Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus
ANNO XLVIII numero 4 2022
Estrildidi Fringillidi Ibridi
Ondulati ed altri Psittaciformi
Didattica & Cultura
Canarini di Forma e Posizione Arricciati
Un maestro del canto: il fringuello
I faccia gialla tipo 1
Accoppiamenti e selezioni
Una nuova stella: il TorZuino
ANNO XLVIII NUMERO 4 2022
sommario Atteggiamenti Giovanni Canali
Un maestro del canto: il fringuello (1ª parte) Piercarlo Rossi
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Uccellini in cattedra
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News al volo dal web e non solo
Mauro Candioli
OrniFlash Il collezionismo ornitologico (14ª parte) Francesco Badalamenti
Il Cardinalino del Venezuela all’ombra del Vesuvio Giacomo Ganeri
Recensioni - novità editoriali
Estrildidi Fringillidi Ibridi
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Ondulati ed altri Psittaciformi
I faccia gialla tipo 1 Giovanni Fogliati
Bernois Antonio Carlos Lemo
La comunicazione canora Francesco Di Giorgio
Sui canarini parlanti (2ª parte) Francesco Saverio Dalba
Photo Show Le foto scattate dagli allevatori
La Ginestrella Pierluigi Mengacci
Accoppiamenti e selezioni Giovanni Canali
Una nuova stella: il TorZuino Giuseppe Nastasi AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it
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Alvise Venezian
Volontariato - progetti ed eventi Giuseppe Albergo
Ornitologia Internazionale
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975 Stampa: TEP s.r.l. - Strada di Cortemaggiore, 50 29122 Piacenza - Tel. 0523.504918
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Canarini di Forma e Posizione Arricciati
La F.O.I. a tutela dell’allevamento ornitolgico Lettere in Redazione Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 18 e 19 febbraio 2022
Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Maurizio Manzoni, Francesco Rossini
Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani
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Le quote abbonamento vanno versate, mediante vaglia o assegno, alla Segreteria. Le opinioni espresse dagli Autori non impegnano la Rivista e la sua Direzione. La Redazione si riserva il diritto di non pubblicare o emendare gli articoli proposti. I collaboratori assumono piena responsabilità delle affermazioni e delle immagini contenute nei loro scritti. Vietata la riproduzione, anche parziale, se non espressamente autorizzata. © F.O.I. In copertina: Fringuello mutato (isabella pastello) (Fringilla coelebs) Foto DOMENICO CAUTILLO
Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 4 - 2022 è stato licenziato per la stampa il 30/4/2022
Editoriale
Atteggiamenti di G IOVANNI CANALI, foto F.O.I.
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i sono diversi atteggiamenti che si possono tenere nei comportamenti di tutti i giorni. Questi atteggiamenti denunciano spesso: il carattere, il sentire, l’educazione, la cultura e tanto altro. Il nostro ambiente non fa eccezione, anzi direi che può essere una circostanza particolarmente indicativa. In effetti l’hobby crea una situazione speciale che direi fa uscire più di altre le caratteristiche di cui accennavo sopra, forse anche perché è una scelta veramente libera. Da ragazzino mi stupii di assistere a liti e polemiche fra allevatori, talora abbastanza sconcertanti. Mi capitò di vedere adulti comportarsi quasi come bambini, con discorsi talora davvero infantili: “voglio la medaglia, i miei canarini sono più belli dei tuoi, lui lo favoriscono, gli hanno dato le coppie già fatte ecc…”. Una frase divertente per la raffinatezza la ricordo poiché non l’avevo capita per l’estrema sottigliezza; uno diceva: “guardate
che non sono scemo del tutto, capito? Non sono scemo del tutto!” - stava dicendo che non gliela davano a bere ed un socio di una certa cultura che aveva scritto su giornali satirici disse: “Napoleone…”. Al che capii che era una battuta, ma non il significato ed allora gli diedi una gomitata chiedendogli il senso della sua affermazione, ed egli mi disse: “Buonaparte…” Allora capii intendeva dire scemo non del tutto ma in buona parte… Altre espressioni non divertenti o volgari non le desidero ricordare. Fin dall’inizio mi ripromisi un comportamento diverso. Intendendo ricordare una frase che si usava in ambienti elevati, secondo la quale “il vero gentiluomo si vede al tavolo da gioco”; in effetti al tavolo da gioco è molto difficile vedere persone che vincono o perdono con la stessa indifferenza e signorile distacco. L’indifferenza nel gioco è propria di rari gentiluomini. Basta pensare alle
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Editoriale
reazioni che si hanno in tante circostanze, ad esempio sui campi di gara o alle nostre mostre. Certo, mi rendo conto che di fronte ad un errore di giudizio, che vanifica uno sforzo selettivo di anni, ci si possa irritare; tuttavia, se possibile, sarebbe bene non trascendere e segnalarlo con correttezza. Poi si può anche essere indulgenti verso un attimo di rabbia, ma comunque senza eccessi. Da parte mia ricordo solo un attimo violento di decenni or sono, quando uno mi accusò, ovviamente ingiustamente, di avere sottratto qualcosa: gli offrii un cazzotto in faccia e si tacque, non so se rendendosi conto di avere sbagliato o per aver considerato la larghezza delle mie spalle. Approfitto per dire che quando qualcuno mi insulta per presunti errori ma realmente inesistenti, rimango del tutto indifferente ed in più di un caso mi hanno fatto sorridere. Potrei arrabbiarmi se accusato di scorrettezze anche minime, poiché ci tengo alla mia onorabilità, tuttavia non credo sia mai accaduto, salvo l’eccezione di cui sopra. Naturalmente quando l’errore che mi viene segnalato è reale, mi correggo alla velocità della luce e ringrazio pure. Persistere nell’errore anche quando è segnalato, non volendo ammetterlo, è pessima cosa, squalificante. In generale ritengo che la buona educazione e, se possibile, la signorilità siano apprezzabili in ogni circostanza. Questo non significa accettare gli errori altrui o le ingiustizie tanto meno; infatti vanno segnalati nelle forme corrette che pure esistono. Un problema di cui ho già fatto accenno in altre pubblicazioni è l’invidia. Purtroppo contro l’invidia non c’è nulla da fare. Con un nemico “normale” si può trovare un compromesso, con l’invidioso no, solo la caduta in disgrazia potrebbe rallegrarlo. In ambienti colti si dice che l’allievo, se bravo, deve sperare di avere per professore un gigante, poiché uno solo bravo potrebbe non bastare. Ta-
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lora non basta neppure il gigante se è vero, come si dice, che il Tintoretto venne allontanato dalla bottega del Tiziano che pare fosse preoccupato per la bravura dell’allievo. Eppure il buon allievo dovrebbe superare il maestro e questi non dovrebbe dispiacersi, anche se ben difficilmente succede. Per quanto mi riguarda mi sono prodigato verso gli allievi anche tenendo molti corsi allievi giudici, di regola molto ben ricordati. Non so se posso essere considerato un gigante, ma non mi sono mai preoccupato di essere superato, anzi ho sempre auspicato di avere successori adeguati, magari che non avessero troppa fretta… All’inizio dei corsi spesso dicevo che, se avessero sentito dire che ero troppo esigente, questo non corrispondeva al vero, pretendevo solo che fossero dei buoni allievi. Aggiungendo poi sogghignando che il buon allievo è solo colui il quale supera il maestro e quindi volevo che mi superassero. Poi ovviamente non mancavo di buttarla in ridere. Ritengo che un allevatore, o a maggior ragione un tecnico, non dovrebbe preoccuparsi di essere superato, tanto prima o poi succederà, ma che dovrebbe aiutare i neofiti. Oltre ad essere etico di per sé, c’è da dire che in futuro potrebbe essere lui ad aver bisogno e chi è stato aiutato, forse, potrebbe avere la rara virtù della gratitudine. Ed in ogni caso è moralmente gratificante vedere l’esito utile dei propri insegnamenti. L’aiuto è particolarmente importante di questi tempi ove i giovani nel nostro ambiente sono sempre di meno, per non parlare delle difficoltà legate alla pandemia. Un aspetto immorale e tristissimo si ha quando chi cede soggetti pensa di essere furbo imbrogliando un inesperto. Questo è il metodo migliore per scoraggiare gli esordienti (quei pochi) e per essere disprezzati in futuro da quelli che nonostante ciò saranno andati avanti. Per quanto mi riguarda, ma penso che dovrebbe essere sentimento comune, trovo molto gratificante assistere al successo di persone che si sono aiutate, vuoi con gli insegnamenti, vuoi con la donazione di soggetti. Un ulteriore atteggiamento doveroso, questa volta soprattutto verso i soggetti allevati, è l’approfondimento tecnico e magari anche scientifico, che va considerato come utile e di soddisfazione. Questo approfondimento ci consente di capire meglio, di avere migliori risultati, di trattare al meglio i nostri beniamini, oltre che costituire un arricchimento come cultura. L’atteggiamento che ritengo essere il migliore in generale è quello signorile, costruttivo e collaborativo, non solo poiché gratificante di per sé, ma anche utile, come spero di avere spiegato.
ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Un maestro del canto: il fringuello Il comportamento in natura, l’allevamento, le mutazioni testo di PIERCARLO ROSSI, foto M. CORBELLA e R. STEFANI
Solo gli uccelli sanno aggiungere musica al silenzio senza togliere al silenzio la sua identità (Fabrizio Caramagna)
Fringuello bruno maschio
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l canto degli uccelli ha affascinato il genere umano dalla notte dei tempi; stilando un’ipotetica classifica canora, tra i rappresentanti della fauna autoctona, io penso che sul gradino più alto del podio si posizioni l’usignolo con il suo canto melodioso: lo seguono a ruota il merlo ed il fringuello e proprio di quest’ultima specie vorrei parlavi in questo mio scritto. Il genere Fringillia comprende quattro specie: il fringuello, il fringuello blu di Teide, il fringuello azzurro di Gran Canariae e la peppola.
Prima parte
Le quattro specie risultano fenotipicamente molto diverse tra di loro; il canto melodioso è prerogativa del fringuello, potremmo definire nella norma quello del Teide e del suo parente più prossimo F. polatzeki (il quale veniva fino a tempi recentissimi considerato una sottospecie), mentre per quanto riguarda la Peppola emette un trillo, simile a quello del
Verdone, anche di notte, ma con caratteristiche comuni, cioè la forte territorialità ed una dieta prettamente insettivora nel periodo riproduttivo. Queste quattro specie sono diffuse in Europa, Asia occidentale ed in Africa settentrionale, dove sono presenti diverse sottospecie del fringuello e dei due fringuelli presenti nell'arcipelago delle Isole Canarie. Il Teide risulta essere stanziale essendo presente nell’arcipelago delle Canarie e più precisamente nell’isola di Tenerife, dove è presente il monte, di origine vulcanica, che ha dato il nome alla specie, cosi come il F. polatzeki, mentre gli altri due rappresentanti del genere risultano essere migratori più o meno parziali. Grazie a questa caratteristica, ecco spiegato il suo nome latino coelebs, ossia celibe; infatti, il grande medico naturalista Linneo notò che le femmine della popolazione svedese tendevano a migrare a sud alla fine dell’autunno, lasciando i maschi da soli ad affrontare i rigori dell’inverno. I fringuelli hanno un corpo pieno, elegantemente slanciato, becco conico,
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Fringuello bruno femmina
diritto ed appuntito, non grosso né corto, ali ristrette ed appuntite, coda leggermente biforcuta. Quando sono eccitati possono sollevare le piume del pileo in modo da sembrare quasi muniti di un ciuffetto. Buoni volatori, sentono l’aria con movimenti irregolari, a sbalzi, e sul terreno si spostano agilmente con caratteristici saltellini senza cura di nascondersi fra i cespugli. Questa specie predilige i boschi di conifere e i boschi cedui, gli uliveti, i frutteti, i campi coltivati e i giardini; in estate si spingono nelle regioni montane oltre i 1500 metri di altitudine, che abbandonano con l’arrivo dell’inverno.
Fringuello isabella maschio
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Con il sopraggiungere della primavera, il suo canto è preceduto da un cinguettio incerto al quale gradatamente subentra nel giro di 2-3 settimane il vero canto amoroso che si protrae fino a luglio. Questo canto è costituito da tre frasi distinte ripetute in rapida successione e terminanti in un energico trillo. Questa caratteristica lo ha portato, in passato, ad essere uno degli uccelli più ambiti in allevamento, soprattutto in Belgio ed in Germania, dove era il protagonista di appassionanti competizioni. Spesso i maschi all’epoca degli amori interrompono il loro canto per inseguirsi a vicenda e non è raro che precipitino al suolo avvinghiati; queste schermaglie non sono pericolose ma rendono i due contendenti completamente esposti alle insidie naturali. Verso la fine di marzo ha inizio la stagione riproduttiva: in questo periodo la femmina costruisce il nido, una vera e propria opera d’arte e di mimetismo, rivestendolo all’esterno di muschio e parti della corteccia della pianta che lo ospita, posto su una biforcazione o vicino al tronco dove risulta essere, solitamente, poco coperto dalle fronde. La femmina vi depone da 4 a 6 uova lucide, di colore variabile fra il bluastro e il rosato, provviste di una rada maculatura bruna, che vengono incubate per 13/14 giorni. Caratteristica di queste specie la com-
Caratteristica di queste specie la completa assenza del gozzo; questo fa sì che il maschio non imbecchi la femmina, come succede invece negli altri Fringillidi
pleta assenza del gozzo; questo fa sì che il maschio non imbecchi la femmina, come succede invece negli altri Fringillidi. La stessa cosa vale per i nuovi nati. Infatti, questi ultimi devono essere alimentati di continuo: le prede appena catturate vengono lasciate cadere nel becco (come fanno gli insettivori) e non spinte nel gozzo. Delle quattro specie, il fringuello di Teide, nel corso dei secoli, ha subito un’evoluzione dovuta all’isolamento geografico; questo ha fatto sì che la sua dieta sia basata principalmente sugli unici semi disponibili tutto l’anno, quelli del pino delle Canarie, caratteristica veramente unica e totalmente diversa rispetto alle altre tre specie appartenenti a questo genere.
Fringuello isabella maschio
Ma torniamo al fringuello: analizzando nel dettaglio noteremo che la struttura del suo becco (lungo ben 16 mm e secondo solo al frosone con 20 mm) gli consente di catturare qualsiasi piccola preda viva con fulminea rapidità. Come noto però questa caratteristica si accentua durante il periodo della riproduzione; infatti, è talmente avido ed alla costante ricerca di insetti che è in grado di coglierli al volo come una rondine. Gli insetti volanti, ed i bruchi, vengono sempre smembrati su un ramo prima che li inghiotta. Il suo becco gli permette di aprire i semi delle faggee: la fagiola trigona ed oleosa di questi alberi fornisce una no-
Fringuello isabella femmina
Fringuello isabella femmina
tevole carica calorica al fringuello, considerato che contiene elementi proteici pari al 21-22%, cioè del 25% superiori a quelli della carne di manzo. Da uno studio effettuato sul campo si apprende quanto segue: “L’analisi dei gozzi degli adulti ha rivelato la presenza di semi di ben 32 piante diverse ed altre 38 non bene identificate, con predominanza però di graminacee, crucifere, poligonacee e chenopodiacee, ma il piatto forte, durante tutto l’arco dell’anno, è composto dai cereali, assieme a frutti e bacche varie. A differenza di tutti gli altri fringillidi, il fringuello alimenta i propri nidiacei esclusivamente con in-
vertebrati, con principale attenzione ai bruchi defoglianti. Nel periodo autunno-inverno gli invertebrati scompaiono completamente dalla dieta”. In questo periodo le popolazioni dei paesi del nord sono costrette a migrare a sud alla ricerca di cibo, quando la neve ricopre il suolo. Nel periodo invernale la specie ha un piumaggio che potremmo definire eclissale, ma con il sopraggiungere della primavera e grazie all’erosione delle piume i colori di questo splendido fringillide torneranno ad essere belli accesi con uno splendido azzurro, leggermente infiltrato di grigio, sull’apice della testa, sulla nuca e sul collo; questa caratte-
Soggetto mutato fotografato in natura
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Fringuello opale NB maschio
ristica lo colloca ad essere l’unico fringillide indigeno con questo colore. Alcune particolarità poc’anzi descritte ci fanno riflettere molto attentamente; infatti, la mancanza del gozzo (la femmina nel periodo riproduttivo porta a nido insetti enormi, infilzati a palizzata - come fanno gli zigoli) e la particolarità di mimetizzare il nido, caratteristiche comuni agli emberizidi,
Fringuelli Ancestrali e agata
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Diciamo che il fringuello può essere considerato un volatile di nicchia, con un numero limitato di allevatori
Fringuello Agata
ci hanno fatto giungere alla conclusione che queste specie siano in realtà un anello di congiunzione tra i fringillidi e gli emberizidi, appunto. L’allevamento in ambiente controllato ha regalato agli appassionati di ibridi cocenti delusioni; infatti, con il fringuello, ad oggi si è riusciti ad ottenere un numero molto limitato di ibridi, sempre utilizzando la femmina. L’unico caso accertato di ibridazione utilizzando il maschio è quello del signor Giorgio Angelucci di Foligno, con la verdona, oltre a quello con la peppola, di cui sono stati rinvenuti soggetti anche in natura. Diciamo che il fringuello può essere considerato un volatile di nicchia, con un numero limitato di allevatori, per una serie di problematiche che lo contraddistinguono ma, come scopriremo tra poco, con il passare degli anni e con ceppi sempre più consolidati, alcune di queste criticità possono essere risolte tranquillamente. L’allevatore che ci permetterà di sapere qualcosa in più dell’affascinante “mondo del fringuello” si chiama Ralf Stefani: contattato dal sottoscritto, si è dimostrato subito molto disponibile a collaborare per la realizzazione di questo articolo. Ma non perdiamo ulteriore tempo e passiamo subito la penna a Ralf. “Sono stato sempre colpito dalla bellezza dei colori del fringuello e nei miei viaggi in Belgio, o ad ogni mostra a cui
Fringuello bruno e opale bruno
partecipavo, ammiravo sempre con interesse i fringuelli esposti, soprattutto quelli a fenotipo mutato; sono innamorato, da sempre, del suo splendido canto, a parere mio in primavera la sua melodia è insuperabile. Negli ultimi anni ho trasferito l’allevamento da casa di mio padre alla mia e così facendo sono riuscito a gestire meglio l’alimentazione dei fringuelli, soprattutto nella delicata fase riproduttiva, e da allora ho deciso di aumentare il numero di coppie a mia disposizione. In precedenza allevavo ciuffolotti ed alcune coppie di verdoni, che avendo una gestione alimentare molto similare erano più facili da gestire da chi se ne occupava durante la mia assenza. Nel nuovo allevamento ho incominciato ad inserire diverse coppie di fringuelli e ad oggi è la specie a cui dedico il maggior numero di coppie: 20/25. Oltre ai fringuelli mi diletto anche
Fringuello diluito e doppio diluito opale
nell’allevamento di ciuffolotti, cardellini major, organetto e lucherini, oltre ad alcune coppie di verdoni, una per mutazione e 4 coppie di verdone della sottospecie scozzese allevati esclusivamente in purezza, così da mantenere la tipicità del ceppo. Durante i miei viaggi in Belgio ho conosciuto il bravissimo allevatore di ciuffolotti Jack Bloeman e ad oggi il mio ceppo discende da soggetti acquistati esclusivamente da lui. Arricchiscono l’allevamento alcune coppie di cardellino frigoris, di diverse mutazioni, anche se quella che preferisco è l’opale, ma mi affascinano molto anche le combinazioni; infatti, formo anche qualche coppia di Isabella pastello o di Bruno pastello. In queste mutazioni, per non perdere la tipicità dei disegni, sono solito utilizzare i portatori con colori belli carichi e disegni marcati. Continua sul prossimo numero
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ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI
FORMA & POSIZIONE PARTIAMO DALLE BASI
I faccia gialla tipo 1 testo, disegni, foto e allevamento di GIOVANNI FOGLIATI
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el Regno Unito, un uccello con la faccia gialla fu allevato per la prima volta a cavallo degli anni 1934-35 dal signor E. H. Stevenson di Cambridge, nel frattempo altri soggetti simili facevano la loro comparsa presso gli allevamenti della signora G. Lait di Grimsby e del signor J. Long di Gorleston on Sea. Nel 1937 molti allevatori nel Regno Unito possedevano soggetti blu con
Disegno schematico mutazione
testa e maschera gialla e sempre nello stesso anno gli allevatori Stevenson e Tucker ne esibirono uno al Crystal Palace. In Europa fu allevata la nuova mutazione verso la fine degli anni ’30 del secolo scorso grazie al signor W. H. Higham che ne importò uno proprio nel 1937. In tutto, si ebbero almeno sette segnalazioni di uccelli blu con la faccia gialla che apparvero tra il 1934 e il 1937, apparentemente in modo indipendente gli uni dagli altri. Alcuni di questi erano molto simili, altri leggermente differenti. È impossibile dire ora quale di queste mutazioni a faccia gialla fosse il precursore originale, alcuni rapporti menzionavano di uccelli dall’aspetto normale che allevavano il 100% di prole con la faccia gialla; è probabile che questi fossero la mutazione Faccia Gialla inglese di tipo 1. Descrizione La varietà Azzurro Faccia Gialla tipo 1 ha lo stesso colore del corpo di un Normale Azzurro, tranne fronte e maschera, che sono bianchi nell’Azzurro e giallo pallido nel Faccia Gialla tipo 1 a singolo fattore, tornando ad essere bianchi nel doppio fattore (come nel comune della serie Blu). Nei soggetti a singolo fattore le timoniere secondarie mostrano il giallo al posto del solito bianco e le ondulazioni sulle ali sono spesso soffuse di un giallo tenue. Il giallo sulla maschera tende a debordare sul petto in maniera più o meno accentuata, dandogli una sfumatura verdastra. Nel piumaggio giovanile la tinta gialla è decisamente più debole,
specialmente sul capo e raramente deborda oltre la maschera. Le varietà Cobalto Faccia Gialla 1 e Malva Faccia Gialla 1, come anche il Grigio faccia Gialla tipo 1, mostrano tinte gialle simili. La giusta selezione può dare giovamento all’ottimizzazione dell’intensità del pigmento Giallo ed a correggerne lo sconfinamento su petto e corpo. Questa varietà è conosciuta anche con il nome di: Faccia Gialla Inglese Tipo 1 o anche semplicemente Blu 2, proprio per la tonalità di giallo molto pallido e per il fatto che se presente in doppio fattore appare come un comune della serie Blu.
