Italia Ornitologica, numero 12, 2022

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ANNO XLVIII numero 12 2022 Canarini di Colore La mutazione Azul Ondulati ed altri Psittaciformi I fattori scurenti nel Forpus coelestis Canarini di Forma e Posizione Lisci La vita è fatta a scaglie Estrildidi Fringillidi e Ibridi Sul Diamante pappagallo Erythrura psittacea
di Ornitologia Scientifica
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In copertina: Ibrido di Canarino ventrebianco x Crociere dell’Himalaya

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ANNO XLVIII NUMERO 12 2022
Il Mondo Ornitologico è con Noi perchè Noi ne siamo parte Antonio Sposito 3 Tavolo tecnico internazionale Emilio De Flaviis 5 9 15 19 25 29 LamutazioneAzul GaetanoZambettaeAlbertoSantaféPastor IfattoriscurentinelForpuscoelestis OrazioCurcieMaurizioManzoni Lavitaèfattaascaglie AntonioDiTillioeNicolaGiordano Canarinoventrebianco xCrocieredell’Himalaya PiercarloRossieManuelePaoletti Isabellismo GiovanniCanali SulDiamantepappagallo Erythrurapsittacea(Gmelin,1789) IvanoMortaruolo 35
Le foto scattate dagli allevatori 39 Verbasco sinuoso Pierluigi Mengacci 41 Di Carlo Elio Augusto Roberto Basso 45 La giornata mondiale degli uccelli migratori Pier Franco Spada 49 OrniFlash News al volo dal web e non solo 54 Concorsi di canto Francesco Di Giorgio 57 Mostra scambio a Civitanova marche Associazione Ornitologica Maceratese 58 Indice d’annata 2022 Indice alfabetico autori 61 Canarini di Colore Ondulati ed altri Psittaciformi Canarini di Forma e Posizione Lisci Estrildidi Fringillidi e Inridi 9 15 1935 Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 12 - 2022 è stato licenziato per la stampa il 16/12/2022
sommario
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Editoriale

Il Mondo Ornitologico è con Noi perchè Noi ne siamo parte

Ho già percorso durante questa stagione mostre migliaia di chilometri per visitare tante mostre, da nord a sud, perché avevo il desiderio di rifare il pieno di gioia e di felicità, per incontrare nuovamente tanti Amici, per riprendere il contatto con l’ambiente ornitologico vero, quello fatto di gare, di confronti sportivi, di organizzazioni, di giurie, di punteggi, di premi, di mostre scambio, di sorrisi e di abbracci. In altri termini siamo tornati a volare, come recita lo slogan della ottantunesima mostra internazionale SOR appena conclusasi con l’ennesimo strascico di successo. Il movimento ornitologico ritorna finalmente a brillare, esce dai momenti bui e dolorosi degli ultimi anni, rivede la luce sfolgorante dei tempi migliori, come parte integrante dell’Umanità. Ammesso che ne avessi avuto la necessità, ho avuto l’ulteriore conferma di quale possa essere il grado della passione dei nostri allevatori, di osservare e di verificare il grado della puntualità degli organizzatori delle mostre, la loro propensione al sacrificio, la loro offerta di lavoro gratuito, i loro occhi lucidi al conseguimento del risultato. E pochi considerano che il risultato eccellente di una mostra o anche la sola tenuta di una mostra non ha valenza unicamente individuale, non appaga esclusivamente chi organizza ma si riverbera sull’intero settore, lo inonda di effetti positivi, lo arricchisce sia sul piano istituzionale che su quello economico. Le mostre sono il sale della vita dell’ornitologia, ne costituiscono uno degli elementi fondamentali non solo a motivo del confronto tecnico ma anche perché sono occasione di incontro, generano amicizie ed aumentano il livello di quelle già esistenti. A riguardare il film della storia della FOI ci possiamo avvedere e rendere conto che quasi tutti i fotogrammi che conserviamo riguardano mostre o sono stati scattati all’interno di una mostra, segno e sintomo questo della nostra esigenza di vederci, di stare insieme, di gareggiare con i soggetti da noi allevati, di scambiarceli per rinsanguare e

migliorare la selezione, un anelito continuo e costante ad elevare la qualità tecnica. Nelle mostre emerge in pieno la nostra indole di Allevatori, tutti o quasi tutti diventiamo giudici, il nostro ardore agonistico ci spinge a criticare i Giudici “veri”, quelli di ruolo, se non fanno vincere i soggetti da noi presentati in gara, talvolta dubitiamo ingiustamente delle loro capacità, non considerando i tanti sacrifici che hanno dovuto fare per diventare tali, la disponibilità da loro offerta ad essere chiamati a giudicare e ad assumersi la responsabilità di fare scelte in scienza e coscienza. Ci avviamo nei mesi di dicembre e di gennaio prossimi a vivere in Italia due fatti di ornitologia puri, il Campionato Nazionale di Specializzazione ed il Campionato Mondiale, inframmezzati dalle festività natalizie. Tutti momenti di riunione familiare, i primi due di famiglia ornitologica (#FOIFamiglia), il terzo di famiglia naturale, tre occasioni irripetibili per vivere nell’alveo più splendido del quale disponiamo. Ospiteremo in Italia, a Napoli, il settantesimo Campionato Mondiale della COM, l’evento ornitologico più grande ed atteso dell’anno, saremo il centro dell’ornitologia mondiale, come sempre sapremo essere accoglienti, dimostreremo ancora una volta che l’ornitologia non conosce confini ed è uno degli esempi applicativi dell’universalità. Abbiamo per questo fortemente voluto affermare con ancora più forza la nostra appartenenza alla COM. Un grande grazie alla COM per aver riposto in Noi la fiducia organizzativa del Campionato Mondiale, in Noi che della stessa ci sentiamo componente essenziale, una radice, un ramo, molte foglie, tanti frutti. Ed allora non mi resta che concludere con l’inviare i miei auguri più fervidi a tutta la FOI, alla COM-Italia, alla COM ed a tutte le altre COM-Nazionali, gli auguri di un Santo Natale e di ogni più splendido auspicio per il nuovo anno. Il Mondo Ornitologico è con Noi della FOI perché Noi ne siamo i costituenti, perché Noi ne siamo parte integrante.

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Tavolo tecnico internazionale

Fra i 52 partecipanti rappresentate nove nazioni (Argentina, Brasile, Italia, Olanda, Portogallo, Serbia, Spagna, Ucraina, Ungheria), numerosi Giudici Internazionali e rappresentanti di diversi Club

Su organizzazione del Club del Diamante di Gould Italy, per l’intero mese di Luglio 2022, si è tenuto un tavolo tecnico internazionale, su piattaforma WhatsApp, per chiarire i dubbi sulla mutazione Bruno (Cinnamon) ormai diffusa e comunemente allevata in quasi tutta l’Europa. In particolare si è analizzato il rapporto genetico con la mutazione Diluito Ungherese, oggi ufficializzata nelle mostre internazionali della COM e nei campionati mondiali.

Fra i 52 partecipanti all’evento erano rappresentate nove nazioni (Argentina, Brasile, Italia, Olanda, Portogallo, Serbia, Spagna, Ucraina, Ungheria), numerosi Giudici Internazionali e rappresentanti di diversi Club di specializzazione, oltre al Presidente COM Carlos Ramoa e al Segretario dell’OMJ Sandro Paparella. Molto importante è stata la partecipazione di numerosi allevatori esperti che, con le loro esperienze di allevamento, hanno contribuito a chiarire alcuni aspetti particolari di questa

nuova forma mutante.

Il riconoscimento ufficiale a livello internazionale del Diluito Ungherese è avvenuto in Portogallo, a Matosinhos, il 22 Gennaio 2020, con l’inserimento di quattro categorie a concorso, di cui due per il testa nera e due per il testa rossa e gialla, divise fra maschi e femmine.

Per circa un decennio (2010/2020) il Bruno e il Diluito Ungherese sono state considerate due forme mutanti indipendenti; il Bruno diffuso in tutta Eu-

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di EMILIO DE FLAVIIS, fotoC. FEKETE, M. PROCIDA, PAGLIARINIE CASCIELLO Locandina dell’eventoDiluiti ungheresi maschi, foto e all. Csaba Fekete

ropa e il Diluito Ungherese presente solo in Ungheria nell’allevamento del Dott. Csaba Fekete. Tale convinzione era generata dal fatto che il Bruno rimaneva associato ai soli DdG testa nera mentre il Diluito Ungherese ai testa gialla e rossa. Questa particolare evenienza, generata dal fatto che i caratteri testa nera e Diluito Ungherese sono collocati sul cromosoma sessuale, ha dovuto aspettare un difficoltoso crossing over prima di vedere nel resto d’Europa i primi Bruni testa gialla e rossa, in quanto gli allevatori ungheresi non hanno mai permesso la diffusione dei loro soggetti mutati fuori dall’Ungheria.

È stato al mondiale di Cesena del 2018 che la commissione incaricata della valutazione dei soggetti esposti dalla COM Ungheria per il riconoscimento ufficiale intuì che il Diluito Ungherese

Per circa un decennio (2010/2020) il Bruno e il Diluito Ungherese sono state considerate due forme mutanti indipendenti

ed il Bruno erano la stessa mutazione. L’ipotesi si consolidò al Congresso Tecnico di Povoa de Varzim, in Portogallo, dove Csaba Fekete dichiarò ufficialmente che l’accoppiamento Diluito Ungherese per Bruno aveva prodotto tutta prole mutata (8 soggetti, di cui due maschi)

Preso atto di questo inequivocabile test di complementazione, si è passati

ad analizzare il fenotipo dei soggetti presenti in Ungheria e quelli diffusi nel resto dell’Europa, evidenziando le differenze dovute probabilmente ad una selezione indirizzata dalle nomenclature fino ad oggi diverse. Gli ungheresi hanno selezionato i loro soggetti verso una tonalità delle parti eumelaniche tendenti ad un colore grigio scuro, mentre il resto d’Europa verso una tonalità marrone. Questa è stata la causa del polimorfismo che caratterizza oggi questa mutazione che presenta, specie nelle femmine, fenotipi diversi che confondono la reale azione mutante. L’analisi effettuata sui pigmenti di questi soggetti evidenzia una marcata riduzione dell’eumelanina nera lasciando inalterati sia i pigmenti bruni (eumelanina bruna e feomelanina) che i lipocromi. Si rileva inoltre un potenziamento dell’eumelanina bruna probabilmente determinato da un fenomeno di compensazione.

La mutazione Bruno classica (Cinnamon o Cannella) invece, testata su diverse altre specie di estrildidi (Diamante codalunga, Diamante Mandarino, Becco D’Argento, Diamante Guttato,Diamante di Bicheno) è una forma di isabellismo che non produce nessuna diluizione dei pigmenti e si limita a modificare l’eumelanina nera in eu bruna, conferendo alle zone melaniche un colore marrone più o meno scuro.

Più probabile è la corrispondenza con altre forme diluite quali il Pastello del Padda che evidenzia una diluizione diffusa dell’eumelanina, che conferisce al soggetto mutato una tonalità grigio bruniccio scuro più insistente su remiganti e timoniere.

Analizzando varie esperienze di allevamento di diversi allevatori che hanno partecipato a questo tavolo tecnico, è stato possibile accertare una inaspettata forma di allelia fra la mutazione Diluito Ungherese e l’attuale mutazione Pastello del DdG. L’ipotesi, poi verificata con altre esperienze, ha preso consistenza dai risultati ottenuti dall’allevatore Mario Procida che, accoppiando un maschio Lutino Pastello SF per una femmina Diluito Ungherese (bruna), ottiene fra l’altro tre soggetti maschi con un fenotipo di colore giallo. Considerando il fenotipo della madre,

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Commissione e Comitato di controllo al Mondiale di Cesena 2018 Analisi microscopica dei pigmenti, foto: Csaba Fekete 2018

che per ovvie ragioni genetiche non può essere portatrice né di Lutino né di Pastello, l’unica spiegazione logica è che i tre soggetti ottenuti da Mario siano dei maschi Pastello (questo può essere possibile solo se la mutazione Diluito Ungherese “bruno” è allelica alla mutazione Pastello).

L’ipotesi di allelia fra le mutazioni Diluito Ungherese e Pastello si consolida con i test eseguiti dagli allevatori Paglierini / Casciello con accoppiamenti diretti fra Diluito Ungherese (Bruno) con il fattore Pastello. Da tale accoppiamento, se le due forme mutanti fossero indipendenti, si dovrebbero ottenere tutti maschi Pastello Sf, invece sono stati ottenuti tutti maschi Pastello, ovviamente portatori di Diluito Ungherese (Bruno)

Tale granitica certezza consolida l’ipotesi che la mutazione Diluito Unghe-

La combinazione Diluito Ungherese (Bruno) con il fattore Ino (Lutino) manifesta un’apprezzabile maggior saturazione della eumelanina

rese non ha nulla a che fare con la classica mutazione Bruno o Cannella (Cinnamon) che, per quanto verificato su numerose specie di comune allevamento, non ha mai presentato forme alleliche.

La convinzione che questa nuova mutazione potesse essere la Bruno classica, ha indotto gli allevatori a tentare la combinazione con il fattore INO e

con estrema semplicità è avvenuto il crossing over a cui ovviamente hanno legato il nome di “Satiné”. La combinazione “Satiné”(Ino + Bruno) è una delle più difficili, se non impossibile, per la probabile vicinanza cromosomica dei due locus. Infatti, considerando che queste due mutazioni esistono da quasi mezzo secolo su diverse specie di comune allevamento (Mandarino, Codalunga, Becco d’argento, Bavetta), nonostante i numerosi tentativi che annualmente si predispongono, tali combinazioni non si sono mai verificate.

In effetti la combinazione Diluito Ungherese (Bruno) con il fattore Ino (Lutino) manifesta un’apprezzabile maggior saturazione della eumelanina bruna rispetto ad un Ino classico, in particolare su maschera e/o filetto e gola nei testa rossa o gialla, confe-

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Foto e all.: Mario Procida Test di complementazione Pastello per Diluito Ungherese Sopra: Ino classico (Lutino) e a destra Ino Diluito Ungherese (bruno), foto e all. Asta Roberto Blu Ino DU (bruno), foto e all. Pagliarini/Casciello

rendo al dorso, solitamente giallo, una tonalità più verdastra. Questo è dovuto all’eliminazione dell’eumelanina nera e della feomelanina provocata dall’azione mutante del carattere Ino, che mette in risalto l’eumelanina bruna potenziata dalla mutazione Diluito Ungherese.

A volte sono comparsi soggetti combinati con maschera, e/o filetto e gola, di un colore marrone molto scuro più evidente nei maschi. Accoppiando questi soggetti a femmine ancestrali si sono ottenute femmine con colorazioni eterogenee delle zone melaniche. Ciò denota che non può trattarsi di semplice combinazione DU Ino trasmessa dal padre, il che presumerebbe che tutte le figlie dovrebbero avere la stessa saturazione melanica, ma probabilmente entra in gioco un terzo carattere che produce un ulteriore inscurimento dei pigmenti, riconducibile al Dark Factor (mutazione strutturale del piumaggio con trasmissione ereditaria a dominanza parziale).

Altre combinazioni già realizzate con i fattori Blu e Petto Bianco producono maschi con fenotipi simili a quelli otte-

nuti con la mutazione Pastello Singolo Fattore. Questa è un’ulteriore conferma dell’allelia fra il Diluito Ungherese e la mutazione Pastello. A conclusione dell’incontro tecnico, nonostante i 1500 interventi dei tecnici ed allevatori che hanno partecipato, non si è giunti a definire in modo inequivocabile questa nuova forma mutante del Diamante di Gould. Diverse opinioni, nonostante le esperienze che comprovano il contrario, tendono ancora a consolidare la diffusa convinzione che si tratta della mutazione Bruna classica. L’elemento nuovo che ha chiarito questo incontro è la certezza che il Diluito Ungherese (Bruno)

è una forma allelica della mutazione Pastello e come tale dovrebbe indurre la COM ungherese a cambiare la nomenclatura di Diluito (termine questo già usato in altre specie per definire la classica mutazione autosomica a dominanza parziale) con quella più consona di Pastello che, per distinguerla da quella già in uso per definire la forma allelica, può essere Pastello Ungherese

Ai fini selettivi, ritengo che la selezione vada spinta verso una maggiore diluizione della eumelanina nera che, per via della compensazione feomelanica, dovrebbe conferire ai soggetti una tonalità marrone scuro diffusa ed uniforme sui distretti melanici, che ben diversifica i maschi dagli attuali Pastello SF.

Per quanto riguarda la combinazione con il fattore Ino, si dovrebbe tendere a selezionare i soggetti con saturazione eumelanica bruna più accentuata rispetto ad un Ino classico, ed in particolare con dorso verdastro ed evidente espressione del collarino e codione azzurro. È fondamentale che il limite di saturazione conservi il colore rosso dell’occhio ben evidente.

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Diluito Ungherese (bruno) BLU, foto e all. Pagliarini/Casciello Diluito Ungherese (bruno) Petto Bianco, foto e all. Pagliarini/Casciello
A volte sono comparsi soggetti combinati con maschera, e/o filetto e gola, di un colore marrone molto scuro più evidente nei maschi

La mutazione Azul

Ci sono Canarini di Colore che io chiamo “fantasmi”. I Canarini fantasma sono quelle selezioni dei tipi classici molto spinte, fuori standard, che spesso non vengono tirate fuori dagli allevamenti per non svelare trucchi del mestiere o perché il mercato richiede il prodotto finito, utili per esaltare certe caratteristiche tipiche nei tipi aggiunti. L’Azul (in Italia viene comunemente denominato Monomelanico) è uno di questi ma, a differenza degli altri “fantasmi”, è una mutazione vera e propria, una mutazione autosomica recessiva come l’Opale o il Phaeo, per esempio. Non credo che in Italia ci sia un allevatore di Canarini di Colore di media esperienza che non conosca questa mutazione e la sua genetica. Tanti anni fa, non ricordo quanti, ho iniziato a sperimentarlo nell’Agata. I primi risultati ovviamente non furono incoraggianti: a parte un’interessante brillantezza del fondo da tenere sotto controllo per evitare un’eccessiva diluizione, la qualità del nero era mediocre e le unghie erano nere. Ho interrotto la sperimentazione non per quei i primi risultati, sarei andato avanti, ma perché ho dovuto procedere a una drastica e temporanea riduzione dell’allevamento per motivi di lavoro. Ho riavviato un programma di sperimentazione su larga scala qualche anno fa per comprendere l’azione della mutazione sui diluiti Agata e Isabella, sui Topazio Nero, Bruno e Agata, soprattutto negli intensi rossi. Il percorso è stato drammaticamente interrotto da un furto subito. Ho potuto prendere atto di qualche risultato (negli Agata e negli Isabella), ho percepito chiaramente la presenza della mutazione nei

Italia

novelli di tutti gli altri tipi ma non ho avuto la soddisfazione di osservarli a muta ultimata.

