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wo r k sp ace s | SUMMARY

UN NUOVO HABITAT Snøhetta

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HEADQUARTER ZALANDO Studio Henn Studio Kinzo FLUID SPACES Arte Charpentier Architectes

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HOME-LIKE OFFICE Mode:lina Architekci

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SPAZI (E RISORSE) IN EVOLUZIONE 20

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MAKERS

DESTINATION SWAP Estudio Elia Irastorza Athiè Wohnrath Associados

EDITORIALE

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THINK TANK L’UFFICIO CHE VERRÀ POST COVID

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DAL LAYOUT ALLA BRAND IDENTITY 14

ALFONSO FEMIA JACOPO ACCIARO

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L’UFFICIO COME MICRO-CITTÀ 98 CM Design 102

TREND

BRAND STORYTELLING FOR. Design Planning

WELL OFFICE BUILDING 36 PUBLIC LIBRARY O MICRO-CITTÀ? 38

UN OFFICE FANTASCIENTIFICO 106 Fnji Interior Design

PROJECTS HEADQUARTER SWATCH Shigeru Ban

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OFFICE 2.0 OMA Rem Koolhaas

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NEUEHOUSE David Rockwell

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DIAMOND MEETING SPACE Evolution Design

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SPECTRIS CENTER Studium

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SPACES MILANO Laboratorio Permanente

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SEXY & JOYFUL Masquespacio

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COUNTRY OFFICE Studio Piet Boon

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DESIGN & BRAND THE SOUND OF SILENCE Focus Acustica

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In copertina Gusto Headquarter, San Francisco Progetto studio Gensler

TECNO TCLUB Tecno - Philips

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WORKING SPACES Pedrali

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THE EDGE Axolight

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MOVING COLOURS Mara

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HEADQUARTER T&T Viganò

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spaces ALLEGATO A CONTRACT BOOK N. 5 Dicembre 2020 EDITOR-IN-CHIEF

Antonia Zanardini EDITOR-AT-LARGE

Lorenzo Noè

UN VILLAGGIO CONTEMPORANEO 134 Uniform SHOW OFF Prodotti e soluzioni

ART DIRECTOR

Lisa Fumagalli

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COORDINAMENTO EDITORIALE

Roberto Negri

DESIGN E TENDENZE

Claudio Moltani

ARCHITETTURA E PROGETTI

Francesca Tagliabue CORRISPONDENTI

Paola Camillo (New York) Francesca Comotti (Barcellona) Raffaella Oliva (Berlino) Paola Vallatta (Parigi) REDAZIONE E COORDINAMENTO

Roberta Bonanno direzione@contractnetwork.it EDITORE

Contract Network srl Piazza Amendola 3 - Milano

contractnetwork.it

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w o r k s p a c e s | EDITORIAL

OFFICE FUTURE LAB Si è svolta a ottobre, a Roma, la nona edizione del Coima Real Estate Forum, evento annuale dedicato ad analizzare e approfondire i trend del mercato immobiliare italiano. Evento durante il quale Coima ha presentato il rapporto “Il futuro degli uffici” da cui è emerso con chiarezza che il lavoro remoto diventerà una componente più strutturale dell’organizzazione aziendale, anche se con gradi diversi a seconda dei settori. Un possibile scenario di medio termine potrebbe infatti vedere l’adozione del lavoro remoto in Italia crescere dall’attuale 5% al 30-40%, ovvero una percentuale doppia rispetto alla media europea del 17% e in linea con l’attuale livello dei Paesi nordici. Un dato sorprendente, che si prevede avrà un forte impatto sugli spazi a uso ufficio. Coima stima che un’ipotetica azienda - che non adottava il lavoro remoto pre-Covid - potrebbe ridurre il proprio fabbisogno di spazi a uso ufficio del 5-10% attraverso un’adozione medio-bassa del lavoro remoto o del 10-30% attraverso un’adozione elevata. Il rapporto evidenzia anche che, per favorire un maggior grado di collaborazione tra i dipendenti, lo spazio uffici destinato alle aree comuni potrebbe aumentare dall'attuale 40% al 5060% circa. Dati che, in sintesi, confermano come il progetto di nuovi e diversi workspace sarà centrale e strategico per il prossimo futuro. E lo sarà per tutti, real estate, aziende e progettisti. Anche noi ne siamo profondamente convinti, al punto che, in corso d’opera, abbiamo deciso di dare vita a WorkSpaces, un magazine-supplemento che nel 2021 sarà semestrale e allegato a Contract Book. Per informarsi e riflettere sui luoghi nei quali, a breve, penseremo, ci confronteremo e daremo forma a nuovi spazi, prodotti e idee. Antonia Zanardini

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T H I N K TA N K

L’UFFICIO CHE VERRÀ SARÀ BELLO, APERTO, FLESSIBILE E TECNOLOGICO, E IN GRADO DI DIALOGARE CON LA CITTÀ E IL TERRITORIO. CONTENITORE DI NETWORK E RELAZIONI, HUB DI IDEE E CREATIVITÀ. DISEGNATO IN SINTONIA CON I BISOGNI, LE ESPERIENZE E LE EMOZIONI DELLE PERSONE txt Roberto Negri

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li ospitano. Acceleratore, più che artefice, perché al di là delle misure di sicurezza recentemente adottate, altre dinamiche e fenomeni sono già da tempo in atto. L’evoluzione delle forme del lavoro contemporaneo, in particolare quelle dei cosiddetti “knowledge workers”, già da alcuni anni ha infatti innescato una progressiva ridefinizione dell’identità degli ambienti office come contenitori di relazioni e acceleratori di idee e innovazione supportati da servizi e facility, concepiti all’insegna

isruption” è il termine che la lingua inglese utilizza per descrivere rapidi cambiamenti di paradigma che portano a un generale ripensamento delle modalità di lettura e interpretazione della realtà che ci circonda. Una profonda trasformazione, a volte fluida e a volte traumatica, ma sempre rivoluzionaria. E l’attuale emergenza sanitaria è certamente uno straordinario acceleratore del cambiamento di stili di vita e di lavoro, così come degli ambienti che

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The Honest Company, progetto Rapt Studio In apertura, l'Innovation Powerhouse di Eindhoven disegnato da Atelier Van Berlo

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potenzialità. Un approccio che oggi parte dall’enorme potenziale di relazioni fra workspace e ambito urbano, il cui confine si fa sempre più sfumato, e rappresenta una straordinaria occasione per (ri)costruire un legame con la comunità trovando nuovi significati e funzioni per un patrimonio immobiliare il cui tasso di occupazione è destinato a un profondo mutamento. In questa ottica, il piano terra dell’edificio si apre all’esterno e ospita spazi dedicati al coworking, a iniziative culturali o a eventi, secondo una visione in cui l’office building non è più slegato dal contesto ma struttura socialmente integrata, in grado di offrire un contributo importante alla comunità. Ma anche una risposta all’esigenza di reimmaginare il ruolo dell’edificio per uffici che nel prossimo futuro, con l’espansione sempre più accelerata di modalità di lavoro remote e distribuite, dovrà necessariamente trovare nuovi significati e funzioni. Gli ultimi mesi hanno indotto le aziende a imprimere un’ulteriore accelerazione al ripensamento strategico dell’ufficio tradizionale, dai suoi spazi fisici ai protocolli di controllo, dalla gestione delle risorse umane alla cultura organizzativa che lo governa. Inoltre, lo smart working indotto dalla pandemia ha manifestato evidenti vantaggi in termini di migliore equilibrio fra lavoro e tempo libe-

della trasversalità e dell’ibridazione e perciò sempre più lontani dalla rigidità distributiva e funzionale dell’ufficio tradizionale. E, a una scala superiore, inseriti in un ambito urbano non più concettualmente e fisicamente separato, ma al contrario affluente di una fitta e vitale rete di relazioni. Una trasformazione alla quale architettura e interior design stanno fornendo un importante contributo. Gli obiettivi sono chiari: generare spazi più accoglienti, in grado di ospitare più servizi e tecnologie ma anche più qualità estetica, migliorare il benessere mentale ed emotivo degli utilizzatori, stimolare la creatività e il lavoro di squadra. Anche grazie a un dialogo più stretto con il tessuto sociale che li circonda. Dall’ufficio alla città Una delle lezioni che questa particolare fase storica ci sta impartendo è la riscoperta del valore della socialità. La dimensione umana, e in particolare la relazione tra uomo e spazio architettonico, è sempre più al centro di un approccio alla progettazione in sintonia con i bisogni e le attese delle persone, la loro dimensione emotiva, capace di impattare positivamente sulle attività e sulle esperienze che queste vivono all’interno degli spazi che li accolgono e di creare le condizioni più favorevoli all’espressione delle loro

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Headquarter Gusto a San Francisco, progetto Studio Gensler. Pagina a fianco, Fitler Club Philadelphia, progetto M-RAD Architecture

ro, maggiore autonomia organizzativa e minore impatto sull’ambiente urbano dovuto alla riduzione dei trasferimenti. Accanto alle ricadute positive tutto ciò ha tuttavia fatto emergere con evidenza il tema, altrettanto cruciale, della necessità di mantenere il tessuto di relazioni personali e professionali dell’ambiente di lavoro, che le piattaforme informatiche hanno in questo periodo surrogato ma che non può prescindere dalle interazioni umane. Significative, in questo senso, le statistiche emerse dalle numerose indagini condotte in questi mesi, dalle quali emerge che le relazioni restano insostituibili, non solo per il benessere emotivo e psicologico ma anche per le performance aziendali. In questa ottica, la progettazione in ambito office si orienta verso una complessa sintesi: bilanciare i vantaggi dello smart working con quelli offerti dal lavoro in presenza. Un orientamento di per sé non nuovo, poiché la crescente diffusione di modalità di lavoro ibride già da tempo ha generato nuovi spazi activity-based, supportati da un utilizzo esteso della tecnologia e svincolati dalla postazione di lavoro fissa. Spazi in cui comfort e benessere sono perseguiti anche attraverso la ricerca di una maggiore qualità estetica e di soluzioni proprie degli spazi abitativi e dell’ospitalità. A questo fenomeno si sta affian-

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cando un’ulteriore tendenza: l’allontanamento dal tradizionale headquarter a favore di uffici di prossimità di minori dimensioni, decentrati ma strategicamente localizzati per consentire un rapido accesso alla sede centrale. La sede diviene così un hub in cui ospitare meeting periodici e momenti di lavoro collaborativo, i cui spazi non utilizzati possono essere rifunzionalizzati per soddisfare una nuova domanda di servizi e attività, sia interne sia del contesto urbano circostante (coworking, strutture benessere, auditorium, spazi per eventi). Workplace e team working Fino a un recente passato, a questo approccio si contrapponeva una concezione guidata dalla necessità di massimizzare l’utilizzo delle superfici e il numero delle postazioni di lavoro, con un progressivo abbassamento del rapporto spazio/scrivania. Tendenza che si accompagnava a una rigida separazione dagli ambienti dedicati al team working e ai servizi. Ripensare il workspace in un’ottica orientata alla collaborazione e alle interazioni significa al contrario abbracciare un concetto totalmente nuovo, che vede gli spazi fisici dell’ufficio come elemento strategico di una rete di supporto organica per una forza lavoro distribuita. Quindi, la sin-


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In questa pagina, Uffici a Chicago, progetto Alvisi Kirimoto Pagina a fianco, la nuova sede di Jerde, progetto Rapt Studio

gola postazione di lavoro non è più centrale e trainante, e la pianificazione distributiva degli spazi diventa molto più granulare. Il puro criterio numerico di occupazione viene affiancato, se non interamente sostituito, da un approccio che privilegia forme lavoro svincolate dalla presenza fisica, che può invece essere periodicamente programmata come momento di confronto e verifica. Tutto ciò modifica radicalmente l’impostazione distributiva, che deve implementare gli spazi di circolazione e di servizio e ridurre la superficie dedicata alle postazioni di lavoro (secondo recenti studi fino al 30% in meno). Un’importante de-densificazione degli spazi che nell’immediato risponde alle esigenze di sicurezza sanitaria, ma che in prospettiva lascia spazio alla progettazione di ambienti di qualità superiore, in grado di migliorare l’esperienza degli utenti, la loro creatività e le loro performance. Uffici ad assetto variabile Riorientare il workspace in un’ottica aderente ai nuovi modelli di lavoro, al collaborative working e al benessere degli utilizzatori significa anche creare ambienti rapidamente riconfigurabili, con una separazione flessibile tra postazioni individuali ​e ambienti condivisi. In questa transizione dell’ufficio da puro spazio fisico ad ambito di relazione, le singole workstation mantengono un ruolo importante, pur se probabilmente ridotte nel numero e non tutte assegnate in permanenza a un unico utilizzatore e riarticolate in minihub dedicati a specifici gruppi di lavoro. E anche ridisegnate per interpretare esigenze e aspettative individuali. I sistemi di illuminazione possono essere calibrati e impostati in funzione delle abitudini del suo utilizzatore. Arredi, scrivanie e sedute possono variare in altezza, forma e materiale, non solo per motivazioni legate al comfort ma anche per restituire alla persona il controllo del suo spazio di lavoro. Mentre soluzioni per il distanziamento e la sicurezza individuale possono essere personalizzate per adeguarsi alle preferenze del singolo, generando una sensazione di maggiore sicurezza. Alla scala dell’edificio questo nuovo approccio necessita, in prospettiva, anche di immobili più intelligenti, in cui la tecnologia crea ambienti di lavoro in linea con le esigenze psicologiche, emotive e funzionali dei suoi occupanti. L’edificio, ad esempio, può rilevare in tempo reale la qualità dell’aria interna ed esterna, mappare e indicare gli spazi di lavoro disponibili. E ancora, definire percorsi sicuri da un’area all’altra tramite display interattivi o monitorare l’occupazione e l’accessibilità di aree di servizio come bagni, aree ristorazione e spazi dedicati al relax e alla socialità. Stiamo insomma assistendo a un’accelerazione di processi trasformativi già in atto, di cui oggi emergono con chiarezza vantaggi e criticità. L’evoluzione del lavoro verso forme sempre meno legate alla presenza quotidiana in ufficio è destinata a proseguire, senza tuttavia sostituire integralmente il lavoro in presenza, che rimane indispensabile promotore e veicolo di idee, creatività e relazioni. Accompagnare questa transizione significa permettere a una forza lavoro sempre più smart di scegliere con flessibilità come e dove svolgere le proprie attività. Mettendo a sua disposizione uffici più aperti, flessibili e tecnologici, capaci di ospitare sia attività individuali che di team working. Al design il compito di renderli anche più confortevoli e belli. |end


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POST COVID

LA DIVISIONE WORKSPHERE DI STUDIO IL PRISMA RIFLETTE SUL FUTURO DEGLI SPAZI OFFICE. PERCHÉ QUELLO CHE LA PANDEMIA HA CAMBIATO SONO SOPRATTUTTO GLI EQUILIBRI DI QUESTO COMPLESSO ECOSISTEMA a cura della redazione

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a Worksphere è stata colpita da un meteorite che ne ha modificato forme ed equilibri. Quando il meteorite sarà passato, bisognerà capire quale nuova posizione, dimensione e ruolo prenderanno questi elementi, in un mondo che non sarà più quello di prima. Fino a ieri, infatti, gli spazi di lavoro all’avanguardia e adatti alla introduzione dello Smart Working erano quelli basati sul concetto di Activity-Based-Working, cioè la previsione di aree di lavoro open e di aree di supporto dedicate allo svolgimento di diverse attività. Il concetto alla base era quello di mettere i lavoratori nelle condizioni di scegliere il luogo più adatto a svolgere il task o l’attività in cui erano impegnati. Il workplace era cruciale come perno in cui ospitare le attività di collaborazione, socializzazione, creatività/innovazione e diffusione della cultura aziendale. La parte fisica e virtuale erano entrambe presenti, ma ancora con una netta predominanza della componente fisica in un rapporto 80/20 rispetto a quella digitale. C’era una grande potenzialità della seconda a crescere, ma senza che ci fosse una diffusa e reale volontà delle aziende a operare in questo senso. Da un giorno all’altro, la diffusione del Covid-19 ci ha catapultato in un modo di lavorare completamente diverso in cui tutti quelli che lo possono fare lavorano in remoto. Le aziende si sono attrezzate per dotare i loro lavoratori di computer, connessioni di rete e VPN così da consentire al maggior numero possibile di persone di continuare a lavorare dalle loro case. Una ricerca BVA Doxa afferma che in in questo periodo il 73% delle aziende italiane ha introdotto politiche di lavoro agile in maniera “massiva”, ovvero applicato al maggior numero di persone. La Worksphere di questo periodo è però fortemente sbilanciata: lavorando da casa non si tratta di Smart Working, ma di Covid-working. Nel lavoro forzato da remoto, non c’è nulla che ricordi la “possibilità di scegliere il luogo e la situazione più congeniali allo svolgimento di una attività”. Il rapporto fisico digitale si è spostato a favore del digitale e il workplace aziendale si è completamente svuotato, mentre le abitazioni si sono rivelate spesso inadatte al loro nuovo ruolo. Tuttavia, questa situazione, per quanto non ottimale, ha fatto fare degli importanti passi avanti: sempre secondo la ricerca BVA Doxa, per due aziende su cinque i cambiamenti organizzativi introdotti in questo periodo saranno continuativi anche a emergenza finita. Alla luce di questa esperienza presente, cerchiamo quindi di capire cosa fare “domani”. Una visione del futuro Occorre distinguere tra la fase attuale e una visione per il futuro. La Worksphere vedrà la prevalenza di due luoghi: le abitazioni e lo spazio ufficio, che tornerà a popolarsi, ma con regole nuove. Sarà qui che le aziende dovranno fare “hacking” dello spazio di lavoro: adattare ciò che esiste alle mutate esigenze e necessità. Sei i pillar di questo ripensamento e adattamento degli spazi esistenti: - Definire le priorità: analizzare il business e l’operatività per capire quali team abbiano assoluta necessità di occupare lo spazio ufficio e per svolgere quali attività. - Definire i flussi: una volta identificate chi e quante persone devono tornare in ufficio, capire secondo quali turni, orari e modalità di accesso. - Adattare gli spazi alle attività: in base a ciò che le persone dovranno fare, gli spazi esistenti dovranno essere riadattati. - Ridefinire le norme igieniche e di sicurezza - Environmental branding, internal communication e segnaletica: saranno elementi fondamentali per guidare i flussi, comunicare i comportamenti richiesti, aiutare le persone a fare proprie nuove abitudini igieniche e di interazione.

