Italia Ornitologica, numero 12 - 2021

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVII numero 12 2021

Didattica & Cultura

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Ondulati ed altri Psittaciformi

Canarini di Colore

Un pigmento, tanti fenotipi

Il Verdone giallo (2ª parte)

Corpo chiaro Texas

Le schede tecniche dei lipocromici apigmentati



ANNO XLVII NUMERO 12 2021

sommario 3 5

Confronti impegnativi Giovanni Canali

Un pigmento, tanti fenotipi Francesco Faggiano

35 OrniFlash News al volo dal web e non solo 40 Il collezionismo ornitologico (10ª parte) Francesco Badalamenti 43 Breve storia dell’A.F.O. Nicola Giordano 49 L’essenza di pomodoro Pierluigi Mengacci

Attorno ad alcuni uccelli veduti a Castelfidardo

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Francesco Saverio Dalba

Didattica & Cultura

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Ondulati ed altri Psittaciformi

Corpo chiaro Texas Giovanni Fogliati

Il Verdone giallo (2ª parte) Piercarlo Rossi

Le schede tecniche dei lipocromici apigmentati C.T.N. Canarini di Colore

Spazio Club Club del Fiorino

Lipocromico-melaninico: tutte le varietà a fondo bianco Sergio Palma

Specie e Razza (1ª parte) Umberto Zingoni

AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

Canarini di Colore

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61 Lettere in Redazione 63 Attività F.O.I. Verbale Consiglio Direttivo del 24 e 25 settembre 2021 64 Carlo Beni

Roberto Basso e Martina Lando

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 12 - 2021 è stato licenziato per la stampa il 21/12/2021



Editoriale

Confronti impegnativi di G IOVANNI CANALI

A

volte bisogna affrontare situazioni difficili e dibattiti impegnativi. Alcune fattispecie non sono evitabili, poiché attengono a nostri precisi interessi. Alcuni di noi non amano confrontarsi con politici o persone appartenenti a correnti di pensiero ostili all’allevamento amatoriale, per non dire all’allevamento a prescindere. In effetti, negli allevamenti intensivi non si può dire che gli animali possano stare bene. Quindi sarà anche utile sottolineare che i nostri non sono allevamenti intensivi e che le gabbiette da esposizione sono utilizzate per breve tempo. Questo aspetto dell’uso limitatissimo nel tempo delle gabbiette da esposizione sarebbe bene sottolinearlo anche con cartelli nelle mostre. Talora l’amore per gli animali sembra essere eccessivo, arrivando quasi ad una umanizzazione. La grande maggioranza di noi, per non dire tutti, ama la natura e gli animali, tuttavia apprezza l’allevamento degli uccellini. Del resto, apparteniamo ad associazioni di allevatori amatoriali di uccelli e non vi è alcuna contraddizione in questo, come cercherò di spiegare e come ho già cercato di fare più volte. In qualche caso ci sono state critiche pesanti ed anche contestazioni alle nostre mostre, che certo non ci fanno piacere. In questi casi è bene tentare, quando è possibile, anche se difficile, un colloquio. Prima di gettare la spugna ed arrivare ad un muro contro muro (che peraltro non dobbiamo temere) è bene, secondo me, tentare sempre un confronto civile anche quando appare difficilissimo, ma non impossibile. Occorrono certo diplomazia, pazienza e soprattutto competenza, poiché bisogna cimentarsi anche ad alto livello. Gli argomenti non ci mancano, l’importante è conoscerli e saperli presentare con efficacia. Un primo argomento è quello che non abbiamo soggetti di cattura, ma solo nati in ambiente controllato. Certo, in passato le catture ci sono state e non potremo negarlo, ma ora alleviamo i discendenti da molte gene-

razioni, i canarini addirittura da oltre cinque secoli. Dovremo anche prevenire o confutare la possibile contestazione di catture abusive. Intanto non dire che siano impossibili ma sottolineare che sarebbero ben poco utili e comunque rarissime, auspicando anche le più severe sanzioni per eventuali episodi del genere. Mai difendere chi, anche socio, avesse commesso abusi del genere. L’inopportunità di tali catture è spiegabile con il fatto che i ceppi domestici si riproducono facilmente, mentre è ben difficile far riprodurre soggetti di cattura. Non solo, ma i ceppi domestici sono selezionati e migliori per i nostri fini, anche espositivi. Si potrà anche fare cenno alle diverse mutazioni. Soggetti selvatici potrebbero essere accettati solo se vittime di incidenti o di caccia, per cui non più adatti alla vita in libertà. Inoltre, è bene rilevare che i soggetti di cattura hanno comportamenti diversi in gabbia. Posso ricordare un episodio di alcuni anni or sono. Ero direttore mostra e stavo dando una mano per una riffa quando venni avvertito che era venuta la Guardia forestale (allora non erano ancora Carabinieri forestali); mollai tutto e corsi ad accoglierli. Eravamo del tutto in regola, ma essendo come carattere molto apprensivo mi stavo preoccupando a prescindere. Li vidi davanti ad un pannello ove erano esposti dei ciuffolotti; ebbene, un Tenente colonnello spiegava ai suoi dipendenti che l’anello era regolare, ma che la natura di domestici di quei soggetti era evidente anche per le movenze tranquille che avevano nelle gabbiette da esposizione e, se non ricordo male, anche per altri motivi, come alcuni mutati. Mi tranquillizzai, quel signore era evidentemente molto ben preparato. Mentalmente lo classificai fra i “capenti”; io divido l’umanità in due categorie: i “capenti”, cioè quelli che capiscono, ed i “non capenti”, cioè quelli che non capiscono. Avere a che fare con i “capenti” è agevole, specialmente se si hanno buoni argomenti, mentre con i “non capenti” è sempre un problema, a volte insormontabile; talora dicono perfino

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Editoriale “perché no” oppure “perché sì”. Naturalmente in quel caso non ebbi alcun problema, anzi potei apprezzare la preparazione di quell’ufficiale. Auguriamoci, quindi, di avere a che fare sempre con persone capaci e senza pregiudizi. In ogni caso, penso che sia molto utile avere contatti con tutti gli enti pubblici preposti a controlli nel nostro campo. Il loro dovere devono farlo sempre e saper avere una interlocuzione costruttiva ci può aiutare, specialmente in caso di leggi o regolamenti poco chiari. Un argomento importante per giustificare l’allevamento amatoriale è la possibilità di salvare specie a rischio di estinzione in natura. Già la presenza di domestici rende inutile il bracconaggio. Inoltre, esiste la possibilità di reintroduzioni quando si dispone di ceppi geneticamente puri e non troppo modificati dalla selezione. Gli esempi di utilità dell’allevamento a tale scopo sono diversi; io cito sempre uno dei più emblematici, cioè l’oca nene delle isole Hawaii, salvata dall’estinzione grazie ad animali allevati in Inghilterra, ma ve ne sono molti altri. Un contributo dell’allevamento c’è stato con diverse altre specie, anche rapaci, in particolare con il condor della California con l’allevamento e le relative reintroduzioni. Con l’ara di Spix siamo arrivati in ritardo per lo stato libero, ma tuttavia è presente allo stato domestico. Un argomento ulteriore è che gli animali da compagnia svolgono una importante funzione (i cosiddetti pet) nota anche come pet therapy. Se è accettata per cani e gatti, non vi è valido motivo per rifiutarla agli uccelli, anche se meno diffusa. Un altro argomento, sul quale però non sempre è opportuno insistere, poiché da non tutti accettato, è che le razze allevate possono avere una valenza artistica. Nel canarino il canto è paragonabile alla musica, la forma e posizione alla scultura ed il colore alla pittura. Se l’interlocutore contestasse questo aspetto sarebbe bene passare ad altri argomenti. Un argomento di forte valore è che l’allevamento consente studi scientifici non possibili in natura; del resto, già i nidi artificiali consentono osservazioni non possibili con nidi naturali, specialmente se in cavità di alberi. Se ci venissero chiesti esempi, potremmo parlare di studi sull’alimentazione o di genetica (potremmo citare anche studi nostri: geni modificatori e particolarità, come nella mutazione intenso ed altro), nonché di imprinting citando l’oca Martina di Konrad Lorenz; senza oche in domesticità sarebbe stato più problematico. Si potrebbe cominciare la dissertazione, qualora ve ne fosse il tempo, partendo dall’inizio. La domesticazione,

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assieme all’agricoltura, ha inciso moltissimo sulla civiltà umana, anzi direi che senza agricoltura e domesticazione si farebbe fatica ad avere una civiltà progredita, non essendo possibile l’urbanesimo. Una critica che può esserci mossa potrebbe riguardare razze a selezione molto spinta e con caratteristiche poco funzionali. Pensiamo al Gibber italicus, spesso additato come “sgorbio”, ad Agi ed altro. Qui non potremo essere troppo enfatici nella difesa, ma se non altro potremo far notare che non ci sono danni rilevanti poiché non abbiamo, ad esempio, canne nasali corte che rendono difficile la respirazione come in certe razze canine e feline. Inoltre, non ci sono difficoltà di deposizione, mentre in certe razze canine bisogna ricorrere al parto cesareo per bacino troppo stretto rispetto alla testa. Sul Gibber potremo, nel caso, citare l’aspetto stilizzato da alcuni apprezzato e per l’Agi e il parigino l’aspetto quasi floreale. A livello politico, come ho sottolineato in altre sedi, è importantissimo sapersi muovere. Le leggi e i regolamenti devono essere rispettati, anche se errati, per evitare sanzioni: “dura lex sed lex”. Per questo è estremamente utile cercare considerazione presso politici, di qualunque partito, sensibili alle nostre esigenze. Essendo le nostre associazioni, come la FOI, apolitiche e apartitiche, possiamo muoverci a tutto campo. Ricordo sorridendo che molti anni or sono (c’era ancora la prima repubblica) al fine di avere un posto adatto per la nostra mostra, a Parma vennero contattati tutti i partiti presenti in comune... del resto, c’erano soci di tutti gli orientamenti. Quando parlo di politica, ovviamente, intendo a tutto campo, non solo nazionale ma anche locale. Direi addirittura specialmente locale, visto che diverse competenze appartengono alle province (solo teoricamente abolite) ed alle regioni. Ci sono leggi regionali diverse e spetta ai raggruppamenti ed alle associazioni essere bene informati, non soltanto alla FOI. Essere informati e cercare di interloquire, ovviamente. Parlando con i politici si può, anzi direi che si deve, parlare anche dell’indotto costituito dalle imprese che lavorano nel nostro settore, aspetto di non trascurabile rilievo economico ed occupazionale. Tuttavia, parlando con altri interlocutori, questo aspetto va accennato con cautela, poiché ci potremmo sentir rispondere che “non si accettano ricatti occupazionali”; in questo caso è bene non insistere, sottolineando altri argomenti, come quelli trattati sopra, e sarà probabilmente meglio evitare o anche accennare solo di sfuggita all’aspetto artistico.


DIDATTICA & CULTURA

Un pigmento, tanti fenotipi Le diverse forme di livrea eumelanica

Il recettore di membrana, una sorta di interruttore, o meglio, regolatore di flusso, è una proteina che si può legare a determinate molecole stimolanti

testo FRANCESCO FAGGIANO, foto S. GRECO, A. BENAGIANO, E. DEL POZZO, M. GIOFFREDA , S. ANGELINI E D. ZANICHELLI

Introduzione Sappiamo che negli uccelli, la livrea del “tipo selvatico”, ancestrale o nerobruno che dir si voglia, è caratterizzata dalla presenza contemporanea di eumelanina e di feomelanina. Questi due pigmenti prodotti dal melanocita, che è la cellula capace di produrre le melanine, derivano almeno per la prima parte del processo di sintesi dalle stesse molecole,

per poi caratterizzarsi e differenziarsi in eumelanina e melanina fulva detta feo. La produzione di eumelanina o di feomelanina dipende dell’attivazione o meno di un recettore di membrana del melanocita che indica allo stesso quale melanina produrre. Il recettore di membrana, una sorta di interruttore, o meglio, regolatore di flusso, è una proteina che si può legare a determinate mole-

Agapornis personatus Malva (blu doppio fattore scurente), foto: S. Greco

cole stimolanti, ognuna delle quali induce il melanocita a produrre una data melanina… L’alternata stimolazione e inibizione del melanocita, indotta dalle molecole a cui si lega il recettore di membrana MC1R, determina lo strutturarsi della livrea di una data specie. Come detto nel precedente articolo sul feomelanismo, quando il recettore non può essere sollecitato dal suo stimolo

Particolare del dorso di un Nero cobalto mosaico rosso,foto: A. Benagiano

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principale (la melanocortina, che è un ormone tiroideo) il melanocita produce spontaneamente solo o quasi feomelanina. Tale stimolazione è indotta anche fisiologicamente da un gene attivatore della sintesi feomelanica, che nel “tipo selvatico” si attiva in modo intermittente e dà origine a livree nerobrune, ovvero composte da feo ed eumelanina. Vedremo nei paragrafi successivi come questo meccanismo di pigmentazione ad intermittenza, che permette di comporre livree molto variegate, possa essere modificato per mutazione, ma anche per selezione. La letteratura ufficiale in materia di geni responsabili della pigmentazione feomelanica negli uccelli è veramente carente e l’intuizione che esista, come per i mammiferi, il gene Agouti anche nei volatili, responsabile dell’alternata sintesi e dislocazione della feo a scapito della eumelanina viene dalle seguenti considerazioni: 1) Anche negli uccelli a livrea selvatica è generalmente possibile riscontrare

Nero onice bianco, foto: E. del Pozzo

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localizzazioni, stratificate nella singola piuma o a zone somatiche, delle diverse tipologie di pigmento melanico come nei mammiferi. 2) Le stesse mutazioni a carico dei pigmenti melanici sono presenti negli uccelli così come nei mammiferi. 3) Da studi scientifici accertati, molti caratteri fenotipici presenti nei mammiferi sono dati dagli stessi geni negli uccelli. In virtù di queste osservazioni ritengo personalmente possibile sostenere che il gene Agouti dei mammiferi sia lo stesso che regola il deposito feomelanico negli uccelli, pur non avendo io l’autorità per denominare esattamente questo gene; sarebbe auspicabile una ricerca biomolecolare atta ad identificarlo nei volatili. Per questo, nella trattazione seguente cercherò di non dare per scontato che il gene regolatore della sintesi feomelanica negli uccelli sia effettivamente il gene Agouti, pur avendo elementi probatori in merito.

L’eumelanismo di sostituzione: l’inattivazione del gene Agouti La livrea nerobruna, o comunque lo strutturarsi di un piumaggio differentemente colorato da eumelanina e feomelanina, è data dall’attivazione e disattivazione di una serie di geni che convergono nell’attività coordinata di un gene (nei mammiferi indicato come Agouti, termine per noi ornicoltori perfettamente sostituibile con la classica definizione “nerobruno”) regolatore della sintesi delle feo e del recettore MC1R che, stimolato dalla tiroide, attiva la sintesi delle eumelanine. Quando non funziona il gene regolatore della sintesi feomelanica abbiamo i fenotipi eumelanici propriamente detti. In questi casi gli uccelli appaiono di colore grigio e nero perchè pigmentati solo da eumelanina in quantità pressoché paragonabili al tipo base solo qualitativamente modificato ovvero, aumentando il tempo di produzione delle eumelanine, queste hanno più tempo anche per

Nero eumo giallo, foto: E. del Pozzo


ossidarsi, cioè concentrarsi. Normalmente in questi soggetti non è percepibile nemmeno eu-bruna. Un esempio evidente di eumelanismo basato sull’inibizione della feo e sulla sua sostituzione è la mutazione “grigio” presente in diversi estrildidi. Sappiamo, grazie ai test di complementazione genetica eseguiti con la pratica dell’ibridazione, che il Diamante codalunga grigio, il Passero del Giappone nerogrigio e il Diamante mandarino guancianera, pur esprimendo fenotipi non esattamente assimilabili (per diversa distribuzione e saturazione del deposito dell’eumelanina e della feo nel tipo base ogni specie), sono comunque interessati dalla stessa mutazione del gene Agouti che regola la produzione delle feo. Tale conoscenza è acquisita avendo ottenuto in ornicoltura ibridi mutati “grigio” tra le tre specie, tra cui l’ibrido riportato in foto dell’amico Matteo Gioffreda che per primo ha presentato l’ibrido “grigio” tra DM guancianera e il Passero del Giappone Nerogrigio. In

ibrido mutato grigio di Diamante Mandarino guancia nera x Passerro del Giappone grigio, foto: M. Gioffreda

un soggetto omozigote, per questa mutazione (autosomica recessiva) viene a mancare l’attivazione della sintesi feomelanica e l’organismo produce e deposita eumelanina per lo

stesso tempo e soprattutto nella stessa saturazione (quantità) con cui avrebbe depositato la feo, rispettando tutti i blocchi e permessi a lei riservati. Questo passaggio è molto importante

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per comprendere come si strutturino determinati fenotipi ed è palese ad esempio nella guancia del Diamante mandarino che, in presenza di questa mutazione, pigmenta di eu nera la zona con la stessa quantità di pigmento con cui l’avrebbe fatto anche in assenza della mutazione attraverso un meccanismo di sostituzione esatta, indotto dal blocco delle feo. Anche se deduttivamente meno immediato come fenotipo, ritroviamo lo stesso meccanismo sostitutivo nel canarino onice, dove dalle osservazioni al microscopio da me fatte alcuni anni fa si evidenziava l’assenza di feo, ma soprattutto la localizzazione di grossi granuli eumelanici (elemento osservato anche in altre specie) in aree di non pertinenza, come ad esempio nella porzione esterna del vessillo, che a livello macroscopico si struttura come “effetto fuliggine”, ovvero come eumelanina scura diffusa e non addensata, presente nell’interstria del dorso e dei fianchi. È importante evidenziare come attraverso l’azione di un mutante riusciamo a comprendere che esistono anche geni autonomi che regolano non il tipo, cioè la qualità del pigmento, ma la quantità di pigmento da depositare in una data area del piumaggio e che questi agiscono di solito indipendentemente da quale tipo di melanina il soggetto sia capace di produrre… Pur esulando dal discorso dell’eumela-

nismo, potremmo portare come esempio esplicativo di gene regolatore della quantità di melanina depositata la mutazione “pettoarancio” del Diamante mandarino, che interessa un gene regolatore della quantità del pigmento feomelanico e che, mutando, ne diventa un suo amplificatore. Quando a monte di questa regolazione quantitativa abbiamo una mutazione qualitativa che determina la sostituzione della feo con le eu, il gene “amplificatore” comunque mantiene invariata la propria attività di estensione del deposito di pigmento, anche se riferita al nuovo tipo di pigmento dando origine a suggestivi fenotipi. Questo a conferma dell’indipendenza dei due caratteri considerati in termini di qualità e quantità interconnessi tra loro nella realizzazione del fenotipo. Mantelli ipermelanici e melanotici: l’aumento di funzione del recettore mc1r Tecnicamente è corretto definire una livrea o un mantello pigmentato da sola melanina nera (che, ricordiamo, quando poco concentrata si vede grigia…) come “eumelanico”, in virtù della qualità specifica della melanina che lo colora. Gli eumelanici però possono essere dati da differenti mutazioni, che interessano lo stesso gene o addirittura geni distinti che intervengono in modi e momenti differenti del processo di melanizza-

Diamante Mandarino grigio guancianera e grigio guancianera faccianera, S. Angelini

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zione del soggetto. Questo perchè nel processo di pigmentazione melanica del tipo classico (leggi selvatico o ancestrale) sappiamo che partecipano fondamentalmente due coprotagonisti (il gene attivatore della sintesi feomelanica e il recettore MC1R), le cui funzioni sono indipendenti ma interconnesse tra loro. Al malfunzionamento dell’uno corrisponde, conseguentemente, una modifica dell’azione dell’altro e della colorazione per attivazione o disattivazione “anomala” del sistema. Esistono, come ho riportato nel paragrafo precedente, forme eumelaniche date da mutazione del gene che attiva la sintesi della feo che determinano la mancata attivazione della sintesi della feomelanina e la sua fisiologica sostituzione con eumelanina. Sono eumelanismi fisiologici che seguono fedelmente la pigmentazione del selvatico in relazione a disposizione e saturazione (quantità) del pigmento, depositando però solo eumelanina. In genere questi eumelanismi, come abbiamo detto prima, non danno inscurimento della livrea ma solo un viraggio del colore, con tonalità grigie della livrea, preservando eventuali aree di depigmentazione o curiosamente saturando con la stessa intensità aree di pertinenza feomelaniche, come la guancia del Diamante mandarino. Ci sono poi forme di eumelanismo a carico del recettore di membrana MC1R, il quale può perdere la capacità di leggere il messaggio del

Diamante Mandarino grigio charcoal, S. Angelini


gene Agouti e rimanere sensibile al solo ormone tiroideo. In questo caso la livrea dei soggetti vira verso tonalità grigie date dall’esclusiva qualità eumelanica delle melanine depositate e subisce un inscurimento perchè il recettore capta tutta la stimolazione tiroidea e produce più eumelanina. È questo il caso in cui il recettore MC1R può andare incontro a una mutazione che ne aumenta direttamente o indirettamente la funzione, ovvero la capacità melanizzante. L’aumento indiretto di funzione del recettore MC1R è dato dalla defaillance del gene Agouti e il recettore MC1R, pur preservando la propria normale attività, la polarizza solo verso la sintesi eumelanica, determinando una livrea più scura per la tipologia della melanina ma sovrapponibile al disegno classico; è questo presumibilmente il caso del canarino di colore indicato come “monomelanico”. In altri casi abbiamo un aumento diretto di funzione del recettore, ovvero questo funziona più del normale, tanto da determinare livree negli uccelli o mantelli nei mammiferi anche molto più scuri e/o ipermelanici rispetto al tipo classico. Si faccia riferimento a tal proposito al canarino “cobalto”. Questo fenotipo definibile “scuro” è dato da un aumento del pigmento eumelanico depositato, che va ad interessare anche aree di non pertinenza sul tipo base come il ventre del canarino… In altre parole, mentre l’eumelanismo dato da disfunzione del gene Agouti determina una sostituzione equivalente tra feomelanina ed eumelanina descritta nell’onice, le mutazioni del recettore MC1R determinano generalmente un’amplificazione del deposito eumelanico, spesso lasciando invariata anche l’azione di Agouti, come presumibilmente nel cobalto. Un caso di riferimento emblematico lo abbiamo nel D.M., specie in cui ritroviamo sia un eumelanismo di sostituzione quale il “guancianera” che un eumelanismo per aumento di funzione come nel Faccianera, ma soprattutto nell’ “eumo” e nella nuova varietà definita “charcoal”, in cui è evidente una super attività del recettore MC1R. Sono queste le ultime mutazioni definibili, a ragion veduta, come “ipermelanizzanti”, pur essendo espressione della sintesi eumelanica e quindi tecnicamente degli

