connazionali in catene.
JAN BROKKEN
GHOLAM NAJAFI
VITTORIO LONGHI
L’anima delle città
Tra due famiglie
Il colore del nome
Iperborea_Un viaggio attraverso il tempo e i continenti per trovare le strade, le case, i paesaggi e le persone: la Bologna di Giorgio Morandi, Bergamo dove nacque e morì Gaetano Donizetti, la Düsseldorf dell’artista Joseph Beuys, la Parigi dove Erik Satie si incontrava con Picasso, Djagilev e Cocteau, Amsterdam così cara a Gustav Mahler, San Pietroburgo per ripercorrere la tormentata vicenda musicale di Šostakovič, fino a Cagliari a conoscere Eva Mameli Calvino – la madre di Italo – illustre naturalista e prima donna a dirigere un Giardino botanico in Italia. Una raccolta di brevi storie per comprendere il legame indissolubile tra la creazione e il luogo dove essa si origina tratteggia il percorso di formazione artistica e umana di grandi personaggi.
Edizioni la meridiana_«Sorrido ma col cuore incerto. I nostri vecchi vestiti e il nostro vecchio gommone sono diventati l’assurda casa per i pesci sott’acqua! L’unica vita che avevamo l’abbiamo giocata, le nostre parole ora infiammano da lontano. Non sono da solo, non sono orfano, intorno e me sento i suoni di tutti coloro che non sanno di essere orfani». Due famiglie per una sola persona sono un fardello molto difficile da portare: vuol dire avere più affetti, più ricordi, ma anche più sofferenze. Due società così lontane, l’Afghanistan, terra natia, e l’Italia, terra adottiva, così sconosciute l’una all’altra, così diverse tradizionalmente e mentalmente, possono essere tanto per una persona sola.
Solferino_Il bisnonno Giacomo, arrivato in Eritrea nel 1890 con il regio esercito, fa due figli con una moglie-bambina eritrea, per poi abbandonarli. Il nonno Vittorio, ucciso sulla porta di casa ad Asmara perché attivista meticcio, lascia vedova e orfani a fare i conti con l’eredità delle violenze fasciste. Il padre Pietro si rifugia in Italia, si sposa, fa un figlio; ma non basta tornare “in patria” per conquistare la stabilità. Seguendo le tracce di questa saga famigliare che torna alla luce con prepotenza, Vittorio è destinato a scoprire l’origine del proprio nome, a capire la forza del sangue, a domandarsi cosa sia l’identità. A portare a galla molti segreti: non solo i suoi ma quelli di una colonizzazione italiana peggio che dimenticata, rimossa.
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screenings FILM, SERIE, FESTIVAL
a cura di Davide Carbone
Da artista ritengo sia mio dovere interrogarmi sulle cose, aprire dibattiti, lanciare provocazioni. Volevo fare un film che assomigliasse a un grido. Spero che in molti lo ascoltino Audrey Diwan
HALLOWEEN KILLS
di David Gordon Green (USA, 2021) La notte di Halloween che ha segnato il ritorno di Michael Myers non è ancora finita. Alcuni minuti dopo che Laurie Strode, la figlia Karen e la nipote Allyson hanno lasciato il mostro mascherato Michael Myers intrappolato e avvolto dalle fiamme nello scantinato della casa di Laurie, la donna viene portata d’urgenza in ospedale perché gravemente ferita, ma convinta di avere finalmente ucciso il suo persecutore di un’intera vita. Quando invece Michael riesce a liberarsi dalla trappola di Laurie, il suo rituale bagno di sangue ricomincia. Dal 21 ottobre
MADRES PARALELAS
di Pedro Almodóvar (Spagna, 2021) Janis (Penélope Cruz) e Ana (Milena Smit) sono compagne di stanza in ospedale, in attesa di partorire. Entrambe sono single e in procinto di diventare madri senza averlo programmato, ma se Janis, più matura, ha accolto con entusiasmo la gravidanza inaspettata come un dono che le cambierà la vita, Ana, giovanissima, è spaventata, atterrita, convinta di non potercela fare. È Jenis a tentare di incoraggiare la sua “parallela” durante le lunghe ore a passeggiare in corsia, mentre tra le due donne s’instaura un legame talmente intenso che anche il fato finirà per restarvi inevitabilmente invischiato. Dal 28 ottobre
IL BAMBINO NASCOSTO