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- La connessione digitale: sarà un elemento imprescindibile per la continuità del business. In questa fase, possiamo aspettarci che solo chi avrà necessità si recherà in ufficio. Il rapporto tra fisico e digitale sarà ancora a favore del secondo in un rapporto 30/70. Ma dobbiamo interrogarci su cosa accadrà nel lungo periodo. Gli obiettivi delle aziende saranno gli stessi: funzionare con efficacia ed efficienza, innovare ed evolvere per mantenere il vantaggio competitivo, avere una forza lavoro con forte senso di appartenenza all’azienda, ingaggiata e motivata. Quello che cambierà sarà come questi obiettivi saranno raggiunti. Quale sarà la Worksphere ideale? Quali elementi la compongono e come sono in relazione? Come capitalizzare le esperienze fatte in questo periodo? La nuova Worksphere dovrà essere divisa equamente tra lavoro remoto e in ufficio? Il workplace dovrà diventare uno spazio flagship dedicato alla relazione con i clienti? O bisognerà avere a disposizione configurazioni spaziali meno definite e più versatili, più simili a spazi eventi e meno a uffici come li conosciamo? Ci saranno team che potranno lavorare sempre in remoto? Come si tiene coesa e ingaggiata una forza lavoro che non si incontra fisicamente? Definire la visione con l’aiuto di partner qualificati, alimentare il dibattito e la creazione di soluzioni è qualcosa che le aziende devono iniziare a fare subito, utilizzando il “futuro prossimo” come un laboratorio per sperimentare soluzioni e innovazioni. |end


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DAL LAYOUT ALLA BRAND IDENTITY MULTIDISCIPLINARIETÀ E SINTESI DI COMPETENZE. È QUESTO L’IDENTIKIT DELL’OFFICE STRATEGIST, FIGURA PROFESSIONALE DI RACCORDO FRA COMMITTENZA E PROGETTAZIONE, MA ANCHE INTERPRETE DI UNA NUOVA CONCEZIONE DELLO SPAZIO UFFICIO COME VEICOLO DI IMMAGINE, VALORI, IDENTITÀ. NE PARLIAMO CON OTTAVIA PELLONI DELLO STUDIO IL PRISMA txt Claudio Moltani

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office design è una disciplina complessa cui concorrono aspetti funzionali, formali e distributivi, ma anche legati alla sfera emozionale e alla comunicazione in quanto veicolo della brand identity. In questa ottica lo spazio fisico dell’ufficio deve essere in grado di trasmettere i valori e la visione dell’azienda, saper creare engagement e condivisione di obiettivi, costruire e valorizzare il legame identitario che unisce le persone, la società e l’ambiente. La parola chiave di questa complessa sinergia di obiettivi è multidisciplinarietà. Le competenze chiamate in causa non si limitano infatti alla sfera del design e della progettazione ma coinvolgono anche nuove expertise che spaziano dal management al brand consulting, dal marketing alla consumer behaviour. Serve quindi una figura di sintesi, in grado di interpretare le esigenze e le aspettative delle aziende finalizzandole al progetto di design. Oggi questa figura esiste ed è l’Office Strategist, professionista dalle competenze trasversali che spaziano dall’architettura al design, dalla psicologia al marketing. Ed è proprio questo l’identikit di Ottavia Pelloni

dello studio milanese Il Prisma. Laureata in management alla Bocconi, una carriera internazionale nel brand consulting, una formazione in interior design allo IED, Ottavia Pelloni e la business unit Worksphere di Il Prisma applicano il pensiero strategico e le competenze di management e branding nella progettazione di luoghi di lavoro innovativi. Il nostro incontro ci ha offerto una prospettiva su un profilo professionale ben radicato a livello internazionale e che nel nostro paese, complice una sempre più rapida evoluzione del concetto di spazio ufficio, ha oggi ampi orizzonti di espansione. Cambia lo spazio ufficio, cambiano le esigenze connesse e se ne aggiungono di nuove: qual è il contributo di Il Prisma alla trasformazione in atto? Seguiamo le evoluzioni del settore per anticiparne le dinamiche future e immaginare e concretizzare ambienti che siano sempre più adatti alle nuove esigenze. Stabiliamo connessioni strategiche fra progetti e obiettivi per potenziare l’identità aziendale e condensarli in spazi adatti ai vari team, ai collaboratori ma anche a

La nuova sede di Volkswagen Financial Services a Milano progettata dallo studio Il Prisma

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L'headquarter di Bain & Company in Piazza Cordusio a Milano. Progetto Il Prisma

il progetto dello spazio. Ci viene chiesto molto spesso di intervenire per facilitare la comunicazione interna dell’azienda e delle sue varie ramificazioni, come anche di implementare e trasferire negli spazi nuovi modelli e flussi collaborativi, in cui i cluster di postazioni non siano chiusi in se stessi ma in continua relazione reciproca. Da qui l’importanza di ambienti aperti agli incontri, non solo di lavoro ma anche informali, come una sala break. Il Prisma era presente ad All Around Work, la manifestazione che ha fatto il punto sull’evoluzione del mondo office. Emergeva, da quel contesto, la necessità di ampliare le proposte, le tecnologie, i prodotti destinati ai workspace…

fornitori, partner e ospiti. La nostra business unit è formata da figure che provengono da diverse professionalità e questo aiuta a capire meglio come lavora l’azienda che si rivolge a noi, la sua mission, la sua visione e le sue esigenze. Noi interveniamo soprattutto nella fase iniziale, quella di definizione delle esigenze del brand. Esigenze che spesso sono inespresse, nascoste dietro una sorta di “lista della spesa” che snocciola quante sedie, quanti tavoli, quanti punti luce e così via. Noi iniziamo con il dire che lo spazio lavoro non è una situazione fissa e immutabile, ma al contrario attiva per sua natura diversi comportamenti e modalità di relazione. Su questa base si passa alla fase operativa, quella da cui scaturisce concretamente

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Sicuramente stiamo assistendo al consolidamento di un trend che ha come protagonista la smaterializzazione del legame tra lavoro e spazio fisico dell’ufficio tradizionale a favore della sua distribuzione in contesti che vanno dall’abitazione agli spazi di coworking. È un momento certamente particolare, emergenziale, e l’accelerazione di alcune dinamiche va letta anche in questa luce, ma è sicuramente un trend che si va consolidando e che continuerà ancora. In questa cornice, la nostra business unit Worksphere sviluppa spazi di lavoro dove le persone possono lavorare in condizioni psicologiche ed emotive ottimali, capaci di creare brand engagement, in un contesto sempre più ibrido dove presenza fisica e digitale si compenetrano.

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Parli di contesti ibridi, un concetto che trovo ancora difficilmente applicabile in molte aziende. Trovi che la situazione stia effettivamente cambiando? I paradigmi classici della progettazione degli spazi ufficio stanno vivendo una profonda trasformazione. Prima si progettava lo spazio fisico, l’ufficio, e poi al suo interno si implementava la parte digitale. Ora tutto questo va profondamente ripensato. Basti pensare alla gestione delle riunioni miste, con una quota di persone presenti in azienda e un’altra connessa da remoto. È una situazione che spesso si rivela difficile da gestire. Il successo di una riunione in modalità mista dipende in parte dal layout degli spazi, e il vecchio concetto di


ufficio non aiuta di certo: la sala è quella classica, un grande tavolo circondato da sedie, uno schermo, un microfono direzionale. L’abitudine a questo tipo di meeting non è ancora radicata, le persone collegate in remoto spesso vengono come dimenticate, sono una presenza lontana, e il microfono direzionale le taglia fuori dal vivo della discussione. Dobbiamo invece introdurre e insegnare nuove modalità. Gli strumenti già esistono, ad esempio un microfono ambientale in grado di includere tutti i partecipanti, grandi schermi ad arco che offrono maggiore compartecipazione, anche visiva, e sale riunioni dove tutti possono guardare comodamente lo schermo.

Tra gli ultimi progetti office di Il Prisma anche il nuovo Headquarter Sorgenia a Milano

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Spazi dove anche l’estetica ha un ruolo fondamentale… Certo, il tema estetico è importante quanto la funzionalità degli spazi, l’ergonomia dei prodotti, l’illuminazione. Sono legati, strettamente interconnessi fra loro, e noi lavoriamo sull’intera filiera di questi aspetti come componenti della progettazione. L’obiettivo è quello di offrire un’esperienza funzionale ed emozionale, che sappia coinvolgere tutti e impronti tutti gli spazi di lavoro. È fondamentale saper intervenire sui colori, sulla luce, sulla tattilità dei materiali. Stiamo anche assistendo a una crescente diffusione di materiali intrinsecamente salubri come il rame, l’ottone, l’acciaio, facili da pulire e igienizzare. Ricordiamoci che un buon ambiente di lavoro trasmet-

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te emozioni e piacevoli sorprese. E il tema dell’esperienza diventerà sempre più centrale nell’organizzazione del lavoro. Lavoro di prossimità, lavoro diffuso, smart e home working stanno mettendo in secondo piano il ruolo dell’ufficio? Trovo sia ancora molto importante che un’azienda abbia un suo centro di gravità identitario, un luogo che sappia raccontare e trasferire l’immagine del brand e i valori aziendali. L’ufficio diventerà sempre più un luogo di condivisione, di training e coaching, dove si lavorerà in team hub e non dai singoli desk. E anche il manager uscirà dal suo ufficio d’angolo, con vista meravigliosa, per entrare in questa dinamica di condivisione. |end


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SPAZI (E RISORSE) IN EVOLUZIONE OPEN SPACE, SMART WORKING E NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI. IL DESIGN RIDEFINISCE IL LAYOUT, MA QUAL È L’OPINIONE - E LA VISIONE - DI CHI SI OCCUPA DI MANAGEMENT E DIREZIONE DELLE RISORSE? LO ABBIAMO CHIESTO A PAOLO IACCI, PRESIDENTE DI AIDP PROMOTION, SOCIETÀ DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE txt Lorenzo Noè

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fa, nel 2015, con i più grandi uffici open space del mondo, realizzati per Facebook in soli 18 mesi da Frank Gehry a Palo Alto, in piena Silicon Valley, in grado di contenere lungo un unico corridoio oltre 2.000 ingegneri. Il covid ha ridotto quei meravigliosi uffici più simili a una città deserta, ponendo molti dubbi sulla loro funzionalità. In realtà, ancor prima della pandemia, nel numero di dicembre 2019 l’autorevole rivista di management Harvard Business Review era intervenuta in maniera molto critica. Uno studio condotto sui dipendenti di un centinaio di aziende aveva evidenziato come negli uffici open space si registrino il 66% in più di congedi per malattia rispetto ai classici uffici, le conversazioni calano del 73% a beneficio della messaggistica istantanea e delle e-mail (+67%). Sembra che gli impiegati accusino costanti rumori di sottofondo che fanno loro perdere la

li spazi di lavoro si stanno trasformando per rispondere alle esigenze di una mutata organizzazione. L’interior design cerca così di dare risposte a un fenomeno che è in corso da tempo e che i recenti eventi legati alla pandemia stanno solo accelerando. Abbiamo chiesto cosa ne pensa a Paolo Iacci, manager d’impresa e psicologo del lavoro, con una lunga esperienza come direttore delle risorse umane, docente all’Università Statale di Milano e, attualmente, presidente di Eca Italia e AIDP Promotion, società dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale Gli spazi di lavoro sono sempre più luoghi di interazioni, di scambio di competenze e di apprendimento continuo. Quali sono le esperienze attuali più significative a riguardo? La pandemia sembra aver messo in crisi il modello “open space” che aveva raggiunto il suo massimo splendore solo pochi anni

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In apertura e sopra, Headquarter Gusto a San Francisco, progetto Studio Gensler A fianco, due progetti dello studio Il Prisma: la sede Bacardi a Milano e gli uffici Linkedin a Parigi

concentrazione e desiderino avere più privacy. Probabilmente rimane però ancora vero che il non avere delle barriere fisiche possa rendere più semplice parlarsi, vedersi, scambiarsi idee e dividersi i compiti. Probabilmente si dovrà trovare il giusto compromesso, dividendo i dipartimenti che svolgono mansioni simili, destinando uffici privati a chi per lavoro telefona tutto il giorno per evitare di distrarre il team creativo che invece può riunirsi in un’aerea comune dove potersi confrontare e sviluppare idee. Io credo che dovremo passare da uffici open-space a uffici cosiddetti “semi-open space”. Gli ambienti domestici e gli spazi di lavoro si stanno ibridando. Da un lato aumentano le persone che lavorano da casa, dall’altro gli spazi di lavoro diventano più domestici. Intravedi futuri sviluppi? In questi mesi di pandemia milioni di persone hanno continuato a lavorare da casa. Non possiamo pensare che una volta trovato il vaccino questa esperienza collettiva possa essere completamente cancellata. Lo smart working è entrato di prepotenza nelle abitudini dei lavoratori italiani e i vantaggi sono sotto gli occhi di tutti. Minori spostamenti, un impatto positivo sull’ambiente, un senso di maggiore libertà per l’individuo. D’altro canto, non possiamo pensare di non avere più le persone fisicamente riunite in uno stesso luogo: l’interazione da remoto non è uguale a quella in presenza, diventa più difficile la cono-

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scenza delle persone tra loro, la coesione dei team e il senso d’appartenenza a uno stesso gruppo. Probabilmente andremo verso un modello ibrido, fatto di tempi di lavoro in ufficio e tempi di lavoro svolti da remoto. A questo proposito, le recenti necessità di contenimento della pandemia hanno evidenziato l’importanza di ripensare gli spostamenti urbani. Il modello della fifteen-minute city presume la vicinanza fra residenze e luoghi di lavoro. È un modello che ritieni praticabile? Già in questi mesi stiamo notando che le imprese contrarie allo smart working fanno maggiore fatica a reclutare le risorse, soprattutto i ragazzi della generazione Z, i veri nativi digitali. Lavorare da remoto non vuol dire però necessariamente dover stare in casa, dove magari gli spazi sono ristretti e manca la necessaria tranquillità. Dobbiamo pensare a un lavoro svolto “altrove”. Stanno già oggi nascendo spazi di coworking e ibridi. Librerie dove si può anche studiare o lavorare, uffici dove si può “affittare” una scrivania per poche ore o una piccola sala riunioni per un pomeriggio. Anche il rapporto tra l’azienda e il territorio di riferimento sta cambiando. A Milano, ad esempio, la sede di Microsoft o i nuovi uffici di Aon prevedono spazi aperti al pubblico dove poter svolgere eventi e organizzare manifestazioni pubbliche. Stiamo andando verso un nuovo rapporto tra i luoghi di lavoro, il territorio e le persone. |end


workspaces | MAKERS

Alfonso Femia DA SEMPRE ATTENTO AL RAPPORTO FRA IL PROGETTO E I LUOGHI, ALFONSO FEMIA RIMARCA L’IMPORTANZA DI UNA ARCHITETTURA NON FOCALIZZATA SOLO SULL’ESTETICA, MA AL CONTRARIO CAPACE DI DIALOGARE E CONTAMINARSI CON IL TERRITORIO txt Claudio Moltani ph Stefano Anzini e Luc Boegly

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l’interlocutore ideale per parlare, trasversalmente, di progetto, architettura e workspace. Perché, come lui stesso ha detto in apertura della manifestazione: “Occorre un ripensamento totale dell’office, nelle sue strategie, nei dispositivi, nel rapporto con gli insediamenti e le città… occorre capire che, in epoca post lockdown, siamo su una pagina nuova di un nuovo libro”.

lfonso Femia è stato fra gli ideatori e promotori di All Around Work, la manifestazione che si è da poco svolta a Milano, nella quale si sono confrontati studi di architettura e di ingegneria, general contractor, produttori di arredamento per uffici e di tecnologia per capire e analizzare il presente e disegnare il futuro degli ambienti lavorativi. Ci è quindi sembrato

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Smart working, home work, coworking, uffici di prossimità. A breve e medio periodo, dal tuo punto di vista, cambierà qualcosa nel mondo office? Credo che, per quel che riguarda l’architettura in sé, non vi sarà nessun cambiamento a breve. Bisogna però ragionare, fin da subito, su come si fa una città, e sul concetto stesso di città, perchè veniamo da un periodo dove è stata vissuta e interpretata in modo molto, troppo lontano dalla realtà. Come se un prodotto appena superato da una nuova tecnologia, o anche dall’effimero di una moda, continui a venire venduto perché bisogna finire le scorte di magazzino. Invece le città devono evolvere, anche con i processi lenti che caratterizzano l’evoluzione. Il tema è capire se e come i punti

di equilibrio fra i vari aspetti e le diverse necessità possano ridurre la bulimia del mondo office, che troppo spesso si manifesta con la costruzione di nuovi uffici - vere e proprie bolle economiche - e con l’abbandono di edifici che, invece, hanno ancora molto da dire. Le aziende come stanno affrontando questi temi? Le aziende ormai hanno capito che lo smart working, in tutte le sue declinazioni, è una modalità che funziona, offre risultati e garanzie, e per di più permette notevoli risparmi sulle spese fisse. Dunque, le aziende stanno iniziando a comprendere che c’è un problema di spazi e della loro sovrabbondanza. Sicuramente le modalità di coworking sono più che interessanti, così come gli uffici di prossimità, che potrebbero essere “elementi di quartiere”

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che riducono, anche, i tempi di mobilità fra abitazione e lavoro. Nuove modalità di lavoro e nuovi luoghi deputati al lavoro che risultano validi per diverse generazioni, che hanno esigenze e budget molto diversi. È un tema mai seriamente affrontato in Italia, ma si dovrebbe iniziare a ragionare sul rapporto fra studentati, pensioni, abitazioni, dove “qualcosa” che nasce come ufficio può anche trasformarsi in una residenza. Detto questo, occorre chiarire che la città non è in crisi. È fragile, questo sì, perché da troppo tempo è rimasta solo una città e non un insieme di cittadini, perché si è estremizzata l’idea (folle) di una crescita continua. Carlo Ratti dice che “gli edifici sono un faro per l’innovazione, dove si stabiliscono quei legami deboli tra conoscenze casuali

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che sono cruciali per produrre nuove idee”… che ne pensi? L’edificio non è mai solo l’involucro in sé. Un’idea di architettura che si apre e chiude attorno all’edificio non mi appartiene. L’architettura deve saper dare delle risposte al contesto, alla socialità, ai temi attuali, che fra l’altro in questo particolare momento storico sono molto comuni e vicini al di là della distanza fisica. Ogni volta, l’edificio è un’occasione narrativa inserita in un processo culturale. Un progetto è, o dovrebbe essere, un atto di responsabilità nei confronti della gente comune, un atto che mette a disposizione elementi quali la luce, gli spazi e la loro suddivisione. È quello che abbiamo cercato di fare, per esempio, nella realizzazione della sede di Roma della BNL, dove la committenza era una banca che


Questa narrazione si svolge anche attraverso i materiali? Anche perché tu parli spesso di materia, e non di materiali… In francese Matériel e Métier rimandano immediatamente a una radice comune, sono termini che anche etimologicamente parlano di artigianalità, di territori comuni. La materia è una filiera di pensiero, e qui veniamo all’aspetto del tempo. Occorre tempo (tanto!), prima per pensare e poi per concretizzare un progetto. Non possiamo “perdere” quel plus che è il tempo, perderemmo altrimenti anche il concetto stesso di materia. Trovo interessante quel che sta avvenendo in Cina, un paese certamente contraddittorio ma ricchissimo di cultura, di mestieri, di tradizioni. Trovo che in Cina si stiano muovendo bene su questo doppio binario, stanno ragionando e lavorando in modo propositivo, anche poetico. Ecco,

aveva, in definitiva, solo bisogno di uffici. Noi abbiamo cercato di far dialogare fra loro la luce, il tempo, il contesto, mettendoli in relazione con la materia e la forma. Abbiamo scelto uno spartito compositivo in grado di generare stupore, grazie alla metamorfosi dell’edificio, che sarà percepito in modi sempre diversi per la sua capacità di reagire alla luce nelle differenti ore del giorno. Gli edifici non devono essere introversi, non devono avere successo solo per la loro estetica. Anche la sede di Dallara ritengo possa essere un ottimo esempio di dialogo con il territorio. Qui abbiamo progettato tre diverse aree: l’Educating, dove si svolgono le attività complementari all’esposizione Museo, il Learning, dove si tengono i corsi di un master universitario legato al motor sport, e l’area Living, con tutta l’attività espositiva e museale legata alle macchine.

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L’Atelier(s) è unico, è presente e opera in tre città - Milano, Genova e Parigi - da quasi 15 anni. La modalità di lavoro prevede lo sviluppo di un singolo progetto in almeno due atelier. Siamo presenti in queste tre città perché sono diverse ma complementari fra loro, proprio sui temi che ci interessano e caratterizzano il nostro lavoro. Adesso siamo ben rodati, e questa distanza puramente fisica è stata nel tempo introiettata da tutti i team. In questo particolare momento, poi, l’essere abituati al lavoro a distanza ci ha permesso di non avvertire nessun problema nella comunicazione digitale. Siamo abituati a lavorare in un concept di libertà, disponibilità e condivisione di ogni singolo team, di ogni singola persona. D’altronde, non è il luogo fisico che determina i risultati, è l’uomo che deve sapersi muovere fra respon-

la materia è un atto di responsabilità verso il territorio. È un approccio mentale, l’idea dalla quale partire per strutturare un progetto. Prima parlavi di edifici che hanno qualcosa da dire… tu sei sempre molto attento al recupero architettonico Lavorare sul recupero, sulla valorizzazione del passato, sul preesistente vuole dire rispettare quel fattore tempo di cui parlavamo prima. Significa lavorare su tracce, su metamorfosi, su un nuovo ruolo della definizione degli spazi, della luce. Significa partire dal passato per arrivare al futuro. Senza fretta. Sempre a proposito di spazi di lavoro, parliamo anche del “tuo” workspace - Atelier(s) - suddiviso in tre città. Perché questa scelta?