Nero cobalto bianco, foto: E. del Pozzo

eumelanismi, che lasciano però invariato il meccanismo di sintesi della feo, almeno nel Faccianera, perchè la guancia rimane fulva. Altri esempi di questo tipo di mutazione li troviamo nel Becco d’argento “ventrescuro”, dove le aree normalmente ipomelanizzate come il ventre vengono ad essere saturate totalmente di melanina nera. È questa una mutazione autosomica recessiva che attualmente non trova riscontro in altre specie di piccoli granivori. Tornando al canarino di colore, come accennato, abbiamo il tipo cobalto (autosomico, probabilmente semidominante) descrivibile come un eumelanismo derivato da un probabile aumento dell’eumelanina, però dato da un indiretto aumento di funzione del recettore MC1R, che produce un inscurimento lieve della

livrea e un interessamento delle eumelanina in aree di non pertinenza quali l’interstria e il ventre fino alla cloaca. Va evidenziato come nel caso del canarino cobalto venga a mancare l’effetto fuliggine proprio dell’onice, perchè la mutazione non è collegata ad un’alterazione strutturale dei melanosomi. Notiamo da quanto detto che queste mutazioni che hanno funzione di “espansore del nero”, ovvero ipermelanizzanti, sono autonome rispetto alla sintesi della feomelanina, andando o meno a superare il blocco quantitativo previsto nel tipo base nella definizione del disegno, senza però interferire con le aree pigmentate dalla feo se non in termini qualitativi. Volendo azzardare un’ipotesi sui canarini all-black, in base a quanto detto finora possiamo supporre si sia selezio-

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nato un aumento di attività del recettore MC1R, che in un animale di per sé già quasi incapace di depositare feomelanina, come sono attualmente i neri, porta all’enfatizzazione del deposito delle eumelanine… Eumelanismo limitato: l’inibizione del deposito feomelanico senza sostituzione Nel diamante di Gould esiste una mutazione che impedisce il deposito della feomelanina; in questi soggetti l’unico pigmento presente oltre ai lipocromi è l’eumelanina, depositata in quantità “normali” rispetto al tipo classico. È curioso notare come in questo caso non si inneschino i fenomeni di sostituzione del pigmento mancante, pur evidenziando comunque una similitudine tra la guancia feomelanica del diamante mandarino e il petto del diamante di Gould che in presenza di questa mutazione rimane bianco. Anche nel canarino abbiamo un mutante denominato “eumo” che evidenzia “eumelanismo limitato”, dato da una inibizione totale della feo, accompagnata però da una sostenuta riduzione dell’eumelanina, in particolare della frazione bruna. Pur essendo un eumelanismo, va però evidenziata la probabile estraneità dei due geni, evidentemente non allelici. Tale affermazione la facciamo comunque con cautela, non potendo verificarla attraverso il test di complementazione, ma considerando

che, nel canarino, il fondo è talmente schiarito (privato delle eu) che appare giallastro e non verde, come invece è per il Diamante di Gould, dove la riduzione eumelanica è così contenuta che il dorso rimane verde, migliorando solo la tonalità dello stesso per l’assenza di feo. Inoltre, nel canarino si evidenzia un occhio rossastro evidente, cosa non presente nel Gould. In questi casi il risultato delle modificazioni genetiche si concretizza all’opposto degli eumelanismi finora descritti, ovvero in una perdita di attività melanizzante, che non viene né sostituita né compensata. Per onor di cronaca voglio riportare che negli ultimi anni è comparso un nuovo fenotipo nel Diamante mandarino, indicato come “ guancebianche”, dove le aree interessate da feomelanina nel tipo classico non vengono interessate dal meccanismo di sostituzione dell’eumelanina e rimangono acianiche, come il petto del Diamante di Gould; questo sembrerebbe “normale”, se non fosse che la nuova variante ad un certo punto è parsa essere allelica al guancianera, che è indiscutibilmente un eumelanismo di sostituzione.... Partendo da questa costatazione e basandosi sulla conoscenza dei vari fattori mutanti, alcuni tecnici italiani hanno giustamente addotto l’ipotesi, che pare oggi essere già stata verificata, che tale nuovo fenotipo sia in realtà un’interazione tra il guancianera, il pettonero e il pettobianco.

Diamante codalunga hecki, grigio in primo piano e ancestrale a confronto, D. Zanichelli

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Tale combinazione svilupperebbe questo fenotipo perchè il pettonero, essendo un modificatore del disegno, viene già interpretato a fatica dal gene guancianera, sviluppando maschi con guancia molto retroposta a vantaggio del triangolo facciale bianco che si amplifica. A questa difficoltà espressiva del guancianera sulla base pettonero si somma l’azione inibitoria del pettobianco, che sappiamo essere inibitore dei disegni eumelanici impedendo il deposito di pigmento nero, unico possibile in un guancianera omozigote. Il fattore scurante Tutte le mutazioni finora indicate in questo scritto sono a carico dei colori chimici costituenti la livrea dei volatili; nello specifico, tutte le mutazioni che deviano un fenotipo verso la condizione eumelanica, sia questa selettiva che aumentativa, interessano il deposito delle melanine. Eppure negli psittaciformi è diffusamente presente un carattere mutante che porta ad uno scurimento anche importante della livrea, ma dato da una mutazione della struttura del piumaggio detto fattore scurente. È una mutazione a carico della struttura delle barbule, che accorciandosi concentrano le melanine così che complessivamente, a parità di pigmento, la luce assorbita sia maggiore di quella rifratta che fuoriesce dalla barbula, dando un “aspetto scuro” al soggetto (ricordiamo che il colore nero è dato dall’assorbimento totale della luce da parte della materia). Tale mutazione è per giunta a dominanza incompleta, per cui abbiamo la possibilità di vedere un effetto intermedio negli eterozigoti e un effetto completo del fenomeno di inscurimento negli omozigoti. Si è vociferato molto sull’eventuale presenza del fattore scurente su altri uccelli, ma fino ad oggi nulla è ufficialmente accertato. È importante però sapere che mantelli praticamente neri come quelli di un personatus malva non sono dati da un eumelanismo che aggiunge pigmento, ma dalla concentrazione della melanina che viene addensata in uno spazio ridotto, così che la probabilità che la luce colpisca la melanina e venga assorbita aumenti, fino a essere quasi certa. Nel caso specifico, poi, il colore nero è messo a nudo


dall’assenza delle psittacofulvine, determinata dalla presenza contemporanea della mutazione blu. Infine, nel DM ritroviamo un fenotipo detto “eumax” che evidenzia un inscurimento del colore dato probabilmente da un’aumentata capacità di melanizzazione che però, probabilmente, interviene ad un livello superiore, o meglio precedente all’attività sia del gene Agouti che del recettore MC1R, ma che comunque non manifesta alterazioni strutturali delle barbule e che è attualmente correlato ad uno degli alleli del gene “agata”, alias dorsochiaro. Conclusioni Cercando di fare un’analisi comparativa e di incasellare in modo strutturale i fenotipi identificabili come eumelanici in base alla colorazione dei soggetti, mi sono ritrovato a dover determinare, di contro, situazioni anche completamente differenti tra loro. Questo ha messo in evidenza come la sola qualità del pigmento presente nella livrea dei nostri uccelli non possa essere l’unico elemento da considerare nell’analisi interpretativa di un fenotipo, dovendoci spingere a contemplare contemporaneamente anche parametri come quantità e distribuzione dello stesso. È chiaro che nessuno pensava di raggruppare in un insieme uniforme e scontato un Canarino “eumo”, un DM “guancianera” o un D. codalunga “grigio” ed un D. di Gould pettobianco, ma scoprire una così complessa rete di interazioni geniche alla base dei mantelli eumelanici è stato comunque molto interessante, dandoci inoltre la possibilità di orientarci e motivare in modo sensato le nostre scelte selettive, che devono essere basate in primis sul rispetto dell’identità della specie e poi sulla conoscenza tecnica. Ringrazio per la collaborazione Emanuele Piccinini e Stefano Angelini, grandi esperti di DM, l’amico Michele De Filippo giudice esperto di Canarini melanici, il grande Daniele Zanichelli per le foto dei codalunga e il Presidente dell’ordine Andrea Benagiano, piacevole fonte di spunti e precisazioni, che ha contribuito fattivamente alla stesura del testo.

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ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

FORMA & POSIZIONE PARTIAMO DALLE BASI

Corpo chiaro Texas testo e foto di GIOVANNI FOGLIATI

Maschio Corpo chiaro Texas Azzurro

I

particolari della prima apparizione del Corpo chiaro Texas sono, purtroppo, andati perduti e nulla di attendibile si sa al riguardo. Da alcuni testi si viene a sapere che questa mutazione apparve attorno agli anni ’50 del secolo scorso in un allevamento in colonia nel territorio texano. In quegli anni vennero alla luce tre mutazioni Corpo chiaro: la Easley (autosomica dominante), la Terraneo (autosomica recessiva) e la Texas (sesso legata recessiva). I Corpo chiaro prodotti da Floyd Guelker nel 1958 erano probabilmente di quest’ultimo tipo.

Questa mutazione apparve attorno agli anni ’50 del secolo scorso in un allevamento in colonia nel territorio texano

Jeff Attwood portò la varietà in Gran Bretagna nel 1989 e da lì dilagò in pochi anni nell’intero continente europeo.

Descrizione Nella serie verde il Corpo chiaro Texas presenta un corpo giallo con una soffusione verdastra più o meno marcata man mano che ci si avvicina alla zona ventrale, in particolare sul codrione, che mantiene una buona tonalità. Le barrature alari e le ondulazioni si mantengono ben marcate, mentre le remiganti subiscono una diluizione che va dal Grigio/Nero al Bianco grigiastro. Le timoniere principali presentano una colorazione più leggera se rapportata alla varietà del comune corrispondente. I marchi guanciali non subiscono muta-

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Il discorso cambia se si utilizzano Grigi e Grigio verdi; con queste due varietà di colore la sfumatura del corpo tende ad essere meno evidente, mentre il fattore Viola la rafforza enormemente.

Maschio Corpo chiaro Texas Azzurro

zione e rimangono inalterati. Nella serie blu il corpo è bianco con sfumature bluastre più o meno accentuate man mano che ci si avvicina alla zona ventrale, in particolare sul Codrione, che anche in questo caso mantiene una buona tonalità. Le barrature alari e le ondulazioni si mantengono ben marcate, mentre le remiganti subiscono una diluizione che va dal Grigio screziato di scuro al Grigiastro. Le timoniere principali presentano una colorazione più leggera se rapportata alla varietà del comune corrispondente. I marchi guanciali non subiscono mutazione e rimangono inalterati. Si può osservare che utilizzando varietà con fattori scurenti si tende ad accen-

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tuare la sfumatura residua del corpo, accentuando in tal modo il tipico difetto di questa mutazione, ovvero la progressiva perdita della sua caratteristica principale: un corpo il più possibile chiaro.

Le timoniere principali presentano una colorazione più leggera se rapportata alla varietà del comune corrispondente

L’ereditarietà Il Corpo chiaro Texas è una mutazione recessiva legata al sesso e collegata geneticamente al gene Ino con cui forma una serie di alleli multipli. Le mutazioni alleliche all’Ino causano albinismo parziale e sono conosciute come mutazioni “Par-ino”. Negli uccelli, il maschio presenta due cromosomi sessuali Z, mentre la femmina possiede un cromosoma sessuale Z e uno W. Quindi negli uccelli femmine, qualunque sia l’allele presente sul singolo cromosoma Z è completamente espresso nel fenotipo; non possono quindi essere portatrici di qualsiasi mutazione legata al sesso. Con i maschi il discorso cambia, poiché l’allele Corpo chiaro per esprimersi nel fenotipo deve essere presente su entrambi i cromosomi Z (omozigote) oppure su un allele, mentre l’omologo deve essere Ino. I maschi eterozigoti con l’allele non mutato (tipo selvatico) sono identici al normale corrispondente e sono detti “portatori”. I maschi eterozigoti con l’allele mutato alternativo “Ino” sono visivamente simili ai Corpo chiaro omozigoti, sebbene presentino corpi più chiari, ma purtroppo, come ovvia conseguenza, anche le remiganti tendono a schiarirsi. Questi maschi eterozigoti sono portatori sia della mutazione Corpo chiaro sia della mutazione Ino. Poiché il locus “Ino” si trova sul cromosoma Z, il gene mutato del Corpo chiaro Texas è collegato a tutte le altre mutazioni sesso legate ovvero: Opalino, Ardesia e Cannella. Essendo il Texas un allele mutato alternativo dello stesso locus “Ino”, la probabilità che avvenga un crossing-over tra Corpo chiaro e le altre mutazioni legate al sesso, su indicate, sono identiche a quelle con l’allele mutato Ino. Di seguito una tabella riepilogativa dei possibili risultati tra le varie alternative di accoppiamento, dove si vede chiaramente che dipendono dal sesso dei riproduttori.


1 Maschio Ino × Femmina Corpo chiaro 2 Maschio Corpo chiaro × Femmina Ino 3 Maschio Corpo chiaro/Ino × Femmina Ino

4 Maschio Corpo chiaro/Ino × Femmina Corpo chiaro

5 Maschio Normale/Corpo chiaro × Femmina Ino 6

Maschio Corpo chiaro × Femmina Normale

7

Maschio Corpo chiaro/Ino × Femmina Normale

8 Maschio Normale/Corpo chiaro × Femmina Corpo chiaro

9 Maschio Normale/Corpo chiaro × Femmina Normale 10 Maschio Normale × Femmina Corpo chiaro 11 Maschio Corpo chiaro × Femmina Corpo chiaro

50% maschi Corpo chiaro / Ino 50% femmine Ino 50% maschi Corpo chiaro / Ino 50%femmine Corpo chiaro 25% maschi Corpo chiaro / Ino 25% maschi Ino 25% femmine Corpo chiaro 25% femmine Ino 25% maschi Corpo chiaro 25% maschi Corpo chiaro / Ino 25% femmine Corpo chiaro 25% femmine Ino 25% maschi Normale/Corpo chiaro 25% maschi Normale/Ino 25% femmine Corpo chiaro 25% femmine Normali 50% maschi Normale/Corpo chiaro 50% femmine Corpo chiaro 25% maschi Normale/Corpo chiaro 25% maschi Normale/Ino 25% femmine Corpo chiaro 25% femmine Ino 25% maschi Normale/Corpo chiaro 25% maschi Corpo chiaro 25% femmine Corpo chiaro 25% femmine Normali 25% maschi Normale/Corpo chiaro 25% maschi Normale 25% femmine Corpo chiaro 25% femmine Normali 50% maschi Normale/Corpo chiaro 50% femmine Normali 50% maschi Corpo chiaro 50% femmine Corpo chiaro

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Verdone giallo

seconda parte

testo PIERCARLO ROSSI, foto e allevamento MASSIMO CORBELLA

La mia esperienza con il Verdone all’inizio e cosa mi piace di questa specie Il Verdone è stato da sempre una specie presente nel mio allevamento, forse la prima tra i Fringillidi da voliera che ho allevato. Mi piacciono il suo carattere timido ma fiero, il suo corpo dalle caratteristiche robuste ed il suo piumaggio di colore delicato, nei suoi colori mimetici. Mi hanno sempre entusiasmato le sue mutazioni, forse per la completezza nella gamma di colori che presenta e che presentava già; mi piacciono per le tonalità che ognuna di esse esprime e sicuramente, non ultima, per la selezione ai fini espositivi. Le sue mutazioni storiche, le penultime apparse (l’ambra e l’albino) e le ultime (la becco giallo, il citron spagnolo e il giallo dominante) Come ho detto, le mutazioni di questo Fringillide esistevano già da tempo in

Agata giallo intenso femmina x maschio agata

Giovane giallo in muta

quegli anni: io ne ho fatta conoscenza diretta e mi sono rimaste come un caposaldo di riferimento per le altre specie europee. Mi piacciono tutte, a par-

tire dalla bruno fino all’agata (forse la migliore), all’isabella al lutino ed al satiné. Ho vissuto con entusiasmo la nascita di una seconda epoca delle mu-

Femmine lutino giallo intenso x maschio lutino

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Maschio agata giallo

tazioni del Verdone, che forse in scala temporale ha riguardato la mutazione pastello e la diluito e le sue sovrapposizioni con i tipi base, la mutazione ambra (ex topazio) e la mutazione pezzato, quindi lipocromico occhio nero. Negli ultimi anni, il Verdone non ha smesso di regalarci sorprese ed ancora una volta il suo piumaggio ha mutato, producendo nuove espressioni fenotipiche quali la citrino (in pratica un albinismo) che possiamo vantare di natalità italiana, la becco giallo ed ultima la giallo a trasmissione autosomica dominante. Il mio incontro con la mutazione gialla, la mia esperienza Mi trovavo in Francia, se non erro nel Maschio ancestrale giallo

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Maschio agata giallo

novembre 2018, per un’esposizione internazionale dell’ICC, di certo la manifestazione più alta a livello tecnico nel panorama francese, dove quindi erano chiamati a partecipare alcuni tra i migliori espositori internazionali e i migliori tecnici nel giudizio. Mi chiamò l’amico Riccardo Rigato, che sicuramente tra i tecnici è di certo fra i migliori, e mi fece notare una novità di colore che aveva portato con sé la sera del venerdì l’allevatore spagnolo Josè Antonio Abellan. Si trattava di una coppia di Verdoni ancestrali che presentavano una diffusione ampia di colore su tutto il corpo, molto più della norma. In veMaschio ancestrale giallo

rità la espose sul tavolo, in confronto con un’altra mutazione del Verdone proveniente dalla Spagna, ma personalmente, per il mio e di certo anche per l’entusiasmo di Riccardo, una delle due passò in secondo piano. Si trattava quindi, ci spiegò Antonio Abellan, di una mutazione a trasmissione dominante che lui stesso aveva già avuto modo di lavorare per una stagione riproduttiva e di trasferire con facilità su altre mutazioni. Naturalmente, la caratteristica trasmissione dominante fece sì che i risultati negli accoppiamenti lo confermassero già in prima generazione e quindi in seconda si poteva immaginare di lavorare per le sovrapposizioni.


“Bellissima!” dissi. E chiesi alcune informazioni in proposito. Antonio, che conoscevo da molto tempo, mi illustrò le sue origini ed alla fine mi diede la coppia di maschio giallo dominante x femmina giallo dominante affinché la inserissi nel mio allevamento in riproduzione nella stagione successiva. Descrizione della mutazione e della sua azione su piume e penne Stagione 2019: pensai agli accoppiamenti con una certa libertà, dato che il fattore libero dominante permette di lavorare separatamente la coppia per ottenere comunque il massimo dei risultati. E così io feci. Predisposi gli accoppiamenti in questo modo, immaginando la mia massima espressione: per la femmina giallo, con maschio agata di buona qualità; il maschio giallo, che si presentava in ottima forma, lo feci ac-

Maschio giallo bruno

coppiare con due femmine agata. Da questi accoppiamenti ottenni un numero di soggetti giovani molto buono, per lavorare meglio la stagione successiva, dato che il mio traguardo era quello di trasferire la mutazione nelle 4 mutazioni base. Il maschio, che Antonio mi disse essere probabilmente portatore di bruno, si rivelò anche portatore di agata e ottenni così, oltre ad alcune femmine brune gialle e agata gialle, anche maschi agata gialli da lui, mentre dalla femmina ottenni gialli maschi e gialle femmine, i maschi a sua volta portatori di agata. Le femmine in mutazione sovrapposta presentano un lipocromo vistoso e del tutto inusuale per gli standard ai quali siamo oggi abituati. Sembrano maschi per la quantità di colore che presentano su tutto il corpo, che non interferisce con le parti melaniche.

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Maschio giallo isabella

Maschio giallo isabella

Per la stagione successiva, poi, la mia curiosità si estese all’inserimento della mutazione lutino, della mutazione isabella e della satiné. Acquistai altri soggetti mutati da Antonio e con quelli in mio possesso ottenni di tutto. Alcune femmine giallo lutino risultarono impressionanti alla vista per l’intensità del lipocromo, e non da meno furono le giallo satiné. Ottenni anche due soggetti maschi giallo satiné mai visti così. Portai avanti la linea dei giallo agata e dei giallo bruno ed anche alcuni basilari gialli ancestrali. Non mi dimenticai nemmeno di accoppiare giallo con giallo ed ottenni anche alcuni soggetti omozigoti, che non si presentano più gialli, ma con un piumaggio al limite della copertura nello sterno e con l’effetto giallo della barratura delle remiganti più accentuato. Avevo così molto anche per trarre alcune conclusioni.

coda, generalmente bianco nel Verdone. Le femmine sembrano dei maschi in alcune sovrapposizioni, ma questo non incide sul pigmento melanico dei singoli soggetti. Con gli agata, dove ho ottenuto gialle femmine e maschi ottimi giallo agata, seguendo una linea che presentava melanine molto nere e tipiche, il risultato è stato impressionante nella bellezza per il contrasto tra melanine e lipocromi più saturi. La stessa cosa nel giallo bruno, nel giallo isabella, dove il maschio, a mio avviso, è bellissimo, e nel giallo sia satiné che lutino. Per alcuni soggetti, figli di determinati accoppiamenti, ho dovuto ricorrere al test del DNA per assicurarmi dei sessi. Sicuramente è una mutazione che dona più bellezza a chi ama questa specie e non mi astengo dal paragonarla ad altre uguali espressioni in altri Fringillidi, quali il Cardellino in mutazione giallo o il Lucherino sempre in mutazione giallo a trasmissione genetica identica. Mi auguro che la CTN la riconosca con la nomenclatura certamente più adeguata. Ho trovato nella mutazione giallo dominante del Verdone delle similitudini con il fattore intenso nel Canarino di colore ed ho fatto questi paragoni: ho messo a confronto due penne remiganti di due soggetti fratelli di Verdone, uno giallo dominante ed uno brinato e così ho fatto con

Osservazioni sulla mutazione, parere sull’azione della mutazione giallo dominante su entrambi i sessi e ulteriori osservazioni sulle espressioni più rilevanti nelle mutazioni lavorate La mutazione giallo del Verdone agisce esclusivamente sui lipocromi ed estende il colore giallo di una tonalità intensa su tutto il corpo, fino a saturare la parte della cloaca e del sotto-

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due soggetti di Canarino lipocromico, uno intensivo ed uno brinato. La lunghezza delle barbe nel soggetto giallo Verdone e nel soggetto intenso nel Canarino sono più corte anche di 1 mm dei soggetti Verdone e Canarino entrambi brinati. Anche la struttura delle zampe, alla vista di entrambe le specie, appare più sottile a paragone con i corrispondenti soggetti brinati. Credo sia interessante il paragone con il Canarino di colore, sempre di riferimento per le nuove mutazioni nella fauna europea, e che questi particolari possano essere presi in esame per capire meglio la mutazione e per dare una corretta nomenclatura, così da indirizzare al meglio la selezione di questo affascinante Fringillide: questo di certo eleverà il nostro interesse e arricchirà la nostra passione.