Azzurro faccia gialla eterozigote
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Cobalto faccia gialla eterozigote
L’ereditarietà La genetica delle diverse mutazioni di Faccia Gialla e la loro relazione con la mutazione Blu non sono ancora definitivamente comprese. Quello che è certo è che sono mutazioni autosomiche recessive del locus “Blu” e ovviamente alleliche fra loro: dove tutti i tipi di Faccia Gialla sono dominanti sul Blu. Molta confusione è stata fatta e diverse incomprensioni sono tuttora presenti tra gli allevatori perché i nomi popolari dati a queste varianti della mutazione blu possono portare ad errate interpretazioni. La mutazione non genera un faccia gialla a partire da un faccia bianca, come potrebbe suggerire il nome; piuttosto l’azione mutagena consiste nel ridurre la pigmentazione gialla, interamente o in parte, in un soggetto a fondo giallo.
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Cobalto faccia gialla omozigote
L’opinione prevalente è che la mutazione Faccia Gialla inglese tipo 1, insieme alle mutazioni Faccia Gialla inglese tipo 2 e Blu, facciano parte di una serie allelica situata nel locus “Blu”, unitamente al Faccia Oro Australiano di cui parleremo in un prossimo articolo. Sebbene alcuni allevatori continuino a dissentire da questo punto di vista, l’ipotesi è quella maggiormente seguita. Da solo l’allele Faccia Gialla tipo 1 è autosomico recessivo rispetto al tipo selvatico, ma dominante nei confronti del Blu. Visivamente la sua azione sembra essere identica a quella della mutazione Blu al cui locus appartiene. Il soggetto eterozigote, Faccia Gialla tipo 1 / Blu, è dal punto di vista fenotipico un Azzurro con la maschera giallo pallido; mentre l’omozigote, cioè con due alleli Faccia Gialla tipo 1 risulta indistinguibile da un normale Azzurro.
A motivo della stretta somiglianza nell’azione delle due mutazioni alleliche, Blu e Faccia Gialla inglese tipo 1, gli allevatori Bergman e Onsman optarono rispettivamente per la dizione di fattore Blu 1, per il normale della serie Blu, e di fattore Blu 2, per la serie Faccia Gialla inglese tipo 1. La varietà Azzurro Faccia Gialla tipo 1 eterozigote, descritta sopra, è una combinazione tra le mutazioni alleliche “Blu” (Blu 1) e “Faccia Gialla inglese tipo 1” (Blu 2), con un allele di ciascuna. Quando due Azzurri Faccia Gialla inglese tipo 1 vengono accoppiati tra loro, metà della prole risulterà essere Azzurra Faccia Gialla tipo 1 (singolo fattore) e metà sarà Normale Azzurra, ma solo in apparenza. In realtà questi Azzurri, geneticamente parlando, non sono altro che doppio fattore Faccia Gialla inglese del tipo 1.
ORNITOLOGIA INTERNAZIONALE
articoli da autori e riviste estere
Bernois Facciamo un po' di chiarezza testo, foto e disegni di ANTONIO CARLOS LEMO
Tutti gli elementi che compongono la scheda di giudizio sono importanti, ma ritengo che la forma del corpo e della testa del Bernois siano essenziali per caratterizzare la razza
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Bernois giallo intenso lipocromico, foto A. C. Lemo
onostante sia una razza antica di origine svizzera, il Bernois provoca ancora un po’ di confusione tra allevatori principianti ed esperti allo stesso modo, come accade la maggior parte delle volte quando si vogliono allevare canarini molto più grandi di quanto indicato nello standard di razza. Questo fatto solitamente fa perdere all’uccello alcune caratteristiche peculiari della razza, così da essere penalizzato pesantemente nei concorsi; si consideri, inoltre, che nel mondo sono pochi gli allevatori e gli espositori di Bernois. Partendo dal presupposto che la posizione del soggetto intorno agli 80º (NdR: 85° secondo i criteri di giudizio FOI) non è così difficile da ottenere, perché la composizione genetica dei suoi antenati lo favorisce, parliamo di altri due elementi di estrema importanza visiva per avere il primo impatto nei confronti del giudice/allevatore, che sono la forma della testa e del corpo. Naturalmente, tutti gli elementi che compongono la scheda di giudizio sono importanti, ma ritengo che la forma del corpo e della testa del Bernois siano essenziali per caratterizzare la razza. La testa corta, la fronte bombata e la nuca praticamente a 90° con la sommità piatta, quella che qui chiamiamo “testa quadrata” e incastonata in un collo ben definito, è necessaria, direi un “must”! Nella sequenza della testa squadrata e del collo ben definito, nasce il corpo, e in questo è indispensabile
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un po’ più grande, purché mantenga lo standard degli altri considerando. Se è inferiore ai 16 cm è già più problematico, anche se personalmente non ho mai visto Bernois con questa taglia.
1. Posizione e taglia, disegno A. C. Lemo
2. Testa e collo, disegno A. C. Lemo
avere quella forma di “birillo”, bombato, convesso sia frontalmente che dorsalmente, rastremato verso la coda, su zampe lunghe, leggermente piegate e con le cosce in vista. Riunire nello stesso canarino questi primi tre elementi dello standard di razza, posizione, testa/collo e corpo, sembra molto semplice, ma non è quello che troviamo nelle mostre nel mondo ornitologico. Inoltre bisogna tenere presenti gli altri elementi, come la taglia intorno ai 16,5 cm, ali lunghe e ben aderenti alla schiena ma lasciando sporgente l’impianto delle spalle, coda compatta, chiusa in punta e ben allineata con l’estremità del dorso e, per realizzare il massimo risultato, un piumaggio ben compattato.
1. Posizione e taglia - 25 punti (NdR - la scheda di giudizio FOI prevede due distinte e separate voci: Punti 20 per la Posizione - Punti 5 per Taglia) Configurata come primo elemento della scheda di giudizio, la posizione, come detto sopra, non è difficile in quanto può essere raggiunta con un addestramento adeguato, dato che la genetica dell’uccello lo predispone già per questa tendenza. Dovrebbe essere una posizione molto alta, intorno agli 80º, che si avvicina alla figura delle lancette dell’orologio posizionate alle “cinque minuti alle cinque” (16:55). Anche le dimensioni (16 / 16,5 cm) non sono un problema, dipende solo dagli accoppiamenti mirati a questo obiettivo. Inoltre, va bene se il canarino è
Foto A. C. Lemo
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2. Testa e collo - 20 punti Come già accennato, la testa è di estrema importanza visiva per avere il primo impatto su chi osserva il Bernois, oltre ad essere un particolare molto apprezzato nel giudizio. Di seguito vediamo alcune foto: si noti che l’immagine numero 1 esprime molto bene ciò che è raccomandato per la razza, una testa alta, quasi quadrata, la parte posteriore del collo con un angolo di quasi 90º con la parte superiore relativamente piatta. Anche la foto 2 è come previsto dallo standard; il soggetto nella foto 3 un po’ meno tipico, mentre la foto 4 raffigura caratteristiche da evitare totalmente per questa razza. Gli uccelli con la testa lunga, la cima tonda, o l’assenza di un angolo quasi retto tra la sommità e la nuca, dovrebbero essere penalizzati molto severamente. In questa voce è da penalizzare anche il collo corto, grosso e poco marcato. 3. Corpo - petto, spalle e dorso 20 punti Come detto prima, petto e dorso formano linee convesse, cioè sono a cupola, con la parte più grande situata al centro dorso/torace. Le spalle sono alte e spiccano visibilmente da dietro. Gli uccelli che pre-
3. Corpo - petto, spalle e dorso, A) corpo sottile / B) petto in eccesso / C) dorso piatto, disegno A. C. Lemo
sentano spalle invisibili come lo York, per esempio, devono essere severamente penalizzati così come i soggetti con dorso e petto diritto o concavo. Ribadiamo che è fondamentale che assomiglino alla forma di un birillo da bowling. 4. Ali e coda - 10 punti In questa voce, alcuni soggetti per-
4. Ali e coda, A) ali non aderenti / B) spalle invisibili, coda alta, disegno A. C. Lemo
5. Zampe, disegno, A) cosce invisibili / B) zampe impiantate davanti / C) zampe molto piegate, disegno A. C. Lemo
dono normalmente punti solo a causa di una negligenza da parte dell’allevatore o per una selezione errata. Le ali devono essere lunghe e vicine al corpo e i monconi (spalle) devono avere una leggera distanza, cioè essere visibili, sporgenti. Uccelli con ali abbassate, incrociate o corte, devono essere fortemente penalizzati. La coda è relativamente lunga, compatta, con le punte delle timoniere allineate, anche e perfettamente con la parte inferiore del dorso. Le code che terminano con una M dovrebbero essere leggermente penalizzate, mentre le code alte come negli York dovrebbero essere penalizzate severamente. 5. Zampe - 10 punti Anche le zampe sono un elemento molto importante e fondamentale per la posizione perfetta del Bernois. Gli stinchi devono essere lunghi e le cosce, molto visibili, dovrebbero essere sempre parallele con leggera flessione. Gli uccelli le cui cosce sono invisibili, ricoperte da un eccesso di piumaggio, o quelli le cui zampe sono rigide o posizionate troppo avanti o dietro la
scollatura, devono essere severamente penalizzati. Le zampe ben piantate sono essenziali. Le zampe corte o fortemente flesse dovrebbero essere penalizzate rigorosamente.
6. Piumaggio in eccesso, disegno A. C. Lemo
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6. Piumaggio e colore - 10 punti (NdR - la scheda di giudizio FOI non prevede la voce Colore, i criteri di giudizio FOI prevedono: “sono ammessi tutti i colori, non è ammessa la colorazione artificiale”). Considerando altresì molto importante. Il piumaggio deve essere compatto, senza penne scomposte soprattutto su cosce, sottocoda e ventre. Non è nemmeno ipotizzabile pensare a un piumaggio scomposto sotto le ali; sono previste penalizzazioni severe quando i soggetti presentano tali difetti. La colorazione rossa non è consentita; il Bernois è ammesso solo a fondo giallo e bianco in tutte le classi di giudizio. 7. Condizioni generali - 5 punti Questa voce è considerata un “bonus” per tutte le razze. Spesso ironizziamo sul fatto che questi punti servono ad analizzare più l’allevatore che l’uccello, perché la penalizzazione viene applicata solo quando l’allevatore non si prende cura del soggetto esposto, lasciandolo sporco, mal presentato e con segni di malattia. Antonio Carlos Lemo - Giudice OBJO/FOB - OMJ/COM
Posizione elevata, calma. Misura ideale 16,5 cm, disegno A. C. Lemo
I NOSTRI LUTTI
In ricordo di Emanuele Sfrecola
S
abato 16 aprile 2022 è venuto prematuramente a mancare, poco più che cinquantenne, l’amico ornitocoltore Emanuele Sfrecola, barlettano e socio FOI da oltre 25 anni. Lottava con successo e determinazione non disgiunti da cristiana speranza, contro un male terribile, allorché il suo fisico già provato dalla malattia ha sfortunatamente contratto il Coronavirus, che non gli ha lasciato scampo. Emanuele è stato un ottimo allevatore con la A maiuscola, prima di Canarini di Razza Spagnola, con i quali ha conseguito in passato prestigiosi risultati a livello regionale e nazionale, e poi di Cardinalini del Venezuela. Ma soprattutto Emanuele era il prototipo di ciò che dovrebbe essere il vero e buon allevatore sportivo: appassionato, onesto, disinteressato, sempre aperto al confronto e allo scambio di opinioni ed informazioni con i colleghi allevatori. Molto cattolico, ottimo padre di famiglia, grande lavoratore, ha combattuto la malattia con coraggio ed indomita speranza sino alla fine, lasciando a tutti noi un messaggio di forza interiore e di cristiana accettazione di ciò che la vita può riservare. Con Emanuele scompare un magnifico tassello della nostra esperienza di allevatori sportivi. Lo ricordiamo con affetto tutti noi allevatori di Barletta, sempre insieme alle maggiori mostre e rassegne nazionali; rimpiangiamo la sua proverbiale e signorile affabilità, il suo sorriso, la cortesia con cui si rivolgeva ad amici e colleghi di hobby. Gli ornitofili di Barletta, porgono sentite condoglianze alla mamma di Emanuele, alla moglie Signora Grazia Piscitelli, alle adorate giovani figlie Anna ed Angela. Oggi in cielo brilla una nuova stella, che certamente veglierà sul nostro hobby e su tutti noi soci FOI. Ciao Emanuele, che la terra ti sia lieve, come deve essere per i buoni e giusti, sarai sempre nei nostri cuori, in attesa di raggiungerti un giorno e di riabbracciarci tutti. Francesco Chieppa
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CANARINI DA CANTO
La comunicazione canora di FRANCESCO DI GIORGIO, foto G. MARSON
L
a comunicazione, intesa come processo circolare, richiede la presenza di una fonte che trasmette un messaggio, di un canale tramite il quale il messaggio “viaggia”, di un destinatario che riceve e, per la comprensione del messaggio, di un sistema di codifica in fase di emissione e di decodifica in fase di ricezione (stesso codice). L’emittente è rappresentato nel nostro caso dal canarino adulto formatore, il messaggio dello standard canoro, il canale dall’ambiente (senza rumori, in penombra, con temperatura appropriata), il destinatario dall’esemplare novello.
La comunicazione si può definire “efficace” se priva di distorsioni ed in sintonia con gli schemi
Gli strumenti impiegati nella comunicazione sono di natura sillabico – musicale, oppure non appartenenti alla sfera della comunicazione fonatoria, quali le pause, la mimica, i contatti visivi. Per i passaggi che hanno carattere di ambiguità, di novità, di difficoltà, la trasmissione più efficace rimane
quella faccia a faccia; infatti, questo mezzo consente di avere tutte le informazioni del contesto e soprattutto di avere feedback immediati sulla avvenuta ricezione dei messaggi, sulla qualità della ricezione e sulla corretta comprensione. L’efficacia della comprensione di un messaggio dipende in parte dal sistema cognitivo che decodifica gli stimoli, fino ad attribuire loro una serie di significati. Nel processo di decodifica, il dato percettivo può essere fonte di distorsione (come la successiva elaborazione cognitiva) e, per esempio, in un messaggio (frase di canto) si potranno percepire solo alcuni suoni o alcuni si
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percepiranno in modo distorto. I dati che provengono dal soggetto (canarino istruttore), dai messaggi e dal contesto (e le relazioni fra questi) sono le informazioni di base che permettono al giovane cantore di costruire ipotesi di ordine psicologico e di dedurre significati, ma in questo processo sono molti e frequenti gli errori in cui cade. Spesso si trova a costruire una canzone che deriva per conferma, oppure presta attenzione solo ad alcuni dei molteplici dati di un contesto ed il rischio di “sbagliare” è maggiore tanto quanto è ridotto il numero delle informazioni analizzate. Alla corretta percezione del messaggio e del suo contenuto deve seguire un’accettazione di tipo psicologico dei contenuti e delle implicazioni supposte; necessita quindi una concordanza di schemi cognitivi e motivazioni fra i soggetti interagenti.