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sabilità, gestione, condivisione. Abbiamo tranquillamente anticipato ogni decreto che, via via, imponeva limitazioni al movimento delle persone, e se possibile, il senso di responsabilità verso il progetto comune è aumentato ancora di più. Ma perché la scelta è caduta proprio su queste tre città? Per quanto riguarda la scelta di operare in queste tre città, sono nato in Calabria e vissuto a lungo in Liguria, e Genova è nel mio cuore. Una città che non si apre immediatamente, non si fa piacere subito da tutti, bisogna prima che fra Genova e te si stabilisca un contatto. Ma in definitiva, che cosa è l’architettura se non un continuo dialogo fra la/le città e i luoghi, la materia, la storia? Milano, invece, non è arroccata fra monti e mare, è diste-

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sa in pianura, orizzontale tanto quanto Genova è verticale. È una città dove viene esaltata la dimensione, la luce. E possiede una straordinaria cultura industriale. Infine, Parigi… un’anima mediterranea dove è possibile provare, sperimentare. Anch’essa si fa aspettare, ma poi, una volta che instauri un contatto, ti offre tutte le possibilità. Una situazione che ricorda un po’ le Città Invisibili di Calvino. Viste da fuori, mi rendo conto che potrebbero sembrare delle filiali, ma io suggerisco di interpretare le tre città e i tre Atelier(s) come altrettante dimensioni artigianali, attente al quotidiano, che si travasano e contaminano a vicenda, fra loro e fra le loro città, che ne indagano i confini e ne scoprono le ricchezze e le potenzialità. |end


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Jacopo Acciaro SINTESI DI TECNOLOGIA E DESIGN, LA PROGETTAZIONE ILLUMINOTECNICA AFFRONTA OGGI LE SFIDE POSTE DALLA TRASFORMAZIONE DEGLI SPAZI UFFICIO. PER RISPONDERE A ESIGENZE NON SOLO FUNZIONALI, MA ANCHE PSICOLOGICHE ED EMOTIVE. INTERVISTA A JACOPO ACCIARO, FOUNDER DI VOLTAIRE LIGHTING DESIGN txt Roberto Negri

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tazione e ruolo stanno a loro volta vivendo un radicale cambio di paradigma - senza dubbio accelerato dall’emergenza sanitaria - e un mutamento di scenario destinato a rimanere. Di questo e altro abbiamo parlato con Jacopo Acciaro, founder di Voltaire Lighting Design ed esperto di progettazione illuminotecnica.

he la luce si progetti e non possa essere frutto di soluzioni estemporanee ma richieda professionisti in grado di creare in ogni ambiente la giusta atmosfera, non solo dal punto di vista funzionale ma anche psicologico ed emozionale, è dato ormai acquisito. Non solo negli spazi abitativi ma anche in quelli dedicati al lavoro. La cui proget-

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Photo: Beppe Raso

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Photo: Beppe Raso

Photo: Beppe Raso

Lo spazio ufficio già da alcuni anni sta vivendo una profonda trasformazione cui l’attuale crisi sanitaria ha impresso una forte accelerazione. Qual è stato l’impatto sul progetto illuminotecnico? Senz’altro importante. Smart working, coworking, lavoro distribuito, una concezione dello spazio ufficio “smaterializzata”, legata alla gestione delle singole task più che alla postazione di lavoro, e più in generale un forte accento sul comfort psicologico, emotivo e relazionale degli utenti sono tendenze con cui ci misuriamo da tempo. A questi concetti il progetto della luce ha iniziato a rispondere focalizzandosi su flessibilità e configurabilità degli scenari illuminotecnici, sia per aderire meglio alle esigenze individuali, sia soprattutto per

tenere il passo di cambiamenti che rendono il workspace non più imperniato sulla classica postazione di lavoro ma luogo che riunisce anche ambienti di relazione, di socialità e di team working. E che richiedono quindi all’impianto un alto grado di flessibilità per creare lo scenario di illuminazione più adatto al tipo di attività in corso. Un’altra dinamica già in atto era il frazionamento degli spazi ufficio in cluster di postazioni e aree dedicate, simili per funzioni a quelle tradizionali ma, anche in questo caso, più orientate al comfort emotivo degli utilizzatori e aderenti a situazioni di lavoro sempre più frammentate in singole task. La pandemia ha certo accelerato alcuni di questi fenomeni, ma ricerche e analisi già ci dicevano che quasi il 50% delle postazioni di lavoro non era uti-

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Photo: Luca Rotondo

Photo: Marco Zanta

lizzato in maniera permanente. Un fatto che oltre ad avere un impatto sotto il profilo distributivo iniziava a porre la necessità di una gestione energetica ad hoc, in grado di tener conto dell’effettivo tasso di occupazione degli ambienti. In che modo il lighting design ha risposto a questo mutamento distributivo, funzionale e concettuale degli spazi office? La dissociazione tra spazio fisico e lavoro ci ha dimostrato che tante cose si possono fare in modo diverso, in situazioni differenti, da luoghi differenti, ma ha anche fatto emergere una serie di nuove problematiche legate a ergonomia, riconfigurabilità degli spazi, limitazione e cambiamento dei momenti relazionali e dei flussi di lavoro. Tutti temi che hanno avuto un impatto importante sul lighting desi-

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gn. Come progettisti siamo stati chiamati a concentrarci su bisogni non solo funzionali ma anche psicologici ed emotivi, e a concepire di conseguenza scenari illuminotecnici capaci di creare le condizioni migliori per assecondare il comfort - e di conseguenza le performance - di chi lavora. A creare, soprattutto, spazi dove la qualità è più rilevante della quantità e in cui la parte illuminotecnica è in rapporto diretto con chi fruisce dell’ambiente di lavoro grazie a flessibilità e configurabilità. Questo significa impianti “aperti”, basati su sistemi di illuminazione capaci di adattarsi rapidamente al mutare di situazioni e scenari. Quali sono gli strumenti per raggiungere questo obiettivo? La riconfigurabilità è più questione di hardware o software,


Photo: Filippo Romano

Quali altre evoluzioni possiamo aspettarci? La direzione è dettata da un dato ormai pacifico, ovvero che il tasso di occupazione degli spazi ufficio calerà fra il 25 e il 30% in maniera permanente e il restante 75% sarà occupato solo per il 35% dalla tradizionale scrivania personale, mentre il restante 65% sarà destinato ad attività che cambiano durante la giornata. In questo contesto la riconfigurabilità della parte illuminotecnica sarà un percorso obbligato per evitare di avere impianti sovradimensionati, non in grado di adattarsi ai cambiamenti di layout né alle esigenze dell’utilizzatore e che consumano inutilmente energia illuminando spazi in realtà non utilizzati. Si potrà ad esempio prevedere un’illuminazione di base comune a tutti gli ambienti e, scendendo di scala nel progetto illuminotecnico, una serie di scenari per aree funzionali dedicate a specifiche attività. Il tutto in un’ottica che avrà sempre più come elemento centrale l’utente, le sue esigenze non solo operative ma anche psicologiche ed emotive, e quella dimensione relazionale oggi limitata per questioni sanitarie ma che dovrà necessariamente essere recuperata. |end

di corpi illuminanti o di sistemi di gestione? È un equilibrio fra questi due aspetti, anche se già oggi l’ago della bilancia si sta spostando verso un’elettronica di gestione altamente sofisticata, e lo farà ancora di più in futuro. Cominciando dal primo, variazione del tasso di occupazione degli spazi ufficio ed esigenze di riconfigurabilità stanno stimolando il ritorno di soluzioni come task light e piantane, che grazie al libero posizionamento consentono di tenere più facilmente il passo sia delle modifiche al layout degli ambienti, sia del frazionamento dei cluster di postazioni in sottoinsiemi più piccoli e non sempre interamente occupati. Quanto al secondo tema, va detto che al di là dell’elettronica di gestione gli stessi corpi illuminanti sono destinati a diventare più intelligenti e ad arricchirsi di funzioni. La tendenza è quella di farne dei veri e propri hub di informazioni tramite l’utilizzo di tecnologie come l’Internet of Things, che permette un altissimo grado di interattività tra spazio, luce e utilizzatore. Immagino un futuro in cui grazie a IoT e ai sistemi di gestione i corpi illuminanti e più in generale l’impianto potranno identificare l’utente o l’attività in corso e ricreare automaticamente lo scenario di luce più adatto.

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MILLY DESIGN BASAGLIA + ROTA NODARI

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©iStock - LeArchitecto

WELL OFFICE BUILDING IL WELL BUILDING STANDARD È IL PRIMO SISTEMA DI RATING FOCALIZZATO SU COMFORT, SALUTE, BENESSERE E SU COME FAVORIRE LE SCELTE MIGLIORI PER LA PROGETTAZIONE DEGLI SPAZI INDOOR. UN PROTOCOLLO CHE PROPONE UN INTERESSANTE APPROCCIO OLISTICO, BASATO SULLA SCIENZA, ANCHE PER GLI SPAZI DI LAVORO txt Lorenzo Noè

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loro prospettiva si è allargata dall’iniziale focus sull’efficienza energetica al ciclo di vita dell’edificio e alla qualità degli ambienti interni. Perché dunque nasce un nuovo strumento come WELL? Per mettere al centro del processo l’utente invece che il manufatto edilizio. The International WELL Building Institute ha lanciato il WELL Building Standard nel 2014, dopo sei anni di ricerca, con l’obiettivo dichiarato di “guidare il movimento globale per trasformare gli edifici e le comunità in modi che aiutino le persone a prosperare”. Secondo l’istituto, infatti, WELL è il primo sistema di rating focalizzato su comfort, salute e benessere e su come favorire le scelte migliori per la progettazione degli spazi indoor, nei quali viviamo

rogettisti e facility manager sono quotidianamente alle prese con le richieste di innovazione degli spazi di lavoro che provengono dai committenti e, quando vogliono raggiungere obiettivi di qualità e sostenibilità ambientale, adottano uno dei protocolli diventati standard, sia il LEED statunitense, il britannico BREEAM, lo svizzero Minergie, o gli italiani ITACA e CasaClima/KlimaHaus. Nati negli anni Novanta per garantire la riduzione dell’impatto ambientale nelle costruzioni, i protocolli permettono di comparare in fase di progetto le differenti alternative tecniche. Perciò sono utilizzati per prendere decisioni strategiche e come linee guida per la realizzazione degli interventi. Nel corso del tempo la

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©iStock - JFsPic

il 90% del nostro tempo. Va da sé, quindi, che nel prossimo futuro, esaurite le misure contingenti per contrastare la pandemia Covid, WELL si candida a diventare uno strumento fondamentale. Requisiti e standard WELL considera designer, architetti, ingegneri e costruttori come caretakers, ovvero persone capaci di prendersi cura degli altri. Secondo l’ultima versione, WELL v2, un progetto di intervento deve essere: - equo, cioè in grado di fornire i maggiori benefici al maggior numero di persone possibile, in quanto inclusivo e attento alle persone svantaggiate e vulnerabili - globale: le cui soluzioni possono essere applicate in altri contesti nel mondo - basato sull’evidenza, pertanto su ricerche che possono essere ragionevolmente accettate dalla comunità scientifica - tecnicamente robusto: progettato secondo best practices - focalizzato sul cliente: capace di definire i requisiti del programma con il coinvolgimento degli stakeholder - resiliente: aggiornato rispetto alle innovazioni della conoscenza scientifica e tecnologica e costantemente adattato e integrato secondo il progredire delle conoscenze. Come si vede WELL propone un approccio olistico e basato sulla scienza. Il protocollo attribuisce ai progetti fino a cento punti su

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dieci temi: aria, acqua, cibo, luce, movimento, comfort termico, suono, materiali, mente e comunità; mentre ulteriori dieci punti sono attribuiti per l’innovazione. Alcuni requisiti devono essere raggiunti - le Universal Preconditions - mentre per gli altri i progettisti possono decidere in modo flessibile come orientarsi. Mentre alcuni standard si sovrappongono a quelli noti e praticati, altri sono molto innovativi, poiché manca l’abitudine, anche fra gli addetti ai lavori, di considerarli requisiti di uno spazio abitativo. Riduzione del livello di batteri, microbi e muffe (aria), promozione dell’uso di acqua potabile e del lavaggio delle mani (acqua), rispetto del ciclo circadiano (luce), promozione dell’attività fisica e del comfort ergonomico (movimento), utilizzo di prodotti di pulizia adeguati e riduzione dei contatti con superfici che possono ospitare patogeni (materiali), prevenzione dell’influenza stagionale, cura dei figli, allattamento, attivismo e volontariato (comunità), sono tutti target del protocollo. Colpisce anche l’attenzione dedicata al cibo e al benessere psicologico, per il quale WELL v2 incoraggia il consumo di frutta e verdura, l’adozione di diete equilibrate e in porzioni adeguate, i pranzi in comune lontani dagli schermi dei propri computer e la coltivazione sul luogo, l’accesso alla natura, i servizi di supporto psicologico e per lo stress management, la riduzione dei viaggi di lavoro, la lotta al fumo e all’abuso di sostanze. A oggi, i progetti per uffici che hanno ottenuto la certificazione WELL nel mondo sono 883. In Italia i primi a ottenere la certificazione nel marzo del 2019 sono stati i nuovi uffici Jacobs, ai quali si sono aggiunti altri 14 interventi realizzati o in costruzione a Milano - fra cui Galleria Passarella 2 e Gioia 20 West di Antonio Citterio e Patricia Viel, Spark One di Progetto CMR, the Medelan in Piazza Cordusio a cui ha collaborato GLA - e i Markas Headquarters a Bolzano. Oltre a WELL v2, IWBI ha recentemente predisposto anche il WELL Health-Safety Rating, un rating per le Facility Operations, incentrato su politiche operative, protocolli di manutenzione, piani di emergenza e formazione atti a gestire un ambiente post Covid e, in generale, questioni relative alla sicurezza. Per comprenderne il successo basti dire che quest'autunno vi ha aderito anche Empire State Reality Trust Inc., leader immobiliare nel settore uffici e retail newyorkese, il cui portafoglio comprende l’Empire State Building. |end

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PUBLIC LIBRARY O MICRO-CITTÀ? LE BIBLIOTECHE CAMBIANO PELLE E DIVENTANO SPAZI POLIFUNZIONALI APERTI ALLE CITTÀ. DOVE SI LAVORA, SI LEGGE E SI CREA txt Lorenzo Noè – ph Adam Mørk e Tuomas Uusheimo

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l destino di molti uomini dipese dall’esserci stata o non esserci stata una biblioteca nella loro casa paterna”. O almeno nella propria città, per ampliare ciò che Edmondo de Amicis ci ricorda in Pagine sparse, nel 1874? Sarà così anche nel prossimo futuro? E come? Le biblioteche cambiano pelle: da case dei libri e della cultura si stanno evolvendo in centri dello scambio sociale e dell’incontro, assumendo in questa nuova veste un’importanza essenziale per il benessere della comunità, tanto che alcuni paesi hanno introdotto leggi che ne garantiscono lo sviluppo. Gli spazi diventano polifunzionali e adattabili, luoghi dove si studia, si crea e si produce. E proprio la contaminazione delle attività più tra-

dizionali con quelle produttive è il trend più interessante della trasformazione in atto. In Finlandia è entrato in vigore nel 2017 il nuovo Public Libraries Act con l’obiettivo, fra gli altri, di promuovere pari opportunità di accesso per tutti all’educazione, alla cultura, all’apprendimento continuo e allo sviluppo delle competenze. Qui, l’ultimo gioiello di un sistema di biblioteche fra i più sviluppati del mondo è Oodi, la biblioteca centrale di Helsinki inaugurata nel dicembre del 2018 proprio di fronte al Parlamento, che nel 2019 ha vinto il Public Library of the Year Award. Oodi si sviluppa su tre piani: una hall animata in stretta relazione con lo spazio urbano, il paradiso dei libri al terzo piano, con le sue vetrate continue

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La biblioteca Oodi a Helnsiki, progettata da ALA Architects

sul centro di Helsinki e l’urban workshop al piano intermedio, dove si trovano spazi multifunzionali di diverse dimensioni - con una dotazione di stampanti 3D a disposizione dei makers - che gli utenti possono prenotare per lavorare, creare e organizzare meeting. Progettata da ALA Architects, Oodi è una vera e propria struttura di accesso all’informazione, un luogo di libertà e uguaglianza per gli utenti, come espressamente richiesto dal bando di concorso del 2012. Le superfici esterne sono rivestite in abete finlandese e il volume termina con il blocco traslucido, come di ghiaccio, della sala di lettura. Legno e superfici chiare sono protagoniste anche degli interni: dalla hall con pavimentazione in cemento e controsoffittatura in listelli, all’ultimo piano che ha

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una pavimentazione in legno di quercia e un soffitto intonacato bianco, interrotto da lucernari circolari. Tre anni prima di Oodi, nel 2016, il Public Library of the Year Award è stato vinto da Dokk1, la nuova biblioteca e centro culturale di Aarhus, in Danimarca. L’edificio, oltre alla più grande biblioteca pubblica della Scandinavia, ospita uffici municipali, spazi teatrali, un business centre ed è integrato con la ferrovia metropolitana leggera, mentre l’ultimo piano a pianta poligonale si appoggia su un livello interamente vetrato al quale si accede attraverso un sistema di rampe. Dokk1 è stata progettata dallo studio Schmidt Hammer Lassen, scelto fra i tre finalisti - fra cui Mecanoo - in quanto ritenuto la struttura professionale


La biblioteca Dokk1 ad Aarhus, in Danimarca. Un progetto dello studio Schmidt Hammer Lassen

volini, study room prenotabili gratuitamente per esercitare attività di consulenza. Il tutto integrato sia con il Citizen Service della municipalità - dove a un unico grande bancone si possono fare documenti, cercare lavoro, accedere ai servizi sociali e assistenziali - che con il parcheggio automatizzato. Qui è possibile lasciare all’ingresso l’auto, per vedersela riconsegnata a tempo debito senza scendere nel sotterraneo e, se si ha la tessera della biblioteca, noleggiare un’auto elettrica per la giornata. È il futuro? Sembrerebbe dire di sì il grande tubo di 7,5 metri realizzato da Kristine Roepstorffs: il gong che suona per festeggiare ogni nuovo nato di Aahrus e che si sente in tutto l’edificio. |end

più disponibile ad attuare una progettazione condivisa con la città. E a ragion veduta, perché dal processo sono nate soluzioni interessanti come i Transformation Labs, piccoli spazi dove si svolgono ricerche e presentazioni di nuove conoscenze, tecnologie e prodotti, attrezzati con mobili su ruote con schermo incorporato che delimitano ambienti a metà fra un ufficio e uno spazio espositivo. Ma molti altri sono gli spazi a disposizione per chi lavora, poiché Dokk1, a eccezione di una parte dove vige il silenzio tipico delle biblioteche tradizionali, può essere utilizzata dagli utenti come meglio credono: meeting room per gli incontri, teaching room, large e small room attrezzate per diverse attività, living room con divani, poltrone e ta-

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PROSPETTIVE DI VETRO WORK

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SHIGERU BAN OMA REM KOOLHAAS SNØHETTA DAVID ROCKWELL MASQUESPACIO CM DESIGN LABORATORIO PERMANENTE STUDIO HENN FNJI INTERIOR DESIGN MODE:LINA ARCHITEKCI ESTUDIO ELIA IRASTORZA FOR DESIGN PLANNING STUDIO PIET BOON EVOLUTION DESIGN ARTE CHARPENTIER ARCHITECTES STUDIO KINZO STUDIUM

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w o r k s p a c e s | PROJECTS

HEADQUARTER SWATCH

IN SVIZZERA, IL NUOVO HEADQUARTER SWATCH È UNA DELLE STRUTTURE IN LEGNO PIÙ GRANDI DEL MONDO, OPERA DEL PRITZKER PRIZE SHIGERU BAN. UN EDIFICIO CHE SFIDA LE CONVENZIONI, PROPRIO COME GLI OROLOGI CHE VENGONO CREATI AL SUO INTERNO txt Lorenzo Noè - ph Didier Boy de la Tour