Errata corrige

L’

autore dell’articolo “Il Cardellino ieri, oggi e domani – parte 2” pubblicato sul numero 10/2021 di Italia Ornitologica, Piercarlo Rossi, scusandosi precisa che la foto in oggetto raffigurante un “Maschio di Cardellino Isabella” è stata erroneamente attribuita ad altro allevatore. Il legittimo proprietario/allevatore del soggetto ritratto è Gennaro Amitrano, del quale sono stati citati nel presente articolo alcuni stralci da lui pubblicati sul proprio profilo Facebook.


CANARINI DI COLORE

Le schede tecniche dei lipocromici apigmentati testo della C.T.N. CANARINI DI COLORE, foto E. DEL POZZO

S

u richiesta del Club del Bianco, la Commissione Tecnica Canarini di Colore ha elaborato e approvato due distinte schede tecniche, una per il bianco dominante, l’altra per il bianco recessivo, da utilizzare in occasione delle mostre specialistiche. La richiesta ci è apparsa da subito fondata su ragioni congrue o obiettive. In primo luogo è evidente che negli ultimi anni il bianco sia stato oggetto di un interesse crescente e, soprattutto, qualificato da parte di tanti allevatori che hanno selezionato esemplari di un livello qualitativo sconosciuto fino a non molto tempo fa’ e caratterizzati da un’armonia delle forme e da una qualità del piumaggio tali da suscitare attenzione e ammirazione anche in chi non nutre una particolare predilezione per questo canarino. In secondo luogo è emersa l’incongruità insita in quei 55 punti a disposizione nella scheda di giudizio, decisamente eccessivi per la valutazione di una caratteristica che, soprattutto nei recessivi, ha limitati margini di variabilità e che possono apparire una soluzione finalizzata ad arrivare al totale di 100 punti lasciando invariati i considerando che riguardano la valutazione della morfologia che nel canarino lipocromico apigmentato rappresenta oggettivamente l’aspetto principale. Le schede e i relativi standard di seguito illustrati potranno essere suscettibili di miglioramenti, si prestano ad aprire un dibattito sull’argomento, ma ci auguriamo che venga percepito l’ef-

Scheda predisposta dalla C.T.N. Canarini di Colore

fetto del proverbiale sassolino lanciato nello stagno di una certa tradizione dell’ornitocultura che affonda le radici nelle sue origini e connotata da taluni aspetti che andrebbero rimessi in discussione. Sarà il moto provocato da quel sassolino a suggerire la possibilità di var-

care gli ambiti delle mostre specialistiche. Cogliamo l’occasione per ringraziare l’ex Presidente del Collegio Mimmo Alfonzetti che si è lasciato coinvolgere in un dibattito vivace e interessante fornendo il suo contributo e la sua collaborazione.

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Scheda tecnica del Bianco Parametri di valutazione della qualità del bianco - Punti a disposizione 30 Valutazioni

Descrizioni

punti

OTTIMO

Ottima luminosità e brillantezza del bianco

29

BUONO

Leggerissima opacità del bianco

28 - 27

SUFFICIENTE

Bianco poco brillante, non luminoso, opaco.

26 - 24

INSUFFICIENTE

Bianco estremante opaco.

23 - 18

Scheda tecnica del bianco dominante Valutazione della voce “soffusioni” - Punti a disposizione 15 Valutazioni

Descrizioni

punti

- Assenza di lipocromo sulla livrea OTTIMO

BUONO SUFFICIENTE INSUFFICIENTE

14

- Presenza ridotta ma evidente di soffusioni sui bordi estremi delle remiganti primarie - Assenza di lipocromo sulla livrea

Bianco dominante, foto E. del Pozzo, all. Galbo

13

- Presenza di soffusione più estesa limitata alle remiganti - Presenza di soffusione lipocromica su remiganti e timoniere, leggerissima soffusione sulle spalline.

12

- Presenza importante di soffusione su remiganti, timoniere, spalline e testa

- Soffusione alare non visibile tendente al bianco

11-9

Valutazione della voce “varietà” - Punti a disposizione 15 Valutazioni

Descrizioni

punti

OTTIMO

- Tonalità giallo limone delle soffusioni lipocromiche su una livrea bianco brillante.

14

BUONO

- Tonalità gialla delle soffusioni lipocromiche su una livrea che evidenzia un bianco meno brillante.

13

SUFFICIENTE

- Tonalità giallo dorato delle soffusioni lipocromiche su una livrea bianco opaco.

12

INSUFFICIENTE - Varietà che evidenzia influenza reciproca di giallo e di rosso e una livrea bianco opaco.

Bianco, foto E. del Pozzo, all. Priore

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11-9

Albino dominante, all. De Luca

Bianco dominante, foto E. del Pozzo, all. Favilla Benagiano


Considerando comuni al bianco e al bianco dominante Valutazione della voce piumaggio (per quanto concerne l’elenco dei difetti penalizzabili si rimanda ai criteri di giudizio generali) Punti a disposizione 20 Valutazioni

Penalizzazioni

punti

OTTIMO

Nessun difetto

19

BUONO

Uno o due difetti

18-17

SUFFICIENTE

Tre difetti, oppure due gravi

16-15

INSUFFICIENTE Più di tre difetti e/o piumaggio vistosamente scomposto in più punti.

14-10

Valutazione della voce proporzioni e forma (si rimanda ai criteri di giudizio generali per quanto concerne le caratteristiche e i difetti) Punti a disposizione 30 Valutazioni

Penalizzazioni

OTTIMO

Nessun difetto

29

BUONO

Un solo difetto

28 - 27

SUFFICIENTE

Due o tre difetti

26 - 24

INSUFFICIENTE

Più difetti gravi o soggetti che, per proporzioni e forma, hanno chiaramente 23 - 18 caratteristiche morfologiche di altre razze (Gloster, Border, Norwich ecc.)

In considerazione delle peculiarità di questi Canarini, è opportuno non penalizzare gli esemplari che superano di poco il limite generale dei 14 cm laddove le proporzioni e la forma

Albino, foto E. del Pozzo, all. Tabarroni

punti

risultano armoniose e gradevoli. Si rimanda a quanto previsto nei criteri di giudizio generali la valutazione delle voci Portamento e Condizioni e Benessere

Bianco recessivo, foto E. del Pozzo, all. Tabarroni

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S pazio Club Club del Fiorino… la storia siamo noi!

Club di Specializzazione

I

l giorno 19 Novembre 2021 si è fatta la storia. A Colonnella (Teramo), nell’ambito della Mostra Ornitologica Nazionale “Volare”, si è tenuta la Mostra Specialistica del Club del Fiorino, dove si è disputato l’ XI Trofeo Umberto Zingoni, il trofeo intitolato a colui che ha creato la razza, il pioniere della canaricoltura italiana. 160 Fiorini esposti. Un vero record per la storia della razza in Italia. Mai erano stati raggiunti questi numeri in una Rassegna Specialistica nazionale. Non poteva esserci miglior omaggio al grande Professor Zingoni che vedere così tanti soggetti in competizione, provenienti da alcuni dei migliori allevatori italiani della razza. Un successo senza precedenti, quindi; possiamo senza dubbio affermare che il Club del Fiorino sia in netta ascesa e questa rassegna ne è la chiara conferma. I Giudici Antonio Rosa e Emilio Sabatino, entrambi grandi conoscitori della razza, sono stati gli esperti convocati a giudicare questa Specialistica: hanno valutato 80 soggetti ciascuno. Tanti gli esemplari che sono andati a premio, con punteggi encomiabili. I due giudici hanno individuato i “Best” in comune accordo. Il “Best Testa Liscia” è stato assegnato all’allevatore Gianluca Rossi, con un soggetto lipocromico pezzato che ha ottenuto ben 94 punti. Il “Best Testa Ciuffata”, invece, è stato vinto dal Dr. Antonio Altobelli con un soggetto pezzato, sempre con 94 punti. Altri allevatori soci del Club che hanno partecipato, alcuni dei quali vincitori di categoria, sono stati Adolfo Di Giovanni, Vincenzo Castiello, Alberto Ferrara, Giulio Pisani, Luca Preiti, Romano Valle, Angelo Ceccarelli, Marco Paradisi, Luca Fondi, Davide Valle, Andrea Puccinotti. Degna di nota la presenza di diversi Stamm, che non erano mai stati presenti in passato in numero così elevato ad una rassegna di questo Club. Lo Stamm rappresenta un indice di omogeneità per un allevamento e per una mostra specialistica è importante tale presenza, per poter valutare anche questo fattore. Il migliore Stamm presente è stato quello esposto da Massimo Angelosante, di Testa Liscia verdi, che ha raggiunto quota 363 punti. Il Club ha da sempre sostenuto che l’omogeneità dei prodotti di un centro di selezione sia fondamentale per determinarne la qualità... non è un caso, infatti, che il Trofeo più importante, il Trofeo Zingoni, venga assegnato ad un gruppo di 4 Fiorini, proprio per esaltare lo “stampo” del medesimo “conio”, quindi

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l’operato in selezione di un singolo allevatore. Il vincitore del Trofeo U. Zingoni è stato meritatamente l’allevatore Gianluca Piviero, che ha ottenuto con quattro soggetti singoli un punteggio complessivo di 366 punti. Al secondo posto, a pari merito con 365 punti, si sono piazzati Antonio Altobelli e Massimo Angelosante, ed al terzo posto Vincenzo Castiello con 363 punti. Così Gianluca Piviero ha espresso la propria felicità dopo la vittoria del Trofeo: “A volte i sogni si avverano; dopo anni di sacrifici è arrivato il Trofeo Zingoni, il premio più ambito da chi alleva Fiorini. Un grazie va alla mia famiglia, al Club del Fiorino, alla mia Associazione Arcobaleno, ai tanti amici allevatori che durante questi anni mi hanno sempre sostenuto. Dedico questa mia vittoria ad un amico che ci ha lasciato troppo presto, Andrea Ferdani”. Talmente grande era la gioia d’aver vinto il Trofeo che Piviero, quando ha appreso la notizia, è subito salito in auto ed è accorso alla Mostra per vedere i suoi canarini vincitori e per fare le doverose foto di rito. Chiunque allevi Fiorini sa bene che vincere il Trofeo Zingoni significa arrivare al massimo riconoscimento possibile per un allevatore di questa razza. Un trofeo che conta più di un titolo nazionale, perché va a premiare l’uniformità di tipo, l’affinità tra elementi morfologici dei soggetti premiati di uno stesso allevatore, perché solo chi raggiunge punteggi eccellenti nella mostra specialistica, con quattro soggetti singoli, può ambire a questo premio. Vincerlo non è mai un caso o un colpo di fortuna. Questo ha asserito l’esperto Giudice Emilio Sabatino, a giudizio concluso: “La Specialistica del Club Italiano del Fiorino di Colonnella, con ben 160 canarini a concorso, ha centrato in pieno una delle prerogative per le quali i Club devono operare e realizzare delle manifestazioni dai contenuti tecnici eccelsi, rivolte anche alla divulgazione delle razze da loro rappresentante. Ne parlo a ragion veduta, avendo avuto il sottoscritto l’onore e il privilegio di essere stato uno dei due Giudici della suddetta specialistica, invitato a giudicare in tale circostanza. Gli alti contenuti tecnici sono stati visibili, prevalentemente, in tutta una serie di esemplari veramente ottimi, dalle tre arricciature primarie con profili perfetti.


Come sono state visibili a tutti alcune imperfezioni, pur in ottimi canarini, ma nettamente penalizzati per una impressionante imperfezione del piumaggio, tale da metterne in discussione la taglia. Agli allevatori del meraviglioso Fiorino ed al loro Presidente del Club, Bartolomeo Cozzolino, a cui va il nostro e vostro plauso, un’esortazione a tenere unito e a far volare sempre più in alto il patrimonio ornitologico da tutti noi rappresentato. Complimenti davvero a tutti, vincitori e vinti”. Riportiamo qui di seguito l’Albo d’oro di tutti i vincitori del Trofeo Zingoni: • 2009 Firenze - Bartolomeo Buonomo • 2010 Firenze - Bartolomeo Buonomo • 2011 Firenze - Giacomo Iovine • 2012 Bari - Sebastiano Curci • 2013 Firenze - Federico Vinattieri • 2014 Firenze - Giacomo Iovine • 2015 Roma - Adolfo Di Giovanni • 2016 Marina di Massa - Olimpia Dumitru • 2017 Calenzano - Luca Fondi • 2019 Roccapiemonte - Emilio Sabatino • 2020 - annullata causa Covid-19 • 2021 Colonnella - Gianluca Piviero Il Club durante la premiazione, oltre che premiare tutti i vincitori e omaggiare i due giudici con una targa di ringraziamento, ha voluto anche consegnare una “targa al merito” al Giudice Vittorio Olivieri, giudice della prima edizione del Trofeo Zingoni e anche di altre due edizioni. Un premio alla carriera per essersi distinto negli anni per scrupolosità nei giudizi e per la sua grandissima passione per il Fiorino, per gli arricciati e per il mondo dell’ornitologia in generale. Dopo il successo di questa Specialistica ci auguriamo che i soci abbiano compreso quali siano le reali opportunità di partecipare attivamente all’operato di questo Club, che non concede solo la Filippo Morrone, Bartolomeo Cozzolino, Vittorio Oliviero

possibilità di vincere il premio più prestigioso al mondo per un allevatore di questi piccoli arricciati, ma mette sul tavolo grandi occasioni per confrontarsi, per fornire le direttive per una selezione d’eccellenza, per individuare e determinare quali siano le reali problematiche attuali di questa razza e allo stesso tempo indicare la giusta via per debellare le tare che una selezione errata può favorire. Il Club è patrimonio di tutti i suoi associati, non soltanto di chi lo gestisce. Non dimentichiamoci mai che il lavoro di squadra divide i compiti ma moltiplica il successo ed un gruppo di persone che condividono la stessa passione, quindi un comune obiettivo, può raggiungere l’impossibile. I risultati di un’associazione come il Club del Fiorino sono i risultati dello sforzo combinato di ciascun individuo, pertanto il Club è sicuramente disposto a farsi onere di organizzare eventi, mostre, convegni tecnici, ma chiediamo lo sforzo di tutti i soci nel partecipare attivamente a tali avvenimenti, per far sì che questi possano centrare l’obiettivo. Attendiamo, quindi, l’adesione di tutti coloro che vorranno entrare a far parte della nostra comunità... più saremo il prossimo anno, più il Club potrà riuscire ad organizzare eventi di risonanza nazionale, come lo è stata la mostra di Colonnella 2021. Vogliamo concludere questo nostro resoconto ricordando il grande allevatore “fiorinista” toscano Andrea Ferdani, recentemente venuto a mancare, il quale avrebbe certamente preso parte con grande entusiasmo a questa rassegna, mettendo a segno, com’era suo solito fare, molti risultati memorabili. Ad Andrea va il nostro omaggio ed il Club provvederà a ricordarlo alla Mostra Specialistica di Nocera Inferiore (SA) questo dicembre, con un Memorial a lui intitolato. Bartolomeo Cozzolino e Federico Vinattieri

Carlo Fermo, Michele Larenza, Emilio Sabatino, Bartolomeo Cozzolino, Antonio Rosa

Il presidente del Club che assegna il trofeo al vincitore Gianluca Piviero

Club di specializzazione

S pazio Club

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CANARINI DI FORMA E POSZIONE LISCI

Lipocromico-melaninico: tutte le varietà a fondo bianco Distorsioni dei termini nei Canarini di Forma e Posizione Lisci testo e immagini di SERGIO PALMA

Q

ualcosa non mi quadra. Prima di affrontare l’argomento al quale dedico questo scritto devo fare un preambolo. La mia forma mentis mi spinge a cercare di fare tutto ciò per cui sono chiamato in causa con il massimo della professionalità che la mia modesta cultura mi consente.

Scheda di giudizio Canarini di Colore Tabella tipi e varietà dei giudizi dei Canarini di Colore - seconda edizione

Conservo ancora con una gelosia maniacale quello che una volta i Giudici dei Canarini di Colore chiamavano “il libretto di Mao”. Questo libretto altro non era che I Criteri di Giudizio dei Canarini di Colore (seconda edizione 1975). Il mio mentore e Maestro, Prof. Giuseppe Cammarata, già Giudice dei

Il mio mentore e Maestro, prof. Giuseppe Cammarata, mi ha spiegato la differenza tra Tipo, Varietà e Categoria

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Canarini di Colore, mi ha spiegato la differenza tra Tipo, Varietà e Categoria. Così la mia pregressa esperienza nel mondo dei Canarini di Colore ha lasciato in me alcune nozioni rimaste scolpite nella mente; queste mi consentono di far osservare che alcune definizioni usate nei Canarini di Forma e Posizione Lisci sono inappropriate, per non dire sbagliate. Partendo dalla scheda di Giudizio dei Canarini di Colore, vediamo che la prima voce è Tipo. Questa non viene presa in considerazione per i canarini lipocromici perché si riferisce alla natura ed al grado di colore “melanico” posseduto dal soggetto. La seconda voce è la Categoria e la terza Varieta: tale termine ha


espresso riferimento al fattore (colore) lipocromico posseduto dal soggetto. I lipocromi, che sono carotenoidi, sono pigmenti solubili nei grassi che determinano il colore di fondo al piumaggio degli uccelli; infatti, i Canarini che non hanno alcun “TIPO” sono detti non a caso lipocromici. Quindi, così come per la voce Tipo non viene attribuito nessun valore per i canarini lipocromici, così alla voce Varietà non viene attribuito alcun valore per i melanici a fondo bianco recessivo, mentre nei dominanti si guarda alle soffusioni. Per Varietà si intende il colore delle penne quindi la carica lipocromica/carotenoidea che queste contengono. A questo punto chiedo a chi potrebbe saperne di più perché nelle Razze di Canarini a concorso dei Campionati Regionali, Italiani e nelle mostre Internazionali troviamo tra le categorie a concorso quella con la denominazione

Scheda di giudizio Canarini lipocromici allegata ai Criteri di giudizio - seconda edizione

“tutte le varietà a fondo bianco” quando la Varietà, come detto sopra, si riferisce al colore e il fondo bianco

è privo o quasi di lipocromo? Non sarebbe più corretto chiamarla “tutti i tipi a fondo bianco?”.

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Dall’archivio storico F.O.I.

Specie e Razza (1ª parte) di U. ZINGONI (ITALIA ORNITOLOGICA in più parti annate 1986-1987)

Talora si è fatta una certa confusione fra diversi aspetti attinenti alla classificazione in genere ed al concetto di razza in particolare, nonché all’evoluzione e selezione. Vi sono state anche forti critiche su taluni articoli, nonostante puntualizzazioni, ritenute insufficienti, tanto che abbiamo deciso di riprendere un vecchio ed importante articolo del prof. Zingoni, che nonostante la data è ancora molto valido. Certo vi possono essere aspetti discutibili, come quello della consanguineità, ma le discussioni sono sempre utili, specialmente su temi oggetto di dibattito. Ora riteniamo utile segnalare che il concetto di razza, molto discusso, oggi si tende a riservarlo solo a diversificazioni avvenute allo stato domestico, in seguito a selezioni opera dell’uomo. Buona lettura. La Redazione

In Ecologia qualunque gruppo di animali (e piante), in qualche modo affini fra loro, viene abitualmente definito con il termine di popolazione, implicante il concetto di tempo e di luogo, poiché i connotati di essa, per il continuo variare di qualunque patrimonio genetico e per le condizioni ambientali di norma mutevoli, possono variare sia col trascorrere del tempo che da un ambiente all’altro. Si sente dire per esempio: la popolazione delle Taccole (Corvus monedula) cittadine è molto aumentata in questi ultimi decenni (l’ecologo cercherà di individuarne le ragioni). La popolazione delle Mosche italiane è divenuta adesso insensibile a certi insetticidi. La popolazione di ungulati del Parco dello Stelvio è in aumento. La popolazione di Trote dei Lago di Garda è composta da queste certe Specie in concorrenza fra loro. Potremmo anche dire che la popolazione italiana di Arricciati di Parigi o di Gloster è diversa da quella francese per queste e queste ragioni, ma occorrerebbe fare delle precisazioni... In Genetica il termine popolazione viene soprattutto usato in riferimento

alle frequenze alleliche e alla eventuale loro selezione in animali (o piante) costituenti Specie o Razza, tanto allo stato selvaggio quanto domestico o di laboratorio, sia per motivi di studio che di reddito di allevamento. Il Lettore penserà che sarebbe stato uguale dire: le Mosche, anziché la popolazione delle Mosche.... ma non sempre è così, poiché nel termine popolazione vi è compreso il concetto essenziale di un insieme di animali che senza eccezioni sono tutti liberi di incrociarsi fra loro, con tutte quelle implicazioni legate a questo concetto che esamineremo nelle prossime pagine, prima fra tutte la eventuale suddivisione di grandi popolazioni in più piccole sottounità. Qualunque popolazione animale, anche la più selezionata, comprende soggetti fra loro differenti per connotati e comportamento. L’entità di queste differenze, sia qualitative che quantitative, cioè la struttura di una popolazione è oggetto di studio dei genetisti. Le conseguenti maggiore o minore omogeneità (o eterogeneità) dei sin-

goli connotati di una popolazione vengono espresse mediante curve della variabilità (sin. di frequenza, a campana, Gaussiane, ecc.). Queste curve non riguardano caratteri mendeliani, poiché questi appaiono in rapporti prettamente discontinui (ad esempio, 25%, 50%, 25% nel caso della 2 a Legge di Mendel), riguardano invece i caratteri quantitativi, dipendenti, come è noto, dai giuochi di combinazione di molti alleli. Fra questi caratteri, il peso e la lunghezza del corpo, la lunghezza delle piume, l’intensità del colore, ecc., tutti connotati che possono essere facilmente misurati con una qualche unità di misura (grammo, metro, ecc.). Facciamo un esempio. Vogliamo avere un’idea quanto più possibile esatta del peso di una certa Razza di Canarini. Sarà allora opportuno tenere distinti i risultati dei rilevamenti fatti in differenti periodi dell’anno, distinguere i maschi dalle femmine, i giovani dai vecchi, e così via. Si osserva che il peso medio di un Arricciato di Parigi è di 25-26 grammi, ma la curva di variabilità è assai diversa se si restringe il campo di indagine. Se non facciamo alcuna distinzione fra sesso, stagione, età, ecc., questa curva è fatta in un certo modo. Se si considerano i due sessi separatamente si hanno due nuove differenti curve. Se si rilevano i pesi in novembre o in maggio si hanno ancora risultati differenti. La figura 1 mette in evidenza alcuni di questi fatti. La curva A, ottenuta da oltre cento misurazioni su quasi tutte le Razze di Canarini più diffuse, può essere riferita all’intera popolazione di Canarini esistenti al mondo, dal piccolo Canarino selvatico al grosso Parigino. Sostanzialmente è la curva che dà il peso medio dei Canarini domestici senza distinzione di Razza; perciò la variabilità è massima, andando dai 14 grammi (Canarina selvatica, ecc.) ai 29-30 (Parigino novello maschio in luglio) con un valore medio di 21-22 grammi, corrispondente al peso di un “Sassone” di lieve o media adiposità.

