SARDONIA Giugno 2023

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SARDONIA

Trentesimo anno/Trentième année Giugno2023 / Juin 2023

Simona Campus

Pietrina Atzori

Notte stellata a Feltrosa

Rosetta Murru

Ausonio Tanda

La grande guerra degli orsetti gommosi

El Rocio un pellegrinaggio polemico

Alessandro Manzoni on line

Aronne Pleuteri

Museo del Vino Berchidda

Rassegna d’Arte Sardonia

Insulae Lab Giugno

Pietrina Atzori Essere acqua

Tariffe Concessioni Musei

Green Sail Action 3 GiUGNO 2023

Penelope Ur

Sa Die de Orosei

Gioconda Beatrice Joyce Lussu

Life After Oil

Nosus e Is Atrus

Daniela Zedda se n’é andata

L’Arte salverà il mondo

https://www.vimeo.com/groups/sardonia

https://www.facebook.com/sardoniaitalia

Foto carladeplano

Cagliari Je T’aime

Programma di creazione di Esposizioni e Manifestazioni Artistiche

nella città di Cagliari a cura di

Marie-Amélie Anquetil

Conservateur du Musée du Prieuré Directrice de la revue

“Ici, Là bas et Ailleurs”

Espace d’exposition

Centre d’Art

Ici, là bas et ailleurs

98 avenue de la République 93300 Aubervilliers

marieamelieanquetil@ gmail.com

https://vimeo.com/channels/ icilabasetailleurs

Vittorio E. Pisu

Fondateur et Président des associations

SARDONIA France

SARDONIA Italia

créée en 1993

domiciliée c/o

UNISVERS

Elena Cillocu via Ozieri 55 09127 Cagliari

vittorio.e.pisu@email.it

http://www.facebook.com/ sardonia italia

https://vimeo.com/groups/ sardonia

https://vimeo.com/channels/ cagliarijetaime

SARDONIA

Pubblicazione

dell’associazione omonima

Direttore della Pubblicazione

Vittorio E. Pisu

Redattrice Luisanna Napoli

Ange Gardien

Prof.ssa Dolores Mancosu

Maquette, Conception Graphique et Mise en Page

L’Expérience du Futur une production

UNISVERS

Commission Paritaire

ISSN en cours

Diffusion digitale

Con il patrocinio del Comune di Berchidda e del Museo del Vino ecco gli artisti che esporranno durante la manifestazione Insulae Lab di Mattea Lissia e Paolo Fresu

Alberto Miscali acquerellista

dal 13 maggio al 9 giugno

Angela Ciboddo fotografa

dal 10 giugno al 30 giugno

Sara e Stefania Pedoni

dal 1mo luglio al 21 luglio

Dolores Mancosu fotografa

dal 22 luglio al 1 settembre

Laura Zidda dal 2 al 15 settembre

Antonella Marini fotografa

dal 16 al 29 settembre

Michelle Pisapia pittrice

dal 30 settembre al 13 ottobre 2023

Una presentazione di poesie e versi di Sardegna

a cura di Alessandra Sorcinelli

Questa volta siamo proprio “pile à l’heure” anzi in anticipo di qualche giorno per terminare questa mensile produzione di testi raccolti qui e là “au petit bonheur la chance”.

Confesso che mi diverto molto a scoprire tante cose nuove oppure a ripassarne altre che conoscevo (male) e che posso approffondire sperando di farvi cosa gradita.

Alcuni di voi mi hanno rimproverato le sessanta pagina ed adesso per ragioni di pubblicazione on line limitata non posso superare le 49 quindi spero accontentare tutti coloro che hanno non solo la gentilezza di leggermi e nello stesso tempo non troppo tempo a disposizione occupati che sono ad altre faccende sicuramente più importanti.

Ultimamente ho avuto l’occasione di intervistare una vera regina dell’Arte, cioé la signora Rosetta Murru che tra l’altro è stata anche l’insegnante di Igino Panzino, di cui Tonino Casula mi disse essere l’artista sardo vivente più importante.

Visitando la mostra che l’Arborense Diocesano di Oristano gli dedica mi é sembrato di vedere Giotto, insomma un gigante. Per il resto questo numero é come al solito direte voi non si può più eclettico e disperso tra Alessandro Manzoni on line e le manifestazioni che si svolgono a Costa Rei arrivate alla ventiduesima edizione organizzata dalla Casa d’Arte San Lorenzo, nel mentre Life After Oil et Nosus et is Atrus gareggiano a proporre al pubblico sardo e non, concerti, film, incontri e chi più ne ha più ne metta.

Senza dimenticare Sa Die de Orosei che commemora un eroe locale che in tempi poi così non tanto lontani riuscì a far fallire una scorribanda piratesca, e naturalmente per rimanere in tema marino, la Green Sail che si svolgerà nel Golfo degli Angeli per il nostro più grande piacere.

Nel fratempo inondazioni ed alluvioni ci gratificano dei loro terribili effetti devastanti, ricordandoci che come al solito ci dimentichiamo molto in fretta degli effeti climatici e delle necessarie manutenzioni di argini, canali ed altre soluzioni che per ammissione degli stessi politici non hanno mai portato un voto in più al momento delle elezioni.

Insomma da tutte le parti riceviamo segnali che ci indicano inequivocabilmente che dobbiamo cambiare modo di vita in profondità e continuiamo a ignorarli come se niente fosse, per poi piangere sul latte versato che costa non solo materialmente ma anche in vite umane e questo é INSOPPORTABILE.

L’estate é alle porte e sopratutto qui in Sardegna, ritroveremo delle bellissime giornate da trascorrere spesso e volentieri al mare, che tutto il mondo ci invidia, anche se spesso le nostre spiagge, che risalgono almeno al Miocene, sono sprovviste dei servizi essenziali tipo un cestino per i rifiuti, un rubinetto per l’acquqa potabile o un gabinetto, anzi due, per i nostri bisogni intimi, ma non mancano mai di un balzello esagerato per poter parcheggiare il proprio veicolo.

Sperando che le cose cambino in meglio e non solo sulle spiagge ma anche in altri luoghi particolarmente sofferti in questo momento vi auguro buona lettura. Vittorio E.Pisu

Solida esperienza e peculiare capacità di ascolto, sono le doti che Simona Campus regala al suo pubblico a ogni progetto dedicato all’arte e al suo prezioso mondo. Cagliaritana e di vedute internazionali, la curatrice e docente avanza una iniziativa dopo l’altra a favore della conoscenza, affinché l’artistico sia sempre più essenziale, fruibile, apprezzabile. Quando il mondo dell’arte è diventato il suo luogo preferito?

“Difficile dire esattamente quando, com’è difficile dire esattamente quando ci si innamora. Ci sono stati differenti momenti fondamentali della vita che mi hanno portato a maturare la consapevolezza che l’arte sarebbe stato il mio luogo. Un succedere di relazioni personali, scambi culturali, folgorazioni.” Con estremo coinvolgimento la dottoressa Campus, oggi curatrice del MUACC Museo universitario delle arti e delle culture contemporanee dell’Università di Cagliari, racconta la passione per la sua professione, desiderata e nutrita progetto dopo progetto.

Il rapporto con l’arte ha mai vacillato?

“Vacillato, no, mai.

C’è però, senz’altro, un continuo riflettere sul modo in cui questo rapporto cambia nel tempo” -conti-

SIMONA CAMPUS

nua- “è una connessione in divenire, che si evolve, uno scoprire e uno scoprirsi progressivamente.

Ogni volta, comunque, rinnovo le promesse con certezza, senza esitazioni.”

Una carriera basata sullo studio, la ricerca e una formazione più che rigorosa.

Laureata e specializzata in Storia dell’arte, studi perfezionati presso la Scuola Normale di Pisa e un Master in Management per curatore museale alla Sapienza di Roma, Simona Campus ha scelto di focalizzare i suoi interessi e il suo lavoro sulla contemporaneità, indagando attraverso le mostre, oltre che nelle sue pubblicazioni, temi, istanze e criticità del nostro presente. Come seleziona un nuovo lavoro, una mostra o un artista da proporre?

“La scelta di un nuovo progetto è sempre il risultato di numerosi fattori.

Sono imprescindibili le reti di relazioni consolidate nel corso degli anni, la capacità di negoziazione e soprattutto la fiducia che a una curatrice o un curatore viene accordata dalle artiste e dagli artisti. Le mie inclinazioni e i miei interessi mi portano spesso a lavorare su ricerche caratterizzate da interazioni e contaminazioni, di codici, linguaggi, idee e materiali.

(segue pagina 4)

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Foto consorziocamu.it

(segue dalla pagina 3) Al di là dell’intrinseca importanza che ogni progetto riveste, un criterio fondamentale di scelta resta però per me la coerenza: la coerenza del mio percorso curatoriale e la coerenza verso la missione delle istituzioni e dei differenti contesti nei quali mi sono trovata e mi trovo a operare.” – spiega. “Potenzialmente tantissime cose possono essere interessanti ma occorre sempre contestualizzare una programmazione rispetto a una strategia, a una volontà di crescita in relazione agli obiettivi da perseguire e alle comunità di riferimento, mirando al loro sempre maggiore coinvolgimento nella prospettiva di un più ampio processo di ricerca e conoscenza.”

conclude con puntualità la professionista della cultura.

Raccontare l’arte, interpretarne il significato e farne riflessione condivisa col pubblico è impegno che richiede precisione, dedizione, empatia.

Con queste peculiari prerogative, e con la sensibilità essenziale a percepire suggestioni e innovazione, Simona Campus porta avanti un lavoro di alto livello. La sua personale missione?

“La mia missione è quella di avere sempre un atteggiamento profondamente etico verso questo

lavoro, un grande senso di responsabilità. Etica e responsabilità sono due aspetti cui non potrei abdicare.

L’arte è indispensabile per comprendere e decodificare la realtà, altrettanto fondamentale risulta essere pertanto l’azione di chi sceglie di farsene mediatore, con nel mio caso.

Ogni esposizione reca con sé una visione del mondo, una presa di coscienza e un’interpretazione”racconta con una serietà dalla quale si resta stregati - “come sottolineato nella nuova definizione di museo ratificata dall’ICOM, l’Organizzazione Internazionale dei Musei, nello scorso mese di agosto”. Donna e arte, quale valore aggiunto è innegabile?

“Per secoli le donne sono state escluse dalla narrazione dell’arte e dal sistema delle mostre.

Questo spazio negato ha determinato non solo una discriminazione storica ma una mancanza oggettiva sotto il profilo culturale, come puntualmente afferma Daniela Brogi in un recente e prezioso libro. Soltanto da pochi decenni i musei e le istituzioni stanno cercando di colmare questo gap, riordinando e riallestendo le proprie collezioni, proponendo narrazioni che superino definitivamente gli stereotipi sociali e le imposizioni di retaggi patriarcali troppo a lungo dominanti” - testimonia con ramma-

Foto cagliaripad.it

rico.

Quanto la Sardegna mostra potenzialità e quanto ancora manca?

“In Sardegna esiste un tessuto di istituzioni, pubbliche e private, che fanno un grande lavoro di promozione e valorizzazione artistica.

Manca però, ancora, un sistema dell’arte strutturato e certamente maggiore dovrebbe essere la presenza di realtà, a partire dalle gallerie, capaci di orientare il mercato e il collezionismo verso la contemporaneità, così da supportare, anche economicamente, gli artisti nel loro percorso di ricerca.

Manca, in tal senso, un sostegno concreto continuativo, resosi oltremodo necessario con il periodo storico appena vissuto” – afferma con lucida puntualità Simona Campus.

Se la pandemia ha colpito il settore in maniera molto forte, ha d’altro canto fatto emergere la possibilità di riplasmare e ripensare da nuovi punti di vista le progettualità legate all’arte.

Da circa un anno e mezzo, dopo sei anni alla Direzione artistica dell’EXMA di Cagliari, Simona Campus è curatrice del MUACC, il museo fortemente voluto dall’Ateneo cagliaritano dedicato alle arti e alle culture contemporanee, in prospettiva interdisciplinare.

La determinazione nell’affrontare questa nuova sfida è palpabile nella sua voce come nella concentrazione dei suoi pensieri.

Quali consigli darebbe alle nuove leve che si avvicinano al suo mondo professionale?

“Fiducia e perseveranza, applicazione e senso del dovere.

Alle mie studentesse e ai miei studenti consiglio di viaggiare, di vedere, vedere e ancora vedere, ma soprattutto di saper guardare e ascoltare. Guardare con occhi nuovi, in una dimensione di ascolto e accoglienza, quello che ci circonda: il bello e il tragico del nostro vivere, senza timore, aprendosi al mondo, al cambiamento, all’altro” - con questi suggerimenti carichi di prospettive, Simona Campus incoraggia il futuro.

Federica Abozzi

Appassionata di scrittura da quando ho ricordo, grazie a una svolta inaspettata, riprendo e rinnovo il mio desiderio di mettere su fogli bianchi: parole e fantasia.

Amo raccontare vite e vicissitudini con empatia e creatività. Scrivo rigorosamente con carta e penna tra scarabocchi e grafia incomprensibile, così che ogni pezzo respiri di autenticità.

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Estata realizzata una installazione partecipata utilizzando e mettendo al centro le lane locali.

L’installazione é stata creata dell’unione di tanti piccoli cerchietti di filo di ferro cotto rivestiti da filo di lana locale.

Tante piccole cellule-atomi che riuniti insieme richiameranno il concetto del corpo, della comunità, del territorio.

In modo simbolico e semplificato il manufatto parlerà di connessioni umane, territoriali, identitarie e di lane locali.

Ogni partecipante “unisce” i cerchietti che realizzerà all’installazione che prende forma dal lavoro di tutti.