di Roberto Andò (Italia, Francia, 2021) Gabriele Santoro vive in un quartiere popolare di Napoli ed è titolare della cattedra di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, mentre si sta facendo la barba, il postino suona al citofono per avvertirlo che c’è un pacco. Lui apre la porta e, prima di accoglierlo, corre a lavarsi la faccia. In quel breve lasso di tempo, un bambino di dieci anni si insinua nel suo appartamento e vi si nasconde… Dal 3 novembre
ULTIMA NOTTE A SOHO
L’ÉVÉNEMENT
di Audrey Diwan (Francia, 2021) Qual è il destino di una giovane donna che si misura con un aborto clandestino? Spesso, possiamo solo cercare di indovinare la risposta. Francia, 1963. Anne è una brillante studentessa con un promettente futuro davanti a sé. Tuttavia, quando resta incinta, vede svanire la possibilità di portare a termine i propri studi e sfuggire ai vincoli insiti nella sua estrazione sociale. Con l’avvicinarsi degli esami finali e la gravidanza sempre più evidente, Anne si decide ad agire, anche se deve affrontare la vergogna e il dolore, anche se deve rischiare la prigione per seguire la sua strada. Un film straziante, opera di una regista che ha da sempre concentrato il proprio sguardo sulla concezione del corpo femminile, stavolta ispirandosi alle pagine del romanzo omonimo e autobiografico di Annie Ernaux, autrice con cui la regista si è continuamente confrontata durante la lavorazione sul set. Dal 4 novembre 112
di Edgar Wright (UK, 2021) La storia di Eloise, una ragazza con una passione per la moda e grande fan, al limite dell’ossessione, di Sandy, una cantante emblema degli anni ‘60. La giovane avrebbe voluto incontrare il proprio idolo, ma non essendo nata in quegli anni la cosa è destinata a rimanere un sogno. Eloise in qualche modo misterioso riesce a coronare il proprio desiderio e a incontrare Sandy, a quei tempi ancora cantante in erba, rivivendo quel lontano decennio musicale in una Swingin’ London molto lontana dall’atmosfera patinata a cui tutti pensano. Dal 4 novembre
ARIAFERMA
FREAKS OUT
Un vecchio carcere ottocentesco, situato in una zona impervia e imprecisata del territorio italiano, è in dismissione. Per problemi burocratici i trasferimenti si bloccano e una dozzina di detenuti rimane, con pochi agenti, in attesa di nuove destinazioni. In un’atmosfera sospesa, le regole di separazione si allentano e tra gli uomini rimasti si intravedono nuove forme di relazioni. «È capitato che gli incontri per la scelta degli attori coinvolgessero insieme agenti e detenuti, era facile che si creasse uno strano clima di convivialità. Si rideva anche. Poi, quando il convivio finiva, tutti rientravano nei loro ruoli e gli uomini in divisa, chiavi in mano, riaccompagnavano nelle celle i detenuti. Di fronte a questo drastico ritorno alla realtà, la troupe avvertiva spaesamento. E proprio questo senso di spaesamento ad aver guidato la realizzazione del film» (L.D.C.). Dal 14 ottobre
Roma, 1943: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario vivono come fratelli nel circo gestito dal loro padre spirituale Israel. Quando quest’ultimo scompare misteriosamente, forse in fuga o forse catturato dai nazisti, i quattro “fenomeni da baraccone” restano soli nella città occupata. Qualcuno però ha messo gli occhi su di loro, con un piano che potrebbe cambiare i loro destini e il corso della Storia. Il film nasce da una sfida: ambientare sullo sfondo della pagina più cupa del Novecento una vicenda che fosse insieme un racconto d’avventura, un romanzo di formazione e una riflessione sulla diversità. Mainetti si è approcciato alla Roma occupata del 1943 con emozione e rispetto, ma allo stesso tempo dando libero sfogo alla fantasia: sono nati così i quattro freak, individui unici e irripetibili, protagonisti di una Storia più grande di loro. Dal 28 ottobre
È STATA LA MANO DI DIO
AMERICA LATINA