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vantaggerebbe non poco. Ne sono lodevolissimi esempi il vaccino antivaioloso preparato dal nostro mai abbastanza “laudato” Istituto Zooprofilattico di Brescia e l’interessamento ai problemi della terapia del Canarino degli istituti di Patologia Aviaria di Bologna e di Parma. Tutta la multiforme variabilità sempre presente in qualunque popolazione di animali dipende sia dal patrimonio genetico che dall’ambiente (condizioni di crescita, malattie, alimentazione, clima, ecc.). È di alcuni aspetti della variabilità dei patrimoni genetici che noi ci occuperemo in seguito.

Figura 1

L’importanza genetica di questa curva è esigua, perché questa grande popolazione di Uccellini è divisa in tante sottounità che non vengono incrociate fra loro, ma aumenterebbe di importanza se volessimo accertare quanto del peso dei soggetti più grossi (a destra della curva) spetta ai depositi di grasso, o mettere in relazione il peso con la lunghezza, ecc. Se restringiamo il campo di indagine considerando il peso dei soli Parigini maschi novelli nel periodo compreso fra lo svezzamento e l’inizio della muta, troviamo i dati espressi nella curva C con valore medio di quasi 27 grammi e valori massimi che rasentano i 30 grammi. Se consideriamo il peso dei Parigini maschi adulti in maggio troviamo la curva B con valore medio di 24 grammi. Tutto ciò è variabilità, tutto ciò è studio della struttura di una popolazione. Nel caso degli Arricciati di Parigi da noi studiati, la variabilità espressa dalle curve B e C (Parigini maschi) è da attribuire allo sviluppo delle masse muscolari (influenzabile dalla vita in gabbia o in voliera), alla quantità di piumaggio e, soprattutto, ai depositi di grasso. Se volessimo sapere il contributo spettante a ciascuno di questi fattori dovremmo deplumare completa-

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mente un soggetto (il peso dell’intero piumaggio di un Parigino deceduto per cause naturali è risultato di 2,8 grammi), o estrarre il grasso (coi Soxhiet, ad esempio) e pesarlo. Tutto ciò riferito al Canarino farà certamente sorridere il Lettore, ma se lo riferiamo agli animali da reddito il discorso è ben diverso, perché lo studio del peso delle carcasse, del grasso, delle ossa, della pelle e di tutti gli altri “componenti” di una “bestia” è di grande importanza nell’allevamento condotto con i moderni metodi razionali finalizzati al massimo reddito. Per il pollame di allevamento esistono studi del genere, rapportati soprattutto all’alimentazione, di una vastità, di un livello e di una precisione (per non dire pignoleria) tali che verrebbe fatto di dire che se ne sa di più sul Pollo che sull’Uomo. I capitali che l’industria mette a disposizione dei ricercatori di questi problemi sono enormi, naturalmente per motivi di reddito. Ci sia tuttavia permesso di dire che, specialmente in riferimento all’alimentazione e alla terapia, se invece di applicare pari pari al Canarino i risultati ottenuti nel pollame qualcuno (ma chi e con quali fondi?) cominciasse a fare studi sistematici anche sui Canarini, l’allevamento di questa diffusissima Specie se ne av-

Le classificazioni Tutti gli uomini che in ogni tempo, con intenti razionali, hanno cercato di capire la “strutturazione” della Natura, per rendere più facile a sé e agli altri il compito, si sono trovati nella necessità di fare delle classificazioni. Per esempio: Regno vegetale, Regno animale, Regno minerale. Piante con e senza clorofilla. Animali con e senza ossa, grosso modo, Vertebrati e Invertebrati. È facile constatare che nell’ambito dei Vertebrati non è stato difficile rendersi conto che esistevano differenti animali con alcuni caratteri morfologici e comportamentali comuni. Una prima fondamentale classificazione fu quella che divide questi Vertebrati nei ben noti 5 gruppi - Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli, Mammiferi ai quali fu dato il nome di Classi (con la lettera maiuscola, come si deve fare con tutti i nomi che la Scienza ha attribuito ai vari gruppi: Famiglia, Genere, Specie, Razza, ecc.). Diamo un cenno di qualcuno fra i criteri seguiti per stabilire questa prima divisione in Classi. Pesci - Vertebrati senza polmoni; respirazione a mezzo di branchie, per cui vita solo acquicola; corpo coperto da squame ossee. Anfibi - Vertebrati con branchie nel periodo iniziale della vita, indi con polmoni (anfi-bios = due-vite); perciò costretti a vivere in ambiente aericolo, talché una Rana adulta tenuta mezz’ora sotto l’acqua muore affogata. Pelle nuda e ricca di ghiandole. Rettili - Con polmoni sin dalla na-


scita; corpo coperto da scaglie cornee. Uccelli - Corpo coperto da penne; temperatura mantenuta costante da complessi meccanismi termoregolatori. Mammiferi - Temperatura costante come gli Uccelli, ma riproduzione del tutto diversa (utero, placenta, mammelle, ecc.). Corpo coperto da peli o loro derivati. Considerando alcuni connotati analoghi, gli studiosi di Ornitologia, come gli studiosi delle altre quattro Classi, si sono trovati ben presto di fronte alla necessità di riunire in gruppi tutti gli Uccelli che mostravano fra loro maggiori affinità. Così, per esempio, è apparso logico riunire in un unico gruppo tutti gli Uccelli acquatici con il becco piatto e farne il gruppo degli Anseriformi (Anàtidi, Anatre), oppure riunire quelli che hanno perduto la facoltà di volare, creando il gruppo dei “Corridori” (Struzzo, ecc.). Col perfezionarsi degli studi certi gruppi in auge un tempo, come quello dei Rapaci, dei Trampolieri, ecc., hanno perduto di significato classificativo (tassonomico o sistematico, direbbero gli esperti) e sono rimasti come semplici gruppi generici tuttora molto utili per indicare con un solo termine animali in qualche modo affini fra loro per connotati molto appariscenti e per comportamento. Tralasciando la storia, diciamo pure tuttora travagliata, di quegli animali “intermedi” che alcuni studiosi preferiscono includere in un certo gruppo ed altri in un altro (ciò che è comprensibilissimo, perché basato sulla affinità di certi caratteri anziché di altri), diciamo subito che la Classe degli Uccelli è divisa in un certo numero di Ordini più o meno accettati da tutti (classificazione del Wetmore), fra cui quello vastissimo dei Passeriformi, con caratteri simili a quelli dei Passero preso come prototipo per la sua diffusione, e dei Galliformi con caratteri simili a quelli del Gallo (Fagiani, Pernici, ecc.). Evidentemente a noi interessa solo l’Ordine dei Passeriformi ed anche questo, come gli altri, è diviso a sua volta in Famiglie, ognuna delle quali comprende un certo numero di Generi che a loro volta comprendono

un certo numero di Specie che a loro volta comprendono un certo numero di Sottospecie (Varietà o Razze). La classificazione del Canarino è la seguente: Regno ANIMALE Tipo VERTEBRATI Classe UCCELLI Ordine PASSERIFORMI Famiglia FRINGILLIDI Genere SERINUS Specie CANARIUS Razze ............. Risulta evidente che, partendo dalla Classe, con il procedere delle suddivisioni, si deve giungere al gruppo che caratterizza specificatamente un certo animale, per esempio il Canarino o il Corvo fra i Passeriformi, il Cane o il Gatto fra i Carnivori. Questo gruppo è la Specie. Il gruppo subito superiore, il Genere, non caratterizza ancora un animale, benché sia evidente che tutti gli animali appartenenti allo stesso Genere debbano essere molto simili fra loro, talvolta quasi uguali, ma dissimili ancora di quel tanto di differenziazione che solo con la definizione di Specie trova il suo definitivo completamento. Spetta al naturalista svedese Carlo Linneo (1707-78) aver introdotto la razionale nomenclatura bínomia per indicare un animale o una pianta; per questo il Linneo è considerato il fondatore della moderna Sistematica (Tassonomia). In base a questa nomenclatura, successivamente perfezionata ed estesa a tutti gli esseri viventi, bacteri compresi, ogni animale è contraddistinto da due nomi, il primo che indica il Genere a cui appartiene, il secondo che indica la Specie ed è esclusivamente suo; un po’ come il nostro cognome e nome. Per queste ragioni, quando si parla di un certo animale si preferisce spesso parlare di quella certa Specie animale. Nell’Ordine dei Passeriformi, Famiglia Fringillidi, il Serinus (Genere) canarius (Specie) è il Canarino, il Serínus serinus è il Verzellino (vedremo fra un momento che è in uso anche una classificazione lievemente differente), il Serinus citrinella (o Carduelis citrinella) è il Venturone, ecc.

Il Corvus frugliegus è il Corvo comune, il Corvus monedula è la Taccola, oggi comune in tutte le città. Tra i Mammiferi l’Equus caballus è il Cavallo, l’Equus asinus è l’Asino, l’Equus zebra è la Zebra di montagna, ecc. Un eventuale terzo nome indica la Sottospecie che viene considerata tipica. Ad esempio, Serinus canarius canarius (Canarino) rispetto al S. canaríus serinus (Verzellino), Pyrrhuiy p.p. (Ciuffolotto settentrionale) rispetto a P.p. nesa (C. meridionale). Uno dei criteri più comuni e tuttora più validi per stabilire se due animali piuttosto simili fra loro possono essere ascritti alla stessa Specie, è di accertare se sono indefinitamente fecondi fra loro. Se lo sono, qualunque loro differenza estetica o comportamentale passa in seconda linea, perché è razionalmente evidente che la possibilità di procreare figli normali, in quanto fecondi a loro volta, esiste solo se i caratteri genetici fondamentali non presentano differenze. Pertanto una definizione di Specie può essere quella di un insieme di individui illimitatamente e spontaneamente interfecondi (comunità riproduttiva). In questa definizione sono comprese anche popolazioni più o meno isolate fra foro. Abbiamo detto spontaneamente per escludere animali che generano prole fertile, sia solo in condizioni sperimentali o in cattività, ma che allo stato selvaggio non si ricercano o addirittura si combattono (Lupo e Cane), sia solo per intervento sperimentale, non essendo, per ciclo biologico o caratteri somatici o comportamentali in condizione di accoppiarsi con successo. È chiaro che il problema non presenta difficoltà se due popolazioni vivono nello stesso luogo senza mai incrociarsi. Un criterio pratico importante è anche quello di considerare appartenenti alla stessa Specie due gruppi (popolazioni) di animali non perfettamente simili fra loro, ma nei quali sussista la possibilità che qualche soggetto sia attribuibile con ugual ragione all’uno o all’altro; il che significa che fra gli individui delle due popolazioni vi è tutta una serie di minime differenze che ne fanno non

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Figura 2

Figura 3

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due popolazioni, ma una sola, sia pure alquanto eterogenea. Per rendersi conto della validità dei criteri sopradetti, si pensi al Cane. Fra un minuscolo Yorkshire (oggi molto di moda) ed un gigantesco Alano vi è una differenza estetica enorme, tuttavia essi sono fra loro fecondi all’infinito e fra di essi esiste realmente una serie continua di individui (tutte le molte altre Razze canine) che collegano gradualmente l’uno all’altro. Certamente un profano troverebbe maggiori affinità fra un Lupo ed un Cane lupo (Cane da Pastore Tedesco) che fra questo ed uno Yorkshire, ma, come si è detto, non è così. Non per niente Yorkshire ed Alano sono entrambi Canis canis, mentre il Lupo è Canis lupus. Per aggiungere una nota un po’ “bizzarra”, non è difficile sentire qualcuno a cui scappa di dire che la Balena, o il Delfino, sono pesci. In effetti un Delfino assomiglia assai più ad un grosso pesce che, per esempio, ad un Cervo; eppure le differenze fra un pesce e un Delfino sono addirittura di Classe: il che vuol dire che, partendo dalla evoluzione dei Pesci,

alcuni di essi sono rimasti tali fino ad oggi (o si sono trasformati in qualche modo, pur rimanendo sempre pesci), altri si sono trasformati in Anfibi e alcuni di questi in Rettili e alcuni di questi in Mammiferi e, infine, alcuni di questi si sono differenziati nei vari Ordini fra cui quello dei Cetacei (comprendente la Balena, ecc.) e quello degli Erbivori artiodattili (comprendente il Cervo, ecc.). In casi del genere le differenze estetiche sono esigue, ma le differenze evolutive, e perciò sistematiche, sono enormi. Per questo il sistematico si preoccupa di trovare le affinità dovute a reali parentele, cioè a comuni basi genetiche, piuttosto che a somiglianze dovute a convergenze di forma, causate dal fatto che due organismi diversi hanno, indipendentemente fra loro, trovato soluzioni simili ad un identico problema di adattamento. In altre parole oggi la Scienza integra i due sopradetti criteri, sempre validissimi, con criteri di affinità citologica (affinità strutturali delle cellule di certi tessuti, soprattutto delle cellule del sangue), di affinità sierologica (affinità di natura immunitaria, affinità di certe caratteristiche delle proteine del sangue, ecc.), con criteri evolutivi, ecc. Insomma si cerca con ogni mezzo di valutare per il meglio il reale grado di affinità di due popolazioni di animali. Purtuttavia, come abbiamo già accennato, qualche rara volta può accadere che, non risultando i vari criteri tutti concordanti fra foro, vi sia discordanza nell’ascrivere un certo gruppo animale ad un Genere piuttosto che ad un altro o ad una Specie o Sottospecie piuttosto che ad un’altra. Tutto ciò non deve stupire se si pensa al modo graduale col quale si sono formate le Specie, ed è di questo che adesso vogliamo parlare. L’evoluzione Quando in una popolazione di animali (o piante), per le più varie ragioni, la variabilità è tale che si differenziano due o più nuove popolazioni, accade di norma che il loro destino evolutivo segua strade nettamente differenti. Si può rappresentare il cammino percorso nel tempo me-


Figura 4

diante un albero genealogico nel quale i vari rami ne rappresentano le tappe. Un esempio di questi alberi genealogici (alberi filogenefici, filogènesi, dendrogrammi) ce lo dà la figura 2 che ci mostra la evoluzione del Tipo (Filum) dei Vertebrati nel corso delle ere geologiche (a sinistra). Questo albero filogenetico mette in evidenza che attualmente la Classe dei Rettili è più esigua di quanto lo fosse nel Permiano (circa 200 milioni di anni fa) e nel Cretacico (100 milioni di anni fa), mentre sono in grande espansione i Pesci ossei e gli Uccelli. Ciò dipende evidentemente dal fatto che molte Specie di Rettili si sono estinte alla fine del Cretacico, mentre Pesci e Uccelli stanno fornendo attualmente un gran numero di Specie estremamente simili fra loro, come i Passeri, i Luì, le Cincie, gli Uccelli di Ripa, ecc., per citarne solo alcuni. La stessa figura ci mostra che la Classe degli Uccelli è l’ultima ad essersi formata, poiché quando dai Rettili già si era delineata la Classe dei Mammiferi, di animali con il corpo coperto di penne non ne erano ancora comparsi sulla scena della Vita. La figura 3 (la foto è stata ritoccata per mettere meglio in risalto i vari

Figura 5

dettagli) ci mostra il reperto fossile di uno dei vari “anelli di congiunzione” fra Rettili e Uccelli oggi conosciuti, il famoso Archaeopteryx, vissuto nel periodo Giurassico (150 milioni di anni fa). Le figure 4 e 5 ci mostrano rispettivamente la ricostruzione e l’ala dell’Archaeopteryx confrontate con il Piccione. La figura 6 ci mostra, infine, il confronto fra l’Archaeopteryx e l’Ichthyornis, Uccello primitivo, ma ormai già vero Uccello, vissuto nel periodo successivo (Cretacico), nel quale dei primitivi caratteri rettiliani sono rimasti essenzialmente solo i denti. A tal proposito, l’assenza dei denti nel tratto distale della mascella superiore fa pensare che questa fosse già coperta da un astuccio corneo che preludeva al becco attuale. L’esiguo numero di reperti fossili di Uccelli primitivi non permette di costruire l’albero genealogico di questa Classe con lo stesso grado di attendibilità di quello delle altre. In certi casi (molto numerosi nel caso delle piante) l’abbondanza dei fossili di alcuni animali ha permesso di ricostruire esattamente il loro albero genealogico, come è il caso dei Cavallo che dall’Eocène (50 milioni di

anni fa) ad oggi ha subito delle modificazioni veramente strabilianti (fig. 7). Dal piccolo Eohippus, dalle proporzioni di un gatto, si sono formati due rami evolutivi, uno che ha dato luogo all’Hipohippus estintosi quando ancora aveva tre dita e denti a tubercoli come quelli umani (bunodonti), l’altro che successivamente si è suddiviso nell’Hipparion, già più evoluto, per avere, fra l’altro, i denti simili a quelli dei cavalli viventi (lofiodonti) e nelle varie forme che sono divenute il Cavallo attuale. Si tratta dunque di “rami secondari” che si estinguono e di un ramo principale nel quale il processo evolutivo si realizza su tutti i caratteri che favoriscono la vita di prateria (selezione naturale!), come l’adattamento alla corsa, la pastura prativa a base prevalente di graminacee, ecc. Alle volte i rami secondari evolvono per un certo tempo e poi rimangono stazionari fino ai nostri giorni (si parla in tal caso di “rami precoci”), altre volte il “ramo tardivo” ha evoluzione lenta, altre volte rapidissima (relativamente!). insomma lo studio della evoluzione degli esseri viventi ci mostra ancora una volta una “variabilità” estesissima.

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Figura 6

Mutazioni Per concludere, è fuori dubbio che gli organismi viventi attuali si sono formati a spese di altri in tempi di milioni di anni per minime variazioni genetiche fra genitori e figli (mutazioni) le quali, sommandosi di generazione in generazione, hanno finito per determinare grandi differenze nel fenotipo delle tante popolazioni animali. Questa è l’evoluzione. Che tali minime variazioni, riguardanti in primo luogo la costituzione dei DNA dei cromosomi, siano le mutazioni è ormai di dominio pubblico. Aggiungeremo che la genetica ha dimostrato che le mutazioni che si verificano ad ogni generazione sono alquanto numerose. In Drosophìla, ad esempio, più dell’uno per cento degli spermatozoi è portatore di mutazioni in qualche modo letali. Alcune mutazioni incidono sui caratteri esteriori; per averne un’idea, sullo spessore dei nostri capelli o dello

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Figura 7

smalto dei nostri denti, o sullo spessore di un’unghia di un Canarino. Altre incidono sugli infiniti caratteri interni; ad esempio, sullo spessore dei vari legamenti del ginocchio o di un dito. Altri sugli infiniti caratteri fisiologici e comportamentali, e così via. Sono queste mutazioni che, sommandosi nel tempo e con il contributo degli “smistamenti” che avvengono durante la meiosi fanno tutti gli uomini o tutti i Canarini differenti fra loro, anche se apparentemente non sembra. Come è noto, solo i gemelli monocoriali e pochi altri fanno eccezione. Se una mutazione dà luogo ad un carattere incompatibile con la vita, l’individuo che la eredita muore nel grembo materno o nel guscio e tutto finisce lì; se dà luogo ad un carattere appena compatibile con la vita, nasce un figlio malato, se dà luogo ad un carattere “anomalo”, nella lotta per l’esistenza l’individuo che lo porta risulta perdente e generalmente non

procrea, per cui la mutazione scompare da quella certa popolazione, o resta latente se è carattere geneticamente recessivo. Lo studio della distribuzione degli alleli recessivi letali nelle popolazioni (specialmente umane) è di grande interesse eugenetico, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano. La stragrande maggioranza delle mutazioni che avvengono in una popolazione animale passa inosservata, ma in qualche raro caso l’effetto di una di esse è estremamente appariscente, ad esempio la mutazione che blocca la formazione di un certo enzima implicato nella sequenza delle reazioni che conducono alla formazione della melanina o del lipocromo, ha dato luogo rispettivamente ai Canarini bruni e bianchi. Diciamo pure che mutazioni ad effetto così appariscente sono statisticamente molto infrequenti. Continua sul prossimo numero


ALIMENTAZIONE

L’essenza di pomodoro Un concentrato di valori nutrizionali testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

Premessa Tutti conosciamo il pomodoro, definito dai più il principe degli ortaggi, oppure l’imperatore dell’orto, o meglio ancora il re delle nostre tavole; ma l’essenza di pomodoro cos’è? Questa domanda l’ho posta alcuni anni fa, durante un pranzo di lavoro, ad un noto ristoratore della mia zona, che mi consigliò un primo piatto così descritto nel menù: Risotto di mare all’essenza di pomodoro. La sua risposta fu alquanto vaga (i segreti dello Chef non vanno svelati), ma il risotto risultò di una raffinatezza e squisitezza particolare! I giorni successivi, incontro l’amico agronomo Massimo e, parlando di ristoranti e piatti particolari, gliela butto lì: - Cos’è l’essenza di pomodoro? -. E lui: - Sei stato da …. e ti ha consigliato il risotto di mare all’essenza di pomodoro. Ottimo piatto e specialità del locale!–. Pomodori lavati pronti per la cottura

Tutti conosciamo il pomodoro, definito dai più il principe degli ortaggi, oppure l’imperatore dell’orto, o meglio ancora il re delle nostre tavole; ma l’essenza di pomodoro cos’è?