Io credo che l’aggiunta di quei fattori di incremento dell’eumelanina, vale a dire

micromutazioni spontanee o magari traslate inconsapevolmente dagli Spinus sudamericani e delle quali non riusciremo a comprendere né la quantità né il meccanismo di trasmissione finché non avremo il supporto di esami di laboratorio mirati, abbia portato a Canarini Nero Azul dal fenotipo interessante per la carica eumelaninica che interessa anche l’interstria e per la completa assenza di ogni minima traccia di melanina bruna persino nelle femmine. Gli Azul non presentano tracce di melanina bruna neanche nella livrea giovanile (sappiamo benissimo che normalmente i Neri evidenziano tanta melanina Bruna fino alla muta). Ormai, quando contatto qualche allevatore per informazioni su particolari mutazioni, pongo una domanda in termini forse eccessivamente

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L’Azul (in
viene comunemente denominato Monomelanico) è uno di questi ma, a differenza degli altri “fantasmi”, è una mutazione vera e propria
Foto 1A-1B - Nidiacei di Nero Azul a sinistra e Bruno Azul a destra. Notare il particolare dell’interstria priva di feomelanina bruno-rossastra

semplici ma decisamente chiari: -Prima di tutto fammi capire… i tuoi neri prima della muta hanno melanina bruna oppure no?-.

I Social Network sono connotati da tante negatività, lo sappiamo, ma possono rappresentare una preziosa fonte di informazioni e di conoscenza se sappiamo come muoverci e se abbiamo fiuto per individuare interlocutori affidabili. È così che ho avuto modo di conoscere Alberto Santafé Pastor che nella sua pagina mostrava in abbondanza quelli che fino ad allora erano, appunto, “fantasmi”, Azul selezionati al fine di esaltarne le caratteristiche tipiche della mutazione. A fronte della mia curiosità, un bel giorno mi ha inviato un Power Point che ho letto con molto interesse. Con altrettanto interesse ho letto il passaggio in cui suggerisce la formulazione di un apposito standard. È una questione sulla quale ho più volte riflettuto e sarei favorevole a una sperimentazione nelle forme già individuate dalla CTN, magari limitatamente ai mosaici e agli apigmentati.

- Che ne dici di ricavarne un articolo per la rivista della mia Federazione? – gli chiedo.

Un po’ stupito lui accetta. E io lo ringrazio. Grazie, Alberto.

La mutazione Azul (A. SANTAFÉ PASTOR)

L’obiettivo di questo lavoro è quello di promuovere la conoscenza di quella che è chiaramente una mutazione nel canarino che tuttavia non è mai stata ufficialmente riconosciuta come tale.

L’Azul è una mutazione ormai presente da molti anni nella maggior parte, se non in tutti, gli allevamenti in cui si allevano canarini melanici.

Dalla maggior parte degli allevatori è considerato un fattore complementare; per qualcuno è il risultato di una selezione, ma in ogni caso l’Azul è prevalentemente utilizzato per selezionare altri tipi sfruttando la sua caratteristica principale, vale a dire l’inibizione della feomelanina bruno-rossastra o meglio, secondoil mio parere, della sua trasformazione (che costituisce un difetto nella valutazione della maggior parte dei tipi della serie “ossidati” a concorso) in una feomelanina grigio ferro più o meno accentuata.

Come vedremo nel prosieguo di questo lavoro, questa mutazione soddisfa i requisiti che deve connotare ogni nuovo fenotipo. Non si tratta di una mutazione di recente individuazione ma nuova è la proposta di differenziarla, tanto da poter ipotizzare la formulazione di un vero e proprio standard.

La sua trasmissione segue le leggi mendeliane e, per la precisione, si tratta di mutazione autosomica recessiva. L’azione della mutazione comporta, a livello percettivo, la trasformazione della tonalità bruno-rossastra della feomelanina in grigio, effetto già percepito nei pulcini con piumaggio da nido chiaramente distinguibili da quelli non interessati dalla mutazione. Si manifesta così una caratteristica particolare che non si riscontra né nei Serinus né nella maggior parte dei fringillidi dove, secondo le teorie più accreditate, la feomelanina bruno-rossastra (ancestrale) rappresenta un meccanismo adattativo. La manifestazione di questa caratteristica nel piumaggio da nido rappresenta una chiara differenza rispetto al fenotipo del Nero standard che, sebbene non debba evidenziare melanina bruna, assume queste caratteristiche solo dopo la prima muta lasciando, però, residui più o meno visibili di melanina bruna nelle bordature delle penne forti e delle copritrici. Né la qualità dell’eumelanina nel disegno, né la melanina nelle parti cornee sembrano essere influenzate da questa mutazione, elementi che ne incoraggiano l’utilizzo come fattore complementare. L’azione di questa mutazione produce due effetti principali: il primo consiste nella parziale riduzione del disegno eumelaninico; il secondo, che rappresenta la sua caratteristica principale, provoca la diluizione della feomelanina ancestrale in feomelanina mutata, che conferisce al canarino un fondo più chiaro e pulito con un gradevole contrasto col disegno eumelaninico e una particolare percezione dei lipocromi che risultano più luminosi. Per quanto finora riportato, è facilmente intuibile che questa mutazione risulti apprezzabile negli ossidati.

Parallelamente è intuibile che nei diluiti (Agata e Isabella) la mutazione non apporti evidenti e apprezzabili elementi di originalità. Peraltro si presume che attualmente molti tipi della serie Agata e Isabella in circolazione siano interessati dalla mutazione.

Per quanto riguarda la differenza con altri tipi della serie dei Neri, l’originalità dell’Azul sta nel livello di ossidazione e brillantezza dell’eumelanina di un clas-

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Foto 2A - Nidiacei di Bruno classico Foto 2B - Nidiacei di Bruno Azul

sico e il netto contrasto con il fondo in un risultato finale che non consente alcuna confusione.

Nella serie Bruna ci sono meno possibilità di confusione col tipo base classico, caratterizzato dalla presenza di feomelanina ancestrale che mostra un’interstria bruno ossidato; nel Bruno Azul, invece, l’interstria grigio chiaro fa assumere all’eumelanina un colore grigio bruno a seconda della luce di visualizzazione.

Per quanto riguarda la confusione con altri tipi, non dovrebbe esserci alcun problema per il suo riconoscimento se lo standard dei tipi fosse chiaro e i tipi

fossero selezionati in base alla loro specificità e non secondo la nuova ossessione di ossidare sempre più tutte le gamme, tralasciando la genuinità di ogni tipologia e portando tutti verso il “classico”.

Per superare possibili incomprensioni nelle descrizioni fin ad ora effettuate, è utile arricchire questo lavoro con una serie di sequenze fotografiche.

La prima sequenza mostra l’evoluzione del piumaggio in un novello Nero Azul. Nella prima immagine (foto 3A) vediamo un canarino in abito giovanile interessato dal fattore Azul autosomico recessivo che fa chiaramente intrave-

dere il fondo pulito che lascia trasparire il lipocromo giallo.

Nella seconda foto (foto 3B), nello stesso soggetto a muta avanzata, possiamo notare la stessa tonalità residua sopra descritta ma, questa volta, all'altezza dell'occhio e della gola mentre il resto del piumaggio ha assunto la tonalità grigio-bluastra da adulto. Nella terza foto (foto 3C), infine, si percepisce chiaramente il tono che manterrà una volta terminata la muta.

La successiva serie di immagini (foto 4A-4B-4C), invece, mostra la stessa sequenza sopra rappresentata, questa volta riferita a un Bruno Azul.

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3AFoto 3BFoto 3C Foto 4AFoto 4BFoto 4C
Foto

Nelle illustrazioni seguenti vedremo la differenza tra un esemplare adulto con feomelanina ancestrale rispetto ad uno con feomelanina mutata. Nella prima immagine (foto 5A) si nota chiaramente la

tonalità bruna- sia sullo sfondo che sul bordo delle grandi penne di un Nero Bruno. La feomelanina bruno-rossastra è visibile, fino alla muta, anche nei novelli dei Neri riconosciuti dagli attuali stan-

dard. Nei Neri Azul (foto 5B), invece, questa tonalità è completamente assente. Le immagini successive (foto 6A6B) mostrano la differenza tra un Bruno Classico e un Bruno Azul.

Foto 5A

Foto 5B

Foto 6A

Foto 6B

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Nelle immagini successive (foto 7A7B-7C), effettuate con luce solare diretta, possiamo notare le differenze tra un Verzellino, Serinus ancestrale che sappiamo essere parente stretto del Canarino, con chiara espressione

di feomelanina ancestrale, e due soggetti Azul, il primo Nero, il secondo Bruno.

In seguito due fotografie (foto 8A-8B) che ritraggono il particolare del dorso di un Nero Azul e di un Bruno Azul e

che rappresentano il fenotipo che dovremmo avere come punto di riferimento nella selezione di questa mutazione per evidenziare al massimo la specificità e l’originalità di questo Canarino.

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Foto 7AFoto 7BFoto 7C Foto 8A - Nero azul Foto 8B - Bruno azul

Concludo questo lavoro con una sequenza di foto (foto 9A-9B-10A-10B11A-11B-11C) con illuminazione dif-

ferente e che rappresentano esemplari, sia maschi che femmine e che, secondo il mio parere, dovrebbero

rappresentare la linea di selezione, magari in vista di un futuro riconoscimento.

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Foto 9A - Bruno Azul Mosaico Giallo, maschio Foto 9B - Bruno Azul Mosaico Giallo femmina di linea maschile Foto 10A - Nero Azul Mosaico Giallo Femmina Foto 10B - Nero Azul Mosaico Giallo Femmina Foto 11A - Nero Azul Mosaico Giallo Maschio Foto 11B - Nero Azul Mosaico Giallo Maschio Foto 11C - Nero Azul Mosaico Giallo Maschio

I fattori scurenti nel Forpus coelestis

Tra le mutazioni più diffuse, nei pappagalli allevati in ambiente protetto, quella dei Fattori Scurenti merita senz’altro una menzione particolare.

La mutazione, almeno nel fenotipo a Singolo Fattore, è stata osservata anche in alcune specie in natura. Si tratta di una mutazione a dominanza incompleta. Ovvero: il Singolo Fattore avrà un fenotipo intermedio tra quello Senza Fattore Scurente e quello con Doppio Fattore Scurente. Di per sé non provoca cambiamenti nella colorazione delle Psittacofulvine e/o diluizione dell’Eumelanina. Si limita a scurire il colore del corpo attraverso un inscurimento della componente blu alla base della colorazione visibile del piumaggio. Pertanto nella serie Verde avremo:

• VERDE assenza di Fattore Scurente

• VERDE

SCURO presenza di Singolo Fattore Scurente

• VERDE

OLIVA presenza di Doppio Fattore Scurente

Analogamente nella serie Blu (inibizione totale della Psittacofulvina gialla) o Parablu, nelle specie in cui si sono manifestate queste mutazioni, (riduzione più o meno accentuata della Psittacofulvina gialla) ci sarà:

• BLU assenza di Fattore Scurente

• COBALTO presenza di Singolo Fattore Scurente

• MALVA presenza di Doppio Fattore Scurente

Recentemente tale mutazione si è manifestata anche nel Forpus coelestis. Occorre precisare che nel Forpus, come peraltro in altre specie come gli Agapornis ad esempio, il fenotipo del Singolo Fattore nella serie BLU (COBALTO) non appare propriamente intermedio tra quello Senza Fattore Scurente e quello a Doppio Fattore, ma più simile al Senza Fattore (BLU). Resta peraltro intermedio come patrimonio genetico (genotipo): indicando con la lettera minuscola d l‘allele non mutato e con la lettera D maiuscola l’allele mutato Scuro (iniziale del termine inglese Dark =

Essendo una mutazione Autosomica le aspettative degli accoppiamenti non dipendono dal sesso dei riproduttori, invertendo il genotipo tra maschio e femmina i risultati non cambiano

Scuro), potremmo indicare la formula genetica come segue:

• dd senza Fattore Scurente

• Dd con singolo Fattore Scurente (s.f.)

• DD con doppio Fattore Scurente (d.f.)

Cosa è il fattore scurente e da cosa è determinato? Come sappiamo il colore verde dei pappagalli è determinato visivamente dalla Psittacofulvina Gialla presente nella corteccia delle piume e dalla interferenza con la luce “blu” riflessa dalla zona spugnosa delle stesse (parte interna della piuma di colore Blu). In condizioni normali, come ben sa chi usa i colori, mescolando il blu con il giallo si ottiene il colore verde che strutturalmente è il colore base della gran parte delle specie di pappagalli. La mutazione Fattore Scurente altera la struttura stessa della piuma riducendo la larghezza della zona spugnosa che ci fa quindi percepire una luce Blu riflessa più scura. Come abbiamo detto, la mutazione ha caratteristica ereditaria Autosomica a Dominanza Incompleta, pertanto si manifesta nel fenotipo sia quando presente in Singolo Fattore (eterozigote) sia quando è in Doppio Fattore (omozigote), con ambedue le forme visivamente ben definite. Il Fattore Scurente comporta solo un cambiamento strutturale delle piume, senza quindi interessare l’eumelanina presente che rimane inalterata, pertanto: unghie, zampe e becco conserveranno lo stesso colore di un uccello verde o blu senza Fattori Scurenti.

NUMERO 12 - 2022 15 ONDULATIEDALTRI PSITTACIFORMI
Si tratta di una mutazione a dominanza incompleta

MASCHIO FEMMINA

PROLE serie VERDE

VERDEVERDE SCURO 50% VERDE 50% VERDE SCURO

VERDE VERDE OLIVA 100% VERDE SCURO

VERDE SCUROVERDE SCURO 25% VERDE 50% VERDE SCURO 25% VERDE OLIVA

VERDE SCURO VERDE OLIVA 50% VERDE SCURO 50% VERDE OLIVA VERDE OLIVAVERDE OLIVA100% VERDE OLIVA serie BLU

BLUCOBALTO 50% BLU 50% COBALTO BLU MALVA 100% COBALTO

COBALTOCOBALTO 25% BLU 50% COBALTO 25% MALVA

COBALTO MALVA 50% COBALTO 50% MALVA MALVAMALVA100% MALVA

I soggetti mutati non hanno problemi di robustezza, pur avendo modificata la struttura delle piume, ma i soggetti a Doppio Fattore presentano un piumaggio più duro

I soggetti mutati non hanno problemi di robustezza, pur avendo modificata la struttura delle piume, ma i soggetti a Doppio Fattore presentano un piumaggio più duro (o meglio meno morbido), che generalmente richiede una muta più lunga del normale. Per questa ragione, se si vogliono avere dei soggetti a Doppio Fattore (D. F. - omozigote), si sconsiglia l’accoppiamento D.F. x D. F., in quanto si potrebbero ottenere soggetti con piumaggio fragile e/o scomposto. Un buon accoppiamento, sempre al fine di ottenere ottimi soggetti omozigoti D. F., è quello di assortire una coppia eterozigote, ovvero Singolo Fattore x Singolo Fattore, che darà meno soggetti D. F., ma sicuramente con una migliore qualità del piumaggio.

Un buon accoppiamento, sempre al fine di ottenere ottimi soggetti omozigoti D. F., è quello di assortire una coppia eterozigote

Descrizione VERDE SCURO

MASCHIO – Fronte, guance, gola e calotta verde scuro brillante; dietro l’occhio parte una linea ben demar-

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Accoppiamenti possibili Essendo una mutazione Autosomica le aspettative degli accoppiamenti non dipendono dal sesso dei riproduttori, invertendo il genotipo tra maschio e femmina i risultati non cambiano. MALVA (D.F. Scurente serie BLU): si notano dei residui di cannule (guaina all’interno della quale si sviluppa la piuma) che dimostrano una muta più lenta del normale, dovuto all’indurimento del piumaggio nel doppio Fattore Scurente

cata di colore cobalto scuro che sfuma ai lati delle guance. L’occipite ed il collo sono grigio-blu. Il dorso e le scapole sono verde molto scuro con evidente velatura grigia. Il petto, il ventre ed i fianchi sono verdi scuro di una tonalità più chiara del dorso con leggerissime soffusioni grigie. Groppone, codrione e sotto ala, nella parte ascellare sono blu cobalto scuro intenso. Sottocoda verde scuro. Grandi copritrici e copritrici primarie blu cobalto scuro intenso. Remiganti primarie verde scuro con vessillo interno grigio, le secondarie blu cobalto con vessillo interno verde. Timoniere centrali e laterali verde scuro con riflessi verde smeraldo. Becco corneo. Iride marrone scuro con pupilla nera. Zampe, dita e unghie grigio carne chiaro.

FEMMINA – Il dorso è di un verde scuro brillante con mancanza delle soffusioni grigie. Il petto, il ventre e l’addome sono verdi scure. Tutte le zone a colorazione blu sono sostituite da un verde scuro di colore brillante.

VERDE OLIVA

MASCHIO – Fronte, guance, gola e calotta verde oliva giallastro; dietro l’occhio parte una linea di colore cobalto grigio scuro non molto evidente che sfuma ai lati delle guance. L’occipite ed il collo sono grigi. Il dorso e le scapole sono verde oliva con marcata velatura grigia. Il petto, il ventre ed i fianchi sono verdi oliva di una tonalità più chiara del dorso con leggerissime soffusioni grigie. Groppone, codrione e sotto ala, nella parte ascellare sono blu cobalto scuro molto intenso. Sottocoda verde oliva. Grandi copritrici e copritrici primarie blu cobalto scuro intenso. Remiganti primarie verde scuro con vessillo interno grigio, le secondarie blu cobalto scuro con vessillo interno verde. Timoniere centrali e laterali verde scuro. Becco corneo. Iride marrone scuro con pupilla nera. Zampe, dita e unghie grigio carne chiaro.

FEMMINA – Il dorso è verde oliva con mancanza delle soffusioni grigie. Il petto, il ventre e l’addome sono verdi oliva. Tutte le zone a co-

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Maschio VERDE SCURO Maschio COBALTO

calotta blu scuro; dietro l’occhio parte una linea ben demarcata di colore cobalto scuro che sfuma ai lati delle guance. L’occipite ed il collo sono grigi. Il dorso e le scapole sono blu scuro con velatura grigia. Il petto, il ventre ed i fianchi sono blu scuro di una tonalità più chiara del dorso con leggerissime soffusioni grigie. Groppone, codrione e sotto ala, nella parte ascellare sono blu cobalto scuro molto intenso. Grandi copritrici e copritrici primarie blu cobalto scuro intenso. Sottocoda blu cobalto. Remiganti primarie blu cobalto scuro con vessillo interno grigio scuro, le secondarie blu cobalto. Timoniere centrali e laterali blu cobalto brillante. Becco corneo. Iride marrone scuro con pupilla nera. Zampe, dita e unghie grigio carne chiaro.

FEMMINA – Il dorso è di un blu cobalto brillante con mancanza di soffusioni grigie; anche la zona del petto e del ventre è di un blu cobalto più nitido per via dell’assenza di grigio.