Nella Napoli degli anni ‘80 il diciassettenne Fabietto Schisa è un ragazzo goffo che lotta per trovare il proprio posto nel mondo, ma che trova gioia in una famiglia straordinaria e amante della vita. Fino a quando due eventi cambiano tutto: l’arrivo a Napoli della leggenda Maradona, che suscita nell’intera città un orgoglio che un tempo sembrava impossibile, e un drammatico incidente che farà toccare a Fabietto il fondo, indicandogli tuttavia la strada per il suo futuro. Un racconto di formazione che mira, stilisticamente, a evitare le trappole dell’autobiografia convenzionale: iperbole, vittimismo, pietà, compassione e indulgenza al dolore, attraverso una messa in scena semplice, scarna, essenziale e con musica e fotografia neutre e sobrie. La macchina da presa compie un passo indietro per far parlare la vita di quegli anni, come li ricorda Sorrentino, come li ha vissuti, sentiti. Dal 24 novembre
Latina: paludi, bonifiche, centrali nucleari dismesse, umidità. Massimo Sisti è il titolare di uno studio dentistico che porta il suo nome. Professionale, gentile, pacato, ha conquistato tutto ciò che poteva desiderare: una villa immersa nella quiete e una famiglia che ama e che lo accompagna nello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. La moglie Alessandra e le figlie Laura e Ilenia sono la sua ragione di vita, la sua felicità. È in questa primavera imperturbabile e calma che irrompe l’imprevedibile: un giorno come un altro Massimo scende in cantina e l’assurdo si impossessa della sua vita. I fratelli D’Innocenzo scelgono di raccontare una storia capace di metterli in crisi come esseri umani, narratori, spettatori. Una storia che sollevava in loro domande alle quali non si riesce a trovare risposta, anche dopo aver ultimato il film. Dal 25 novembre
di Leonardo Di Costanzo (Italia, Svizzera, 2021)
di Paolo Sorrentino (Italia, 2021)
di Gabriele Mainetti (Italia, Belgio, 2021)
di Fabio e Damiano D’Innocenzo (Italia, Francia, 2021)
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reservations VENUES, CLUBS, RESTAURANTS
a cura di Fabio Marzari
Io sono Leggenda
A Venezia la vita si misura in secoli. Sembra una frase a effetto invece testimonia quanto per alcune attività cittadine il successo duri da secoli e soprattutto come venga mantenuta in essere l’attività a cui quei luoghi vennero destinati originariamente. Esemplari in tal senso sono il Caffè Florian, con i suoi 301 anni di storia, e il Danieli, che ne festeggia 200 nel 2022. Due secoli ininterrotti da quando Giuseppe Dal Niel, nel 1822, decise di trasformare parte del palazzo Dandolo, in riva degli Schiavoni, in un albergo che chiamò “Albergo Reale”. Poi come nel caso di Floriano Francesconi passato alla storia con “Florian”, anche il nostro divenne “Danieli” grazie alla tipica crasi veneziana che storpia e reinventa in maniera creativa i nomi di partenza. L’intero complesso alberghiero, che vanta 204 camere e suite, consta di tre edifici appartenenti a epoche diverse, i tre palazzi risalgono rispettivamente al XIV, al XIX e al XX secolo: il Palazzo Dandolo, in stile gotico veneziano, antica residenza della famiglia Dandolo, il Palazzo Casa Nuova, ex sede della tesoreria, e il Palazzo Danieli Excelsior, che ospita camere con balcone affacciato sulla laguna ai piani più alti. Tipico della storia dei palazzi veneziani, dai fasti si era passati alla polvere nel corso dei secoli, salvo poi riappropriarsi dell’antico splendore, così anche palazzo Dandolo, residenza amata nel tempo da ospiti illustri in visita in città, venne affittato in parte da Dal Niel che gli dette destinazione alberghiera. L’impresa si rivelò fruttuosa e presto divenne l’unico proprietario dell’intero palazzo. Non mancarono da subito ospiti illustri che permisero al Danieli di accrescere la sua fama, anche grazie a qualche scandalo che al tempo fece molto rumore, come nell’inverno del 1833 in cui la stanza numero 10 accolse la storia d’amore appassionata tra George Sand e Alfred de Musset, turbata dal giovane e prestante medico veneziano Pietro Pagello. Nel 1895 ci fu un cambio di proprietà, Genovesi e Campi Bozzi & C. si fecero carico di importanti e radicali ristrutturazioni, portando la luce elettrica, i termosifoni e un ascensore, il che equivaleva a portare il
