ISSN 2611-0954
mensile (fondato nel 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06/91.12.113 - 00071 POMEZIA (Roma) - Fondatore e Direttore responsabile: DOMENICO DEFELICE – e-Mail: defelice.d@tiscali.it – Attività editoriale non commerciale (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e successive modifiche) - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 213/93 del 23/5/1993 - La collaborazione, sempre gratuita, in parte è libera, in parte è per invito. Ogni autore si assume la responsabilità dei propri scritti - Manoscritti, fotografie e altro materiale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti - É ammessa la riproduzione, purché se ne indichi la fonte. Per ogni controversia, foro competente è quello di Roma. - Il mensile è disponibile su: http://issuu.com/domenicoww/docs/
Anno 30 (Nuova Serie) – n. 3
- Marzo 2022 -
N° 15 della Serie online
Al Mudec dal 24 novembre 2021 al 27 marzo 2022.
PIET MONDRIAN DALLA FIGURAZIONE ALL’ASTRAZIONE di Isabella Michela Affinito
I
L pittore scrittore olandese, di Amersfoort nei pressi di Utrecht, Pieter Cornelis Mondriaan, nacque il 7 marzo 1872 (sotto il Segno zodiacale dei Pesci) e studiò disegno da autodidatta, lui che era figlio del direttore di una scuola elementare, mentre lo zio, fratello del padre, era pittore-insegnante in una scuola dell’Aja. L’aspetto esteriore di Piet Mondrian
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All’interno: Fragilità di Dante, di Elio Andriuoli, pag. 5 William Faulkner, di Salvatore D’Ambrosio, pag. 7 La metafora del viaggio in Domenico Defelice, di Rocco Salerno, pag. 10 “Volli e volli sempre” di Imperia Tognacci, di Gianni Antonio Palumbo, pag. 13 Intervista a Domenico Defelice, a cura di Isabella Michela Affinito, pag. 15 Emanuele Personeni e Paolo Sceusa, di Lia Giudici, pag. 26 Lettere, di Peter Russell, pag. 30 Notizie, pag. 44 Libri ricevuti, pag. 49 Tra le riviste, pag. 51
RECENSIONI di/per: Domenico Defelice (In zona rossa e oltre, di Antonio Crecchia, pag. 37); Domenico Defelice (Dio assoluto e Dio persona, di Aldo Sisto, pag. 38); Manuela Mazzola (Era d’agosto – Era în august, di Lorenzo Spurio, pag. 40); Manuela Mazzola (Io corporeo, di Giorgio Mattei, pag. 40); Manuela Mazzola (I Savoia – Acaia, di Marcello Falletti di Villafalletto, pag. 41); Gianni Antonio Palumbo (Parole sospese, di Manuela Mazzola, pag. 42); Lucio Zaniboni (Camminare sull’acqua, di Julia Pikalova, pag. 43).
Inoltre, poesie di: Isabella Michela Affinito, Mariagina Bonciani, Corrado Calabrò, Rocco Cambareri, Antonio Crecchia, Domenico Defelice, Ada De Judicibus Lisena, Salvatore D’Ambrosio, Giovanna Li Volti Guzzardi, Gianni Rescigno, Rocco Salerno, Lucio Zaniboni non era quello dell’artista che solitamente non ha fissa dimora e vive un’esistenza sregolata, anzi era molto riservato, garbato nei modi, distinto nell’apparire uomo borghese col vezzo della musica, quindi, del ritmo specialmente del jazz per il quale scrisse un saggio e un altro studio lo dedicò alla musica futurista. Diciamo che Piet Mondrian era un Pesci, zodiacalmente parlando, con prevalenza nettuniana – questo dodicesimo Segno ha due governatori, Giove e Nettuno, di conseguenza può prevalere sul carattere o l’uno o l’altro – vale a dire con inclinazione alla genialità e all’interessamento dei fenomeni irrazionali, mistici, inesplicabili, al transfert, al paranormale, etc. Mondrian della prima ora è stato paesaggista, avendo seguito lo zio paterno pittore durante le sue escursioni all'aperto a realizzare tele, tantissimo gli piaceva ritrarre gli alberi, i riflessi degli arbusti sui corsi d’acqua, i boschi, i mulini a vento, pittoricamente avvici-
nandosi, come era già di tendenza, alla scomposizione del soggetto secondo la tecnica divisionista di Georges Seurat e del gioco dei complementari di Robert Delaunay. Proprio dalla sagoma dell’albero, attraverso un intimo processo trasformativo che avvenne in parallelo ai suoi approfondimenti culturali, principiò quel percorso artistico verso quella che sarà la sua forma d’astrazione diversa dal cubismo di Pablo Picasso, dall’astrattismo di Paul Klee e Vasilij Kan-