- Ma l’essenza di pomodoro - ribatto io – in cosa consiste?-. Questa fu la risposta: - È l’acqua di vegetazione che il pomodoro rilascia durante la sua lavorazione. Può essere ricavata dalla frullata dei pomodori o dalla cottura dei pomodori per ricavarne la salsa, filtrando con apposito passino il liquido dalla polpa. È chiamata essenza di pomodoro perché è un concentrato di valori nutrizionali. Da alcuni anni è entrata di diritto non solo nel campo culinario ma anche in quello salutistico!-. Come sempre, quando si tratta di ar-

gomenti riguardanti prodotti vegetali, Massimo, con le sue argomentazioni, sollecita la mia innata curiosità a documentarmi per dare delle risposte alle domande che mi pongo. Nel caso specifico, mi sono detto che se quel liquido derivava dalla lavorazione del pomodoro dovevo conoscere meglio quell’ortaggio (botanicamente frutto), i suoi valori nutrizionali, le proprietà e i benefici. Detto e fatto. Ecco alcuni appunti, raccolti qua e là nelle mie ricerche, che ho trascritto nel mio libretto di orto-ornitofilo, rivisti e aggiornati.

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Il Pomodoro (vedi anche mio scritto su I.O. n.4/2015 pag.63) Conoscere storia, biologia e composizione nutrizionale, ovvero tutto ciò che si riferisce ad un determinato prodotto, è la base principale per capire se quel prodotto o i suoi derivati siano più o meno utili a scopo alimentare, oppure terapeutico, o ad altri usi. Nel caso specifico parliamo di un frutto, il pomodoro, che ha una storia molto antica e controversa, e di quel liquido che rilascia durante la lavorazione, definito essenza di pomodoro. La storia ci dice che la pianta del pomodoro (Solanum lycopersicum) è originaria dell’America latina, nelle zone che ora corrispondono agli stati del Peru ed Ecuador; da qui fu portata in Messico dai Maya e poi largamente utilizzata dagli Aztechi. In Europa è arrivata tramite gli Spagnoli nel 1540, per opera di Cortés, celebre esploratore. Il primo pomodoro selvatico era giallognolo e non rosso e fu ritenuto simile a una specie già conosciuta e velenosa, la Solanum nigrum (erba morella) e quindi non commestibile. Nel corso dei secoli, con le selezioni, la pianta venne migliorata per qualità ed anche estetica fino a raggiungere il colore rosso già nel 1572. Inizialmente la pianta fu utilizzata a scopo ornamentale soprattutto in Francia e nel parco della reggia di Versailles era l’orgoglio del Re Sole. Solo le carestie del 1800, dove la gente cercava nuovi alimenti, permisero di

Acqua di cottura dei pomodori da filtrare

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scoprire la ricchezza alimentare dei pomodori. In Italia, visto che gli Spagnoli avevano possedimenti nel nostro paese e intrattenevano ottimi rapporti con le varie signorie e con l’impero borbonico, il pomodoro è arrivato quasi in contemporanea con la sua diffusione in Spagna. Infatti, si narra dell’arrivo di un cesto di pomodori alla corte di Lorenzo il Magnifico a Firenze nel 1548. Le regioni che intrapresero da subito la coltivazione e l’utilizzo culinario furono la Sicilia e la Campania e nel corso degli anni diedero impulso alle varie cultivar oggi presenti. Il nome scientifico Solanum lycopersicum ha due traduzioni curiose e contrastanti, a significare l’uso controverso di questa pianta. La prima parola “solanum” (che indica l’appartenenza della pianta dei pomodori alla famiglia delle Solanacee), deriva dal latino sòlor = lenire o curare ed è riferito alle proprietà medicinali anticamente attribuite alle piante di questa specie. La seconda parola lycopersicum (greco lycos=lupo e persicos=pesca), che identifica il frutto del pomodoro, ha invece un significato letteralmente opposto, vale a dire “pesca del lupo”: cioè un frutto nocivo, da dare in pasto ai lupi. Il nome comune pomodoro (pomo d’oro) dal latino Pomus aures; tomato per gli inglesi, tomate per spagnoli, portoghesi e francesi, deriva dal nome della pianta di pomodoro chiamata “xitomatl” dagli Aztechi, cioè ” pianta con frutto giallo-

Pomodori in cottura con aromi

oro”, molto apprezzato e che consumavano quotidianamente anche sotto forma di salsa. [Da non dimenticare che il pomodoro contiene sostanze tossiche come la solanina, quindi non si devono usare le parti verdi e neppure i frutti acerbi, ma solo quelli maturi - NdR]. Dal punto di vista botanico-agronomico il pomodoro allo stato naturale è una pianta perenne, invece se viene coltivata è annuale. La pianta ha una radice fittonante con tante radicette laterali; un fusto ramificato prostrato o eretto con foglie composte, alternate, picciolate e pennatosette ed è ricoperta da peli ghiandolari secernenti una sostanza dal caratteristico aroma; raggiunge un’altezza che va dai 50 cm fino ai 2 metri. Le infiorescenze sono a grappolo e si inseriscono sugli internodi; la fioritura avviene a partire dai primi palchi. Il fiore ha un calice a 5 sepali pelosi esternamente e una corolla di 5 petali gialli. L’impollinazione è entomofila ed è favorita dalle api e altri insetti impollinatori. Il frutto è una bacca di dimensioni e forma variabili, di colore rosso o arancio al momento della maturazione. L’ epicarpo (buccia) è liscio e lucido, il mesocarpo è carnoso con endocarpo suddiviso in logge (o loculi), piene di succo denso con numerosi semini bianco-giallognoli avvolti da una membrana gelatinosa. Il terreno ideale per coltivare i pomodori, deve essere abbastanza sciolto,


drenante e leggermente acido. Si dice che il pomodoro sia un ortaggio “ingordo”, per cui, per ottenere un buon raccolto, necessita un suolo ricco di nutrimenti e sostanza organica, fin dalla preparazione del terreno di coltura e durante lo sviluppo delle piante necesNutrienti principali per 100 gr. di pomodoro Acqua 94.52 Calorie 18 Proteine 0.88 Grassi 0.2 Ceneri 0.5 Carboidrati 3.89 Fibre 1.2 Carboidrati Zuccheri 2.63 Saccarosio 0 Glucosio 1.25 Fruttosio 1.37 Lattosio 0 Maltosio 0 Galattosio 0 Amido 0 Minerali Calcio 10 Ferro 0.27 Magnesio 11 Fosforo 24 Potassio 237 Sodio 5 Zinco 0.17 Rame 0.059 Manganese 0.114 Selenio 0 Fluoro 2.3 Vitamine Vitamina C (acido ascorbico) 13.7 Tiamina (vitamina B1) 0.037 Riboflavina (vitamina B2) 0.019 Niacina (vitamina B3 o PP) 0.594 Acido Pantotenico (vitamina B5) 0.089 Piridossina (vitamina B6) 0.08 Folati 15 Acido folico 0 Folati alimentari 15 Folati (DFE) 15 Colina 6.7 Betaina 0.1 Vitamina B12 0 Vitamina B12 (aggiunta) 0 Vitamina A (RAE) 42 Retinolo 0 Beta-carotene 449 Alfa-carotene 101 Criptoxantina 0 Vitamina A, IU 833 Licopene 2573 Luteina + zeaxantina 123 Vitamina E 0.54

sita anche di una adeguata irrigazione. Il proverbio dice: Il pomodoro vuole avere i piedi nell’acqua e la testa al sole. Tralascio la descrizione delle malattie che possono attaccare questa coltivazione e i relativi trattamenti, argomenti non pertinenti al fine di questo mio

g kcal g g g g g g g g g g g g g mg mg mg mg mg mg mg mg mg μg μg mg mg mg mg mg mg μg μg μg μg mg mg μg μg μg μg μg μg μg IU μg μg mg

22,8 % RDA 2,6 % RDA 1,2 % RDA 3,3 % RDA 1,5 % RDA 4 % RDA

7,5 % RDA

5,3 % RDA

5,4 % RDA

scritto; esistono dei trattati in merito a cui rimando chi ne fosse interessato. La composizione nutrizionale, vale a dire i nutrienti elencati nella sottostante tabellina, ci dice quante virtù possiede questo frutto, da essere definito anche un superfood.

Beta-tocoferolo Gamma-tocoferolo Delta-tocoferolo Vitamina D (D2+D3) Vitamina D Vitamina K Diidrofillochinone Lipidi Grassi saturi C4:0 - Acido butirrico C6:0 - Acido caproico C8:0 - Acido caprilico C10:0 - Acido caprinico C12:0 - Acido laurico C14:0 - Acido miristico C16:0 - Acido palmitico C18:0 - Acido stearico Grassi monoinsaturi C16:1 - Acido palmitoleico C18:1 - Acido oleico C20:1 - Acido gadoleico C22:1 - Acido erucico Grassi polinsaturi C18:2 - Acido linoleico C18:3 - Acido linolenico C18:4 - Acido stearidonico o parinarico C20:4 - Arachidonico C20:5 omega 3 (EPA) C22:5 omega 3 (DPA) C22:6 omega 3 (DHA) Colesterolo Fitosteroli Fitosteroli Aminoacidi Triptofano Treonina Isoleucina Leucina Lisina Metionina Cistina Fenilalanina Tirosina Valina Arginina Istidina Alanina Acido aspartico Acido glutammico Glicina Prolina Serina Altro Alcol etilico Caffeina Teobromina

0.01 0.12 0 0 0 7.9 0

mg mg mg μg μg μg μg

0.028 0 0 0 0 0 0 0.02 0.008 0.031 0.001 0.03 0 0 0.083 0.08 0.003 0 0 0 0 0 0

g g g g g g g g g g g g g g g g g g g g g g mg

7

mg

0.006 0.027 0.018 0.025 0.027 0.006 0.009 0.027 0.014 0.018 0.021 0.014 0.027 0.135 0.431 0.019 0.015 0.026

g g g g g g g g g g g g g g g g g g

0 0 0

g mg mg

11,3 % RDA

Fonte: U.S. Department of Agriculture, Agricultural Research Service. 2011. USDA National Nutrient Database for Standard Reference, Release 24 (http://ndb.nal.usda.gov/).

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Risotto all'essenza di pomodoro

Proprietà e benefici per la salute La presenza dei nutrienti prima elencati, in particolar modo il licopene, conferisce al pomodoro una serie di proprietà, quali antiossidanti, diuretiche, preventive e non solo. Riporto succintamente i più noti benefici, riconosciuti anche dalla comunità scientifica, che il nostro organismo o quello dei nostri volatili possono trarre dal consumo di questo alimento o dai suoi derivati, veri concentrati di sostanze benefiche. - Stimola la diuresi grazie all’abbondanza di acqua e di potassio - Stimola l’appetito grazie agli acidi citrico e malico - Favorisce la digestione: la presenza di fibre aiuta il processo digestivo - Aiuta a regolare la pressione arteriosa grazie alla presenza di potassio - Aiuta a combattere l’invecchiamento grazie agli antiossidanti come la vitamina C e il licopene - Aiuto per le ossa grazie alla presenza di calcio, vitamina K e fosforo - Potrebbe favorire la protezione contro i tumori grazie agli antiossidanti e al licopene - Potrebbe contribuire alla protezione

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della vista grazie a luteina, beta-carotene e zeaxantina - Aiuto nei crampi e dolori muscolari grazie alla presenza di potassio e calcio - Aiuto per combattere l’anemia grazie alla presenza del ferro - Aiuta la depurazione dell’organismo grazie al contenuto di cloro e zolfo

Nell’allevamento dei nostri uccelli da compagnia, il pomodoro viene elencato fra quei frutti ricchi di vitamine e minerali che sono utili per la crescita, lo sviluppo, nel processo digestivo e di aiuto per un piumaggio più lucente e ben colorato

Eccoci all’ essenza di pomodoro La tabella sopra riportata ci dice che il pomodoro è composto mediamente del 94% di acqua ed è quest’acqua che va presa in considerazione e recuperata. Nella lavorazione del pomodoro, sia a freddo che a caldo, questo liquido concentra tutti i nutrienti presenti in questo frutto, per cui diventa un concentrato di valori nutrizionali. Consumare uno o due bicchieri di questa essenza al giorno, sia come aperitivo o come snack di metà giornata, aiuta a mantenere uno stile di vita sano e aiuta l’organismo ad assimilare i nutrienti. Anche la ristorazione ha scoperto l’essenza di pomodoro ed è entrata come gourmet in piatti particolari. Nella cucina di mia moglie è presente nella preparazione di un risotto eccezionale al profumo di basilico con velatura di parmigiano. Inoltre, si presta bene per arricchire minestre con verdure o preparazione di piatti con pesce. Nell’allevamento dei nostri uccelli da compagnia, il pomodoro viene elencato fra quei frutti ricchi di vitamine e minerali che sono utili per la crescita, lo sviluppo, nel processo digestivo e di aiuto per un piumaggio più lucente e ben colorato. Nel mio allevamento di canarini di colore, oltre al frutto del pomodoro (vedi il mio citato articolo) da qualche anno uso anche l’essenza di pomodoro. Durante la riproduzione, in alternanza alle altre acque di cottura delle verdure, anche l’acqua di pomodoro inumidisce il cous-cous e il pastoncino secco. Invece, nel periodo estivo-autunnale, quando i canarini sono in voliera, faccio un trattamento mensile come bevanda per tre giorni, rinnovandola ogni giorno. Non ho riscontrato controindicazioni, anzi, il gradimento della bevanda da parte dei canarini ha sollevato i miei dubbi iniziali a tal proposito. Inoltre, ho rilevato che la razione di pastoncino inumidito con l’essenza di pomodoro viene consumata più velocemente di quella inumidita con altre acque di cottura. Per chi fosse interessato elenco due modi per ottenere l’essenza di pomodoro:


- a freddo: Dopo aver lavato accuratamente i pomodori, precedentemente scelti privi di macchie o ammaccature o rovinati (con acqua e bicarbonato quelli di provenienza non biologica), tagliarli a pezzetti e frullarli in un mixer per qualche istante, fino a ottenere un’acqua liscia e omogenea. Filtrare il tutto attraverso un colino a maglie molto strette per separare l’acqua dalla polpa. Riporre l’acqua così ottenuta in un contenitore di vetro con chiusura e riporlo in frigorifero per un paio di ore a raffreddare. Ecco pronto un ottimo aperitivo o snack per il pomeriggio. - a caldo: (procedimento per fare una salsa casalinga con aromi – ricetta della nonna – che annualmente nel mese di agosto preparo con mia moglie) Lavare i pomodori, come descritto nella versione a freddo, lasciarli scolare e tagliarli a pezzi, liberandoli dei semini. Metterli in una pentola a cuocere assieme a del basilico ben lavato. A parte lessare carote, sedano, cipolle in poca acqua e a metà cottura aggiungere il tutto nel tegame dei pomodori per finire la cottura che complessivamente può durare circa un’ora e mezza. Successivamente separiamo l’acqua di risulta della cottura dal restante prodotto che passato nella macchina ci dà una salsa ve-

Vasi con essenza di pomodoro pronti per la bollitura

Durante la riproduzione, in alternanza alle altre acque di cottura delle verdure, anche l’acqua di pomodoro inumidisce il cous-cous e il pastoncino secco

ramente speciale. A sua volta, l’acqua di cottura la filtriamo con un passino molto fine separando la polpa rimanente che va aggiunta all’altra passata dalla macchina prima di invasarla. Otteniamo così un liquido, un’essenza di pomodoro, dove ai pregi del pomodoro si uniscono anche quelli degli altri ingredienti aggiunti. Mettiamo l’essenza di pomodoro in vasi di vetro con chiusura ermetica, precedentemente sterilizzati e assieme ai vasi della salsa li facciamo bollire in una pentola ricoperti con almeno 5 o 6 cm di acqua per circa 40 minuti. Una volta raffreddati li possiamo riporre nella dispensa per utilizzarli a seconda delle necessità. Vi assicuro che il risultato è di una squisitezza particolare! Infine, non va dimenticato che il licopene aumenta la propria biodisponibilità con la cottura del pomodoro, pertanto otteniamo una salsa ed un’acqua di pomodoro “più performanti” verso tutti i benefici che apporta questo pigmento antiossidante. Chiudo con questo aforisma: La conoscenza è sapere che il pomodoro è un frutto. La saggezza è non metterlo in una macedonia di frutta. (Brian O’Driscoll) Ad maiora, semper. Alcune Fonti: - www.ortodacoltivare.it - viversano.net

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O rniFlash Perché alcuni uccelli migratori hanno cambiato rotta?

News al volo dal web e non solo

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l fenomeno della migrazione è ben noto a tutte le latitudini: ogni anno, prima dell’arrivo dell’inverno, migliaia di uccelli di diverse specie partono dalle loro dimore per volare verso sud, in cerca di luoghi più caldi (e più ricchi di cibo) dove passare la stagione fredda. E a primavera fanno il contrario, ripercorrendo all’inverso tutto il tragitto per tornare da dove erano partiti. Almeno, questa è la regola generale; ora però per la prima volta abbiamo scoperto un uccello, il calandro maggiore (Anthus richardi), un passeriforme che sta cambiando direttrici compiendo una migrazione che non va da nord a sud e viceversa, ma da est a ovest. Il motivo? Potrebbe essere colpa dei cambiamenti climatici, come si legge nello studio pubblicato su Current Biology, che riporta le scoperte del team guidato da Paul Dufour, biologo dell’università di Grenoble-Alpes. In certi casi, alcuni esemplari possono perdersi durante il viaggio, e giungere fino in Europa: questi “vagabondi” sono molto rari, ma può capitare di osservarli anche in Francia. Dufour e il suo team hanno quindi deciso di controllare in prima persona, e hanno catturato e inanellato alcuni esemplari di calandro durante l’inverno 2019-2020. L’inverno successivo, tre di questi uccelli sono stati ricatturati, e i sensori degli anelli hanno permesso di ricostruire il loro percorso: dalla Francia erano tornati nel sud-ovest della Siberia, per poi tornare indietro un anno dopo lungo la stessa direttrice est-ovest. È una dimostrazione indiretta del fatto che la rotta est-ovest è una novità degli ultimi anni. Non è difficile immaginare quali siano le ipotesi al vaglio: la distruzione dell’habitat del calandro nel sud-est asiatico potrebbe averlo convinto a cercare fortuna altrove, e l’aumento delle temperature degli ultimi anni potrebbe aver reso l’Europa meridionale un posto migliore dove passare l’inverno, e dunque la sua nuova meta. Il prossimo passo è scoprire se sono cambiate anche le rotte degli altri uccelli migratori siberiani, che negli ultimi anni, proprio come il calandro maggiore, si presentano sempre più spesso dalle nostre parti. Fonte: https://www.focus.it/ambiente/animali/uccelli-migratori-cambiamenti-climatici

Il drone con le zampe di un Falco pellegrino

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li ingegneri della Stanford University stanno lavorando ad un robot composto da un drone quadri-rotore identico a quelli attualmente in commercio e da una parte inferiore dotata di vere e proprie zampe munite di piccoli artigli. I “piedi” del drone sono ispirati alle zampe del falco pellegrino, ed hanno l’obiettivo di garantire maggiore stabilità in fase di atterraggio ai robot volanti, permettendo loro di posarsi sui rami degli alberi come gli uccelli. L’utilizzo di una simile tecnologia renderebbe i droni estremamente più versatili, poiché permetterebbe loro di atterrare e di decollare da praticamente qualsiasi terreno, riducendo la dipendenza di questi ultimi dalle superfici piane per il decollo e l’atterraggio. Secondo i ricercatori, la difficoltà più significativa del progetto è che le dimensioni e la forma dei rami sono estremamente variabili, dunque il robot dovrebbe essere dotato della capacità di analizzarli prima di atterrare, di adattare le proprie zampe alla loro conformazione e di atterrarvi senza perdere l’equilibrio, il tutto continuando ad effettuare le proprie normali operazioni di ripresa di video e fotografie. Il modello, come abbiamo già detto, è quello del falco pellegrino, ma in precedenza i ricercatori hanno studiato anche le zampe dei pappagallini per la propria tecnologia. Se la tecnologia dovesse rivelarsi soddisfacente, potrebbe trovare interessanti utilizzi in futuro, specie in ambito commerciale, rendendo meno fragili i droni da fotografia: magari, chi lo sa, potremo assistere ad un ritorno in auge della falconeria, questa volta però con dei droni al posto di falchi ed aquile. Fonte: https://tech.everyeye.it/notizie/drone-zampe-falco-pellegrino-appollaiarsi-rami-556407.html