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el 2011 Shigeru Ban si aggiudica il concorso per la nuova sede di Swatch Group e l’Omega Campus, complesso inaugurato a Bienne nell’ottobre del 2019. L’incarico sarà l’occasione d’incontro fra due partner che nei precedenti quarant’anni hanno rivoluzionato il proprio ambiente. Dobbiamo infatti tornare all’1 marzo 1983, giorno in cui viene ufficialmente presentato alla stampa lo Swatch. Al tempo l’orologeria svizzera vive una crisi profonda, poiché l’avvento dell’elettronica minaccia la produzione degli orologi meccanici, troppo costosi rispetto a quelli al quarzo fabbricati in Giappone o a Hong Kong. Ma grazie all’affermazione in tutto il mondo di un prodotto che trasformerà l’identità stessa di orologio - da strumento per la misurazione del tempo ad accessorio di moda

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il cui costo di fabbricazione deve essere inferiore ai dieci franchi - e alla riorganizzazione dell’intero settore operata da Swatch Group, in meno di un decennio verrà garantito per gli anni a venire il successo a un’industria data prematuramente in via di estinzione. Sempre negli anni Ottanta, per la precisione nel 1986, un architetto giapponese che ha studiato negli Stati Uniti allestisce a Tokyo una mostra su Alvar Aalto utilizzando solo il cartone, perché il budget non gli permette di utilizzare il legno: è il futuro premio Pritzker Shigeru Ban. Trent’anni dopo i protagonisti di queste storie di successo, basate sulla reinterpretazione di materiali a basso costo, si incontrano in un contesto profondamente cambiato. Swatch Group ha rilanciato e acquisito alcuni fra i marchi più prestigiosi dell’orologeria svizzera - Omega, Blancpain, Breguet, Longines, Tissot - così da coprire tutte le fasce di mercato, compresa quella del lusso. Shigeru Ban ha proseguito la sua ricerca sulle architetture di carta - le Paper Tube Structure - e ha iniziato a sperimentare la costruzione di strutture leggere in legno, vincendo il concorso per Il Centre Pompidou-Metz nel 2004 con un progetto che ha per protagonista una copertura a maglie esagonali. E il natura-

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le sviluppo della ricerca di Shigeru Ban sul legno sarà proprio il campus per Swatch, e non a caso, considerando che la città di Bienne è conosciuta per la sua scuola di ingegneria del legno, all’avanguardia in Svizzera, tanto da aver realizzato proprio il prototipo strutturale del Centre Pompidou-Metz. Il campus si compone di tre edifici - l’Headquarter Swatch, il centro produzione Omega e la Cité du Temps - ed è circondato a nord est da un parco piantumato con roveri d’acqua su una griglia regolare. Con i suoi 46.778 metri quadrati, il progetto è uno dei più grandi edifici ibridi in legno al mondo e i progettisti ne sottolineano il valore ambientale. I tre edifici condividono lo stesso linguaggio, la palette dei materiali e l’ethos ambientalista, ma ognuno esprime una differente identità formale adeguata al brand: gli uffici sono gioiosi, innovativi e provocatori, mentre l’Omega Factory comunica precisione, accuratezza e qualità, e la Cité du Temps rappresenta e riunisce le brand identity che fanno capo al gruppo. La silhouette curva dell’headquarter si sviluppa per 240 metri, con una larghezza di 35 metri e un’altezza massima di 27, dunque la volta ha una superficie di più di 11.000 metri quadrati. La


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zione dei fumi in caso di incendio, altri sono equipaggiati con celle fotovoltaiche. I cuscini traslucidi sono riempiti d’aria, dotati di una lastra intermedia di policarbonato semitrasparente con funzione di isolamento termico e di resistenza al peso della neve. Gli elementi trasparenti sono in vetro: quattro lastre per guarantire l’isolamento termico all’interno delle quali è contenuta una tenda a rullo bianca. Sia gli elementi traslucidi che quelli trasparenti sono costantemente ventilati per prevenire la condensa. I vetri sono decorati con piccoli punti bianchi che schermano la radiazione solare e la volta è provvista di 124 croci svizzere che fungono da pannelli fonoassorbenti, oltre a definire l’immagine dell’edificio. Gli uffici si estendono su quattro piani degradanti delimitati da balaustre in vetro, in modo che ci sia continuità visiva attraverso tutto l’edificio. Le aree comuni sono distribuite a fianco degli spazi

struttura reticolare della copertura è formata da 7.700 pezzi unici, definiti grazie a un software che incrementa l’efficienza della produzione e riduce al minimo gli errori. Tutti i pezzi sono stati fabbricati con una precisione di 0,1 mm, in modo che potessero combaciare perfettamente in cantiere. Poiché la struttura delimita l’intero edificio, deve soddisfare molteplici requisiti tecnici: una rete di cablaggio è stata perfettamente integrata nella griglia, mentre circa 2.800 elementi a guscio, che costituiscono buona parte della facciata, sono stati montati con la struttura. Ogni elemento è meticolosamente assemblato con più di cinquanta pezzi e si adatta perfettamente alla posizione e alla funzione. Se ne possono distinguere tre tipi: opaco, traslucido e trasparente. Gli elementi opachi occupano buona parte delle celle e sono rivestiti esternamente con una pellicola particolarmente resistente all’acqua, alcuni si aprono per l’evacua-

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di lavoro e per i momenti di maggior privacy e concentrazione sono previste alcune Alcove Cabins che possono ospitare fino a sei persone. Al piano terra la caffetteria accoglie lavoratori e ospiti, mentre al secondo piano una scalinata che non connette altri livelli - detta Reading Stairs - è utilizzata durante momenti più informali di brainstorming e break creativi. Sotto la volta sono stati piantati cinque alberi di olivo, alti fino a due piani. L’ingresso principale sulla Nicolas Hayes Strasse è protetto dalla copertura che si estende fino a sormontare la Cité du Temps. La sua facciata a zigzag, oltre a sottolineare l’ingresso, ha un ruolo nella fisica dell’edificio - ad esempio in relazione al vento - così come gli elementi orientabili in vetro, che si aprono e chiudono automaticamente a seconda delle condizioni climatiche. Nell’atrio due ascensori in vetro conducono ai piani superiori e al ponte pedonale, ancora in vetro, che connette gli uffici con la Cité du Temps. Sono stati progettati da Shigeru Ban Architects anche l’Omega Factory e la Cité du Temps. Sui cinque piani con struttura a pilastri e travi in legno di abete rosso dell’Omega Factory sono state riunite tutte le fasi della produzione degli orologi, nonché stoccaggio e logistica. La Cité du Temps, che si trova a cerniera fra gli storici edifici Omega e il nuovo

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headquarter, ospita gli spazi espositivi Planet Swatch e Omega Museum. Creativo e lussuoso allo stesso tempo, l’edificio è rialzato su pilotis e caratterizzato da linee ortogonali, interrotte al quarto piano dalla forma ellittica della sala conferenze. Va da sè che il campus Swatch sia improntato alla sostenibilità ambientale. Sono state adottate le migliori soluzioni tecnologie per il bike sharing, la ricarica dei veicoli elettrici, l’utilizzo dell’acqua di falda per il raffrescamento e il riscaldamento, i sistemi di ventilazione, illuminazione, fotovoltaico e di controllo automatico dell’edificio. Per la costruzione sono stati impiegati 1.997 metri cubi di legno, per lo più abete rosso proveniente dalle foreste svizzere, dove una quantità equivalente ricresce in meno di due ore. Mentre sulla copertura sono stati installati 442 elementi fotovoltaici ricurvi, che producono 212,3 mWh di elettricità all’anno. C‘era da aspettarsi un risultato così innovativo e orientato al benessere umano dall’incontro fra la compagnia fondata da Nicolas Hayek - l’uomo che ha lanciato lo Swatch e la Smart - e un progettista insignito del Pritzker Prize per il suo talento, ma anche per la sua attenzione al benessere dell’umanità, e che lo ha visto impegnarsi nella costruzione di rifugi temporanei per le popolazioni colpite dai disastri ambientali. |end


w o r k s p a c e s | PROJECTS

OFFICE 2.0 IL NUOVO HEADQUARTER AXEL SPRINGER PROGETTATO DA OMA REM KOOLHAAS È UNA VERA E PROPRIA OPERA-MANIFESTO CHE CELEBRA LA STORIA DI BERLINO E APRE FORMALMENTE IL DIBATTITO SUL FUTURO DELL’INFORMAZIONE NELL’EPOCA DEL DIGITALE txt Antonia Zanardini ph Laurian Ghinitoiu

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concretamente la nostra trasformazione. Già molto prima del coronavirus la missione era quella di trovare una risposta alla domanda: perché gli uffici servono ancora nell’era digitale? Rem Koolhaas ci ha dato una risposta spettacolare. Servono spazi aperti e multifunzionali che consentano una grande flessibilità di utilizzo. Un’architettura d’avanguardia come un magnete per gli incontri e le comunicazioni, un booster per la creatività”. La stampa, infatti, da sempre è stata l’incarnazione economica, fisica e iper-accessibile

el delicato momento di transizione dalla carta stampata ai media digitali, il gruppo editoriale Axel Springer ha scelto di affiancare alla storica sede berlinese al 50 di Zimmerstrasse un innovativo edificio per uffici, concepito come simbolo e strumento di questa trasformazione. La richiesta della committenza era chiara e precisa, come ha dichiarato Mathias Döpfner, CEO di Axel Springer: “Volevamo che il nuovo headquarter non fosse solo un simbolo, ma che fosse in grado di accelerare

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di uno sforzo collettivo complesso. Prima dell'era digitale, nelle redazioni ognuno era consapevole del lavoro e del progresso dei suoi colleghi e dell’obiettivo collettivo: un unico giornale e una data di pubblicazione. Nell’era digitale, invece, il giornalista fissa intensamente uno schermo per tutta la giornata, annullando ogni altra forma di attenzione. Lo stretto rapporto tra il lavoratore e il suo computer lo astrae da ogni relazione e da qualsivoglia forma di intelligenza collettiva, isolandolo in una bolla di performance introversa e inaccessibile alla visione d’insieme. Da qui la soluzione progettuale di OMA, ovvero la creazione di uno straordinario palcoscenico, uno scrigno vetrato che trasmette generosamente il lavoro delle persone per un’analisi condivisa e una creazione collettiva. “Paradossalmente, l’attuale pandemia e la contemporanea accelerazione digitale dimostrano la necessità di spazi concepiti per l’interazione tra gli esseri umani - spiega Rem Koolhaas - Nel tipico edificio per uffici, un visitatore entra e poi scompare… è tutt’altro che chiaro cosa succeda all’interno. Nel nuovo edificio di Axel Springer le persone e le loro interazioni sono l’essenza; è uno strumento di ulteriore sviluppo per un’azienda in continuo movimento. Offre ai suoi utenti un luogo fisico - con una grande varietà di contesti spaziali, dal più intimo alla scala monumentale - in contrasto con la staticità del lavoro nello spazio virtuale”. E proprio sullo scambio creativo scommettono i vertiginosi ambienti interni, che ruotano tutti attorno a un grande vuoto centrale di 45 metri per undici piani di altezza, una sorta di agorà contemporanea concepita per rendere leggibile il workflow e perché i dipendenti si incontrino con naturalezza, scambiandosi idee e suggestioni. In direzione di questa grande piazza coperta si affacciano ponti e terrazze su cui ogni giorno si avvicendano ben tremila dipendenti, occupando di volta in volta e a seconda delle necessità stanze private o open space condivisi. Per scelta di OMA oltre il 25% degli spazi è stato concepito per un uso più dinamico e informale dello spazio, e il restante 75% è invece dedicato ai tradizionali workplace. In aggiunta, una grande piattaforma panoramica - il “meeting bridge” -

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attraversa l’atrio per fornire viste panoramiche dell’ufficio e dei suoi flussi di operatività e idee. L'edificio, inoltre, è accessibile al pubblico su tre diversi livelli: la hall al piano terra - che contiene studi, spazi per eventi e mostre, mense e ristoranti -, il già citato meeting bridge e il bar sul tetto dotato di un giardino pensile il cui landscape è stato disegnato da Inside Outside - Petra Blaisse. L’architettura dichiara il suo alto tasso di innovazione anche all’esterno, presentandosi come un poliedro in vetro che rompe con il costruito circostante, di stampo più tradizionale. Un’architettura estroversa che dialoga con la città e la sua storia, consapevole del ruolo storico svolto dal giornale durante la Guerra Fredda. Come non ricordare, infatti, che l’architettura di OMA sorge accanto alla vecchia sede della casa editrice, tra i quartieri Mette e Kreuzburg, in prossimità dei due muri che un tempo dividevano Berlino Est e Ovest e a pochi passi dal tristemente celebre Check Point Charlie. Una scelta non casuale quella di costruire la sede della casa editrice - nell’anno 1965 - proprio sul confine fra il settore americano e quello sovietico, al punto che lo stesso Axel Springer definì l’edificio “Un grido contro il vento”. Dal tetto della Axel-Springer-Haus - un palazzo di 19 piani per oltre 70 metri di altezza - venivano infatti fatte scorrere le notizie su un cartellone luminoso rivolto proprio verso Berlino Est. La DDR ovviamente non restò a guardare, e nel 1968 costruì una serie di Plattenbauten - grandi palazzi residenziali prefabbricati - di fronte alla casa editrice. Una sorta di barriera per impedire che i berlinesi dell’Est potessero leggere le notizie che scorrevano dalla Axel-SpringerHaus. Un capitolo di storia che, non caso, ruota attorno ad alcune parole: informazione, visibilità, muri e trasparenza. Proprio i temi che ritroviamo al centro del progetto di Rem Koolhaas. Un’opera-manifesto che apre il dibattito sul futuro dell’informazione, ma lo fa partendo dalla storia di Berlino, dall’indelebile memoria del muro e dal grande atrio che, simbolicamente, crea un asse verso la sede storica di Axel e l’ex “striscia della morte”. Lo fa abilmente, ricucendo due brani di città e di storia. |end


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LEZIONI DI FLESSIBILITÀ

txt Paola Camillo - ph Emily Andrews e Eric Laignel

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I WORKSPACES NEUEHOUSE A LOS ANGELES E NEW YORK SONO SPAZI IBRIDI, UN PO’ COWORKING E UN PO’ SOCIAL CLUB. LA FIRMA È QUELLA DI DAVID ROCKWELL, MAESTRO NEL DEFINIRE UN RAPPORTO DIALETTICO TRA LO SPAZIO IN SÉ E CHI LO VIVE

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l futuro degli spazi condivisi appare oggi incerto e dovrà essere probabilmente riscritto, ma di certo l’esperienza di NeueHouse rimarrà tra i momenti più coinvolgenti e glamour dell’evoluzione “flessibile” degli spazi del lavoro condiviso. Il brand americano, specializzato in studi ibridi, un po’ coworking e un po’ social club, ha iniziato la sua storia con la sede di New York, raddoppiandone poi gli spazi in quella di Los Angeles. Le due “house” dell’east e della west coast, affidate al designer di culto David Rockwell, riflettono ognuna una diversa

energia urbana. Più ”sleek”, come direbbero gli americani, sexy e minimale, la location di Los Angeles e più teatrale e adorna quella di New York. Nel progettare la NeueHouse della Grande Mela, David Rockwell e il suo partner Greg Keffer hanno voluto creare un’idea di ramificazione dello spazio che origina da un centro visivo rappresentato da una tribuna autoportante in legno, “spanish steps” come è stata definita ironicamente dagli stessi architetti. La tribuna, con la sua sequenza di sedute a piccole gradinate ar-

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redate da tappeti e cuscini in stile marocchino, è un elemento di unione e transizione allo stesso tempo, fatto per rilassarsi, per far nascere incontri e ideale per ospitare letture e presentazioni. L’illuminazione è risolta con pendenti che si possono disporre a lunghezze variabili, a seconda dell’effetto di apertura o raccoglimento che si vuole ottenere. Il fine ultimo di questi spazi era, per Rockwell e Keffer, quello di privilegiare la spontaneità e il movimento delle persone nell’ambiente. Non a caso non ci sono partizioni drastiche nè

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volumi definiti in maniera netta. Tutto può essere spostato, mutato, trasformato. Allo stesso modo, gran parte delle pareti è ricoperta da pannelli di compensato che creano un effetto intenzionale di non finito, di uno spazio in divenire. Al di sopra del piano di ingresso, l’edificio si espande disponendo aree più o meno private, con uffici chiusi da porte a vetro cui si affiancano diverse lounge. Ovunque il sapore è rustico, caldo ma anche glamour, in un bilanciato stile urban country che è la firma unica di Rockwell.


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Approdando sulla west coast, l’architettura di NeueHouse si impregna di modernismo, freschezza, nitore, lasciandosi attraversare dalla storia dell’edificio che la ospita. Il complesso di Los Angeles è stato, infatti, fino a pochi anni fa la sede storica dell’emittente radio della CBS, un edificio icona di fine anni Trenta che ha lasciato, in eredità, un affascinante vocabolario di linee e forme di quel mix di Stile Internazionale e Art Deco della Hollywood dei tempi d’oro: superfici dalle linee nette, quasi grafiche, punteggiate da finestre a oblò e altri accenti sinuosi immersi nel bianco ottico. Anche qui gli architetti hanno previsto spazi che offrono diversi gradienti di condivisione, con una struttura peculiare a mo’ di “casa sull’albero” che si affaccia su una corte interna a doppia altezza. Il livello di privacy aumenta di piano in piano. Ai livelli intermedi un sistema di uffici personalizzati si risolve in spazi semiaperti con cubicoli divisi da pareti in sughero e vetro scanalato. All’ultimo piano, invece, si trova l’esclusiva Paley Penthouse che fa bella mostra di decorazioni

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in metallo adagiate su pareti in legno ricurvo, e piacevoli terrazze esterne ricavate dai tetti adiacenti per godere del sole e delle calde temperature losangeline. La riattualizzazione dell’edificio è stata improntata a un rispetto totale della sua storia, preservandone i dettagli e in alcuni casi rafforzandone il potere evocativo. Gli architetti, ad esempio, hanno aggiunto cortine di cemento che spezzano l’austerità delle planimetrie originali e che, allo stesso tempo, esaltano alcuni dei dettagli orignali della struttura. Inoltre, hanno riscaldato l’ambiente disseminandolo di lunghi divani di pelle, che evocano il design di Le Corbusier, e aggiunto pouf morbidi, lunghi tavoli di legno, tappeti e tessuti etnici che invitano a vivere lo spazio con confidenza e delicato rispetto. Un rapporto altamente dialettico tra lo spazio in sé e chi lo vive - la vera firma di David Rockwell - che stimola la concentrazione, ma senza mai dimenticare di guardare ai piaceri e alla bellezza che ci circondano. |end


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DIAMOND MEETING SPACE LO SCENOGRAFICO PROGETTO DI EVOLUTION DESIGN FA ALL-IN SCOMMETTENDO SU UNA SALA RIUNIONI SOSPESA NEL VUOTO A 20 METRI DI ALTEZZA. UNO SCRIGNO PICCOLO E PREZIOSO COME UNA GEMMA, INTERDETTO A CHI SOFFRE DI VERTIGINI txt Francesca Tagliabue ph Sergey Melnikoff

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berbank, il più importante istituto di credito russo, ha scelto di dotarsi di un nuovo headquarter di rappresentanza a Mosca. Un grande workspace di 30.000 metri quadrati - divisi tra uffici, zone polifunzionali, meeting room e un ristorante che può accogliere fino a 400 coperti - progettato dallo studio elvetico Evolution Design all’insegna della facile riconfigurabilità. Grazie a un design modulare, ogni piano può trasformarsi da ufficio a open space condiviso, aprirsi al pubblico o chiudersi per essere utilizzato privatamente da un team specifico. Alla sede centrale di Sberbank si accede da un grande ingresso con reception, caratterizzato dalla presenza di ledwall anima-

ti da immagini naturali che interrompono la generale asetticità dell’ambiente, bianco lucido con sedute e pavimenti grigi. Decisamente più coinvolgente il “cuore” dell’edificio: i sei livelli a disposizione dei dipendenti sono organizzati attorno a una corte centrale coperta, occupata da salottini conversazione e illuminata da un lucernario che “sfonda” il tetto per intero. L’altezza terra-cielo è di ben 20 metri, tale da ospitare un vero e proprio giardino verticale, solo la prima delle trovate scenografiche che rendono speciale l’headquarter. La vera protagonista è infatti la sala riunioni a forma di diamante, sospesa nel vuoto grazie a un sistema di tiranti metallici e dotata di pannelli riflettenti che, per un interessante effetto ottico, fanno sì che cambi forma a seconda del punto di