MALVA

MASCHIO – Fronte, guance, gola e calotta grigio malva; dietro l’occhio parte una linea quasi indistinguibile grigio scuro con riflessi cobalto che sfuma ai lati delle guance. L’occipite ed il collo sono grigi. Il dorso e le scapole sono grigio malva con accentuata velatura grigia più chiara. Il petto, il ventre ed i fianchi sono grigio malva di una tonalità più chiara del dorso. Groppone, codrione e sotto ala, nella parte ascellare sono di un grigio scuro con riflessi cobalto. Grandi copritrici e copritrici primarie grigio malva intenso. Sottocoda grigio malva. Remiganti primarie blu cobalto molto scuro con vessillo interno grigio scuro, le secondarie blu cobalto scuro. Timoniere centrali e laterali grigio malva. Becco corneo. Iride marrone scuro con pupilla nera. Zampe, dita e unghie grigio carne chiaro.

FEMMINA – Il dorso è di un colore grigio scuro malva uniforme con mancanza della velatura grigia tipica del maschio; anche la zona del petto e del ventre è di un grigio malva più nitido e senza alcuna velatura.

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Maschio COBALTO femmina MALVA lorazione blu sono sostituite da un verde oliva. COBALTO MASCHIO – Fronte, guance, gola e

La vita è fatta a scaglie

Lo spangling del Lizard

Il mondo del Lizard (e dei suoi cultori) ruota sicuramente intorno alle “scaglie” (con il termine inglese spangling si indica l’insieme di quelle penne di contorno, o tectrici, che per colore e disposizione formano il tipico disegno dorsale da rettile); oltre ad aver suggerito il nome della razza, occupando ben 25 punti, ovvero un quarto dell’intero composito standard (che offre spazio ad altre 9 voci, con relativi punteggi via via decrescenti), rappresentano la caratteristica fondamentale e peculiare

di questo canarino unico nel suo genere. Si può dire, quindi, che le “scaglie” rappresentino l’essenza stessa della razza Lizard.

Si può dire, quindi, che le “scaglie” rappresentino l’essenza stessa della razza Lizard

Anche se un connotato così particolare ed inconfondibile in canaricoltura dovrebbe essere molto ben conosciuto, soprattutto dagli allevatori più specializzati, non appare superfluo andare ad analizzarne nel dettaglio alcuni aspetti, non solo a vantaggio dei novizi.

Lo standard (sia inglese che italiano) prevede che le scaglie siano nitide e ben distinte le une dalle altre; ciò è reso possibile dalla loro particolare colorazione, caratterizzata dal contrasto tra chiaro e scuro.

NUMERO 12 - 2022 19 CANARINIDI FORMAE POSIZIONE LISCI
Penne di contorno/scaglie di soggetto argentato, foto A. Di Tillio

Nei soggetti

“ non cap ” le linee di scaglie dovrebbero essere continue e ininterrotte

Poiché ognuna di queste penne riveste la propria importanza nel raggiungimento del risultato estetico finale, è necessaria una descrizione minuziosa delle varie parti che le compongono. Si ricorda che in generale, nelle penne di contorno, la parte prossimale del vessillo (quella più vicina al corpo, normalmente nascosta alla vista), è soffice, vaporosa e di aspetto “piumoso”, essendo composta da barbe lunghe e separate, con barbule prive di uncini (pressoché tutte le penne di contorno presentano un ciuffo piumoso nella posizione detta “iporachide”)(1).

La parte distale, visibile ed esposta (non solo alla vista, ma anche agli elementi atmosferici), è invece più compatta ed impermea-

bile, essendo dotata di barbule e barbicelle con microscopici uncini (o hamuli) che ne consentono il reciproco aggancio (2). Gli apici delle penne di contorno presenti sul corpo di tutti gli uccelli ricoprono quindi l’iporachide piumosa, sovrapponendosi come tegole di un tetto.

Nel Lizard, lo scapo è formato da un corto calamo (la parte infissa nella pelle) di colore biancastro e da una rachide quasi nera, ai cui lati si dispiega il vessillo. Quest’ultimo presenta la parte più vaporosa e prossimale di colore grigioazzurro scuro, mentre la parte distale visibile, più compatta, è suddivisa in un’area centrale nera, detta “fiamma”, di forma grossolanamente triangolare con base rivolta verso il bordo esterno, e in due zone laterali di colore bruno, tendente al nocciola nei soggetti argentati ed al bronzo in quelli dorati. Tali aree terminano in un sottile margine esterno dalla forma arrotondata e di colore chiaro, che risulta di tonalità giallo-oro nei soggetti dorati, mentre negli argentati, in cui il lipocromo non arriva fino all’apice della penna, appare pressoché bianco.

Considerata la differenza di piumaggio normalmente esistente tra intensi e brinati, negli argentati le scaglie sono solitamente più larghe e spesso più nitide rispetto a quelle dei dorati, ma ciò che più importa, come si vedrà, è che in ogni singola penna venga rispettato e conservato l’equilibrio tra le zone di colore diverso, come appena descritte. Diversamente, difetti e relative penalizzazioni diventano inevitabili.

L’ “effetto scaglia” viene comunque esaltato dall’embricarsi di queste penne l’una sull’altra, ordinatamente disposte lungo file perfettamente dritte e tra loro parallele che, come previsto dallo standard, partendo dal margine posteriore della calotta scendono sul dorso fino alle copritrici alari (ed al groppone), ingrandendosi progressivamente.

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Penne di contorno/scaglie di soggetto dorato, foto A. Di Tillio Corretto allineamento delle scaglie in un maschio dorato quasi senza calotta, foto e all. A. Di Tillio

Nelle aree prive di calotta, ovvero negli esemplari senza calotta o quasi senza ed in quelli con calotta spezzata, scaglie in miniatura sono presenti e visibili anche sulla testa (3). Teoricamente, quindi, nei soggetti “non cap” le linee di scaglie dovrebbero essere continue e ininterrotte dal capo alla superficie dorsale, passando per il collo.

Nella realtà, tuttavia, mentre a livello della testa le scaglie (anche se molto piccole, in relazione alle dimensioni delle penne di questa zona) sono presenti, così come sul dorso, nella regione cervicale le stesse risultano invece generalmente meno distinguibili, evidenziandosi spesso a questo livello soltanto una tenue e disordinata puntinatura; in tale distretto corporeo la regolarità del disegno è inoltre compromessa anche dalla estrema mobilità del collo. Comunque, quello appena descritto rappresenta un difetto molto comune, che raramente viene penalizzato in esposizione (4). Lo spangling raggiunge invece la propria massima espressione a livello dorsale, dove secondo Huw Evans si possono contare nove file di scaglie, una centrale e quattro per ogni lato (la quarta fila, disposta più lateralmente, sarebbe composta da sei scaglie piuttosto piccole e non sempre visibili, motivo per cui le file, almeno apparentemente, risulterebbero solo in numero di sette) (5). La geometrica perfezione dello spangling è comunque tale da poter essere alterata anche da una sola scaglia fuori posto. Inoltre, anche in presenza di un corretto allineamento può verificarsi, soprattutto nei soggetti argentati, una antiestetica separazione del piumaggio dorsale in senso longitudinale, con divaricazione delle file di scaglie centrali, inconveniente definito dagli allevatori inglesi con la locuzione “split back”, dovuto probabilmente ad una eccessiva lunghezza del piumaggio stesso e, forse, anche ad un dorso troppo

ampio. Si tratta di un difetto molto comune, che ha la caratteristica di comparire e scomparire con i movimenti del canarino. A rendere le cose meno facili vi è il fatto che le scaglie possono risultare ordinate su di un lato del corpo, ma non altrettanto sul lato opposto. Inoltre, com’è noto, il disegno può scomporsi con il movimento, in modo variabile da soggetto a soggetto, cosicché deve essere considerata un pregio la prerogativa, che solo alcuni esemplari hanno, di conservare il disegno costantemente ordinato nel tempo.

In ogni caso, esemplari tipici con scaglie nitide, anche se non perfettamente allineate, benché svantaggiati nelle esposizioni potranno ugualmente essere utilizzati con successo nella riprodu-

NUMERO 12 - 2022 21
In assenza di calotta scaglie in miniatura sono presenti anche sulla testa, foto Huw Evans (3) Lo spangling raggiunge la sua massima espressione a livello dorsale mentre sul collo spesso non è ben distinto, foto e all. A. Di Tillio
A livello dorsale secondo Huw Evans si possono contare nove file di scaglie

Una scaglia

zione, mentre dovrebbero essere scartati quelli con spangling completamente disordinato, definito “a scacchiera”.

Purtroppo, la regolarità e l’armonia del disegno possono essere compromesse non solo da difetti di posizio-

Nei Lizard dorati deve essere evitata qualsiasi forma di brinatura che possa rendere il disegno dorsale “fumoso” ed appannato

namento e collocazione delle scaglie, ma anche, come si è già accennato, da anomalie cromatiche e strutturali di una o più penne. Difetti molto comuni riguardano, ad esempio, il margine chiaro della scaglia che, ove troppo esiguo o assente, favorirà la “fusione” delle catene di scaglie in linee continue, definite dagli allevatori inglesi “tramline”, ovvero binari del tram. Viceversa, un bordo troppo ampio sarà in grado di determinare schiarite e confusione nel disegno. Anche una singola penna/scaglia perduta accidentalmente o strappata (“plucked”) da altri soggetti tenderà a ricrescere con un margine chiaro più ampio, così da apparire come una sorta di nota stonata, tale da turbare l’armonia del complessivo disegno (per questo stesso motivo, nei soggetti di oltre un anno di età le scaglie tendono a diventare meno distinte). Si tratta di un difetto che, comunque, resta circoscritto e, pur riducendo le chances espositive, non compromette le possibilità riproduttive e selettive, diversamente dalle ampie schiarite che possono riscontrarsi nei casi di spangling interamente confuso ed opaco. Nei Lizard dorati deve essere evitata qualsiasi forma di brinatura che possa rendere il disegno dorsale “fumoso” ed appannato.

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Più difetti possono essere presenti in uno stesso soggetto, foto Huw Evans (4) perduta e ricresciuta con bordo più ampio è una nota stonata nell’armonia d’insieme, foto e all. A. Di Tillio

L’effetto generato dall’alternanza di chiaro-scuro (“effetto scaglia”) può essere alterato anche dall’invasione, all’interno del vessillo, dell’area centrale nera da parte delle zone brune laterali, risultante in un aspetto di generale opacità del piumaggio. Infatti, le scaglie dovrebbero essere il più possibile nere, per esaltare il contrasto tra chiaro e scuro (6). In Inghilterra vengono utilizzati diversi termini per indicare difetti di nitidezza delle scaglie quali, ad esempio, “cloudy” (nuvoloso), “muddy spangle” per indicare scaglie torbide, opache, confuse, che conferiscono al disegno un aspetto nebbioso (“hazy”) e indistinto, che tende a confondersi con il colore di fondo anziché risaltare. Naturalmente, due o più difetti tra quelli descritti possono essere contemporaneamente presenti in uno stesso soggetto.

Come si vede, molte sono le insidie in grado di minare il cammino selettivo ed espositivo dell’allevatore di canarini Lizard il quale, per valutare appieno pregi e difetti dei propri esemplari, dovrà necessariamente attendere il termine della prima muta, ovvero fin quando anche l’ultima scaglia avrà preso il proprio posto nel contesto del pregiato mantello dorsale.

Si ringrazia Huw Evans per la consueta disponibilità.

NOTE BIBLIOGRAFICHE

(1)R. Brown, J. Ferguson, M. Laurence, D. Lees, “Tracce e segni degli uccelli d’Europa”, F. Muzzio Editore, Padova, 1989, pag. 96

(2)Wesley E. Lanyon, “Biologia degli uccelli”, Zanichelli, 1973

(3)H. Evans, “The Itch- hiker’s Guide to the Lizard canary: Episode 4”, Cage & Aviary Birds, September 23 2020, pag. 16

(4) H. Evans, “The Itch- hiker’s Guide to the Lizard canary: Episode 3”, Cage & Aviary Birds, September 16 2020, pag. 10

(5)H. Evans, “Lizard - Part 2: the difference between spangles & lacings”, finespangledsort.com

(6)Lizard Canary Association of Great Britain, “Members Handbook”, 2000, pag.

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Canarino ventre bianco x Crociere dell’Himalaya

L’ibridazione, per noi appassionati del settore, può essere considerata sogno o chimera, ma alcune volte i sogni non terminano all’alba, proprio come l’avventura che andrò a raccontarvi. Il protagonista di questa storia è Manuele Paoletti che, poco più che ven-

tenne, manifesta una passione smodata quando si parla di penne e piume; tutto questo gli ha permesso di allevare diverse specie di fringillidi, diciamo così, non comuni come i lucherini dei pini, i trombettieri del Liechtenstein e crocieri, ma anche verdoni pezzati, sempre con ottimi risultati espositivi.

L'ibrido a nido

Oltre alle sopracitate specie allevate in purezza, appunto, alcune coppie ibride hanno sempre fatto parte del suo allevamento; anche in questo caso i vari soggetti prodotti gli hanno permesso di primeggiare nelle mostre più blasonate, come fanello x canarino, che riuscì ad aggiudicarsi la medaglia di bronzo al Campionato Mondiale di Cesena. Ma come si suol dire, l’appetito vien mangiando, e così lo scorso anno il nostro giovane allevatore si è superato riuscendo a realizzare un soggetto che definire bello è sicuramente sminuente: Canarino ventre bianco x Crociere dell’Himalaya.

Prima di parlare nello specifico di quest’ibrido vorrei analizzare, con attenzione, le due specie che hanno permesso di realizzarlo.

NUMERO 12 - 2022 25 ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI
Canarino ventre bianco x Crociere dell'Himalaya, foto: D. C utillo

Il maschio

Il Canarino ventre bianco è un Fringilide di medie dimensioni inserito negli ultimi anni nel genere Crithagra, appartiene al gruppo dei “canarini africani”.

A seguito del blocco delle importazioni, i soggetti presenti in allevamento hanno subito un drastico calo negli ultimi anni.

Questo piccolo “canarino” è comune nelle savane di Etiopia, Kenya e Tanzania, anche se la sua presenza è stata segnalata anche in Somalia e Uganda. Questa specie predilige gli habitat intorno all’Equatore, dove la durata del giorno e della notte sono approssimativamente uguali.

Il ventre bianco è caratteristico ma, quando non è ben visibile, è possibile confonderlo con il canarino mozambicano, diffuso in gran parte dell’Africa (in passato questa specie veniva chiamata appunto Mozambico gigante). Sebbene possa essere osservato abbastanza facilmente intorno ai lodge turistici nei parchi nazionali, non può essere considerata specie da giardino; frequenta infatti preferibilmente zone secche ed aride che non offrono una grande abbondanza di cibo, pertanto la relativa ricerca è piuttosto laboriosa.

Il “ventre bianco” vaga raggruppato in piccoli branchi che dalle acacie scendono sulle alte erbe prative per procurarsi le granaglie necessarie per il loro fabbisogno quotidiano. Risulta essere specie discretamente abbondante nei luoghi di origine e di facile osservazione grazie anche al suo carattere confidente. È presente, inoltre, sugli altipiani e talvolta in media montagna anche oltre i 2000 metri di altitudine.

Descrizione

Nel maschio una caratteristica accattivante è l’ampia fascia gialla intensa che corre sulla fronte, lungo il becco, fino dietro gli occhi; dello stesso colore risultano la gola, il petto, le guance, i fianchi ed il codione. Zone retro-oculari, margini della guancia, briglie, lati del collo, nuca e dorso di colore verde, con un disegno molto ben marcato di colore verde scuro. Sia i maschi che le femmine hanno il ventre bianco. Ali e coda nerastre con orlature delle penne ocra. Becco conico e forte, di colore grigio, zampe nere. La femmina è simile al maschio, con il petto giallo-verdastro, leggermente striato, non giallo intenso come nel maschio. La femmina mostra disegni sui fianchi, quasi mai presenti nei maschi.

I giovani sono privi del lipocromo, se non sul codione, che è giallo chiaro; il disegno abbraccia tutto il corpo.

La sottospecie C. dorsostriata maculicollis ha un ventre bianco più chiaro e copritrici bianche sotto la coda.

Tassonomia e sottospecie

Le tre sottospecie riconosciute sono relativamente distinte nei colori e nei disegni del piumaggio. La sottospecie nominale mostra un’ampia fronte giallo brillante nel maschio e fianchi quasi senza striature mentre C. d. maculicollis (Corno d’Africa, Kenya settentrionale e Uganda) ha la fronte più stretta e strie sui fianchi del maschio. Infine, C. d. taruensis (Kenya sudorientale, Tanzania centrale e orientale) ha meno bianco sul ventre e la nuca verde oliva.

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Crociere dell'Himalaya in cova L'ibrido oggetto dell'articolo
A seguito del blocco delle importazioni, i soggetti presenti in allevamento hanno subito un drastico calo

La fase riproduttiva

Il nido viene solitamente costruito su di un arbusto posto in prossimità di una fonte di acqua. La coppa viene costruita dalla sola femmina che solitamente si avvale di piccole radici e fili d’erba che verranno intrecciate tra di loro, mentre per l’imbottitura vengono utilizzate lanugini animali e vegetali. Le uova sono solitamente tre, di colore azzurro macchiettate o meno di bruno scuro sul polo maggiore. Durante l’incubazione la femmina è molto aggressiva sia con i conspecifici che con il maschio ed abbandona il nido soltanto per espletare le proprie funzioni corporali; in questa fase viene nutrita regolarmente dal maschio. Tale routine continuerà fino a quando i giovani non saranno abbastanza grandi da riscaldarsi tra di loro e potersi mimetizzare nel nido. Lo svezzamento avviene circa un mese dopo la schiusa.

La femmina

Il Crociere dell’Himalaya è Il più piccolo rappresentante del genere Loxia, con caratteristiche veramente sorprendenti.

Raggiunge la maturità sessuale dopo appena sei mesi; infatti, come spesso accade con gli uccelli di taglia piccola, è specie particolarmente prolifica, ma di contro poco longeva. Come gli altri rappresentanti di questo genere non è fotosensibile, come succede per la stragrande maggioranza dei fringillidi, ma in grado di potersi riprodurre in qualsiasi periodo dell’anno, ad eccezione della muta. Varia il proprio periodo riproduttivo in base alla maturazione dei preziosi semini delle conifere himalayane, che utilizza per imbeccare i piccoli. Analizzandolo nei dettagli, potremo notare che il becco è un vero e proprio rostro da Loxia, ovviamente accavallato (la visione frontale parla chiaro), il dorso presenta le parti non interessate da lipocromo, nei soggetti di sesso maschile, nere - e non un nero scarico come negli altri crocieri, un nero ossidatissimo che interessa le remiganti e le timoniere. Le femmine, per ragioni mimetiche, presentano un colore che va dal

bruno-grigiastro al verde-giallastro, generalmente più brillante sulla groppa e sul codione, dove i disegni facciali e dorsali sono sempre molto evidenti.