L’accettazione psicologica del messaggio dipende in larga parte dalla rilevanza percepita per la risoluzione dei propri problemi, dalla chiarezza in contrapposizione all’ambiguità dell’informazione, dalla congruenza dei contenuti e dei possibili effetti del messaggio con le motivazioni, i desideri e obiettivi del ricevente. La comunicazione si può definire “efficace” se priva di distorsioni ed in sintonia con gli schemi. Come accade per lo sviluppo culturale del bambino, il processo attraverso cui il giovane canarino riesce ad aumentare le proprie possibilità canore si articola su queste linee: 1) Sente un reale desiderio verso una nuova possibilità solo se questa rientra nelle sue potenzialità; 2) Le incertezze, le difficoltà, i blocchi interni non gli vanno negati, e neanche esaltati, devono essere elaborati;
3) L’aspetto principale è che riceva nuove possibilità per avere maggiore possibilità di scelta fra queste; 4) Il pensiero positivo gli aumenta la possibilità di intraprendere il processo e di evitare l’annichilimento causato dal pensiero negativo; 5) L’azione gli permette un’accuratezza maggiore nell’esame di realtà e una maggiore consapevolezza delle proprie risorse. A questo punto si sarà sviluppato un rapporto positivo e funzionale fra gli interlocutori. Si deve evitare, in ogni caso e comunque, la tentazione di prendere per mano l’interlocutore allievo. È necessaria la fiducia nelle proprie risorse, il formatore è solo uno strumento per guidare il processo, non una madre. Il rischio è implicito durante tutte le fasi del processo e diventa importante che l’ornicoltore si interroghi spesso e analizzi a fondo i fatti.
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DIDATTICA & CULTURA
Sui canarini parlanti di FRANCESCO SAVERIO DALBA, foto AUTORI VARI
[5.] I canarini parlanti Ecco dunque il passo dei volume del Russ, che mi stupì in maniera inattesa. Molti ricordano l’11 settembre 2001 (quel giorno, ad esempio, trovai i resti ossificati di un soldato della prima guerra mondiale in una buca sulla Forcella di Valmaggiore e vidi per la prima volta un Francolino di monte, posato su un albero), parimenti l’impressione che mi destò il passo del Russ è tale da riportarmi a sua volta all’esatto momento in cui lo lessi: “In molti casi il canarino ha imparato a parlare” (p. 5). In un paragrafo del manuale di Zoologia di R. Wehner e W. Gehringer, dedicato all’ontogenesi del comportamento, viene riportato uno studio sullo sviluppo canoro delle vedove africane che parassitano la prole dei bengalini, mostrando uno sviluppo canoro simile a quello dei loro ospiti (p. 407) “Durante una fase di imprinting i giovani maschi delle vedove apprendono l’intero repertorio canoro dei loro genitori ospiti che in tal caso è estraneo a quello della loro specie”; mentre conclusa la fase sensibile non fanno proprio il canto di altre specie di bengalini. (Questo sembra vero anche per le gazze, che dopo un certo periodo non imparano parole nuove). Gli autori poi concludono: “In alcune specie di uccelli, tuttavia, la flessibilità dello sviluppo canoro si conserva per un tempo maggiore: ad esempio nei canarini compare una nuova fase sensibile all’inizio di ogni periodo riproduttivo”. Sull’apprendimento di nuovi canti da parte dei canarini si è scritto molto su questa rivista; anni fa venne pubblicato anche un interessante articolo avente ad oggetto alcuni dischi o dei veri e propri organetti per insegnare le melodie ai ciuffolotti ed a i canarini (il Russ, in nota alla stessa p. 5, riferisce addirittura di ciuffo-
Seconda parte
lotti parlanti), per altro verso i canarini cosiddetti da canto non vanno tenuti con altri uccelli, pena l’errato apprendimento. In Francia vi era un organetto, chiamato serinette, progettato per insegnare alcune melodie ai canarini, e nell’epoca degli automi -che è quella dei Lumi – vennero prodotti in particolare due automata che rappresentavano dei canarini. Il primo era composto da un uccellino e serinette: quando lo strumento iniziava a suonare, il canarino meccanico imitava maldestramente la melodia, migliorandosi alla seconda esecuzione, per divenire preciso nella terza. L’altro automa fu costruito da Jacques de Vaucanson, famoso per la sua “anatra dige-
Serinette od organetto per Fringillidi
ritrice”: un robot meccanico che ingeriva dei semi e li espelleva dopo averli apparentemente digeriti (in realtà vi erano al suo interno due scomparti: nel primo finivano i semi ingoiati, nel secondo era contenuto l’apparente seme digerito); oltre a quest’anatra costruì proprio un canarino parlante. Ma sono esistiti dei veri canarini parlanti? Nella citata edizione inglese del volume di Russ (The speaking parrots) l’autore è, giustamente, molto più cauto; alla pagina 247, nel capitolo dedicato alle cocorite parlanti, scrive: “Storie di canarini dotati del dono della parola, sono state pubblicate da molto tempo, ma sono state generalmente recepite con incredulità, nonostante provenissero da fonti degne di fede”. Quali sono dunque queste fonti? La principale è una lettera, intitolata: “Note on a Talking Canary, adressed to Dr. Gray, V.P.Z.S., By S. Leigh Sotheby”; note su un canarino parlante, indirizzate al dottor Gray, vice presidente della Zoological Society, di S. Leigh Sotheby, del 26 marzo 1858. Essa è pubblicata dallo stesso Gray nell’autorevolissimo giornale della Zoological Society: Proceedings of the Zoological Society of London, p. 26, 1858, pp. 231 e seguente. Il mittente, signor Sotheby, è il fondatore della casa d’aste Sotheby’s. In precedenza egli aveva interloquito con Gray verbalmente, riferendogli di un canarino parlante e, con la lettera, tornava sul tema, riportando “tutte le informazioni che aveva ottenuto in merito, dalla signora dal quale era stato cresciuto ed educato”. I genitori dell’animale avevano svezzato molti pulli, ma tre anni prima solo una delle quattro uova si era dischiusa, il piccolo era stato abbandonato e la madre aveva iniziato a costruire un nido sopra
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il pulcino. Il canarino venne salvato, posto in un asciugamano vicino al fuoco e quindi allevato a mano da una domestica. Tenuto disgiunto da altri conspecifici, prese familiarità solo con chi lo accudiva ed iniziò a cantare alcune note di carattere completamente differente da quelle ordinarie, proprie dei canarini. La domestica che lo aveva in cura gli parlava costantemente e dopo tre mesi lo intese dire distintamente “Kissie, Kissie”. “Questo proseguì e, di volta in volta, il piccolo uccellino ripeteva altre parole; adesso, per ore, ad eccezione del periodo della muta, ci stupisce cambiando repertorio (ringing the changes)” dicendo con voce chiara come quella di un umano: “Dear sweet Titchie (il suo nome), Kiss Minnie, Kiss me the dear Minnie”, nonché la frase “Titchie wee, gee, gee, gee, Tichie Titchie”, in verità priva di senso compiuto. Piace qui notare che alcuni uccelli, nella lingua inglese, hanno dei nomi comuni che ricalcano il loro verso. Uno di questi
La c.d. anatra digeritrice di Vaucanson
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è il whip-poor-will, ossia il succiacapre Antrostomus vociferus. Debbo dire, per esperienza personale, che effettivamente il verso di un succiacapre potrebbe avere sulle prime un che di umano. La mia abitazione si trova a poca distanza da un piccolo cimitero; una sera dell’anno 2016 stavo conversando telefonicamente con l’amico Giovanni Nisticò, di Genova, mentre mi trovavo in giardino; all’improvviso udii un suono sinistro, che pareva la voce di un fanciullo o comunque un lamento umano. Pure se completamente animato dalla razionalità, interruppi tuttavia la conversazione con Nisticò, percorso da una sorta di sacro terrore, prima di capire che il verso era quello di un Caprimulgide (che non a caso viene ritenuto, dai nativi nord-americani, uno psicopompo). Sempre in inglese vi è il Pewee (Contopus, un tirannide americano) il Pipit (Anthus, un motacillide), ed il Chickadee (Poecile, un paride), in italiano c’è il cuculo, animale che è in grado di dire cucù,
senza tuttavia che gli vengano attribuite capacità imitative della voce umana, anzi è un caso in cui l’umano ha appreso una ‘parola’ dagli uccelli. Dunque stupisce poco che un canarino dica Titchie, parola che, al di là dei problemi legati alla trascrizione di un suono, somiglia ad una sua normale emissione vocale. Il signor Sotheby non avrebbe mancato di registrare il nome della domestica che aveva allevato il canarino, se fosse stato Minnie, ma l’articolo non vi fa cenno. Quindi anche il nome Minnie appare piuttosto una interpretazione di una emissione sonora ordinaria. Un simile fenomeno, ben noto al CICAP, è la c.d. psicofonia, la sottospecie uditiva della apofenia: il desiderio di sentire una voce, ad esempio in una emissione elettronica o nel silenzio di una telefonata muta, fa sì che un suono neutro venga interpretato come voce o messaggio sensati. Da qui le voci dell’aldilà captate da radio non sintonizzate o i cosiddetti “cosmonauti perduti” postulatamente sentiti dai radioamatori italiani negli anni ‘60. Se è stato dato credito a fenomeni tanto fantasiosi, è più che plausibile che si sia creduto che un canarino dicesse “wee, gee, gee”. Io stesso ho sperimentato più volte qualcosa di analogo. Nei primi anni ‘90 ero spesso in treno o -peggio ancora – in autobus di linea in partenza dall’Italia verso destinazioni remote dell’ex Unione Sovietica. In questi estenuanti viaggi, prima di addormentarmi, i discorsi in polacco o ungherese degli altri viaggiatori acquisivano improvvisamente un senso compiuto; in una sorta di allucinazione ipnagogica frasi allora incomprensibili venivano automaticamente rese in italiano dalla mente, che attribuiva loro un precario significato nella mia lingua madre; salvo destarmi immediatamente quando mi rendevo conto dell’impossibilità della vicenda. Nelle ‘ore’ di continuo parlare del canarino, riferite da Sotheby, probabilmente si innescava un fenomeno simile. Tornando al testo, Sotheby compie una digressione: “Ho dimostrato che il celebre Melantone apponeva la sua firma in non meno di sessanta modi differenti, nel modo di unire le parole Philippus e Melanchton (vedi la tavola di facsimile nel mio libro, una copia del quale si trova al
British Museum), non sarà dunque sorpreso del modo straordinario in cui questo piccolo caro uccellino muti le varie parole che ha appreso”. Sotheby cita qui un suo opuscolo, dedicato alla grafia di Filippo Melantone, con un’appendice sulle firme di Martin Lutero e, con una pindarica analogia, tende a paragonare la varietà di firme che Melantone aveva adottato alla mutevolezza della pronuncia del canarino. È invece noto che gli uccelli parlanti appartenenti ai Passeriformi difficilmente si discostano da quanto appreso: gli storni, ad esempio, pronunciano le parole sempre allo stesso modo, ciò a differenza dei pappagalli che amano variare quanto conoscono. Una Pyrrhura molinae, che a casa è sempre commensale con noi umani, presenziando a tutti i pasti, ha nome “Anguilla elettrica”. Dopo un mese ripeteva correttamente il suo nome, ma poi ha iniziato ad apportarvi delle variazioni, ora spesso dice “elektrik” e “nguilla”. Più di un decennio fa la mia compianta Amazona farinosa di nome Loreto, aveva modificato il suo nome in Loreto-to-to-to. Se -per assurdo – un canarino imparasse a dire il proprio nome, difficilmente lo declinerebbe in molteplici varianti; è invece ben più probabile che la varietà nell’elocuzione sia dovuta all’orecchio o alla mente di chi ascolta un verso ordinario e gli attribuisce, di volta in volta, significato. Il resto dell’articolo è invece più credibile: il canarino imitava delle note “del carattere di un usignolo, mescolandole talora al suono del fischietto usato in casa per chiamare il cane. Canta molto chiaramente la prima battuta dell’inno “Dio Salvi la Regina”. Nel 2011, sul giornale Gazeta po-Ukrainskji, è stato pubblicato un articolo (1) dal titolo “Canarino fischia l’inno sovietico”, dove si dà conto di una mostra di uccelli organizzata presso la Casa della Natura di Kiev; un espositore, il signor Mykola Protsko, all’epoca settantenne, riferiva di avere a casa propria cento canarini, “tutti conoscono fino a quindici melodie. Fischiano costantemente l’inno dell’Unione Sovietica ed il segnale della stazione radio ‘Promin’”. Poi il signor Protsko estraeva di tasca una pipa lunga quanto un indice, donatagli da un amico ormai vent’anni prima, specificando: "questo è lo strumento col
quale insegno le melodie ai canarini." In Russia l’educazione musicale dei canarini data ad oltre trecento anni or sono, ai tempi di Pietro il Grande. Quando non c’era la radio ed era costoso assumere musicisti, nei luoghi pubblici, taverne e ristoranti il canarino era l’unico musicista (così riferisce Roman Skibenvsy, presidente del Russian Canary Support Fund) e ricorda che prima della Rivoluzione del ‘17 i canarini russi cantavano l’inno “Dio salvi lo Zar” (sulle identiche note di God Save the Queen, quantomeno tra il 1815 ed il 1833), per fare poco dopo il salto della quaglia e passare all’inno bolscevico. Nell’anno 2007, nel villaggio di Polotnyany Zavod, presso il palazzo Goncharov, udii cantare un canarino di razza “orpheus” e a distanza di tanti anni lo ritengo ancora come il più bel canto che abbia mai udito provenire da un canarino. Tornando ai canarini ‘parlanti’ Sotheby conclude riportando un precedente, aneddotico, di altro canarino parlante:
In Russia l’educazione musicale dei canarini data ad oltre trecento anni or sono, ai tempi di Pietro il Grande “Il nostro amico, signor Waterhouse Hawkins, che ha udito il canarino, mi riferisce che circa vent’anni fa un canarino che pronunciava alcune parole fu esibito in Regent Street. Si tratta dell’unico altro caso, credo, noto al pubblico”. Il ricordo del signor Watherhouse è corretto: nel 1839 a Regent Street era stato esposto un canarino ‘parlante’. Un coevo articolo dello Spectator ne tratta e, ai giorni nostri, circolano ancora alcuni manifestini che pubblicizzavano l’evento (caso vuole che siano spesso all’asta proprio da Sotheby’s). In uno di questi dal titolo “Il canarino vivo parlante (Londra)” c’è una nota in calce, a matita, che ci informa del fatto che “cinquecento sterline furono offerte per questo miracolo parlante – ma vennero rifiutate – il canarino morì poco tempo dopo”.