Danieli nell’ospitalità di lusso internazionale. Nel 1906 il conte Volpi fondò la catena CIGA (Compagnia Italiana Grandi Alberghi) e acquistò il Royal Hotel Danieli. Nel 1948 fu costruito un nuovo edificio al posto di quelli preesistenti, abbattuti, che separavano palazzo Dandolo e palazzo delle Prigioni. Attualmente appartiene al Gruppo Statuto ed è gestito da Starwood Hotels & Resorts, oggi parte di Marriott International, con il marchio The Luxury Collection. Il libro d’oro degli ospiti presenta nomi che vanno da teste coronate, capi di stato, il gotha del cinema mondiale, scrittori, imprenditori di primissimo piano, l’elenco sarebbe davvero troppo lungo. Torneremo nel racconto di questo luogo fantastico, in cui lo sguardo viene immediatamente catturato dal profluvio di marmi e legni e dalle scale monumentali che si inseguono tra arcate splendenti, incantando il visitatore sin da quando mette piede nella hall. Vorrei portare una testimonianza personale, legata a un recente passato, nel pieno della seconda ondata pandemica, in una Venezia annichilita e deserta. Con coraggio e determinazione il General Manager Gianrico Esposito e la sua equipe avevano accolto l’invito di ospitare un dialogo/intervista con Franco Puppato, un celebre sarto che opera in città da moltissimi anni. Pur con le estreme cautele legate alle procedure sanitarie, l’accoglienza e i sorrisi non erano di prammatica, rinsaldando un legame fortissimo con la città di Venezia. Malgrado in Conciergerie fosse impossibile non notare la teoria lunghissima di chiavi appese, a testimonianza di un albergo sostanzialmente privo di ospiti, l’entusiasmo e la grande professionalità emergeva in modo del tutto spontaneo, riportando un calore umano per nulla scontato nel periodo. Inarrivabile! Hotel Danieli Riva degli Schiavoni, Castello 4196 www.marriott.it
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design&more a cura di Elisabetta Gardin
Stile libero Intervista a Rita Camelli Veneziana di origini. Professionalmente milanese. Laureata in lingue straniere, dopo un Master in Comunicazione d’Azienda a Ca’ Foscari Rita Camelli ha iniziato a lavorare all’Ufficio comunicazione di Benetton, a Ponzano Veneto, per poi occuparsi dell’ufficio stampa del centro congressi Zitelle a Venezia. Nel 1999 si è trasferita a Milano, lavorando come addetta stampa nel mondo finanziario e successivamente in una agenzia di Investor relations per società quotate in Borsa. Nel 2007 è entrata nel gruppo di proprietà di Silvio Scaglia, che nel 2011 ha acquisito il network Elite World, dove Rita Camelli è divenuta Group PR Director per tutto il mondo. L’Elite World Group è infatti il più vasto network internazionale di agenzie di model management con le agenzie Elite Model World, The Society Management, Women Management, Supreme Management, EWG Management, W360 Management e EWG Virtual. Il Gruppo rappresenta oltre 5000 talents tra modelle, modelli, digital creators, artisti, musicisti e sportivi ed è presente sia nelle capitali della moda, Milano, Parigi, Londra, New York, che nelle città più strategiche per lo scouting e per lo sviluppo commerciale, Amsterdam, Barcellona, Madrid, Praga, Bratislava, Copenhagen, Shanghai e Hong Kong. Dal 1983 l’agenzia Elite organizza il concorso internazionale di model scouting Elite Model Look, che ha scoperto e lanciato, tra le altre, Cindy Crawford, Stephanie Seymour, Gisele Bündchen, Ming Xi, Vittoria Ceretti. Lei come altri veneziani, vedi tra tutti Marco Balich, ha avuto un grande successo professionale a Milano. È solo il classico “nemo propheta in patria” o Venezia realmente presenta profondi limiti nel mondo del lavoro, che è piuttosto stagnante e offre pochi sbocchi internazionali se non nel settore della cultura? Purtroppo sì, Venezia per la sua struttura logistica un po’ limitata non riesce a offrire sbocchi lavorativi ad ampio spettro a parte la cultura, il turismo, l’artigianalità, anche quelli settori, ahimè, a numero chiuso. Quindi diventa quasi inevitabile doversene andare per cercare altre prospettive lavorative. Che cosa si è portata e si porta dietro e che cosa invece ha volutamente ‘lasciato’ della sua città? Porto con