RUBRICHE
IL CORAGGIO DI GUARDARE IN FACCIA LA REALTÀ
a cura di
Dino Nardi
rubrica di politica e informazione sociale mail: nardi.dino@bluewin.ch
La scarsa par tecipazione al voto degli italiani all'estero
N
el corso della mia militanza attiva nel sindacato, nel mondo associativo dell’emigrazione italiana, nonché l’impegno in vari organismi elettivi come il Comites, il Cgie ed il Consiglio dei Toscani all’estero ho più volte ribadito che l’ottenimento di organismi istituzionali di rappre sentanza eletti democraticamen te dagli italiani all’estero, come quelli citati e la conquista del vo to all’estero per le elezioni politi che nazionali ed i referendum, so no arrivati troppo in ritardo. Infatti gli uni e gli altri erano stati da sempre gli obiettivi dei primi grandi flussi mi gratori italiani e, soprattutto, di quello che vi è stato dopo l’ultimo conflitto mondiale, con in testa proprio l’emi grazione stabilitasi in Svizzera molto più politicizzata rispetto ad altre co munità emigrate sparse per il mondo. Basti pensare che i Comites sono stati istituiti solo nel 1985, il Cgie nel 1989 e, infine il voto all’estero nel dicembre 2001. Ovvero quando nel mondo i cit tadini italiani emigrati di prima generazione erano stati già abbondan temente superati numericamente dai loro discendenti, quantomeno in quei Paesi di più antica emigrazione. Di scendenti che pur con lontanissime radici italiane e ignorando non tanto la lingua di Dante ma, perfino, il dia letto delle loro origini mantengono pure la cittadinanza italiana grazie allo jus sanguinis e quindi il diritto di voto. Cioè persone che si sono ricor date e si ricordano delle origini fami liari per far valere la loro cittadinanza italiana, non per un impulso patriotti co per la terra degli avi, bensì spinte legittimamente, ovviamente, dal desi derio (bisogno?) di spostarsi per di letto o per lavoro in altre nazioni con maggiore facilità grazie al possesso del passaporto italiano o, meglio an cora, dell’Unione Europea. Considerazioni, queste, più volte poste
dal sottoscritto anche in seno ai lavori del Cgie (quando ancora ne ero mem bro) tanto che, ricordo, in occasione di una riunione in cui si discuteva del voto all’estero, venne avanzata l’idea di istituire per gli italiani all’estero due tipi di appartenenza all’Italia: la “nazionalità” per discendenti dal se condo grado in poi e la “cittadinan za” per gli emigrati ed i loro figli. Li mitando solo ai titolari della cittadi nanza certi diritti come, per esempio, proprio quello del voto, un'idea che andrebbe ripresa e rilanciata ai legi slatori. Se quelle erano già, a quell’epoca, le preoccupazioni per il voto degli emi grati e questa sopradescritta è la foto rafia della composizione degli attuali 6,2 milioni di iscritti negli schedari della rete consolare italiana e, in ag giunta, abbiamo oggi un tessuto asso ciativo in emigrazione ridotto ai mini mi termini che, in passato, è sempre stato la cinghia di trasmissione verso l’alto di ogni istanza degli italiani al l’estero, ebbene come si fa – essen zialmente da parte degli addetti ai lavori ad addebitare a chicchessia (mancanza di informazione della rete consolare, l’iscrizione nel re gistro elettorale, i tempi ristretti, il Covid19, ecc. ecc.) il bassissimo numero di elettori che si sono regi strati (vedi articolo a pag. 39) manife stando la loro volontà di partecipare al voto il prossimo 3 dicembre per il rinnovo dei Comites? Quando poi, tra l’altro, a dimostrazione dello scarso interesse delle comunità italiane per questi organismi elettivi, abbiamo delle circoscrizioni consolari dove le comunità locali hanno fatto fatica perfino a presentare una sola lista di candidati? Non sareb be invece arrivato il momento di guardare in faccia la realtà, la cruda realtà, e rendersi conto che ma
gari – al di là degli addebiti di cui so pra che certamente possono aver in fluito dei 6,2 milioni di cittadini ita liani iscritti negli schedari consolari e, tanto più, dei 4,7 milioni di elettori solo una minimissima parte cono sce ed è interessata ai Comites? Suvvia un po’ di realismo non guaste rebbe certamente! Tuttavia, a mio modesto parere, l’uti lità dei Comites pur avendo unica mente delle funzioni di consultazione e di collaborazione con le autorità consolari e locali e pur essendo eletti da una piccola percentuale dagli aventi diritto è comunque innegabile e non è assolutamente da mette re in discussione poiché, con la crisi dell’associazionismo tradizionale, que sti organismi sono e saranno sempre di più indispensabili per raccogliere e dar voce alle istanze delle comunità italiane. E, proprio per le loro limitate funzioni, ritengo saggio che questi or ganismi continuino ad essere eletti da persone interessate che si iscrivono in un registro degli elettori evitando, co sì, allo Stato di sperperare denaro inviando plichi elettorali a milioni di persone aventi, si, diritto al vo to ma che, tuttavia, non sono assolutamente interessate a far lo valere. Il denaro così risparmiato potrà essere utilizzato sempre a fa vore degli italiani all’estero ma inve stiti in altri settori come, per esempio, nell’assistenza agli indigenti ed in ini ziative culturali. Ben altro discorso va fatto per il voto politico nella Circoscrizione estero, specialmente dopo la riduzio ne da 18 a 12 dei parlamentari da eleggere (otto deputati e quattro se natori) nelle prossime elezioni politi che del 2023, ma questo argomento verrà affrontato in una prossima ru brica. mercoledì 17 novembre 2021/
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