L'Industria delle Carni e dei Salumi - 09/2020

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Europa di Michele Spangaro

Green Deal europeo Produzioni zootecniche a rischio in sede UE nell’ambito delle discussioni sulla strategia “Farm to Fork” Per diversi mesi, prima dello scoppio dell’emergenza Covid-19, la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen aveva messo in chiaro che nei primi anni di mandato la sua priorità sarebbe stata una sola: promuovere il Green Deal europeo, cioè una serie di misure per rendere più sostenibili e meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei. Un obiettivo importante sarà rendere più sostenibili tutta una serie di attività umane che al momento consumano una grande quantità di energia, o che producono una quota eccessiva di inquinamento: significa introdurre nuove regole per costruire o ristrutturare case e industrie in giro per l’Europa, rendere meno inquinanti i processi produttivi, potenziare i trasporti pubblici e su rotaia, promuovere la biodiversità – cioè materialmente proteggere boschi e specie animali dall’estinzione – rendere ancora più diffusa l’economia circolare, e riservare una quota stabilita dei fondi europei per iniziative sostenibili. Per ogni obiettivo del Green Deal, la Commissione diffonderà prima un «piano strategico» e poi una «azione concreta», per cercare di raggiungerlo. Le misure di cui si sta discutendo di più, sostanzialmente perché sono le più importanti già presentate sono due: la cosiddetta “Legge sul Clima”, la base legislativa per tutti i provvedimenti che seguiranno nei prossimi anni, e il “Fondo per una transizione giusta”, cioè il salvadanaio che servirà a finanziare iniziative sostenibili nelle regioni europee più arretrate e vulnerabili. Il piano strategico che coinvolge il settore agro-alimentare prende il nome di strategia “Farm to Fork” (F2F) per un sistema alimentare equo, salutare ed ecologico. L’obiettivo è creare un sistema alimentare sano e pienamente sostenibile trasformando il modo in cui l’UE produce, distribuisce e consuma il cibo. Appare dunque chiaro che l’intero settore agro-alimentare nei prossimi anni sarà chiamato in modo ineludibile all’innovazione finalizzata alla riduzione dell’impatto ambientale Non c’è dubbio che Il futuro è rappresentato dalla sostenibilità di ogni sistema produttivo, nessuno escluso. Tuttavia nella strategia F2F abbiamo visto in più passaggi un attacco immotivato alle produzioni di carne. La zootecnia attuale sembra essere identificata come il “nemico” in tema di sostenibilità, quando invece grandi passi avanti sono stati condotti negli ultimi decenni, migliorando impatto ambientale, sostenibilità economica e sociale delle produzioni più tradizionali del nostro Paese. Vorremmo che la strategia F2F non individuasse a priori produzioni “buone e sostenibili” contro produzioni “cattive”, ma ambiremmo che l’unica guida per discriminare tra tipologie di produzioni fosse la loro capacità di essere sostenibili e di diventarlo sempre più. Il Green Deal non è uno slogan, ma un processo che richiede un’attenta analisi, passi misurati, progressivi e costanti, senza salti improvvisi che rischiano solo di compromettere interi settori delle economie nazionali. Invece stiamo assistendo a discussioni che hanno poco di razionale e tanto di ideologico. Non è un mistero che ci siano forti spinte, in seno alla Commissione europea, per togliere i fondi promozione ad interi settori compreso il nostro. Senza contare che nella strategia F2F viene formalizzata la necessità (ma per chi?) di sostituire prodotti di origine animale con prodotti di origine vegetale. Cattivi e non sostenibili i primi, buoni e sostenibili i secondi.