Alla fine della manifestazione i partecipanti hanno portato via il proprio lavoro

Il filato di lana locale é stato il materiale principe perciò é stato gradito che tra i partecipanti ci sono stati coloro che hanno portato la loro lana per metterla a disposizione

Numero di partecipanti:

max 20 per giorno

Materiali forniti dall’artista:

– filo di ferro

– lana locale: Nera di Arbus – Cornigliese

– filo di nylon

Materiali a cura dei partecipanti:

– filato di lane locali colori naturali

– piccole quantità di filati anche contemporanei nei toni del bianco, nero, grigio, marrone, tortora o

PIETRINA ATZORI

similari

– frammenti di tessuti, trine o fettucce che rappresentano qualcosa di particolare e significativo pure questi nei toni del bianco, nero, grigio, marrone, tortora o similari

Attrezzature:

– aghi

– forbici

– pinze per bigiotteria

– uncinetto per lana n. 2 e n. 4.

La manifestazione intitolata “Cellule” di lane locali é una installazione partecipativa a cura di Pietrina Atzori.

Pietrina Atzoni artista tessile sarda é inoltre all’origine di numerose manifestazioni atte a coinvolgere un pubblico nazionale come il percorso del fil di lana della pecora nera di Arbus, che la vide percorrere l’Italia dal sud al Nord e ritorno ad Arbus in Sardegna, consegnando a diversi sindaci e diverse associazioni tessili italiane il filo di lana appunto della pecora nera di Arbus di cui si é fatta promotrice arrivando fino a far riconoscere la specificità e l’interesse non solo locale dell’allevamento di questa specie particolare di pecora di cui si stava perdendo appunto non solo l’allevamento ma anche e sopratutto la produzione della lana a partire dal suo vello così partiolare. Vittorio E.Pisu

Foto feltrosa

Notte Stellata è l’iniziativa avviata durante una riunione online nel maggio 2021, nei giorni in cui si sarebbe dovuta tenere Feltrosa.

Aderirono subito tutti i presenti e nel giro di alcune settimane il passaparola diffuse ulteriormente il progetto: la proposta iniziale di Fabio Giusti di realizzare una interpretazione in forma tessile di un dipinto molto noto, suddividendolo in frammenti, fu così replicata tre volte.

Il dipinto scelto è la celeberrima Notte Stellata di Vincent Van Gogh delle collezioni del MoMa:

189 frammenti sono stati realizzati in tecniche che vanno dall’arazzo classico, al feltro, dal patchwork alle tecniche miste.

Alcuni frammenti mancano all’appello, bloccati dallo scoppio della guerra in Ucraina.

I pannelli provengono da ogni regione italiana, ma anche da Stati Uniti, Australia, Danimarca, Svizzera, Spagna e Croazia

Le tre immagini che seguono portano alla galleria dei singoli frammenti realizzati, illustrati nel dettaglio. Inoltre, per confrontare le tre diverse interpretazioni dello stesso frammento, esiste una pagina dedicata. vedi https://feltrosa.com/le-interpretazioni/

https://feltrosa.com/notte-stellata-4/

7 Incontro annuale che Eva Basile organizza per conto di Coordinamento Tessitori in collaborazione con feltrai, enti ed aziende del settore. Dal 2006. Iscriviti alla newsletter di FELTROSA Tel.:+39055 224941 Cell+39338 6769055 Inviaci una mail https://feltrosa.com/ modulo-di-contatto/ NOTTE STELLA TA A FELTROSA

REGINA DELL’ARTE R

osetta Murru rappresenta ed interpreta un’arte che esalta in sentimenti la matrice culturale identitaria sarda, avendo, negli anni, sviluppato un lungo percorso innovativo e creativo in forme, spazi e colori con l’impiego dei più diversi materiali e richiami al fare e alla vita. I frequenti e recenti eventi espositivi, con personali e collettive, hanno significato a legittimare e dare ulteriore visibilità, concretezza e riconoscimento alla decana e rappresentativa regina dell’arte in Sardegna.

Attraverso le sue opere pittoriche, scultorie e con l’attività di designer (progettazioni e collaborazioni con l’Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano e corsi di formazione per il Centro Italiano Femminile in diversi centri isolani) ha dato stimoli e trovato mediazioni innovative per il tessuto artigianale sardo; dunque un traino creativo e incoraggiante per qualificare e impreziosire ulteriormente i manufatti dell’artigianato tessile e delle ceramiche, portando i segni della radice e della contemporaneità. Narrazione artistica personalissima e speculare nel segno della ricerca, sperimentazione e valorizzazione ideale e pratica della sorgente vitale e culturale dell’identità sarda.

Attiva presenza nei percorsi d’arte al femminile;

ROSETTA MURRU

nelle Mostre Campionarie Nazionali della FIDAPA ha perseguito con attenzione il percorso di fusione tra antico e moderno di colori ed arte, rafforzando collaborazione e intesa tra artista/artigiano con creazioni al femminile e nel segno della valorizzazione degli elementi culturali e naturali dell’identità dell’Isola Tutto il lavoro della fucina creativa di Rosetta, che segue continuamente molteplici canali e progetti espressivi, è sempre – impiegando un pensiero di Le Corbusier – “una sola e identica manifestazione creatrice, rivolta a diverse forme di fenomeni”.

Ha elaborato progetti di raffinata complessità concettuale, coltivando gli elementi e le sinergie creative radicate nella storia sarda e nell’artistica personale per il carattere figurativo con i maestri Stanis Dessì, Filippo Figari e Gavino Tilocca e con l’imprinting avanguardista, acquisito come apprendimento giovanile dalle formative lezioni di Mauro Manca, la predisposizione ad intendere l’internazionalità e potenzialità dell’arte.

Nei progetti ISOLA e corsi CIF ha riversato il maturato rapporto dinamico tra designer e artigiano impegnato nella manualità e scoperta di nuovi orizzonti di sapienza, di conoscenza, di tecniche e di materie; Rosetta, da artista curiosa e creativa, ha basato i progetti sul rispetto delle rispettive competenze, trovan-

Foto totusinpari

do comunanze e “contaminazioni” per descrivere e rappresentare la contestualità di territori ed aree da far veicolare nella valorizzazione in modo nuovo e inusuale.

Per la rinnovata produzione artigianale ha contribuito ad alimentare significativamente, nei diversi territori in cui ha operato, quel senso virtuoso del manufatto tipico come capitale culturale e dei saperi.

Il rapporto collaborativo in Sardegna tra artista e artigiano, ha radici certamente nel fondamentale lavoro svolto da Eugenio Tavolara, negli anni Cinquanta, con l’ISOLA.

Tra i diversi periodi creativi, sempre e costantemente in piena evoluzione sperimentale e di ricerca, si segnala la serie di quadri titolati “Scenari” che sono una sfida tra astratto e reale all’interno di uno spazio scenografico di forme, colori e linee di vitale energia; facile intuire una natura primordiale che dà senso alle origini e le racchiude in un suggestivo abbaglio, ammaliante e fascinoso da rivivere!

In altre opere si caratterizza per la valenza simbolica, che attinge dagli elementi vitali della natura: terra, fuoco, sole, luna, acqua, aria e vento in cui è presenza, talvolta da protagonista, la figura umana rivisitata. Fin da giovanissima, maturando stimolanti esperienze formative, ha esposto con Aligi Sassu, Giovanni

Ciusa, Antonio Atza, Salvatore Fara ed i maggiori e qualificati Maestri della scuola del Novecento; tra i suoi tanti alunni, nell’attuale olimpo artistico sardo, figurano validissimi pittori, scultori, stilisti e designers di Sassari e Nuoro.

Hanno scritto di lei numerosi critici d’arte e letterati, ne citiamo solo alcuni con diversificate visioni interpretative e di giudizio.

Eugenia Cervello, intellettuale e creatrice di recenti e prestigiosi eventi culturali, commentando l’opera “Bagliori nell’acqua” (tecnica mista), scrive:

Ci si chiede cos’è il tempo davanti alla composizione “Bagliori nell’acqua” dell’artista Rosetta Murru: è un tempo circolare e fluttuante nello spazio cromatico, estendibile allo stato di coscienza. Movimento e luminosità sembrano determinare il ritmo della vita, il pulsare di quel centro interiore, definito anima o ‘compagno intimo’, che consente in un attimo impercettibile e istantaneo, come il battito di un volo di farfalla, di ritornare allo stadio essenziale non contaminato della civiltà contemporanea. Fare, dunque, esperienza introspettiva nelle profondità dell’essere significa raggiungere uno stato di coscienza che trova il suo senso nella natura primordiale degli archetipi, (segue pagina 10)

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vedi https://vimeo.com/ 830520743 https://vimeo.com/ 830895246
Foto totusinpari

(segue dalla pagina 9 ) custoditi come reliquie in quelle linee cromatiche sinuose e morbide che nell’opera dell’artista Rosetta Murru rimanda all’immagine dell’acqua. L’acqua, come simbolo di regressum ad uterum, come simbolo dell’eterno femminino, o l’acqua come simbolo del rapporto sponsale tra l’umanità e il trascendente.

È il tempo… dei bagliori… dell’epifania… quello delle emozioni… quello della memoria che conserva e preserva dal tempo lineare la storia dell’umanità”.

Enzo Espa, scrittore etnologo, docente e critico d’arte, collega l’arte di Rosetta Murru alla genesi formativa e perciò “educata all’arte nel clima spirituale e culturale che Mauro Manca aveva promosso all’interno della scuola d’arte di Sassari.

Di conseguenza ha avvertito, fin da ragazza, l’interesse a recepire tutte le forme del nuovo, oltre le tecniche idonee a esprimere queste esigenze compositive; confortate, in questo suo lavoro, dal contatto e dalla collaborazione dei compagni di corso, e sollecitata da maestri che le suggerivano il costante controllo del suo discorso.

Così è andata maturando una chiara tendenza verso le forme dell’arte optical, dentro le quali ha composto lavori in cui è evidente l’esigenza della ricerca e la cura dell’ele-

mento formale.

Il discorso culturale maturato dalla Murru, non si tratta esclusivamente su una astratta elaborazione di forme, né sulla ricerca fredda del movimento degli oggetti, o sulla dimensionalità.

Si tratta sempre di elaborazione di elementi della natura, che pur non giustificandosi nel figurativo, consentono a chi legge di non sentirsi nel vuoto di un fatto esclusivamente culturale o di maniera.

Le forme simboliche che oggi predilige, sono segni che ricava dal suo inconscio: e sono perciò elementi vivi, come i simboli del sole e della luna, ricorrenti in molti suoi lavori.

Ricorrente, nella sua sensibilità femminile, è il discorso delle foglie e dei fiori, che approfondisce utilizzando materiali più diversi, a cominciare dalla seta.

La materia serica, anzi, le sue delicate trasparenze, consente alla Murru libere invenzioni compositive, arditi accoppiamenti di colore, in un discorso svincolato dalle regole tonali, che l’arte ha disciplinato nel corso dei secoli, ma che l’artista popolare supera tutte le volte che vengono eseguiti certi motivi decorativi per gli oggetti di uso comune”.

Significativo il giudizio critico di Salvatore Naitza, uno dei massimi storici sardi dell’arte, che analizzando 25 anni di ricerca artistica in Sardegna (1957-

Foto totusinpari

1983) ed osservando le nuove tendenze, rileva “la progettualità attenta del design”, nelle opere di Rosetta Murru, ed “i risultati di una iconografia geometrica perfetta”, dove collauda un linguaggio e “un’avventura della sensibilità al femminile, negli spazi più rischiosi del fantastico e del lirico.

Le sue opere si muovono tra superficie e tridimensionalità con le variazioni estrose dei materiali e di particolari costruttivi”.

Il giudizio critico di Naitza fu espresso in occasione di una mostra storica a Nuoro, ospitata nella prestigiosa Galleria Chironi 88 e diretta dall’esperta e geniale Sandrina Sanna; la mostra, con opere bidimensionali e tridimensionali, ebbe un seguito espositivo a Cagliari nella Cittadella dei Musei e a Sassari nel Palazzo Sciuti della Provincia.

La stessa mostra storica fu “replicata” al MAN (Museo d’Arte della Provincia di Nuoro), ben 25 anni dopo, con immutato e straordinario successo.

Lo scrittore Giacomino Zirottu coglie in Rosetta “la libertà dell’arte” e il “diritto a sperimentare” nella totale “emancipazione dell’iniziativa artistica”, che si concretizza in una “sua straordinaria poliedricità” e “produzione in movimento, con passaggi che spaziano dal reale al surreale” per abbracciare e testimoniare “tutti gli aspetti della favola umana” e di profonda

sensibile umanità.

Ennio Puggioni, scultore, definisce l’artista sarda “una colonna dell’arte contemporanea” e la caratterizza come “avanguardista per via dei suoi contributi proposti dagli anni Sessanta ad oggi”, che nella strada della sperimentazione hanno significato importanti “soluzioni cromatiche di grande impatto visivo e di particolare coinvolgimento spirituale”; mentre per Giovanna Sitzia, docente di Lettere Classiche, la Murru è “fragile e delicata nella sua fisicità espressiva, forte e vigorosa maestra del colore e della materia che plasma con perizia sensibile e decisa competenza. Sperimentatrice per natura, curiosa nello scavare e dominare la materia più rigida che ammorbidisce levigandone le asperità” con manuale e giocosa sapienza; Dina Montesu, pittrice e poetessa, coglie dell’artista la “personalità forte animata da spirito positivo, che sprigiona vitalità e testimoniano una ricerca interiore”, con i segni ad “una tendenza all’antinaturalismo, all’astrazione e all’interiorità” da esprimere in pura espressione di vita. E ancora Ventura Musu Saba, valida figura nella ceramica sperimentale, visualizza l’artista in “un’opera pittorica realizzata in un supporto di sintesi con tecnica mista: colori ad olio, acrilici e resina.

(segue pagina 12)

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(segue dalla pagina 11)

Le linee, curve o sinuose, hanno un notevole valore espressivo e comunicano sensazioni che coinvolgono tutto l’essere di chi riesce a cogliere il loro movimento intrinseco. Infatti, esse non sono mai orizzontali e quindi statiche, ma piuttosto linee che ‘danzano’, quasi a voler restituire gli armonici sentimenti che lei, ballerina, inconsciamente propone alla sensibilità di chi guarda.