me la stupefacente bellezza di Venezia, che non ho mai in realtà lasciato – ci torno tutte le volte che mi è possibile per ritrovare la mia famiglia e i miei amici del cuore – e porto con me anche un fortissimo senso di appartenenza: sono e resto con orgoglio una veneziana! Ho invece lasciato, ben volentieri, una certa provincialità e l’incapacità di creare nuovi stimoli, ma lungi da me l’esercizio del lamento; la mia è semplicemente un’amara constatazione. Il settore tessile, moda e abbigliamento è strategico per il nostro Paese, un’enorme filiera che rappresenta un autentico volano per l’economia italiana, oltre ad essere un veicolo efficacissimo per la promozione del nostro Paese e della sua bellezza. Per molti invece la parola moda ancora evoca solo un mondo frivolo, vuoto, dimenticandosi superficialmente che a suo modo è anche una forma d’arte e che di sicuro è sinonimo di innovazione, spe116
rimentazione, frutto del lavoro di svariati mestieri manifatturieri, tra sarte, operai, artigiani… Insomma, persistono ancora molti pregiudizi attorno a questo mondo. Perché secondo lei? Che cosa non ama del mondo della moda? Cosa invece apprezza di più? Il mondo della moda è sicuramente basato su immagine e apparenza e come tale è pieno di stereotipi e di cliché che, benché fasulli, ne alimentano il mito. In realtà è un settore che rappresenta una delle voci più importanti nel bilancio dei pagamenti italiani nutrendo una filiera immensa. Siamo quindi ben molto lontani dalla frivolezza… Della moda apprezzo l’estro, la fantasia, l’originalità e il modo di osare nella creatività; di contro non amo il fatto che è un ambiente che dimentica molto velocemente le persone quando perdono il loro potere. Abbiamo visto molte sfilate solo online e sempre più sta dilagando l’e-commerce: crede che sarà questo il futuro della moda, affidandosi sempre di più alle tecnologie digitali? Non ci sarà mai un “tutto online”, ma sicuramente l’e-commerce diventerà sempre più importante e cruciale, soprattutto tra i giovani, per il quali la tecnologia è una realtà assolutamente naturale e comoda. Le sfilate online sono state un esperimento reso necessario dal periodo di chiusura durante la pandemia, una dura prova che ha sollecitato ancor di più la fantasia e la creatività di stilisti e art director. Ma solo alcuni continueranno in questa direzione. Prova ne è che le fashion week di settembre hanno visto tornare in passerella l’80% degli stilisti, il che dice tutto a riguardo. La moda è glamour, la moda è magia. Il vestito bisogna vederlo, toccarlo e apprezzarlo in tutti i suoi movimenti. E questo non cambierà mai. Dopo il Movimento #MeToo anche le modelle sono sempre più impegnate nel sociale, nelle battaglie per la parità dei diritti o in quelle contro i cambiamenti climatici. Insomma, pare si sia voltata almeno qualche pagina sulle top della “Milano da bere” regine degli eccessi e del lusso, proponendo ora, vuoi di fatto vuoi per “moda”, delle figure di donne più solidali e leggermente più prossime alla normalità, infrangendo talvolta anche veri e propri tabù come la disabilità, l’età (basti pensare alla mitica Iris Apfel che ha 97 anni!), il sovrappeso. Alla luce di questa recente inversione di tendenza è quindi ancora attuale l’idea di promuovere sempre donne bellissime e giovanissime? Perché le donne continuano ad aspirare a tali modelli? Penso che dal momento in cui i canoni di bellezza nelle sfilate sono cambiati – in passerella si vedono non solo modelle piu âgé, ma anche molte ragazze curvy – la donna oggi abbia invece voglia di identificarsi molto di più nella realtà quotidiana. La dimostrazione sta nell’esempio di Victoria Secret, il brand sexy e perfetto per eccellenza, che ha deciso di dire addio ai suoi “Angeli” per investire in campagne pubblicitarie dove le protagoniste non sono necessariamente modelle, ma donne in grado di promuovere un messaggio di maggiore inclusività. Alla luce della sua lunga esperienza, cosa consiglia ai giovani che stanno per intraprendere una carriera nel mondo della comunicazione e PR?