Si è visto che, in genere, l’estensione e l’intensità della colorazione corporea sono direttamente correlate alla presenza di antociani nella dieta. Il becco è un vero e proprio “divaricatore” naturale che gli permette di allargare le squame (brattee) delle pigne (stròbili) e di estrarne, aiutandosi con la lingua, i rispettivi semi di cui si ciba dopo averli sgusciati.

Distribuzione

La specie Loxia curvirostra himalayensis è diffusa lungo la catena dell’Himalaya attraverso il Nepal, il Bhutan e il sud del Tibet, oltre che in Cina centrale. È svernante nel nord della Birmania e nel sud dello Yunnan.

Riproduzione

Come già visto, la specie può nidificare in qualsiasi periodo dell’anno, anche se le stagioni migliori restano la primavera e l’estate. A fronte di ciò, la femmina costruirà un nido, solitamente posto su di una conifera, a forma di coppa con ramoscelli intrecciati e muschio, foderato internamente con la lanugine che avrà il compito di proteggere le giovani vite dai rigori himalayani.

Le uova possono variare da 3 a 4, di colore biancastro con maculature marroni sul polo ottuso; in questo periodo sarà compito del maschio alimentare la femmina a nido. Dopo un periodo di incubazione di 13/14 giorni, i nuovi nati verranno alimentati da entrambi i genitori con semi di conifere.

In allevamento, purtroppo, spesso si trovano soggetti non puri, con dimensioni e forme fuori standard; gli allevatori tedeschi, come per altre specie, sono quelli che hanno saputo tutelare di più le tipicità di questi fringillidi.

Inutile dire che le dimensioni ridotte e la buona affinità genetica del Crociere con gli altri fringillidi rendono questa sottospecie ambitissima dagli ibridatori.

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L’ibrido in questione, foto: D. Cautillo
L'ibrido visto dall'alto
Le tre sottospecie riconosciute sono relativamente distinte nei colori e nei disegni del piumaggio

La creazione dell’ibrido Passo ora la penna a Manuele per il racconto di questa avventura: “Mi è stato possibile realizzare questa ibridazione in primis grazie alla generosità dell’amico fraterno Piero Russo che, a suo tempo, mi fece dono di un maschio di Canarino ventre bianco, specie che cercavo da tempo. Una volta venuto in possesso di questo bellissimo soggetto, la mia vena ibridologica si mise subito in azione; inizialmente pensai di accoppiarlo con una crociera comune, ma dopo poco decisi di unirlo ad una femmina di Crociere dell’Himalaya per far risaltare al meglio i disegni che entrambi i parentali avrebbero trasmesso alla prole. Decisi di porre la coppia in una classica volieretta da 120 cm dove dimostrarono subito un buon affiatamento: la femmina chiedeva spesso di essere imbeccata ed il maschio, con una certa solerzia, l’accontentava.

Dopo una breve fase di adattamento decisi di porre il nido, vedendo che il maschio aveva aumentato le fasi di corteggiamento.

La femmina approntò un’ottima coppa dove depose 3 uova. Non conoscendo le sue abilità come

nutrice, decisi di passare le uova ad una testata balia canarina, con la speranza che la femmina di crociere, magari, potesse nuovamente deporre. Questo purtroppo non avvenne, ma nel frattempo la cova proseguì ed alla speratura un uovo risultò essere fecondo.

Andai subito in fibrillazione ed attesi con trepidazione lo scadere del quattordicesimo giorno.

L’uovo si schiuse regolarmente ed il pullus crebbe anche abbastanza velocemente grazie alle abbondanti somministrazioni di perle morbide asciugate con il pastoncino ed un prodotto a base di semi germinati pronti all’uso.

Una volta svezzato, decisi di separare il piccolo per farlo mutare al meglio. A fine muta si rivelò essere uno splendido maschio (che potete ammirare nelle foto allegate) che mi ha ripagato di tutti i sacrifici giornalieri.

Per il futuro, visto che la mente di noi allevatori è sempre in movimento, vi sono altri due ibridi che fanno parte dei miei sogni, più precisamente: Canarino ventre bianco x Verdone dell’Himalaya e Verdone dell’Himalaya x Crociere dell’Himalaya”.

Ringraziamo Manuele per questo suo bel racconto e ci congediamo con la speranza che, a breve, qualche altro sogno possa diventare realtà.

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L’ibrido in bella mostra, foto: D. Cautillo Il Canarino ventre bianco
Una volta svezzato, decisi di separare il piccolo per farlo mutare al meglio. A fine muta si rivelò essere uno splendido maschio

Isabellismo

La mutazione detta isabellismo, alla quale noi allevatori di uccelli siamo abituati, è fra le più diffuse fra gli uccelli stessi, forse la più diffusa, non a caso di solito è una delle prime o proprio la prima ad apparire nelle diverse specie ornitiche allo stato domestico. Spesso segnalata anche in natura. Il comportamento genetico è recessivo e legato al sesso. La mutazione consiste nel fatto che l’eumelanina nera si trasforma in eumelanina bruna. Quindi non si facciano equivoci, la feomelanina non è interessata e si badi bene l’eumelanina nera si trasforma in eumelanina bruna, ma non diventa feomelanina. Lo si nota molto bene osservando che l’eumelanina bruna, frutto di mutazione, ha una tonalità di bruno molto più scura di quella della feomelanina.

Per evitare equivoci con altre specie non ornitiche, si sappia che il termine isabella ed isabellismo hanno significati non perfettamente corrispondenti a quanto accade negli uccelli. Nel cavallo, il mantello detto isabella, che schiarisce il baio, escludo che possa corrispondere all’isabellismo degli uccelli poiché alcune parti rimangono nere, inoltre il comportamento genetico è parzialmente dominante.

In genetica umana di solito si considera l’isabellismo come sinonimo di: rutilismo ed eritrismo; i capelli rossi umani vengono ricondotti a tale fenomeno. Non credo affatto che tale carattere possa corrispondere all’isabellismo negli uccelli, per la diversa espressione e se non altro per il diverso comportamento genetico; nell’uomo talora indicato come recessivo autosomico, ma più spesso come complesso, comunque non legato al sesso. Bisogna sempre andare molto cauti con i paragoni fra uccelli e mammiferi.

Sull’origine del nome isabella si tramanda, ma probabilmente non corrisponde al vero, che deriverebbe dal colore assunto dalla biancheria di talune nobildonne che non la cambiarono per molto tempo, in seguito ad un voto per propiziare eventi bellici, e si chiamavano

Isabella. La biancheria sarebbe diventata di un colore poco definibile sul giallastro o marroncino. Si narra di Isabella arciduchessa d’Austria e soprattutto di Isabella di Castiglia.

Nelle varie specie ornitiche l’effetto finale può essere leggermente diverso, a

NUMERO 12 - 2022 29 CANARINIDI COLORE
Isabella intenso giallo, foto: E. del Pozzo
Il comportamento genetico è recessivo e legato al sesso

seconda della quantità di eumelanina trasformata e della quantità nonché del colore della feomelanina presente. Si può avere, a seconda dei casi, un aspetto complessivo marroncino o rossiccio o fulvo, con possibilità intermedie. Quello che non si deve dimenticare è che tutte le specie in origine sono di tipo nerobruno. Dico questo poiché in passato si era pensato che alcune specie, molto ricche di bruno e povere di nero, fossero qualcosa di diverso, si diceva brune, ma poi si è accertato essere nero-brune. Nel canarino la mutazione di isabellismo è stata una delle prime ad apparire, come accade normalmente. I primi soggetti mutati vennero chiamati isabella

del tutto correttamente. Purtroppo però nel canarino di colore si è commesso l’errore di chiamare in seguito: bruno, gli isabella originali ed isabella, l’interazione con l’agata.

In effetti dopo la comparsa dell’agata, in seguito ad incroci con l’attuale bruno detto allora correttamente isabella, nacquero grazie al crossing-over dei canarini ove l’interazione delle due mutazioni schiariva l’originale isabella (oggi bruno). Ebbene, invece di chiamare i nuovi soggetti isabella agata o volendo usare un solo nome ad esempio isabellini, si decise di chiamare bruno l’isabella originale ed isabella il nuovo tipo ottenuto per interazione con l’agata. Ho più volte criticato

questa decisione errata, anche al fine di prevenire equivoci come confusioni, allorché si sente parlare di isabella nelle razze di forma e posizione, quando invece sono i bruni del canarino di colore. Allo stato attuale, tuttavia anche in diverse razze di canarini di forma e posizione sono comparsi gli agata e di conseguenza gli isabella, intesi come interazione. Pertanto suggerisco di continuare a chiamare bruni gli isabella originali ed isabella il frutto dell’interazione con l’agata. Sarà discutibile, ma evita equivoci. Il tipo bruno del canarino di colore è affetto dalla suddetta mutazione ed è un ossidato e segue la linea selettiva degli ossidati, vale a dire la massima espressione delle melanine. Il disegno corrisponde a quello del nero; quando ben selezionato e tipico appare lungo e largo, completo in ogni sua parte. Ovviamente l’eumelanina è bruna e non nera. Diversa la situazione della feomelanina bruna che nel bruno è richiesta di massima espressione. Si badi che il disegno del bruno è di un bruno, cioè marrone, talmente scuro da essere di poco inferiore al nero, almeno nei soggetti migliori. Ulteriore differenza è data da becco e zampe che non sono nere, ma possono andare dal carnicino al bruno. Ovviamente il bruno, in becco e zampe, è nota di pregio. Diciamo che il carnicino corrisponde a becco e zampe poco o pochissimo nere nei neri, mentre il bruno, a becco e zampe nere di neri ad espressione maggiore.

Nel pulcino bruno di pochi giorni l’occhio appare rossiccio, successivamente diventa apparentemente nero. Anche la pelle non è nera come nel nero, ma brunastra, come pure il piumino. Nell’adulto la pars plumacea o vaporosa, il cosiddetto “sotto piuma” nel gergo degli allevatori, è percepito come nero.

La selezione del bruno comporta, come anticipato, la ricerca della massima espressione del bruno dato da eumelanina che costituisce il disegno, nonché la massima espressione del bruno della feomelanina.

Il disegno sarà ricercato lungo e largo, completo in ogni sua parte, nota di pregio becco e zampe brune. Carenze localizzate come su testa, fianchi, petto sono difetti che se accentuati consigliano l’esclusione del soggetto dalla riprodu-

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Bruno intenso rosso avorio, foto: E. del Pozzo

zione. Carenze di larghezza e lunghezza del disegno sono pure difetti che se rilevanti consigliano l’esclusione dalla riproduzione. La feomelanina pure si ricerca al massimo dell’espressione. Mi soffermerò in seguito su questo aspetto. Becco e zampe brune sono nota di pregio, ma spesso non molto considerata; si preferiscono comunque i soggetti a becco e zampe brune, restando però prioritario il disegno e l’espressione della feomelanina. Negli accoppiamenti si segue il metodo compensativo accoppiando il soggetto scarso, ma non gravemente, in un aspetto con un soggetto che eccelle in quell’aspetto, e magari carente dove il primo eccelle. Il difetto grave comunque sconsiglia l’utilizzo in riproduzione. Si seguono in altri termini gli stessi parametri del nero, con l’unica differenza che la feomelanina bruna è considerata pregio e non difetto. Fra l’atro questo favorisce la migliore espressione anche del disegno, stante la presenza di geni che codificano sia per l’eumelanina che per la feomelanina.

Molto utile l’accoppiamento misto con nero-bruni, cioè i neri vecchia maniera, con massima espressione anche della feomelanina. Questo accoppiamento fa-

vorisce la qualità del disegno e del piumaggio. Purtroppo i nero-bruni vecchia maniera sono diventati rarissimi e chi li ha, di solito, se li tiene. Chi volesse farseli dovrebbe partire da neri attuali, magari scartati per tracce di feomelanina evidenti, da accoppiare con bruni con molta feomelanina; nel giro di 2 o 3 generazioni si dovrebbe avere l’esito desiderato. Da sempre si consiglia di alternare qualche generazione di accoppiamento in purezza bruno x bruno ad uno con nero-bruno ovviamente se maschio portatore di bruno.

Il disegno con l’accoppiamento misto tende a mantenersi evidente, mentre con reiterati accoppiamenti in purezza tende a diventare meno nitido; la circostanza si può, almeno in parte, contrastare con la selezione. Inoltre il piumaggio che i bruni hannopiù morbido, tende ad accentuare tale caratteristica con reiterati accoppiamenti in purezza, quindi ha giovamento, come consistenza, dall’accoppiamento misto. Personalmente ho sempre praticato l’accoppiamento misto, anche più del necessario, del resto la mia passione per gli accoppiamenti misti, quando sono indicati, è ben nota. E non ho mai avuto motivo di pentirmene.

Oggi c’è il problema dell’ostilità contro la feomelanina; il primo aspetto lo abbiamo visto con i nero-bruni che sono diventati neri, ne ho già parlato moltissimo. Il problema è che a molti non basta, incredibile a dirsi, vorrebbero tutto senza feomelanina, tranne i phaeo! Già, anche i bruni senza bruno. Poi naturalmente si dice che rimarrebbe il disegno bruno. Il fatto è che per alcuni la feomelanina è qualcosa di sporco, di brutto ed a nulla vale l’argomento che trattasi di caratteristica naturale del canarino, ben visibile nel selvatico.

Ci sono tipi che hanno colori brillanti ed altri che hanno colori cupi e non è che i colori cupi siano meno belli. Certo ci sono i gusti, ma i gusti non possono prevalere sulla vera tipicità e sulla logica. Ci sono canarini di tutti i tipi, quindi che ciascuno scelga ciò che preferisce, senza interferire su ciò che non gli piace. Tanto per capirci, chi amasse il rosso e detestasse il giallo, dovrebbe allevare i rossi, ma non potrebbe pretendere che si allevassero gialli inquinati di arancio per avere un poco di rosso anche li. Chi amasse il giallo e detestasse il rosso, dovrebbe allevare i gialli, ma non potrebbe pretendere di avere rossi deboli di rosso tendenti al-

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Isabella brinato rosso, foto: E. del Pozzo Bruno mosaico rosso, foto: E. del Pozzo

l’arancio, per avere un poco di giallo in più anche li. Non si vede quindi perché chi detesta la feomelanina non allevi solo lipocromici e melanici diluiti. Invece ci sono interferenze, su come concepire gli ossidati, molto problematiche. Non dimentichiamo il passaggio, da me invano osteggiato, di avere bruni opale senza bruno, dopo un po’ si confondevano con gli agata opale. Poi si rimediò, per fortuna, grazie alla buona fede di chi aveva sbagliato. Il fatto è che qualche tecnico, non molto profondo in certi temi, sosteneva che la feomelanina fosse rifratta, quando ben sappiamo che la rifrazione non c’è nella penna, e che altri fenomeni ottici, che ci sono, come l’interferenza, agiscono sull’eumelanina non sulla feomelanina. Non a caso blu, azzurro e violetto hanno sempre base di eumelanina, in

condizioni particolari. Per fortuna che qualche tecnico in buona fede, come dicevo, riconobbe l’errore. Da ammirare chi corregge l’errore, da osteggiare senza quartiere chi vi insistesse. Ora se qualcuno proponesse di avere i bruni senza feomelanina, andrebbe osteggiato in modo netto. Non si pensi che stia parlando di pericoli ipotetici; mi è capitato di sentire certi discorsi e di avere visto dei bruni con un disegno forte, ma con minima feomelanina, che non sembravano neppure dei veri bruni. Mi sono anche stupito che si fosse riusciti ad avere quel risultato, certo non facile. Non è necessario polemizzare neanche tanto, visto che gli argomenti scientifici, tecnici e logici non mancano. E non mancano neppure quelli estetici; infatti, anche le tonalità cupe hanno un loro fascino. Ricordo i verdi bottiglia o

muschio, come si descrivevano i nerobruni gialli, veramente suggestivi. I bruni sono, secondo il mio gusto, meno belli, ma non migliorano certo riducendo la feomelanina, tutt’altro; la feomelanina è una loro caratteristica e conferisce ulteriori toni cupi, adattissimi agli ossidati. Non avrebbe senso cercare di avere ossidati aspiranti brutti diluiti!

Per quanto riguarda l’isabella, inteso come interazione del bruno con l’agata (ricordo che anche l’agata è un carattere recessivo e legato al sesso), ovviamente deve seguire la linea dei diluiti essendo l’agata un diluito. In buona sostanza, deve essere considerato come la versione bruna dell’agata. Si ricordi che l’agata è un nero diluito e l’isabella un bruno diluito. Funziona tutto come nell’agata, solo che invece del nero abbiamo eumelanina bruna di tonalità nocciola. Gli isabella alla nascita sono più chiari dei bruni ed hanno l’occhio rosa per pochi giorni ed in seguito scuro. Il cosiddetto “sotto piuma” parte vaporosa è brunastro. Questi ultimi aspetti aiutano nella differenziazione dai bruni in caso di situazioni confuse e/o atipiche. L’occhio dell’isabella adulto viene percepito come nero, tuttavia in particolari situazione di luce, gli esperti molto dotati di buona vista, possono intravvedere toni brunastri.

La selezione qui va contro la feomelanina, come nell’agata. Il disegno si ricerca da agata; sottile, spezzato e completo, di tonalità nocciola, come dicevo e sottolineo. Disegni di tono debole corrispondono ad agata grigiastri. Si ricordi che il disegno di eumelanina (nocciola) anche nell’isabella è molto più scuro della feomelanina che appare colore caffelatte. Ovviamente disegni duri o tracce eccessive di feomelanina sono difetti gravi. Le mandorle, cioè gli aloni periferici, sono come quelle dell’agata. I maschi isabella portatori di satiné sono schiariti in modo anomalo, analogamente agli agata portatori di satiné.

Il migliore accoppiamento dell’isabella è con l’agata, ma va bene anche l’accoppiamento in purezza senza insistere troppo, per non infiacchire disegno e piumaggio, come nei bruni. Anche qui valgono i meccanismi della compensazione, certo oltre alla scelta dei migliori.

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Isabella bianco, foto: E. del Pozzo

Gli accoppiamenti di bruni ed isabella, come risultati, sono indicati nella letteratura fondamentale, ma eseguo un breve promemoria:

• bruno x bruno = tutti bruni

• maschio bruno x femmina nera = maschi neri/bruno e femmine brune

• maschio nero x femmina bruna = tutti neri con maschi portatori di bruno

• maschio nero/bruno x femmina bruna = maschi metà neri/bruno e metà bruni, femmine metà nere e metà brune

• maschio nero/bruno x femmina nera = maschi tutti neri metà portatori di bruno, femmine metà nere e metà brune

Per quanto concerne l’accoppiamento fra agata ed isabella va allo stesso modo, basta scrivere agata invece di nero ed isabella al posto di bruno. Non considero accoppiamenti fra ossidati e diluiti essendo inopportuni, comunque trattati in letteratura fondamentale.

