Pomezia Notizie 2022_1

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POMEZIA-NOTIZIE

Gennaio 2022

Intervista a

DOMENICO DEFELICE di Graziano Giudetti BBIAMO apprezzato l’opera letteraria “Alpomo”, acutamente satirica e al contempo coraggiosa, nell’aver saputo attivare il teatrino di un sistema politico e istituzionale inquinato dalla corruttela. Culmine di quella misura di intrallazzi del potere che si è condotta a straripare sulle coste impietose di “Tangentopoli”. Lo scenario descritto nell’opera è ridanciano perché tocca fisicamente i personaggi e li fa lievitare in una sorta di schizofrenia collettiva che li infastidisce nella gabbia dorata del “Palazzo” e, nominandoli, li stana. Un’opera nata nel tempo e suddivisa in sei canti, di cui due editi sulla rivista letteraria di “Pomezia-Notizie” nell’inserto il “Croco” di novembre 1996 e gli altri quattro nel mese di luglio 1998.

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Nel frattempo, gli autorevoli interventi critici di Maria Grazia Lenisa, Enrica Di Giorgi Lombardo, Vittoria Corti, Carmine Chiodo, Alfio Caucci, Adriana Scarpa, Rosalba Masone Beltrame, Walter Nesti, Adriana Mondo, Gabriella Frenna, Guerino D’Alessandro succedutisi nel tempo, hanno incoraggiato Domenico Defelice a rivolgersi a Case Editrici di maggiore spicco per tentare di ottenere un ambìto contratto di edizione. Nulla da fare, la risposta da parte degli Editori è stata univoca cioè negativa, quasi sempre condizionata da altri impegni presi e pur avendo apprezzato e riconosciuto la validità dell’opera. Un’avventura quella dell’opera “Alpomo” nella ventura di un percorso che si tinge di amarezza e delusione, come quella di chi nel proprio zaino di vita ha sempre conservato gelosamente i propri ideali di onestà per il proprio lavoro e la speranza di credere agli altri, senza ricevere in cambio né giustizia promessa, né risposte concrete. Tutte le vicissitudini di “Alpomo” con le Case editrici sono raccolte in un articolo del mese di febbraio 2000 nella rivista letteraria di “Pomezia-Notizie” e ci conforta che il titolo annunci la pubblicazione in volume dell’opera. La riflessione più immediata su “Tangentopoli” dopo aver letto l’opera di Domenico Defelice è che il tentato rinnovamento di pulizia radicale dell’Italia si sia ridotta ad un grosso polverone. Ad un costoso ed apparente lifting che salva la forma e non i contenuti, restando sulla parte superficiale della pelle, accomodando le pieghe, stirando la bandiera col vento dell’opportunismo. L’impressione è che resti convenientemente un’Italia rattoppata alla meno peggio, vigendo da parte della maggioranza di molti, una sorta di repulsione all’ordine, al rispetto, alla tutela di chi soffre, al vivere civile. D. Non Le sembra che quando uno scrittore


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