O rniFlash Scoperta una nuova specie di uccello: è simile a un passero ra stato avvisato più di 20 anni fa in un tour di birdwatching in Perù questo tenerissimo uccellino passeriforme, ma solo ora un gruppo di ricerca guidato dal Louisiana State University Museum of Natural Sciences (Usa) ha dimostrato che è proprio una nuova specie, mai classificata dall’uomo in passato. Chiamato Heliothraupis oneilli, l’uccellino appartiene alla famiglia delle Thraupidae, ed è una tangara, una sorta di passerotto coloratissimo che vive in Sudamerica. E sì, ci sono voluti più di 20 anni per dimostrare che era proprio una nuova specie. I maschi di Heliothraupis oneilli sono uccelli giallo canarino con una striscia nera a contrasto sulla testa, nonché becchi rosa salmone e una cresta folta. Mentre le femmine sono principalmente gialle con arancio brillante o rosa sul becco, ma mancano del sopracciglio nero e della cresta. La stagionalità di questa nuova specie nel sito di riproduzione in Bolivia ha portato il team a concludere che si tratta di un migratore intratropicale, ovvero di una specie che si sposta da zone di habitat senza lasciare i tropici. Secondo i ricercatori, questo comportamento è molto raro tra i passeriformi. Si pensa che questo uccellino si riproduca nella foresta decidua del sito boliviano rigorosamente durante la stagione delle piogge, che va da novembre a marzo, e che trascorra la stagione secca disperso lungo i pendii inferiori delle Ande fino all’estremo ovest del Perù, il sito originale di scoperta, che occupa habitat dominati dal bambù. Dagli anni ’60 sono stati descritti meno di 10 nuovi generi di uccelli. E purtroppo l’uomo sta facendo estinguere moltissime specie. Questa notizia è dunque una bellissima fonte di speranza. Fonte: https://www.greenme.it/informarsi/animali/scoperta-nuova-specie-di-uccello-sudamerica/

Bioenergia per salvare gli uccelli delle praterie

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o studio “Growing grasses in unprofitable areas of US Midwest croplands could increase species richness”, pubblicato su Biological Conservation da Jasmine Kreig del Bredesen Center dell’università del Tennessee, Esther Parish ed Henriette Jager dell’Oak Ridge National Laboratory, ha dimostrato che l’utilizzo di terreni agricoli meno redditizi per coltivare colture bioenergetiche come il panico verga (Panicum virgatum), una delle specie dominanti delle praterie di erba alta nell’America settentrionale, potrebbe alimentare non solo l’energia pulita, ma anche avere ricadute benefiche sulla biodiversità. La Kreig ha sviluppato e convalidato modelli di distribuzione delle specie per 28 specie di uccelli in tutto lo Iowa e ne è venuto fuori che la coltivazione di erbe delle praterie autoctone potrebbe anche aiutare l’avifauna, aumentando la diversità delle specie dal 3% minimo fino all’8%, riconvertendo a praterie di panico verga gli acri coltivati a mais/soia che attualmente hanno un basso ritorno sull’investimento. Inoltre, lo studio fa notare che «Le aree non redditizie tendevano a trovarsi lungo i corsi d’acqua, il che suggerisce che l’istituzione di riserve rivierasche come potenziali aree cuscinetto può avvantaggiare la biodiversità aviaria, migliorando al contempo la qualità dell’acqua e riducendo i costi inutili per gli agricoltori». La Jager conclude: «Trovare modi per coltivare colture economicamente vantaggiose che aiutino anche a ripristinare l’habitat per le specie di uccelli delle praterie è una vittoria per tutti. Questa è un’opportunità per raggiungere sia gli obiettivi per le energie rinnovabili che quelli di conservazione». Fonte: https://greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/ bioenergia-per-salvare-gli-uccelli-delle-praterie/

News al volo dal web e non solo

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DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Decima parte

Riviste di ornitologia, di ornitofilia, di ornicultura testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

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e esperienze editoriali riguardanti l’ornitofilia amatoriale e sportiva che in Italia si sono susseguite, già a partire dall’inizio del secolo scorso, sono state numerose e variegate, alcune anche importanti, impossibile menzionarle tutte quante. Tratterò, pertanto, in questa nota, soltanto di alcune tra le riviste nate come strumento di informazione tra i tesserati e gli iscritti alle organizzazioni ornitologiche italiane. Tra queste, alcune hanno avuto breve vita, oggi non sono più edite poiché soppiantate dall’evolversi del tempo, dagli eventi e, più di recente, prima da internet quindi dai social, dagli altri rapidi mezzi tecnologici di comunicazione e dal mutare degli stili di vita; altre ri-

Copertina del “Giornale degli Uccelli”

mangono come riviste pubblicate solo in formato digitale, perdendo ovviamente ogni attrattiva di tipo collezionistico. Una tra le primissime riviste italiane interamente dedicate al comparto è stata diretta dal Dott. Fernando Savino; la testata si chiamava “Uccelli da gabbia e da voliera” e il primo numero venne pubblicato nel 1942. Fu proprio attraverso questa rivista che nel 1946 il Dott. Savino si fece promotore della costituzione, in tutte le città d’Italia, delle prime Sezioni di allevatori di canarini. Savino è stato uno dei pionieri della canaricoltura italiana, era in possesso di doti di abile divulgatore e aveva la grande capacità di attrarre l’interesse e l’entusiasmo da

Copertina di “Uccelli da gabbia e da voliera” sett. /ott. 1947

parte degli allevatori. Proprio il Dott. Savino dalle pagine della rivista lanciò l’idea di costituire l’Associazione Nazionale dei Canaricoltori d’Italia; il passo successivo sarebbe poi stata la costituizione della Federazione Nazionale di Canaricoltura e poi ancora la nascita della Federazione Ornicoltori Italiani. La rivista, la cui diffusione sarebbe durata per oltre trent’anni, ebbe nel tempo numerosi cambi di direzione e denominazione, svariati importanti collaboratori, tra tecnici, professionisti e hobbisti ornicoltori. Tra le più antiche riviste ornitologiche italiane vi è “Canaricoltura” - rivista mensile divulgativa di scienza, tecnica e pratica ornitologica, fondata a Novara nel 1949 e che dopo appena due

Copertine delle riviste “Canaricoltura” del 1949 e “Ornitologia” del 1951 (foto tratte dalla pagina Facebook della A.P.O.N. – Novara)

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anni, nel 1951, prese il nome di “Ornitologia” - rivista mensile di ornicoltura tecnica e pratica. Direttore Responsabile nonché fondatore e ideatore di queste pubblicazioni fu Giuseppe Vaccari, socio della A.P.O.N.- Novara, noto autore di diversi libri e di monografie, nonché collaboratore assiduo della Encia Edizioni. Per iniziativa del Rag. Giuseppe Zamparo nasce nel 1962 “Uccelli”– Rivista

mensile di Ornicoltura Tecnica e Pratica. Zamparo, dopo aver collaborato con l’Encia di Udine, aveva fondato la casa editrice “Edizioni Zootecniche”, creando una rivista che, per parecchi anni, è stata un punto di riferimento per tanti allevatori italiani. “Uccelli”, distribuita esclusivamente tramite abbonamento annuale e inviata gratuitamente a tutte le Associazioni, per alcuni anni ha ospitato, al proprio in-

Copertina della rivista “Uccelli” di Giuseppe Zamparo - Udine

2010 il 50° numero di “ALCEDO - Ornitologia e Natura”

terno, anche il Bollettino della F.O.I. oltre che articoli di importanti firme ornitologiche dell’epoca. Per diversi anni la rivista e il suo Direttore avrebbero rappresentato la voce critica del settore ornitologico nazionale. Nel 1995 Zamparo, all’età di ottantacinque anni, lascia la guida della testata a Italo Feregotto. La rivista diventa a colori, viene cambiata la copertina e sono introdotte alcune novità nella grafica oltre che nei contenuti. Feregotto prosegue le pubblicazioni sino al 2010, anno in cui viene distribuito l’ultimo numero. Prima del 1967 la F.O.I. pubblicava le notizie e le informazioni federali e associative tramite vademecum e attraverso il cosiddetto “Bollettino Ufficiale della F.O.I.”, ospitato all’interno delle riviste già esistenti. Nel 1967 il Bollettino Ufficiale prese la denominazione de “Il Notiziario F.O.I.”, con il quale erano pubblicate notizie, informazioni, relazioni e verbali della Federazione. “Italia Ornitologica” - rivista di ornitologia scientifica- tecnica – pratica, Organo Ufficiale della F.O.I. nasce con il famoso numero zero di aprile-maggio 1975. Per i primi anni la rivista è stata distribuita con cadenza bimestrale, salvo poi trasformarsi in mensile, con

“Il Giornale degli Uccelli” Ornitologia, Ornitofilia, Birdwatching. Copertine del n. 1 e del n. 25 (rispettivamente il primo e l’ultimo numero) + poster in omaggio allegato al n. 2

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dieci o undici numeri l’anno (le riviste pubblicate nel periodo estivo sono abitualmente numeri doppi). “Italia Ornitologica” è la nostra storica rivista, viene spedita gratuitamente a tutti i tesserati F.O.I. e inoltre è possibile abbonarsi anche senza iscriversi alla Federazione, effettuando un versamento di 50,00 euro sul Conto Corrente Postale n. 53684957; infine, è possibile visionare la rivista in formato digitale collegandosi al sito ,sfogliabile online. La rivista, che contiene numerose interessanti rubriche, è spedita a tutte le Federazioni affiliate e riconosciute dalla C.O.M. - Direttore Responsabile è il Presidente F.O.I. “Il Mondo degli Uccelli” - rivista bimestrale di ornitologia - Organo ufficiale dell’Associazione Nazionale Indigeni Esotici Ibridi, è stata pubblicata tra il 1971 e il 1982. La rivista, nata come naturale sviluppo del “Bollettino dell’A.N.I.E.I.” in precedenza stampato in ciclostile, ha avuto come Direttore Responsabile dapprima Giorgio De Baseggio, poi Giovanni D’Amico e infine Giuseppe Paolo Mignone. In seguito ad una scissione all’interno del gruppo dirigente dell’A.N.I.E.I., si formò nel 1978 l’A.O.N. (Associazione Ornitologica Nazionale) che ebbe come organo ufficiale la rivista “Avifauna”, con Direttore Silvio Spanò. “Il Giornale degli Uccelli” - Ornitologia,

Ornitofilia, Birdwatching (Sprea & Gussoni Periodici) è stata una rivista bimestrale di ornitologia e ornitocoltura. Direttore il Dott. Massimo Camerata. Sul magazine naturalistico erano presenti informazioni sulle diverse razze di uccelli, sulla dieta, sulla nidificazione, sulle oasi che ospitano uccelli protetti, su come allevare al meglio i volatili e molto altro. Probabilmente è stata l’unica rivista italiana che ha tentato di rivolgersi a un più vasto pubblico di lettori, puntando sulla vendita tramite il canale tradizionale delle edicole, oltre che con la formula degli abbonamenti postali. Il primo numero è uscito in edicola nel giugno/luglio del 1996, con un prezzo di copertina fissato in lire 6.000. Le pubblicazioni si sono susseguite per complessivi 25 numeri sino al 2000, quando è stato distribuito l’ultimo numero posto in vendita al prezzo di £ 10.000. “ALCEDO Ornitologia e Natura” rivista bimestrale di ornitocultura, ornitologia, ornitofilia e fotografia naturalistica. Edizioni Alcedo s.r.l. Direttore Massimo Natale. Le pubblicazioni iniziano nel gennaio 2002 e terminano nel 2016, con 90 numeri pubblicati. ALCEDO si avvale della collaborazione di studiosi di ornitologia, di fotografi naturalistici, di allevatori esperti e di veterinari specializzati.

La rivista ha prodotto negli anni diversi articoli di buona qualità, per completezza della trattazione e per l’elevata quantità di argomenti, con una notevole attenzione al corredo iconografico, curato da Leone Pidalà. Moltissime le pubblicazioni, sul tutto il territorio nazionale, gestite direttamente delle Associazioni Ornitologiche affilate alla F.O.I., tra queste desidero menzionare: “El Gnareto”, periodico d’informazione e formazione ornitologica dell’Associazione Provinciale Ornicoltori VicentiniVicenza la cui pubblicazione è iniziata nel 1986. Spedizione in abbonamento postale con un costo annuo di lire 10.000. Stampato in due colori, in formato tabloid. “L’Arricciato Padovano”, notiziario trimestrale dell’Associazione Padovana Ornicoltori, in formato tabloid personalizzato, corredato da foto a colori. Direttore Responsabile il caro amico, Cav. Guido Gambarin. Intorno alla fine degli anni ’90 l’A.R.O. Roma ha pubblicato una rivista denominata “Uccelli in casa”, periodico trimestrale di ornitologia, per la conoscenza, la cura e il mantenimento degli uccelli da gabbia e da voliera. Organo d’informazione dell’Associazione Romana Ornicoltori - Direttore Responsabile Luigi Fiengo. La rivista è stata distribuita, con il patrocinio della Fe-

Testata di alcune riviste informato tabloid

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derazione Ornicoltori Italiani, per un breve periodo. L’ultima pagina, quasi come se si trattasse di una testata autonoma, era dedicata interamente ai tesserati dell’Associazione e titolava: “Il NotiziA.R.O.” “L’Informatore Alato”, notiziario dell’Associazione Ornicoltori Monzesi, rivista trimestrale spedita e dedicata ai soci, disponibile anche presso la sede sociale di Monza, e visionabile sul sito La rivista, attualmente curata da Dario Sironi, sta per tagliare il prestigioso traguardo dei trent’anni; il primo numero è infatti del 1° aprile 1992 (se ne è ampiamente trattato nel recente numero 6/7 2021 di Italia Ornitologica, a cui rimando per approfondimenti). “Il Corriere Ornitologico”, rivista di in-

formazione e divulgazione scientifica edita dall’Associazione Ornitologica Trinacria Onlus di Palermo (la mia Associazione), stampa tipografica a colori, formato pocket. Il primo numero è stato pubblicato nel maggio 2014. Il periodico è stato interamente curato da Gianni Matranga fino al 2020, anno in cui è stato distribuito l’ultimo numero. Numerose anche le riviste edite dai Club di Specializzazione e riservate ai soci; ne cito solo alcune: “Notiziario del Gloster Club (Italia)”, bimestrale destinato ai soci, probabilmente la prima rivista edita in Italia a cura di un Club, stampata in versione “casereccia” dal fondatore Italo Feregotto, già a partire dal 1982. La tradizione dei bollettini informativi

destinati agli allevatori del Gloster iscritti al Club prosegue nel 1997 con “Gloster News” tabloid curato da Alfredo Bevilacqua, redatto in proprio, distribuito ai soci del Gloster Canary Club Italiano. Nel 2004, infine, è stata la volta di “Gloster Magazine” notiziario ufficiale del Club specialistico Italian Gloster Society, formato tascabile, a colori. “Club dell’Esotico News” - Faenza organo ufficiale del Club dell’Esotico, diventato poi dal 2001 organo ufficiale anche dell’Italia Zebravinken Club. Il primo Direttore Responsabile è stato Giovanni Agostini, con distribuzione gratuita per tutti i soci di entrambi i Club. Le pubblicazioni iniziano con il numero zero di settembre/ot-

Il numero zero di settembre-ottobre 1988 del bimestrale “Club dell’Esotico News”

N. 1 giugno 1997 di “Ali Drepanum” mensile di ornitologia dell’Ass. Orn. Drepanum di Trapani

“Gloster News” anno 1 numero 1 luglio/agosto 1997

N.1/2000 anno 1° del “Lancashire News” a cura del Club Italiano Canarino Lancashire

“Agapornis e dintorni” anno 1 numero 1 ottobre 2003 - rivista del Club Italiano All. Agapornis

gennaio 2004 la rivista n. 1 del Border Canary Club Italiano

2004 n. 1 anno I di “Gloster Magazine” Notiziario del Club Italian Gloster Society

2006 n. 1 anno I del Club Amatori Avifauna Autoctona: Conversazioni Ornitologiche

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Articolo introduttivo di Italia Ornitologica anno I numero 0 aprile-maggio 1975

Colloquio e informazione

I

Annata completa 1979 della rivista de “Il mondo degli uccelli “dell’A.N.I.E.I.

tobre 1988 e, ritengo, si concludano in veste cartacea intorno al 2012 (gli ultimi numeri credo siano stati pubblicati soltanto in formato digitale). Redattore Stelio Gulmanelli. “Lizard News”, rivista dedicata ai soci del Lizard Canary Club Italiano (fondato nel 1989). Le pubblicazioni iniziate nel 1991 sono state in formato ciclostile sino al 1996; successivamente è stata avviata la stampa tipografica in formato a libretto con copertina a colori. Alla rivista hanno a lungo collaborato numerosi soci con articoli tecnici sulla razza. La stampa è stata per alcuni anni interrotta e più di recente sono state riprese le pubblicazioni a colori in formato tabloid, ma solo in versione digitale e con una rinnovata veste grafica. “Conversazioni Ornitologiche”, periodico di Ornitologia, Ornitofilia, Natura e Ambiente, è il bimestrale del Club Amatori Avifauna Autoctona, pubblicato ininterrottamente dal 2006, sempre con interessanti articoli e con belle foto a colori, in formato tabloid; gli ultimi numeri sono stati pubblicati esclusivamente in versione digitale. Direttore Responsabile il Prof. Sebastiano Paternò. Concludendo, sono consapevole di non aver citato tantissime altre belle iniziative editoriali, attuali o via via succedutesi nel tempo, ma del resto alla base di un prospero collezionismo non deve esservi necessariamente un ideale di completezza o di perfezione, altrimenti una sana passione rischierebbe di trasformarsi in ossessione.

l Consiglio Direttivo in carica, in ossequio al preciso mandato scaturito dall’Assemblea di Roma, e partecipe come voi tutti della impellente esigenza di istituire l’organo ufficiale della Federazione Ornicoltori Italiani, si propone, con questo numero, di dare l’avvio ad un colloquio aperto a tutti gli appassionati di Ornitologia. Il fatto di iniziare, forse fra gli ultimi, invece di essere mortificante, deve costituire lo stimolo necessario a riguadagnare il tempo perduto portandoci al livello che compete, per numero di iscritti tradizione ed esperienza, alla nostra Federazione. Siamo certi e coscienti che il livello di conoscenze tecniche acquisito da molti Allevatori italiani è tale che con la loro collaborazione, ovviamente indispensabile, la nostra Rivista (proprio perché di tutti) diverrà in breve tempo il più qualificato organo di stampa per tutta l’Ornitologia italiana. Ci conforta, nella nostra convinzione, anche il fatto di poter contare sulla qualificata e preziosa collaborazione del Prof. G. de Baseggio, al quale abbiamo affidato la direzione tecnica della Rivista “Italia Ornitologica”. La passata esperienza sul Bollettino-FOI ci ha condotti alla soluzione che si propone, come obiettivi principali, l’indirizzo tecnico informativo e la spedizione diretta a tutti gli associati. Solo se da queste colonne sarà possibile seguire e conoscere lo svolgersi e l’evolversi dell’Ornitologia italiana, dibattendo ad ogni livello i comuni problemi (e La copertina di “Italia Ornitologica” anno I numero 0 mi riferisco sia agli Allevaaprile / maggio 1975 tori quanto a tutti gli organismi federali, dal C.D. alle Commissioni Tecniche, dai raggruppamenti regionali ai direttivi delle singole Associazioni), solo allora, dicevo, avremo coronato i nostri sforzi, tesi a creare uno strumento valido e reale e avremo concretizzato una pluriennale e sentita esigenza. Sarà comunque l’Assemblea di Firenze a decidere, nell’ambito della riforma contributiva, se continuare o meno sulla strada intrapresa, dandoci conferma della validità della stessa. Termino queste mie brevi note introduttive rivolgendo ancora un caldo appello a tutti affinché collaborino, indipendentemente da titoli o incarichi, per una degna riuscita del comune lavoro, nell’interesse esclusivo della Ornitologia, nostra croce e passione. RAFFAELE CHIATTO Presidente della F.O.I.

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CRONACA

Breve storia dell’A.F.O. Dalle Orgini ai nostri giorni testo e foto di NICOLA GIORDANO, (CONSIGLIERE A.F.O.)