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completamente isolato. “Al posto dei classici pannelli rettangolari utilizzati negli uffici - continua Ruegg - abbiamo optato per una soluzione acustica che compone un pattern tridimensionale geometrico per conferire maggior senso di movimento alle pareti”. Futuristica: questo è l’aggettivo che descrive meglio di qualsiasi altro la sede centrale di Sberbank che, con i suoi colpi di scena architettonici, traccia una nuova linea verso una sperimentazione sempre più ardita, anche all’interno degli spazi dedicati al lavoro. |end

osservazione. “L’idea era quella di riflettere l’ethos aziendale in uno spazio agile e fluido. La sala riunioni volante, una vera sfida tecnica, è il simbolo della visione e delle ambizioni di innovazione della banca” ha dichiarato Tanya Ruegg, direttore creativo di Evolution Design. Gli architetti hanno ricavato anche un altro spazio per incontri, meno spettacolare ma più ampio: si tratta di un auditorium per 500 persone, celato dietro una parete scorrevole sul fondo dell’atrio e interamente rivestito di pannelli acustici per risultare

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UN NUOVO HABITAT UN VOLUME DI LEGNO E VETRO AVVOLTO DA PIANTE RAMPICANTI: È LA SEDE DI ASI REISEN VICINO A INNSBRUCK. UN PROGETTO DI SNØHETTA CHE DIALOGA CON L’AMBIENTE, COLLEGANDO IL TRADIZIONALE AMBITO DELL’ARCHITETTURA E DEL DESIGN URBANO CON LE DISCIPLINE DEL PAESAGGIO txt Lorenzo Noè - ph Christian Flatscher

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a nuova sede di ASI Reisen ultimata nel 2019 a Natters, vicino a Innsbruck, è un volume di legno e vetro avvolto da piante rampicanti. L’azienda organizza viaggi e avventure soft tourism, ed è stata fondata nel 1963 da Hannes Gasser con questa visione: “apri con attenzione gli occhi e il cuore delle persone e accendi il loro entusiasmo per le meraviglie della natura”, e la sua filosofia di viaggio ha al centro le comunità locali e il rispetto dell’ambiente. Non sorprende dunque che l’incarico per il nuovo edificio sia stato affidato a Snøhetta, lo studio norvegese conosciuto in tutto il mondo per il valore esperienziale delle proprie architetture, dalla Biblioteca di Alessandria degli esordi (2001) al Norwegian National Opera and Ballet di Oslo (2008) e al National September 11 Memorial Museum Pavillion di New York (2014). Il punto di vista di Snøhetta sul rapporto fra edificio e ambiente è piuttosto chiaro: definire un progetto come sensibile al contesto è poco utile, in quanto il contesto e il sito sono oggetto del pensiero architettonico da sempre. Piuttosto occorre consapevolezza sul fatto che la forma architettonica ha molti driver, fra cui le condizioni ambientali, e che l’ambientalismo è ormai inerente all’etica professionale. Promettere un edificio sostenibile equivale a promettere un edificio che non cada.

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Viceversa è opportuno pensare in termini di habitat, includendo nel ragionamento progettuale sia i sistemi abiotici - rocce, aria, suolo, luce naturale - che quelli biotici, ovvero esseri umani, animali, piante e batteri. È un pensiero in cui l’inanimato è visto come inseparabile e simbiotico con l’animato e che permette di collegare in modo più profondo il tradizionale ambito dell’architettura e del design urbano con le discipline del paesaggio. L’edificio è costituito da una struttura in legno di quattro piani avvolta da uno schermo in acciaio, che si allontana dalla facciata interna a ovest per ospitare una balconata. Sullo schermo

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si arrampicano 17 specie sempreverdi, il cui sistema di irrigazione è alimentato da un impianto che ricicla l’acqua piovana. L’aspetto esterno cambia così secondo la stagione, ma non solo: lo sviluppo delle piante permette un’ottima regolazione del microclima e contribuisce alla biodiversità locale. Il rivestimento della facciata in legno è stato trattato con la tecnica giapponese dello yakisugi. Letteralmente fuoco (yaki) e cipresso (sugi), la tecnica consiste nel favorire la carbonizzazione di uno strato superficiale del legno, che conferisce al materiale una maggiore resistenza al fuoco e lo protegge dall’attacco di funghi e insetti.


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Il procedimento era conosciuto anche in Italia nei contesti dove si è sviluppata la cultura delle costruzioni in legno. Penso, ad esempio, all’ambiente per cuocere il formaggio con le pareti e i soffitti in legno completamente carbonizzati, che si trova all’interno del Museo Etnografico Walser in Val Vogna, uno stadel del XVII secolo. La superficie esterna delle tavole carbonizzate, che può essere trattata con oli protettivi, assume una texture preziosa. Il design della sede affianca soluzioni high tech e low tech, evitando accuratamente di sovra-progettare l’edificio, per ottenere importanti risultati di compatibilità ambientale mantenendo l’ambiente amichevole e domestico. Sono adottati dispositivi sofisticati per ottimizzare i consumi energetici e sensori di temperatura per regolare il sistema di raffreddamento dell’edificio. Gli ambienti interni sono un mix di spazi condivisi e privati e comprendono una sala relax, una caffetteria, docce - così da integrare attività fisica e lavorativa - e spogliatoi. Il cuore dell’e-

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dificio è un foyer a doppia altezza soprannominato il Campo Base, che accoglie i visitatori ed è rivestito con pannelli che illustrano la storia dell’azienda. La palette degli interni è caratterizzata dal legno, cui fanno da contrappunto i telai neri in acciaio utilizzati come divisori e contenitori. Come per la maggior parte dei progetti di Snøhetta, aperti al contributo dei committenti e di esperti delle discipline più varie, il design è stato condiviso con i dipendenti di ASI Reisen, in uno spirito di collaborazione e reciprocità che riflette i valori del committente e dei progettisti. Ci dice Craig Dykers in Collective Intuition, il testo che fa il punto su questi trent’anni di carriera di Snøhetta: “Dobbiamo comprendere le conseguenze del nostro design sulle persone. Se noi designer non progettiamo in un modo tale da consentire al naturale comportamento umano di esprimersi, allora, come esseri umani, possiamo diventare meno sani: incapaci di vivere in un modo adeguato come una società”. |end


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HEADQUARTER ZALANDO

GLI STUDI HENN E KINZO FIRMANO IL NUOVO QUARTIER GENERALE DI ZALANDO A BERLINO. UNO SPAZIO COLORATO, FATTO DI LIVING ROOM E SPAZI SOCIAL CHE STIMOLANO LA FANTASIA E LA COMUNICAZIONE txt Raffaella Oliva – ph Sebastian Doerken e Werner Huthmacher

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iprodurre il carattere aperto e multiculturale che fa di Berlino una comunità internazionale, punto d’incontro di artisti, creativi e freelance da tutto il mondo. Questo lo scopo perseguito dagli studi tedeschi Henn e Kinzo nella progettazione del quartier generale di Zalando, la famosa compagnia specializzata nella vendita online di abbigliamento, scarpe e accessori moda, nata in Germania nel 2008. La sua sede centrale si trova da sempre nella capitale tedesca, ma fino alla primavera del 2019 gli uffici erano dislocati in varie zone. Da qui l’esigenza di inglobarli in un unico headquarter: una sorta di campus che esternamente si presenta come un doppio edificio su sette piani, caratterizzato da facciate in vetro traslucide, che riflettendo l’ambiente circostante danno vita a un dialogo tra l’architettura e il contesto. Siamo tra Friedrichshain e Kreuzberg, quartieri berlinesi particolarmente giovani e vivaci, celebri per luoghi-simbolo come la East Side Gallery e il club Berghain. È da questo scenario che, una volta varcato l’ingresso di Zalando, ci si ritrova in un grande atrio inondato di

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luce naturale grazie alla presenza di una sezione di soffitto in vetro. È il cuore pulsante della struttura, un hub - per ricorrere a un termine inglese mutuato dall’informatica - dal quale si diramano scalinate e passerelle che collegano tra loro non solo uffici, ma anche locali per conferenze, cucine, bar, palestra, asili nido, oltre a uno scenografico auditorium da 300 posti situato al piano terra e a una terrazza sul tetto con tanto di campetto da basket. L’impatto è forte, il colpo d’occhio suggestivo: data l’intersezione di linee verticali, orizzontali, diagonali e ondulate, sembra di essere immersi in un ambiente hi-tech avveniristico. “Una fonte d’ispirazione è stato l’Avus, la prima autostrada progettata e aperta al traffico in Europa, dal 1921 al 1998 utilizzata anche come circuito automobilistico”, spiega Chris Middleton di Kinzo, sottolineando come, a livello progettuale, a tale proiezione verso il futuro non doveva in alcun modo corrispondere un’atmosfera fredda, ma, semmai, un clima caldo e accogliente come quello che si crea naturalmente nell’ambito delle relazioni umane. “Questa la ragione per cui a materiali dal sapore indu-


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striale quali l’asfalto levigato e il cemento grezzo ne abbiamo accostati altri ottimi per trasmettere una sensazione di calore e comfort, vedi il legno di quercia”, continua Middleton. “Inoltre, essendo Zalando una piattaforma e-commerce legata all’universo fashion, abbiamo inserito nel suo quartier generale degli spazi estremamente colorati. Spesso le architetture risultano perfette solo quando non occupate da persone, mentre per noi sono proprio le persone il focus: ci premeva disegnare per i lavoratori degli ambienti da usare a loro piacimento, versatili, dove lavorare da soli o in gruppo, che fossero tutto il contrario di quel tipo di perfezione statica tipica, per esempio, di certi musei”. Una scelta, questa, che ha a che vedere con un’odierna visione del lavoro sempre più distante dalla dimensione della formalità. “L’idea era di mettere in scena lo spirito di startup insito in un’azienda come Zalando, che dal suo esordio sul mercato è cresciuta e continua a crescere rapidamente: uno spirito dinami-

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co, flessibile, che ci ha spinti a pensare gli spazi della sua nuova sede come funzionali, sì, ma continuamente rimodulabili. Oggi sono tantissime le persone che lavorano un po’ da casa, un po’ nei coworking, un po’ in ufficio: qui tutte queste opzioni sono riunite in un unico luogo”. Parla così, Middleton, e a proposito dell’interior design fatto di living room e zone di passaggio studiate ad hoc per stimolare la fantasia e la comunicazione, evidenzia i rimandi alle vibranti stazioni della U-Bahn (la metropolitana di Berlino) e ad alcune specifiche location berlinesi. “Tra queste, il Prinzessinnengarten affacciato su Moritzplatz, uno spazio urbano estremamente interessante, un giardino di quartiere con orti comunitari che ospita bar, iniziative, mercatini. Da Zalando abbiamo allestito un’area riproducendo quel tipo di location, con piante, alberi e bancali in legno assemblati in modo da poter essere sfruttati come ripiani e sedute”. Un salotto verde dove incontrare colleghi e clienti, anche in un’ottica olistica. |end


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FLUID SPACES UN SISTEMA DI BALLATOI CHE SEMBRA ISPIRATO A UN QUADRO DI ESCHER E UNA MODERNA FACCIATA VETRATA DANNO NUOVO LUSTRO A UN EDIFICIO PER UFFICI COSTRUITO QUASI 30 ANNI FA. MERITO DELLO STUDIO PARIGINO ARTE CHARPENTIER ARCHITECTES txt Francesca Tagliabue - ph Grazia Boegly

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ituato a Issy-les-Moulineaux, un’area periferica appena fuori dal quindicesimo arrondissement di Parigi attualmente oggetto di una generale riqualificazione urbanistica, l’edificio a destinazione terziaria Shift è stato completamente ridisegnato dall’estensivo intervento di Arte Charpentier Architectes. Costruito nel 1992, il manufatto risultava ormai poco funzionale e le aziende che lo occupano necessitavano di maggiore spazio per le proprie sedi. Oltre a una

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radicale revisione degli interni, ora più adatti alle attuali modalità di lavoro “fluide”, gli architetti hanno curato il rinnovamento delle facciate, che oggi appaiono in gran parte vetrate e protette dall’abbagliamento con un moderno sistema di brise-soleil. Tra i principali punti focali dei lavori la razionalizzazione degli ingressi: al building si accede attraverso grandi entrate su strada, poste in corrispondenza di altrettanti assi viari che confluiscono in una grande hall illuminata da un vertiginoso lucernario rica-


vato sul tetto. L’atrio, su cui si affaccia il sistema di ballatoi di tutti i piani superiori, è stato concepito come area di accoglienza per lavoratori e visitatori. Un informale Welcome Bar e postazioni di lavoro a libero utilizzo con prese per ricaricare i device sono il biglietto da visita di Shift e un assaggio dell’organizzazione fluida riservata a tutti i livelli. Della superficie totale di circa 45.000 metri quadrati, 5.800 sono stati riservati agli uffici. La stupefacente vista che si ha guardando dal basso verso la sommità e le scale ampie che connettono le differenti zone suggeriscono una modalità “libera” di vivere lo spazio e la possibilità di circolare ovunque senza limitazioni, scoprendo ogni angolo dell’edificio giorno dopo giorno. Balconi e logge esterni consentono di prendere aria fresca ogni volta che se ne sente la necessità, mentre la presenza di verde - in particolare nel cortile privato in cui è stato ricavato un vero e proprio giardino, con prati e piante ad alto fusto - riconnette il luogo della produzione con la natura. Lo stile degli interni sfugge da qualsiasi definizione, perché il team di Arte Charpentier Architectes ha saputo creare un originale mix di suggestioni industriali e dettagli domestici. Moderno e dinamico, Shift punta tutto sull’uso di colori chiari - bianco per gli arredi più grandi, grigio per i pavimenti - con accese pennellate date dai complementi e dagli imbottiti, soprattutto nelle mini-sale riunione o nella caffetteria. |end

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HOME-LIKE OFFICE A VARSAVIA, MODE:LINA ARCHITEKCI PROGETTA UN UFFICIO CALDO E ACCOGLIENTE COME UNA CASA. IN GRADO DI STIMOLARE CREATIVITÀ, COOPERAZIONE E TEAM BUILDING txt Sabrina Bergamo – ph Patryck Lewinski

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ortare nel luogo di lavoro l’atmosfera di casa? Si può. Mescolarla con il rigore del mondo finanziario? Fatto. Semplici ma efficaci si sono rivelate le linee guida alla base del progetto di Mode:lina Architekci per la sede principale di ING Tech Poland a Varsavia, società informatica che fornisce servizi a tutte le unità ING Group nel mondo. Il risultato finale della progettazione è un luogo che interpreta al meglio i concetti di libertà e trasparenza alla base del brand, dove

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funzionalità ed estetica si associano al desiderio di favorire un clima positivo e rilassato. L’organizzazione generale dello spazio prevede l’alternanza di aree dedicate al lavoro e di zone per la socializzazione e il relax. Il tutto inserito in un unico grande ambiente collegato da corridoi irregolari con pavimento in legno, per identificare gli spazi e i percorsi di passaggio da quelli fissi. Mentre a soffitto una trama di stringhe riprende idealmente le connessioni mentali del film “Beautiful Mind”.


i device si trovano le cyclette con vista sulla città, un tavolo da ping-pong, la tv con annessa playstation, un sacco da box e alcune gym ball. Luci, colori, materiali e piccoli dettagli di design rendono l’ufficio un luogo stimolante e ne determinano la coerenza complessiva uniformando i diversi ambienti. L’uso dei tendaggi come elemento di isolamento acustico e come schermo per la luce restituisce un’atmosfera generale calda e accogliente. E forte è il richiamo a uno stile “like at home” grazie alla presenza di poltrone, divani, pouf, tappeti, lampade e tavolini. Un progetto che ben interpreta la filosofia del lavoro cooperativo e in team, e che abilmente collega due mondi e due atmosfere: quella accogliente della casa e quella funzionale e operativa di un moderno workspace. |end

La suddivisione in postazioni per piccoli team è stata fatta utilizzando l’arredo fisso e i cambi di pavimentazione. Una soluzione progettuale che mantiene la percezione complessiva dello spazio, ma che al contempo garantisce la necessaria flessibilità e la riconfigurazione dei singoli workplace. Le sale meeting si inseriscono in modo discreto e versatile, circondate da pareti vetrate che all’occorrenza permettono di lavorare con maggiore privacy e concentrazione. Nell’insieme le aree comuni si integrano perfettamente alla parte operativa favorendo la socializzazione tra dipendenti e lo scambio di idee. In particolare, la Fun-Zone è un luogo di svago dove ritrovare energia e concentrazione senza dover necessariamente uscire dall’ufficio. Oltre alla cucina e a varie postazioni per ricaricare

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DESTINATION SWAP DA SPAZIO PRODUTTIVO A UFFICIO: LA RICONVERSIONE DI TRE EDIFICI A SHED CURATA DA ESTUDIO ELIA IRASTORZA E ATHIÉ WOHNRATH ASSOCIADOS. UN PROGETTO ALL’INSEGNA DELL’APERTURA E DELL’ALLEGRIA, CON TANTO VERDE E OPERE D’ARTE txt Francesca Tagliabue - ph Pedro Mascaro

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grazie al progetto di Estudio Elia Irastorza con Athié Wohnrath Associados, che hanno saputo dare vita a un grande campus, dove i dipendenti lavorano ma possono anche svolgere attività ricreative durante le pause o al termine della giornata. L’ex fabbrica di dimensioni maggiori (180x50 metri in pianta) è diventata il cuore dell’intervento. Grazie alla grande altezza del manufatto e al tetto a shed che lascia penetrare copiosa la luce, è stato possibile ricavare un piano mezzanino, duplicando così la

ercado Livre, società che gestisce diversi siti di e-commerce e aste online, ha la sua sede principale a San Paolo del Brasile, nella zona industriale di Osasco. La scelta di aprire gli uffici in un’area a destinazione produttiva è stata dettata dalla possibilità di riconvertire a nuova destinazione d’uso tre grandi manufatti industriali, costruiti su un appezzamento di terra di ben 30.000 metri quadrati. Interni ed esterni oggi sono in diretta comunicazione

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superficie destinata alle postazioni di lavoro individuali. Lungo l’asse maggiore è stato tracciato un boulevard che attraversa l’open space tagliandolo longitudinalmente. Su questo percorso sono stati inseriti dei maxi cilindri in legno chiamati “macetas” (vasi di fiori) con copertura verde, che ospitano sale riunioni o uffici privati. Le piante sono una presenza costante in tutto l’headquarter, assieme alle opere di street art colorate che rallegrano gli spazi. Trasmettono infatti contagioso buonumore i murales variopinti realizzati da artisti brasiliani e argentini, in grado di trasformare con semplicità i muri ciechi e le pareti portanti in una galleria pop-naif. I due capannoni più piccoli, in origine sfruttati come magazzini, ospitano oggi

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un grande ristorante per 500 coperti, una palestra, un ambulatorio medico e perfino un’ariosa sala giochi per abbattere lo stress. L’attenzione alle tematiche ambientali completa il quadro di un progetto dove nulla è stato tralasciato. Al fine di utilizzare energia prodotta da fonti rinnovabili e limitare l’utilizzo di acqua, sul tetto sono stati installati pannelli fotovoltaici che producono autonomamente il 50% dell’elettricità necessaria agli uffici di Mercado Libre, mentre l’acqua viene riciclata e utilizzata più volte (per esempio per gli scarichi dei servizi igienici). Inoltre, un sistema domotico di controllo delle luci evita gli sprechi e accende solo gli apparecchi realmente necessari. |end