L’animale era esposto nella Cosmorama Room (stesso palcoscenico dove era stata esibita Elizabeth Armitage, del peso allora straordinario di 445 libbre, ossia oltre duecento chilogrammi; ma anche The Singing Mouse, il topo canterino ed il più piccolo cavallo del mondo: di 28 inches al garrese, ossia 71 centimetri. Quest'ultimo freak è forse anche credibile, perché di recente un pony delle Shetland misurava proprio 28 inches, senza essere un Eohippus), un locale ove si potevano consumare dei pasti e vedere le più varie bizzarrie. Anche all’epoca venne sollevato il dubbio che il topo canterino non fosse altro che uno spettacolo di ventriloquismo e, probabilmente, lo stesso può dirsi per il canarino parlante. Lo Spectator riferisce: “Nel bel mezzo di un canto si può sentire pronunciare le parole “Sweet pretty little Dicky” – “Pretty Queen” – “Dicky dear” ed altri nomignoli che gli sono conferiti dalla sua padrona: fa anche un’imitazione di una campanella che suona e dice “Mary”. Ci vuole poco per incoraggiarlo a parlare e la presenza di estranei aumenta la sua loquacità. Durante la nostra breve visita l’alato era assai prodigo sia nel cantare sia nel parlare. L’unica particolarità è che la piccola creatura, che ci appariva assai vivace ed in un certo qual modo intelligente, aveva una gola gonfia, con le piume arruffate per via della costante azione dei muscoli della laringe. Viene riferito che la propensione alla parola sarebbe stata sviluppata in autonomia all’età di sei mesi e maturata con una pratica spontanea, alimentata solo dall’incitamento con la frequente ripetizione dei suoni: il canarino ora ha tre anni, fu tolto presto dal nido ed allevato a mano: divenne subito domestico e veniva lasciato libero in un soggiorno, per essere messo in gabbia solo di notte”. La politica del locale Cosmorama Room era quella di esagerare fenomeni naturali, spesso non del tutto fasulli, quali “Il maiale dotto” o “Il serpente marino”; il primo era un maiale bene addomesticato che, come il cavallo Clever Hans appariva compiere calcoli matematici, mentre in realtà rispondeva a segnali dell’addestratore, il secondo era un pesce nastro, Regalecus glesne. Vi erano poi falsi veri e propri, come il già citato topo canterino o le pulci industriose del
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signor Bertolotti. Il canarino parlante si situa a cavallo di queste due categorie: falsa la sua capacità di parola, per il resto poteva essere un uccellino particolarmente canoro, forse assistito da una padrona ventriloqua. Solitamente questi canarini morivano poco tempo dopo la loro scoperta, quello di Regent Street si spense proprio nell’autunno del 1839, come viene annotato anche dall’autore del volumetto divulgativo British Birds pubblicato a Londra nel 1840. Lo aveva sentito personalmente parlare ed aveva anche chiesto ai suoi espositori se avessero mai tentato di insegnarli nuove parole, ma questi risposero negativamente, poiché temevano che potesse dimenticare anche quelle che conosceva. Anche a lui venne raccontata la vicenda delle 500,00- sterline offerte e rifiutate. Questa è una tecnica commerciale, molti anni fa a Reggio Emilia c’era un Fringillide mutato, il venditore mi raccontò che uno svizzero gli aveva offerto 3.000 euro, ma lui aveva preferito tenerselo; in una mostra successiva mi propinò la stessa storia, che pertanto mi parve non meritevole di particolare credito. Risalendo ancora indietro nel tempo, si rinviene una testimonianza di canarino parlante negli Annals of Natural History, vol. I, 1838. Si tratta di un giornale di massima serietà, col comitato direttivo composto tra gli altri da sir W. Jardine (eponimo del pappagallo che molti, erroneamente, chiamano con pronuncia francese) P.J. Selby e da W.J. Hooker direttore dei giardini di Kew. Forse è proprio da questa fonte che al Cosmorama trassero ispirazione, anche se non mancavano di fantasia propria. A p. 238 sono riportate alcune brevi notizie, nella rubrica Miscellaneous. Solitamente le noticine recano la sottoscrizione del redattore, ma quella che qui interessa è adespota. Si intitola “Canarino parlante”: “L’attenzione di alcuni dei nostri amici è stata recentemente indirizzata a ciò che, per quanto ne sappiamo, è un fatto nuovo, un canarino ha letteralmente acquisito il potere di articolare parole. L’animale è di proprietà della signora Hardy, residente al n. 28, Piccadilly. Le fu portato quando era ancora un nidiaceo. Questa docile piccola creatura ha certamente imparato ad imitare con sorpren-
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dente successo alcune frasi che gli sono state spesso indirizzate, e possiede una facoltà che non si è mai sospettato potesse essere presente nella famiglia alla quale appartiene”. Questa lettera ha anche una risposta, nel settimo ed ultimo volume della stessa rivista: 1841, p. 523: “Canarino parlante. Nella notizia a p. 238 del primo volume degli Annali, venne detto che la facoltà di parola nei canarini non era mai stata registrata prima. Nondimeno un fatto simile venne raccontato da Madame Roland, nelle interessanti memorie della sua vita. Parlando di una buona suora, sorella Sant’Agata, che era stata molto gentile con lei nella scuola del convento, raccontava: ‘Mi aveva portato con sé qualche volta nella sua celletta, ove aveva un magnifico canarino, domestico,che si lasciava carezzare ed al quale aveva insegnato a parlare’”. Si tratta delle memorie di Marie-Jeanne de la Platière, rivoluzionaria francese, vissuta tra il 1754 ed il 1793; il
Anche tutta una altra serie di racconti sono basati solo su esperienze soggettive, mai di prima mano, da parte di signore molto giovani o molto anziane e sole passo è particolarmente vago, non viene neppure detto se la Roland avesse mai sentito realmente il canarino nell’atto di parlare. Il passaggio si trova alla p. 63 delle sue Memorie particolari, ove il canarino è menzionato un’unica volta; per quanto poco più avanti l’autrice ricordi che la suora le aveva dato una seconda chiave della cella, per potervi entrare quando lei era assente, cosa che faceva regolarmente, per potere leggere i libri che vi conservava. Un ricordo di infanzia, connotato da grande vaghezza e poco documentato non può certo costituire una prova bastevole di una facoltà tanto particolare in un canarino. Come quello della Roland, anche tutta un’altra serie di racconti sono basati solo su esperienze soggettive, mai di prima
mano, da parte di signore molto giovani o molto anziane e sole, animate con ogni probabilità da un wishful thingking. Nel 1882, sulla rivista Knowledge, 27 ottobre, p. 363, si parla di un altro canarino parlante, il corrispondente scrive: “Conoscevo una vecchia governante alcuni anni fa, ormai morta, che aveva un canarino belga, al quale era solita parlare costantemente, come una madre fa col proprio bambino, per poi scoprire che l’uccellino dopo molti vani sforzi, riusciva a ripetere varie parole quali ‘sweet pet’, ‘pretty dear’ o frasi simili”. È una storia riferita, che comunque coinvolge una persona anziana e probabilmente sola, che aveva un animale da compagnia; inoltre le ‘parole’ sono singolarmente simili alle ordinarie vocalizzazioni del canarino. È ben più interessante il racconto successivo dello stesso corrispondente, contenuto nella stessa nota: una gazza nell’inverno del 1880 stava in una gabbia all’esterno, con del pane, ossa ed avanzi come alimento. La gazza aveva notato che dei passeri nei dintorni erano affamati, così poneva il pane sul bordo esterno della gabbia e poi balzava dal posatoio per predare i passeri attraverso le sbarre. Anche le orche utilizzano una tecnica simile per cacciare gli uccelli che si avvicinano alle esche alimentari che esse stesse pongono in vista. In Bird World del 1906, a p. 60 viene riferita un notizia dell’Evening Dispatch di Edimburgo, città in cui la signora Helen A. Grant aveva un canarino parlante. Diceva “Kevie boy” (ove kevie stava per clever) “whiskers” e “Where’s a wee boy?”; poiché, a suo dire, non era il primo canarino ‘parlante’ l’autore critica lo scetticismo degli amici della signora, che avevano preso poco sul serio la comunicazione delle abilità dell’uccellino. Nel 1931 fa la sua comparsa l’epigono dei canarini parlatori, questa volta a Sumas, nello stato di Washington. Ne riferisce T. W. Winson (un canadese di Huntignton) sul volume 12, n. 2 (maggio 1931) di The Murrelet, pubblicato dalla Society for Northwestern Vertebrate Biology, alle pagine 58 e seguente. La signora Taylor aveva un canarino parlante, un maschio di poco più di un anno, buon cantatore con una siringe ben sviluppata, che si gonfiava vistosamente durante le esibizioni canore. L’animale sapeva dire: “Sing Birdie Sing”, “Hurry up.
Sing”, “Hurry up Rex”, “Now Sing” e “Rex”. Rex era il nome del ragazzo che lo aveva allevato, che gli portava da mangiare e gli aveva insegnato a parlare. Il canarino parlava impazientemente, sino a quando non veniva ricompensato col cibo. Poi l’autore aggiunge che altri suoi vocalizzi erano privi di significato, come accade anche con quelli dei pappagalli. La sua voce aveva una tessitura da soprano e non era rauca come quella dei pappagalli, “ma della stessa altezza del suo canto naturale”. Era anche stato attestato all’autore che il canarino aveva un fratello ed una sorella parlanti, ma capaci di profferire solo parole singole, come “Peggy” e “Sing”, non intere frasi. Non temeva i visitatori, anzi parlava o cantava più forte quando gli si avvicinavano, quando il giovane Rex cantava a sua volta o se la macchina da cucire era in funzione. Per quanto T.W. Winson fosse il vicepresidente della società della biologia dei vertebrati del Nordest e per quanto ab-
bia fornito molteplici contributi alla rivista della società, in questo caso non chiarisce se quanto narrato gli sia stato riferito (come peraltro lascerebbe intendere l’espressione “it is stated” che si incontra nel racconto) o se lo avesse appurato in prima persona. Ma anche qui, in questa ultima apparizione di un canarino parlante, le ‘frasi’ sono simili ai normali gorgheggi che questi uccelli emettono e non vi è alcuna prova, se non il racconto aneddotico, ad asseverare una capacità così inconsueta. Si dice che quanto più grande è l’affermazione, tanto più solido dovrebbe essere l’impianto probatorio. L’aneddotica, per quanto cumulativa, non costituisce prova probante: si prenda l’esempio delle esperienze di pre-morte, prive di scientifica consistenza e basate unicamente sulla sedimentazione di esperienze soggettive, non verificabili. Quindi, in conclusione, i canarini parlanti non esistono. Un po’ come la Pizia di Plu-
tarco ha smesso di fare oracoli in versi, dopo il 1931 i canarini sono tornati a cantare soltanto. Il mio amico Tullio Frisinghelli, uno dei più stimati allevatori in Italia, come pure Giovanni Canali, ai quali ho chiesto una eventuale smentita al mio scetticismo, mi hanno risposto di non avere mai sentito parlare di canarini parlanti. Per avere una dimostrazione di come si possa essere indotti ad attribuire significato a suoni inarticolati, è bastevole visionare il filmato del gatto “parlante” che dice “Oh long Johson, oh long John, oh Don Piano” e così via (si cerchi “Oh Don Piano, talking cat”): senza sottotitoli è un gatto che vocalizza come qualsiasi felino di una certa età, ma sottotitolato sembra proprio che dica le parole senza senso di cui sopra, formando una frase della durata di quasi mezzo minuto. Nota (1) "L’articolo è stato scritto nel dicembre 2021, prima del profilarsi degli eventuali eventi bellici"
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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: ANDREA FRESCHI - RNA 62VL con la fotografia che ritrae il soggetto “Femmina di Crociere fasciato all’imbecco” Complimenti dalla Redazione!
• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it
• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.
(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione
ALIMENTAZIONE
La Ginestrella Un’erba misconosciuta, “poca bela ma l’è bona e la fa bèn” testo di PIERLUIGI MENGACCI, FOTO P. MENGACCI, PIANTE-SPONTANEE.IT
Premessa Siamo a fine novembre, finalmente è riapparso il sole; la nebbia che ci ha tediato per alcuni giorni, dopo che le nuvole avevano scaricato a terra barili di pioggia, è finalmente scomparsa. È il periodo in cui i primi temporali invernali fanno ricrescere nuove rosette di tarassaco, cicoria selvatica, crespigno, piantaggine che l’estate aveva nascosto, mescolate ad altre erbe selvatiche ed ai petali bianchi delle margherite che spiccano tra il grigio-verde del prato.
Ginestrella in primo piano
Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo
La bella giornata solatia, un cielo azzurro senza nuvole, un’arietta di bora leggermente frizzante mi hanno invogliato a fare un giretto in cerca di nuove rosette basali di qualche erba mangereccia. Assieme a mia moglie perlustriamo il nostro giardino-frutteto che, in questo periodo, ci ha sem-
pre “regalato” tenere rosette per una misticanza di insalata e per soddisfare il mio desiderio di servirle anche ai canarini! Mentre raccolgo una rosetta di tarassaco, Angela mi chiama: -Gigi vieni qui… ci sono diversi “ceppi” nuovi da raccogliere, alcuni “scarpégn” (crespigni) ed altri che mi sembrano “caccialepre”-. Mi avvicino: i “scarpégn” si distinguono bene, ma, mentre raccolgo quelli che sembrano “caccialepre”, mi sorgono dei dubbi. Ne colgo uno: la piccola venatura rossiccia, non per-
Rosette basali di Ginestrella nel giardino dell'autore
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Condrilla juncea fusto con fiore, fonte: piante spontanee.it
cettibile da lontano, delle prime foglie basali, più evidente verso il cuore, e la tonalità del verde delle foglie più tenue, mi hanno fatto pensare ad un’altra erba diversa dal “caccialepre”. Rivolto a mia moglie: -Angela, non mi sembrano dei “caccialepre” ma un’altra erba di cui mi sfugge il nome. E lei: -Fammi vedere... Non è per caso che si tratti della “ginestrella” che raccoglieva anche tua madre?-. Il riferimento a mia madre mi ha riportato subito alla memoria il suo detto: “La ginestrela l’è poca bela, ma l’è bona e la fa bèn!”, quando le chiedevo perché raccogliesse quell’erba tutta contorta e frastagliata! Alcuni dati botanico-storici La Ginestrella (Chondrilla juncea) è una delle molte erbe misconosciute i cui nomi dialettali sono anche lattugaccio, lattaiola, erba pizzuta, ecc. ma è chiamata più frequentemente con il nome Ginestrella perché nella fase
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della fioritura somiglia ad una piccola ginestra. È una pianta che cresce spontanea in tutto il territorio italiano e la troviamo presente nei prati aridi, negli incolti, in prossimità di strade interpoderali, di fossi e fra le stoppie del grano; purtroppo la sua presenza è sempre più rara a causa delle colture intensive e dei diserbanti. Il termine Chondrilla ha origine dal greco chondrus = seme, cartilagine ma anche grumo, per via del lattice emesso dalla pianta spezzata che si rapprende in grumi a contatto con l’aria; il nome della specie, juncea, si riferisce alla forma a giunco del fusto (steli senza foglie). La Ginestrella è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Asteraceae, a ciclo biologico perenne o biennale. Le radici sono fittonanti. Il fusto o asse floreale è eretto, spesso privo di foglie; può raggiungere un’altezza fino a un metro ed ha la parte basale piena di ispidi peli rivolti in basso. Le foglie si dividono in basali e cauline. Quelle basali sono a forma di rosetta con la caratteristica disposizione in senso parallelo ai raggi solari (pianta bussola), a tre strati di foglie. Sono glabre, frastagliate, grossolanamente dentate e leggermente spinulose ai bordi; sono di colore verde tenue, con una venatura rossiccia che appare più marcata verso il cuore. Le foglie cauline, ovvero quelle disposte lungo il fusto, sono più piccole e presentano una lamina dalla forma lineare, con bordi spinulosi. L’infiorescenza è composta da capolini spesso raccolti in fascetti da 2 a 4, posti all’ascella delle foglie superiori del fusto. I fiori ligulati (corolla a base spianata), di colore giallo, compaiono in estate e restano aperti solo nelle ore mattutine; sono ermafroditi e vengono impollinati da diversi insetti. I frutti sono dei piccoli acheni con pappo che, trasportati dal vento, permettono la propagazione della pianta. Al termine della fioritura la pianta appassisce per riapparire l’autunno successivo dopo una copiosa pioggia. Durante l’inverno le gemme, protette dalla neve o da una lettiera, rimangono attaccate al terreno.
Fin dai tempi antichi, il concetto di “cibo come medicina” (Ippocrate) che spesso ho richiamato nei miei scritti, ha portato l’uomo a cercare, raccogliere ed utilizzare i prodotti della terra non solo come alimento ma anche per scopi medicinali. Alla Chondrilla juncea fa cenno Dioscoride (I secolo d. C.) nella sua “Materia Medica” elencando alcune proprietà medicinali della pianta e del suo lattice, utile nei periodi mestruali delle donne, contro la vitiligine e racconta anche che la radice mescolata al vino si possa impiegare contro i morsi delle vipere. Galeno (II secolo d. C.) la descriveva soprattutto come pianta alimentare, con pochi cenni all’utilizzo come pianta medicinale, preferendo la dolce Chondrilla alle più amare cicorie selvatiche. Anche il medico senese Pietro Andrea Mattioli nei suoi “Discorsi” (1578) e nelle sue illustrazioni della Chondrilla juncea sostiene che i contadini toscani fossero molto ghiotti di quella delizia del palato e l’avrebbero mangiata più volentieri rispetto alle più amare cicorie selvatiche. Tutto ciò dimostra che la “Ginestrella” o “lattugaccio”, come oggi viene chiamata, sin dai tempi antichi fosse assai apprezzata in campo culinario e molto poco in quello medicinale. Nel corso degli anni, però, la medicina popolare ha preso in considerazione anche quest’erba e ne ha evidenziato alcuni benefici, attribuendole proprietà digestive, disintossicanti dell’organismo, ricostituenti e aperitive. Il suo lattice ancora oggi è considerato cauterizzante e antiverrucoso. Col trascorrere degli anni e soprattutto nel secolo scorso, le erbe selvatiche sono state rivalutate e dai “mercatini delle erbe” sono entrate in erboristeria e fitoterapia a seguito di numerosi studi scientifici sulle loro proprietà nutraceutiche. Anche la Chondrilla juncea è fra le specie vegetali spontanee che hanno avuto tale percorso ed è stata studiata dalle università di Camerino e Perugia sotto gli aspetti fitoecologici e nutrizionali, ai fini della conoscenza, recupero e valorizzazione delle risorse ambientali di Marche e Umbria.
Tabella dei valori nutrizionali della Chondrilla juncea per 100 grammi di prodotto edibile (*) Acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .87,8 gr. Proteine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1,9 gr. Lipidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0,5 gr. Carboidrati . . . . . . . . . . . . . . . . .2,0 gr. Ceneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1,8 gr. Fibra alimentare . . . . . . . . . . . . .5,8 gr. Energia (Kcal.) . . . . . . . . . . . . . . .19,60 MINERALI Ferro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4,9 mg. Calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .159 mg. Fosforo . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12,7 mg. Sodio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3,8 mg. Potassio . . . . . . . . . . . . . . . . .1277 mg. Magnesio . . . . . . . . . . . . . . . . .100 mg. VITAMINE Vit. A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .356 ng. Vit. E . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2728 ng. Vit. C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .n.c. Beta-carotene . . . . . . . . . . . .2134 ng. Polifenoli totali . . . . . . . . . . .1043 ng.