Consiglio di studiare, di imparare bene le lingue magari facendo esperienza all’estero, che è un ottimo modo per aprire la mente, di leggere molto e di imparare a scrivere bene, di avere tanta costanza e buona volontà: solo lavorando sodo le soddisfazioni non mancheranno. Lei è sempre in viaggio per il mondo, Londra, Parigi, spesso in Cina. Quali rinunce ha dovuto affrontare nella vita personale, famigliare? Sono consapevole di avere il privilegio di fare un bellissimo lavoro che certo mi ha assorbito moltissimo, ma che mi ha anche dato tanto in termini di conoscenza, amicizie, esperienze… Non ho fatto rinunce, ho avuto delle belle opportunità e le ho colte. Tornando ai pregiudizi, ho trovato sterili le polemiche sulle sfilate di grandi stilisti che si sono tenute a Venezia quest’estate. Oltre all’indotto hanno portato anche un enorme valore intangibile, grazie alla diffusione in tutto il mondo delle bellissime immagini che uno straordinario set naturale come Venezia offre. Crede che il legame tra Venezia e la moda andrebbe implementato? Questa città non sarebbe la sede ideale per un Museo della Moda e per laboratori di idee e di artigiani? Polemiche più che sterili, completamente inutili e a mio avviso forse anche dettate dall’invidia. È stato assolutamente magnifico vedere Venezia così sfavillante dopo un periodo tanto buio come quello che abbiamo appena vissuto. Mi auguro che il legame tra Venezia e la moda diventi sempre più stretto. Chissà…magari un giorno una Venice Haute Couture?!
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Mensile di cultura, spettacolo e tempo libero Numero 256-257 - Anno XXV Venezia, 1 Ottobre 2021 Con il Patrocinio del Comune di Venezia Autorizzazione del Tribunale di Venezia n. 1245 del 4/12/1996 Direzione editoriale Massimo Bran Direzione organizzativa Paola Marchetti Relazioni esterne e coordinamento editoriale Mariachiara Marzari Redazione Chiara Sciascia, Davide Carbone Speciali Fabio Marzari Coordinamento Newsletter e progetti digitali Marisa Santin Grafica Luca Zanatta Distribuzione Michele Negrisolo
Hanno collaborato a questo numero Katia Amoroso, Loris Casadei, Luigi Crea, Federico Jonathan Cusin, Fabio Di Spirito, Elisabetta Gardin, Silvia Gobbo, Paolo Lucchetta, Renato Jona, Franca Lugato, Massimo Macaluso, Livia Sartori di Borgoricco, Cesare Stradaioli, Riccardo Triolo, Luisa Turchi Si ringraziano Tiziana Lippiello, Flavio Gregori, Inti Ligabue, Lucia Berti, Serena Maffioletti, Guido Zucconi, Eleonora Fuser, Giorgio De Marchi, Roberto Ferrucci, Tiziano Scarpa, Rita Camelli, Giuseppe Mormile, Mara Bisinella Traduzioni Andrea Falco, Patrizia Bran Foto di copertina I Was Sitting on My Patio This Guy Appeared I Thought I Was Hallucinating, by Robert Wilson, Lucinda Childs Act. 1 Christopher Nell (Paris, 2021) - Photo Lucie Jansh lo trovi qui: Bookshop Gallerie dell’Accademia; Qshop (c/o Querini Stampalia, Santa Maria Formosa); Alef (c/o Museo Ebraico, zona Ghetto); Mare di Carta (Fondamenta dei Tolentini); Studium (zona S. Marco); Toletta, Toletta Cube e Toletta Studio (zona Campo San Barnaba) e in tutte le edicole della città. Direttore responsabile Massimo Bran Guida spirituale “Il più grande”, Muhammad Alì Recapito redazionale Cannaregio 563/E - 30121Venezia tel. +39 041.2377739 redazione@venezianews.it www.venezianews.it venezianews.magazine
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Venice 16 ottobre 2021 13 marzo 2022