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COME UNA MICRO-CITTÀ IN CINA, UN NUOVO HEADQUARTER PROGETTATO DA CM DESIGN E CONCEPITO COME UNA PICCOLA CITTÀ CHE PROMUOVE IL FLUIRE DELLA COMUNICAZIONE E DELLE IDEE txt Paola Camillo - ph Joshua


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l progetto di CM Design per il quartier generale dell’azienda CCELL a Dongguan, in Cina, vive di antiche dottrine di architettura sociale traghettate nel presente degli spazi da lavoro. Il cliente è un’importante e famosa industria manifatturiera che produce penne vape, cartucce, batterie e altri accessori per vaporizzatori. Una company che aveva l’esigenza di creare spazi diversificati per accogliere e negoziare con clienti provenienti da tutto il mondo e di tutte

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le culture. L’interfaccia architettonica aveva quindi un ruolo altamente strategico. Nel restyling di CCELL, l’ufficio si è così trasformato in una vitale micro città suddivisa in tanti piccoli centri per lo svolgimento del lavoro e del business e con gradi diversi di privacy. Al centro si trova un macro ambiente separato e indipendente, un’affascinante capsula semitrasparente in vetro e legno fulvo attorno alla quale si dispongono a griglia sia gli open space che spazi di lavoro se-


tè e un grande ambiente dedicato al riposo. Al centro di CCELL, infatti, campeggia, quasi come un palcoscenico, la lounge, che è stata concepita come un salotto aperto e sopraelevato per separare psicologicamente gli utenti dalle funzioni degli ambienti circostanti e per garantire un reale relax. Anche le poltrone e le sedute azzurro cielo e arancio pesca contribuiscono a creare un effetto cuscinetto con il resto del workspace, unica deroga di questo “ufficio-città” pensato per promuovere il fluire della comunicazione e delle idee in funzione del lavoro e dei suoi risultati. |end

miaperti, scanditi da elementi divisori. “Suddividendo lo spazio abbiamo creato un vero e proprio ‘compound’, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del lavoro, promuovere la comunicazione e intensificare la vitalità per gli utenti del luogo”, dicono gli architetti. L’ingresso principale di CCELL è definito da una parete a griglia di legno, un motivo che dalla hall si estende verso l’interno creando dei confini e modellando lo spazio circostante in una dualità di vuoti e pieni. Oltre agli spazi lavoro, il progetto contempla anche delle sale da

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BRAND STORYTELLING GLI ARCHITETTI DI FOR. DESIGN PLANNING METTONO IN SCENA LA STORIA AZIENDALE DI OGILVY TRA LE SALE DELLA NUOVA SEDE CANADESE. UNA SCELTA INNOVATIVA, CHE VALORIZZA LA STORIA DELL'AGENZIA E CREA ISTINTIVAMENTE UN FORTE SPIRITO DI SQUADRA txt Francesca Tagliabue - ph Stephane Brügger Photography

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gilvy è una tra le più importanti agenzie pubblicitarie del mondo. Nata nel 1948 a New York, vanta clienti quali BBC, Coca Cola, IBM, MasterCard, Nestlé - solo per citare i marchi internazionali più conosciuti - e opera in oltre 450 Paesi nel mondo. Tra gli uffici che più la rappresentano c’è certamente quello di Montréal, in Canada. La sede è stata realizzata da FOR. Design Planning, che ha ottimizzato gli spazi anche grazie a un ampliamento della metratura disponibile. Alla base del progetto c’è l’idea di raccontare la storia di Ogilvy, una sala dopo l’altra. Pertanto sono stati individuati due leitmotiv che definiscono l’ambiente: il colore rosso, lo stesso del logo aziendale, che campisce grandi pareti divisorie contra-

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stando con le finiture grigie e le foto del fondatore David Ogilvy, accompagnate da alcune frasi celebri che vogliono stimolare la creatività dei dipendenti. Gli uffici sono descritti dagli architetti come “un hub polifunzionale” che nasce da un mix di aree pubbliche e collaborative - le migliori idee nascono dai brainstorming - e aree chiuse con differenti livelli di privacy. Colpisce particolarmente l’ingresso, trattato come un tunnel rosso lacca ritmato da precisi fasci di luce, una sorta di percorso iniziatico che permette di giungere al bancone di accoglienza dell’agenzia. La scelta di realizzare una zona lounge, simile a quella di un hotel, è utile a favorire gli incontri informali con i committenti che possono accomodarsi


uno dei motti motivazionali che è possibile leggere e una chiara dichiarazione di intenti da parte dell’agenzia. Attraverso i suoi uffici canadesi e grazie al supporto dei professionisti di FOR. Design Planning - attivi da oltre 50 anni e forti di un’esperienza nella realizzazione di spazi per il lavoro stimata in oltre due milioni di metri quadrati allestiti nel tempo - Ogilvy si riconferma come una delle realtà più dinamiche e attuali della creatività internazionale, con una sede in balancing perfetto tra luogo intimo e di rappresentanza. Uno spazio vibrante e avvolgente che non dimentica quanto sia importante riuscire a mantenere la giusta concentrazione. |end

su pezzi di design storici degli anni Cinquanta presi dai cataloghi Knoll ed Herman Miller. Per poter parlare senza fastidiosi disturbi dovuti al riverbero, il soffitto è stato rivestito con una soluzione fonoassorbente nera realizzata su misura, mentre a terra è stato steso un tappeto anti-macchia che assorbe il rumore dei passi.Via via che si procede verso l’interno di Ogilvy gli spazi si fanno sempre più formali, le sale riunione diventano piccole e riservate, create per accogliere da 2 a 20 persone al massimo. Le pareti divisorie sono personalizzate con citazioni: “Incoraggiare l’innovazione. Il cambiamento è la nostra linfa vitale, il ristagno suona come una campana a morto” è solo

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UN OFFICE FANTASCIENTIFICO XIAOXI XIONG È L’ARTEFICE DEL PROGETTO FIRMATO FNJI INTERIOR DESIGN. CHE PER L’OCCASIONE SI È ISPIRATO ALLE ONIRICHE E FUTURIBILI ATMOSFERE DEL FILM HER DEL REGISTA DI CULTO SPIKE JONZE txt Raffaella Oliva - ph Bai Mo, Min Zhu

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mmersi in un ambiente monocromatico interamente giocato su rivestimenti grigi con finiture in gesso, i volumi scultorei degli uffici del marchio d’arredamento Fnji, nel distretto di Shunyi a Pechino, avvolgono come nuvole creando un’atmosfera sospesa. “Il caldo e ovattato senso del futuro”, lo ha definito Xiaoxi Xiong, l’architetto cinese responsabile del progetto targato Fnji Interior Design, che ha raccontato come fonte d’ispirazione dei nuovi spazi dell’azienda sia stato un film del 2013: “Her”, del regista di culto Spike Jonze, con un magistrale Joaquin Phoenix protagonista di una sceneggiatura sull’amore ai tempi dell’intelligenza artificiale. Ma partiamo dal contesto: siamo all’ultimo piano del Qianlima International Building, moderno edificio i cui soffitti alti sette metri hanno consentito la realizzazione di un loft su due livelli, con più di dieci uffici e aree riunioni relativamente indipendenti, nonché zone per pranzare, riposare, fare esercizio fisico, più un miniteatro della capienza di 80 persone per convegni e simili. In questa cornice si è optato per una scelta particolare: quasi ogni superficie, pavimenti inclusi, è stata lavorata con intonaco

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di gesso grigio chiaro e ultra opaco, intonaco utilizzato anche a copertura della balaustra e dei gradini della scala curva che conduce al livello superiore. Non bastasse, si è impreziosito lo spazio - circa mille metri quadrati - con installazioni materiche ricavate versando del gesso semisolido su pile disordinate di mattoni rotti. Un tocco artistico in linea con il concept di base, che vede diverse sfumature di grigio contraddistinguere anche mobili, scrivanie, sedie imbottite e non solo: percorrendo l’open space si incrociano enormi fioriere color ardesia e sezioni del pavimento ricoperte da moquette grigia a righe o a scacchiera, laddove una tenda in una nuance di grigio più scura si affianca a persiane traslucide in simil carta velina appese davanti alle finestre a tutta parete per filtrare la luce naturale in modo da renderla morbida. Il riferimento alle ambientazioni fantascientifiche riguarda anche la popolare serie televisiva

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“Black Mirror”, hanno dichiarato i progettisti, ma si potrebbe citare pure “THX 1138” di George Lucas, il regista di Guerre Stellari. Di certo, al di là dei rimandi cinematografici, gli uffici Fnji sono esempio di un’eleganza minimalista fatta di forme tondeggianti e di sagome smussate, se non ondulate, non priva di elementi di rottura posizionati ad hoc per provocare un effetto contrasto: vedi il banco in pietra nera ruvida all’ingresso e i divani salmone nella zona relax. Se negli ultimi anni il settore del design per l’ufficio ha puntato soprattutto su soluzioni multicolore dai toni accesi, con questo progetto si è abbracciato un approccio più originale, lontano dai trend più recenti e volto a una raffinatezza essenziale, ma dal forte valore evocativo: l’omogeneità cromatica sfoca i confini visivi nell’ambito di un’estetica eterea e futurista, ma non per questo algida e, al contrario, armoniosa e avvolgente. |end


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SPECTRIS CENTER CONTAINER COLORATI E UNA SPICCATA IMPRONTA INDUSTRIAL PER L’HBK SPECTRIS INNOVATION CENTER A PORTO. UN EX MAGAZZINO CHE I CREATIVI DI STUDIUM HANNO TRASFORMATO IN UNO SPAZIO UFFICIO DECISAMENTE FUORI DAGLI SCHEMI txt Roberto Negri - ph Studio Ivo Tavares

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n design human oriented abbinato a un’estetica vivace e ricca di riferimenti alle funzionalità originarie, soluzioni modulari e componenti light per una massima riconfigurabilità di ambienti che devono essere stimolanti, ma anche confortevoli, e facilitare relazioni e lavoro d’équipe. Sono queste le linee guida che il team di creativi portoghese Studium ha adottato per l’HBK Spectris Innovation Center, ex struttura industriale in prossimità dell’aerostazione della città di Porto riconvertita in uno spazio ufficio decisamente fuori dagli schemi. Le ampie superfici dell’edificio si articolano in una configurazione altamente flessibile, concepita per stimolare collaborazione e teamworking, in cui il tradizionale spazio ufficio si trasforma in una sorta di landscape interno dove le postazioni di lavoro si dispongono ad anello intorno a due grandi container, uno collocato in posizione orizzontale e uno in verticale, allestiti per ospitare le sale riunioni dell’azienda. Una serie di piattaforme a gradini realizzate in maglia metallica offre accesso al secondo livello del container verticale e compone al tempo stesso una cavea utilizzabile come auditorium, al di sotto della quale è ospi-

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tata anche un’area lounge destinata alla socializzazione e al relax. Sulla quinta formata dal tema cromatico dominante degli interni, declinato nelle tonalità del grigio chiaro, i progettisti utilizzano creativamente tinte giallo, blu e verde di diversa intensità per marcare e delimitare le diverse aree funzionali e di servizio. Il giallo è il colore degli spazi ufficio e connota arredi e partizioni modulari, che alloggiano anche una serie di scaffalature in legno, blu è il tema cromatico scelto per i due container, mentre il giallo ritorna negli interni delle sale riunioni. E a contornare gli ambienti le tonalità verde smeraldo dei condotti dell’impianto di climatizzazione, accento green richiamato anche dal grande albero che campeggia al centro dell’area comune. L’utilizzo fortemente grafico del colore origina dalla collaborazione multidisciplinare fra gli architetti e gli interior designer di Studium, ed è evidenziato anche dalla timeline che connota gli esterni del container verticale: una serie di targhe in legno collegate da una vivace illuminazione in fibra ottica che trasforma il volume cubico in un hub informativo, sintesi della storia dell’azienda e ispirazione funzionale ed estetica del progetto. |end


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SPACES MILANO IL GENERAL CONTRACTOR TETRIS E LO STUDIO DI ARCHITETTURA LABORATORIO PERMANENTE INSIEME PER UN PROGETTO SOSTENIBILE, IL COWORKING SPACES NEL CENTRO DI MILANO txt Claudio Moltani

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paces, in piazza San Babila a Milano, è un nuovo spazio di lavoro condiviso che combina flessibilità e accoglienza, grazie alla creazione di ambienti informali e alla ricerca di un’atmosfera domestica attraverso l’uso di materiali sostenibili. Lo studio Laboratorio Permanente ha eseguito lo space planning e il design di tutti gli ambienti, oltre che il progetto esecutivo di tutti gli arredi fissi, la selezione di arredi mobili e prodotti e la direzione artistica. Mentre Tétris, società specializzata nella progettazione e ristrutturazione di spazi di lavoro e commerciali realizzati in modalità design and build, ha eseguito le fasi di progetto esecutivo e costruttivo e la realizzazione dei lavori. Gli spazi per gli uffici si articolano fra il quinto e il sesto piano di due edifici comunicanti. Al settimo piano del centro è stato realizzato il Business Club, un grande ambiente comunitario che include l’area reception, la caffetteria, la game room, il quiet space dedicato al relax, la common library, zone meeting e spazi coworking. Gli spazi comuni culminano in due grandi terrazze - 270 mq al settimo piano e 140 mq al sesto piano - che regalano una vista unica sul Duomo di Milano. Entrambe sono illuminate e arredate con dotazioni fisse e arredi mobili per permetterne l’utilizzo durante tutto l’arco della giornata, incluse le ore serali, garantendo

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nuove occasioni di lavoro outdoor. Negli interni, l’altezza ridotta e l’impossibilità di aggrapparsi al soffitto esistente hanno stimolato il progetto di dispositivi leggeri che garantiscono gradi diversi di privacy e forme diverse di socialità: tende leggere e griglie metalliche creano una sequenza di filtri visivi che permettono di lavorare in tranquillità. Le strutture di metallo bianco sono concepite come esili supporti per decorazioni e artwork, mentre le tende, organizzate su lunghi binari a soffitto, sono schermature che permettono di riconfigurare gli spazi a seconda delle necessità. Il carattere dello spazio è definito da elementi e materiali di nature diverse: il ceppo di grè - la pietra tipica degli ingressi milanesi - la boiserie e il pavimento in rovere creano un interno dai toni discreti e accoglienti. Di fronte alla game room, la tenda dello stesso tono del legno delle boiserie, del parquet e degli arredi su misura si confronta con le pareti metalliche riflettenti che aumentano la percezione della dimensione spaziale. E in tutti gli ambienti, i dettagli custom, la selezione di arredi del grande design italiano e nordico, la scelta di stoffe e tessuti raffinati conferiscono a un grande spazio open space la qualità e il comfort di uno spazio domestico. |end


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SEXY & JOYFUL MASQUESPACIO FIRMA UNO SPAZIO COWORKING ANTICONVENZIONALE. PER CREATIVI, ARCHITETTI E ARTISTI. E PER TUTTI GLI AMANTI DEL DESIGN txt Antonia Zanardini – ph Luis Beltran

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Valencia, Masquespacio firma Cabinette, un coworking originale, ironico e divertente, che dichiaratamente si rivolge ai professionisti di discipline artistiche e creative. Un workspace che i suoi stessi autori - Ana Milena Hernández Palacios e Christophe Penasse, fondatori di Masquespacio definiscono “sexy, lussuoso e divertente”. Il concept si ispira agli anni Sessanta e Settanta, con studiati pezzi di design e velluti declinati in colori audaci. Una vera e propria fuga dagli spazi di lavoro tradizionali, dal look essenziale e minimal, e un esplicito invito a rompere con le convenzioni, anche attraverso scelte e gesti provocatori, come quello di invertire le tende e le cornici

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dei quadri, sovvertendo le regole, spaziali ed estetiche. Ana e Christophe raccontano anche che una delle ispirazioni nasce dal film Playtime, scritto diretto e interpretato da Jacques Tati nel 1967. Un cult del cinema d’autore, ma anche un film ben noto fra i cultori dell’architettura e del design, nel quale veniva rappresentata una Parigi futuristica, anonima e straniante, nella quale Monsieur Hulot, il protagonista, si perdeva fra spazi asettici e senza identità. Cabinette sovverte questo immaginario e lo carica di personalità per accogliere un target alla ricerca di un’atmosfera vibrante e gioiosa. La scenografia ideale per lasciare fluire nuove creazioni e idee. |end


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COUNTRY OFFICE STUDIO PIET BOON DISEGNA UN UFFICIO CHE SOMIGLIA A UNA FATTORIA. UN PROGETTO COLTO E SOFISTICATO CHE HA VINTO GLI ARCHITIZER A+ AWARDS 2020 PER LA CATEGORIA OFFICE LOW-RISE txt Francesca Tagliabue - ph Thomas de Bruyne

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caldi e domestici, che immediatamente abbracciano le persone facendole stare bene. L’architettura combina due diverse tipologie di spazi: un edificio rurale, caratterizzato da tetti a falda, travi a vista e muri in mattoni, che si contrappone al secondo corpo destinato a uffici, con tetto piano e dall’aspetto più moderno e urbano. Le grandi finestre, oltre a portare luce in tutti gli ambienti - compresi quelli dedicati al relax, la cucina e la palestra privata - permettono di ammirare boschi e campi coltivati che si estendono

hiamato a immaginare uno spazio per il lavoro che fosse funzionale e senza tempo, Studio Piet Boon ha disegnato un edificio basso, dalle forme famigliari, che ricordano quelle di un fienile. Un progetto essenziale, ma al tempo stesso colto e sofisticato, che si è aggiudicato il premio della giuria degli Architizer A+ Awards 2020 per la categoria Office Low Rise. Costruito fuori dalla cittadina di Oostzaan e immerso nella campagna olandese, Office Brabant accoglie i dipendenti con interni

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a perdita d’occhio nella pianura: una connessione con la natura che trasmette benessere a un livello profondo. Le aperture verso il cortile sono invece più piccole e intime. Il patio, arredato con sedute e tavolini, è una sorta di soggiorno o sala riunioni informale en plein air. Piet Boon si è concentrato molto sulla scelta dei materiali e delle finiture, optando per soluzioni che potessero durare a lungo nel tempo. Su tutti colpisce l’ampio uso della pietra - che definisce

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i lavandini, parte dei rivestimenti parietali e i camini - posata a pavimento quasi ovunque, solo in cucina e nelle aree più informali sostituita da un parquet chiaro a doghe lunghe. Le pareti intonacate in stucco chiaro mettono in risalto il colore naturale delle travi in​​ legno e fanno da sfondo ad arredi dalle forme moderne, ma classiche, e dai colori neutri e desaturati, individuati nelle sfumature del beige, del marrone e del grigio. |end


wo r k sp ace s | ACUSTICA

THE SOUND OF SILENCE

txt Roberto Negri

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Dai workplace alle sale meeting Prescindendo dagli aspetti legati alla fisica tecnica, il trattamento acustico degli spazi ufficio presuppone innanzitutto l’individuazione del livello di rumore ammissibile per la corretta fruizione degli ambienti, parametro che varia sia in funzione della loro tipologia che delle attività ospitate oltre che delle loro reciproche relazioni spaziali, e conseguentemente l’adozione di soluzioni progettuali differenziate. Se ingresso e reception, ad esempio, spazi ampi e a bassa occupazione, devono garantire soprattutto la comprensibilità di conversazioni molto ravvicinate e contenere riverbero e propagazione del rumore agli ambienti di lavoro confinanti, gli uffici open space, essendo privi di separazioni fisiche tra le postazioni di lavoro, richiedono l’adozione di soluzioni fonoassorbenti per impedire la diffusione del rumore all’interno dell’ambiente comune. Mentre per gli uffici chiusi il problema sarà, ancora una volta, limitare l’impatto del rumore sulle aree confinanti, obiettivo anche degli spazi di servizio

elle nostre abitazioni è un fatto scontato. Ma anche gli ambienti di lavoro non fanno eccezione. Ricerche e analisi, anzi, pongono il comfort acustico tra i fattori che più influenzano il benessere degli spazi ufficio insieme a luce e temperatura. In questi ambienti, del resto, il rumore non è solo un fastidio, ma anche la principale causa della perdita di concentrazione, e quindi di produttività. Un fatto che il modello open office in tutte le sue varie declinazioni ha ulteriormente accentuato, ponendo la qualità sonora degli ambienti di lavoro tra gli elementi centrali del progetto. Peraltro non solo negli spazi dedicati ad attività individuali che richiedono un alto tasso di concentrazione, ma anche in quelli dove si lavora in gruppo o dove queste situazioni si alternano. Oggi all’utilizzo di soluzioni tradizionali le nuove metodologie di controllo del rumore affiancano anche l’impiego di arredi, corpi illuminanti e altri accessori che non solo migliorano le performance acustiche ma, grazie a una crescente attenzione al design, anche la qualità estetica degli ambienti.