I volumi, mirabilmente sottolineati, sciolti e fluenti, a volte sembrano inghiottirti… in un alone magico e di mistero”; invece Andrea Cammarota, insegnante, si accosta all’opera della Murru “con la gioia di scoprire un’artista nuova dell’arte ‘optical‘ che riesce a dare vita e movimento alla materia più amorfa” e per questa capacità di creare intensità “con una tecnica scenografica che sfrutta gli effetti, il calore e i colori della luce riflessa”.

Anche il religioso Giovanni Giacu visitando una mostra dell’artista, nel periodo in cui presentava una ricerca creativa dominata dal cerchio, triangolo e dal rettangolo, colse criticamente che le nuove opere custodivano un senso di movimento “maggiormente evidenziato dal fatto che la luce con i suoi effetti viene imprigionata da queste forme e respinta in modo graduale, quasi trasformata in nuova

identità” e rileva una plastica “esplosione del cerchio in senso crescente, modulato da rettangoli che bloccano questa fuga orizzontale per proiettarla circolarmente nello spazio infinito.

Il tutto è proiettato dall’effetto della luce che si interpone tra i vari vuoti creati da queste luci”.

Tutti i giudizi testimoniano una poliedricità creativa in movimento, che continuamente si rinnova nel geniale “osare” della sperimentazione e curiosità inesauribile per le emozioni di bellezza e di vita.

Il riferimento critico del Giacu era guidato da una “lettura” specifica dell’opera “Visualizzazione plastica”.

Significativo sguardo, su altro materiale plasmato e concetto interpretativo, è quello di Giuliana Altea, storica dell’arte, che parla del “gesso, elemento friabile, docile alla mano e allo strumento, semplice e denso di connotazioni storiche, è il materiale privilegiato degli ultimi lavori di Rosetta Murru sui fondi bianchi e compatti si delinea un reticolo di graffiti sottili, nervosi, spesso interrotti da tacche più profonde e segnati da tinte lievi, come affioranti dai recessi della memoria.

Altrove la duttilità della materia è sfruttata in calchi dalle superfici mosse e sinuose, vagamente biomorfe, ricoperte di tinte uniformi.

Foto www.alfemminile.com

Materiale duttile è anche la carta, che l’artista impiegava già negli anni scorsi nei “ventagli” vibranti di toni, in un gioco paziente di minute pieghettature”. E sullo specifico delle opere realizzate nel corso del 1983, Altea rileva che “il colore si è ridotto all’alternanza dei bianchi e dei neri ma i fogli si sfrangiano, lasciano cadere filamenti e peduncoli talvolta confusi e avviluppati in matasse, riscattando coi loro itinerari casuali la nudità della pagina; i risultati visivi sono tali da suggerire una tangenza con alcune ricerche di Maria Lai, artista della quale la Murru condivide del resto la volontà di evidenziare l’opera laboriosa della mano”.

Il percorso artistico e creativo di Rosetta Murru, si è espresso in un lungo arco di tempo e continua tuttora, con estrema freschezza, attraverso la caratterizzante poliedricità nell’impiego di materiali e nella capacità evocativa di creare emozioni e opere di innovative sperimentazioni nelle diversificate correnti espressive.

La vigoria di maestra del colore e della materia è confermata dalla grande attenzione che a lei hanno riservato critici, giornalisti e intellettuali.

Oltre i già citati con note critiche, segnaliamo ancora alcuni nomi di un elenco infinito: Giommaria Cherchi, Vico Mossa, Salvatore Tola, Nicola Tanda, Paolo

Pillonca, Paolo Ledda, Wally Paris, Riccardo Campanelli, Dolores Turchi, Mario Massaiu, Antonio Corriga, Alberto Rodriguez, Barbara Tosi, Maria Teresa Micheli, Vincenzo Floris, Enrica Delitala, Sandra Piras, Giovanna Cerina, Natalino Piras, Giorgio Pellegrini, Maria Rosa Di Paola, Ugo Collu, Carmina Conte, Marco Magnani, Primo Pantoli, Umberto Grossi, Clara Farina, Stefano del Re, Anna Maria Janin e Wanda Nazzari. Chilometrico anche l’elenco delle mostre personali e collettive a livello regionale, nazionale ed internazionale, che la Murru ha tenuto con regolare frequenza a partire dai primi anni Sessanta. Frequenti le collaborazioni con innumerevoli Spazi d’Arte e Centri Culturali come, ad esempio, quello Man Ray di Wanda Nazzari, in cui ha realizzato, tra l’altro, un innovativo progetto artistico multimediale; presenza trainante e di prestigio anche anche per tutte le rassegne d’arte e letteratura promosse dall’Associazione Lumen di Eugenia Cervello. Importanti e di grande idealità creativa le mostre del Premio Isole, manifestazioni che hanno favorito un interscambio culturale e accomunato la Sardegna ad Irlanda e Baleari; a livello europeo ha partecipato – con patrocinio UE, R.A.S, Federazione Popolare per l’Arte (segua pagina 14)

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(segue dalla pagina 13) e l’Artigianato e i Comuni di Cagliari e Olbia e Associazione Villanova di Cagliari – al progetto con mostre speculari in Austria, Estonia, Finlandia, Norvegia, Slovacchia, Spagna e Ungheria e nella prestigiosa location della Reggia di Caserta.

L’arte di Rosetta Murru ha avuto sempre una puntuale attenzione dagli organi di stampa e frequentemente recensita nei quotidiani sardi (Unione Sarda e Nuova Sardegna); in settimanali diocesani (L’Ortobene); in giornali nazionali (Corriere della Sera); in riviste d’arte e arredamento; in pubblicazioni di Padova, Venezia, Udine, Milano, Como, Catanzaro ed in importanti volumi della Newton Compton (per diverse opere della Turchi ha commentato e interpretato con tratto originale tante figure del mito e delle leggende e racconti popolari sardi), di Carlo Delfino Editore e della Elisso di Nuoro. L’artista, figura inoltre in numerose pubblicazioni sui percorsi nazionali e delle province sarde, “è nella storia e oltre la storia, perché, con la sua arte, si fa sacerdotessa di un messaggio che unisce la coscienza umana a quella cosmica.

Dal figurativo (con il maestro Filippo Figari e Gavino Tilocca), nel passare all’Arte d’Avanguardia ( con i maestri Mauro Manca e Aldo Contini),

http://www.tottusin-

all’Optical Art, diventata, oggi, il suo universo cromatico in un continuo divenire metamorfico concettuale e spirituale”.

Artista a tutto tondo, di grande presenza ed umanità, con significative esperienze da restauratrice di affreschi e del ricco patrimonio locale d’arte sacra; significativa figura e interprete in attività teatrali, cinematografiche, canore, musicali e di danza; operatrice didattica e da sempre attiva nell’associazionismo sociale e di volontariato solidale, fin da giovanissima legata all’AVIS, alla Croce Rossa e ad altre attività di volontariato.

L’arte di Rosetta si realizza e compie nel narrare visivamente ed esteticamente la Sardegna e l’Internazionalità in modo personale, incisivo e con continui segni di evoluzione creativa, risultando sempre innovativa in percorsi di originale variegata interpretazione estetica e ideale.

Un’arte e un’artista legittimata da una miriade di prestigiosi attestati e da unici e preziosi riconoscimenti: Premio “David di Donatello 1980” e Premio Speciale “Artista nella Storia. Omaggio al 150° Anniversario dell’Unità d’Italia”.

*Breve nota biografica

La poliedrica carriera artistica di Rosetta Murru è

Foto cronachenuoresi
pari.it/2023/01/25/ rosetta-murru-la-regina-dellarte-in-sardegna-e-una-poliedrica-carriera/

ricca di affermazioni e successi che ha cresciuto costantemente con lo studio (a Sassari, Cagliari, Roma, Firenze) e sotto la guida di assoluti Maestri del Novecento (Filippo Figari, Stanis Dessì, Eugenio Tavolara, Vico Mossa, Gavino Tilocca, Aldo Contini e il geniale avanguardista Mauro Manca). Ha dedicato le sue maggiori energie all’insegnamento a Sassari, Arti Murali e Discipline Plastiche, e presso l’Istituto d’Arte di Nuoro ha insegnato Discipline Plastiche ed Educazione Visiva e diretto la sezione Arte del Tessuto, Moda e Costume. Verso l’artigianato tessile e ceramico sardo ha impresso una significativa impronta modernista e di contemporaneità con innovativi progetti e originalissimi design. Illustratrice di opere letterarie (narrativa e poesia) ed etnografiche; figura da protagonista in documentari e volumi d’arte, curati dai più rinomati critici. È diffusamente seguita e stimata tra gli artisti e conosciutissima per le frequenti mostre in Italia e all’estero (Francia, Germania, Portogallo, Slovenia, Olanda Grecia, Canada, Stati Uniti). Attualmente, con l’opera “Ritmi musicali” esposta al Museo Stadio Domiziano a Piazza Navona, rappresenta la Sardegna alla Quattordicesima Biennale Internazionale di Roma.

Ausonio Tanda (Sorso 1926 –Roma 1988) è stato uno dei maggiori artisti sardi del dopoguerra. Si formò presso l’Istituto d’Arte di Sassari e nel 1951 si trasferì a Roma. L’anno precedente vinse ex aequo con Mauro Manca e Costantino Spada il premio “Città di Sassari” a cui ne seguirono altri tre: il I Premio alla Biennale di Arti Figurative di Nuoro, quello della Mostra di Arti Figurative di Cagliari e il Premio Giovanni Ciusa Romagna.

Nel 1962 gli fu consegnata la Medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica alla VII Rassegna d’Arte di Termoli. L’anno successivo espose alla Mostra d’Arte Contemporanea di Palazzo Strozzi, vincendo ex aequo il premio della critica.

Nel 1967 ricevette l’incarico di istituire il Liceo Artistico Statale a Cagliari che diresse fino al 1971.

Gli furono commissionati numerosi lavori per collezioni pubbliche e private, sia in Sardegna che nel resto d’Italia.

Alcune sue opere si possono ammirare presso l’Amministrazione provinciale e l’Università di Sassari, il Banco di Sardegna e le Camere di Commercio di Cagliari, Sassari e Nuoro.

Morì nel 1988 a Roma.

https://www.ilisso.it/ausonio-tanda-2/

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AUSONIO
TANDA

Tutti i colori, tutti gli aromi, tutti gli amori, tutti gli ardori, tutti i timori, tutti i dolori finiranno.

Oggi. Prima che questo sole tramonti partiranno, per non tornare mai più”.

(La grande guerra degli orsetti gommosi)

CAGLIARI 2018

-Quale sarà il tuo prossimo spettacolo?

“La grande guerra degli orsetti gommosi”

Uno spettacolo da “Teatro Ragazzi”?

No, per adulti.

Si vabbè… almeno cambia titolo.

Il titolo non è stato cambiato, per fortuna.

Non c’è spettacolo più autentico, raro e prezioso come l’ultima creazione di Batisfera Teatro, scritto e diretto da Angelo Trofa.

Un gioiello.

Uno spettacolo da tavolo, questo è il genere.

Una gemma di drammaturgia, narrazione, regia e interpretazione.

Nei trenta minuti di esecuzione, ogni parola è ricamata, mai un tempo morto, mai un’esitazione.

Una scrittura ricercata, un racconto avvincente, grottesco, che incolla lo spettatore sul tavolo, dove gli attori, splendidi protagonisti, Valentina Fadda e Leonardo Tomasi, manipolano con vera maestria gli orsetti di caramelle, interpretano i dinosauri, mandano le luci, la musica.

LA GRANDE GUERRA DEGLI ORSETTI GOMMOSI

Un capolavoro per tutti i sensi, persino l’olfatto viene travolto dall’aroma di frutta delle caramelle gommose.

Uno spettacolo delicato, commovente, divertente, struggente e malinconico, in particolare nel capitolo quarto: “Addio”.

Tutto inizia nel buio totale e la voce fuori campo, calda e avvolgente di Tino Petilli è già una garanzia. Gli attori, con precisione da oreficeria, passano dalla manipolazione dell’esercito di orsetti gommosi all’esilarante e magistrale interpretazione dei dinosauri (che mai manchino!), questi, sorpresi in ufficio ad approvare ed archiviare pratiche di amministrazione generale, ricevono una dichiarazione di guerra a dir poco paradossale.

Cosa spinga un popolo di minuscole proporzioni ad affrontare una guerra contro un nemico badiale, è il vero mistero.

E rimarrà tale.

Soggiungo però, che qualunque fosse il loro motivo, noi siamo con loro, poiché qui i dinosauri, palesemente simpatici e divertenti, tratteggiano tutto ciò che è prepotente, superficiale, gretto, feroce e violento.

E di governanti “simpatici” che mal celano atteggia-

Foto ilfiletdiolimpiamelis

menti violenti siamo tuttora circondati. In parure con l’installazione che accoglie il pubblico nella roccaforte del Lazzaretto, (sapientemente arredata dell’eclettico Filippo Grandulli con le icone grafiche di Daniele Coppi), la deliziosa canzone scritta ad hoc ed interpretata da Chiara Effe, con le immagini delicate del videoclip diretto da Micaela Cauterucci.

-Perché uno spettacolo da tavolo?

Angelo Trofa:“Volevamo sperimentare la dimensione di contatto diretto col pubblico, creare un piccolo cenacolo, pubblico e attori, seduti intorno al tavolo, in una intimità speciale.

Non c’è la contrapposizione tra palco e platea, questa volta sono entrambi sullo stesso piano. Questo l’input iniziale, ma c’è comunque un’esigenza tecnica: fare in modo che il pubblico faccia da” telecamera di sé stesso” e metta a fuoco quello che succede sul palcoscenico, ovvero sul tavolo, giacché i protagonisti sono piccole caramelle gommose a forma di orsetto”.

-Perché proprio gli orsetti?

