privacy
Telecamere sul luogo di lavoro e illeciti penali dei dipendenti Sul tema la Suprema Corte di Cassazione, in via generale, si è espressa in termini positivi, ritenendo prevalente l’interesse pubblico alla prevenzione e accertamento dei reati rispetto alla riservatezza dei lavoratori
Piera Di Stefano Avvocato del Web® T.R.ON® - Tutela della Reputazione ONline www.avvocatodelweb.com | www.tuteladellareputazioneonline.it info@avvocatodelweb.com
L’
art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970), così come modificato nel 2015 dal c.d. Jobs Act (D.Lgs. 151/2015, integrato dal D.Lgs. 185/2016), disciplina la materia dei controlli a distanza dei lavoratori da parte del datore di lavoro. La norma, diversamente dalla formulazione originaria che prevedeva un divieto assoluto di utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, attualmente stabilisce, al comma 1, che l’impiego di tali impianti ed apparecchiature dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori è legittimo esclusivamente per precise finalità, quali esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale, e solo in presenza di un previo accordo collettivo con le RSA o le RSU,
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oppure con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni. Qualora tale accordo manchi, gli impianti e gli strumenti in questione possono essere installati previa autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro (INL). La norma, al comma 2, prevede che non è necessario l’accordo con le rappresentanze sindacali o l’autorizzazione dell’INL in presenza di strumenti in uso al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e di strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. Essa consente, infine, l’utilizzo delle informazioni raccolte ai sensi dei citati commi 1 e 2 a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, purchè i lavoratori siano adeguatamente informati circa le modalità
d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Codice privacy (D.Lgs. 196/2003, così come modif. dal D.Lgs. 101/2018), atteso che la raccolta, la registrazione ed, in generale, l’utilizzo di immagini costituisce un trattamento di dati personali. Ai sensi dell’art. 171 del Codice Privacy, il datore di lavoro che violi l’art. 4 dello Stat. Lav. risponde del reato di cui all’art. 38 del medesimo Statuto, punito con l'ammenda da Euro 154 ad Euro 1.549 o con l'arresto da 15 giorni ad un anno. Nei casi più gravi, le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente, ordinandosi la pubblicazione della sentenza penale di condanna nel sito internet del Ministero della Giustizia (art. 36 c.p.). Quando, infine, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda, anche se applicata nel massimo, può