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IL COMFORT ACUSTICO NON È PIÙ UN OPTIONAL MA UN MUST ANCHE NEGLI SPAZI UFFICIO. PER FAVORIRE IL BENESSERE PSICOLOGICO ED EMOTIVO DI CHI LI USA E LA PRODUTTIVITÀ. CON SOLUZIONI CHE SONO SEMPRE PIÙ PARTE INTEGRANTE ANCHE DELL’INTERIOR DESIGN

destinati all’occupazione temporanea. Sale meeting e riunioni, infine, dovendo garantire una perfetta intelligibilità del parlato anche in presenza di un numero elevato di persone, richiedono trattamenti acustici di particolare complessità. A tutto ciò si aggiunge il fatto che non solo negli ambienti di rappresentanza ma anche negli spazi destinati all’operatività le soluzioni per il trattamento acustico devono soddisfare imprescindibili requisiti di carattere estetico e formale, che se in alcuni casi sono funzionali anche alla comunicazione dell’immagine aziendale - tipico il caso delle reception - più in generale contribuiscono a creare un ambiente di lavoro confortevole anche sotto il profilo psicologico ed emotivo. Le soluzioni L’ottimizzazione delle proprietà di assorbimento acustico dei materiali e l’estensione del loro impiego al di là delle soluzioni più tradizionali ha enormemente ampliato le opzioni progettuali

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e di interior design negli interventi di trattamento acustico degli spazi ufficio. Dagli arredi alle sedute, dai contenitori ai tendaggi passando per i corpi illuminanti e gli elementi accessori, ogni elemento contribuisce al contenimento e alla dissipazione delle onde sonore. Fondamentale è naturalmente la scelta del materiale fonoassorbente. In linea generale vengono privilegiati quelli altamente porosi e con pori intercomunicanti, che sono in grado di smorzare rapidamente le vibrazioni delle onde sonore, escludendo quelli lisci e ad alta densità, che hanno al contrario la tendenza a rifletterle. Quanto ai loro utilizzi, ai tradizionali controsoffitti, pareti e schermi divisori tra postazioni di lavoro oggi si affiancano soluzioni che integrano tali materiali sia in elementi free standing - totem acustici, baffle e pannelli mobili - sia in altri componenti funzionali. Tipico è il caso dei corpi illuminanti, in cui l’elemento fonoassorbente utilizzato in combinazione con il punto luce diventa anche parte integrante del suo design. |end


wo r k sp ace s | ACUSTICA ARTEMIDE - NUR ACOUSTIC Artemide reinterpreta in una nuova versione acustica uno dei suoi bestseller, l’iconica lampada Nur. Il corpo a campana è realizzato per unire un’illuminazione di qualità con un elevato controllo sonoro grazie alla sua particolare geometria che ne esalta le proprietà, intrappolando il suono al suo interno e assorbendolo. Cinque i colori disponibili, tutti con interno bianco per valorizzare al meglio la luce.

ESTEL - KITE Kite è un sistema a sospensione di pannelli fonoassorbenti composti da un telaio portante in alluminio e da un core di fibra minerale traforato, rivestiti da uno strato di gomma poliuretanica e tappezzati con un rivestimento in tessuto, che creano un’efficace trappola acustica con alto potere fonoassorbente. Utilizzabile in uffici open space, sale riunioni e spazi comuni, può alloggiare una barra a led per l’illuminazione d’ambiente.

CARUSO ACOUSTIC - FLAG I pannelli fonoassorbenti sfoderabili a soffitto Flag, agendo proprio come una bandiera, interrompono l’onda sonora minimizzando il riverbero e rendendo gli ambienti acusticamente confortevoli. La loro versatilità consente installazioni a soffitto tramite binari o per mezzo di cavi regolabili a diverse altezze per creare soluzioni originali e creative. Flag inoltre integra sistemi di illuminazione a LED sulla parte inferiore del pannello.

AXOLIGHT - U-LIGHT Per migliorare il comfort acustico degli ambienti l’azienda propone U-Light, una soluzione che combina qualità della luce e fonoassorbenza. Un pannello in PET garantisce la riduzione del riverbero ambientale, mentre un elemento circolare in alluminio integra una fonte luminosa LED che diffonde una morbida luce bianca dimmerabile. Applicabile a soffitto, a parete o in sospensione, U-Light è disponibile in due colori e in quattro diverse misure.

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MASCAGNI - SOUND BAFFLE Sound Baffle è un deflettore acustico adatto ad ambienti come sale riunioni e spazi di accoglienza e transito. Costituiti da partizioni aeree colorate, la loro disposizione influisce sulla visione d’insieme degli ambienti di grandi volumetrie, creando un’organizzazione degli spazi più armonica e fluida e allineandone l’atmosfera alla dimensione acustica realizzata grazie ai pannelli.

MARTINELLI LUCE - HUSH Hush è una soluzione che con i suoi moduli componibili crea sistemi luminosi dalla forma semplice o articolata per illuminare e garantire un ottimo comfort acustico a una o più postazioni di lavoro. Il profilo di alluminio della sospensione, dotato di sorgente luminosa LED, è accoppiato a pannelli fonoassorbenti, e unito ad altri profili attraverso giunti può ampliare la sua zona di azione in funzione dell’ambiente di installazione. RONDA DESIGN

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SLALOM - T-FRAME Basati sulla tecnologia fonoassorbente Tailor Made messa a punto da Slalom, i pannelli T-Frame sono composti da una struttura multistrato irrigidita che integra uno strato di fibra fonoassorbente in poliestere in grado di migliorare il comfort acustico ambientale. Realizzati in diverse forme e dimensioni, i pannelli possono essere applicati a parete e soffitto tramite magneti, a soffitto in sospensione, a baffle con calamite o cavetti e su totem autoportanti.

CAIMI - FLAP TOTEM Flap Totem è un elemento fonoassorbente composto da sei pannelli Flap e una struttura free-standing per il trattamento acustico degli ambienti. I pannelli sono costituiti da un’imbottitura interna in fibra di poliestere a densità variabile, rivestita su ambo i lati da tessuto in poliestere. Elegante e pratico, Flap Totem unisce la funzione di correzione acustica alla praticità data dal facile posizionamento.

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I pannelli fonoassorbenti magnetici Paddle sono realizzati con materiali riciclati provenienti da plastiche PET e sono a loro volta riciclabili. L’imbottitura fonoassorbente è realizzata in fibra di poliestere, materiale che garantisce straordinarie caratteristiche di fonoassorbenza, specialmente per le frequenze del parlato. Il tessuto esterno di rivestimento è completamente sfoderabile e lavabile, proposto in otto accattivanti colori mélange e in differenti forme.


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TECNO TCLUB LO SPAZIO TECNO A MILANO È DIVENTATO TCLUB, UN INNOVATIVO SPAZIO COWORKING PER SCAMBIARE IDEE E LAVORARE. DA SOLI O IN TEAM txt Agnese Lonergan - ph David Zanardi

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sistemi organizzativi disegnano una sequenza di cluster con diverse funzionalità, flessibili e responsive perché adattabili all’utilizzatore. Meeting room per conferenze, presentazioni o riunioni collettive si alternano ad aree per confronti più ristretti. Mentre le zone operative possono avere la configurazione tipica degli uffici, diventare postazioni dinamiche che favoriscono la collaborazione o creare angoli per la concentrazione individuale.

Club a Milano è diventato un nuovo luogo di lavoro e condivisione: gli storici ambienti dei Caselli di Porta Garibaldi sono stati aggiornati e trasformati in spazi coworking, dove scambiare idee e lavorare, da soli o in team. Nelle diverse stanze distribuite sui due piani si possono trovare gli spazi più adatti alle esigenze di ognuno e alle attività in programma nella giornata: workstation, sedute, tavoli e

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Affiancate da aree lounge per l’attesa, per rilassarsi bevendo un caffè o per scambi informali. Tutti gli spazi sono prenotabili con un semplice clic tramite l’app DINA-Connecting Spaces disponibile per IOS e Android - sviluppata da IO.T Solutions, società parte del gruppo Tecno: scansionando un QR-Code è possibile accedere, prenotare la postazione, occupare un locker, settare l’illuminazione per personalizzare l’ambiente,

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oppure organizzare una videoconferenza in una delle meeting room. Tutti gli spazi, riprogettati durante l’emergenza Covid, sono fruibili in totale sicurezza, grazie anche alle funzioni digitali offerte da DINA-Connecting Spaces, che evitano la formazione di code fisiche negli ambienti comuni monitorando costantemente i flussi e segnalando ai presenti la praticabilità e i tempi di accesso ai servizi e ai singoli workplace. |end


w o r k s p a c e s | D E S I G N O N STAG E

ROOM BOOKING TECNO ADOTTA I TOUCH SCREEN PHILIPS PIÙ PICCOLI E VERSATILI PER IL ROOM BOOKING DI TCLUB Gli spazi di TClub sono prenotabili tramite l’app DINA-Connecting Spaces - disponibile per IOS e Android - sviluppata da IO.T Solutions - società parte del gruppo Tecno - come un’interfaccia unica in grado di rispondere ai bisogni dell’utente e di supportare i facility manager a livello organizzativo. In particolare, la piattaforma software multiprotocollo DINA-Connecting Spaces integra profilazione utenti, prenotazione posti lavoro e sale meeting, controllo accessi, attivazione di servizi, controllo dell’automazione, gestione del personale all’interno degli ambienti e analisi dei dati generati. “Dalla semplice scansione di un QR Code - ha commentato Eros Ghezzi, Business Development Manager di IO.T Solutions - è possibile accedere, prenotare una postazione o una meeting room, organizzare una videoconferenza, occupare un locker e gestire l’illuminazione attraverso il controllo di luci e tende”. All’interno di questo sistema funzionale trovano integrazione i display multi-touch da 10 pollici di Philips Professional Display Solutions che rappresentano il terminale segnaletico in loco per la gestione delle attività di prenotazione, conduzione e utilizzo di meeting room e postazioni interne. Dal room booking al wayfinding, i 10 pollici Philips Multi-Touch offrono un’interfaccia professionale completa e versatile per l’ambito corporate, ma non solo. Il processore SoC Android integrato permette di installare web app direttamente sul display e dispone di videocamera, speaker e Wi-Fi Bluetooth integrati. “Grazie all’affidabilità e alle versatili performance dei 10 pollici Philips - ha aggiunto Eros Ghezzi abbiamo rapidamente implementato le funzionalità del nostro software multi-protocollo DINA, creando in TClub un sistema ottimizzato di workplace management”. www.philips.com/pds www.iotsolutions.group

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workspaces | BRAND

WORKING SPACES AL MONDO OFFICE PEDRALI PROPONE NUOVE SOLUZIONI D’ARREDO DINAMICHE E CONFIGURABILI. PER I FORMAT LAVORATIVI DEL FUTURO txt Vittoria Baleri - ph Andrea Garuti

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con materiali innovativi, che si contraddistinguono per specifiche proprietà antibatteriche e che agevolano i normali processi di igienizzazione e sanificazione. Per rispondere a tutte queste esigenze, Pedrali presenta importanti novità e soluzioni versatili e innovative pensate per gli scenari lavorativi del domani. Con l’affermarsi di un modello ibrido che alterna smart working e lavoro in presenza, l’ufficio sarà sempre più luogo di relazione e confronto. Buddy Hub, disegnato da Busetti Garuti Redaelli, risponde perfettamente a questa esigenza: caratterizzato da

a alcuni anni gli spazi office sono stati interessati da importanti cambiamenti: i confini tra casa e ufficio sono sempre più labili e gli ambienti lavorativi hanno assunto nuove configurazioni. Gli spazi chiusi hanno lasciato il posto a spazi aperti in cui le interazioni sono agevolate e le parole d’ordine sono fluidità e condivisione. Tendenze in atto, alle quali l’attuale emergenza sanitaria ha imposto nuove ed emergenti necessità: gli uffici devono essere ripensati e lo spazio dedicato al lavoro reinterpretato. L’ufficio deve essere dinamico, flessibile e funzionale, con postazioni di lavoro separate, nicchie di privacy acustica e visiva, pannelli divisori e pareti mobili che favoriscono il distanziamento. Nuovi ambienti e layout che devono essere non solo funzionali ma anche belli, nei quali gli arredi devono essre orientati al benessere della persona e realizzati

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1 Toa Folding Screen, design Robin Rizzini 2 Pannello autoportante Ypsilon Connect, design Jorge Pensi 3 Tavolo Toa, design Robin Rizzini

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4 Archi-Table, design Robin Rizzini 5 Buddy Hub, design Busetti Garuti Redaelli

un pannello fonoassorbente perimetrale che abbraccia l’imbottito, può creare un’alcova accogliente e funzionale o, ponendo due elementi uno di fronte all’altro, dare vita a uno spazio per incontri informali. Un elemento in grado di creare una parete divisoria funzionale fonoassorbente e autoportante è Ypsilon Connect, disegnato da Jorge Pensi. Definito da tratti decisi, Ypsilon Connect è caratterizzato dalla presenza di pannelli fonoassorbenti sostenuti da una struttura formata da due basi in pressofusione di alluminio e colonne in estruso di alluminio. Sempre a firma di Jorge Pensi nascono Temps Low Back, la nuova versione di Temps caratterizzata da uno schienale più basso, e la versione “tilting” del tavolo Ypsilon, con ruote e ripiano ribaltabile e accatastabile, per essere facilmente movimentato e riposto quando non in uso. Anche il tavolo Toa, disegnato da Robin Rizzini, viene ora proposto in altre dimensioni. Pensato per arredare un light office, grazie alle sue dimensioni contenute, può anche diventare un desk per un ufficio elegante, un meeting table o, in dimensioni più generose, un conference table. Per rispondere a esigenze di mobilità e configurabilità, oltre che a quelle di distanziamento, viene inoltre proposto Toa Folding Screen, un pannello divisorio fonoassorbente da tavolo, sempre progettato da Rizzini, in grado di definire e separare lo spazio. Infine, segnaliamo anche Arki-Table adjustable desk, dotato di un pratico ripiano regolabile in altezza per lavorare sia in piedi sia seduti, garantendo sempre massimo comfort ed ergonomia. |end

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w o r k s p a c e s | D E S I G N O N STAG E

THE EDGE L’HEADQUARTER DELOITTE AD AMSTERDAM È UN EDIFICIO AVVENIRISTICO E INNOVATIVO, ALL’INTERNO DEL QUALE SONO STATE INSERITE LE SOSPENSIONI BELL DI AXOLIGHT txt Agnese Lonergan

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he Edge ad Amsterdam, progettato da PLP Architecture, è un edificio intelligente che ben rappresenta la transizione di Deloitte all’era digitale e che riunisce tutti i dipendenti, precedentemente distribuiti su più edifici in tutta la città, all’interno di un unico ambiente. Con la valutazione più alta al mondo assegnata a un edificio per uffici dal Building Research Establishment (BRE), il nuovo headquarter combina numerose tecnologie che agiscono in sinergia per creare un ambiente di lavoro adattabile e intelligen-

te, concepito come un “condensatore sociale” che ruota attorno a uno scenografico atrio di ben quindici piani, racchiuso da un iconico tetto inclinato, nel quale incontrarsi e confrontarsi, vero fulcro di tutte le attività e le relazioni che si svolgono nell’edificio. Vari e differenziati gli spazi pensati per il lavoro, articolati a seconda del livello di socialità richiesto: ci sono cabine di lavoro, focus room, sale riunioni e meeting, bar, hotdesk e workplace di varie fogge e dimensioni, flessibili e sociali, fisicamente e virtualmente interconnessi fra loro. Un edificio avveniristico

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e innovativo, all’interno del quale sono state inserite le eleganti sospensioni Bell di Axolight disegnate da Manuel Vivian. Corpi illuminanti di grandi dimensioni caratterizzati da una forma “a campana”, più o meno allungata a seconda del diametro, che si sviluppa su una struttura metallica rivestita in fettucce di tessu-

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to pongé superliscio ignifugato. Disponibile in versioni da soffitto, da parete e a sospensione, Bell viene proposta in dieci colori: nero, verde, giallo oro, blu elettrico, rosso, rosso bordeaux, bianco, bianco caldo, mattone e marrone. I diametri variano da un minimo di 45 cm fino a un massimo di 180 cm. |end


workspaces | BRAND

MOVING COLOURS MARA PRESENTA IL NUOVO SHOWROOM AZIENDALE. UNO SPAZIO COLORATO, COINVOLGENTE ED EMOZIONALE, RICCO DI PRODOTTI, IDEE E SOLUZIONI PER IL CONTRACT E LA COLLETTIVITÀ txt Marta Germani - ph Mattia Pagani

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uno spazio dove nicchie e pareti colorate regalano scenografie suggestive e nuovi spunti d’arredo per l’ufficio, il mondo corporate e la collettività. Nuance pastello e contrasti colorati, giochi di luci e penombre guidano il visitatore all’interno di un percorso che valorizza, oltre ai prodotti iconici dell’azienda, le ultime novità e l’intera collezione. Importanti parallelepipedi espositivi a tutta altezza, riconfigurabili per diverse scenografie, delineano gli spazi creando un gioco visivo di geometrie pulito ed elegante. Uno showroom dinamico e flessibile, proprio come le collezioni Mara, in grado di evolversi in funzione delle esigenze espositive e di ritmare armoniosamente gli spazi.

el suo sessantesimo anniversario Mara, specializzata nella produzione di sistemi ed elementi d’arredo innovativi, estetici e funzionali per l’ufficio e la collettività, ha da poco inaugurato il nuovo showroom corporate situato all’interno della storica sede aziendale, alle porte di Brescia. Il progetto di restyling e di interior degli spazi espositivi è stato curato dall’architetto Francesco Barbi - designer di alcuni prodotti Mara come l’iconica libreria B-302, il tavolo Savio e la seduta Liana - e da Matteo Salvi, Art Director e Marketing Manager Mara. Moving Colours è il nome che identifica il concept progettuale:

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Focus sulla produzione Fin dall’ingresso, il visitatore viene incuriosito dall’affaccio sulla produzione e, come dietro le quinte di un teatro, può assistere ad alcune lavorazioni eseguite da macchinari di ultima generazione, che tagliano, piegano e saldano orchestrati dal personale Mara. All’interno dello showroom la scelta cromatica dei prodotti contrasta con i colori tenui delle pareti che fanno da cornice ad ambientazioni pulite ed essenziali, dove il prodotto è il protagonista. Particolare rilevanza è stata data alle nicchie dedicate a Follow, la nuova collezione di tavoli ultra regolabili in altezza e alle collezioni multifunzionali e salvaspazio Argo e Timmy. Un altro importante spazio è stato destinato alla presentazione delle diverse soluzioni per il mondo educational e conference scuole, università, biblioteche, sale conferenza e spazi d’attesa. “Con piacere presentiamo uno showroom completamente rinnovato che rispecchia la nuova brand identity di Mara – commentano in azienda onostante il periodo in cui ci siamo trovati, durante il quale le principali fiere di settore sono state annullate, abbiamo ritenuto importante realizzare un luogo concepito per l’incontro e il confronto con clienti e architetti, dove scoprire tutte le ultime novità in totale sicurezza . Ed è con questi obiettivi che Mara ha progettato il suo nuovo showroom, che è innanzitutto uno spazio di lavoro e di condivisione, da vivere e con il quale interagire. Dove tutto è stato studiato nei dettagli dalla scelta di materiali, colori e finiture fino ai giochi di luce e agli effetti chiaroscurali che evidenziano dettagli stilistici e danno vita a un ambiente coinvolgente ed emozionale. Un luogo dedicato alla scoperta di nuove idee e soluzioni, per ispirarsi e creare. |end

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HEADQUARTER T&T UN PROGETTO DI RIMODELLAZIONE DEGLI INTERNI FIRMATO DA STUDIO BASAGLIA ROTA NODARI. E UN INTERIOR CARATTERIZZATO DALLE INNOVATIVE SOLUZIONI OFFICE PRODOTTE DA VIGANÒ txt Agnese Lonergan

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a nuova sede T&T è stata realizzata all’interno di una ex fabbrica tessile situata a Missaglia, in provincia di Lecco, a un passo dall’area naturalistica del Parco Regionale Montevecchia e Valle del Curone. Il progetto ha mantenuto invariata la struttura storica dell’edificio, caratterizzata da una grande aula di 12x30 metri scandita dal ritmo regolare delle aperture finestrate disposte su due livelli che donano allo spazio

una delicata luce diffusa. Questa sala, che un tempo ospitava le macchine per la produzione tessile, oggi è il cuore del nuovo headquarter. Attraverso un attento progetto di rimodellazione degli interni lo Studio Basaglia Rota Nodari ha disegnato degli ambienti contract che superano la logica dell’open space per ricercare invece un’articolazione di zone funzionali definite ma allo stesso tempo flessibili, in equilibrio tra socialità e privacy.