A.T.:“Fa parte di quelle intuizioni che non hanno radici in una motivazione vera e propria, posso però affermare che ho fatto questa scelta per affrontare alcuni generi, soprattutto quelli più antichi come la

tragedia, attraversando gli opposti, e quindi la farsa e la commedia, e in questo caso specifico, trovo artisticamente interessante parlare dell’epica laddove nessuno se l’aspetta, che in questo caso arriva da delle caramelle”.

E i Dinosauri?

Forse per questioni di proporzioni, forse per contrapporre un animale piccolissimo come l’orsetto gommoso, con un gigante estinto dell’evoluzione animale?

A.T.:“esattamente per questo motivo.

Poi però c’è tutto un gioco di rimandi e di incroci, ovvero i dinosauri sono estinti, gli orsetti gommosi no, ma nello spettacolo raccontiamo la storia opposta. I dinosauri sopravvivono”.

Ci sarà un seguito? Una rivincita?

A.T.:“No. Nessun sequel.”

Peccato dico io, non ci basta.

No, proprio no.

Angelo Trofa, autore, attore e regista di pregio, speriamo cambi idea.

Tiziana Troja

LA GRANDE GUERRA DEGLI ORSETTI GOMMOSI di Batisfera Teatro, in scena al Lazzaretto di Cagliari sino domenica 22 maggio, con due repliche ore 19 e ore 20.

Info e prenotazioni

+39 345 5842521 El Ro

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l pellegrinaggio de El Rocio è qualcosa di unico e assolutamente da vedere.

Nel mezzo del Parco Doñana, in provincia di Huelva, questo santuario è visitato da un milione di persone durante un fine settimana che ha del’incredibile.

Cercheremo di spiegare cos è El Rocio e come funziona questa tradizione nel sud della Spagna. El Rocio è una piccola frazione di Almonte, una località nella provincia di Huelva.

Per quasi tutto l’anno è un tranquillo borgo di 1.635 abitanti immerso nel Parco Nazionale di Doñana con qualche visita turistica durante il fine settimana, mentre che, per la Romeria del Rocio (che si celebra la Domenica di Pentecoste) diviene un luogo di pellegrinaggio nella quale si riuniscono fino ad un milione di devoti. Questa celebrazione, che richiama religiosi da tutte le province d’Andalusia, viene molto discussa nella Regione.

Anche se apparentemente il rituale continui ad essere quello tradizionale, molti sono quelli che mettono in discussione la veridicità della fede con la quale avviene (molti sono gli andalusi che vedono la Romeria del Rocio come un bagordo portato all’estremo).

Oltre agli eccessi dei fe-

EL ROCIO UN RITO POLEMICO

steggiamenti, a volte sconfinanti nell’illegalità, la Romeria del Rocio viene messa in discussione per l’impatto ambientale che la festa ha sul delicato habitat del Parco Patrimonio Unesco di Doñana.

Insomma in Andalusia, El Rocio è come la Settimana Santa, o si ama o si odia.

Dal punto di vista culturale, la Romeria è assolutamente interessante.

Il pellegrinaggio per lo più avviene della forma tradizionale, ovvero con il carro trainato dai buoi e accompagnato dagli immancabili cavalli.

Oggigiorno però, anche per accorciare i tempi del viaggio, è frequente vedere carri decorati con i colori tipici d’Andalusia trainati dai trattori.

Tutto l’evento si svolge, come per la Feria, con l’abito tradizionale (l’abito da Romeria è un poco differente da quello da Feria) e tra balli, canti, mangiate, bevute e qualche preghiera.

La domenica notte e l’alba del lunedì, dopo lunghe devozioni, è quando viene portata in trionfo la Blanca Paloma (Colomba Bianca), ovvero la Madonna del Rocio o la Reina de las Marisams (Regina delle Paludi).

Questo momento è sicuramente il più suggestivo, dove la fede prende forma attraverso scene nevrasteniche e sensazionalistiche.

Foto wikipedia.org
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Foto faustoferrara

Finita la settimana di eccessi, El Rocio ritorna ad essere un piacevole paesino immerso nella natura, dove la sabbia nasconde le vie di comunicazione, i fenicotteri e i cavalli passeggiano nella palude sotto il sole cuocente e nella quale il bianco santuario de la Nuestra Señora del Rocio ritorna alla sua tranquilla sussistenza.

Durante il fine settimana vi è qualche turista (per lo più turismo nazionale) che sosta in questa località prima di giungere a Matalascañas, meta finale e nota località balneare anch’essa immersa nel Parco di Doñana.

Il paesaggio, come tutto quello del Parco, è meraviglioso.

L’ocra della sabbia, il verde dei pini mediterranei, il blu della palude e il cielo azzurro d’Andalusia offrono un quadro spettacolare che deve essere protetto. La sfida è quella di far sussistere il culto religioso con il prestigioso habitat dell’avifauna e della lince iberica.

Ringrazio Fauto Ferrara per la segnalazione.

https://andalusiaviaggioitaliano.com/turismo-rurale/el-rocio-un-rito-polemico-in-un-paesaggio-splendido/

ALESSANDRO MANZONI ON LINE

mata o odiata, l’opera di Alessandro Manzoni (Milano, 1785-1873) è un retaggio sedimentato nella memoria di ogni studente italiano.

La produzione letteraria dell’autore italiano, che culmina con i Promessi Sposi ma comprende numerosi altri scritti, viene raccolta ora in un unico portale, nato grazie alla collaborazione di studiosi provenienti da vari istituti: dalle Università di Parma, Milano, Pavia, Losanna, Bologna e Roma, con l’apporto della Biblioteca Nazionale Braidense (BNB) e del Centro Nazionale di Studi Manzoniani (CNSM) di Milano. Il nome della piattaforma è Manzoni Online. IL NUOVO

PORTALE MANZONI ONLINE

Si tratta di un grande progetto work in progress – il sito è infatti in continuo aggiornamento, man mano che vengono catalogati e digitalizzati nuovi materiali per essere messi a disposizione del pubblico – e l’obiettivo è recuperare l’intera bibliografia e l’intera critica storica dell’opera manzoniana. Manzoni Online è quindi uno strumento che si rivolge prevalentemente a un pubblico di ricercatori e di lettori interessati, e a chiunque voglia saperne di più sulla catalogazione (segue pagina 20)

19
A

(suit della pagina 19) delle opere, dei manoscritti, delle lettere e della biblioteca dello scrittore, tramite una presentazione sintetica e ragionata.

COME CONSULTARE MANZONI ONLINE

Le brevi schede dedicate a ogni opera sono classificate secondo vari criteri, di modo da permetterne una consultazione immediata. Ad esempio, se si sta cercando un documento preciso come una lettera o un manoscritto, basterà accedere alle relative categorie del sito e avviare la ricerca per mittente, destinatario, opera citata, istituto conservatore o titolo. Se si vuol ricercare un’opera letteraria, invece, nella prima sezione troverà i diversi testi divisi in sezioni, ad esempio poesie, tragedie, opere morali e filosofiche, saggi storici e politici, scritti letterari, scritti linguistici inediti, e così via.

MANZONI

ONLINE,

UN NUOVO STRUMENTO DI RICERCA

“Il progetto Manzoni

Online risponde a esigenze rigorosamente scientifiche, ma anche alla necessità di tutelare e conservare per via digitale il grande patrimonio cartaceo delle biblioteche italiane”, spiegano gli organizzatori del progetto, finanziato dal Ministero della ricerca e dal Mini-

Foto a rtribune.com

ROMANZI, COMPONIMENTI POETICI, DOCUMENTI E CORRISPONDENZA PRIVATA:

IL MONDO LETTERARIO

DI MANZONI VA ONLINE

SU UNA NUOVA PIATTAFORMA, REALIZZATA

GRAZIE ALLA BIBLIOTECA BRAIDENSE, AL

CENTRO NAZIONALE DI STUDI MANZONIANI DI MILANO E A VARIE UNIVERSITÀ. L’OBIETTIVO È

DIVENTARE UN PUNTO

DI RIFERIMENTO PER

GLI STUDIOSI DI TUTTO

IL MONDO

stero dei Beni culturali. “La piattaforma consentirà infatti di accedere a catalogazioni esaustive del corpus manoscritto e librario appartenuto all’autore, che integreranno e sostituiranno gli attuali strumenti di ricerca, incompleti e datati, permettendo agli studiosi italiani e stranieri un accesso diretto ai materiali manzoniani”.

Giulia Ronchi

http://www.alessandromanzoni.org/

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991.

È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando mostre e workshop con artisti emergenti del panorama milanese.

Ha curato il progetto Dissuasori Mobili, presso il festival di video arte “XXXFuoriFestival” di Pesaro. Ha collaborato con le riviste Exibart e Artslife, recensendo mostre e intervistando personalità di spicco dell’arte.

Ha collaborato con le testate femminili Elle, Elle Decor, Marie Claire e il maschile Esquire scrivendo di arte, cultura, lifestyle, femminismo e storie di donne.

Aronne Pleuteri (Erba, 2001) è un artista emergente che lavora a Milano.

Ancor prima di laurearsi in pittura all’Accademia di Brera, ha lavorato a svariate mostre in Italia.

Dal 2020 ha partecipato a diverse collettive, come Mistici, Sensuali, Contemplativi a Metodo Milano (2020), Osservatorio per Super Studio sempre nel capoluogo lombardo (2021), A sense of wander alla Candy Snake Gallery di Milano (2022), Salòn 2 alla Rizzuto Gallery di Palermo, e molte altre.

Nel 2019 fa la sua prima personale al Museo Vignoli di Seregno, a cui fa seguito la personale allo Studio sù di Lecce nel 2022.

Nello stesso anno lavora a una performance dal titolo Voglio essere impercettibile, che porta al Castello di Rivoli, e organizza un’altra personale per Osservatorio Futura di Torino.

Pleuteri si è fatto notare non solo per la sua capacità tecnica, ma anche e soprattutto per i suoi rimandi fiabeschi, bizzarri e singolari.

Basti pensare che si identifica con Enrico, la talpa di Lupo Alberto…

Come nasce Aronne in veste d’artista?

Era un uggioso sabato di aprile, mamma Simona era molto felice e contenta, e le infermiere ammiravano le lunghe

mani del pargolo profetizzando una fiorente carriera da pianista. Si sbagliavano, perché io alla fine, nonostante le mani lunghe, il pianoforte non ho ancora imparato a suonarlo. Hai usato le mani in altri modi…

Sì. Alle medie vinsi per tre anni di fila il Prestigioso Premio di Pittura Estemporanea del Lago di Alserio. Avevo già intuito che la mia carriera d’artista sarebbe stata una strada irta e tormentata e basata su un insondabile senso di nostalgia (i pittori del Lago di Alserio sono molto invidiosi, competitivi e nostalgici).

Una volta durante una collettiva per Artinzone, uno di questi pittori del lago, Giovanni Ruggieri, mi disse che io a differenza sua potevo ancora sperare in una carriera artistica che rappresentasse il nostro territorio.

La accolsi, onorato, come una grande responsabilità. Quando le prime esposizioni?

Ho partecipato a molte altre di queste esposizioni in posti non deputati all’arte, per esempio nella torre del paese, o tra le ultime, in una kebab house di Winterthur (in Svizzera) nel 2022, con il collettivo Hrüze gegi. C’è sempre un binomio tra pittura e musica nella tua pratica artistica. Come mai?

Perché ascoltare il suono delle cose è un buon esercizio etico e io voglio essere un buon pittore.

Ci sono molte cose nel mondo (segue pagina 22)

21
INTERVISTA
ARONNE PLEUTEN

(segue dalla pagina 21) che desiderano essere ascoltate e queste cose sono sempre indipendenti da noi.

La conquista spaziale del canto dei merli, per esempio, o gli armoniosi grugniti di una persona anziana.

Ogni tanto, mettendomi in ascolto, mi capita di entrare in trance e tutto sembra accadere simultaneamente, come se corpo e musica raggiungessero una sinergia cosmica e io diventassi protagonista del tempo e delle cose che succedono. Quindi i rumori del mondo sono una forte ispirazione…

È questo che mi lega alla musica come produttore di immagini, ché la musica non è mai solo musica, ma è anche corpo e riappropriazione del corpo. Un pittore deve in primis rapportarsi con questo incontrollabile strumento primario, oltre che alla protesi di un pennello comprato al colorificio. Quando si parla di pittori visionari per esempio, io penso che questi visionari abbiano poco a che vedere con l’organo della vista: una “visione” é una sensazione che pervade ogni fibra del corpo, anche la punta dei piedi, per davvero. È una potente vibrazione che ti investe.

Miti, leggende, origini: quanto influiscono questi concetti nei tuoi lavori?

Beh, molto. Quando divento argonauta dell’immaginario mi imbatto in nuclei di senso più antichi di me. Per comodità ho iniziato a chiamare questi grovigli di

informazioni “unità mitologiche”, anche se di unità non hanno nulla. E mi ci imbatto sempre per caso, scoprendo per esempio che qualche aborigeno dall’altra parte della terra, per assicurarsi la felicità del raccolto, aveva già pensato al mio dispositivo per mobilità orizzontale molto prima che lo facessi io.

Spiega meglio queste unità mitologiche.

Ultimamente per esempio ho analizzato uno di questi nuclei immaginari, il nano, perché mi sembrava incarnare una certa problematicità: cosa succede a queste figure immaginarie quando ci ostiniamo a trascinarle nel reale?

Ho quindi organizzato una partita di basket tra una squadra di persone nane e una squadra di persone molto alte per vedere che cosa succedeva. E il team dei nani ha perso, nonostante l’aspettativa eroica che gravava su di loro. Vuoi sfidare gli stereotipi quindi…

In effetti io mi occupo di questo: mostrare l’immaginario fallire nell’impresa impossibile di sostituirsi al tempo della vita, ma al contempo vederlo trionfare nel suo ininterrotto, originario perdurare.

Nei tuoi soggetti c’è un che di misterioso, fiabesco. Da che cosa prendi spunto?

In quanto artista cerco di riappropriarmi di certe forme che vivono, si definiscono, e sopravvivono nell’immaginario collettivo. Faccio parte di una generazione che tramite la semplicità di queste immagini cerca di definirsi.