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Bruno bianco dominante, foto: E. del Pozzo

Sul Diamante pappagallo Erythrura psittacea (Gmelin, 1789)

Note di tassonomia e nomenclatura

Le vicende che in qualche modo s’inseriscono nella storia tassonomica del Diamante pappagallo Erythrura psittacea (una specie monotipica ed endemica dell’isola della Nuova Caledonia) partono da lontano e, conseguentemente, richiedono una narrazione più ricca di particolari. Pertanto, prego il lettore di seguirmi con benevola attenzione; in cambio cercherò di proporre gli argomenti con estrema sintesi. Nel Settecento, ma anche nei periodi

precedenti, regnava un grande “caos tassonomico” e la causa va ricercata in una certa resistenza a seguire gli

Nel Settecento, ma anche nei periodi precedenti, regnava un grande “caos tassonomico”

orientamenti comuni, forse rafforzata dalle spinte narcisistiche che ogni singolo naturalista coltivava. Scaturiva così un’anarchia nella nomenclatura che spesso spingeva ad attribuire numerosi nomi alla stessa specie, rendendone l’identificazione piuttosto ardua.

Questa situazione di disagio e precarietà venne superata grazie alla perseveranza, agli studi e alle pubblicazioni dello svedese Carlo Linneo (1707-1778). Costui era un medico,

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testo di IVANO MORTARUOLO, foto V. FERRARA, WIKIPEDIA, BIODIVERSITY HERITAGE LIBRARY Femmina di Diamante pappagallo Erythrurapsittacea. È una specie monotipica ed endemica della Nuova Caledonia, foto e allevamento: Vittorio Ferrara

botanico, zoologo e accademico che cercò di dare un ordine a tanti orientamenti arbitrari, fissando delle regole semplici, facilmente attuabili. Sostanzialmente, propose l’applicazione di una nomenclatura binomia (1) (genere e specie) in lingua latina (2) e di uno schema diagnostico essenziale e ben ponderato, in grado di fornire con poche parole indicazioni sufficienti per individuare la specie descritta. Linneo applicò tale modalità classificatoria nella sua celeberrima opera Sy-

stema Naturae, che per la prima volta venne pubblicata nel 1736 e alla quale seguirono altre dodici edizioni. Giova rilevare che, per il Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica, la decima edizione, data alle stampe nel 1758, costituisce l’opera da cui prende l’abbrivio l’attuale nomenclatura scientifica per gli animali.

Le proposte di Linneo ben presto riscossero un rilevante consenso; non a caso successivamente fu definito “il grande nomenclatore” o “il padre della tassonomia” ma agli inizi non sempre vi furono accettazioni supine da parte di qualche naturalista. E qui entra in scena l’inglese John Latham (1740-1837). Figlio di un medico, esercitò anch’egli la medesima professione fino all’età di cinquantasei anni, dopo di che si dedicò esclusivamente all’ornitologia. Ebbe così la possibilità di visitare vari musei e collezioni private, dove erano confluiti specimina zoologici provenienti dall’Australia e da diverse aree dell’Oceano Pacifico meridionale esplorate dalle spedizioni di James Cook (1728-1779). Molti degli uccelli osservati non erano ancora stati descritti ed essendo Latham pure un pittore ne realizzò la raffigurazione, creando complessivamente un corpus iconografico di tutto rispetto comprendente 106 esemplari.

Tutto questo bagaglio di osservazioni, di informazioni raccolte, di studi e di illustrazioni confluì in un’apprezzabile opera dal titolo A General Synopsis of Birds, composta da tre volumi per un totale di 2230 pagine e pubblicata dal 1781 al 1801.

A pag. 287 del volume II (parte I) Latham descrisse il Diamante pappagallo proponendo solo il nome volgare di Parrot Finch e corredando lo scritto con una tavola policroma (la n. 98). L’autore commise, dunque, l’ingenuità imperdonabile di non attribuire un nome in lingua latina a tutte le nuove specie, forse sottovalutando l’autorevolezza che la comunità scientifica aveva accordato alle idee linneane.

Ben presto il nostro si rese conto che gli errori commessi potevano spingerlo nell’alveo della riprovazione e

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John Latham (1740-1837), fonte: Wikipedia Ornitografia riproducente il D. pappagallo, tratta dall’opera AGeneralSynopsisofBirds (1781 -1805) di John Latham, fonte: BiodiversityHeritageLibrary Descrizione del Diamante pappagallo tratta dall’opera AGeneralSynopsisofBirdsdi John Latham, fonte:BiodiversityHeritageLibrary
Le proposte di Linneo ben presto riscossero un rilevante consenso; non a caso successivamente fu definito “il grande nomenclatore”

dell’emarginazione culturale; tentò quindi una faticosa opera di “risanamento tassonomico” consistente nella pubblicazione dell’Index ornithologicus (1790 -1809), con il quale adottò il sistema binomiale per tutti i volatili. Purtroppo tale azione emendativa non venne coronata dal successo, perché troppo in ritardo. A questo punto è necessario prendere in esame l’ulteriore personaggio che caratterizza la nostra storia: mi riferisco al medico, biologo, chimico ed entomologo Johann Friedrich Gmelin (1748-1804). Gmelin era un predestinato al successo scientifico, in quanto discendeva da una tradizione famigliare di ricercatori, accademici e farmacisti di Tubinga (una città della Germania sud-occidentale). I suoi interessi lo portarono a mettersi in contatto con Linneo, condividendone gli insegnamenti. Da buon “apostolo” (così il Maestro apostrofava affettuo-

samente i suoi discepoli, circa una ventina) effettuò un viaggio in Iran per scopi naturalistici e si fece carico di arricchire l’opera Systema Naturae con la descrizione di oltre 350 nuove specie, gran parte delle quali attinte dai volumi A General Synopsis of Birds di John Latham. La pubblicazione avvenne nel 1789 e costituì la tredicesima e ultima edizione dell’opera linneana.

Pertanto, in base al cosiddetto principio di priorità(3), le descrizioni effettuate da Gmelin vennero ritenute valide perché antecedenti a quelle dell’autore inglese. Fu così che il Diamante pappagallo acquisì il nome scientifico di Fringilla psittacea.

Per giungere all’attuale nomenclatura si dovette attendere il 1850, quando Carlo Luciano Bonaparte (1803-1857), nipote del noto generale francese, ascrisse il volatile in esame al genere Erythrura (Erythrura psittacea) nella

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Johann Friedrich Gmelin (1748-1804), fonte: Wikipedia

pubblicazione Conspectus Generum Avium (pag. 457). Quindi, se si desidera proporre il nome scientifico per intero, si dovrà scrivere Erythrura psittacea (Gmelin, 1789) una sola volta e, preferibilmente, inserito nel titolo o nella parte iniziale dello scritto. Naturalmente, prima e dopo la data (1850) che determinò l’attribuzione del nome definitivo vi furono varie proposte, alcune delle quali evidenziavano incertezza o scarsità di conoscenze ornitologiche ovvero offrivano succinte informazioni (alcune interessanti). Cito alcuni esempi.

Louis Jean Pierre Vieillot (1748-1831), a pag. 56 dell’Histoire naturelle des plus beaux oiseaux chanteur de la zone torride (pubblicato a Parigi nel 1805 per i tipi di J.E. Dufour), attribuisce al Diamante pappagallo il nome di Acalanthe e ne propone una policroma ornitografia (la tavola n. 31). Fornisce pure la notizia che, sino ad allora, l’uccello era sconosciuto e che si ignoravano le caratteristiche fenotipiche della femmina. Questa informazione si rivela utile per tracciare l’arco temporale entro il quale il volatile fu importato in Francia, poiché altre fonti indicano che a Parigi, nel 1873, era già

segnalata la sua presenza e che nel 1886 se ne ottenne la riproduzione. Continuando con l’elenco dei sinonimi attribuiti al Diamante pappagallo, si giunge allo sventurato naturalista scozzese John MacGillivray (18211867). Purtroppo condusse un’esistenza disordinata che lo portò ad abbandonare la moglie malata e i figli e ad essere sopraffatto dall’alcolismo e dall’indigenza. Nel suo scritto Description of a New species of Grass Finch from New Caledonia,pubblicato negli The Annales and Magazine of Natural History (volume II- serie III, pagg. 263-264, 1858), propone il nome di Poëphila paddoni in segno di riconoscenza verso il capitano James Paddon, responsabile delle stazioni della Nuova Caledonia e di alcune isole vicine.

Estrelda psittacea è invece la denominazione presentata dall’inglese George Robert Gray (1808-1872) con la sua List of New Caledonian Birds, pubblicata nel 1859 nel Proceeding of the Zoological Society of London (parte XXVII, pag. 164, 1859).

Per ultimo, segnalo il tedesco Johann Reinhold Forster (1729-1798), un naturalista e docente universitario che nel 1772 prese parte alla seconda spedizione di James Cook. Al suo ritorno scrisse l’opera Descriptiones animalium, nella quale traccia una sorta di resoconto cronologico delle osservazioni effettuate durante il viaggio negli anni 1772, 1773 e 1774. Alle pagg. 273 e 274, che nel diario corrispondono al giorno 12 settembre 1774, propone il nome di Fringilla pulchella (dal latino: bella, carina). Nella descrizione del volatile, l’autore non nasconde le proprie perplessità sull’originalità della segnalazione: ipotizza, infatti, che potrebbe trattarsi anche di un Diamante quadricolore, allora conosciuto col nome scientifico di Loxia prasina. La pubblicazione del libro avvennesuccessivamente alla morte di Forster: nel 1844 se ne fece carico Henrico Lichtenstein.

effettuata per conto del Parrot Finches European Club

NOTE

(1)In realtà Linneo non fu il primo ad aver adottato la nomenclatura binomia, ma sicuramente ebbe il merito di averla standardizzata e semplificata.

(2)In base agli articoli 11.2 e 11.3 del Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica (l’ultima edizione è stata pubblicata il primo gennaio 2000), i nomi scientifici devono essere scritti utilizzando le 26 lettere dell’alfabeto latino, escludendo recisamente vari segni come, per esempio, accenti, trattini d’unione, punteggiatura eccetera. Le parole da utilizzare devono essere latine, greche o di altre lingue, purché “latinizzate” appropriatamente.

(3)Il principio di priorità è uno dei cardini della nomenclatura zoologica e botanica in base al quale, se a un taxon sono stati attribuiti vari nomi, si sceglierà quello proposto per primo.

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Ricerca Descrizione del Diamante pappagallo tratta dall’opera linneana SystemaNaturae(tomo I, parte II) del 1789, aggiornata da Johann Friedrich Gmelin. Dal punto di vista tassonomico è considerata la prima descrizione valida, fonte: BiodiversityHeritageLibrary
Se si desidera proporre il nome scientifico per intero, si dovrà scrivere Erythrura psittacea (Gmelin, 1789)

Questo mese, il protagonista di Photo Show è: MARCO PAGANI - RNA 19HP con la fotografia che ritrae il soggetto “ibrido di Canarino del Mozambico per Verdone dell’Himalaya” Complimenti dalla Redazione!

(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

Verbasco sinuoso

Pianta arborea officinale definita pianta della tosse

Premessa Passeggiando lungo il percorso pedonale in legno che attraversa le dune di Baia Flaminia e conduce fino alla battigia (una zona della spiaggia di Pesaro a ridosso del S. Bartolo) sono stato attratto dalla bellezza di alcuni cespugli pieni di fiorellini gialli. Mi trovo in una rara oasi naturalistica urbana, fra il fiume Foglia e le pendici del Parco San Bartolo. Un’area riqualificata nell’anno

(Aristotele)

2019 che ha visto l’installazione di nuovi camminamenti in legno, con la

funzione di impedire l’innalzamento della sabbia in presenza del vento, ma anche quella di permettere ai bagnanti di non calpestare, e dunque di tutelare, la vegetazione spontanea e quella di nuovo impianto. Sono stati altresì posizionati, sempre in quel tratto di spiaggia, dei pannelli informativi che descrivono il valore della duna, la sua funzione e le essenze arboree presenti con l’obiettivo di infor-

NUMERO 12 - 2022 41 ALIMENTAZIONE
testo di di PIERLUIGI MENGACCI, foto P. MENGACCI, WWW.VIVEREPESARO.IT, WWW.ILRESTODELCARLINO.IT, GIULIANO SALVAI
Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo
Fiori di Verbasco sinuoso, foto: P.Mengacci Verbasco sinuoso tra le dune di Baia Flaminia a Pesaro, foto: P.Mengacci
“In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso.”

mare e sensibilizzare le giovani generazioni, i cittadini ed i turisti sull’importanza di riconoscere, tutelare e conservare flora e fauna indispensabili per la difesa dalla erosione eolica. Fra la vegetazione esistente e di nuova installazione troviamo la Ruchetta di Mare (Cakile maritima), la Salsola (Salsola kali) e la Lappola (Xanthium italicum) che crescono più vicino al mare; verso l’interno, nelle dune basse (agropireto), abbiamo la Gramigna marina (Agropyron repens), l’Eringio marino (Eryngium maritimum), il Convolvolo delle sabbie (Convolvolus soldanella), la Silene rosa (Silene squarrosa); proseguendo, abbiamo dune più alte (ammofileto) e qui domina la grande graminacea “costruttrice di

dune”: l’Ammofila (Ammophila arenaria). Poi, ancora più lontano dai battenti, troviamo anche piccoli arbusti con la specie guida Olivello (Hippophae rhamnoides) e fra questi si è insediato anche il Verbasco sinuoso (Verbascum sinuatum). Queste piante selvatiche, descritte sommariamente e documentate fotograficamente nei pannelli suddetti, hanno un’importanza fondamentale nel fermare il trascinamento a opera del vento e, bloccando con i loro steli la sabbia, la conservano e vanno a formare le dune che la mantengono sull’arenile. Dopo questa divagazione sulla morfologia delle dune con relative essenze arboree, desunta dai pannelli informativi posizionati lungo il percorso dal Comune di Pesaro, veniamo a quei cespugli carichi di fiorellini gialli che hanno attirato la mia attenzione, vale a dire il Verbasco Sinuoso: una pianta arborea definita officinale, che caratterizza gli areali dunosi di tutta Italia, ma è altrettanto utile in campo medico e farmacologico, grazie alle sue proprietà terapeutiche.

Alcuni dati botanici e storici Il Verbascum sinuatum è una pianta appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae. Il genere Verbascum consta di 150 specie presenti in Europa, in Asia, in Africa, in America. Altro nome della pianta ètasso barbasso sinuoso.

Etimologicamente sembra che il nome del genere Verbascum derivi dalla radice latina virg = verga, stelo, bastone, in riferimento allo scapo del fiore. Il termine della specie sinuatum da sínuo = mi curvo, si riferisce alla forma sinuosa delle foglie basali. Secondo un’altra ipotesi il nome Verbascum, imposto da Plinio, deriva dal termine latino barbascum = barba, barbato, per la fitta peluria che riveste i filamenti staminali oppure, molto più probabilmente, per la densa pelosità delle foglie e dei fusti di molte specie.

L’habitat del Verbasco sinuoso sono terreni sabbiosi, poco compatti, con esposizione solatia, per cui è molto caratteristico e diffuso nell’areale dunoso di molte coste italiane e medi-

terranee. Nella mia ricerca di erbe di campagna l’ho incontrato nei sentieri esposti al sole, in vecchi ruderi e terreni incolti e, nelle camminate, quando andavo in vacanza in montagna, l’ho incontrato fino ad oltre i 1000 metri di altitudine. La pianta, la cui altezza può superare anche il metro, si presenta con una rosetta di foglie basali oblunghe spatolate di lunghezza (anche oltre i 30 cm) e larghezza superiore alle altre foglie caudali di cui sono simili per sinuosità, superficie tormentosa e margini ondulati-seghettati. Ifusti, che partono dal centro della rosetta basale, sono eretti, cilindrici con rami arcuati, ascendenti che formano grandi infiorescenze piramidali.Gli steli sono molto ramificati e portano piccoli fiori o gruppi di fiori di un bel giallo

vivo. I fiori hanno cinque petali e cinque stami confilamenti pelosi di colore fucsia violetto che ne esaltano la bellezza e rendono la pianta molto scenografica. La fioritura avviene da maggio a settembre e l’impollinazione è entomogama (gli insetti impollinatori raschiano le antere col dorso, che si carica così di polline). I frutti sono di forma ovale e contengono numerosi semini, che sono considerati tossici.

La pianta del Verbasco, storicamente, è tramandata come pianta medicinale. Fin dall’antichità era considerata una pianta dagli effetti magici perché serviva a scongiurare i cattivi presagi. Veniva inoltre usata per le sue pro-

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Verbasco sinuoso visto dal mare, foto: P.Mengacci Verbascum sinuatum, foto: G. SALVAI
Il verbasco, grazie alle sue rinomate proprietà terapeutiche, tramandate fin dall’antichità e dalla medicina popolare, è stato riconosciuto come pianta officinale

prietà curative, soprattutto per curare le malattie delle vie respiratorie. Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia ne elenca le proprietà medicamentose espettoranti, cicatrizzanti e lenitive. Addirittura le sue foglie venivano usate nel Medioevo per curare le emorroidi. La scoperta di tale effetto emolliente contro questo fastidio fu attribuita all’utilizzo delle larghe foglie, da parte dei pastori, come carta igienica.

Proprietà e utilizzo

Il verbasco, grazie alle sue rinomate proprietà terapeutiche, tramandate fin dall’antichità e dalla medicina popolare, è stato riconosciuto come pianta officinale (organismo vegetale usato nelle officine farmaceutiche o erboristiche per la produzione di specialità medicinali). Sono considerate piante officinali le piante medicinali, aromatiche e da profumo inserite negli elenchi specifici e nelle farmacopee dei singoli paesi. I componenti principali sono mucillagini, flavonoidi, saponine rappresentate dalla verbascosaponina, iridoidi: catalpolo, aucubina, arpagoside, arpagide e olio essenziale in tracce nei fiori. Alcune parti del Verbasco sinuoso, ricche dei suddetti componenti, vengono utilizzate come rimedio naturale in fitoterapia.Le parti più utilizzate, per le proprietà loro attribuite, sono i fiori e le foglie, mentre i semi sono considerati tossici. Il Verbasco viene consigliato soprattutto per alleviare i sintomi delle affezioni delle vie respiratorie e per lenire la cute irritata. Sembra infatti che lefoglie abbiano proprietà espettoranti e lenitive, mentre i fiori abbiano azione sedativa. Grazie alla sua efficacia lenitiva e cicatrizzante, è indicato anche come utile per ridurne il fastidio e i sintomi dolorosi delle emorroidi. Anche l’industria cosmetica si è interessata al Verbasco sinuoso e i suoi fiori, che contengono un olio naturale, vengono usati per la preparazione di lozioni e di shampoo per i capelli. In erboristeria e fitoterapia tisane o infusi, decotti, impacchi, utilizzando sia le foglie che i fiori, oltre a tintura madre ed estratto secco, vengono indicati

per risolvere o alleviare le patologie sopra indicate. Onde evitare potenziali effetti collaterali, è bene consigliarsi con il proprio medico di famiglia o il veterinario per i propri volatili ed acquistare i prodotti fitoterapici in farmacia o erboristeria in confezioni in cui sono indicate dosi e trattamenti. Comunque, per chi ha la possibilità di reperire il Verbasco, sempre lontano da fonti inquinanti, propongo, come rimedio naturale, i seguenti utilizzi consigliatimi da un amico erborista con un avvertimento: fare molta attenzione nel filtrare tutte le preparazioni per eliminare i peli, che sono leggermente irritanti!