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Il progetto di interior design - interamente realizzato con arredi e workplace prodotti da Viganò - oltre alla definizione dei nuovi ambienti, si è concentrato sulla ricerca di un nuovo carattere complessivo da attribuire agli interni, attraverso le scelte cromatiche e di arredo. Le strutture murarie originali sono così contraddistinte dal colore bianco, a cui è stata accostata per i nuovi inserti una palette composta da un grigio neutro, per le aree pubbliche, e da due toni di azzurro che caratterizzano le aree operative e direzionali. Le stesse cromie sono state adottate per gli arredi, che hanno una dominante nera per intonarsi alla palette architettonica, unita ai colori freddi scelti per i tessuti. |end

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UNA PALETTE COLORI INFINITA Tutti gli arredi utilizzati per la nuova sede di T&T sono prodotti da Viganò. Tra questi, il divano George, che partendo da un semplice modulo di base permette di comporre infinite soluzioni - dal pouf al divano angolare - e con una modularità pensata anche in altezza grazie all’impilabilità di tre diversi elementi. Innovativo anche il pouf Tommy, caratterizzato da un taglio che permette di riporre un giornale o di accogliere un tavolino con caricatore per smartphone e connettore usb integrato o un utile pannello fonoassorbente. Infine, lo spazio di conversazione e lavoro può essere completato con la seduta Milly, disponibile in differenti finiture e in una palette colori praticamente infinita. Tre nuovi prodotti, tutti firmati Basaglia Rota Nodari, il cui filo conduttore è il colore, fresco, dinamico e contemporaneo.


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UN VILLAGGIO CONTEMPORANEO UNIFORM HA SVILUPPATO I SISTEMI DI FACCIATA PER IL DAVINES VILLAGE. UN HEADQUARTER CARATTERIZZATO DA VOLUMI VETRATI IMMERSI NEL VERDE txt Marta Germani

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lle porte di Parma sorge un villaggio che interpreta in modo innovativo i caratteri dell’aggregato rurale. Qui Matteo Thun e Luca Colombo hanno disegnato uffici, sale riunioni, laboratori scientifici, corpo di fabbrica e produzione, ma anche aree di formazione e ristoro del Davines Village, sede dell’omonima azienda cosmetica. Articolato attorno a uno spazio centrale che diventa una piazza pubblica nella quale incontrarsi, il complesso rimanda all’organizzazione e all’identità degli spazi rurali, a partire dal tetto a doppia falda, archetipo della costru-

zione tradizionale e lo riattualizza in un piano terra, trasparente e permeabile grazie alle facciate in vetro che definiscono tutto il perimetro del complesso. La serra è il fulcro attorno al quale ruota tutto il sistema di flussi: costruita in vetro e acciaio rivela l’essenza del progetto, la volontà di offrire un’immersione totale nello spazio verde, grazie anche alla facciata in vetro che si sviluppa lungo tutto il perimetro e che rende gli ambienti trasparenti e luminosi. Vetro e legno costituiscono i materiali d’elezione per tutto l’involucro, come nella fascia marcapiano del piano primo, per la quale

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sono stati realizzati pannelli in rovere lamellare opportunamente isolati all’interno. La capacità progettuale di Uniform e l’attenzione alle specifiche esigenze del progetto ha permesso di realizzare un sistema che rispettasse le reali esigenze formali del progetto e allo stesso tempo potesse soddisfare gli standard prestazionali richiesti. In accordo con i progettisti, Uniform ha sviluppato un reticolo di montanti e traversi in legno lamellare di rovere europeo, verniciato

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con finitura naturale. La sezione frontale in vista della struttura lignea è di 50 mm. mentre la profondità si differenzia tra i due piani dell’edificio in funzione della luce libera fra i fissaggi al contesto edile. Anche i serramenti sono in legno rovere lamellare, sia per quanto riguarda le portefinestre ad anta ribalta al piano primo, con parapetto fisso in vetro integrato, sia per le porte ad apertura esterna al piano terra. |end


wo r k sp ace s | SHOW OFF ISOPLAM Nel nuovo spazio Infinite Area - il coworking campus alle porte di Treviso nato per incentivare sinergie e partnership tecnologiche, istituzionali e scientifiche - è stato applicato un pavimento senza fughe e giunti realizzato in Deco Nuvolato di Isoplam. Una superficie a base cementizia caratterizzata da delicati giochi di colore che, grazie alle variazioni più scure che risaltano su uno sfondo più chiaro, ricordano la leggerezza delle nuvole. Applicato nella tonalità Light Gray, è stato scelto per le sue doti di resistenza all’usura, agli urti e al calpestio.

EGGER L’architetto Vladimir Fomin e l’azienda produttrice di mobili Mebelaria hanno realizzato interni vivaci e contemporanei per la biblioteca del liceo numero 8 a Murmansk, in Russia. La sostenibilità dei materiali utilizzati è particolarmente importante per gli istituti scolastici, pertanto per questo progetto sono stati scelti i pannelli Egger di classe E1. I decori U763 ST9 grigio perla e W980 ST2 bianco platino fungono da base per gli arredamenti interni, mentre il decoro U131 ST9 giallo limone aggiunge un tocco di colore sorprendente.

SITIA Rocks è un divano modulare, dalle linee razionali e creato per adattarsi agli spazi e alle esigenze degli ambienti contract contemporanei. I suoi elementi possono essere facilmente riallocati per creare infinite combinazioni estetiche e funzionali, per riorganizzare un ambiente conviviale, un punto di scambio o aggregazione come una lounge. Perfetta la componibilità grazie ai due elementi principali: la panca e il giunto, ai quali si aggiungono una panca accessoriata - con elementi hi-tech o una vasca contenitore - e uno schienale, disponibile anche con desk.

SKEMA Akustika è una parete fono correttiva in doghe e pannelli applicabili a parete e a soffitto. Grazie alle diverse geometrie di fresatura e foratura disponibili, si può scegliere il livello di fono correzione più adatto al proprio progetto, così da avere sempre performance tecnico-acustiche ideali per qualsiasi spazio e uso. Le contro pareti vengono progettate con specifiche profilature che conferiscono un’ottima resa estetica e rendono il montaggio pratico e veloce.

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wo r k sp ace s | FOCUS ON

MANERBA Kokoro è un sistema di alcove, divani, tavoli e tavolini per spazi che esteticamente non vogliono barriere, ma ne necessitano, sia per esigenze di sicurezza che per privacy visiva e acustica. Le sue forme morbide ed eleganti sono state pensate per creare un senso di intimità, accogliendo al loro interno le persone, e al contempo per offrire versatilità di progettazione grazie alle molte possibili composizioni. La struttura di divani e alcove Kokoro è in multistrato di legno su base in metallo, mentre seduta e cuscini sono realizzati in poliuretano espanso di tre diverse densità, rivestiti in un’ampia gamma di tessuti. Lo schienale del divano, disponibile in due altezze, ha una funzione fonoassorbente: senza sembrare un vero e proprio pannello acustico, nella sua versione più alta si trasforma in un box-capsula isolato dal rumore.

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wo r k sp ace s | SHOW OFF

THONET Il nuovo edificio aziendale della Triodos Bank in Olanda è stato arredato con oltre 130 classici Thonet in tubolare d’acciaio e legno curvato mordenzato al naturale con canna d’India intrecciata. L’iconica sedia cantilever S 64 V di Marcel Breuer, ovvero la sua evoluzione come poltrona girevole S 64 Atelier, inserita da un anno nella collezione, è presente con ben 54 esemplari. A questi si aggiungono nell’area della caffetteria 76 modelli della celebre sedia 218 in legno curvato, nata da un progetto dei Gebrüder Thonet del 1876. Il tutto è poi completato da diversi moderni sgabelli da bar 404 H mordenzati neri, disegnati da Stefan Diez.

SCAB DESIGN Lady B Pop è una seduta dalla scocca imbottita con anima in tecnopolimero, struttura girevole a quattro razze e ruote in pressofusione di alluminio. Nella sua versione fissa Lady B Pop viene invece realizzata con plastica ottenuta dalla lavorazione e rigenerazione di prodotti giunti a fine vita, ovvero scarti derivati dalla raccolta differenziata. La plastica è certificata come riciclata e ottenuta grazie all’utilizzo di energia generata da fonti rinnovabili. Una ulteriore garanzia dell’impegno e della qualità del lavoro di SCAB Design per accompagnare il consumatore verso un uso consapevole dei materiali e del loro utilizzo. Una nuova produzione che innesca un processo virtuoso: non viene introdotta nuova plastica nell’ambiente e allo stesso tempo si recuperano materiali di scarto potenzialmente inquinanti.

GARBELOTTO Il sistema di posa Clip Up System è stato messo a punto dal reparto R&D del Parchettificio Garbelotto: un’innovazione destinata a cambiare la posa dei pavimenti in legno flottanti grazie a un sistema di clip che si inseriscono nella fresatura realizzata sotto alle tavole dei prefiniti. L’incastro tra clip e parquet assicura un posa stabile e con una superficie perfettamente planare. Un sistema ingegnoso, che può essere utilizzato anche per la posa delle quadrotte e dei pavimenti a spina di pesce ungherese della linea Noblesse.

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wo r k sp ace s | FOCUS ON

FARAM Bahlara è una collezione office che può espandersi, contrarsi, riconfigurarsi, cambiare abito, articolarsi e adattarsi a nuove esigenze funzionali, estetiche e organizzative. Un sistema di arredi che si ispira al palermitano mercato di Ballarò - il cui originale nome arabo è appunto Bahlara - e che conduce il progettista verso una riappropriazione completa dell’ideazione degli spazi, superando la pura distribuzione degli arredi. Un vero e proprio labirinto di configurazioni possibili, per interpretare ogni possibile funzione utilizzando una gamma straordinariamente ampia di elementi - scrivanie, divani, schermi fonoassorbenti, tavoli - e finiture, per creare spazi di lavoro fluidi e facilmente adattabili a seconda delle esigenze. Inoltre, ogni modulo può essere integrato con elementi contenitori, agganciabili e sospesi, come mobili, mensole, cassetti e locker.

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wo r k sp ace s | SHOW OFF

FANTONI Atelier, progettato con lo studio Gensler di New York, è un arredo altamente flessibile che nasce in risposta al costante mutamento dei moderni workplace. In relazione alle attuali tendenze che caratterizzano la cultura dell’ufficio, Atelier riesce a riunire una molteplicità di funzioni legate allo spazio, offrendo longevità funzionale ed efficienza economica. Lo schema composito estremamente innovativo si articola in quattro elementi principali: una workstation configurabile, un collaboration table ad altezza 105, una famiglia di contenitori dinamici, tra i quali anche un’iconica mobile pinboard, e un sistema libreria-contenimento.

XOFFICE Nell’ottica di una riflessione sulle tematiche ambientali, una lussureggiante giungla - Jungle Office - irrompe nel contesto urbano ed entra negli ambienti lavorativi per conquistarli. XOffice ha infatti selezionato piante a coltivazione controllata e certificate Airpure per l’ossigenazione degli ambienti interni. Uno spazio aperto e integrato, gestito secondo i concetti di “smart working” e “learning organization”, dà vita a un luogo ibrido dove lavoro, crescita e confronto sono in relazione. Jungle Office non è solo un concetto spaziale, ma viene proposto come una nuova filosofia applicata al progetto degli spazi di lavoro e per la collettività. Se da un lato c’è l’interesse verso l’integrazione materiale e spaziale con le piante e il verde, dall’altro questa è funzionale a sviluppare un discorso di benessere più ampio che riguarda il messaggio, la visione e la corporate identity di imprese e aziende. Gli uffici si trasformano così in vere e proprie giungle urbane, che offrono maggior benessere fisico alle persone che li abitano quotidianamente.

NEWFORM La collezione Kobe è ideale per qualsiasi ambiente professionale perché caratterizzata da un design minimal e soluzioni estremamente versatili. Lo stile è semplice, lineare, quasi ridotto all’essenziale, e le scelte cromatiche, tra accostamenti e tonalità più o meno insolite, danno carattere e arricchiscono ogni elemento. Protagoniste della linea sono le scrivanie, la cui particolarità sta nei ‘piani affogati’: i top sono infatti immersi nelle strutture metalliche in modo da alleggerire il design, eliminare sovrapposizioni o inutili spessori.

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wo r k sp ace s | FOCUS ON

UNIFOR Gli eventi dell’ultimo periodo hanno radicalmente modificato la uotidianità delle persone all’interno dei loro luoghi di lavoro: un ambiente sicuro che garantisce benessere e comfort in ufficio è ora più che mai fondamentale. Per rispondere a queste nuove ed emergenti esigenze UniFor ha sviluppato una serie di pannelli di sicurezza removibili e agganciabili a ogni postazione di lavoro. I nuovi pannelli Add- ns sono disponibili in vetro e tessuto, due materiali facilmente sanificabili e che garantiscono un’alternativa sostenibile rispetto alla plastica. I pannelli frontali e laterali hanno tre diverse possibilità di aggancio offrendo la massima flessibilità di utilizzo. Uni or è in grado di adattare la serie di pannelli Add- ns su qualsiasi sistema pre-esistente di postazioni operative e contenitori.

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wo r k sp ace s | SHOW OFF

EXENIA I proiettori Spot Revo - per i sistemi Track 48, Track 48 evo, Track 48 tube, Track 48 twin - sono dotati di sorgenti led COB high density ad alta resa cromatica e di nuovissimi gruppi ottici Cross-Dark in pmma con altissimo comfort visivo e pulizia di fascio. In due diametri e due potenze garantiscono omogeneità e definizione dei fasci di qualità museali. Contraddistinto per fattori UGR sempre inferiori a 10, con l’integrazione dei numerosi accessori Spot Revo diventa completamente invisibile e ideale per impieghi dove la qualità della luce e il suo totale controllo definiscono la riuscita di un progetto.

LAPALMA Grazie all’abaco articolato dei prodotti Lapalma, si possono comporre e abbinare, con grande flessibilità, elementi di arredo, scrivanie e tavoli a diverse altezze, contenitori da ufficio e accessori funzionali, per creare un ufficio a propria misura e in linea con i tempi. Un workplace contemporaneo e disinvolto, con arredi minimal che si riscaldano nei dettagli, nei materiali, nella scelta cromatica. Nella sua linea di prodotti per il Light Office, Lapalma propone un nuovo concetto di spazio di lavoro, dove le gerarchie sono sfumate, le funzioni non sono più rigidamente separate e il comfort diventa più informale e democratico: il cliente si siede su una panca imbottita, i documenti sono riposti in armadi colorati, il cablaggio è collocato in contenitori sollevati da terra.

IOC PROJECT PARTNERS Ghisolfa, disegnata da Raffaella Mangiarotti, è una famiglia di sedute creata per momenti individuali o per una condivisione privata. Nella configurazione poltrona o divano alti contrapposti, l’effetto privacy viene enfatizzato creando una vera e propria area protetta. Rivestita in tessuto, grazie allo spessore dell’imbottito trapuntato crea un senso di isolamento sonoro: è quindi ideale per meeting e conversazioni informali in totale comfort. È disponibile anche in versione bassa più adatta per meeting di gruppo o aree di dialogo.

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wo r k sp ace s | FOCUS ON

ESTEL Dolly Chat, disegnata da Stefano Gallizioli, è una soluzione confortevole per aree comuni e uffici open space, adatta per momenti di confronto e condivisione, ma anche per attimi di privacy e relax. La composizione è costituita da due divanetti imbottiti alti 130 cm collegati da un pannello tecnico, e si può accessoriare con monitor e tavolino estensibile con connessione. La forma avvolgente, la speciale cappottina e l’utilizzo di tessuti fonoassorbenti garantiscono un isolamento acustico fino a 15 dB. La versione Dolly Chat da due o quattro posti, accessoriata con tavolino estensibile elettrificato, è ideale per piccole riunioni. E grazie allo schienale alto 127 cm, Dolly Chat riesce anche a segmentare spazi di riunione informali acusticamente protetti.

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wo r k sp ace s | SHOW OFF MARA Alternare posizioni sedute a posizioni erette durante la giornata lavorativa è il modo più efficace per migliorare il comfort e preservare il benessere fisico delle persone, aumentandone le prestazioni. Follow è la collezione di tavoli eco-friendly e ultra-regolabili di Mara, storica azienda italiana specializzata nella produzione di sistemi ed elementi d’arredo innovativi e funzionali, che rispondono alla richiesta di maggior ergonomia negli ambienti di lavoro. Il cuore del progetto è un sistema meccanico di regolazione dell’altezza (da 680 a 1180 mm) azionabile mediante una maniglia posta sotto al piano: con un semplice tocco si adatta istantaneamente alle esigenze specifiche degli utenti.

KARMAN R.O.M.A. è un’elegante plafoniera in gesso disegnata da De Bona De Meo, in grado di ridefinire lo spazio in un vortice materico disegnato dalla luce. Il fulcro centrale garantisce un’illuminazione diretta, propagandosi e riflettendosi in cerchi concentrici sulla superficie della lampada.

OCCHIO Con la realizzazione delle Bavaria Towers, a Monaco, è nato un moderno complesso che riunisce uffici di nuova generazione. Nel più alto dei grattacieli, Design Offices, fornitore di spazi di coworking, ha realizzato ambienti di lavoro all’avanguardia secondo gli standard più moderni, all’insegna della massima flessibilità. E proprio la flessibilità è stata il punto di partenza nella progettazione illuminotecnica di Occhio, ottenuta grazie a un sistema di binari in grado di adattarsi alle esigenze dell’ambiente, in linea con la pianta trapezoidale dell’edificio. Il risultato è una griglia lineare che partendo dal cuore del grattacielo, raggiunge i singoli piani diramandosi a raggiera. Il sistema di illuminazione vede protagoniste le serie Mito, Mito Linear e Più.

DIEMMEBI Eclipse rappresenta la prima monoscocca di Diemmebi, pensata come una vera famiglia di prodotti con una scocca universale, adattabile a ogni tipo di telaio e con un sistema di fissaggio a incastro senza viti. Disegnata dall’architetto Angelo Pinaffo, firma storica del brand veneto, affascinato dallo spirito modernista degli anni Sessanta e dalle suggestioni che lo sbarco sulla Luna aveva portato nel design. Una seduta continua, avvolgente, dalle linee organiche, che si sviluppa senza soluzione di continuità e nell’equilibrio perfetto tra pieni e vuoti.

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SHOW OFF Prodotti e soluzioni

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pages 138-148

UN VILLAGGIO CONTEMPORANEO Uniform

1min
pages 136-137

HEADQUARTER T&T Viganò

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MOVING COLOURS Mara

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THE EDGE Axolight

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TECNO TCLUB Tecno - Philips

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