Foto artribune.it

Anche io mi approprio di stereotipi visivi. Ma mi identifico veramente solo nelle vignette della settimana enigmistica o al massimo in Enrico la talpa di Lupo Alberto. Come descriveresti la tua pratica artistica?

Potrei dire che la mia pratica artistica si basa su praticare pigrizia e sulla tendenza alla non-azione. È in questi stati di coscienza alternativa che funziona meglio il cervello. Spesso però mi capita di svegliarmi e dovere velocissimamente recuperare un foglio per fissare un’idea. Quindi la mia pratica artistica è basata sull’inerzia e sulla velocità improvvisa. L’altra regola che adotto è quella di avere un’etica di produzione, e di produrre solo l’indispensabile. O forse è solo un’altra scusa per lavorare poco.

Come racconteresti la tua esperienza all’Accademia di Brera?

I primi anni di studio mi sono sentito molto spaesato all’interno di certi discorsi basati su neologismi inventati.

Nonostante parole come Post-Internet fossero inventate, però, mi hanno aiutato a riconoscere il segno che lascio per sbaglio sulle cose del mondo.

Diciamo che ho imparato a riconoscere la mia pratica d’artista come un esercizio politico ed intellettuale, oltre che ludico e psicoterapeutico chiaramente. Solo con il tempo poi ho capito che l’Accademia di Brera è un posto che devi accogliere tu, e non viceversa.

Sono gli studenti il vero cuore pulsante di questa bolla dedicata all’arte, i loro intrighi e sotterfugi, le loro colpevolissime trame. Siamo noi che inventiamo i neologismi, in pratica. E che li facciamo subire ai nuovi arrivati e anche ai vetusti professori.

Dove lavori oggi?

In uno studio che si trova a Milano, che condivido con altri giovani artisti: Andrea Kvas, Andrea Contin e Manuel Esposito. É un grande spazio seminterrato che affaccia su un cortile. Siamo in affitto da una fondazione. Per noi è un luogo intenso, creativo e di grande condivisione.

Ti segue una galleria?

Non ho una galleria con cui intrattengo un rapporto fisso, me la sto prendendo con calma. Per adesso preferisco così

Che progetti hai per il futuro?

Vorrei decementificare la Brianza, lo giuro.

Prossime collaborazioni?

Verso la fine del 2023 parteciperò a delle grandi collettive di pittura italiana, in gallerie e sedi istituzionali. Non posso dire altro, perché amo nascondere dei segreti. Durante l’attesa, però, potrete vedermi ogni venerdì sera su Antenna3, con il mio disperato gruppo di musica sperimentale

La confraternita dell’amore. Portiamo un genere che abbiamo definito pop-rumorismo post-rurale.

https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2023/04/ intervista-aronne-pleuteri-artista-gen-z-milano-2023/

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Museo del Vino, con il suo percorso enologiLco-etnografico, illustra l’aspetto culturale della produzione del vino in Sardegna. Un viaggio semplice ma significativo nel mondo delle tradizioni, raccontate da rudimentali attrezzi da lavoro, dove è ricostruita la filiera partendo dalla lavorazione della terra, la cura della vigna, la spremitura delle uve, la lavorazione del sughero e l’imbottigliamento.

Attraverso uno scorcio della mostra Thyrsos, ci si immerge in un mondo antico, fatto di viaggi nel Mediterraneo, attraverso i quali, su navi onerarie, il vino raggiungeva i porti in affascinanti anfore vinarie.

Lungo il percorso, una tappa supportata dalla tecnologia di un totem, ci permette di approfondire i principali argomenti sulla viticoltura dell’Isola, attraverso la visione del Cd Rom “Su Inu” (Il Vino).

MUSEO DEL VINO

Enoteca Regionale della Sardegna

Una selezione di vecchie etichette è abbinata agli oggetti in esposizione.

La grafica delle etichette, il tipo di bottiglia, le stesse scritte ci portano in un contesto temporale vitivinicolo molto diverso da quello di oggi, anche se non molto lon-

MUSEO DEL VINO

CULTURA DEL VINO, TRADIZIONI E DEGUSTAZIONI.

A BERCHIDDA UN CONTESTO UNICO

DOVE SCOPRIRE PERCORSI DEL PASSATO E DEL PRESENTE, ATTRAVERSO

LA MEMORIA DEGLI OGGETTI E I COLORI, PROFUMI E SAPORI

DEI VINI DELLA

SARDEGNA.

tano, mostrandoci un cambiamento a volte radicale, sul concetto di immagine, informazioni e tecnologia.

Il Museo del Vino di Berchidda, dopo diversi anni di esperienza e dopo aver riscontrato l’entusiasmo con il quale i produttori partecipano al Concorso enologico Vino Nuovo in Otre Nuovo (concorso di vini di proprietà ovvero di vini non commerciali che nascono nei vigneti del territorio dei comuni di: Alà dei Sardi, Berchidda, Buddusò, Monti, Oschiri, Padru e che vanno a formare la Comunità Montana del Monte Acuto), bandisce anche quest’anno il Concorso dedicato al vino dell’ultima annata.

Parliamo di vini non conosciuti dal grande pubblico, ma che spesso sono prodotti con impegno rivelando apprezzabili qualità e che possono dare semplici ma importanti indicazioni sul territorio e sull’annata di riferimento.

Il Concorso prevede che i vini siano esaminati da una Commissione composta da tecnici esperti.

La raccolta dei vini a concorso è curata sempre dalMuseo del Vino e, per un maggior coinvolgimento dei viticoltori del territorio interessato, chiediamo la vostra collaborazione per dare massima diffusione all’iniziativa.

https://www.muvisardegna.it/

IL
Foto museodelvinoberchidda

L’associazione Sardonia creata nel 1993 a Parigi ed a Cagliari organizza da trent’anni ormai delle manifestazioni culturali e festive e più particolarmente delle mostre d’Arte.

Più recentemente nel 2016 con la serie “Cagliari Je t’aime” ha proseguito invitando delle artiste francesi di particolare rilievo ad esporre al Lazzaretto ed alla MEM di Cagliari, in seguito dal 2021 la serie “Meglio una Donna” ha invitato una dozzina di artiste sarde o residenti in Sardegna ad esporre sia a Cagliari Villanova in Via San Domenico, che ad Oristano all’Arrubiu Art Gallery Cafè. All’occasione del secondo anno di Insulae Lab ha avuto l’intuizione di una serie di mostre e ringrazia il sindaco di Berchidda Andrea Nieddu per aver proposto il Museo del Vino che accoglierà a partire dal mese di maggio una serie di esposizioni sia di pittori che di fotografi o piuttosto fotografe, la presenza femminile é importante anche nella pittura.

Continuando nella sua tradizionale creazione di documentazioni sia cartacee con questo giornale che filmate con le trasmissioni omonime o della sua estenzione S’Arti Nostra presente sul web, si rallegra di poter continuare con profitto nella sua presentazione e sostegno degli artisti isolani.

La rassegna ainsi ideata ha debuttato il 13 maggio con gli acquerelli di Alberto Miscali, che vedete nella foto qui

sopra, continuerà con le fotografie di Angela Ciboddo, gallurese, per poi lasciare le pareti agli olii delle sorelle Sara e Stefania Pedoni di Capoterra, seguite dalle fotografie della sulcitana Dolores Mancosu, lasciando le cimese alla pittrice Laura Zidda nuorese, seguita dalla fotografa del sud Sardegna Antonella Marini. Per terminare last but not least, la pittrice Michelle Pisapia presenterà i suoi oli.

La manifestazione si vuole un naturale pendant culturale all’Insulae Lab di Mattea Lissia e Paolo Fresu, che con il suo secondo anno di attività estende le manifestazioni musicali di Time in Jazz ben oltre il mese di agosto invitando gruppi musicali in provenienza delle isole del Mediterraneo come Cipro, Malta e le Baleari.

Nello stesso tempo altre manifestazioni come letture poetiche o presentazioni di libri insieme naturalmente alle altre manifestazioni più particolarmente legate al vino ed al suo mondo, si svolgono nel museo che accoglie già una scultura di Igno Panzino ed un’altra di Pinuccio Sciola, oltre alle mostre d’Arte già precedentemente accessibili negli spazi museali.

Ringraziamo particolarmente il sindaco di Berchidda, Andrea Nieddu ed il personale tutto del Museo del Vino per la sua calorosa accoglienza. potete consultare i video qui: vimeo.com/groups/sardonia oppure vimeo.com/ channels/sartinostra.

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NASCE A BERCHIDDA INSULAE LAB, IL CENTRO DI PRODUZIONE DELLA MUSICA JAZZ

E DELLA CREATIVITÀ ARTISTICA DELLE ISOLE DEL MEDITERRANEO.

L’associazione, che vanta la preziosa direzione artistica di Paolo Fresu da sempre, ha saputo creare negli anni una rete di collaboratori e collaboratrici competenti che hanno consentito all’Associazione stessa di crescere, mutare, trasformarsi.

Tuttavia, diversificando le proprie attività, ha dovuto necessariamente ampliare quella consolidata rete e lasciare che nuove idee e nuova forza lavoro si mescolassero alle collaborazioni in essere, per dar vita a un eterogeneo e rin-

novato gruppo di lavoro, costituito ad hoc per il Centro di Produzione. Una sfida, quella della costituzione del centro di produzione, che l’Associazione ha voluto affrontare con entusiasmo.

Insulae Lab – Centro di produzione della musica jazz e della creatività artistica delle isole del Mediterraneo nasce da un’idea di Paolo Fresu, Presidente dell’Associazione e Direttore Artistico di Insulae Lab.

LA SQUADRA DI INSULAE LAB

Direzione amministrativa e generale: Mattea Lissia

Progettazione:

Paolo Fresu, Mattea Lissia, Silvia LissiaProduzione e Organizzazione: Claudia Fresu, Silvia Lissia, Eleonora Pintus

Foto insulaelab

Supervisione tecnica: Luca Devito

Area Tecnica: Antonio Demuru

Accoglienza: Claudia Fresu

Comunicazione Integrata: Silvia Lissia

Promozione e Biglietteria:

Eleonora Pintus, Davide Demartis

Webmaster e Grafica:

Massimiliano Miali – www.maxmiali.com

Social Media: Claudia Soggiu

Ufficio Stampa: Giovanni Dessole

Documentazione fotografica:

Andrea Mignogna, Roberto Sanna

Documentazione video: Marco Loi

Consulenza amministrativa/Contratti:

Stefania Conte, Samuela Casu

Area amministrativa:

Mariella Demartis, Raffaella Piga

Responsabile spazi Sa

Casara: Nuccio Delogu

Calendario

12 giugno h. 21:00

Teatro Santa Croce

Piazza del popolo

PAOLOANGELI “RADE”

22 giugno

SHE’S ANALOG

23 giugno

FREAK MOTEL

24 giugno

ENZO FAVATA VOYAGE EN SARDAIGNE TODAY MEET CIPRO

30 giugno h. 21:00

Teatro Santa Croce

Piazza del popolo

Berchidda (Ss)

Sardinia

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Fotocostasmeraklda.it
Giugno 2023 ANSIA D’INFINITO
Time in Jazz via Umberto I, 37
(SS)
Associazione Cuturale
07022 Berchidda
(Italy) info@insulaelab.com T.:+39 342 6476726

ietrina ATZORI

è una Fiber artist contemporanea.

I suoi medium sono le fibre naturali, artificiali e di recupero.

Attraverso il “filo” dà corpo alle sue visioni, al suo immaginario alle suggestioni che agitano la sua sensibilità.

Assemblaggio, ricamo, tessitura, annodamenti, manipolazioni di fibre e tessuti sono inseriti a pieno titolo nella sua ricerca artistica.

Con il suo lavoro realizza opere di installazione anche urbane, performance e arte partecipativa.

Il portfolio artistico di Pietrina Atzori varia tra installazioni, sculture, ricamo, libri d’artista, performance ed altro, creando connessioni umane e territoriali.

Libri artistici, ricamati con stoffa, parole, poesia e immagini Vestiti per il corpo e per l’anima.

Processi creativi ed intellettuali in collaborazione con altri artisti.

Ricamo e assemblamento di fili, vecchi tessuti intrisi di storie per nuove narrazioni.

Installazioni tessili che evocano processi individuali e collettivi.

La Pecora Nera di Arbus

Il progetto artistico di Pietrina Atzori che connette persone e territori.

Sculpture

Sculture tessili alla ricerca di equilibri.

www.atzoripietrina-art. com/

PIETRINA ATZORI ESSERE ACQUA P

Pietrina Atzori è un’artista i cui medium spaziano dalle fibre naturali a quelle artificiali, dai materiali vergini a quelli di recupero, realizzando opere che si rifanno a temi della contemporaneità.

Attraverso il “filo” da corpo alle sue visioni, al suo immaginario alle suggestioni che agitano la sua sensibilità.

Convinta sostenitrice del valore antropologico dell’arte conduce la sua personale ricerca partendo dall’idea dell’arte come strumento di coscienza di ciò che è intorno a noi proponendo sguardi inediti sui territori e le sue risorse.

Si è occupata e continua ad occuparsi della valorizzazione delle fibre naturali, specialmente della lana, partecipando artisticamente a vari progetti in Europa, Italia e Sardegna.

Da oltre dieci anni è impegnata nel territorio di Arbus con la comunità agropastorale, le istituzioni pubbliche e alcune famiglie di allevatori partendo dalla pecora Nera.

Qui lavora proponendo sguardi inediti sulle risorse identitarie attraverso il recupero e l’impiego della lana della Pecora Nera, riconosciuta quale biodiversità identitaria.

E’ di settembre 2019 il più significativo progetto di

Foto viniciocannas
P

arte sociale da lei finora realizzato. Messo da parte il telaio del suo laboratorio si avventura con uno scooter a tessere un’ordito di 3500 km su tutta l’Italia.