La medicina popolare ne ha evidenziato alcuni benefici, attribuendole proprietà digestive, disintossicanti dell’organismo, ricostituenti e aperitive
Proprietà e benefici derivanti dall’utilizzo della Ginestrella Gli studi eseguiti dalle suddette università hanno dimostrato e avvalorato, grazie alle attuali tecniche analitiche, le proprietà e qualità nutraceutiche che vengono attribuite dalla tradizione popolare alla Chondrilla juncea. Fra tutte, è emerso l’alto
contenuto di nutrienti antiossidanti, vale a dire quelle sostanze che sono capaci di contrastare le reazioni chimiche che danno origine ai radicali liberi. Nel caso specifico, trattasi del buon contenuto di betacarotene, vitamina E e polifenoli (vedi tabella). È risaputo che molti antiossidanti vengono quotidianamente introdotti nell’organismo attraverso il cibo. Da qui nasce l’importanza di una sana ed equilibrata alimentazione che favorisca l’introduzione di tutte le sostanze antiossidanti necessarie, molte delle quali si trovano in abbondanza nella frutta e nella verdura. Oggi che lo stress ossidativo è comunemente ritenuto (e diversi studi lo hanno dimostrato) responsabile dello sviluppo di numerose patologie degenerative, come quelle a carico del sistema cardiocircolatorio, del colesterolo cattivo LDL, di alcune forme tumorali, del sistema immunitario,
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Alcuni antiossidanti - valori-orac fonte Mauro Cirillo
dell’accelerazione del processo fisiologico dell’invecchiamento fino al coinvolgimento del sistema nervoso centrale, anche la Ginestrella, in un’alimentazione equilibrata, apporta la propria quota di antiossidanti necessaria per mantenere il benessere dell’organismo. È stato calcolato da esperti nutrizionisti che per proteggere il nostro organismo dai danni dei radicali liberi sia sufficiente consumare un quantitativo di antiossidanti pari a 5000 dosi ORAC al giorno, che possono corrispondere a 5 porzioni di frutta e verdure. ORAC è l’acronimo di Oxygen Radicals Absorbance Capacity (capacità di assorbimento dei radicali dell’ossigeno), ovvero è la misura della proprietà antiossidante di ogni singolo alimento. Il valore della Chondrilla juncea espresso in ORAC (μmol TE/100g) è pari a 427 e se lo rapportiamo ad altri alimenti vegetali tipo carota (355), sedano (512), cavolo (508), zucchina (180), pomodoro (546), vediamo che il suo valore è molto simile. Pertanto, anche la “nostra” Ginestrella, assieme ad altri alimenti, in una dieta varia e bilanciata, può fornire all’organismo un buon contributo di nutrienti antiossidanti che ci possono far raggiungere il valore di protezione sopra richiamato. Va fatto presente, però, che pur avendo la letteratura scientifica ampiamente dimostrato che gli antios-
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Antiossidanti, fonte: greenMe.it
sidanti rivestono un ruolo molto importante per la salute, non è ancora del tutto dimostrato se sia trasferibile tal quale sul corpo umano l’effetto dell’elevato valore ORAC, rilevato in laboratorio. Comunque, dal mio punto di vista, e non sono un nutrizionista, posso modestamente dire che la natura ci fornisce in ogni stagione molti alimenti (fra cui frutta e verdure) che in una dieta sana, varia ed equilibrata possono apportare al nostro all’organismo un insieme di antiossidanti (anche se non nella quantità delle tabelle ORAC) utili e necessari contro i vari problemi causati dallo stress ossidativo sopra menzionato. Pertanto, anche per i no-
L’utilizzo principale della Ginestrella è senza dubbio gastronomico. Nella mia tavola entra a fine estate dopo un bell’acquazzone e vi rientra anche a fine inverno e per tutta la primavera
stri volatili, secondo me, è opportuna e consigliabile un’alimentazione varia ed equilibrata, integrando i soliti misti di semi e pastoncini con prodotti vegetali di stagione quali verdure e frutta; logicamente con le dovute precauzioni e preferendo prodotti provenienti da colture biologiche o da luoghi lontani da fonti inquinanti. Oltre alla virtù antiossidante, come detto, vengono accreditate alla Ginestrella proprietà digestive, disintossicanti dell’organismo, ricostituenti e aperitive; proprietà che possono esserci utili anche nei nostri allevamenti ornitologici nelle varie fasi di vita dei volatili. Inoltre, il latice che quest’erba secerne si è dimostrato cauterizzante ed antiverrucoso. L’utilizzo principale della Ginestrella è senza dubbio gastronomico. Nella mia tavola entra a fine estate dopo un bell’acquazzone e vi rientra anche a fine inverno e per tutta la primavera (fin quando riesco a trovarla), sia da sola che mista ad altre erbe spontanee in misticanze di insalata o cotte, “ammorbidendo” l’amaro delle cicorie o di altre erbe. Nello stesso periodo la fornisco anche ai miei canarini, tal quale, pulita e asciutta o frullata per inumidire il pastoncino (senza dimenticare l’acqua di cottura). Mia madre era una grande estimatrice della Ginestrella ed era più che convinta che consumarla cruda, da
sola, condita con olio e limone fosse un ottimo rimedio contro l’acidità di stomaco. Era inoltre talmente certa delle sue proprietà benefiche che la utilizzava tritata assieme a tarassaco, ortica, crusca e pane raffermo per il pastone che faceva per le galline! Altro uso culinario che ho appreso sempre da mia madre: cucinare i fusti primaverili e di inizio estate della Ginestrella, di sapore dolciastro, per una gustosa frittatina (meno amara di quella con i turioni degli asparagi selvatici). La consiglio volentieri a chi ha possibilità di reperirli; sicuramente mi darà atto della sua squisitezza! Conclusione In una alimentazione razionale ed equilibrata, dove è previsto il consumo di tutte le tipologie di alimenti nei corretti rapporti qualità-quantità, i vegetali in genere e le specie selvatiche in particolare, seguendone la stagionalità e varietà, assumono un ruolo molto importante se non basilare per il benessere della salute, grazie alle loro caratteristiche intrinseche e soprattutto all’apporto di antiossidanti. Anche questa misconosciuta Ginestrella, che la natura ci offre in determinati periodi dell’anno, mi ha ulteriormente convinto che ogni specie spontanea commestibile possa offrire un contributo rilevante per il benessere dell’organismo, e che, soprattutto, non abbiamo bisogno di ricorrere ad integratori speciali o ad esotici “superfood” per fornire al nostro corpo e a quello dei nostri volatili prodotti antiossidanti di sintesi. Chiudo ribadendo che un’alimentazione, anche per i nostri volatili, integrata con una dieta ricca di prodotti vegetali stagionali e locali, possibilmente provenienti da colture biologiche, è senza dubbio un’alimentazione che preserva l’organismo dai danni dei radicali liberi ed è anche “una scelta responsabile che mette insieme meno costi, meno inquinamenti e contribuisce alla sostenibilità ambientale”, come ho già scritto nella premessa all’articolo “Il Fico” (I.O. n.01 del 2022). E che dire dei benefici che arreca l’at-
Canarini all'assalto della Ginestrella
tività fisica per cercare e raccogliere le “nostre erbe”? Ad maiora, semper Alcune fonti: - (*) http://www.accademiaerbecampagnole.eu/limportanza-degli-usi-tradizionali-e-gli-aspetti-nutra-
ceutici-di-alcune-piante-selvatiche-commestibili/) - https://www.viversano.net/alimentazione/dietae-salute/la-scala-orac-il-potere-antiossidante-degli-alimenti/ - https://www.accademiaerbecampagnole.eu/laginestrella-la-regina-delle-insalate-miste/ - http://perladieta.blogspot.com/2012/10/il-potere-antiossidante-degli-alimenti.html
Rosette basali pronte per i canarini
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DIDATTICA & CULTURA
In taluni casi si può dire che l’accoppiamento indovinato dia, entro certi limiti, risultati migliori rispetto alla scelta dei riproduttori
Accoppiamenti e selezioni di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e F.O.I.
S
pesso quando si parla di selezione e di allevamento competitivo, si pensa alla qualità dei soggetti da utilizzare e alla loro genealogia. Questo è giusto, ma non basta; infatti, bisogna anche saper accoppiare. In taluni casi si può dire che l’accoppiamento indovinato dia, entro certi limiti, risultati migliori rispetto alla scelta dei riproduttori in quanto tale. Nel canarino di colore, l’aspetto dell’accoppiamento indovinato ha un peso elevatissimo, così come disastroso può essere l’accoppiamento errato, anche fra campioni. Desidero iniziare questo scritto dal canarino di colore, poiché è una delle specialità nelle quali l’accoppiamento ha il maggior peso, forse quella in cui il peso dell’accoppiamento è il maggiore in assoluto. Nel canarino di colore vi sono linee selettive opposte, come nel tipo (che è poligenico), cioè la linea degli ossidati neri e bruni (scuri) e quella dei diluiti agata ed isabella (chiari). Ebbene, anche i meno esperti sanno che non si può accoppiare un diluito con un ossidato, altrimenti si ha una perdita di tipicità in entrambe le direzioni. A nulla servirebbe accoppiare due campioni; da ossidato x diluito si avrebbero solo soggetti scadenti. Discorso analogo per le linee selettive dei gialli e dei rossi (caratteri poligenici), visto che i gialli non devono avere tracce di rosso ed i rossi il meno giallo possibile.
Ancora la stessa analogia per brinati e mosaico, visto che il brinato si seleziona uniforme ed il mosaico a contrasto (per la presenza di diversi geni anche complementari o modificatori). Quando si scelgono i riproduttori, si cerca di avere il maggior numero di
pregi ed il minor numero di difetti. Non ci si illuda però di trovare un soggetto perfetto; la perfezione non è di questo mondo ed anche il più grande campione presenta qualche difetto, magari una caratteristica non al massimo, ma qualche limite lo ha
Nero mosaico giallo maschio, foto: E. del Pozzo
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sempre e bisogna saperlo vedere e volerlo vedere. Lasciamo la perfezione allo standard ideale che si trova sulla carta o nel mondo delle idee platonico, non pretendiamo di averla nella realtà viva. Del resto, secondo studi scientifici, una condizione del tutto omozigote non è possibile; infatti, occorre una percentuale di alleli diversi. Secondo il Lerner, occorre una condizione di almeno il 25% di eterozigosi per avere compatibilità con la vita. Di conseguenza, non avremo mai il soggetto perfetto, né un riproduttore che dia solo campioni. Non a caso, io nella selezione non raccomando se-
Agata topazio intenso rosso, foto: E. del Pozzo
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lezioni estreme o strettamente consanguinee, bensì linee equilibrate da cui ottenere campioni, assieme ad una percentuale di soggetti discreti o buoni e qualche inevitabile scadente. Semmai non bisogna perdere di vista la vitalità di un ceppo. Si consideri anche che, da soggetti non ottimi, tuttavia discreti o buoni, se bene accoppiati si possono avere buoni o ottimi risultati, specialmente se i riproduttori sono di ottima genealogia. Da letture su diverse specie e da colloqui con allevatori sempre di diverse specie, ho appreso che in tutti i campi, con ottime selezioni, assieme
Ho appreso che in tutti i campi, con ottime selezioni, assieme ad una percentuale di campioni o soggetti ottimi, che raramente raggiunge o supera il 25% ad una percentuale di campioni o soggetti ottimi, che raramente raggiunge o supera il 25%, si hanno un buon numero di soggetti buoni o discreti, con pochi scadenti (ho sentito parlare del 15% almeno di scadenti). Come dicevo, bisogna vedere e voler vedere i difetti o almeno i limiti di tutti gli esemplari. Si sa che “l’occhio del padrone ingrassa il cavallo”, ma bisogna sforzarsi di valutare bene, volendo vedere i difetti ed i limiti dei propri soggetti. Questo è importante non solo per scegliere i soggetti da mostra, ma anche e direi soprattutto per individuare i riproduttori e per capire che accoppiamenti fare. Una regola generale è quella di non accoppiare due soggetti con lo stesso difetto. L’unica eccezione a me nota è nel canarino e riguarda l’accoppiamento fra intensi con tracce di brinatura; infatti, da tale accoppiamento la tendenza è quella di avere intensi privi di brinatura. Tuttavia non è detto che questo espediente paghi nelle generazioni successive. La regola quasi del tutto priva di eccezioni è che l’accoppiamento di due soggetti con difetto uguale porta all’accentuazione del difetto stesso. Quindi, due campioni con un piccolo stesso difetto potrebbero vederlo aggravato nella prole, ed i campioni potrebbero non uscire proprio per l’aggravamento di quel difetto. Al contrario, bisogna accoppiare soggetti buoni o ottimi con difetti diversi, privilegiando la scelta di compagni che eccellano dove l’altro è difettoso. Questo è il metodo compensativo. Taluno accoppia anche soggetti che hanno difetti non solo diversi ma inversi. Questo sistema è da molti non
Altra cosa è il metodo che possiamo chiamare di esaltazione, vale a dire l’accoppiamento di soggetti ottimi o eccellenti per una caratteristica fra di loro apprezzato; certo è molto meglio accoppiare con difetti inversi piuttosto che con lo stesso difetto, tuttavia si obietta che si viene a creare una situazione molto eterozigote, che può riservare effetti non graditi, come la ricomparsa dei difetti in misura elevata. A volte si cita il caso delle ali incrociate alte e delle ali portate basse. Probabilmente non è la stessa cosa per tutti i difetti. Alcuni allevatori di cani sostengono che accoppiando un maschio troppo grosso con una femmina troppo piccola, si hanno di frequente maschi grossi e femmine piccole. Si verrebbe ad avere un’esaltazione del dimorfismo sessuale o qualcosa del genere. Non ho mai sentito parlare di un maschio piccolo con femmina grande. Nel canarino, gli allevatori di forma e posizione spesso asseriscono che il maschio trasmetta più la taglia e la femmina più le forme. Questo discorso non mi è mai stato molto chiaro, ritengo di non dovermi soffermare; non avendo fatto sufficienti esperienze in tal senso, mi limito ad una generica perplessità. Negli arricciati, il Vaccari, in presenza del “colpo di vento” (tendenza delle penne ad andare prevalentemente in una direzione), consigliava di accoppiare uno con il colpo di vento a destra ed uno con il colpo di vento a sinistra. Tesi non condivisa dalla maggioranza dei tecnici che, invece, consigliano di accoppiare il soggetto con il “colpo di vento” con uno simmetrico, quindi buono o ottimo. Da ragazzo, avendo allevato arricciati, mi capitò sempre o quasi di dover acquistare soggetti con il “colpo di vento”, non essendoci molta disponi-
bilità di soggetti già ottimi o buoni; ebbene, devo dire che accoppiavo come consigliava il Vaccari, i cui testi furono una delle mie prime letture, cioè destro per sinistro, ottenendo mediamente buoni risultati e soggetti simmetrici in numero discreto. Con questo non voglio patrocinare la tesi del Vaccari; probabilmente hanno ragione coloro che consigliano il soggetto simmetrico, forse sarò stato fortunato, tuttavia è un’esperienza che ho fatto, anche se limitata, e considererei reticenza non riportarla. Forse, anche in questo caso, fra i due mali è meglio accoppiare con difetto inverso piuttosto che con lo stesso
difetto. Altra cosa è il metodo che possiamo chiamare di esaltazione, vale a dire l’accoppiamento di soggetti ottimi o addirittura eccellenti per una caratteristica fra di loro. Questo si fa specialmente in presenza di un pregio molto importante; accoppiando fra di loro i soggetti con tale pregio, lo si aumenta numericamente nella prole e serve nel prosieguo della selezione. Può anche servire quando c’è solo una situazione di disponibilità di soggetti eterogenei e mediamente scarsi, per creare due linee o più, una per una caratteristica ed altre per altre caratteristiche importanti.
Agata opale intenso rosso avorio
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Agata intenso giallo femmina, foto: E. del Pozzo
In questo caso, si terranno in poco conto le caratteristiche non ricercate. Successivamente, fissate le buone caratteristiche in diverse linee, si provvede ad incrociarle, tornando ad una selezione compensativa. Per quanto riguarda le selezioni, nei testi di zootecnia si parla di selezione individuale e selezione massale. La selezione individuale consiste nello scegliere con cura i soggetti da utilizzare come riproduttori, tenendo conto della genealogia, ed accoppiare con oculatezza. Per selezione massale si intende che si scelgono i soggetti migliori, lasciandoli liberi di accoppiarsi come credono. La selezione massale si usa con animali allevati allo stato brado o di semilibertà: greggi, mandrie ed altro. Ovviamente, il sistema migliore è quello individuale; tuttavia, se le caratteristiche da selezionare non sono molto difficili e raffinate, anche la se-
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lezione massale può dare buoni risultati. Nell’allevamento amatoriale, per soggetti da competizione si usa il sistema della selezione individuale; casi rari di selezione massale possono avvenire, ad esempio, in grandi voliere ma non con tutte le specie, certo non con i canarini: basterebbe pensare alle categorie intenso, brinato e mosaico.
Per gestire la consanguineità, specialmente se stretta, secondo me occorrono allevatori ottimi ed esperti, non credo che basti un livello medio o anche buono
Con il sistema della selezione individuale, specialmente se si punta ad una sola caratteristica, si ottengono talora risultati sorprendenti nella caratteristica selezionata, mentre le altre rimangono sostanzialmente immutate. Un fenomeno del genere è abbastanza presente nei canarini da canto; anche nei canarini di forma e posizione lo si nota per il colore, salvo linee che tengano conto anche del colore. C’è poi il problema della consanguineità. È uno degli aspetti più discussi ed abbiamo sia sostenitori che detrattori della consanguineità. Se si trattasse di fare una scelta obbligata, mi metterei fra i detrattori ma solo fino ad un certo punto; in realtà so che, storicamente, la consanguineità ha avuto un ruolo di rilievo nelle selezioni, specialmente all’inizio. Per gestire la consanguineità, specialmente se stretta, secondo me occorrono allevatori ottimi ed esperti, non credo che basti un livello medio o anche buono. Quindi non la consiglio in generale, specialmente ai novizi. La consanguineità è stata paragonata ad uno strizzatoio che fa uscire le caratteristiche di un ceppo, sia buone che cattive. Da qui la necessità di una selezione severissima, che non tutti possono gestire. Ci sono anche coloro che dicono che mentre si fissa un pregio si rischia di fissare due difetti. Inoltre, esiste la depressione da inincrocio, vale a dire un indebolimento del ceppo consanguineo. Va però detto che una generica depressione può essere superata accoppiando con ceppi diversi. Ho letto di fenomeni quasi di eterosi (vigore ibrido) anche accoppiando due ceppi entrambi consanguinei ed indeboliti, ma diversi, della stessa razza. Personalmente ho poco usato la consanguineità, data la mia attenzione alla rusticità del ceppo; tuttavia talora l’ho usata, ad esempio, con soggetti di altissimo valore accoppiati con figli, per avere ¾ di sangue del soggetto campione o accoppiando fratellastri con il genitore comune campione. Naturalmente, non ho insistito a lungo. A volte si è quasi costretti ad usare la consanguineità in
presenza di pochissimi soggetti con una certa caratteristica imparentati fra di loro; accade ad esempio quando esce una nuova mutazione. Tuttavia, in questo caso, il produrre dei portatori (soggetti eterozigoti) è utilissimo e da fare subito, specialmente se si può accoppiare un maschio con più femmine. A proposito di portatori, ho più volte messo in evidenza come l’uso dei portatori, in certi casi, è necessario o utile per avere la migliore espressione tipica di un certo carattere recessivo. Fenomeno molto studiato dal sottoscritto in canaricoltura di colore. Purtroppo, sui testi scientifici di genetica questo aspetto è ignorato. Spero che qualcuno prima o poi lo prenda in considerazione anche a livello scientifico. Per concludere il discorso sulla consanguineità, si consideri comunque
che può essere utile per fare uscire delle buone caratteristiche, se ci sono, ma non per crearle. La consanguineità in ceppi scadenti o senza selezione severissima è una scorciatoia per il disastro. Naturalmente, anche e soprattutto con gli accoppiamenti consanguinei bisogna applicare la compensazione di cui sopra e non accoppiare con lo stesso difetto; anche fra un genitore ed alcuni dei suoi figli o fra fratelli possono esserci difetti diversi. Certo, ora qualcuno penserà a certi risultati ottimi ma casuali, magari di qualche amico, per via di latenze ottime non conosciute, fortunati acquisti o altro del genere. Ebbene “contro la fortuna la ragion non vale”! Si sa, e purtroppo anche contro la scalogna. Tuttavia non cerchiamo alibi e non adagiamoci in vaghe speranze; la competenza e l’impegno aiutano di certo.
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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI
Una nuova stella: il TorZuino di GIUSEPPE NASTASI, foto di VALTER PITTINI e SERGIO ZANFAGNIN
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ontinuando il discorso intrapreso nell’articolo pubblicato su Italia Ornitologica numero 2 del 2022 sul Benacus e sul Giraldillo Sevillano mi viene spontaneo affrontare la comparsa di una nuova razza che si sta affacciando nella specializzazione Arricciati: il TorZuino. Come dicevo, questa nuova razza è molto simile alle due trattate nell’articolo predetto ma soprattutto sembra assomigliare molto al Benacus. Il nome della razza deriva, come spesso accade in tutte le razze, dalla
TorZuino testa liscia lipocromico pezzato
L’idea di creare questo nuovo canarino è venuta all’allevatore Valter Pittini in collaborazione con il giudice internazionale Sergio Zanfagnin
zona in cui nasce la stessa, una località molto caratteristica, ovvero Torre di Zuino, adesso chiamata Torviscosa, in Friuli Venezia Giulia. Il vecchio nome Torre di Zuino deriva da una vecchia torre, “Zuinis”, esistente già nel 1041; lì successivamente nasce un paesino chiamato Torre di Zuino in memoria del vecchio castello; dal 1940 questo insediamento fu chiamato Torviscosa. L’ideatore della razza ha voluto fare omaggio alla storia chiamando appunto TORZUINO il nuovo canarino.