- Infuso: Per alleviare alcuni problemi alle vie respiratorie quali tosse, catarro,gola infiammata, piccola bronchite.In una tazza di acqua bollente aggiungere due o tre fiori ed una fogliadi verbasco, coprire con un piattino e lasciare in infusione per 15 minuti circa. Filtrare e berne due e tre tazze al giorno. Se troppo amaro aggiungere del miele.

- Decotto: Per le malattie da raffreddamento o per alleviare la tosse è indicato anche il decotto. Far bollire in un litro di acqua per 10-15 minuti circa 10 fiori e qualche foglia, lasciare raffreddare, filtrare con un passino fine o con un panno di tela

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Duna-oasi di Baia Flaminia a Pesaro: opera di pulizia, fonte: www.comunedipesaro.it Dune di Baia Flaminia, fonte: www.ilrestodelcarlino.it

e berne due tre tazze al giorno. Se troppo amaro dolcificare con miele.

- Impacco: Nei casi di leggera scottatura, prurito, foruncoli, piccole ferite, abrasioni, ecc. bagnare una pezza di cotone nell’infuso o decotto e applicarla nella zona interessata fino a sentire un miglioramento.

Nel campo alimentare, non esistono riscontri che il Verbasco abbia trovato

impiego sia ad uso umano che zootecnico sotto qualsiasi forma. Anche nell’alimentazione dei nostri volatili il Verbasco è assente, sia come seme o come verdura; pertanto, chi volesse cimentarsi, avendo la disponibilità della pianta, nel caso si presentassero delle patologie come sopra descritte o come trattamento preventivo in vista delle rigidità invernali, l’uso di infusi, tisane o decotti può essere una

soluzione naturale. Inumidire i pastoncini oppure diluire al 50% come bevanda e, impiegato per 4 o 5 giorni, può risolvere o prevenire molti problemi. In alternativa, senza ricorrere ai medicinali di sintesi, erboristerie e fitofarmacie possono soddisfare le esigenze del caso con prodotti naturali derivanti dal Verbasco. Logicamente il tutto previo consulto con il proprio veterinario.

La natura, e qui mi ripeto, ci mette a disposizione una infinita varietà di piante e tutte possono darci qualcosa di utile per la nostra esistenza. Fin dagli albori della vita, il mondo vegetale è stato per l’uomo il più grande alleato ed ha provveduto al suo sostentamento ed alla sua stessa sopravvivenza. I disboscamenti, con la perdita di innumerevoli essenze arboree e faunistiche, a cui si aggiungono gli inquinanti sia terrestri che atmosferici, hanno rotto quella “alleanza” tra uomo e mondo vegetale esistita per secoli creando uno squilibrio nell’ordine dell’universo ed oggi ne subiamo le conseguenze. (Vedi frane, allagamenti, scioglimento di ghiacciai, siccità, ecc…)

Le piante, per le loro proprietà alimentari, curative e protettive del territorio, sono sempre state vicino all’uomo, hanno contributo a tutte le altre forme di vita e ne sono state la “farmacia” per secoli.

Paracelso* ha scritto: “Nella natura tutto il mondo è una farmacia che non possiede neppure un tetto!” Ed è a questa “farmacia”, fonte di ogni benessere, che dobbiamo attingere sia per il nostro corpo che per quello dei nostri volatili, ma soprattutto dobbiamo proteggerla e conservarla anche con le nostre piccole azioni quotidiane.

Ad maiora, semper.

Alcune fonti:

-http://www.comune.pesaro.pu.it/ambiente/ verde/spiaggia-duna/ -https://www.erbecedario.it/it/verbasco - https://www.tuttogreen.it/verbasco-proprieta-benefiche-utilizzi-della-pianta-dellatosse

-

*Paracelso: medico, alchimista e astrologo svizzero. Paracelso o “Paracelsus” è una delle figure più rappresentative del Rinascimento.

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Percorso in legno fra le dune, fonte: www.viverepesaro.it Duna, spiagge e fondali, fonte: www.viverepesaro.it

I Padri dell’Ornitologia italiana

Di Carlo Elio Augusto

(Amatrice, 1918 - Cantalupo in Sabina, 1998)

Nacque a Retrosi, piccola frazione di Amatrice, collocata a 1000 metri sul livello del mare, alle pendici dei Monti della Laga. Egli con orgoglio e affezione asseriva che lì nacquero e vissero i suoi avi e proprio con quei territori mantenne sempre nel corso della sua vita un grande legame. I genitori, Amedeo ed Anna Catena, avevano un mulino ad acqua sul fiume Tronto, importante punto di riferimento per le genti del luogo, dove si rivolgevano per la molinatura del grano e del farro. I genitori si trasferirono poi a Roma, dove aprirono

una macelleria, al fine di dare maggiori opportunità ai loro 6 figli. Laureatosi brillantemente in medicina e chirurgia presso l’Università di Roma “La Sapienza”, subito dopo la laurea cominciò a praticare la libera professione. Ben presto prese la specializzazione in pediatria e divenne direttore di consultori dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Con la riforma sanitaria fu nominato caposervizio dell’USL/RI/02 di Poggio Mirteto. Egli fu uno di quei medici condotti che con qualunque avversità meteorologica, a volte anche a dorso

Fu uno di quei medici condotti che con qualunque avversità meteorologica, a volte anche a dorso di mulo, di giorno e di notte si recavano a visitare i pazienti, con i quali ebbe sempre un rapporto umano e professionale di profonda amicizia

Copertina di una delle sue tante pubblicazioni a carattere storico

di mulo, di giorno e di notte si recavano a visitare i pazienti, con i quali ebbe sempre un rapporto umano e professionale di profonda amicizia. Faceva parte di quella gloriosa categoria di medici condotti che all’occorrenza suturavano ferite, immobilizzavano arti e in caso di emergenza sapevano anche svolgere il ruolo di ostetrici. Il giorno del suo funerale la folla fu numerosa e riconoscente proprio per le tre generazioni che seppe così devotamente assistere. Sin da giovane creò un profondo e rispettoso legame con l’esimio ornitologo Edgardo Moltoni, all’epoca Direttore del Civico Museo di Storia Naturale di Milano. Il Di Carlo ebbe sempre una grande riverenza nei confronti del Moltoni e collaborò attivamente alla sua rivista R.I.O. “Rivista Italiana di Ornitologia”. Essi alternavano frequenti

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di ROBERTO BASSO, foto per gentile concessione della FAMIGLIA DI CARLO Copertina dell’importante monografia sugli uccelli del Parco d’Abruzzo del Di Carlo, 1972

e importanti collaborazioni sigillate da una profonda stima e amicizia, che andava sempre più consolidandosi nelle occasioni di congressi e tavole rotonde, ma soprattutto ricerche sul campo e lunghe escursioni esplorative. Egli amava dire di ritenersi un allievo prediletto del Moltoni; rivolgendosi a lui, lo indicava come “il Professore”, il grande maestro dall’indiscussa autorità scientifica. Sotto la sua guida effettuò numerose escursioni e studi sull’avifauna endemica di Corsica, Sardegna, Isole Tremiti ed altri arcipelaghi del Mediterraneo. Il Di Carlo fondò nel 1975 assieme a Ferrante Foschi, Gino Fantin e Gianfranco Geronzi la S.O.I., la “Società Ornitologica Italiana”. Nel 1976 fu anche fondatore della rivista scientifica “Gli Uccelli d’Italia” della quale conservò la carica di Direttore sino alla morte. Pubblicò oltre 140 lavori sulle maggiori e più prestigiose riviste di settore, avvalendosi di coautori di sua assoluta stima. Pubblicò approfondimenti e notizie inedite sull’aquila reale, il capovaccaio, il fringuello alpino, il venturone, il piviere tortolino, la monachella, il picchio dalmatino, il picchio muratore, il picchio nero, il picchio di Lilford, il cuculo dal ciuffo e molte, molte altre specie. Proprio per queste sue molteplici pubblicazioni oggi è

Di Carlo fondò nel 1975 assieme a Ferrante Foschi, Gino Fantin e Gianfranco Geronzi la S.O.I., la “Società Ornitologica Italiana”. Fu anche fondatore della rivista scientifica “Gli Uccelli d’Italia”

davvero difficile che il suo nome non appaia citato nelle bibliografie. Attività che si poté arricchire anche grazie al suo impegno rivolto all’istituzione e gestione di una stazione zoologica di inanellamento proprio in Sabina. E da questo sito, grazie alla sua instancabile attività e a quella dei suoi più stretti collaboratori, sono migliaia gli uccelli catturati e inanellati che, ripartendo da questa località, hanno potuto fornire importanti informazioni sulla migrazione e sulla loro etologia. Le sue conoscenze e la sua formazione medica lo spinsero anche ad interessarsi di veterinaria e di patologie ornitiche, come pure d’indagare attraverso le sue molteplici conoscenze le antiche denominazioni dialettali degli uccelli, tramandate di generazione in generazione dal mondo contadino e rurale. Egli fece parte dell’Accademia dei Lincei, della Società Italiana di Biogeografia, dell’Unione Zoologica Italiana e fu membro della Commissione Protezione Natura della Regione Lazio e di molte altre. Nei suoi lavori egli tenne sempre in considerazione gli aspetti arboreo-vegetazionali, a partire dai quali creava dei parallelismi sulla presenza e adattabilità delle specie ornitiche. Egli si batté anche assiduamente per la mappatura e tutela degli alberi secolari, che riusciva ad individuare anche in quei siti più inaccessibili e nascosti dell’ampio territorio umbro-laziale. Ma pur non trascurando anche studi e approfondimenti sulla storia locale della sua provincia, mostrò una particolare attenzione verso i castelli e i palazzi storici. Egli approfondì svariati aspetti della storia locale, come la vita dei briganti, le carestie, epidemie e terremoti. Tutto ciò lo fece emergere come uomo di vasta ecletticità culturale, che gli consentiva di spaziare in diverse materie e tematiche dello scibile umano. Non costituì mai una propria collezione tassidermica di studio, in quanto tutto ciò che riteneva di interesse lo donava al Civico Museo di Milano, mentre negli anni consolidò un’importante biblioteca e archivio documentale. Uomo dotato di un grande senso pratico e capacità intuitive, amava con i suoi cani fare lunghe

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Storica, importante immagine che, da destra, ritrae Di Carlo, Moltoni, Brichetti e Pistolesi Altra importante immagine che da destra ritrae il Conte Tornielli, Moltoni e Di Carlo a Milano

e impegnative escursioni nei boschi più selvaggi del suo territorio, che conosceva in ogni loro più recondito angolo, alla ricerca delle ambite beccacce. Egli, probabilmente, è stato il naturalista del ‘900 che più di ogni altro è riuscito, per le sue vaste capacità umane, di mediazione e modestia, a coinvolgere concretamente il mondo venatorio e quello ambientalista per l’ottenimento di importanti e urgenti azioni rivolte alla tutela della biodiversità. Morì a Cantalupo in Sabina e gli fu data sepoltura a Rivodutri, il paesino incastonato ai piedi del Monte Rosato, luogo di nascita della moglie Barbara, da cui il Di Carlo ebbe due figli, Pierluigi e Rita. La sua dipartita lasciò un vuoto incolmabile tra i tanti suoi allievi e discepoli prediletti, specialmente tra gli ormai sempre più esigui veri ornitologi italiani, o meglio tra coloro che non si affacciarono a questa scienza per meri sentimenta-

lismi, ma esclusivamente per grande passione e interesse verso l’approfondimento e lo sviluppo delle nuove co-

noscenze, quelle sì, deputate alla tutela dell’ambiente e della sua fauna selvatica.

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Di Carlo posa con uno dei tanti monumentali alberi da lui mappati e protetti

La giornata mondiale degli uccelli migratori

Sabato 14 Maggio 2022 si è celebrata la giornata mondiale degli uccelli migratori. Questo importante evento è stato istituito per la prima volta nel 2006 dall’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, con la finalità di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sull’importanza della salvaguardia degli uccelli migratori e dei loro habitat naturali.

La migrazione è un sorprendente fenomeno biologico, gli uccelli migratori volano per centinaia e migliaia di chilometri alla ricerca di condizioni ambientali in grado di garantire loro cibo, rifugio, possibilità di riproduzione e allevamento della prole. Quando le condizioni diventano per loro sfavorevoli, partono alla ricerca di luoghi dove possono avere la possibilità di continuare il loro ciclo vitale. Prima di partire

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Spettacolare stormo fotografato nelle campagne del Medio Campidano
La migrazione è un sorprendente fenomeno biologico, gli uccelli migratori volano per centinaia e migliaia di chilometri

gli uccelli passano giorni a nutrirsi, arrivano a raddoppiare il loro peso, sanno che poi non ci si potrà fermare, nessuna sosta durante il viaggio.

Le migrazioni rappresentano uno dei più straordinari spettacoli della natura, un’avventura straordinaria che dura da migliaia di anni. Rappresenta un evento cruciale nella vita di migliaia di specie di uccelli, è necessaria alla loro stessa sopravvivenza. Se molte specie di uccelli non migrassero, aumenterebbero notevolmente la competizione per le risorse vitali all’interno di uno stesso ambiente. Per questo motivo, gli uccelli hanno sviluppato diversi schemi di migrazione in diversi periodi dell’anno, seguendo diverse rotte per garantire a sé stessi e ai propri giovani maggiori possibilità di sopravvivenza.

Non tutti gli uccelli però migrano, alcune specie si sono adattate bene al proprio ambiente imparando a trarre vantaggio a livello alimentare nelle diverse stagioni dell’anno. Questo gli ha permesso di diventare stanziali e non

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Foto di storni Storni ripresi durante la sera

dover viaggiare tutto l’anno. Altri uccelli si sono abituati ai climi freddi cominciando a immagazzinare riserve di grasso e cambiando il proprio piumaggio per sopravvivere alle stagioni più rigide.

La metà delle specie di uccelli nel mondo ha però bisogno di migrare. Il più grande segreto delle migrazioni degli uccelli è la loro straordinaria capacità di orientarsi seguendo rotte sicure attraverso continenti e oceani. Come fanno questi animali ad orientarsi rimane ancora oggi un grande e affascinante mistero. Gli scienziati hanno provato a spiegarlo scoprendo che non esiste una sola risposta a questo mistero. Gli uccelli migratori utilizzano diverse tecniche: una di queste è l’orientamento magnetico, molti uccelli possiedono dei sensori chimici nel loro cervello, negli occhi e nel becco che permettono loro di allinearsi ai campi magnetici terrestri. Si tratta, potremmo dire per rendere la cosa più semplice da spiegare, di una specie di GPS integrato, ma è tutto naturale.

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Storni fotografati la sera

Un’altra tecnica utilizzata è l’orientamento geografico; in alcune specie lo stesso esemplare può percorrere la stessa rotta migratoria decine di volte imparando a orientarsi segnando la forma delle coste, il corso dei fiumi e il profilo delle montagne. L’uomo però spesso modifica il paesaggio naturale confondendo la migrazione degli uccelli migratori. Questi, utilizzando anche l’orientamento astronomico, possono orientarsi seguendo le costellazioni e l’orientamento delle stelle, anche e soprattutto la più vicina a noi: il sole. Attraverso la “memoria collettiva” soprattutto per gli esemplari giovani di alcune bellissime specie di uccelli migratori, come nel caso di diverse specie di oche, imparano la rotta di viaggio dai propri genitori o comunque dai viaggiatori più esperti del loro stormo. Anche se l’uomo ha scoperto molte cose sul grande viaggio degli uccelli migra-

tori, il mistero dell’orientamento non è stato del tutto svelato. Per ogni specie migratrice il viaggio comporta delle rotte diverse; analizzando le diverse rotte possiamo fare una classifica dei record più straordinari della migrazione. Una delle domande che da sempre mi

sono posto è quale altezza questi animali raggiungono durante i loro viaggi migratori. La maggior parte degli uccelli vola sotto i 600 metri di altezza, alcuni possono superare gli ottomila metri e incrociare in certi casi addirittura gli aerei di linea. Un uccello migratore può arrivare a viaggiare anche tremila chilometri al giorno. Il record della migrazione più lunga va alla sterna artica che, per completare il suo viaggio dalle coste atlantiche dell’Europa all’Antartide, può arrivare a coprire oltre ventiduemila chilometri, più della metà della circonferenza del nostro pianeta. Gli uccelli migratori possono sfiorare gli 80 chilometri orari in volo, sfruttando i venti per raggiungere le diverse velocità. Ogni anno sono 50 miliardi gli uccelli, appartenenti a molte migliaia di specie, che attraversano gli ambienti più svariati per spostarsi dalle aree di nidificazione a quelle di svernamento e vice-

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Un altro stormo ripreso e fotografato nei cieli della provincia di Cagliari Storni fotografati nei cieli della Sardegna
Ogni anno sono 50 miliardi gli uccelli, appartenenti a molte migliaia di specie, che attraversano gli ambienti più svariati per spostarsi dalle aree di nidificazione a quelle di svernamento e viceversa

versa. Si contano circa 200 specie che dal continente euroasiatico si spostano in Africa per passare l’inverno. Il nostro paese è un luogo di fondamentale importanza per moltissime di queste specie; grazie alla sua posizione geografica fa praticamente da ponte tra l’Europa e l’Africa. La mia terra, la Sardegna, e le aree umide e le altre isole presenti in Italia rappresentano importanti occasioni di sosta per questi animali che attraversano il Mediterraneo e alcuni anche il deserto del Sahara. L’Italia ospita inoltre anche diverse specie che nidificano più a nord in Europa o nelle aree orientali del continente euroasiatico, ma che si fermano nella nostra penisola per trascorrere l’inverno. Nella giornata mondiale degli uccelli migratori si è detto che gli “uccelli uniscono il nostro mondo”, per sottolineare come sia importante garantire agli uccelli continuità ecologica e la presenza di aree integre interconnesse tra loro. La frammentazione degli habitat, la distruzione di aree umide, la pre-

senza di infrastrutture come linee elettriche o impianti eolici, e purtroppo il bracconaggio, che ancora anche nel nostro paese comporta l’uccisione illegale di milioni di uccelli, sono ostacoli difficilissimi da superare. A queste purtroppo si aggiungono i cambiamenti climatici che stanno modificando i cicli vitali di molte specie e il loro comportamento etologico. Gli esperti stimano che circa il 35% delle specie migratrici siano in cattivo stato di conservazione. La migrazione degli uccelli è un simbolo di grande libertà, per secoli i poeti e gli artisti hanno guardato al cielo e si sono ispirati a questo incredibile fenomeno. Nell’antichità c’era persino chi credeva di poter leggere il futuro del mondo negli spostamenti degli uccelli migratori, nelle forme degli stormi, nella loro direzione e nel loro movimento. Oggi gli scienziati studiano le grandi migrazioni degli uccelli, per capire il destino del nostro pianeta e per raccogliere importanti dati sui cambiamenti climatici e sull’inquinamento.