In 17 giorni ha recapitato ai Sindaci di 42 città il filo della pecora nera di Arbus.

Significativa è l’attenzione e il lavoro che svolge in collaborazione artistica con altri artisti e altri linguaggi espressivi portando sempre con se i suoi medium prediletti filo, fibra …

Con l’artista informale Rosaria Straffalaci ha costituto il duo artistico “1+1=3” realizzando performance installazioni, azioni di arte sociale e di rigenerazione urbana e umana.

I suoi lavori, installazioni, abiti, sculture tessili, libri d’artista, arazzi, quadri sono stati oggetto di mostre personali e collettive, nazionali e internazionali Di lei è stato scritto nel libro “IO Sono -Arte” di Emanuela Scuccato ed. Il Gattaccio.

Diverse sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private.

Tutto il lavoro della fucina creativa di Pietrina Atzori, che segue continuamente molteplici canali e progetti espressivi, è sempre – impiegando un pensiero di Le Corbusier – “una sola e identica manifestazione creatrice, rivolta a diverse forme di fenomeni”.

ESSERE ACQUA

“L’acqua, metafora della dinamica della vita, è luogo dell’origine, della trasformazione e della morte, poiché tutto in essa nasce e tutto vi ritorna”

In uno “specchio” d’acqua l’artista, e successivamente il pubblico, “rifletteranno” il proprio volto sperimentando prima l’immagine di sé e poi il contatto con la superfice acquea e le sue mutazioni.

Ciò che rimanda lo specchio è un’opportunità per imparare qualcosa di sé stessi di cui non si ha percezione, per cui, alla stregua di novelli Narcisi che non si perdono più nella propria immagine e per questo muoiono, si diviene creature consapevoli della propria natura e quindi della reale essenza della vita attraverso la conoscenza e l’Arte.

12:00

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DOMENICA 28 MAGGIO 2023ORE
MUSEO DEL CRUDO Via Roma 15 San Sperate Performance di Pietrina Atzori. Musiche di Angelo Montis. Informazioni: +39 324 5875094

dibattito suscitato dall’adozione delle “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali” (decreto del Ministro della cultura N. 187 dell’01/05/2023) ha registrato un forte interesse sul tema delle riproduzioni, ma poco o nulla è stato detto in relazione alla concessione degli spazi museali.

Questo tema di primaria importanza sollecita alcune considerazioni di carattere giuridico ed economico.

Il nostro ordinamento prevede diverse fattispecie riconducibili all’istituto “concessorio”.

La disciplina contenuta negli artt. 106 e 107 del D. Lgs 22 Gennaio 2004, n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (di seguito, “Codice”) consente alle amministrazioni statali e locali di concedere l’uso dei beni culturali, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, a singoli richiedenti.

La disposizione prevista dall’art. 106 si differenzia da quella contenuta nell’art. 107 prevalentemente per la durata: uso stabile il primo, uso precario e strumentale il secondo.

In ogni caso, al fine di determinare la natura stabile dell’uso, è utile richiamare la nota n. 13014 del 16

giugno 2009 del MiBACT, nella quale si precisa, in riferimento alle concessioni in uso individuali, che l’articolo 106 trova applicazione ogni qualvolta la concessione in uso richiesta non rappresenti una cesura temporale significativa nella persistenza della titolarità dei poteri dominicali in capo all’amministrazione consegnataria. “Si tratterebbe di ribadire quanto previsto dal Codice e dallo stesso decreto e cioè che nessun canone è dovuto, da parte di soggetti pubblici e privati, per le attività realizzate senza scopo di lucro e per finalità di valorizzazione”

CANONI E CONCESSIONI

Detto ciò, è bene precisare che il decreto si occupa dell’uso individuale, contrapposto all’uso generale, in forma strumentale e precario e cioè a titolo temporaneo (artt. 107 e 108 del Codice).

Dunque tre sono gli elementi caratterizzanti l’istituto in commento:

a) la possibilità concessa di uso individuale di un bene in deroga al principio generale di godimento pubblico del patrimonio culturale;

b) il carattere oneroso di tale istituto: il godimento del bene a favore del richiedente può avvenire a fronte del pagamento di un corrispettivo (canone di concessione) che giustifica la convenienza finanziaria della concessione;

Foto David Bruggink via Unsplash
IL

c) la sorveglianza dell’amministrazione consegnataria dei beni la quale è tenuta “essenzialmente” a vigilare, nell’ambito del rapporto concessorio, il corretto uso, in coerenza con le funzioni pubbliche che a essa sono attribuite in ordine alla tutela, alla conservazione e all’attenta verifica della compatibilità della destinazione d’uso con il carattere culturale del bene.

L’art. 108 detta la disciplina dei criteri per la determinazione dei canoni di concessione per l’uso dei beni culturali, tenendo conto:

a) del carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni d’uso;

b) dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni;

c) del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni;

d) dell’uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente.

VALORIZZAZIONE E CHIAREZZA

È da osservare, peraltro, per quanto attiene alle riproduzioni (fotografiche, cinematografiche, diapositive ecc.) e all’uso strumentale e precario dei beni, che il tariffario in vigore era ancora quello stabilito con d. m. 8 aprile 1994 (in Gazzetta Ufficiale 6 maggio 1994, n. 104). Era dunque del tutto necessario un provvedimento che

da una parte aggiornasse i tariffari e dall’altra fornisse criteri applicativi agli istituti del Ministero.

Nel dibattito troppo poco spazio è stato dedicato alle concessioni degli spazi avendo assorbito l’attenzione maggiore il tema delle riproduzioni.

Il decreto specifica, in relazione agli spazi, che nessun canone è dovuto per il perseguimento di finalità istituzionali.

Non poteva essere diversamente.

Lo scopo del decreto è quello di individuare i criteri per l’applicazione dei canoni uti singuli e dunque in un perimetro estraneo alle finalità istituzionali e in linea con quanto previsto dallo stesso Codice. A tal proposito il decreto prevede, per delimitare lo scopo istituzionale da quello individuale, che l’evento per il quale lo spazio è concesso rientri pienamente nelle finalità istituzionali del Ministero e che il progetto tecnico-scientifico sia definito unitamente a uno o più organi del Ministero e/o attraverso la presenza, nel Comitato scientifico o nel Comitato organizzatore della manifestazione o dell’evento, di un dirigente o di un funzionario da lui delegato, in rappresentanza del Ministero.

Sarebbe utile in via interpretativa (segue pag.32) (segue dalla pagina 31) ribadire che tutti i casi di cooperazione istituzionale con enti pubblici e privati per finalità di valorizzazione esulino dal campo

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TARIFFE
CONCESSIONE MUSEI
Foto

di applicazione delle linee guida nel solco di quanto previsto dal Codice.

Analogo ragionamento vale per tutti gli accordi o le convenzioni stipulati con organismi pubblici ed enti privati per finalità di valorizzazione in attuazione degli scopi istituzionali dell’Istituto.

Infine sarebbe auspicabile che il Ministero spiegasse che per eventi di minore complessità l’eventuale “condivisione” del progetto tecnico-scientifico dell’evento è attuata anche attraverso apposita motivazione nel provvedimento autorizzatorio.

Questi indirizzi esplicativi potrebbero contribuire a chiarire l’applicazione delle linee guida senza compromettere le attività di valorizzazione attuate spesso mediante preziose collaborazioni con enti pubblici e privati.

Non c’è motivo di ritenere che il Ministero non intervenga in via interpretativa in questa direzione.

Si tratterebbe infatti di ribadire quanto previsto dal Codice e dallo stesso decreto e cioè che nessun canone è dovuto, da parte di soggetti pubblici e privati, per le attività realizzate senza scopo di lucro e per finalità di valorizzazione.

LA COOPERAZIONE PUBBLICO-PRIVATO hiaramente non sarà solo un decreto a determinare una valorizzazione economica degli spazi a uso individuale. Sarà necessario dotare gli uffici

di competenze e strumenti per costruire un modello di gestione che punti a qualificare un aspetto che a oggi è lasciato allo spontaneismo e alle decisioni dei singoli responsabili. Situazione questa che ha determinato nel corso degli anni una applicazione del tutto eterogenea delle tariffe e non ispirata a criteri economici oggettivi. Sarà necessario adeguare gli spazi in modo da renderli effettivamente adatti a processi di questa natura. Si tratterà di qualificare sempre di più i servizi accessori (wi-fi, attrezzature, standard di accessibilità, etc.) e soprattutto di adottare un modello organizzativo orientato a una più proficua relazione tra gli istituti di cultura e il mondo privato.

Ai fini dell’applicazione del decreto sarà necessario periodicamente valutare gli effetti anche in termini economici dei canoni e adeguare eventualmente le tariffe per renderle il più possibile aderenti alla realtà spesso molto eterogenea delle varie articolazioni ministeriali.

Resta inoltre il nodo principale sul quale andrà concentrata l’attenzione e cioè il perseguimento delle finalità istituzionali di tutela e valorizzazione attraverso l’attuazione di tutti gli strumenti di cooperazione pubblico-privato per incrementare sia l’una che l’altra.

Marco D’Isanto

https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/diritto/2023/05/tariffe-concessioni-musei/

Foto insidemarketing
C

Stavolta un intervento che ci sta particolarmente a cuore.

Il 3 Giugno dalle 21.30 nel Golfo di Cagliari avrà luogo la #GREENSAILaction, una veleggiata notturna aperta a tutti. Non sappiamo quante barche avremo in mare, ne a quante tartarughe marine ridaremo vita il 3 Giugno,. Ma per i pochi/tanti presenti… sarà sicuramente un’esperienza diversa e significativa! Ogni equipaggio presente sarà parte di un’

#AZIONE D’#ARTE #PARTECIPATA:

Grazie ad un semplice kit sostenibile, e coerentemente con il concept del mio progetto artistico #SeaTurtlesfromthePast

daremo vita agli spiriti #GREEN delle tartarughe marine morte a causa dell’uomo, ricordando e ricordandoci di rispettare l’ambiente.

A fare da colonna sonora dell’evento musiche per pianoforte di Ludovico Einaudi, Romeo Scaccia e Yiruma, grazie alla preziosa collaborazione con Radio X. Quest’ultima ci concederà uno spazio prima dell’evento e ci accompagnerà durante, in diretta. I contributi scientifici in radio saranno a cura del CNR e di MEDSEA.

La GREEN SAIL action è organizzata da AVAS Armatori Vela d’altura Sardegna, Mag Michela Cinus e Roberto

GREEN SAIL ACTION 3 GIUGNO

Lai ,in collaborazione con RADIO X, CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche, MEDSEA / Mediterranean Sea and Coast Foundation, CReS - Centro di Recupero del Sinis.

L’evento è reso possibile anche grazie alla collaborazione di TANTI PREZIOSI PARTNER e di TUTTI GLI ARMATORI, VELISTI e SIMPATIZZANTI che avranno piacere di esserne parte.

Tra questi Comune di Cagliari, Fondazione Sardegna Film Commission, Remedies , Fondazione Cetacea, BAGS ITALIA SHOPPING BAGS, Asd Vela Club Cagliari, Ad Maiora Vela asd, Vento di Shardana - Associazione Velica e Culturale, Winsail Alghero, AIVeL - Associazione Italiana Vela Latina

Sea Turtles from the Past è un progetto artistico che prevede la realizzazione e messa in scena di varie opere artistiche, per lopiù in forma installativa e/o esperenziale, in alcuni casi realizzate in autonomia, in altri con la collaborazione di altri artisti.

In Sea Turtles from the Past le tartarughe marine che un tempo vivevano nel golfo di Cagliari, nei nostri mari e oceani, tornano per ricordarci che potrebbero essere ancora li, (segue pagina 34)

(segue dalla pagina 33) e che se non rispetteremo l’ambiente scompariranno del tutto, dalla Sardegna,dal Mediterraneo, dal pianeta.

La Sardegna possiede un

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patrimonio naturale incredibilmente ricco, da proteggere e valorizzare.

Più specie di tartarughe frequentano le acque costiere e una di queste si riproduce ancora lungo le coste dell’isola.

In senso più ampio questa installazione vuole rammentare che distratti dagli impegni e dai ritmi quotidiani stiamo pian piano .perdendo il bene più prezioso dell’umanità.

La tartaruga ha un ruolo simbolico importante.

Nell’Africa Nera è ovunque simbolo di saggezza, di avvedutezza, di potenza. Nella mitologia indiana la tartaruga è simbolo di stabilità e rigenerazione dell’uomo.

In Cina la tartaruga è considerata punto di partenza dell’evoluzione.

Dall’India alla Cina, la tartaruga ha un ruolo simbolico importante: è immagine dell’universo e contribuisce alla sua stabilità.

L’AUTRICE DEL PROGETTO

Michela Cinus, Art Director, Designer e Artista svolge da 16 anni un’intensa attività di progettazione, direzione, coordinamentoper progetti di comunicazione, d’arte ed eventi. seaturtlesftp@mag-online. al 26 maggi all’8 giugno nella cittadina della bassa Baronia si terrà la manifestazione “Sa Die de Orosei”, in occasione della quale sarà celebrata la figura di Tomaso Mojolu. “Un eroe ritrovato”. Orosei ha nella propria storia personaggi ed avvenimenti che hanno dato

PENELOPE UR

Penelope Ur è nata a Milano da padre Olandese e da madre Greca di genitori Sardi.

Da giovane ha iniziato a manifestare le sue qualità artistiche in particolare la danza, il teatro e la poesia. Dopo il Liceo Linguistico, ha conseguito il Diploma Erboristico e si è trasferita a Firenze in Toscana, dove ha aperto una Erboristeria e ha vissuto alcuni anni.