TorZuino testa ciuffata lipocromico
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TorZuino, particolare delle spalline
La prima comparsa nel mondo ornitologico è stata in occasione del Campionato Italiano di Bari nel 2019. L’idea di creare questo nuovo canarino è venuta all’allevatore Valter Pittini in collaborazione con il giudice internazionale Sergio Zanfagnin. Pittini, famoso allevatore di Fiorini, pensò di accoppiare alcuni suoi Fiorini a dei Gibber Italicus, a degli Arricciati del Sud di piccola taglia e a dei Japan Hoso con l’idea di ottenere dei canarini di piccola taglia con un portamento caratterizzato dal corpo leggermente curvato per effetto del
TorZuino, particolare del ciuffo
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collo che si estende curvandosi in avanti e verso l’alto. Dopo vari accoppiamenti ben mirati e con l’introduzione dei Japan Hoso si ottennero i risultati desiderati. Guardando i soggetti esposti a Bari è venuta a tanti visitatori l’idea di paragonarli a dei Benacus ma se si guardano gli esemplari perfettamente aderenti allo standard ottimale le differenze saltano subito all’occhio di un esperto. Prima cosa, la taglia. Il Benacus deve essere lungo 16 centimetri, mentre il TorZuino deve essere un piccolo canarino; infatti, è previsto che sia solo di 13 centimetri. Altra differenza palese è il portamento, con il tronco in linea all’asse delle spalle, con corpo leggermente curvato per effetto del collo che si estende e si curva verso l’alto mantenendo assoluta assenza di angolatura tra collo e spalle, mentre nel Benacus deve avere la forma a sette con collo proteso in orizzontale a livello dei carpi. Ancora, lo jabot, che nel Benacus deve essere formato da piume che si chiudono completamente, nel TorZuino
TorZuino testa ciuffata lipocromico pezzato
deve formare un piccolo vuoto nella parte superiore, a ricordare un nido di rondine o un piccolo cestino, molto simile a quello degli Arricciati del Sud. Altra similitudine tra le due razze è il ciuffo; infatti, anche in questa razza è prevista la variante ciuffato e testa liscia ma, parlando proprio delle teste, c’è una differenza: mentre nel Benacus la forma della testa deve essere a nocciola, nel TorZuino è prevista una testa piccola e serpentina leggermente piatta, che deve assomigliare ad un piccolo ferro di cavallo. Il ciuffo deve essere centrato e diffuso uniformemente. Ancora, mentre nel Benacus testa liscia non sono previste sopracciglia, nel TorZuino testa liscia sono previste le sopracciglia. Un fattore comune ad ambedue le razze sono gli arti inferiori che devono essere leggermente flessi al calcagno, però, mentre nel Benacus devono essere deplumati al ginocchio, nel TorZuino devono essere coperti da filopiume. Anche il TorZuino è un canarino che rientra nella categoria canarini Arricciati di posizione, dunque anche per lui è prevista la gabbia a cupola tipo York, con un posatoio in alto al centro e un secondo che viene posto in basso alla quinta gretola; il diametro ottimale è di 10 millimetri e vista la minutezza della razza è previsto l’anellino FOI Y (unica razza - di arricciati,
NdR - a portare tale misura di anello). Sono molto fiducioso sul probabile riconoscimento della nuova razza, anche perché una razza, per essere definita tale, si deve differenziare da un’altra per due caratteristiche e credo che il TorZuino abbia tutte le carte in regola per essere considerato una razza a sé stante. Non mi resta che fare i complimenti agli ideatori della razza e mi auguro che ben presto essa venga riconosciuta come merita. Concludo riportando lo standard ideale del TORZUINO: Taglia Lunghezza non superiore a 13 centimetri - Punti 15 Portamento Molto eretto con il tronco in linea all’asse delle spalle, il profilo del corpo leggermente curvato per effetto del collo che si estende e si curva in avanti e verso l’alto, mantenendo così l’assoluta assenza di angolatura tra collo e spalle - Punti 15 Testa e Collo Testa ciuffata: simmetrica, compatta, che lascia intravedere l’occhio, leggermente a forma di ferro di cavallo. Sulla nuca le piume del ciuffo si fondono armonicamente con le piume del collo. Il collo lungo e sottile prosegue la linea del corpo. Testa liscia: piccola e serpentina, lievemente piatta, non spigolosa, con sopracciglia visibili, becco proporzionato alla testa. - Punti 15
Piumaggio Serico, leggermente meno abbondante rispetto a quello del Fiorino, addome liscio - Punti 10 Jabot Due arricciature che dai lati del collo convergono verso il centro formando un piccolo vuoto superiore che ricorda un piccolo cestino, assenza di zone nude - Punti 10 Arti inferiori Zampe lunghe tenute parallele e leggermente flesse, cosce visibili coperte da filopiume - Punti 10 Spalline Proporzionate al corpo, simmetriche, ben ripartite, estese su tutto il dorso Punti 5 Fianchi Leggermente folti, sostenuti, simmetrici, ricurvi verso l’alto, quasi a fasciare le ali e a raggiungere le arricciature delle spalline - Punti 5 Ali Lunghe, ben aderenti al corpo, combaciano per tutta la lunghezza del dorso sino a poco oltre la radice della coda Punti 5 Coda Stretta, unita, proporzionata al corpo, leggermente biforcuta e portata perpendicolarmente rispetto al posatoio Punti 5 Condizioni generali Pulito, in ottime condizioni, dimostrando salute e vivacità - Punti 5
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CRONACA
Uccellini in cattedra testo e foto di MAURO CANDIOLI
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roprio così: gli uccellini sono saliti in cattedra! Alla scuola Primaria “Federico Guella” di Lizzana di Rovereto in provincia di Trento, dove io insegno, i nostri amici pennuti sono stati i protagonisti assoluti di alcune lezioni in ambito scientifico. In seguito alla richiesta di alcune mie colleghe di condurre una lezione sugli uccelli agli alunni delle classi terze sezioni A e B ed agli alunni delle classi quarte sezioni A e B, mi sono messo alla ricerca di materiali al fine di rendere le lezioni il più significative possibili. Appena il tempo di realizzare il tutto che a marzo ho attivato le lezioni avvalendomi principalmente di due power point animati da me realizzati.
Le animazioni ed i video di mia produzione hanno suscitato molto interesse e curiosità, tant’è che non sono mancati interventi e domande estremamente pertinenti Nel primo ho spiegato la particolare struttura corporea ed alcune peculiarità che contraddistinguono gli uccelli in generale. Nel secondo, invece, ho cercato di illustrare lo straordinario momento della riproduzione e quindi della nascita dei piccoli nidiacei sia in natura che negli ambienti controllati da noi allevatori.
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Un forte ringraziamento va alla mia Associazione Ornitologica Trentina, che mi ha sostenuto in questa iniziativa fornendomi le attrezzature per rendere le lezioni più avvincenti e gli adesivi che sono stati distribuiti agli alunni. Ringrazio anche la F.O.I. (la Federazione Ornicoltori Italiani) che ha fornito il libretto: “L’ A B C del Canarino”, anch’esso distribuito ai piccoli appassionati. L’auspicio è di non aver trasmesso mere conoscenze, ma anche di aver suscitato un po’ di passione nei confronti del fantastico mondo degli animali che ci circonda ed in particolare dei nostri amici pennuti. Molti sono stati i disegni pervenutimi raffiguranti i piccoli uccelli, ma anche foto per la richiesta del loro riconoscimento ed addirittura il filmato di due picchi verdi. Queste sono le migliori soddisfazioni! Le animazioni ed i video di mia produzione hanno suscitato molto interesse e curiosità, tant’è che non sono mancati interventi e domande estremamente pertinenti. È stata un’occasione anche per spiegare ed introdurre altri aspetti prettamente legati all’ambiente degli allevatori come l’uso dell’anellino inamovibile, l‘uso dei nidi artificiali ed anche il corretto comportamento da adottare nel caso si trovassero piccoli pulcini malcapitatamente caduti dal nido.
L’auspicio è di non aver trasmesso mere conoscenze, ma anche di aver suscitato un po’ di passione nei confronti del fantastico mondo degli animali che ci circonda ed in particolare dei nostri amici pennuti
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O rniFlash Paese che vai, colore (di uccelli) che trovi
News al volo dal web e non solo
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a vita ai tropici è coloratissima e gli scienziati hanno cercato di mettere in relazione in maniera sistematica la colorazione delle specie animali con la loro posizione geografica. Ma finora mancava un’analisi scientifica e completa sul tema, come ha fatto invece il team di Christopher R. Cooney della University of Sheffield fotografando più di 4500 specie di uccelli, sia maschi che femmine, conservate al Natural History Museum a Tring, nel Regno Unito. Nel lavoro appena pubblicato su Nature Ecology & Evolution, Cooney e colleghi ricostruiscono una vera e propria mappa geografica della colorazione del piumaggio degli uccelli passeriformi, quantificandone in maniera accurata la variazione in funzione della latitudine. E confermando che sì, ai tropici esplode il colore, che si perde invece allontanandosi. L’effetto è più evidente negli esemplari di femmine che nei maschi. La massa corporea, invece, ha un effetto negativo sulla colorazione in entrambi i sessi indipendentemente dalla latitudine, con gli uccelli più grandi che sono meno colorati degli uccelli più piccoli. Ci sono diverse ipotesi a sostegno di questo risultato: il minor numero relativo di piume e i minori livelli di carotenoidi negli uccelli più grandi oppure la necessità per gli uccelli più piccoli, che abitano zone più popolate, di vedersi e riconoscersi facilmente. Gli scienziati hanno avanzato diverse ipotesi per spiegare l’esplosione dei colori ai tropici. Potrebbero essere dovuti per esempio all’azione diretta del calore, delle precipitazioni e della luce del sole o magari l’evoluzione di piumaggi colorati potrebbe essere un effetto del tipo diverso di alimentazione. Anche la selezione naturale potrebbe aver svolto il suo ruolo: in ambienti scuri, chiusi e densamente popolati, come le foreste tropicali, una colorazione più intensa favorisce il riconoscimento tra individui appartenente alla stessa specie, anche allo scopo dell’accoppiamento sessuale. Fonte: https://www.galileonet.it/colore-uccelli-tropici/ - Foto: Alexander Schimmeck on Unsplash
Una sula piedirossi in volo dai tropici a Ischia
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a oggi alla lista degli uccelli italiani bisogna aggiungere una specie in più: la sula piedirossi, un rarissimo uccello marino diffuso soprattutto nelle regioni tropicali. Si tratta della prima osservazione per l’Italia ed è stata effettuata a Ischia, a Punta Imperatore, grazie al monitoraggio ornitologico condotto lungo le coste dall’isola dall’associazione ARDEA e dall’Area Marina Protetta Regno di Nettuno. Questa specie tropicale non era mai stata osservata prima nel nostro Paese ed è estremamente rara anche nel resto d’Europa. Si tratta infatti solamente della tredicesima osservazione per tutto il continente europeo: otto segnalazioni per la Spagna (Canarie incluse), una per il Portogallo, due per la Francia e una per il Regno Unito. Un vero e proprio colpaccio per il mondo ornitologico nazionale. Il merito di questa osservazione eccezionale va all’ornitologo Marcello Giannotti, seguito durante l’ultima perlustrazione dalla biologa marina Laura Tamburello e dal fotografo naturalista Michelangelo Ambrosini dell’associazione ARDEA. Lungo i 36 km di costa dell’isola d’Ischia sono stati scortati da Davide Zeccolella, naturalista esperto dell’Area Marina Protetta, con cui sono riusciti a osservare e censire oltre 70 gabbiani corsi, specie particolarmente protetta e tipica del Mediterraneo, alcuni dei quali presentavano anelli identificativi con codici che hanno permesso agli esperti di individuare la provenienza. Ma la vera star della giornata è stata ovviamente la sula piedirossi o zamperosse (Sula sula), una specie pantropicale estremamente rara alle nostre latitudini. L’individuo avvistato a Ischia, inoltre, è quello che gli ornitologici chiamano a morfismo bianco. Un’altra caratteristica interessante di questa specie è infatti la variabilità cromatica del piumaggio. Gli adulti nelle varie popolazioni possiedono diversi morfismi, appunto, piumaggi di colore differente pur appartenendo alla medesima specie. Ci sono quelli completamente bianchi, quelli bruni e altri con caratteristiche intermedie. Ciò che però non cambia mai sono le zampe palmate, rosse corallo in tutte le tipologie di piumaggio. Fonte: https://www.kodami.it/una-sula-piedirossi-in-volo-dai-tropici-a-ischia-e-la-prima-mai-avvistata-in-italia/
O rniFlash Gli uccelli riconoscono i semi trattati con pesticidi e scelgono di non mangiarli e tortore orecchiute sono in grado di riconoscere la presenza di pesticidi chimici sui semi di sorgo, ma questo non impedisce loro di intossicarsi - con conseguenze spesso letali. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Instituto de Investigación en Recursos Cinegéticos su alcuni esemplari di tortora orecchiuta (Zenaida auriculata), un uccello molto diffuso nell’America meridionale. I ricercatori hanno analizzato, in particolare, gli effetti di repellenza, anoressia e avversione provocati dalla presenza di sostanze neonicotinoidi (una classe di insetticidi neuroattivi chimicamente simili alla nicotina, utilizzati in agricoltura a partire dagli anni ’80 del secolo scorso che sarebbero tra i principali indiziati per la moria delle api): infatti, sia l’ingestione di semi che delle prime foglie carnose che spuntano da essi rappresentano fonte di grave intossicazione per gli uccelli. I risultati non lasciano spazio al dubbio: la presenza dei tre pesticidi sui semi di sorgo ha prodotto una riduzione del consumo di questi nella quasi totalità dei casi (97%), per effetto di repellenza primaria o secondaria. Purtroppo però, i vantaggi della repellenza secondaria e l’interruzione del consumo di semi contaminati non sono stati sufficienti a evitare la morte di molti uccelli (38% intossicati da imidacloprid e 13% da clothianidin). Infatti, anche se gli uccelli possono sviluppare un’avversione per i semi trattati con pesticidi chimici dopo averli ingeriti una prima volta, sono sufficienti quantità minime di veleno per provocare anoressia, disturbi neurologici e morte nei volatili. Fonte: https://www.greenme.it/ambiente/natura/uccelli-semi-trattati-con-pesticidi-chimici/ Foto da A.I.C. (Associazione Italiana Columbiformes)
Voli liberi degli uccelli, sempre più difficili
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n nuovo studio internazionale realizzato dall’università inglese della East Anglia (UEA) evidenzia ancora una volta i pesanti impatti che turbine eoliche ed elettrodotti hanno nei confronti degli uccelli migratori. La ricerca, pubblicata di recente sul Journal of Applied Ecology, ha coinvolto un team di 51 ricercatori di 15 Paesi e varie organizzazioni come il British Trust for Ornithology (BTO) e il RSPB nel Regno Unito. Essa si è basata sulle analisi dei tracciati di animali marcati con trasmettitori GPS ad alta precisione, che riguardavano 1.454 uccelli di 27 specie, per lo più grandi volatori come le cicogne bianche, la spatola eurasiatica, il cigno selvatico o grandi rapaci come l’aquila imperiale iberica e il gufo reale europeo. Tutte specie che utilizzano spesso anche le tecniche del volo veleggiato, ma che soprattutto si muovono ad altezze in cui possono rischiare le collisioni con le pericolose infrastrutture umane. Dall’indagine sono emerse innanzitutto quali sono le altezze più pericolose per gli animali in volo, ovvero le fasce di 10-60 metri dal suolo per le linee elettriche e 15-135 metri per le turbine eoliche. Dai rilievi satellitari sono stati poi redatte varie mappe di vulnerabilità che hanno evidenziato i punti più pericolosi per le collisioni, posti per lo più lungo frequentate vie di migrazione, quali ad esempio linee di costa e valichi e crinali collinari e montani, o nei pressi di siti riproduttivi, soprattutto di specie coloniali (per esempio, i grifoni). La ricerca si conclude con una sollecitazione da parte degli autori e progettare la futura localizzazione di elettrodotti e campi eolici tenendo anche conto degli impatti ambientali non solo di tipo paesaggistico ma anche di quelli sugli uccelli, evitando le aree più sensibili e accompagnando l’installazione di nuovi manufatti con l’adozione di misure finalizzate a ridurre questo tipo di impatti. Fonte: https://rivistanatura.com/voli-liberi-degli-uccelli-sempre-piu-difficili/ Foto: Flavio Minto
News al volo dal web e non solo
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DIDATTICA & CULTURA
Il collezionismo ornitologico
Quattordicesima parte
Le ceramiche testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI
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ratteremo in quest’articolo di oggetti da collezione in terracotta, porcellana, maiolica, terraglia, ecc., ovviamente aventi tutti quanti tema ornitologico e legati al mondo dell’ornitofilia. Preliminarmente occorre chiarire che tutti i manufatti realizzati con base argillosa possono sempre essere correttamente chiamati in modo generico con il nome di ceramica (il termine viene dal greco “kéramos” che tradotto in italiano significa argilla). All’interno della macro-categoria ceramica, troviamo poi varie altre categorie, tra le quali le principali sono la
Piccolo vassoietto in ceramica realizzato nel 1978 per celebrare l’Assemblea Generale delle Associazioni F.O.I. a Salerno
Piatti in ceramica: logo della Federazione
1989 Campionato Mondiale di Pordenone
1989 Campionato Nazionale FOCDE
1991 Berna 39° Campionato C.O.M.
2003 Campionato Italiano Piacenza
2007 Portogallo - Campionato dell’Atlantico
2017 Ass.ne Ornitologica Agrigentina
Border fancy
Raggruppamento Ornicoltori Siciliani
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Serie di quattro mattonelle realizzate nel 2010 dall’Associazione Ornitologica Trinacria Onlus di Palermo, per celebrare i cinquant’anni dalla fondazione
porcellana, la terracotta, la maiolica e il gres. Queste definizioni, appartenendo allo stesso tipo di ambito, sono spesso erroneamente confuse, mentre hanno lavorazioni, utilizzi, tradizioni e significati differenti. La più antica è la terracotta, di colore variabile tra il rosso mattone e il giallo ocra, che è un sottoinsieme della ceramica e si distingue, tra tutte le ceramiche, per il tipo di lavorazione abbastanza semplice. I prodotti in terracotta, per la loro resistenza, sono notoriamente adatti all’uso in ambiente esterno, come le tegole, i vasi, i mattoni, le brocche e il vasellame in genere. La porcellana è invece considerata la più nobile e pregiata tra le ceramiche, costituita da un’argilla bianca particolare composta dal caolino, da silice o da sabbie di quarzo ecc. L’arte della porcellana nasce in Cina intorno all’ottavo secolo dopo Cristo e trova il suo massimo splendore con i famosissimi e preziosi vasi Ming. In Europa arriva intorno al 1700 con
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la grande tradizione delle porcellane viennesi e con le porcellane francesi di Sévres. Più o meno nello stesso periodo, in
Antiche tegole siciliane decorate a mano
Mattonelle realizzate nel 2007 per celebrare la 20° Mostra Ornitologica dell’Ass. Ornitologica Perugina
Italia, re Carlo di Borbone fondò, nell’omonima area collinare di Napoli, la “Real Fabbrica di Capodimonte” dando avvio a una delle eccellenze
italiane rappresentata dalle porcellane di Capodimonte, ricercate e conosciute in tutto il mondo. Moltissime sono in Italia le città che vantano importanti tradizioni ceramiste, tanto che intorno agli anni ’90 è stata costituita un’Associazione Nazionale che tutela e promuove la ceramica artigianale e artistica, che raggruppa le cosiddette Città italiane della Ceramica; a quest’Associazione aderiscono numerosi Comuni italiani, di affermata tradizione ceramica, riconosciuti dal Ministero dello Sviluppo Economico. In Sicilia, solo per rimanere nel territorio che mi è più familiare, vi aderiscono i Comuni di Burgio (AG), Caltagirone (CT), Monreale (PA), Santo Stefano di Camastra (ME) e Sciacca (AG), dove storicamente si è sviluppata una significativa e antica tradizione artigianale di lavorazione della ceramica e della maiolica siciliana. Volendo adesso collegare le ceramiche con il settore dell’ornitofilia amatoriale e sportiva, vi è da dire che fino a pochi anni addietro, quando ancora le Associazioni Ornitologiche potevano permettersi di programmare una premiazione “significativa” comunque avente dei costi rilevanti sul bilancio della manifestazione, e quando le categorie a concorso non erano ancora così (esageratamente) numerose, in alcune esposizioni ornitologiche vi era una premiazione caratterizzata da piccoli oggetti in ceramica.