“Per comprendere il vivo presente e la promessa del futuro è necessario ricordare il passato” (R. Carson)

L’

Associazione Fiorentina Ornitologica (AFO) è stata fondata il 2 gennaio 1965. L’atto costitutivo fu redatto dal notaio dr. Fabio Vercillo, il cui studio era sito in via de’ Martelli 4, in Firenze. Il Consiglio direttivo era formato da 12 membri; il primo Presidente fu un sacerdote, don Armando Elmi, parroco di Monteborello della Rufina, che mantenne tale carica solo un anno. Il primo segretario fu una donna, la signora Pia Zucchi, e nel Consiglio direttivo era presente anche un’altra donna, la signora Elena Alinari. Ciascuno dei membri del Consiglio generosamente versò la cifra di lire 2000 per costituire il primo fondo spese. All’inizio della sua “avventura”, l’Associazione iscrisse circa 20 soci, oltre ai membri del Consiglio direttivo. L’AFO, sin dagli esordi, aderì alla Federazione Ornicoltori Italiana (FOI), che a quel tempo era a Bologna, in via Indipendenza 19. La prima sede dell’AFO era allocata in un fondo della Metro-Goldwyn-Mayer (ove lavorava il socio Umberto Melani), in piazza Stazione. Nel 1966, dopo l’alluvione, il Consiglio direttivo acquistò da Giuseppe Zamparo di Udine (direttore anche della rivista Uccelli) 500 gabbie a pagoda e, successivamente, nel 1971, oltre 600

gabbie a cassetta da un’azienda di Macerata. Del primo Consiglio direttivo è in vita solo Giuliano Passignani, che mi ha fornito alcuni documenti da cui ho attinto per scrivere queste note storiche. Dal 1965 al 2021 si sono susseguiti, dopo don Elmi, 9 presidenti nel seguente ordine temporale: Alfonso Landini, Umberto Melani, Francesco Cammilli, Piero Fanfani, Stefano Baluardi, Umberto Zingoni, Giuliano Passignani, Benedetto Bianco e Massimiliano Terraveglia. Le sedi dell’AFO, sempre in ordine temporale, sono state: piazza Stazione, via Villani, via Rossini, via Lunga, viale Matteotti (presso l’AICS), via Torre degli Agli ed infine via Pisana, presso il circolo “Dario del Bene” (sede attuale). Il numero dei soci ha raggiunto il suo apice a metà degli anni ‘80 del secolo scorso, con più di 200 iscritti. Sin dalla sua fondazione, l’AFO ha organizzato almeno una mostra ornitologica all’anno, ad eccezione degli anni 1966 (causa alluvione) e 1987 (probabilmente per dissesto finanziario). La prima mostra si tenne nel 1965 presso la serra del Giardino di Ornicoltura di Firenze, sita in via Bolognesi. Durante i primi anni della presidenza di Francesco

Cammilli furono organizzate ben 3 mostre ornitologiche. Agli inizi degli anni ‘70 del secolo scorso (1974 o 1975?) fu organizzata la prima rassegna di canarini di forma e posizione lisci, con giudizio a confronto effettuato da due giudici inglesi, presso la villa Le Pavoniere. Nel 1981, L’AFO organizzò il Campionato Italiano di Ornitologia, rimasto memorabile per la perfetta organizzazione e la grande partecipazione degli espositori e dei visitatori. Nell’ AFO hanno operato per anni figure prestigiose, fondamentali, che hanno fatto la storia non solo dell’associazione stessa ma anche dell’ornitologia italiana ed internazionale. Ne ricordo solo alcune: Umberto Zingoni, Otello Mori e Giuliano Passignani. I primi due, purtroppo, non sono più tra noi. Quindi, scrivo prima di Giuliano solo perché potrà leggere personalmente quanto dirò di lui. Canarini e sport (calcio e ciclismo): in questi due mondi il fiorentino Giuliano Passignani ha trascorso la vita. Sin da ragazzo è stato attratto dal mondo degli uccelli, segnatamente da quello dei canarini e da oltre cinquant’anni alleva diverse razze di canarini di Forma e Posizione. Giuliano è stato socio fondatore dell’AFO, più volte Presidente o Segretario della stessa. Profondo conoscitore dei canarini di forma e posizione lisci, ma anche degli arricciati e dei canarini di colore, Giuliano è stato giudice OMJ ed ha giudicato non solo in Italia, ma in molti Paesi stranieri. Ha fatto parte, per 30 anni, della Commissione Tecnica Nazionale dei canarini di forma e posizione lisci in ambito FOI e ha partecipato alla realizzazione della rivista FOI “Italia Ornitologica”, sulla quale sono stati pub-

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blicati molti suoi articoli. Nel 1975 Passignani, in collaborazione con Cristinziani, Frulio, Motta e Tognarini, scrisse i primi “appunti” dei criteri di giudizio dei canarini di forma e posizione lisci, descrivendo le razze riconosciute a quel tempo. Insieme con il sottoscritto e con l’ex-giudice Ugo Barra ha scritto il volume “Canarini di forma e posizione lisci di tutto il mondo”, edito dalla FOI. Nell’ultimo periodo si è volontariamente allontanato dalla Federazione, suscitando perplessità per tale scelta in molti suoi estimatori. Ed ora parliamo di Otello Mori, che è stato senza dubbio uno dei pionieri dell’ornitologia italiana dei Canarini di colore. Nato nel comune umbro di Panicale, si trasferì da bambino a Firenze per lavorare come apprendista sarto, grazie alle referenze del sarto del suo paese che lo segnalò per la sua abilità manuale, capacità di apprendimento e per l’acutezza visiva, che era la sua fondamentale, naturale ed apprezzatissima dote. L’allenamento a distinguere e valutare le minime variazioni fra trama ed ordito dei tessuti gli consentì di applicare le proprie capacità per eccellere nel primo corso italiano per allievi giudici organizzato da Rocco Catapano a Bondeno. Precedentemente i pochi giudici esistenti, tra i quali Catapano, Ragazzi e Chillè, erano stati nominati probabilmente direttamente dalla FOI. La sua competenza era riconosciuta in tutto il mondo; come era noto a tutti, il suo carattere era deciso e senza peli sulla lingua (cosa

Il nuovo Consiglio Direttivo dell'AFO

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che non tutti apprezzavano). La sua eccezionale capacità di valutazione pratica faceva passare in secondo piano alcune sue difficoltà nell’esporre le parti teoriche che però, con molto impegno e sacrificio, aveva assimilato perfettamente ed applicava nella gestione di allevamento, con ottimi risultati. Come Maestro era un po’ impaziente perché diceva sempre ai suoi discepoli: “Se non riesci a vedere la trama e l’ordito, non diventerai mai un buon sarto e la stessa cosa vale per i canarini”. Dava sempre spiegazioni esatte e sintetiche che non ripeteva mai e, come tutti i grandi Maestri, era sempre curioso ed attento ad ogni aggiornamento. In poche parole, aveva un colpo d’occhio fenomenale e non temeva nessun confronto! Ed ora è la volta di Umberto Zingoni. Chi ha avuto il piacere di conoscerlo sa bene che risulta impossibile parlare del Professor Umberto Zingoni senza ricorrere ai superlativi. Nato a Firenze nel 1920, personaggio unico, irripetibile, non solo per quel che concerne l’ornitologia, ma anche per la sua personalità e per il suo sapersi porre sempre con grande umiltà, pur essendo pienamente consapevole di possedere conoscenze superiori alla stragrande maggioranza delle persone che potesse incontrare. Dal 1959 iniziò a dedicarsi all’ornicoltura. Il suo retaggio di docente di biologia, fisiologia, astronomia, scienze della terra, genetica gli ha permesso di consegnare all’ornitologia italiana, ed oserei dire anche mondiale, tutta una serie

di preziose informazioni, sfociate poi nella progettazione e la creazione di una delle razze italiane più apprezzate, il “Fiorino”. Giudice, formatore, Presidente della Commissione Tecnica, allevatore, scrittore, divulgatore viene ricordato da tutti come un vero e proprio luminare. Lo Zingoni ha lasciato, per nostra fortuna, un’eredità importantissima a tutti coloro che fanno parte del grande settore ornitofilo, con i suoi articoli (più di 100), con le sue pubblicazioni scientifiche e soprattutto con la sua opera più completa, ossia il testo “Canaricoltura”, edito dalla F.O.I., un vero e proprio trattato sull’argomento che è giustamente considerato da molti “la Bibbia” dell’allevamento del canarino. Umberto Zingoni è un nome che resterà indelebile per l’ornitofilia. Come scrisse tempo fa Federico Vinattieri “Il grande professore aveva già raggiunto l’immortalità molto prima di lasciare questo nostro mondo”. La storia dell’AFO è stata contrassegnata da grandi successi, anche se non sono mancati i momenti bui, che tuttavia l’Associazione ha saputo sempre superare in modo brillante. Spero sinceramente che il nuovo Consiglio direttivo, ispirato dagli esempi luminosi del passato e sotto la guida “saggia, umile e completa” del presidente Piero Fanfani, sappia riportare l’AFO agli antichi splendori. Le premesse ci sono: del Consiglio fanno parte giovani pieni di entusiasmo e dotati di tanta disponibilità. Mi permetto di riportare di seguito il nuovo direttivo AFO: - Piero Fanfani, Presidente - tesoriere - Alessandro Tedone, Vice-presidente - Federico Vinattieri, Segretario - Nicola Coffaro, Co-Segretario - Antonio Villucci, Consigliere - Giuseppe Mineo, Consigliere - Nicola Giordano, Consigliere - Daniel George Nunziata, Consigliere - Antonio Silvestro, Consigliere. Commissione contabile: Lucio Gammarota, Claudio Corallo, Luca Gelsumini. Ho voluto scrivere queste note storiche affinché “ne rimanga memoria” e per esprimere agli “uomini del passato” il nostro ricordo e la nostra riconoscenza. Questi i recapiti, mail: afo@associazionefiorentinaornitologica.it Whatsapp: 347.4651796


CRONACA

Attorno ad alcuni uccelli veduti a Castelfidardo Mostra nazionale: “Triangolare ornitologico” testo ed illustrazioni di FRANCESCO SAVERIO DALBA, fotografie da Internet (libero dominio)

I

l giorno 17 di ottobre 2021, lungo la strada statale che conduce da Ancona a San Benedetto del Tronto (recte da Padova ad Otranto: la più estesa di tutte le vie d’Italia) ebbi la ventura di assistere ad una mostra ornitologica nazionale organizzata dall’Associazione Ornitologica Recanatese Valmusone, dall’Associazione Ornitologica Sanbenedettese e dall’Associazione Ornitologica Umbra, denominata “Il Triangolare ornitologico”. Prima ancora di accedere ai locali della mostra comparve il signor Marino Cecchi. Quando egli è presente ad una manifestazione può dirsi per certo che saranno esposti animali inusitati o rari. L’esposizione che ha sempre contribuito ad organizzare a Macerata è rinomata per la varietà di specie, animali e vegetali, che vi sono esibite. Se Emilio Cecchi in Messico (1932, ed. Adelphi, 1987) e nel volume Et in Arcadia Ego (1936, ed. Mondadori 1942) ha così mirabilmente descritto i territori ellenici e della Nuova Spagna, che leggendo pare di trovarvisi, Marino Cecchi fa convergere in mostra specie tanto peculiari che ci si sente trasportati nei luoghi più esotici e remoti del pianeta. All’ingresso del parcheggio, in una zona che, dopo avere attraversato le colline umbre provenendo da Assisi, non poteva non apparire un poco disadorna e brulla, vi erano due laghetti artificiali, nei quali nuotavano due esemplari di Cygnus atratus. Un tempo i giardini pubblici d’Italia erano grandemente popo-

Cygnus atratus del signor Baffetti

lati da specie diverse di cigni, tra i quali non infrequenti erano quelli neri. Ora, col recedere della natura dai nostri centri urbani a vantaggio di una sterile avanzata dell’elettronica e della tecnologia, i cigni esotici sono sovente relegati all’archivio delle rimembranze d’infanzia. Nelle collezioni private è dato talora vedere il più chiaro tra tutti i cigni: Cygnus

cygnus, privo di maschera nera attorno agli occhi e col becco giallo anziché arancione. Il suo bianco è supremo, come il manto dell’ermellino in inverno ed è così immutabilmente perfetto da ricordare un detto dei Moralia di Plutarco (Come distinguere l’adulatore dall’amico) per cui il camaleonte può assumere qualsiasi colore, tranne il bianco. Il suo areale si arresta alla penisola balcanica ad Oriente ma sui lidi d’Italia si può incontrare in libertà lungo le sponde orientali dell’Adriatico, mentre sverna. Potei udirne il canto nel 2018 a Legnago, assai più potente di quello del cigno reale, simile piuttosto al suono di una buccina romana. Mi fu riferito che una coppia ha un costo che si aggira sui 600,00 euro. È il Cygnus (non l’olor) protagonista del balletto messo in musica da Tchaikovskij, e vederlo nuotare porta sinesteticamente alla mente Finlandia di Sibelius. Nei laghetti comunali la presenza di Cygnus melancoryphus col corpo bianco, collo nero e caruncole rosse assai evidenti spingeva ad interrogarsi sul diffondersi della colorazione nera e sul suo progressivo sopravvento rispetto a quella bianca. L’epiteto di specie è riportato in varie forme, ma deriva da μελαγ-κορυφος, ossia “dal cappuccio nero”, ove gamma-kappa in greco è letto come “ng”, quindi correttamente traslitterato come melancoryphus. Caso non molto ricorrente, la descrizione scientifica del Cigno collo nero è in lingua italiana e la si trova alla pagina

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L’infaticabile Marino Cecchi

234 del Saggio sulla storia naturale del Chili dell’abate Giovanni Ignazio Molina, pubblicato a Bologna il 1782. Il Molina era un gesuita cileno; nel 1774, quando era poco più che trentatreenne, i Gesuiti furono espulsi dal Cile e lui giunse ad Imola. La sua opera è simile per impostazione alla Bibliotheca di Fozio (in italiano una silloge in Adelphi, l’integrale edita più di recente dalla Normale di Pisa): l’erudito, distante dalla fonte della sua erudizione, la osserva nel teatro della sua mente e la descrive per i posteri. Così il Molina rammenta la natura del Cile, descrivendola dalla Romagna:

Perdicula asiatica in una tavola di J. Gould, Birds of Asia

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“L’Attenzione dell’Europa è preferentemente rivolta all’America: si cerca con erudita curiosità di conoscere la diversità de’suoi climi, la struttura de’suoi monti […] e animali”. Vi si legge ancora: “Questo Paese, dirò così, è l’Italia, vale a dire il Giardino dell’America Meridionale, ove tutto ciò che può desiderarsi per passare una vita comoda, proviene colla medesima abbondanza, e perfezione, che nell’Europea” (pp. 3-4). A pagina 234 della storia naturale trovano dunque collocazione due descrizioni di Anatidi destinate ad essere considerate scientificamente valide. Così il Cygnus melancoryphus: “Il Cigno Chilese […] è a un di presso della grandezza del Cigno Europeo, a cui si rassembra di molto per la forma, ma si distingue pel colore delle piume che cuoprono la sua testa fino alla metà del collo, le quali sono di un bel nero, mentre tutte le altre sono di un bianco rilucente”; alla nota 3* sinteticamente in latino: “Anas rostro semicilyndrico rubro, capite nigro, corpore albo”. Il Molina è colpito dai costumi coi quali alleva i piccoli: “La femmina produce sei piccoli, che non abbandona mai nel nido, e quando va a procacciarsi il vitto, se reca tutti sul dorso”. Un tratto che salta spesso agli occhi dei naturalisti e dei viaggiatori antichi è la cura parentale per piccoli ed uova, allorquando portati sul dorso: un esempio

notevole è quello di Antonio Pigafetta, all’inizio del suo famoso diario, ove scrive di avere veduto varie specie di uccelli marini tra i quali “quando la femina vuol far li ovi, li fa sopra la schiena del maschio, e ivi si creano; non hanno piedi e sempre vivono nel mare”. Probabilmente è un tratto che li avvicina a certe cure prestate dai mammiferi (si pensi agli opossum o alle scimmie). Io stesso ho assistito, nel soggiorno della mia abitazione allo svezzamento dei Thallomys nigricauda (ratto arboricolo dalla coda nera), i cui piccoli restano costantemente attaccati alle mammelle materne durante tutta la prima fase di vita. I costumi arboricoli dell’animale hanno fatto evolvere questo tratto, per evitare le cadute dall’alto. Sempre nella stessa stanza ho veduto una Monodelphis domestica con alcuni piccoli aggrappati alla schiena e posso confermare che tale abitudine è tale da procurare sempre un certo grado di innato interesse. Lo stesso varrà per gli uccelli. Piace riportare una curiosa notizia letta su The Secret Life of Wombats di J. Woodford: i koala sono evoluti da un antenato fossorio, simile al vombato, che ha il marsupio volto verso la coda, ad evitare che la terra rimossa nello scavo delle gallerie possa entrarvi. I piccoli dei koala, nei marsupi a terribili altezze, hanno dunque lo sguardo rivolto verso il basso. All’alinea che precede la descrizione del melancoryphus il Molina parla di un cigno particolarissimo, sin dal nome (un’onomatopea cilena per il verso che emette): il Coscoroba. Ve ne sono alcuni a Verona, presso il Parco Natura Viva, e probabilmente sono tra gli animali che passano più inosservati. Il loro laghetto sta di fronte ai più vivaci Cynomys ludovicianus ed a Cyclura cornuta; da lontano somigliano a delle oche bianche. Anche Molina li chiamò Anas: “La Coscoroba, Anas coroscoba, è commendabile tra le oche non meno per la sua grandezza che per la facilità con cui si addomestica, affezionandosi per modo a quelli, che le danno da mangiare, che li seguita da per tutto, ella è interamente bianca a riserva dei piedi, e del becco, che sono rossi, e degli occhi, che sembrano affatto neri”. In realtà, anche la punta delle prime sei primarie è nera. Il Delacour registra il loro primo


Scena del Brontosauro nel film di Zeman

arrivo presso lo zoo di Londra nell’anno della Breccia di Porta Pia, nidificarono ma le uova non schiusero. La prima riproduzione avvenne nel 1910 all’Abbazia di Woburn, sopravvisse un solo piccolo che, conformemente a quanto riferito dal Molina “divenne straordinariamente domestico e legato alla fu Duchessa di Bedford (Avicul. Mag., 1931, pp.62-63). Io conoscevo bene questo uccello straordinario ed ero assai divertito dalle sue bizzarrie, quando lo vedevo di anno in anno”. Proprio nell’occasione in cui udii cantare i Cygnus cygnus mi accompagnava un Cereopside della Nuova Olanda domestico, il quale mi precedeva prima di entrare nelle varie voliere ed era assai più domestico di un cane o di un cavallo. Terminato il confinamento per l’influenza, ebbi la ventura di visitare, a margine di un’udienza in Roma, l’appena riaperto Bioparco, semivuoto. Gli animali erano assai curiosi di vedere dei visitatori, così l’orso bruno venne al vetro e tentava di toccarmi la mano. Nel recinto degli animali australiani (Macropus rufogriseus ed emù) apparve un Cereopsis novaehollandiae. Ora, opsis significa “simile a” e cere deriva da “kerinos”, ossia “cereo”, però prima di sincerarmene su un dizionario etimologico stimavo che “cere” fosse una differente grafia per “Choeros”, ossia “maiale” (il nome ormai desueto dell’ippopotamo pigmeo è Choeropsis liberiensis, ora Hexaprotodon: a Roma se ne può vedere una cop-

Amazona ochrocephala esposta dal signor Violini

pia). Ebbene, quando questo Cereopside apparve dal suo ricovero pioveva e vi era una leggera nebbiolina; esso comparve in tutta la sua maestosità e mi osservò; ricordai di aver letto che emetteva un verso simile al grugnito di un maiale. Cercai di imitarlo e dopo poco l’oca emise un verso potentissimo e terrificante: gli emù si allontanarono subito. Essa alzava il collo e prorompeva in un verso così cavernoso che è probabilmente quanto di più simile al verso di un dinosauro si possa sentire. Ebbene, dopo queste gradazioni incomplete di nero, a Castelfidardo vi erano due cigni interamente neri. Li troviamo descritti come come Cygnus atratus nell’Index ornithologicus del Latham (1790, vol II, p. 834). Nel diario del Capitano Phillips The Voyage of Governor Phillip to Botany Bay, pubblicato nell’anno della Rivoluzione francese, è riportato che nei pressi di Shell Cove, a meno di 100 Km dall’attuale Sydney, il giorno 15 aprile 1788 diversi ufficiali accompagnati da qualche marinaio visitarono un lago dell’entroterra, nel quale videro “per la prima volta un cigno nero, una specie che, nonostante sia nera solo nei proverbi in altre parti del mondo, qui non è per nulla rara, trovandosi in quasi tutti i laghi. Questo era un uccello assai nobile, più grande del cigno comune ed egualmente aggraziato nella forma”. Novant’anni prima, nel 1698, la sua esistenza era stata portata a conoscenza

degli europei nella celebre lettera che Nicolaas Witsen inviò a Martin Lister attorno ad una spedizione Olandese nella Terra Australe, ove si legge: “Vi furono trovati cigni neri, pappagalli e molti trichechi. Anche un lago le cui acque sembravano rosse, poiché il suo fondo era rosso. […] Sull’isola, nei pressi della costa, sono stati visti dei ratti grandi come dei gatti, in una innumerevole quantità; tutti hanno una sorta di borsa o sacco che pende dalla gola e scende sul petto”. George Shaw lo descrive in latino, nella Naturalist’s Miscellany, vol. III (17911792), attribuendogli il sinonimo Anas plutonia, che purtroppo viene per secondo, essendo molto più suggestivo di atratus. “Il cigno comune è più candido della neve stessa; il suo colore fu sempre costante ed immutabile; apparirà cosa prodigiosa alle orecchie del popolo quello che già si diceva nei proverbi: il cigno nero”. Tuttavia, nessuna persona di buon senso mai ebbe a dubitare che nel numerosissimo genere delle anatre potesse esservi in qualche luogo della terra una specie in qualche modo distinta, che per forma e modo di vivere fosse assai simile al cigno bianco, ma fosse dotata dalla natura di un colore contrario. Essa è stata dunque scoperta nella Nuova Olanda e nelle isole adiacenti”. Nel 1848 il Gould lo descrive profusamente nel settimo volume dei Birds of Australia (a fianco della tavola VI) e riferisce che ha una disposizione partico-

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larmente tranquilla, gentile e domestica, se non molestato o se non ci si addentra nei suoi recinti. Poiché si domestica facilmente, alcuni aviari in Europa sono adornati dalla sua presenza. Ma “Ha trovato nell’uomo bianco, da quando l’Australia è stata posta sotto il suo dominio, un nemico così mortale che in molti luoghi dove era numeroso è stato quasi, se non interamente, estirpato; e ciò è il caso di alcuni grandi fiumi della Terra di Van Diemen (Tasmania) […] in altri fiumi è numeroso e continuerà ad esserlo sintantoché i suoi territori non saranno invasi dall’uomo civilizzato, con la naturale conseguenza della sua immediata diminuzione”. A questo proposito, proprio tornando da Castelfidardo, ho terminato la lettura del volume fresco di stampa “Le Regine dell’abisso. Come la vita delle balene ci svela il nostro posto nel mondo” di R. Giggs, volume che tratta delle ancora attuali conseguenze degli innumerevoli eccidi di animali del XIX secolo. A prova del fatto che anche i cigni neri siano particolarmente domestici, qualche anno fa mia moglie vide lungo la statale di Altavilla un cigno nero che camminava nel mezzo della corsia; arrestate le vetture che seguivano, prese il cigno in braccio e lo riportò nel lago vicino, senza che l’animale desse segno alcuno di nervosismo o ritrosia. Appena visti i cigni a Castelfidardo, uno di essi alzò il collo dall’acqua, con un movimento tanto simile ad una celeberrima scena del film cecoslovacco Cesta do praveku di Karel Zeman, in cui un Brontosauro (oggi Apatosauro) solleva il lunghissimo collo dall’acqua o l’altrettanto famosa immagine dei Brachiosauri di Zdenek Burian [Amazona ochrocephala]. Passati i cigni, si aveva accesso alla mostra. Qui erano circa mille uccelli, tra i quali spiccavano i seguenti: uno Psittacus erithacus dalle perfette proporzioni, una assai loquace Ara ararauna e quindi una Amazona ochrocephala molto giovane ed assai pacata. Ochros in greco è il giallo chiaro, tant’è che in italiano viene detta Amazzone testa gialla, ma l’animale esposto aveva la notevole caratteristica di presentare due minuscole punte di un rosso vivissimo, come quello del sangue appena