La passione per l’Archeologia l’ha portata in seguito a trasferirsi a Roma e a laurearsi in Storia delle Religioni e in Egittologia, presentando la Tesi di Laurea in Astronomia Egizia e Tolemaica e sostenendo gli esami di Astronomia I, II al Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi ‘Sapienza’ di Roma. Ritornata a Milano si è associata al Circolo Astrofili di Milano, dedicandosi allo studio delle stelle e dell’arte. Dopo numerosi viaggi compiuti in Egitto, India e Asia si è dedicata allo studio dell’arte Egizia realizzando creazioni artistiche su pietra e dipinti sulla simbologia Egizia. All’arte Egizia e all’iconografia regale ha dedicato diversi cicli pittorici (1996-2020). Lo studio dell’arte e dell’architettura Egizia l’ha portata in seguito a realizzare Amuleti e Tavolette Egizie incise sulla pietra calcarea, la stessa pietra che gli antichi Egizi usavano per edificare i templi e scolpire le stele celebrative.

I modelli iconografici Egizi a cui l’autrice si è ispirata sono stati selezionati tra i simboli sacri della Teologia Egizia, quali

la Tavoletta Udjat, l’occhio onniveggente del Dio Sole Ra, usato dagli Egizi come Amuleto a protezione del Ba, l’Anima immortale dell’uomo.

La tavoletta a due occhi del Dio autogeneratosi AtumRa, il Dio eterno delle origini della creazione, il cui occhio solare (destro) simboleggia il Sole, mentre quello lunare (sinistro) la Luna.

La Tavoletta con la Dea Isis-Hathor-Stella Maris, sposa del Dio Osiris, madre di Horus, Dea celeste Egizia equivalente nella tradizione Cristiana della Vergine Maria. Nella Teologia Egizia è stata tramandata la storia della divina coppia, Osiris-Unnefer il Dio buono e perfetto che fu assassinato dal fratello Seth, rimasta sola Isis con l’aiuto di Thot, Dio della medicina delle arti e delle scienze, ricompose il corpo smembrato in 14 pezzi del marito e concepì divinamente Horus, designato in seguito con l’epiteto di ‘Horus il vendicatore di suo padre’.

Nella Teologia Egizia Isis è definita stella del mattino e a lei furono dedicati templi in tutto l’Egitto. La Tavoletta di Maàt reca la raffigurazione della Dea della verità, della giustizia e dell’ordine universale, venerata dagli Egizi in qualità di essenza spirituale di Atum-Ra, Colei che simboleggia la luce divina che rischiara il buio delle tenebre, Colei che ristabilì l’ordine nell’Universo dopo il Caos primordiale.

Le Tavolette Egizie possono essere impreziosite dai cartigli dei committenti eseguiti ad personam.

Poesie

‘Ichnusa’

Sorge il Sole, come la vita, da un frammento di stella. Gemme preziose sul mar di cristallo e dalle antiche rocce emerse dal profondo degli abissi, quando dalla forza degli elementi scaturiva il magma incandescente, che separò il cielo dalla terra. Un mistero di granito rosa sorse dalle acque del cataclisma, come meteora che esplode nell’Universo e crea nuovi mondi e nuove Costellazioni.

‘Tharros’

Fosti sommersa dal maremoto, oh Tharros, tu l’altera, le colonne della tua magnificenza, ora sigillate dal silenzio del mistero.

Ma al tramonto le rocce d’arenaria rivivono e svelano l’infinita bellezza di colori soprannaturali. L’armonia del creato stilla gocce d’immortalità, come gigli soavi sfiorano il blu dell’immenso, nei cicli cosmici del volere divino.

‘Profumo di Sardegna’

Dolci sensazioni d’incanto, sotto una quercia da sughero al tramonto.

L’antico e secreto Nuraghe si staglia nel cielo infinito dall’alto di un monte e l’aria profuma di mirto e lentisco, aspro e selvatico, come questa misteriosa terra. da “IL FUOCO SACRO”

Penelope Ur

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Dlustro ai suoi abitanti e che spesso vengono trascurati e dimenticati.

Tra gli episodi, uno dei principali risale al 6 giugno 1806, quando circa 300 saraceni armati di tutto punto sbarcati dalla potente flotta sulla spiaggia di Osala per saccheggiare il paese e farne schiavi gli abitanti, furono respinti dalla pronta reazione dei popolani, animati da Tomaso Mojolul”, che abitava all’estrema periferia meridionale del paese, e costretti, inseguiti dalla cavalleria miliziana della Baronia subito accorsa in aiuto, a fare precipitoso rientro ai loro bastimenti.

La vittoria esaltata dal manifesto 11 giugno 1806 del re Vittorio Emanuele, fu presto conosciuta in tutta la Sardegna ed altrove.

Nel 1882 l’Amministrazione Comunale intestò a Mojolu una via del centro cittadino.

Nel 1994 il Centro Studi

G.Gyuiso dedicò una pubblicazione di approfondimento.

Sa Die de Orosei ha l’obiettivo di ricordare quella storia ed i personaggi che la resero possibile. Questo il calendario delle attività che si svolgeranno principalmente nei locali del Monte Granatico in via Mannu 8. il 26 maggio alle 18 e 30 é stata inaugurata la Mostra di produzioni artistiche degli alunni delle scuole di Orosei, che sarà visitabile fimo all’8 giugno 2023 dalle 17 alle 21.

Sabato 3 giugno , alle ore 19.00 si terrà il convegno “Sa Die de Orosei”, aprirà l’evento Carmen Deidda, presidente del Centro Studi “G:Guiso di Orosei, con i saluti del sindaco Elisa Farrise e dei tenores di Orosei “Antoni Milia”.

Coordina Michele Carta, storico del Centro Studi G:Guiso - Orosei.

Seguiranno “Un turista speciale a Orosei” di Franco Docchio, Università di Brescia, e la consegna all’Istituto Comprensivo “G.A.Muggianu” di Orosei di una raccolta di volumi pubblicati dal Centro Sudi G:Guiso come dono per aver collaborato al progetto su Tomaso Mojolu; Pietro Paolo Piredda, Giangiacomo Rosu, Redento Carboni, Pina Contu leggeranno documenti originali.

Nella bellissima valle del Cedrino sorge Orosei che da il nome alla famosa costa della Sardegna centro-orientale. Il golfo si estende per circa 20 chilometri con un alternanza di splendidi strapiombi a picco sul mare e bellissime spiagge da Bidderosa a Cala Goloritzè.

Ad Orosei appartengono anche le piccole frazioni marittime di Sos Alinos, Cala Liberotto e Sas linnas Siccas. Il paese di origini romane sorge su un antecedente insediamento nuragico.

Dalle ricerche effettuate dagli studiosi i primi documenti scritti attestanti l’esistenza del paese di Orosei risalgono

Foto nanopress

al periodo compreso fra il 1100 e il 1200. Durante il periodo pisano acquistò importanza grazie alla colonia dei mercanti che gestirono il porto in maniera efficiente.

Nel periodo pisano pare che Orosei abbia vissuto le pagine più significative della sua storia grazie alla presenza di un porto abbastanza efficiente gestito da una colonia di mercanti pisani , diretti da un console mercatore, che avevano una loro chiesa (Santa Maria del Mare) e numerosi beni.

In questo periodo diventa la sede principale della curia del Giudicato di Gallura ed è dotato di un castello. Risalgono a quest’epoca la torre di Sant’Antonio, Sa Prejone Vezza, la Parrocchiale di San Giacomo e di San Gavino. Nel 1449 questa zona fu acquistata da Salvatore Guiso che si trasferì, dal castello di Pontes situato a Galtellì, definitivamente a Orosei dando inizio alla costruzione dei famosi palazzi signorili ancora oggi presenti a ben conservati nel centro storico.

La zona venne sottoposta a frequenti incursioni nemiche che la saccheggiarono e la distrussero.

Più volte fu oggetto di incursioni e attacchi.

L’ultimo è del 1806 sventato da Tomaso Mojolu.

Dopo duecento anni l’Azienda Agricola Donna Lina omaggia le sue gesta con un vino forte e coraggioso.

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Salvadori Paleotti, coniugata Belluigi e poi Lussu, più nota come Joyce Lussu (Firenze, 8 maggio 1912 – Roma, 4 novembre 1998), è stata una partigiana, scrittrice, traduttrice e poetessa italiana, medaglia d’argento al valor militare, capitano nelle brigate Giustizia e Libertà, sorella dello storico e antifascista Max Salvadori e moglie in seconde nozze del politico e scrittore Emilio Lussu, col quale ha avuto un unico figlio, Giovanni. Nacque come Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti a Firenze, l’8 maggio 1912, dal conte Guglielmo Salvadori Paleotti detto Willie e da Giacinta Galletti de Cadilhac detta Cynthia. Il padre era figlio del conte Giorgio Salvadori Paleotti di Fermo e di sua cugina Adele Emiliani[2]. La madre Giacinta Galletti era figlia del colonnello garibaldino romano Arturo Galletti de Cadilhac (1843 - 1912) e della scrittrice Margaret Collier (1846 - 1929), una nobile inglese[3]. Giacinta era quindi nipote per parte di padre del generale garibaldino romano Bartolomeo (Meo) Galletti (1812 - 1887), fra i difensori della Repubblica romana del 1849[4]. Suo zio era l’ingegnere Roberto Clemens

Galletti de Cadilhac (18791932) pioniere della telegrafia senza fili.

Il padre di Joyce, un liberale in ottimi rapporti con il mondo intellettuale e politico anglosassone, nel 1906 si era trasferito da Porto San Giorgio a Firenze per insegnare presso l’Istituto di Studi Superiori. Nel 1921 s’era candi-

GIOCONDA BEATRICE DETTA JOYCE LUSSU

dato senza successo per le elezioni politiche.

Il 24 maggio 1923 Max, il fratello di Joyce, studente di quinta ginnasiale, subì una prima aggressione da condiscepoli fascisti.

L’anno successivo, il 1º aprile 1924 il padre Guglielmo, a causa delle sue collaborazioni con alcuni periodici inglesi, il “New Statesman” e la “Westminster Gazette”, sui quali apparvero suoi articoli molto critici verso il regime, fu attaccato davanti alla sede del fascio da una trentina di squadristi; il figlio, accorso in sua difesa, rimase ferito.

A seguito di quest’episodio Guglielmo Salvadori, nel marzo del 1925, decise di trasferirsi con la famiglia in Svizzera, a Begnins, a 30 km di distanza da Losanna, dove rimase fino al settembre 1934.

Joyce visse gli anni dell’adolescenza frequentando collegi e ambienti cosmopoliti.

Perfetta bilingue, a seguito dell’insegnamento della lingua inglese impartitole sin dall’infanzia dai genitori, anch’essi bilingui, durante la permanenza in Svizzera perfezionò anche la conoscenza del francese e del tedesco.

Come i fratelli Max e Gladys ottenne la licenza liceale classica con esami da privatista nelle Marche, tra Macerata e Fermo. Trasferitasi in Germania a Heidelberg per seguire le lezioni del filosofo Karl Jaspers, vide nascere i prodromi del nazismo. Si trasferì quindi in Francia e in Portogallo, e si laureò in Lettere alla Sorbona di Parigi e in Filologia a Lisbona.

Foto linkoristano.it

Nel maggio 1934 sposò Aldo Belluigi, un giovane ricco possidente fascista di Tolentino, e con lui, nell’agosto successivo, si recò in Kenya per raggiungere il fratello Max, il quale vi si era trasferito pochi mesi prima con sua moglie, l’inglese Joyce Pawle.

Il matrimonio con Belluigi durò un paio di anni. Nell’ottobre del 1936 Joyce si trasferì nel vicino territorio del Tanganica, mentre Belluigi, dopo aver perduto tutto il suo patrimonio nell’impresa agricola in comproprietà con Massimo Salvadori Paleotti, fece ritorno a Tolentino.

Tra il 1934 e il 1938 Joyce viaggiò e soggiornò in diverse zone dell’Africa, dove conobbe la realtà del colonialismo, tema da allora affrontato in diverse sue opere.

I suoi primi testi poetici significativi si possono collocare in questo periodo: curatore della sua raccolta “Liriche” sarà Benedetto Croce, il quale apprezzava la carica vitale della giovanissima scrittrice.

In una sua recensione su La Critica (fasc. 2º, 1939), Croce evidenzierà la forza dei suoi paesaggi e delle scene che “si sono fatte interne, si sono fuse con la sua anima”.

Nel 1933 Joyce ricevette dal fratello Max, allora militante del movimento Giustizia e Libertà confinato nell’isola di Ponza, l’incarico di consegnare un messaggio a Emilio Lussu – mister Mill per gli organizzatori della resistenza in esilio –, uno dei fondatori del movimento stesso.

L’incontro avvenne a Ginevra, dove Lussu era ospite di un

amico.

Sebbene le loro vite si separassero subito dopo, l’incontro fu tutt’altro che fugace: tornata dall’Africa nel 1938 Joyce cercò Lussu, ritrovandolo di nuovo in Svizzera. Da allora condivisero la vita in clandestinità, la battaglia politica prima e durante la Resistenza, la nascita di un figlio e il resto della esistenza di Emilio, morto nel 1975. Per la sua militanza nella Resistenza Joyce ricevette il grado di capitano, decorata nel dopoguerra con la medaglia d’argento al valor militare. In “Fronti e Frontiere” del 1946 lei stessa racconterà, in forma autobiografica, le avventurose esperienze di quel periodo. A liberazione avvenuta visse in prima persona l’abbrivio della Repubblica Italiana all’interno del Partito d’Azione, fino al suo scioglimento nel 1947.

Promotrice dell’Unione Donne Italiane, militò per qualche tempo nel Partito Socialista Italiano; nel 1948 fece parte della direzione nazionale del partito, per poi abbandonarlo. Dal 1958 al 1960, continuando a battersi nel segno del rinnovamento dei valori libertari dell’antifascismo, spostò il suo impegno verso le lotte contro l’imperialismo. Tradusse opere di poeti viventi, spesso provenienti dalla cultura orale: albanesi, curdi, vietnamiti, dell’Angola, del Mozambico, afroamericani, eschimesi, aborigeni australiani.

Di tutto ciò è eccellente esempio la sua traduzione delle poesie del turco Nazım Hikmet, a tutt’oggi tra le più lette in Italia.