Gli articoli in ceramica di più semplice realizzazione, quindi dal costo economicamente più abbordabile, sono le mattonelle decorate; da utilizzare come fermacarte o semplicemente da appendere direttamente a parete con un gancetto oppure su basi di legno o su crest (vedi ad esempio la serie di quattro mattonelle realizzate nel 2010 dall’Associazione Ornitologica Trinacria Onlus di Palermo, per celebrare i cinquant’anni dalla fondazione). Altrettanto di facile realizzazione sono i piatti in ceramica, di varie dimensioni e forme, sui quali incidere il nome dell’Associazione Ornitologica, il nome di un evento, di un Campionato o di una specifica esposizione, con luogo e data di riferimento. Particolarmente belle sono le antiche tegole in terracotta, cosiddette a “coppo” (chiamate in lingua siciliana: “canali”); quelle raffigurate nelle foto a corredo di questo articolo sono impreziosite da dipinti, eseguiti a mano,
dalla sig.ra Rossella Fazio (figlia dell’ex Giudice F.O.I. della Specializzazione Canarini di colore, Giovanni Fazio di Marsala TP), e assegnate, intorno alla metà degli anni ’90 nelle mostre effettuate in provincia di Trapani, ai soggetti che conseguivano il titolo di Campione Razza o attribuite come premiazione speciale per i migliori gruppi di quindici soggetti appartenenti alla medesima specializzazione. Altri oggetti in ceramica la cui lavorazione, manifattura e colorazione è certamente più impegnativa sono orologi da tavolo e da parete, piatti e vassoi di grandi dimensioni, porta piante e fioriere, albarelli, portacandele e candelabri, ecc. Insomma, sotto questo profilo vi sarebbe l’imbarazzo della scelta, peccato che occorre fare i conti con le casse delle Associazioni Ornitologiche… ragion per cui difficilmente adesso vi è l’opportunità di imbattersi in premiazioni costituite da oggetti in ceramica.
Serie di piccoli piatti raffiguranti il “Trinacrino” - logo della Mostra Internazionale della Conca d’Oro di Palermo
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CRONACA
Il Cardinalino del Venezuela all’ombra del Vesuvio testo e foto di GIACOMO GANERI
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egli ultimi tempi si è assistito ad un costante e crescente interesse verso questo stupendo Spinus, il cardinalino del Venezuela. Allevo questa specie, Spinus cucullatus, da tantissimi anni e pochi giorni fa ho partecipato, come moderatore, ad un convegno organizzato nel comune napoletano di Somma Vesuviana, sotto l’egida della F.O.I., dal raggruppamento regionale campano, dedicato esclusivamente al cardinalino del Venezuela.
Dopo il rituale saluto del presidente della F.O.I., Avv. Antonio Sposito, che ha ringraziato gli intervenuti, nonché il presidente del raggruppamento campano, dott. Domenico Borrelli, per l’organizzazione impeccabile del convegno, lo stesso ha ricordato, non senza emozione, la propria esperienza personale in merito, quando da giovane allevatore conobbe la specie presso un allevatore ischitano. Il convegno, al quale hanno partecipato allevatori, appassionati ed
esperti provenienti da varie regioni, si prefiggeva di tracciare a grandi linee lo stato dell’arte, mostrare aspetti morfologici e fenotipici del cardinalino del Venezuela, fornire chiarimenti ed indicazioni sulle mutazioni che interessano la specie. Il compito è stato oculatamente affidato dall’organizzazione al dott. Riccardo Rigato, veterinario e stimatissimo giudice internazionale (O.M.J.), che ha tenuto una vera e propria lezione, toccando moltissimi argo-
A sinistra il relatore Riccardo Rigato e a destra il moderatore Giacomo Ganeri
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Da sinistra: Rigato, Ganeri ed il Presidente federale avv. Antonio Sposito
menti, tutti di interesse degli astanti che spesso, con la loro interazione, hanno indirizzato la discussione rendendola attuale e di estremo interesse. Il relatore, oltre ad illustrazioni e citazioni, ha mostrato vari soggetti dal vivo, che aveva portato con sé, mostrando e confrontando, innanzitutto, un cardinalino ancestrale con caratteristiche fenotipiche eccellenti con un altro soggetto, invece, geneticamente meno fortunato. Questo ha consentito ai presenti, soprattutto ai meno esperti, di vedere dal vivo le caratteristiche morfologiche e fenotipiche che caratterizzano la specie. Sono stati poi mostrati diversi ibridi, ottenuti con l’accoppiamento del cardinalino con altre specie e questo ha dato il via all’interessante discussione anche sul colore e sulla colorazione di questo ammaliante Spinus. La discussione è stata sollecitata dall’esibizione di foto che ritraevano cardinalini del Venezuela allo stato selvatico, alcuni dei quali mostravano una livrea di un colore molto lontano dal rosso dei cardinalini allevati in ambiente controllato; si trattava quasi di un arancio intenso più che di un rosso. Ovviamente questi soggetti, per così dire meno colorati, non rappresentano lo standard della razza allo stato selvatico, ma probabilmente una caratteristica legata ad una singola zona di riproduzione, che
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ormai è diventata molto frammentata, e forse la loro colorazione è anche condizionata dal periodo specifico di nascita. Infatti, il meccanismo tecnico-chimico della colorazione del
Un altro momento dell’iniziativa
piumaggio, come sapientemente illustrato dal relatore, utilizza pigmenti rossi che derivano da sostanze che il cardinalino trova negli alimenti in natura, quindi desumo che la zona geografica dove questo si riproduce e vive possa incidere anche sulla reperibilità di determinati alimenti e, di conseguenza, sulla colorazione dei soggetti. Quanto alla colorazione in allevamento, si è osservato che in mancanza di alimenti caratterizzanti il colore è inevitabile ricorrere all’utilizzo di sostanze chimiche coloranti per dare ai soggetti che si allevano la possibilità di raggiungere l’aspetto fenotipico proprio della razza, ovvero quel rosso che ha reso famoso il cardinalino del Venezuela e che ha consentito la trasmigrazione di questo pigmento e relativa colorazione in tutti i canarini a fattore rosso. In realtà queste piume rosse, brillanti ed appariscenti, ne hanno segnato il declino allo stato libero, portando la
specie quasi all’estinzione, atteso che le vezzose donne dell’Ottocento amavano adornare i loro appariscenti (ed oggi per fortuna museali e desueti) cappelli proprio con le piume del povero cardinalino. Allo stato attuale, tuttavia, il cardinalino è ancora oggetto di bracconaggio; questa volta lo sterminio non è dovuto alla vanità delle donne ma alla stupidità ed alla venalità di alcuni uomini. Tornando all’argomento della colorazione nell’allevamento del cardinalino, il dott. Rigato, anche in qualità di giudice e valutatore di grande esperienza, consigliava di utilizzare i prodotti chimici con parsimonia e non dalla nascita dei pulli: questo per ragioni fisiologiche, per non incidere sulla vitalità e salute dei nidiacei, ma anche fenotipiche, al fine di evitare improprie colorazioni, ad esempio delle bande alari che, almeno per i soggetti di un anno di vita, ne vedono compromessa la valutazione ottimale in occasione delle mostre ornitologiche. Io personalmente ritengo, sulla base della mia esperienza di allevatore, che la colorazione, soprattutto nei soggetti ancestrali, debba essere affidata alla combinazione di betacarotene, da somministrare preferibilmente in maniera naturale (carote, zucchine etc.), con moderato utilizzo di coloranti chimici, da aggiungere nel pastone fino ad ultimazione della muta. Insomma, questo convegno è stata una felice e sentita occasione per parlare del cardinalino del Venezuela e si è concluso con l’auspicio di ideare e proporre nuove iniziative sull’argomento, per confrontare più esperienze e “saperi” su questo affascinante uccellino. Trovandoci alle falde del Vesuvio, l’incontro si è concluso in un clima conviviale, degustando caffè e babà (ma, trovandoci in area partenopea, si legge “babbà”) di commiato.
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R ecensioni I Caicchi Storia naturale, biologia e allevamento del genere Pionites Autore: Simone Durigon Pagine: 240 Casa editrice: Splen edizioni Prezzo: € 30,00 di ALVISE VENEZIAN
Novità editoriali
L
ascia finalmente le rotative il volume: ”I Caicchi - Storia naturale, biologia e allevamento del genere Pionites” di Simone Durigon. Opera grandemente meritevole di lode e di attenzione, per certo non comune nel non particolarmente dovizioso numero di pubblicazioni aventi ad oggetto i pappagalli e gli uccelli edite in lingua italiana. Per decenni il massimo che ci potesse attendere da buona parte della letteratura amatoriale si compendiava in scarne descrizioni del fenotipo degli animali con triti consigli per la loro gestione (riecheggianti identici di libro in libro). Il libro sui Caicchi sta agli antipodi da questi precedenti: il genere Pionites viene pertrattato con un approfondimento figlio di una genuina passione e trasporto per questi animali, attraverso la disamina di tutta la letteratura scientifica e aviculturale internazionale e, non ultimo, grazie al cumulo nozionale pazientemente costruito con decenni di osservazioni di prima mano. Durigon ha scritto in passato anche per questa rivista articoli che spiccano assolutamente per chiarezza e grado di approfondimento: i Brotogeris (I.O. 2013), il Poicephalus cryptoxanthus ed Il pappagallo dal ventre arancio. È oggi un allevatore ben noto anche all’estero: nel 2021 la rivista ceca “Papoušci” gli ha dedicato un’ampia intervista sulla gestione del suo allevamento. Può definirsi un allevatore di nuova generazione, di quelli che danno lustro alla Federazione: mette al primo posto la conservazione delle specie e l’attenzione primaria alle esigenze degli animali. Tutto ciò trasuda chiaramente
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da ogni pagina del volume. A p. 109 si legge: “Personalmente non sono affatto incline ad una gestione “da reddito” degli animali ornamentali, in quanto credo fermamente nel rispetto delle loro esigenze, cicli biologici e comportamenti, cercando di mantenere al massimo il livello di benessere dei singoli esemplari […]”. Emblematiche anche le osservazioni sull’allevamento artificiale: “Un allevamento che ricorre solo ed esclusivamente agli strumenti artificiali, lo fa per il solo scopo di massimizzare il profitto e va considerato a tutti gli effetti un allevamento di carattere commerciale a conduzione intensiva. Si possono aprire enormi dibattiti su questo tema, ma a parer mio, una gestione del genere non contempla il benessere animale, per cui mi limito a sconsigliare di procedere in tal senso”. Ben detto Durigon: fortiter in re, suaviter in modo. Il libro si divide in tre ampie parti (il professor Massa, nella prefazione, scrive: “La prima sorpresa, per un libro dedicato a un tale gruppetto di specie […] è stata per me l’ampiezza della trattazione: 240 pagine nelle quali si ritrova veramente tutto ciò che si può sperare di leg-
gere sull’argomento”), la Storia naturale, le Specie e l’Allevamento. La parte sulla Storia Naturale affronta la collocazione degli Psittaciformes nella classe degli Aves, nonché le questioni legate alla sistematica e alla tassonomia del genere Pionites. Naturalmente la narrazione è ricca di rimandi e dettagli, ardui da compendiare, ed ogni affermazione viene ampiamente documentata; lo stile scorrevole, a tratti colloquiale, rende la lettura piacevole per tutti gli argomenti affrontati nel volume. Nel capitolo Biogeografia, corredato da notevolissime immagini, raccolte negli anni dal Durigon anche grazie ai suoi contatti con corrispondenti transatlantici, viene passata in rassegna la distribuzione dell’intero Genus nel Sudamerica, con particolare attenzione alle aree liminari ed alle sovrapposizioni tra popolazioni. Si passa alla Biogeografia ed al capitolo sulla Conservazione. Qui vengono elaborati i dati sulle esportazioni forniti alla CITES e derivanti da plurime ricerche nei paesi di origine dei caicchi, con interessanti grafici ed ancor più interessanti fotografie che giungono dall’allevamento di Nelson Kawall. Il capitolo sulla storia, che principia con l’arrivo del primo caicco in un pub di Londra sino alla descrizione della specie xanthurus, è affidata alla penna dell’avvocato Francesco Saverio Dalba. La seconda parte esamina partitamente le singole specie. Anche quando Durigon si sofferma sulle caratteristiche fenotipiche degli animali, non mancano le curiosità apprese in grazia della pluriennale attività di allevamento delle specie. In questa parte, i capitoli più interessanti sono sicuramente quelli intitolati “biologia ed etologia”, dove, specie per specie, vengono descritte le abitudini in natura. È proprio su queste nozioni che Durigon ha informato il suo allevamento. Ed è all’allevamento che viene riservata la parte più ampia del volume. Anche chi non alleva i caicchi trae utilissime nozioni dai vari capitoli: aspetti preliminari, alimentazione, riproduzione ed allevamento artificiale. L’autore affronta tutte le questioni che concernono l’allevamento di questa specie, sino al suo coronamento, dato dalla riproduzione ad ogni primavera, raccontando le particolari accortezze che ha sviluppato nella gestione delle cove.
Anche questa parte è arricchita dalle splendide immagini dei caicchi (quasi tutti nati da Durigon) e delle sue voliere. Un capitolo viene dedicato all’allevamento artificiale, utilizzato dall’autore solo nei casi di necessità. Anche qui gli accorgimenti tecnici ed i dettagli esperienziali vengono abbondantemente profusi. Fortunatamente i caicchi non sono stati ancora “corrotti” dalle mutazioni e bene dice Durigon a p. 226: “Senza seri programmi di tutela del patrimonio ancestrale, le mutazioni resteranno sempre una pericolosa mina vagante, certamente attraente dal punto di vista estetico, ma assolutamente deleteria per la conservazione genetica naturale”; con la descrizione delle poche mutazioni del genere Pionites, si chiude il volume. Un particolare encomio va fatto alla casa editrice Splen Edizioni, di Palermo, la quale ha inaugurato la collana Orme, che ora, oltre al volume di Durigon, conta anche la edizione italiana di Pyrrhura della R. Low, dando alle stampe pubblicazioni delle quali qualsiasi buon allevatore deve avere una copia. Si auspica che l’opera di Durigon venga presto versata in inglese: sui caicchi, oltre a Caiques di R. Low (edito in inglese dall’editore ceco Dona e poi tradotto in tedesco) e ad alcuni approfonditi articoli degli anni ‘70 usciti sull’Avicultural Magazine, vi è ben poco. Un’opera che in nessuna libreria degli amatori ed appassionati di pappagalli può mancare e sicuramente un lustro per l’Italia ornitologica nel mondo. Si vuole credere e sperare che le nuove schiere di persone che si dedicano a questa nobile passione si ispirino ai metodi di Simone Durigon.
Novità editoriali
R ecensioni
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V olontariato Un progetto di divulgazione ornitologica didattica e terapeutica
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Progetti ed eventi
utto è partito da un sorriso! Non immaginiamo quanto possa fare bene un sorriso; se poi è provocato dal canto di un canarino, il risultato è assicurato! Sorriso, Solidarietà, Divulgazione, un connubio fantastico. Mi sono iscritto all’Associazione di Clown Terapia “Vivere a Colori” con l’obiettivo di portare, grazie ai miei piccoli amici canarini, un sorriso a chi per vari motivi ha perso serenità e voglia di essere felice. Il mio desiderio è quello di contagiare più persone possibili con la mia passione, portando gioia e tranquillità grazie alla cura e dedizione per uno o più canarini. Spero tanto di riuscire in questo mio viaggio e chiedo solo a chi ne abbia voglia di unirsi a noi.
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Queste foto che vedete di seguito sono un un excursus della mia esperienza presso il centro diurno “Karol Wojtyla” di Bari. È stata una mattinata piena di emozioni, vedere nei loro occhi tanto entusiasmo mi ha reso strafelice. Sicuramente ci saranno tante altre occasioni del genere, il mio intento è far rientrare i canarini nella Pet Therapy, secondo un progetto preciso e definito che ho già chiaro in mente. Mi piacerebbe che questo progetto venisse preso in considerazione dagli organi competenti e che tra voi lettori ci possa essere qualcuno disposto a darmi una mano d’aiuto. Perché anche un solo canarino, per le sue capacità rassicuranti e rasserenanti, può rallegrare chiunque! Parola di Giuseppe Albergo (giusalbergo@libero.it)
Iniziative
F.O.I.