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Stormi di uccelli che nella fantasia di un bambino e anche di un adulto ricorda un pesce Storni ripresi nelle campagne di Sanluri in provincia di Cagliari

al volo dal web e non solo

O rniFlash

Stare con gli uccelli e ascoltare il loro canto fa bene alla salute mentale

Già sapevamo che fare birdwatching può far abbassare la pressione e ridurre l’ansia, tanto che i dottori scozzesi hanno iniziato a prescrivere questa attività all’aria aperta proprio come una terapia. Ora un’altra buona notizia arriva sempre dal Regno Unito dove i ricercatori del King’s College di Londra hanno scoperto che ascoltare il canto degli uccelli è associato a un miglioramento del benessere mentale che può durare fino a otto ore.

Lo studio, appena pubblicato su Nature Scientific Reports, ha utilizzato l’app per smartphone Urban Mind per raccogliere i resoconti in tempo reale delle persone sul loro benessere mentale e appurato che il canto degli uccelli ha evidenti effetti anche sulle persone con una diagnosi di depressione. L’app ha chiesto ai partecipanti tre volte al giorno se potevano vedere o sentire gli uccelli, seguiti da domande sul benessere mentale per consentire ai ricercatori di stabilire un’associazione tra i due e di stimare la durata di questa associazione. Lo studio ha anche raccolto informazioni sulle diagnosi esistenti di condizioni di salute mentale e ha scoperto che l’udito o la vista dell’avifauna era associato a miglioramenti del benessere mentale sia nelle persone sane che in quelle depresse. “Questa entusiasmante ricerca è alla base di quanto la vista e il suono del canto degli uccelli sollevino gli spiriti. Cattura prove intriganti che un ambiente ricco di biodiversità è rigenerante in termini di benessere mentale. Che la stimolazione sensuale del canto degli uccelli, parte di quelle “dosi” quotidiane di natura, è preziosa e duratura”, commenta l’architetto paesaggista Jo Gibbons, perfetta suggestione per progettare le città di domani, o adottare un uccellino abbandonato o scappato e mai reclamato.

Fonte: https://www.lastampa.it/lazampa/2022/10/27/news/ stare_con_gli_uccelli_e_ascoltare_il_loro_canto_fa_bene_alla_salute_mentale-371917240/

Battuto il record di volo ininterrotto

Èda più di 200 anni che gli scienziati di tutto il mondo inanellano gli uccelli migratori per seguirne i voli intercontinentali, ma è solo da quando abbiamo introdotto l’uso del Gps che abbiamo cominciato a farci un’idea più precisa dei loro viaggi – e a scoprire quanto estreme possono essere alcune delle loro imprese. Nel 2021, per esempio, un esemplare di pittima minore, un uccello presente più o meno in tutto il mondo e famoso per la lunghezza delle sue rotte migratorie, ha stabilito il primato per il volo ininterrotto più lungo mai registrato: 13.050 km tra l’Alaska e la Nuova Zelanda. Quest’anno, però, un giovane esemplare ha migliorato questo record, viaggiando per 13.560 km dall’Alaska alla Tasmania. I dati sul suo volo sono stati raccolti dal Pûkorokoro Miranda Shorebird Centre, in Nuova Zelanda. La pittima minore è uno degli uccelli migratori più studiati e più noti proprio per la sua capacità di percorrere distanze enormi due volte all’anno. Come molti altri migratori, le pittime passano l’estate nell’Artico, in particolare in Alaska, e in inverno si spostano verso latitudini più temperate: alcune si fermano ai Tropici, altre proseguono il loro viaggio e arrivano fino in Australia e Nuova Zelanda. È molto probabile che l’animale non fosse da solo durante il viaggio, perché le pittime migrano sempre in gruppi molto numerosi. Ci sono quindi altre decine di pittime che possono reclamare il record – ma senza un Gps non hanno le prove per dimostrarlo.

Fonte: https://www.focus.it/ambiente/animali/uccello-record-volo-ininterrotto

News
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O rniFlash

La pellicola che potrebbe salvare milioni di uccelli

Ogni anno si stima che milioni di uccelli muoiano nel mondo a causa delle collisioni con superfici di vetro. Di fronte a questo dato impietoso, l’uomo ha cercato di trovare un rimedio a questi impatti letali che costituiscono per gli uccelli la seconda più grande minaccia indotta dall’uomo, specialmente in aree urbane. Per molti anni si è cercato di mitigare questo effetto con l’uso di sagome di uccelli neri appiccicate sulle superfici che oltre a non dare grandi risultati possono influire sulla qualità della visione da parte di chi osserva attraverso il vetro. Recentemente sono state realizzate delle pellicole che sfruttano la capacità di molte specie di uccelli di vedere la luce ultravioletta, che al contrario, per gli esseri umani, non è percepibile. Una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica OrnisFennica ha cercato di determinare se la pellicola BirdShades riflettente i raggi UV possa prevenire le collisioni degli uccelli con il vetro in condizioni ambientali naturali. I ricercatori hanno monitorato otto fermate di autobus con le pareti in vetro, gli stessi luoghi in cui si era verificato un alto numero di collisioni. Quattro fermate sono state dotate della pellicola UV e si è notato che il tasso di collisione si riduce di oltre 5 volte. Questo studio innovativo, il primo al mondo a verificare l’efficacia della pellicola UV sulle superfici di vetro delle pensiline, è di grande interesse per la conservazione degli uccelli nelle aree antropizzate.

Fonte: http://www.parks.it/news/dettaglio.php?id=72263 - Foto: www.dire.it

Il «papà» degli avvoltoi italiani

Quindici

anni di lavoro, di pazienza, di speranza. In qualche momento pure di sconforto. Tutto ripagato quando Camillo Sandri ha assistito con i suoi occhi alla schiusa di un uovo di gipeto, il più grande avvoltoio europeo, estinto in Europa da decenni. Il «miracolo» è avvenuto nel 2018 nel parco Natura viva di Verona, dove Sandri, veterinario e direttore tecnico, segue il progetto di reintroduzione della specie: grazie ai suoi sforzi assieme a quelli di una quarantina di strutture del continente oggi la popolazione dei gipeti in natura conta qualche centinaio di coppie, circa 250 esemplari solo sulle Alpi. E ora il 2022 ha fatto registrare il maggior numero di giovani che hanno spiccato il primo volo sulle rocce della catena alpina, quarantanove in tutto. Sandri è il «papà» di quelli allevati in Italia. Li ha visti uscire dall’uovo, in incubatrice, e li ha salutati per sempre quando li ha liberati tra le alture dell’Andalusia e del Sud della Francia. «Tra il 2019 e il 2022 sono nati tre pulcini», spiega. «In natura il gipeto fa due uova e sopravvive solo il pulcino del primo che si schiude perché uccide l’altro, in ambiente protetto ovviamente no». Facendoli nascere in cattività, i problemi sono di altro tipo. «Abbiamo una coppia di genitori un po’ difficile - prosegue il veterinario - che quando litiga sul nido rischia di schiacciare le uova. Per questo di solito le facciamo schiudere in incubatrice e nel nido le sostituiamo con altre uova per non insospettire i genitori. La nostra professionalità sta nel non creare il legame che avviene con animali da compagnia, i piccoli devono avere legami solo con i propri consanguinei». Così, per i primi giorni Sandri e i suoi colleghi si camuffano da avvoltoi per prendersi cura dei piccoli senza rischiare di abituarli alla propria presenza. «Dal momento in cui vengono reintrodotti in natura, i pulcini non avranno più contatto con alcun essere umano», racconta Sandri. «Ma vengono monitorati con sistemi gps a zainetto che pesano circa 20 grammi». Così il «papà» degli avvoltoi può seguirli da lontano assieme ai ricercatori. Ed emozionarsi di fronte alle loro conquiste.

Fonte: https://corrieredelveneto.corriere.it/verona/cronaca/22_novembre_11/papa-avvoltoi-italiani-eranoestinti-perche-nascesse-pulcino-ci-sono-voluti-15-anni-f0d1b594-61b6-11ed-b59c-4fb6fd5d9099.shtml

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al
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Concorsi di canto

Profumo affondi di note superbe e l’anima s’apre alla gioia”

Dobbiamo riprendere dimestichezza con le manifestazioni ornitologiche e, vivaddio, con i concorsi di canto. Questi ultimi si svolgono dall’inizio di novembre a circa metà gennaio. Un periodo in verità assai breve, nel quale gli allevatori delle razze da canto traggono le loro maggiori delusioni. Oggi migliorare il coefficiente di prestazione canora è una grande sfida perché la maggioranza dei canarini parte già da buoni valori e migliorare ancora è sempre più difficile. Succede come nel salto in alto, dove soltanto due centimetri separano i campioni dagli altri. In vista dei concorsi, riuniti in un così breve lasso di tempo, il lavoro preparatorio è fatto di pazienza e richiede una sana dedizione.

Così come si può ben immaginare, la preparazione di canarini non inizia certamente in vista dei concorsi, ma molto tempo prima: esattamente con la messa in cova, perché è fatica sprecata dedicare tanto tempo alla preparazione canora di soggetti che provengono da un ceppo che non dia un minimo di garanzia e che sia privo di un bagaglio ereditario favo-

revole all’evoluzione del canto di qualità. L’apprendimento canoro avviene quasi tutto nella fase del “sub canto”, fino a due – tre mesi di vita. Qualora il canarino, entro i primi tre mesi di vita, non abbia per qualche ragione acquisito il linguaggio melodico, e ne inizi dopo tre mesi l’apprendimento, questo gli presenta difficoltà assai maggiori che non per un canarino d’un mese e mezzo e soprattutto non potrà rivestire, nello sviluppo, quel ruolo che esso riveste quando si svolge entro le scadenze ottimali.

I maestri disponibili vengono distribuiti uniformemente tra i novelli, in modo che questi possano ascoltarli e imitarli nelle loro melodie e nei passaggi di canto più difficili e più ricercati. Il “canto” propriamente detto è una emissione complessa di suoni modulati e conformi ad uno schema melodico, costituito da una componente genetica e da una acquisita, l’imprinting, forma di apprendimento tipica del periodo di accrescimento. L’esperienza ci insegna che, pur avendo un bagaglio ereditario notevole, un canarino figlio di campioni non sempre di-

venta campione; sarebbe troppo facile. È anche vero che non sempre vince chi ha i canarini migliori: qualche volta ci siamo imbattuti in allevatori alle prime armi che si sono piazzati ai primi posti… ma è altrettanto vero che costoro raramente hanno saputo conservare questi primi posti. Le critiche e le contestazioni – così di moda oggigiorno – sono frequenti ai concorsi delle razze “canterine”, è vero: talvolta accade che più di un concorrente manifesti opinioni divergenti dall’operato dei giudici, ma la maggioranza è ben conscia del loro difficile compito e accetta sportivamente, con fiducia, i risultati. Allevare e preparare canarini da canto, anche se è un passatempo dal quale si possono trarre indubbie soddisfazioni, richiede però serietà e impegno. Il cultore del bel canto deve approfondire le proprie conoscenze con la lettura di tanti testi specializzati, con l’ascolto di registrazioni fonografiche, visitando buoni allevamenti e possibilmente giovandosi anche della consulenza di un allevatore esperto.

La passione gioca un ruolo fondamentale.

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Mostra scambio a Civitanova marche

18 settembre 2022

Il consiglio direttivo dell’Associazione Ornitologica Maceratese in data 18 settembre 2022 ha realizzato un evento ornitologico con fini divulgativi.

La manifestazione si è svolta all’aperto in una bella giornata di sole e arricchita da una struttura splendida messa a disposizione gratuitamente dalla ditta “Cinciallegra”, il cui nome ben si presta all’evento.

Gli organizzatori sono molto grati alla ditta concessionaria della struttura con la promessa che l’evento potrà ripetersi anche l’anno prossimo.

Per tale occasione è stato istituito uno stand dove gli allevatori hanno esposto le proprie specialità con l’intento di far conoscere al pubblico le varie specie di volatili che possono essere riprodotte in ambiente controllato

senza danneggiamento della fauna autoctona.

Il pubblico, molto numeroso per l’occasione, è rimasto colpito nel vedere

soggetti così particolari di cui molti non immaginavano nemmeno la loro esistenza.

Parallelamente a tale esposizione, sono stati allestiti ben 15 tavoli dove gli allevatori, provenienti da varie parti, hanno alloggiato le proprie gabbie con diversi volatili (canarini, esotici e pappagalli di piccola-media e grande taglia) per lo scambio fra allevatori.

La manifestazione ha ottenuto un successo inaspettato sia per quanto riguarda l’affluenza di visitatori, sia per la presenza di allevatori. Tale successo è dovuto principalmente alla collaborazione dei soci A.O.M. che per tutta la giornata si sono messi a disposizione con ogni mezzo per la buona riuscita dell’evento.

La soddisfazione più grossa è stata data da un bambino di soli 6 anni il

58 NUMERO 12 - 2022 CRONACA
La manifestazione si è svolta all’aperto in una bella giornata di sole e arricchita da una struttura splendida messa a disposizione gratuitamente dalla ditta “Cinciallegra”

quale, affascinato dai soggetti esposti, è andato a casa e si è presentato con due gabbiette contenenti il frutto del proprio allevamento (cocorite e diamantini) chiedendo di poterle esporre al pubblico. Gli organizzatori, meravigliati e visto l’interesse mostrato, per premio hanno provveduto a tesserarlo gratuitamente per l’anno 2023. La stessa associazione, sempre a fini divulgativi, nel mese di giugno 2022 ha organizzato un evento simile sul lungomare di Civitanova Marche in occasione della Fiera del Mare. Anche in quella occasione l’evento ha riscosso un grande successo, i visitatori hanno mostrato un grande interesse per i soggetti esposti e alcuni si sono anche tesserati alla FOI per il tramite dell’Associazione Ornitologica Maceratese.

NUMERO 12 - 2022 59

Indice d’annata - anno 2022

COPERTINE

ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

Diamante di Peale, Fenotipo classico

Rocher P. 1

Parrocchetto dal Collare Manzoni C. 2

Coppia di Diamante Mandarino “charcoal” Verhoeven S. 3

Finguello mutato (isabella pastello) Cautillo D. 4 “Corpo Chiaro Easley Verde” maschio Manzoni C. 5

Diamante di Tanimbar

Ferrara V. 6 e 7

Coppia Ciuffolotto bruno pastello e bruno Rocher P. 8 e 9

Lizard dorato calotta netta Rocher P. 10

Ali Grigie Mosaico Rosso femmina Sanz A. J. 11 Ibrido di Canarino ventrebianco x Crociere dell’Himalaya Cautillo D. 12

REDAZIONALE

Cosa resterà di questi anni

Iannuccilli G. 1 3

Giudici Canali G. 2 3 Prima che sia troppo tardi Iannuccilli G. 3 3

Atteggiamenti Canali G. 4 3 Esotici, ma familiari Iannuccilli G. 5 3

Commissioni tecniche Canali G. 6 e 7 3

Critiche e partecipazioni Canali G. 8 e 9 3

La volta buona Iannuccilli G. 10 3 Aiuti ai novizi Canali G. 11 3

Il Mondo Ornitologico è con Noi perché Noi ne siamo parte Sposito A. 12 3

CANARINI DI COLORE

Ala perlata melaninico (Perlato melanico)

I faccia gialla tipo 1

Corpo chiaro “Easley”

Fogliati G. 3 22

Fogliati G. 4 11

Capuani A., Manzoni M. 5 5

La scoperta del Pionites melanocephalus 2ª p Dalba F. S. 5 35

Giallo e Bianco Americano

I faccia gialla tipo 2

I fattori scurenti nel Forpus coelestis

Curci O. e Manzoni M. 6 e 7 9

Fogliati G. 6 e 7 31

Curci O. e Manzoni M. 12 15

Onice e Opale

Bertarini G. 1 5

Sui bianchi Canali G. 1 19

Il Nero opale in Italia e nel mondo

Passafiume A. 1 37 Piumaggio dei Canarini di Colore Bernardini R. 2 5

Il Nero opale in Italia e nel mondo 2ª p Passafiume A. 2 35 Tipi base e tipi aggiunti Canali G. 3 17 Errori vecchi e nuovi Canali G. 5 9

Le caratteristiche del Nero opale per esprimere al meglio lo standard Soleo L. 5 23 Il disegno del Canarino

Canali G. 6 e 7 25 Cobalto Corbelletto P. 8 e 9 5 Cromia bianca nei canarini di colore

Alfonzetti M. 8 e 9 19 Parliamo del Nero Canali G. 8 e 9 29 Parliamo dell’Agata Canali G. 10 5 Caratteristiche e giudizio del Nero Pastello Ali grigie

C.T.N. Canarini di Colore 11 5

La mutazione Azul Zambetta G. e Santafé Pastor A.12 9 Isabellismo Canali G. 12 29

CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Arlecchino portoghese

Il Border canary

Educazione alle mostre

Il Crest

Il Fife Fancy

Le origini del Canarino Lizard

La vita è fatta a scaglie

Palma S. 1 14

Palma S. 2 15

Palma S. 3 31

Palma S. 6 e 7 15

Palma S. 8 e 9 43

Giordano N. 10 19

Di Tillio A. e Giordano N. 12 19

CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Definizione del Colore nei Canarini Arricciati

Tra Benacus e Giraldillo sevillano

Una nuova stella: il TorZuino

C.T.N. C.F.P.A. 1 16

Nastasi G. 2 53

Nastasi G. 4 37

Benacus, la lunga attesa sta per finire Mollo L. 5 19

Quattro chiacchiere sul fiorino: la Testa e il Collo

Rossini F. 8 e 9 23

La colorazione del petto nel Diamante di Gould Faggiano F. e Allegretti M. 1 9

Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio 1ª p Rossi P. e De Sousa Santo A. 2 9

Il Diamante Mandarino e la mutazione “charcoal” Angelini S. e Faggiano F. 3 11

Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio 2ª p Rossi P. e De Sousa Santo A. 3 43

Un maestro del canto: il fringuello 1ª p Rossi P. 4 5

Un maestro del canto: il fringuello 2ª p Rossi P. 5 13

Della fecondità degli ibridi Olgiati S. 5 27

Il Diamante di Tanimbar Erythrura tricolor (Vieillot, 1817) Mortaruolo I. 6 e 7 5

Esperienze di allevamento: il Venturone sardo/corso Rossi P. e Pintus A. 6 e 7 19

Il Ciuffolotto Rossi P. e Lodato M. 8 e 9 11

Il Diamante del bambù Mortaruolo I. 8 e 9 35

Donacola petto castano x Passero del Giappone 1ª p Olgiati S. 10 13

Il Pettirosso del Giappone Rossi P. 10 25 Il Diamante di Gould bruno Montini L. e Lucarini S. 11 11

La nuova classificazione dei Carpodachi Scarpa D. 11 15 Il colore giallo, arancio e rosso Faggiano F. 11 37 Donacola petto castano x Passero del Giappone 2ª p Olgiati S. 11 55 Tavolo tecnico internazionale De Flaviis E. 12 5 Canarino ventre bianco x Crociere dell’Himalaya Rossi P. e M. Paoletti 12 25 Sul Diamante pappagallo Erythrura psittacea (Gmelin, 1789) Mortaruolo I. 12 35

Un pericolo scampato

Di Giorgio F. 1 34 Influenze reciproche tra vincoli genetici e vincoli ambientali Di Giorgio F. 3 40 La comunicazione canora Di Giorgio F. 4 17 La musica, forma d’arte la musica, parente dello spirito Di Giorgio F. 5 42 Canaricoltura malinoista, tappe selettive Di Giorgio F. 6 e 7 34 Concorsi di canto Di Giorgio F. 12 57

Tortora dal collare - Streptopelia roseogrisea (detta risoria) Carusio L. 3 51

ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI CANARINI DA CANTO COLUMBIDI CRONACA - ATTUALITÀ

Riunione Tecnica per la postura a Istanbul

Berno C. 1 46

Morrone F. 2 21 Uccellini in cattedra Candioli M. 4 40 Il Cardinalino del Venezuela all’ombra del Vesuvio Ganeri G. 4 49 Meeting F.O.I. a Palermo Iannuccilli G. 6 e 7 39 Lezioni dal vivo di Ornitologia

Si può fare!