(segue pagina 40)

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(segue dalla pagina 39)

Fu per lei naturale partecipare attivamente alle mobilitazioni in favore di perseguitati politici, quali l’angolano Agostinho Neto e Hikmet, appunto.

Proprio attraverso quest’ultimo Lussu verrà a conoscenza del problema curdo, “un popolo costretto a vivere da straniero nel suo territorio”, come scriverà in Portrait (Ancona, 1988, Transeuropa).

E in un viaggio epico, dopo aver ottenuto dal presidente iracheno, il generale Arif, un lasciapassare, raggiunse il Kurdistan e conobbe il popolo che lo abitava, così come i resistenti contro il regime Baath: Jalal Talabani (futuro Presidente dell’Iraq negli anni 2000) con i famosi guerrieri peshmerga, e il mullā rosso Mustafa Barzani.

Dall’esperienza terzomondista (con Mario Albano aveva fondato, nel 1966, l’ARMAL, Associazione per i rapporti con i movimenti africani di liberazione) derivò, a partire dagli anni settanta, il suo impegno per la riscoperta e la valorizzazione della “altra storia”, vale a dire quella delle tradizioni locali messe in crisi dalla industrializzazione.

Dedicherà una parte fondamentale della sua attività al rapporto con i giovani; per questa ragione occupò parte notevole del suo tempo nelle scuole di ogni ordine e grado. Morì a Roma il 4 novembre 1998, all’età di 86 anni.

Un cippo funerario la ricorda, insieme a Emilio Lussu, all’ingresso del cimitero acattolico di Roma, nel quartiere Testaccio.

wikipedia.org

LIFE AFTER OIL

Foto lifeafteroil

6 - 10 Giugno / June 6th to 10th

INGRESSO LIBERO / FREE ENTRY

INFO E PRENOTAZIONI / Info and reservations

el +39 3277880737 Sms / Whatsapp

PROIEZIONI / Screenings

PIAZZA COSTITUZIONE dalle 21 a mezzanotte

6 - 10 Giugno ore 21:00 - 00:00

June 6th to 10th 9pm to midnight

**In caso di maltempo / In case of bad weather

CAS Centro di Accoglienza Straordinaria

Hotel I Lecci Viale del Rosmarino**

POSITIVE VIBES

di Alberto Peruffo

VIBRAZIONI / Vibrations

PIAZZA COSTITUZIONE

6 - 10 Giugno ore 21:00 - 00:00

June 6th to 10th 9pm to midnight

IPSAR “G.B. Tuveri”

Villamar 7 - 9 Giugno ore 09:00 - 12:30

June 7th to 9th 9am

ECOLOGIE RADICALI Radical ecologies

BAR CENTRALE 10 Giugno

dalle 10 alle 12

June 10th 10am to 12pm 2h

**In caso di maltempo / In case of bad weather Biblioteca Comunale Via Umberto I°, 6**

SPORT - TIRALASTICU

SAGRATO DELLA CHIESA

Piazza Costituzione

7-10 Giugno

dalle 16 alle 18

June 7th to 10th

4pm to 6pm

FIONDA / Sling

BAR CENTRALE

8 - 10 Giugno dalle 18 alle 19 / June 8th to 10th from 6pm to 7pm

**In caso di maltempo / In case of bad weather Biblioteca Comunale Via Umberto I°, 6**

8 Giugno / June 8th

I FESTIVAL DI CINEMA THE CINEMA FESTIVALS

Modera / Moderated by Matteo Mandis

Incontro con

Meeting with Ajit Rai (Critico cinematografico/Film critic), Alice Arecco

(Milano Film Network), (segue pagina 42)

41

(segue dalla pagina 41)

Joe Juanne Piras (Andaras Traveling Film Festival, Sardegna),

Marko Montana

(Almagro Film Festival, Spagna)

e Till Dietsche (Cinemare International Ocean Film Festival Kiel, Germania)

9 Giugno / June 9th

CINEMA E DISABILITÀ / CI-

NEMA AND DISABILITY

Modera / Moderated by Matteo Mandis

Incontro con / Meeting with Francesco Stefanizzi (Attore e regista / Actor and director)

Giorgio Cingolani (Antropologo e regista / Anthropologist and director)

Marina Cuollo (Scrittrice e speaker radiofonica / Writer and radio host)

10 Giugno / June 10th

LE COMUNITÀ ENERGETICHE

THE ENERGY COMMUNITIES

Modera / Moderated by Maurizio Onnis

(Sindaco di / Mayor of Villanovaforru)

Incontro con / Meeting with Lorenzo Tecleme (Giornalista / Journalist)

Marco Sideri (Sindaco di / Mayor of Ussaramanna)

NOSUS E IS A TRUS CINEMA

TPrende il via a Cagliari mercoledì 31 maggio la terza edizione della rassegna cinematografica ‘Nosu e is atrus’: fino a novembre cinque giornate di proiezioni con ingresso gratuito che proporranno, alla presenza dei registi, cortometraggi e lungometraggi girati nelle lingue minoritarie.

La rassegna ha l’obiettivo di arricchire l’offerta culturale cittadina e di promuovere lavori realizzati in Sardegna mettendo a confronto film che raccontano esperienze di vita legate alla città, ai personaggi e alla storia di Cagliari (Nosu) con altre pellicole che affrontano punti di vista simili in altri luoghi della Sardegna (is Atrus).

La prima giornata, riservata alle scuole, si terrà mercoledì 31 maggio alle 17.30 al teatro Intrepidi Monelli di Cagliari con la proiezione del corto di animazione “Giù con Giuali” di Michela Anedda e dei cortometraggi realizzati, durante il laboratorio di cinema “Kentzeboghes Iscola”, dagli alunni della scuola dell’infanzia di Decimomannu e della scuola media di Villamassargia.

Durante la serata interverrà anche Nevina Satta (direttrice generale della fondazione Sardegna film commission).

“Il coinvolgimento delle scuole - spiega il diret-

Foto brunobani

tore artistico Paolo Carboni - rappresenta uno fra i più importanti elementi che caratterizzano le attività dell’associazione Babel: la giornata del 31 maggio sarà dedicata alla presentazione dei prodotti audiovisivi realizzati dagli alunni di alcune scuole che hanno partecipato ai laboratori scolastici gratuiti Kentzeboghes Iscola.

Il valore educativo del linguaggio audiovisivo è altissimo in ambito scolastico e permette di sviluppare l’espressione artistica, la formazione culturale e la comunicazione sociale degli alunni”.

Si proseguirà il 16 giugno sempre al teatro Intrepidi Monelli di Cagliari con una serata che vedrà la proiezione dei due cortometraggi vincitori del premio Kentzeboghes 2021.

Verranno infatti proiettati i corti “Arrivano i Venusiani” di Antonello Deidda e “Ranas”(foto in alto) di Daniele Arca.

La seconda parte della rassegna si svolgerà tra ottobre e novembre: domenica 1 ottobre al teatro Massimo di Cagliari ci sarà l’anteprima dell’ottava edizione del Babel film festival con la proiezione dei cortometraggi vincitori del premio Kentzeboghes 2022: “Sonallus” di Tomaso Mannoni e “Giù con Giuali” di Michela Anedda. Grazie alla collaborazione con il teatro Massimo di Cagliari e l’associazione Jazz in

Sardegna, a conclusione delle proiezioni si esibirà il cantautore tabarchino Matteo Leone nell’ambito della 43esima edizione del festival European Jazz Expo.

Le ultime due serate della rassegna si svolgeranno al cinema Odissea di Cagliari. Il 26 ottobre ci sarà la proiezione del film “Arbores – La storia perduta degli alberi della Sardegna” di Francesco Bussalai.

Il 2 novembre la proiezione dei cortometraggi “L’ultima Habanera” (2021) di Carlo Licheri, “Mammaranca” di Francesco Piras (2022), “Disco Volante” di Matteo Incollu (2016), “Ausonia“(2019) di Giulia Camba e Elisa Meloni. La rassegna si inserisce fra le attività collaterali della sesta edizione del premio Kentzeboghes che è sostenuto dalla Fondazione Banco di Sardegna, dalla Regione Autonoma della Sardegna con il patrocinio del Comune di Cagliari e della Città Metropolitana di Cagliari e con la collaborazione della Sardegna film commission.

https://www.sardegnareporter.it/2023/05/ cinema-a-cagliari-alvia-la-rassegna-nosu-eis-atrus/535086/

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na delle sue foto più famose ritrae Maria Lai con la pistola.

La grandissima artista sarda con un revolver in mano. Gioco, irriverenza, imprevedibilità.

In quell’immagine è raccontato il talento di Daniela Zedda, la fotografa cagliaritana scomparsa questa mattina all’età di 64 anni.

Per Daniela il ritratto era ricerca e contatto, un’arte del racconto più attenta alla sostanza umana che alla costruzione estetica. “Osservo, parlo, aspetto”, disse in una delle sue rare apparizioni televisive.

“Aspetto il momento in cui le persone si interiorizzano, rinunciano alla maschera. E si mostrano nella loro vera essenza”. Aveva cominciato quasi per caso, giovanissima, in una Cagliari magicamente travolta dalle stelle del jazz.

Unica ragazza in un mondo maschile.

Caracollava sotto il palco con il suo pesante armamentario, pronta a cogliere come nessun altro le guance rigonfie di Miles Davis, lo sguardo potente di Miriam Makeba, le mani di Dizzie Gillespie sulla tromba. Erano scatti istantanei, realizzati durante lo spettacolo.

Ma non c’era niente di casuale in quelle immagini perché Daniela Zedda cercava le sue foto con l’ostinazione ossessiva di

SE N’E ANDATA DANIELA ZEDDA

un pescatore di perle. Capace di ascoltare musica per giorni interi, pur di arrivare preparata all’incontro. Come se tutto fosse già disegnato nella sua testa e occorreva solo aspettare l’attimo per rendere quell’immagine concreta, accessibile al mondo.

Perfezionista fino all’ossessione, nella fotografia come nella vita (i suoi ritratti del jazz sarebbero stati raccolti nel volume Solitude, con i testi di Giuseppe Videtti, Imago Mulimedia editore).

Dai mostri sacri della musica sarebbe stato naturale per lei spostarsi nel mondo dell’arte e della letteratura, chiamata dai festival culturali sardi, prima l’Isola delle storie a Gavoi, poi Tuttestorie a Cagliari.

I suoi scatti hanno fatto il giro del mondo, raccolti nelle mostre di New York (anche nel palazzo del New York Times), di Parigi, di Praga e Budapest.

C’era qualcosa di speciale nei ritratti, non solo perché affidati alla formidabile invenzione del contesto di cui era indiscutibile regista - sempre all’ascolto dell’altro - ma anche perché erano capaci di comporre in armonia il volto più cupo e irregolare.

Non c’era scrittore, filosofo, maître à penser - anche tra i più scontrosi - che poi non le chiedesse la foto, cosa che provocava la sua compiaciuta ironia. Il segreto del talento era nella generosità che coincideva con il senso del bello.

U
Foto insulaelab

“Quando guardo una persona osservo le linee del volto, cogliendone luci e ombre, positivi e negativo. Poi c’è tutto il resto, il modo di gesticolare, la postura, l’atteggiamento davanti alla macchina. Io aspetto l’armonia e in quel preciso istante scatto” (alcuni dei suoi ritratti sono stati raccolti nel volume Al di là del mare con testi di Maria Paola Masala).

La Sardegna è stata il fil rouge del suo lavoro, un mondo culturale e antropologico mai consegnato alla mitografia folclorica, ma sempre reinterpretato attraverso i suoi artisti più sapienti e negli ultimi tempi attraverso la ricerca creativa di Antonio Marras, a cui la legava un’amicizia profonda.

Forse non è un caso che une delle ultime opere sia stata dedicata ai centenari sardi, un omaggio al territorio e contemporaneamente una riflessione sulla vita.

C’era una domanda esistenziale da cui è scaturito il volume Senes (pubblicato da con testi di Marcello Fois), un quesito che negli ultimi anni le stava a cuore. Che cosa spinge a vivere quando si è sopravvissuti agli amici più cari, agli affetti più intimi, alla propria stessa esistenza?

Solo chi ama profondamente la vita è interessato alla risposta.

Ed è capace di tradurla in immagini sospese, quotidiane e insieme eterne.

https://www.repubblica.it/ cultura/2023/05/28/ https://www.msn. com/it-it/notizie/other/ daniela-zedda-morta-la-fotografa-degli-artisti-il-ricordo-di-beppe-severgnini-i-suoi-ritratti-specchi-onesti/ ar-AA1bNUJS news/morta_daniela_zedda_fotografa_tra_arte_e_jazz402203287/

In fondo è stato questo l’ultimo dono di Daniela Zedda.

A chi le chiedeva se avesse mai fatto foto all’insaputa dei soggetti, rispondeva: “Non esistono per me scatti rubati perché rubare è il contrario di donare”.

La fotografia come dono, l’essenza d’un lavoro interrotto troppo presto.

Simonetta Fiori

...Ci siamo conosciuti a Cagliari in occasione della presentazione di un libro, nel 1992.

Mi ha dato appuntamento il mattino dopo alla spiaggia del Poetto. Mare d’inverno e cabine.

Mi ha squadrato: «Bello non sei, ma qualcosa possiamo tirar fuori».

Mi è piaciuta dal primo minuto; e poi, quando ho visto le immagini, ancora di più.

In quelle foto c’ero io: i suoi ritratti erano specchi onesti.

Come lei.

Era dolce e polemica. Ci sono grandi fotografi che puntano sull’empatia con il soggetto — Giovanni Gastel, ad esempio.

Daniela adottava invece il modello maestra d’asilo, giusta ma inflessibile. Bisognava fidarsi di lei, punto...

Vorrei chiamarla anche stasera, da Santa Teresa di Gallura, in questa bella sera di maggio, e prenderla in giro. Non posso farlo. Devo accontentarmi di ricordare i suoi monosillabi e i suoi scatti, entrambi impeccabili. Beppe Severgnini

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Foto danielazedda
Foto larepubblica.it

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