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Tale approccio ideologico rischia, nonostante le apparenze, di non mettere al centro proprio quella sostenibilità che rappresenta l’obiettivo finale. Si dovrebbe affermare in modo chiaro e netto che la sostenibilità è l’unica discriminante. Invece emergono sentenze a priori che sembrano ignorare come nella realtà ogni settore abbia metodi di produzione più o meno sostenibili. Si premierebbero dunque interi comparti indipendentemente dalla loro sostenibilità (posso produrre frutta e verdura anche in modo non sostenibile) penalizzando chi, in settori non “alla moda”, produce in modo sostenibile a costo di innumerevoli sforzi e investimenti effettuati negli anni. In poche parole si rischia di favorire la fragola prodotta in modo non sostenibile a scapito della bistecca prodotta in modo sostenibile. È necessario che la Commissione abbia un approccio più equilibrato, improntato all’evidenza scientifica e alla valutazione preventiva di impatto (esiste anche la sostenibilità economica e sociale, non solo quella ambientale), prima di fissare obiettivi che paiono prettamente arbitrari. La Commissione europea dovrebbe essere più obiettiva, e quantomeno considerare che una dieta equilibrata dovrebbe includere tutti gli alimenti. Che anche un regime solo a base vegetale potrebbe essere dannoso per la salute e non sostenibile per l’ambiente. Ad oggi invece l’accusa diretta od indiretta é solo ai nostri prodotti. L’attacco aperto, palese e immotivato alle proteine di origine animale per la produzione delle quali si auspica una riduzione, sostituendole con proteine vegetali, appare l’ennesima proposta di clamore, ideologica e che sembra assecondare semplicemente una moda/ un trend che va imponendosi mediaticamente. A che servirà ridurre la produzione interna di carne se non a renderci più dipendenti dall’estero? Con quale criterio si punta a ridurre drasticamente i consumi interni all’UE di proteine di origine animale, non essendo provato che una dieta con un adeguato apporto di carne abbia impatto negativo sulla salute umana, mentre è scientificamente comprovato che una dieta completamente priva di proteine di origine animale sia dannosa (recenti e purtroppo numerosi sono i disturbi della salute e della psiche legati ad alimentazione esclusivamente vegetale) e debba necessariamente

essere arricchita mediante l’uso di integratori proteici e vitaminici. Sembra che la Commissione abbia voluto cavalcare l’onda mediatica che vede periodicamente sotto attacco il settore della produzione delle proteine animali: un settore che in Italia è ricco di tradizione ed ai vertici mondiali (uno dei fiori all’occhiello del “Made in Italy”). I prodotti del settore fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori e regioni, le cui ricette tramandate nei secoli appartengono di fatto al patrimonio gastronomico italiano, apprezzato e ricercato in tutto il mondo. Senza contare che un’eventuale crisi del tessuto produttivo rappresentato dalle migliaia di aziende del nostro settore rischierebbe di avere un impatto economico e sociale fortemente negativo sull’economia nazionale. La produzione alimentare - e dunque anche il nostro settore -, che è storicamente ad alta intensità lavorativa, è infatti strettamente legata allo sviluppo non solo economico, ma anche culturale di Paesi, regioni, territori. Infine, fatto ancor più grave, quest’approccio ideologico non farebbe altro che avvantaggiare le grandi multinazionali del food e della chimica, estranee alla tradizione e cultura alimentare italiana, le quali hanno scoperto che il mercato dei prodotti alternativi alla carne è molto redditizio e si stanno adoperando per ottenere dei vantaggi competitivi impropri. Perseguire la sostituzione delle proteine animali con quelle vegetali, senza una preventiva scientifica valutazione degli investimenti e basandosi sul preconcetto che le produzioni vegetali siano più sostenibili di quelle animali, finirebbe per fornire vantaggi competitivi a prodotti ultra-trasformati con ingredienti in buona parte sintetici e frutto di procedimenti produttivi molto spinti (processi ripetuti di acidificazione e basificazione) dei quali, oltretutto, non conosciamo nemmeno la provenienza della materia prima (l’UE importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo). In estrema sintesi bisogna evitare che la sostenibilità diventi il cavallo di Troia per altre politiche: Deve essere una politica ambientale e non commerciale perché Il rischio è che siano favoriti solo alcuni settori od alcuni Paesi (proteine animali vs proteine vegetali, plastica vs carta, etc.).

Ottobre 2020


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