La F.O.I. a tutela dell’allevamento ornitologico /
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La Federazione Ornicoltori Italiani, al fine di salvaguardare il concetto e le finalità dell’allevamento ornitologico a scopo amatoriale e sportivo, comunica e trasmette di seguito un rendiconto delle attività fin qui intraprese a tutela degli interessi degli iscritti.
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F.O.I. MSTPR@QMRNQULRPU3TORNQUTUOQOUGSTORITONTUGTMKGSJHQUKQNNQUJTMNS ETMKS1CUJ=TUMSFHRMLRERUHOSJRITONTUPRU9HTKNSQOTU48 -3B 8OUTKSNQURPUNRFPSQULTFPSUTITOLRITONSU.PRUARPJSLSRU=RUMSFHRMLRNQ SPU7; ULTFPSUTITOLRITONSUGMQGQKNS1CU9HTPPQULTPPRU+ 8UOQOU0 KNRNQULSKJHKKQB HSUPRUMTPRDSQOTULSURJJQIGRFORITONQUMTLRNNRULRPPRU+TLTMR> DSQOTUTCULSUKTFHSNQCUSPUNTKNQULTPP?TITOLRITONQUJQITUMSTPR@QMRNQ LRPUKTMESDSQULTPU3TORNQ# :B U/RUISKHMRUGMQGQKNRUJQIGQMNRUHOUSOJMTITONQULTPPTUTONMRNT TLUHORUMSLHDSQOTULSUKGTKRB +/ C'<8;B6B<=>C:B??BCB<=;@=B/ /RUGMQGQKNRUISKHMRUGMTETLTUSPUETMKRITONQULTPPRUKQIIRULS 5;C;;>UTHMQURUAREQMTULTPU SOSKNTMQULTPP?%I@STONTULRUGRMNTULS 9HRPHO9HTUGTMKQORURPPQM9HROLQUSONTOLRUREERPTMKSULTPUKSKNTIR LSU SLTONSASJRDSQOTU SOU TKKRU LTPSOTRNQBU 8PU OHITMQU LTSU KQFFTNNS J=TURPPTEROQUQULTNTOFQOQU3BOH SOKTMSNSUOTPPTURGGTOLSJSU48 -3 KSURFFSMRUOTPP?QMLSOTULTPPTULTJSOTULSUISFPSRSRB /?8NRPSRU0USPUGRTKTUTHMQGTQUJQOUPRUGS URIGSRUGQGQPRDSQOTULS HJJTPPSU LQITKNSJSU TLU SPU OHITMQU LSU KQFFTNNSU J=TU SONMRGMTOLT 9HTKNRURNNSESN6U0USOURHITONQB 8PUGRKKRFFSQURPUMTFSITUSLTONSASJRNSEQURUITDDQULSUROTPPQURGGRMT TKKTMTU9HRKSUKJQONRNQUGTMUFPSURPPTERNQMSURIRNQMSRPS#URUAMQONTULS HOUITMJRNQUPSISNRNQURPUNTMMSNQMSQULTPP? -CUKTODRUSIGQMNRDSQOS LRU3NRNSUNTMDSUTUKQGMRNNHNNQUKTODRUGMTPSTESUSOUORNHMRCUSPUKSKNTIR LSUMTFSKNMRDSQOTURUITDDQULSUMTFSKNMQUJRMNRJTQCURP9HRONQUIRJ> J=SOQKQUTUJQIGQMNRONTUSPUARJSPTUMSKJ=SQULSUJRLTMTUSOUTMMQMSUIT> MRITONTUAQMIRPSULSUJQIGSPRDSQOTCUKSKNTIRUSLTRNQURPUNTIGQUSO JHSUESUTMRUHOUJQKNRONTUAPHKKQULSUSIGQMNRDSQOSUTKNTMTB 3SUKNSIRUGTMNRONQUJ=TUPRUIQLSASJRDSQOTUSIGQMNSUHOUJQOKSKNTONT SONMQSNQUGTMUPTUJRKKTULTPPQU3NRNQB 2B U*SLHDSQOTULTPPTUKGTKTB 8PU SOSKNTMQULTPP?%I@STONTUGMQLHJTUTULSKNMS@HSKJTUHORUJQGSQKR 9HRONSN6ULSUMTFSKNMSUJRMNRJTSCUIQLTPPQU- CUGMTESKNSUTUMTFQPRNSURN> NHRPITONTULRPU TJMTNQU8ONTMISOSKNTMSRPTU&UFTOORSQU<;;<CUMTJRONT %HJPJDAPMKOQGOLQIO@PHJIMQGPQGOJOKAPMKOQGOLLOQHCOFPOQNKPENLPQOQBO@OJNLPC GH@@PSJRNQUSOU B BU:&UFTOORSQU<;;<CUOBU:5CURNNSURUMTFSKNMRMTU9HRP> KSEQFPSRUKGQKNRITONQCURLUTJJTDSQOTULTPPTULQORDSQOSCUROJ=TULS HJJTPPSUESESUORNSUSOUJRNNSESN6USOJPHKSUOTPPRUJQOETODSQOTU48 -3B (B U/RUNTOHNRULTPUMTFSKNMQU0USOARNNSUMSJ=STKNRUROJ=TUGTMUTKTIGPRMS ESESULSUKGTJSTUROSIRPSUSOJPHKTUOTPP?RPPTFRNQU ULTPU*TFQPRITONQ .4-1U22&)7,ULTPU4QOKSFPSQULTPU7ULSJTI@MTU:77'UTUBCUJQITULTASOSNS LRPP?RMNBU&>HO(POHQLTPPRU/BU,UAT@@MRSQU:77<CUOBU:5;CU9HROL?ROJ=T ORNSUSOUJRNNSESN6USOU8NRPSRUTUAQKK?ROJ=TUGTMUHOUKSOFQPQUKGQKNR> ITONQURUNSNQPQULSUITMRUGTMIHNRB 5B U%UGRMNSMTULRPP?ROOQU<;;5UP? OSQOTU-HMQGTRU=RUESTNRNQUP?SI> GQMNRDSQOTULSUHJJTPPSUKTPERNSJSU.KSUETLROQUPTULTJSKSQOSULTPPRU4QI> ISKKSQOTUOBU<;;5),57CU<;;5),';UTU<;;')5<<1ULRUGRTKSUNTMDSB
Iniziative
F.O.I.
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NUMERO 4 - 2022 57
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Nel buon solco dell’ornitologia di F RANCESCO DI G IORGIO
Lettere in Redazione
P
er quanto riguarda la familiarità con gli uccelli nella natura selvatica, cioè la loro osservazione ed una conoscenza più dettagliata (birdwatching), siamo molto indietro rispetto alle altre Nazioni. Le indagini di tipo quantitativo disponibili sui comportamenti ornitofili di adulti e giovani delineano il seguente quadro. Per quanto concerne le abitudini di questi ultimi, i dati indicano che l’ornicoltura è un’attività poco praticata, mentre i dati relativi ai comportamenti degli adulti mostrano una situazione migliore: questi, infatti, vi pongono un impegno più assiduo e l’acquisto di libri e riviste a loro dedicati è in aumento. Si assiste, però, ad una crescita costante dell’offerta formativa, ampia e diversificata, rivolta soprattutto ai giovani. Le cause della disaffezione per l’ornitologia vengono individuate nella spietata concorrenza della televisione e dei nuovi mezzi multimediali in cui l’immagine appare il codice privilegiato della comunicazione, strumenti cui sempre più si demanda il compito di nutrire e popolare il mondo fantastico dei giovani. Alla scuola vengono attribuite responsabilità. Bisogna sottolineare che in età scolare i bambini appaiono molto sensibili al fascino degli uccelli (e di altri animali); lo sono sempre meno con il trascorrere degli anni, quando socializzano con i coetanei attraverso personaggi mutuati principalmente dal panorama televisivo, che appare prontamente fruibile e più interessante grazie al continuo incalzare di avvenimenti ed immagini.
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La F.O.I., interessata ad un ampio disegno riformatore, ha visto ampliate le proprie responsabilità in ordine alla ricerca di neofiti ed è chiamata ad impegnarsi per attivare quei processi che consentano loro di avvicinarsi al mondo alato in modo consapevole, critico e creativo. Deve porre l’attenzione in modo particolare sull’incentivazione della motivazione ad allevare, sull’interesse per l’allevamento, interesse che è possibile alimentare senza forzature, perché è un’esigenza anche giovanile quella di stare a contatto con i volatili. L’idea di fondo che ispira l’elevazione di questo progetto è che sia necessario superare la concezione come dovere legato all’ambito specifico dell’educazione ornitofila/ornicolturale, recuperare la sua valenza affettiva-relazionale e lo scopo fondamentale è quello di creare le migliori condizioni in grado di assicurare alle giovani leve la scoperta e l’acquisizione di un rapporto costante con l’avifauna, sorretto da un’autentica spinta motivazionale. Presso i nostri giovani il variegato mondo delle specie aviarie trova un riscontro molto parziale – come s’è detto – e molto spesso le uniche occasioni per gli studenti di avvicinarle e di osservarle sono quelle che offre la scuola in occasione delle mostre ornitologiche. Per portare proseliti nel nostro sport bisogna partire “dal basso”, dai bambini, radici della società; devono impegnarsi la scuola, gli insegnanti, i mass-media, la F.O.I. e quant’altri affinché aumenti nel nostro Paese la cultura naturalistica e in favore degli animali. Perché ciò avvenga è necessario che educatori, genitori, insegnanti riscoprano essi stessi il gusto dei tesori della natura, recuperino la sua valenza affettiva – relazionale favorendo, inoltre, la scoperta dell’ornicoltura come veicolo di interculturalità e, all’occorrenza, come salvaguardia delle specie in pericolo di estinzione. Se così fosse, saremmo ornitofili nel senso pieno della parola, saremmo vieppiù apprezzati e le “nostre file” si accrescerebbero a dismisura, così come i risultati a livello selettivo e competitivo. L’importante è però che gli uccelli non vengano mai considerati privi di sensibilità e capacità di soffrire, ma siano trattati secondo le loro esigenze e rispettati com’è diritto di ogni essere vivente.
Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 18 e 19 febbraio 2022 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Assemblea Generale delle Associazioni; Il CDF indice l’Assemblea Generale Ordinaria delle Associazioni federate per il giorno 23-24 aprile 2022, alle ore 9,00 e seguenti, in Chianciano Terme (SI) alla Piazza Martiri Perugini, Parco Acquasanta. Di tale indizione verrà data comunicazione nel termine di 60 giorni prima della data fissata. - Indizione Assemblea Nazionale Giudici; Il Presidente dell’Ordine dei Giudici comunica che l’Assemblea Nazionale Giudici sarà convocata per il giorno 23 aprile 2022, alle ore 14,00 e seguenti, nella medesima sede nella quale verrà convocata l’Assemblea Generale delle Associazioni. Il CDF approva. - Esame ed approvazione del bilancio consuntivo 2021; Il CDF esamina le risultanze finali del bilancio consuntivo 2021, analizzando le singole voci e procedendo alla comparazione delle stesse rispetto alle previsioni di bilancio. Dalla disamina si evince che si sono registrate maggiori entrate alle voci contributi individuali, anelli, pubblicità I.O. e cessione pubblicazioni, l’incremento di quest’ultima voce dovuta alla politica di scontistica adottata dal CDF sul prezzo di copertina. Anche nei costi si è registrata una sostanziale riduzione soprattutto alle voci assistenza software, trasferte, servizio giurie mostre (conseguente all’emergenza Covid 19), premiazioni. Il CDF delibera quanto segue: - le gabbie e le attrezzature ornitologiche vengono ammortizzate con aliquota del 10%, valutando le condizioni del parco gabbie. Gli acquisti effettuati nel 2021 vengono ammortizzati con aliquota 5%, ad eccezione delle volierette che vengono completamente ammortizzate nell’anno avendo un costo di acquisto inferiore a euro 516,00; - viene utilizzato il fondo accantonamento assemblea giudici solo per la parte eccedente il costo stanziato a bilancio preventivo; - vengono dismessi 60 tablet rotti anno 2015 e svalutati ulteriormente del 50% i rimanenti assegnati in comodato ai giudici. Il CDF delibera altresì la destinazione del 5 per mille a copertura costi museali. Il CDF approva la stesura definitiva del bilancio consuntivo 2021 che presenta un avanzo di gestione pari ad euro 196.598,51 - Esame ed approvazione del bilancio preventivo 2022; Il CDF delibera l’approvazione del bilancio preventivo 2022 di cui al documento del quale si dispone allegazione al presente verbale, sì che dello stesso costituisca parte integrante e sostanziale - Esame ed approvazione del bilancio Sociale 2021; Il CDF delibera l’approvazione del Bilancio Sociale 2021 che consta delle seguenti sezioni: metodologia, informazioni generali sull’ente, struttura governo e amministrazione, persone che operano per l’ente, obiettivi e attività, situazione economico-finanziaria, altre informazioni, monitoraggio svolto dall’organico di controllo.
- Revoca del riconoscimento del “Club Italiano Padda Oryzivora”: determinazioni; Il CDF delibera la revoca del riconoscimento al Club Italiano Padda Oryzivora a motivo della comunicazione pervenuta presso la segreteria FOI del mancato raggiungimento del numero necessario di soci e del contemporaneo mancato versamento della quota. - Riconoscimento “Arricciato del Nord Club Italiano”: determinazioni; Il CDF, dopo aver udito l’istruttoria del Consigliere Federale delegato Francesco Badalamenti e dopo aver acquisito il parere favorevole del Direttivo dei Club di Specializzazione, delibera il riconoscimento del Club “Arricciato del Nord Club Italiano” con sede in Pescara via Raffaele Paolucci, 4. Copia dell’atto costitutivo viene acquisito agli atti della Federazione in una anche allo Statuto-Regolamento Organico, all’elenco Soci ed alla composizione del Consiglio Direttivo. - Sede Campionato Mondìale 2023: determinazioni; Il CDF esamina quali possibili sedi del prossimo campionato mondiale di ornitologia Arezzo, Napoli e Bari, riservandosi all’esito del completamento dell’istruttoria di assumere definitive determinazioni. - Aggiornamento sul nuovo programma OrniMostreFOI, preventivo presentato dalla Dinamo Web: determinazioni; Il Consigliere Davide Soncini illustra al CDF la struttura ed il funzionamento operativo del nuovo programma mostre il cui progetto è stato commissionato alla DinamoWeb srl. Il CDF, dopo averne vagliato la piena rispondenza alle esigenze esposte alla società progettista e con salvezza di verifica della perfetta funzionalità del prodotto informatico proposto, delibera l’accettazione del preventivo 100036-2013-16_rev. del 17/12 2021, con pagamento del costo pattuito secondo la ripartizione temporale nello stesso scandita e con il saldo all’esito del definitivo collaudo. Si valuterà la possibilità di mettere in esercizio il nuovo programma già a far tempo dalla prossima stagione mostre 2022. In tale ottica verranno calendarizzati durante i mesi di giugno, luglio e settembre incontri a carattere territoriale per l’illustrazione del funzionamento del programma. - Acquisto capannone Centro-Sud; Il CDF prende atto del pervenimento delle lettere aperte inviate dai Raggruppamenti Regionali Emilia Romagna e Lombardia nonché dall’Associazione Ornitologica Salentina e dall’Associazione Ornicoltori Pugliesi Bari, relativamente alle quali si riserva di rispondere nelle sedi istituzionali all’uopo deputate. Osserva che, indipendentemente dai contenuti di merito, la pubblicazione dei predetti documenti direttamente indirizzati alla Federazione su Facebook, oltre a costituire inutile esercizio di affermazione propagandistica, rappresenta profilo di utilizzo non istituzionale di metodo comunicativo e nocumento di immagine della Federazione.
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Attività F.O.I. - Varie ed eventuali. Il CDF delibera la concessione di un contributo al Club del Fiorino per attività divulgative pari ad euro 350,00. Il CDF delibera la concessione di un contributo pari ad euro 500,00 all’Associazione Passione Pappagalli Free Flight per la tenuta del corso volto all’ottenimento dell’attestato abilitativo per lo svolgimento di attività assistite con i pappagalli presso strutture per disabili, anziani, RSA, scuole materne ed elementari, da tenersi in tre sedute teoriche, una sessione pratica e nell’esame conclusivo. Con riferimento al verbale n. 1 del 14 gennaio 2022 dell’ODG, il CDF provvede come di seguito: - per quanto attiene alla delibera n. 1/2022 il CDF ammette a consultazione preventiva della commissione disciplinare il Presidente dell’Ordine dei Giudici ed i Presidenti dei Collegi di Specializzazione O&aP e Colore in occasione dell’esame della posizione degli allievi giudici Andrea Mistretta e Giuseppe Giuffrè; - per quanto attiene all’ultimo alinea della delibera n. 4/2022 il CDF autorizza la deroga richiesta dal Presidente del Collegio O&aP per la sola stagione mostre 2022 consentendo l’esponibilità dei soggetti che quest’anno avevano due e tre anni di vita, senza incremento delle categorie a concorso. La presente deroga è valevole unicamente per la predetta casistica e non saranno concesse ulteriori deroghe in tutte le specializzazioni. Il CDF, su proposta del consigliere delegato Francesco Badalamenti, approva la bozza definitiva del Regolamento Club di Spe-
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cializzazione. La bozza verrà inviata a tutti i Club di Specializzazione riconosciuti nonché al Direttivo dei Club i quali avranno termine fino al 31 marzo 2022 per far pervenire loro eventuali osservazioni. Il CDF delibera di corrispondere al membro effettivo dell’Organo di Controllo Monocratico il compenso annuale forfettario di euro 1.000,00 oltre fiscalità. Allo stesso spetterà altresì il rimborso delle spese sostenute per le trasferte a piè di lista o mediante rimborso di euro 0,35 a km. Per l’inserimento delle mostre nella piattaforma intranet e per le successive attività di verifica e di approvazione, il CDF conferma la seguente calendarizzazione, come già oggetto di comunicato del 9 febbraio 2022: - Fino al 31 marzo 2022 quale termine ultimo di inserimento per le associazioni e per i Club; - Fino al 15 aprile 2022 per i Presidenti di Raggruppamento (verifica di rispondenza delle mostre alla nomenclatura regolamentare ed al rispetto delle relative prescrizioni, approvazione). - Al fine di coadiuvare le associazioni nell’avanzare le richieste di organizzazione di mostre, ancora per quest’anno il CDF delibera di sospendere gli effetti dell’art. 7 del Regolamento Generale Mostre e, pertanto, le associazioni organizzatrici non dovranno corrispondere l’anticipo del 30% sulla richiesta dei Giudici ma provvedere all’intero versamento almeno 7 giorni prima della tenuta della manifestazione.