Meola R. 6 e 7 48 Assemblea dei Soci della Maceratese

Sabba M. 6 e 7 50 Piccola storia del vaccino contro il vaiolo Fraschetti G. e Badalamenti F. 6 e 7 51 I 90 anni dell’A.M.O.

Lo Porto D. 8 e 9 59

Ornimostre, oltre un gioco a somma zero Leone P. 10 45 Si può fare … un’esposizione ornitologica in estate

Faggiano F. 10 61 Un week-end di formazione tecnica sui CFPA Mollo L. 11 21 Associazione Ornitologica Nuova Drepanum

Badalamenti F. 11 45 Il re dei Cardilli major di Eboli Gorreri L. e Meduri P. 11 51 Mostra scambio a Civitanova marche Ass. Orn. Maceratese 12 58

NUMERO 12 - 2022 61

Titian Peale (1799-1885) e il Diamante di Peale Erythrura pealii Mortaruolo I. 1 23

Il collezionismo ornitologico

La necrofilia negli uccelli

11ª p Badalamenti F. 1 43

1ª p Mortaruolo I. 2 29

Il collezionismo ornitologico 12ª p Badalamenti F. 2 41

Da verde a giallo

Sui canarini parlanti

La necrofilia negli uccelli

Bernois

Lemo A. C. 4 13

ARCHIVIO STORICO

Baldanzi M. 3 5

1ª p Dalba F.S. 3 26

2ª p Mortaruolo I. 3 54

Il collezionismo ornitologico 13ª p Badalamenti F. 3 60

Sui canarini parlanti

2ª p Dalba F.S. 4 19

Accoppiamenti e selezioni Canali G. 4 31

Il collezionismo ornitologico

14ª p Badalamenti F. 4 45

Il collezionismo ornitologico 15ª p Badalamenti F. 5 55

Edoardo Imparati (Piacenza 27 gennaio 1872 - 30 luglio 1945) Basso R., Pavanello M. 6 e 7 55

Il collezionismo ornitologico 16ª p Badalamenti F. 6 e 7 60

Il collezionismo ornitologico 17ª p Badalamenti F. 8 e 9 53

Il collezionismo ornitologico 18ª p Badalamenti F. 10 35

Principe Chigi della Rovere Francesco (Roma 1881 - 1953)

Piumaggio e muta

Dimorfismo e dicromatismo sessuale

Basso R., Pavanello M. 10 39

Palma S. 10 47

Canali G. 11 31

Di Carlo Elio Augusto Basso R. 12 45

ALIMENTAZIONE

Il fico

C’è camola e camola

La Salvia pratensis (selvatica)

La Ginestrella

Lo scalogno

Allium ursinum: l’aglio selvatico commestibile

I gusci delle uova

Mengacci P. 1 29

Gorreri L. 2 45

Mengacci P. 3 35

Mengacci P. 4 25

Mengacci P. 5 45

Mengacci P. 6 e 7 43

Mengacci P. 8 e 9 47

Il Senecione comune Mengacci P. 10 49

La “Carugla” (rucola selvatica)

Mengacci P. 11 25

Verbasco sinuoso Mengacci P. 12 41

VETERINARIO

Polmonite erpetica nel Parrocchetto dal collare

Leone S. 2 19

Specie e razza

2ª p Zingoni U. 1 51

Specie e razza 3ª p Zingoni U. 2 57

Chi c’è in giardino?

Spada P. 5 59

Il martin pescatore e il mito di Alcione Civilla A 10 30

La giornata mondiale degli uccelli migratori Spada P. 12 49

UCCELLI IN NATURA VOLONTARIATO

Un progetto di divulgazione ornitologica didattica e terapeutica

Albergo G. 4 54 L’Associazione “passione Pappagalli Free Flight” e il progetto con l’Associazione “L’Edera” Ass. “Passione Pappagalli Free Flight” 8 e 9 57

Fine anno scolastico: fair play tra sport e pappagalli Ass. “Passione Pappagalli Free Flight” 10 56

PENSIERI IN LIBERTÅ

A ricordo di un grande Amico dell’ornitologia: Lillo De Vita A. 6 e 7 58

NOVITÀ EDITORIALI

Genetica di base del Canarino di Colore

Iannuccilli G. 2 49 I Caicchi Venezian A. 4 52 Compendio di Ornitologia Amatoriale Iannuccilli G. 10 55

Lettere in Redazione

LETTERE IN REDAZIONE ORNI-FLASH

Di Giorgio F. 4 62 Lettere in Redazione Nastasi G. 11 64

News al volo dal Web e non solo 1 48

News al volo dal Web e non solo 2 50

News al volo dal Web e non solo 3 48

News al volo dal Web e non solo 4 42

News al volo dal Web e non solo 5 52

News al volo dal Web e non solo 6 e 7 36

News al volo dal Web e non solo 8 e 9 50

News al volo dal Web e non solo 10 58

News al volo dal Web e non solo 11 60

News al volo dal Web e non solo 12 54

Argomenti a tema 1 58 Argomenti a tema 2 62 Argomenti a tema 5 40 Argomenti a tema 8 e 9 63

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale dell’11 novembre e del 17 e 18 dicembre 2021 1 60

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federaledel 16 gennaio 2022 2 64

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 30 gennaio 2022 3 64 La F.O.I. a tutela dell’allevamento ornitologico 4 55

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 18 e 19 febbraio 2022 4 63

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 18 e 19 Marzo e 12 Maggio 2022 6 e 7 64

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 24 e 25 Giugno, 5 Agosto, 27 Agosto 2022 11 62

PAGINA APERTA ATTIVITÀ F.O.I. SPAZIO CLUB

Cozzolino B. 3 50 Word Championship Show W.B.O. 2022: un sogno che può diventare realtà!

Tempo di Bilanci - Club del Fiorino

Club Amici dell’Ondulato 5 32 Il Club degli Psittacidi: l’impegno e i progetti di un Club che guarda al futuro

PHOTO SHOW

Club degli Psittacidi 10 32

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Le foto scattate dagli allevatori

Franchi A 1 57

Magnani P. 2 28

Caimi A 3 34

Freschi A. 4 24

Marcazzan G. 5 31

Caputo G. 6 e 7 30

Arpone E. 8 e 9 27

Montanini P. 10 43

Sapienza F. 11 49

Le foto scattate dagli allevatori Pagani M. 12 39

62 NUMERO 12 - 2022
DIDATTICA & CULTURA
ORNITOLOGIA INTERNAZIONALE

Indice alfabetico autori

Un progetto di divulgazione ornitologica didattica e terapeutica Albergo G. 4 54

Cromia bianca nei canarini di colore

Alfonzetti M. 8 e 9 19

Il Diamante Mandarino e la mutazione “charcoal” Angelini S. e Faggiano F. 3 11

Le foto scattate dagli allevatori Arpone E. 8 e 9 27

Fine anno scolastico: fair play tra sport e pappagalli Ass. “Passione Pappagalli Free Flight” 10 56

L’Associazione “passione Pappagalli Free Flight” Ass. “Passione Pappagalli e il progetto con l’Associazione “L’Edera” Free Flight” 8 e 9 57

Mostra scambio a Civitanova marche Ass. Ornitologica Maceratese 12 58

Il collezionismo ornitologico 11ª p Badalamenti F. 1 43

Il collezionismo ornitologico 12ª p Badalamenti F. 2 41

Il collezionismo ornitologico 13ª p Badalamenti F. 3 60

Il collezionismo ornitologico 14ª p Badalamenti F. 4 45

Il collezionismo ornitologico 15ª p Badalamenti F. 5 55

Il collezionismo ornitologico 16ª p Badalamenti F. 6 e 7 60

Il collezionismo ornitologico 17ª p Badalamenti F. 8 e 9 53

Il collezionismo ornitologico 18ª p Badalamenti F. 10 35 Associazione Ornitologica Nuova Drepanum Badalamenti F. 11 45

Da verde a giallo Baldanzi M. 3 5

Di Carlo Elio Augusto Basso R. 12 45

Principe Chigi della Rovere Francesco (Roma 1881 - 1953) Basso R., Pavanello M. 10 39 Edoardo Imparati (Piacenza 27 gennaio 1872 - 30 luglio 1945) Basso R., Pavanello M. 6 e 7 55

Piumaggio dei Canarini di Colore Bernardini R. 2 5

Riunione Tecnica per la postura a Istanbul Berno C. 1 46

Onice e Opale Bertarini G. 1 5

Definizione del Colore nei Canarini Arricciati C.T.N. C.F.P.A. 1 16

Caratteristiche e giudizio del Nero Pastello Ali grigie C.T.N. Canarini di Colore 11 5

Le foto scattate dagli allevatori Caimi A 3 34

Uccellini in cattedra

Candioli M. 4 40

Corpo chiaro “Easley” Capuani A., Manzoni M. 5 5

Le foto scattate dagli allevatori Caputo G. 6 e 7 30

Tortora dal collare - Streptopelia roseogrisea (detta risoria) Carusio L. 3 51

Finguello mutato (isabella pastello) Cautillo D. 4Cop. Ibrido di Canarino ventrebianco x Crociere dell’Himalaya Cautillo D. 12Cop.

Il martin pescatore e il mito di Alcione Civilla A. 10 30 Word Championship Show W.B.O. 2022: un sogno che può diventare realtà! Club Amici dell’Ondulato 5 32

Il Club degli Psittacidi: l’impegno e i progetti di un Club che guarda al futuro Club degli Psittacidi 10 32 Cobalto Corbelletto P. 8 e 9 5 Tempo di Bilanci - Club del Fiorino Cozzolino B. 3 50

I fattori scurenti nel Forpus coelestis Curci O. e Manzoni M. 12 15 Giallo e Bianco Americano Curci O. e Manzoni M. 6 e 7 9

La scoperta del Pionites melanocephalus 2ª p Dalba F. S. 5 35 Sui canarini parlanti 1ª p Dalba F.S. 3 26 Sui canarini parlanti 2ª p Dalba F.S. 4 19

Tavolo tecnico internazionale De Flaviis E. 12 5

A ricordo di un grande Amico dell’ornitologia: Lillo De Vita A. 6 e 7 58

Un pericolo scampato Di Giorgio F. 1 34 Influenze reciproche tra vincoli genetici e vincoli ambientali Di Giorgio F. 3 40 La comunicazione canora Di Giorgio F. 4 17 Lettere in Redazione Di Giorgio F. 4 62 La musica, forma d’arte la musica, parente dello spirito Di Giorgio F. 5 42 Canaricoltura malinoista, tappe selettive Di Giorgio F. 6 e 7 34 Concorsi di canto Di Giorgio F. 12 57

La vita è fatta a scaglie Di Tillio A. e Giordano N. 12 19

Si può fare … un’esposizione ornitologica in estate Faggiano F. 10 61

Sui bianchi

Canali G. 1 19 Giudici Canali G. 2 3 Tipi base e tipi aggiunti Canali G. 3 17 Atteggiamenti Canali G. 4 3 Accoppiamenti e selezioni Canali G. 4 31 Errori vecchi e nuovi Canali G. 5 9

Commissioni tecniche Canali G. 6 e 7 3 Il disegno del Canarino Canali G. 6 e 7 25 Critiche e partecipazioni Canali G. 8 e 9 3 Parliamo del Nero Canali G. 8 e 9 29 Parliamo dell’Agata Canali G. 10 5 Aiuti ai novizi Canali G. 11 3 Dimorfismo e dicromatismo sessuale Canali G. 11 31 Isabellismo Canali G. 12 29

Il colore giallo, arancio e rosso Faggiano F. 11 37

La colorazione del petto nel Diamante di Gould Faggiano F. e Allegretti M. 1 9

Diamante di Tanimbar

Ferrara V. 6 e 7Cop.

Ala perlata melaninico (Perlato melanico) Fogliati G. 3 22

I faccia gialla tipo 1 Fogliati G. 4 11

I faccia gialla tipo 2 Fogliati G. 6 e 7 31

Le foto scattate dagli allevatori Franchi A 1 57

Piccola storia del vaccino contro il vaiolo Fraschetti G. e Badalamenti F. 6 e 7 51

NUMERO 12 - 2022 63

Le foto scattate dagli allevatori

Il Cardinalino del Venezuela all’ombra del Vesuvio

Freschi A. 4 24

Ganeri G. 4 49

Le origini del Canarino Lizard Giordano N. 10 19

C’è camola e camola

Gorreri L. 2 45

Il re dei Cardilli major di Eboli Gorreri L. e Meduri P. 11 51

Tra Benacus e Giraldillo sevillano

Nastasi G. 2 53

Una nuova stella: il TorZuino Nastasi G. 4 37 Lettere in Redazione Nastasi G: 11 64

Della fecondità degli ibridi

Olgiati S. 5 27 Donacola petto castano x Passero del Giappone 1ª p Olgiati S. 10 13 Donacola petto castano x Passero del Giappone 2ª p Olgiati S. 11 55

Le foto scattate dagli allevatori

Pagani M. 12 39

Arlecchino portoghese

Cosa resterà di questi anni

Iannuccilli G. 1 3 Genetica di base nel canarino di Colore Iannuccilli G. 2 49 Prima che sia troppo tardi Iannuccilli G. 3 3 Esotici, ma familiari Iannuccilli G. 5 3 Meeting F.O.I. a Palermo Iannuccilli G. 6 e 7 39 La volta buona Iannuccilli G. 10 3 Compendio di Ornitologia Amatoriale - Canarini di Colore Iannuccilli G 10 55

Bernois Lemo A. C. 4 13

Ornimostre, oltre un gioco a somma zero Leone P. 10 45

Polmonite erpetica nel Parrocchetto dal collare Leone S. 2 19

I 90 anni dell’A.M.O.

Le foto scattate dagli allevatori

Lo Porto D. 8 e 9 59

Magnani P. 2 28

Parrocchetto dal Collare Manzoni . 2Cop. “Corpo Chiaro Easley Verde” maschio Manzoni C. 5Cop.

Le foto scattate dagli allevatori Marcazzan G. 5 31

Il fico Mengacci P. 1 29

La Salvia pratensis (selvatica) Mengacci P. 3 35

La Ginestrella Mengacci P. 4 25 Lo scalogno Mengacci P. 5 45

Allium ursinum: l’aglio selvatico commestibile Mengacci P. 6 e 7 43

I gusci delle uova Mengacci P. 8 e 9 47

Il Senecione comune Mengacci P. 10 49

La “Carugla” (rucola selvatica) Mengacci P. 11 25 Verbasco sinuoso Mengacci P. 12 41

Lezioni dal vivo di Ornitologia Meola R. 6 e 7 48

Benacus, la lunga attesa sta per finire Mollo L. 5 19 Un week-end di formazione tecnica sui CFPA Mollo L. 11 21

Le foto scattate dagli allevatori Montanini P. 10 43

Il Diamante di Gould bruno Montini L. e Lucarini S. 11 11

Si può fare! Morrone F. 2 21

Titian Peale (1799-1885) e il Diamante di Peale Erythrura pealii Mortaruolo I. 1 23

La necrofilia negli uccelli 1ª p Mortaruolo I. 2 29

La necrofilia negli uccelli 2ª p Mortaruolo I. 3 54

Il Diamante di Tanimbar Erythrura tricolor (Vieillot, 1817) Mortaruolo I. 6 e 7 5

Il Diamante del bambù Mortaruolo I. 8 e 9 35

Sul Diamante pappagallo Erythrura psittacea (Gmelin, 1789) Mortaruolo I. 12 35

Palma S. 1 14 Il Border canary Palma S. 2 15 Educazione alle mostre Palma S. 3 31 Il Crest Palma S. 6 e 7 15 Il Fife Fancy Palma S. 8 e 9 43

Piumaggio e muta

Palma S. 10 47

Il Nero opale in Italia e nel mondo 1ª p Passafiume A. 1 37 Il Nero opale in Italia e nel mondo 2ª p Passafiume A. 2 35

Diamante di Peale, Fenotipo classico Rocher P. 1Cop. Coppia Ciuffolotto bruno pastello e bruno Rocher P. 8 e 9Cop. Lizard dorato calotta netta Rocher P. 10Cop.

Un maestro del canto: il fringuello 1ª p Rossi P. 4 5 Un maestro del canto: il fringuello 2ª p Rossi P. 5 13 Il Pettirosso del Giappone Rossi P. 10 25

Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio 1ª p Rossi P. e De Sousa Santo A. 2 9 Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio 2ª p Rossi P. e De Sousa Santo A. 3 43

Il Ciuffolotto Rossi P. e Lodato M. 8 e 9 11

Canarino ventre bianco x Crociere dell’Himalaya Rossi P. e M. Paoletti 12 25

Esperienze di allevamento: il Venturone sardo/corso Rossi P. e Pintus A. 6 e 7 19

Quattro chiacchiere sul fiorino: la Testa e il Collo Rossini F. 8 e 9 23 Assemblea dei Soci della Maceratese Sabba M. 6 e 7 50

Ali Grigie Mosaico Rosso femmina Sanz A. J. 11Cop.

Le foto scattate dagli allevatori Sapienza F. 11 49

La nuova classificazione dei Carpodachi Scarpa D. 11 15

Le caratteristiche del Nero opale per esprimere al meglio lo standard Soleo L. 5 23

Chi c’è in giardino? Spada P. 5 59 La giornata mondiale degli uccelli migratori Spada P. 12 49

Il Mondo Ornitologico è con Noi perché Noi ne siamo parte Sposito A. 12 3

I Caicchi Venezian A. 4 52

Coppia di Diamante Mandarino “charcoal”

Verhoeven S. 3Cop

La mutazione Azul Zambetta G.e Santafé Pastor A 12 9

Specie e razza 2ª p Zingoni U. 1 51 Specie e razza 3ª p Zingoni U. 2 57

64 NUMERO 12 - 2022

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