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Cereopside della Nuova Olanda che precede l'autore in una visita ad un allevamento

stillato, nei pressi delle narici. Si tratta mi conferma un noto allevatore laziale – di una ricorrenza abbastanza frequente nelle ochrocephala giovani. Si dibatte delle abilità oratorie dell’ochrocephala; secondo il Russ, in I pappagalli parlanti: un manuale scientifico, “Gli indiani, che la considerano tra i pappagalli più facili da addomesticare, si dice che le allevino e le allenino con una cura speciale. Le Amazzoni del Suriname possono spesso essere vedute volare semi- selvatiche sopra le capanne degli Indiani, con le remiganti accorciate, ma alla sera rientrano sempre a casa. Da noi è molto frequente, più del doppio delle oratrix. Sono stimate come buoni parlatori, poiché alcune di esse sviluppano in maniera notevole non solo la capacità di parlare bene e chiaramente, ma anche di ridere, piangere e cantare elegantemente. Alcune, tuttavia, si comportano in modo del tutto opposto, ma non di frequente, poiché la maggioranza di esse sono uccelli di media capacità locutoria”. Ebbene, questa amazzone era tanto domestica di carattere e pareva così rattristata dal fatto che mi allontanassi che se fosse stato possibile acquistarla, la avrei presa immediatamente. Il modo in cui noi guardiamo gli animali e come essi ci guardano è oggetto di un interessante saggio di J. Berger, Perché guardiamo gli animali (Il Saggiatore), mentre se ci si interroga su quel che pensi l’amazzone andrebbe letto il saggio di Nagel, Che cosa si prova ad essere

un pipistrello?, pubblicato anche da Adelphi nel saggio L’io della mente di D. Dennet e D. Hofstadter. Dopo l’amazzone vi erano dei krameri mutati, alcune Pyrrhura parimenti mutate (invero, nei pappagalli la forma ancestrale è sempre la più bella), sino ad arrivare, in fondo alla sala, ad uno degli uccelli più inattesi, che mai avrei immaginato di potere osservare a Castelfidardo [Quaglia della giungla, Perdicula asiatica]. Presso una notevolissima Turtur tympanistria, stava -col solo nome italiano – una quaglia della giungla. Il nome è il calco dall’inglese jungle bush quail ed identifica la Perdicula asiatica. La descrive, per la prima volta come Perdix asiatica, il Latham in Index ornithologicus, vol. II, pp. 649-650 sulla base di esemplari del museo di Londra raccolti nel Maharastra. Della Quaglia della giungla colpiscono due caratteristiche: la prima è il canto, simile a quello di un canarino. Una canarina sta sul tavolo dove scrivo e immancabilmente risponde ai richiami della Perdicula asiatica che possono udirsi su xenocanto. Se ci si avvicina alla gabbia (le asiatica devono preferibilmente stare in voliere con la parte superiore coperta, perché tendono a prendere il volo verticalmente e con una certa veemenza) iniziano ad emettere dapprima un mormorio sommesso, ma già musicalmente gradevole, per poi, una volta aumentato il volume, cinguettare propriamente. Il loro verso ricorda anche quello di Psilopsiagon aymara. A proposito di volo verticale, va rammentato un curioso episodio: nell’ultima fiera di Sacile tutte le gabbie da 120 cm dei pappagalli erano in piedi e poste sul lato più piccolo. La strana circostanza era dovuta al fatto che taluni presunti conoscitori dell’etologia dei pappagalli avevano costretto tutti a girare le gabbie, sulla base dell’assunto che i pappagalli “volassero in verticale”. J. Gould tratta proprio del colore di P. asiatica, nel settimo volume di Uccelli d’Asia, alla p. 4 “Non vi sono altri uccelli più enigmatici, quanto al colore, di due specie di quaglia che abitano l’India, per le quali il signor Blyth ha proposto il nome di genere Perdicula. La variazione nei loro colori e marcature è pressoché infinita, e


si mescolano l’una nell’altra a tal misura teriormente di un colore quasi ipnotico, che è impossibile separare in una colleuna sorta di rosaceo virante al carnicino, zione gli esemplari di una specie da quelli che forse può essere visto unicamente dell’altra con un certo grado di sicurezza. nella parte interna di alcune conchiglie, Ma ogni ornitologo, comunque, ammette ma solo se osservate sott’acqua. che vi siano due distinte specie che abiIl dorso ha una picchiettatura come tano la penisola indiana – una, l’asiatica, quella del giaguaro, ma più variegata, generalmente sparsa sulla gran parte come se un acquerello che rappresenta della nazione; l’altra, P. argoondah, solo il mammifero fosse stato passato con a Madras ed in alcune delle province del un panno bagnato. La semplice ossersud est”. Una vicenda simile interessa anvazione del disegno delle ali può essere che alcuni mammiferi, come i Thallomys tale da fare perdere la nozione del che mi stanno di fronte ora: i nigricauda tempo e del luogo; pare, in effetti, di ed i paeduculus si distinguono sicuratrovarsi in una giungla primordiale, mente solo facendo appello al cariotipo. donde il nome dell’animale. Secondo alcuni autori, la Quaglia della Ai giorni nostri si alleva anche in gabbie giungla si trovava solo sui pendii mondi idonee dimensioni, con l’ausilio di una tani, secondo altri solo nelle valli. Si posincubatrice o di una gallinella che funga sono incontrare anche alle pendici da balia. All’inizio del secolo passato il dell’Himalaya. signor Norman F. Cockell, residente a Un allevatore mi ha riferito che, se creCalcutta, scrisse su Avicultural Magazine sciuti in grandi voliere (ne aveva veduti alcune Note sulla riproduzione della Quaalcuni in Olanda, in una voliera lunga olglia della Giungla (Avicult. Mag. 1909, p. tre 20 metri) sono selvaticissimi e ten234). dono a fuggire da notevole distanza; se Le quaglie stavano in un aviario sul terinvece cresciuti in incubatrice oppure reno di 24 piedi quadrati, recintato e dai genitori, ma in voliere più piccole, chiuso da rete e con un riparo in un anrestano abbastanza tranquilli. golo, punteggiato da alcuni cespugli e L’animale di Castelfidardo era sommamente pacifico, si limitava a deambulare nella gabbia con un Quaglia della giungla esposta dal signor L. Carusio passo assai enigmatico. Ricordava nell’andatura quello della Gracula che negli anni ‘40 appariva nei cortometraggi Inki the Caveman di Warner e Bros, sempre con la musica dell’overture “Le Ebridi” di Mendelsshon e massimamente disinteressata a tutto ciò che le stava intorno. Ebbene, anche la quaglia, ma aveva una sorta di fiamma ardente nell’occhio. Lì dappresso c’era qualche sua piuma, staccatasi, di un colore indefinibile: una fase di transizione tra rosso e marrone, ma evocante anche il colore dei mattoni di Pompei e il macis della noce moscata. Era a tal punto mutevole ed indefinito da ricordarmi l’indaco che O. Sacks descrive in Allucinazioni. La Quaglia della Giungla è dimorfica: il maschio ha il petto con una fine zebratura simile a quella di Neochmia modesta, ma estesa anche alla parte centrale del petto stesso, mentre la femmina è an-

dall’erba alta ed abitato da vari estrildidi e varie specie di quaglia. Tra queste, tre maschi e nove femmine. Lungo i lati e negli angoli della voliera aveva posizionato alcuni piccoli cestini, riempiti di erba soffice. Due delle quaglie avevano deposto insieme dieci uova in uno di essi e le covavano congiuntamente, lasciando il nido alternativamente ogni due o tre ore per sfamarsi e fare i bagni di terra. I maschi non si avvicinavano mai al nido, ma, al diciottesimo giorno dall’inizio della cova, fu possibile notare l’intero storno di dodici quaglie attorno al nido e, due ore più tardi, le quaglie lasciarono il luogo seguiti da nove pulcini. Tutti gli adulti, ma soprattutto i maschi, si presero cura dei pulcini, i quali iniziarono a sviluppare i disegni sul dorso solo dopo nove settimane. L’autore ricorda che il cibo morbido è una condizione indispensabile per lo svezzamento e conclude: “I maschi della quaglia della Giungla sono ordinariamente uccelli oltremodo pugnaci, ma appena appaiono i piccoli, essi accantonano le proprie animosità per fare luogo al sistema di allevamento patriarcale congiunto, sopra descritto”. L’allevatore padovano con il quale ho conferito quest’anno ha riprodotto ottanta Perdicula asiatica e le alimenta con erbe prative, semi, mais spezzato ed un alimento per quaglie fornitogli da un mulino. La Quaglia della giungla aveva preso tutta la mia attenzione, tanto da farmi disattendere la cerimonia che si era svolta nella stanza a fianco con i Presidenti delle varie associazioni. Nondimeno, in seguito, sono stato recuperato e mi è stata donata una mascherina con lo stemma della Federazione e quello dell’associazione recanatese (che ho lietamente indossato in tribunale l’indomani) e due interessanti volumi sulla città di Osimo. Oltre agli uccelli, è stata grande l’emozione di potere assistere nuovamente ad una esposizione di animali, poiché durante il periodo di forzato fermo non si poteva che riviverle nel teatro della memoria, quando nottetempo si fantasticava di visitarle.

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• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

Questo mese, il protagonista di Photo Show è: FEDERICO DOMENICO- RNA 52VU con la fotografia che ritrae il soggetto “Diamante di Gould classico Testa Gialla” Complimenti dalla Redazione!



La “Bassa Piacentina” per la Comunità di San Nazzaro

I

l primo defibrillatore alla comunità di San Nazzaro (PC) arriva grazie ad una donazione: l’Associazione Ornitologica della Bassa Piacentina lo ha regalato tramite il suo presidente, Giuseppe Sansone, che ha voluto così ricordare il suo compianto predecessore Paolo Mazzari. Durante la consegna erano presenti i famigliari di Mazzari: i figli Marco e Michela, insieme alla moglie Anna Maria. A ricevere la donazione il Sindaco di Monticelli d’On-

gina, Gimmi Distante, con l’assessore Daniele Migliorati ed il Dirigente scolastico Gianluca Freda. Il defibrillatore di ultima generazione può essere utilizzato per ogni età, essendo dotato di piastre pediatriche. Per ricordare Mazzari, che aveva sempre desiderato di poterlo donare alla comunità, è stata posta una targa in sua memoria. L’Associazione Ornitologica della Bassa Piacentina ringrazia la Protezione Civile Omega per l’aiuto ricevuto. Il Presidente ed i Soci della A.O.B.P.

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DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Carlo Beni (Stia, Arezzo 1849 - Firenze 1932)

Fu un grande viaggiatore ed esploratore; sappiamo che visitò diverse città europee e che si recò più volte in Africa e in America

di ROBERTO BASSO E MARTINA LANDO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO

arlo Beni nacque a Stia (Arezzo) nel febbraio 1849. Si laureò presso l’Università degli Studi di Siena in giurisprudenza ed esercitò la professione di avvocato e notaio. Fu un grande viaggiatore ed esploratore; sappiamo che visitò diverse città europee e che si recò più volte in Africa e in America. Dai suoi viaggi il Beni trasse ispirazione e scrisse diversi libri ad indirizzo storico, tra i quali l’opera “La grande stipe votiva di Falterona” (1831), inerente a una nobile famiglia etrusca vissuta nel Casentino. Il suo interesse per la storia lo portò a far parte dell’Accademia toscana “La Colomba-

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Falterona, oggi andato distrutto. Carlo Beni, oltre ad essere uno storico per diletto, era soprattutto un appassionato delle scienze naturali e in particolare di ornitologia: nella seconda metà dell’Ottocento costituì una ricca collezione di reperti ornitologici grazie anche alla collaborazione dei cacciatori e uccellatori della vallata casentinese. Fu anche preparatore di molti esemplari della sua stessa raccolta e mediante la supervisione del Museo della Specola di Firenze imparò le migliori tecniche di conservazione degli animali. La collezione del Beni, restaurata e ri-

Foto ritratto dell’Avv. Carlo Beni settantenne

Ingresso del Museo del Bosco e della Montagna, in cui dal 2002 ha sede anche il Museo ornitologico “Carlo Beni” Copertina della terza edizione dell’opera “Guida illustrata del Casentino” del 1908 di pag. 495 ria” di Firenze, che si occupava perlopiù di materie umanistiche, ma anche scientifiche. Ebbe un ruolo attivo nella vita pubblica non solo nel suo paese natale, dove fu sindaco per quasi trent’anni, ma in provincia di Arezzo ebbe inoltre la carica di Consigliere per oltre trent’anni e, a seguire, di Presidente del Consiglio provinciale dal 1905 al 1920. Il Beni fu anche esperto escursionista e membro attivo del Club Alpino Italiano; egli, infatti, collaborò alla fondazione alla sezione CAI di Stia e alla realizzazione del Rifugio CAI sul M.

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Coppia adulta di Falco cuculo preparata dal Beni catalogata negli anni ’90 del secolo scorso, consta di oltre cinquecento esemplari e tra questi vi sono in particolare 173 specie tipicamente presenti nell’area del Casentino. Questo studio ha potuto constatare i cambiamenti avvenuti nell’arco temporale di un secolo nella popolazione avifaunistica del Casentinese, consentendo oggi di determinare quali specie risultino estinte o ancor oggi presenti e nidificanti nel Casentino. I mutamenti di popolazione che si sono riscontrati sono attribuibili soprattutto a mutamenti agricolo-ambientali che hanno impoverito la biodiversità locale. In luce di quest’ultimi dati possiamo comprendere come il lavoro del Beni risultò e risulti tutt’oggi molto importante dal punto di vista scientifico, soprattutto per i dati morfologici di cui sono corredati gran parte degli esemplari facenti parte della sua ricca raccolta di studio. I registri originali sono andati dispersi e tuttora si dispone di dati parziali; si presume che questi cataloghi contenessero le date e le località degli esemplari catturati. Tra le preparazioni ornitologiche della collezione si segnala la presenza di due Picchi dalmatini o “Dorso bianco” (Picoides leucotos lildfordi), specie che nidificava nel Casentino, e due rarissimi esemplari di Chiurlottello (Numenius tenuirostris), che ad oggi risulta essere una specie estinta. La sua raccolta fu donata alla morte alla città natale e diede origine

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Gufo reale adulto, Collezione Carlo Beni

Fu estremamente legato al Casentino, tanto che nel 1881 pubblicò una delle sue più esaustive opere, intitolata per l’appunto “Guida del Casentino”

al Museo ornitologico “Carlo Beni” che fu fondato nel 1990. Dal 2002 quest’ultimo è stato accorpato al Museo del

Particolare di un esemplare adulto di Aquila reale

Dettaglio di una delle vetrine della sezione ornitologica Bosco e della Montagna con sede nel Palagio Fiorentino a Stia (AR) ed è gestito dallo Sci Club locale. Egli si avvalse, inoltre, dell’aiuto e della consulenza dello zoologo Enrico H. Giglioli, fondatore della Collezione Ornitologica Italiana presso il Museo della Specola di Firenze. Questa collaborazione gli consentì di acquisire solide basi scientifiche alle sue ricerche e studi del territorio. Carlo Beni fu estremamente legato al Casentino, tanto che nel 1881 pubblicò una delle sue più esaustive opere, intitolata per l’appunto “Guida del Casentino”, la quale, oltre ad essere una valida guida del territorio, conteneva un dettagliato elenco delle specie di vertebrati presenti nell’area. Egli studiò attentamente la fauna locale, entrando a stretto contatto con essa attraverso numerose osservazioni in natura. Quest’ultimo lavoro ebbe molto successo, tanto che egli lo revisionò e aggiornò ripetutamente sino alla prima metà del Novecento, opera che fu oggetto di ripetute ristampe. Con i dati raccolti dalle sue ricerche ornitologiche nel Casentino il Beni contribuì inoltre alla pubblicazione dell’importante opera intitolata “Inchiesta ornitologica” (1889) del Giglioli. Il Beni morì a Firenze il 20 novembre 1932 ed oggi egli viene ricordato nella sua città natale di Stia (AR) non solo attraverso il locale museo, ma anche con una via a lui dedicata.


Pronto Aves di G IUSEPPE ALBERGO

Lettere in Redazione

S

ono Giuseppe Albergo, allevo canarini lipocromici e qualche melanico dal 1998 anno di iscrizione alla FOI, anche se in realtà ho sempre avuto canarini in casa. Dopo aver conseguito innumerevoli titoli nazionali, mondiali, internazionali, partecipando alle varie mostre, negli ultimi tempi ho sentito fortemente il desiderio essere d’aiuto nei confronti di chi si avvicina alla nostra passione. Essendo presente su vari social e su YouTube con una serie di tutorial, ho riscontrato innumerevoli richieste di informazioni di vario tipo. Di qui la voglia di sentirmi utile nel trasferire le mie conoscenze. Questo mio desiderio è stato accolto dall’Associazione Ornitologica Perugina che in data 26 giugno ha organizzato una serata a me dedicata, nella quale ho esposto le tecniche e la gestione del mio allevamento. Questa idea, voluta fortemente da un giovane allevatore - Lorenzo Betani - e appoggiata dal presidente di associazione Nicola Brunori e Gianluca Ricciardelli, ha permesso di realizzare un pomeriggio ricco di confronti, domande, suggerimenti, informazioni. Molto gradita la presenza del Presidente di Raggruppamento Marche-Umbria - Massimo Sabba che ringrazio sentitamente. Ma quello che vorrei mettere in evidenza è la voglia di parlare di ornitologia in ogni stagione, la volontà di confrontarsi, aprirsi e fare emergere con tanto coinvolgimento la nostra passione. A questo proposito, con il sostegno e la piena condivisione della FOI, abbiamo già dato vita al progetto PRONTO AVES, una linea telefonica pronta a rispondere alle esigenze di persone meno esperte che si avvicinano all’ornitologia. Molti allevatori di esperienza, che ringrazio da subito, hanno già dato la loro disponibilità, ma se tra i lettori ci fosse qualcuno interessato, lo invito a contattarmi in privato. Quello che la presenza di uno o più canarini può portare nella vita di ognuno è veramente tanta roba. Mi piacerebbe invitare tutte le associazioni ornitologiche a prendermi in considerazione per continuare ad organizzare momenti di aggregazione e incontro e scambiarci informazioni di ogni genere. Grazie ancora Giuseppe Albergo (tel. 3403039199)

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 24/25 settembre 2021 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Campionato Mondiale Piacenza 2022, incontro con l’Ente Fiera Piacenza Expo per la firma del contratto di affitto Il Presidente Sposito comunica al CDF che, insieme al Segretario Nunziata, nella mattina di venerdì 24 settembre 2021 si é incontrato con i responsabili dell’Ente Fiera Piacenza Expo, il Presidente Giuseppe Cavalli ed il Direttore Generale Sergio Copelli, per la firma del contratto relativamente agli spazi occorrenti per lo svolgimento del 70° Campionato Mondiale di Piacenza 2022. - Aggiornamento staff Convogliatori Campionato Mondiale Piacenza 2022 Il CDF incontra i Convogliatori Ufficiali del Campionato Mondiale 2022 al fine di verificare le varie necessità in previsione del Campionato Mondiale del prossimo mese di gennaio. - Incontro con i Presidenti dei Raggruppamenti convocati in Assemblea Si dà atto che in data 25 settembre 2021 si è tenuta una riunione congiunta tra il CDF ed i Presidenti di Raggruppamento Regionali ed Interregionali della quale si darà conto in apposita separata verbalizzazione. - Incontro con Club Diamante di Gould Sabato 25 settembre 2021 alle ore 9,30, in Piacenza, presso la Sede Federale, si è tenuto l’incontro, convocato dal Presidente F.O.I. con email del 08/09/2021 Prot. N. 85, per approfondire tematiche attinenti l’attuale situazione, con particolare riferimento alle vigenti norme regolamentari che prevedono l’unicità nazionale del Club per razza. Sono presenti per il CDF il Presidente Antonio Sposito, il Consigliere con delega ai Club Francesco Badalamenti e i Consiglieri F.O.I. Diego Crovace, Giovanni Nunziata, Gennaro Iannuccillli, Davide Soncini e Andrea Spadarotto. Sono presenti per il Club Diamante di Gould-Italia (riconosciuto) il Presidente Andrea Iorio e i Delegati Emilio De Flaviis, Mario Procida e Vito Racamato. Sono presenti per il Club Amici Diamante di Gould (non riconosciuto) il Presidente Daniele Zanichelli e il Delegato Marco Allegretti. Il Presidente saluta

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www.foi.it 64 NUMERO 12 - 2021

e ringrazia gli intervenuti e, introducendo il tema della odierna riunione, rammenta che le regole in vigore prevedono l’unicità nazionale del Club per razza, non consentendo pertanto di poter accogliere la richiesta di riconoscimento formulata dal “Club Amici Diamante di Gould”. Il Presidente apre alla discussione invitando gli intervenuti a formulare proposte e ad esplicitare le rispettive posizioni. Dopo approfondito dibattito, sentite le richieste e in attesa delle relative risoluzioni, il CDF formula la seguente proposta: la F.O.I, in coerenza con il principio della conservazione storica, formulerà proposte per le necessarie modifiche al vigente statuto del Club riconosciuto “Club Diamante di Gould-Italia”, sottoponendole al preventivo parere favorevole da parte di entrambi i Club interessati. Acquisito il suddetto parere lo statuto, così come modificato, sarà quindi approvato dall’Assemblea straordinaria del Club riconosciuto. La F.O.I. si predispone quindi a ricevere direttamente le iscrizioni al Club raccogliendo le quote che saranno poi riversate al nuovo Direttivo da eleggere. Sarà infine convocata l’Assemblea del Club per il rinnovo delle cariche, relativamente alla quale la F.O.I. sarà garante della regolare tenuta delle elezioni. - Varie ed eventuali Il CDF delibera la concessione di un contributo straordinario di euro 500,00 al Raggruppamento Sardegna per l’acquisto di attrezzature utili allo svolgimento di alcune mostre scambio previste nel proprio territorio. Il CDF, delibera la concessione di un contributo straordinario di euro 1.000,00 al Raggruppamento Puglia/Basilicata per l’acquisto di attrezzature utili allo svolgimento di mostre scambio previste all’interno del proprio territorio. Il CDF delibera la concessione di un contributo di euro 300,00 allo Scotch Canary Club Italiano per l’organizzazione dell’attività convegnistica da tenersi con la Commissione Tecnica Nazione CFPL in occasione del prossimo Scotch Day in Somma Vesuviana nelle date 20-21 novembre 2021.

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