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dinskij, dal suprematismo di Casimir Malevič e dal costruttivismo di Vladimir Tatlin dell’allora Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Dentro di lui nei primi decenni del Novecento s’irrobustì una certa vena spirituale, dovuta anche soprattutto al fatto d’aver provato interesse nei confronti della Società Teosofica fondata dalla filosofa teosofa scrittrice medium, Helena Petróvna Blavatsky (1831-1891), nata in Ucraina, che visse una vita ‘avventurosa’ in giro per il mondo non ammissibile in quei tempi per le donne in genere – addirittura incontrò Giuseppe Garibaldi col quale partecipò agli scontri di Monterotondo e di Mentana, venendo lei colpita da due pallottole ma fortunatamente si salvò e morì più tardi a sessant’anni. Si tratta di una visione, quella teosofica, dell’umanità eletta ad un’unica fratellanza universale alla ricerca delle forze-poteri nascoste in ciascun individuo e nella Natura stessa, acciocché delle energie segrete cosmiche sono in stretto rapporto con quelle dei mortali per una concomitante evoluzione: quella del consorzio umano e quella dell’universo. L’indagine di queste forze misteriose avrebbe preso il via dal mondo antico, in particolare in India col buddismo e la reincarnazione dell’anima per cui la vita è ritenuta immortale, dove ad Adyar nel 1878 fu trasferita la sede da New York della Società Teosofica tuttora esistente. «Tra il 1910 e il 1911 Mondrian dipinge il trittico Evoluzione, un’opera emblematica, quasi un manifesto del rapporto dell’autore con la dottrina della Teosofia, alla quale inizia ad avvicinarsi fin dal 1899 e senza la quale, secondo alcuni storici, “egli sarebbe forse rimasto un paesaggista di secondo ordine”. Stando a quella che Mondrian ritiene essere una “scienza spirituale”, il mondo è un Tutto unitario regolato da leggi e da principi matematici: gli opposti tendono a ricongiungersi in un’armonica realtà cosmica, alla cui visione l’iniziato può giungere attraverso progressivi stadi di conoscenza. Nel 1909 Mondrian diventa membro della Società Teosofica, fondata nel 1875 da Helena
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P. Blavatskij, autrice di La dottrina segreta e Iside svelata, testi che Mondrian conosce e dei quali riprende a volte, nei suoi scritti, la terminologia, attenuandone però lo spirito troppo enfatico.» (Dal volume monografico Mondrian – Broadway Boogie Woogie, Collana “Cento Dipinti” a cura di Federico Zeri, RCS Libri Rizzoli S.p.A. Milano, Anno 1998, pag. 24). Ecco che pian piano l’artista olandese tradurrà in pittura tali convinzioni e la stessa sagoma dell’albero, da lui prediletta, diventerà forma archetipa da rimaneggiare fino a ripulirne dell’oggettività, solo linee curve trattenenti le spinte originarie che dal basso tendono verso l’alto e in senso orizzontale per quella che era la chioma dell’albero. Anche la vita di Piet Mondrian s’è svolta recandosi lui in posti differenti: dapprima una breve vacanza in Cornovaglia, poi in Spagna, quindi, nel 1912 a Parigi dove ebbe la possibilità di ammirare da vicino le opere cubiste, ma il padre si ammalò ed era la vigilia della Prima guerra mondiale così fu costretto a tornare in Olanda. Nel 1916 incontrò il pittore architetto scrittore suo connazionale, Theo van Doesburg (1883-1931), col quale instaurò una costruttiva collaborazione sfociata nella creazione della rivista “De Stijl”, organo ufficiale della corrente artistica del Neoplasticismo, a cui si ricollegano le seguenti parole-chiave: essenzialità, astrazione e geometria. «[…] Fondandosi su una concezione del mondo come unità, governata da principi matematici di ordine e armonia, Mondrian rivendica all’arte il ruolo di porre in contatto l’individuo con la “vibrazione universale”, di tradurre la bellezza interiorizzata nel ritmo libero, e individua nella conquista dell’astrazione il mezzo per esprimere l’evoluzione spirituale dell’umanità.» (Dal volume Storia Universale dell’Arte, in fascicoli abbinati al quotidiano “la Repubblica”, by Leonardo Arte srl di Milano, Anno 1997, pagg. 594-595). Nel 1919 Piet Mondrian tornerà nella capitale francese e nel 1924 metterà fine alla collaborazione con “De Stijl”.
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Grazie all’astrazione l’artista Mondrian ha potuto portare avanti la sua “battaglia” contro la materia che s’oppone allo spirito e che genera sofferenza e drammaticità, per cui utilizzando le sole rette orizzontali e verticali coi colori puri sulla tela egli ha cercato d’ottenere validi equilibri capaci d’annullare le conseguenze deleterie della materia, restituendo voce al linguaggio del principio immateriale. Nel 1938 si rifugerà a Londra e quando essa verrà bombardata Mondrian fuggirà in America nell’ottobre 1940; quattro anni più tardi morirà all’età di settantadue anni. «Il 13 ottobre 1940, lasciatosi alle spalle la tragica disumanità della guerra che incendia l’Europa, Piet Mondrian giunge a New York, dove lo attende Harry Holtzman (1912-87), l’amico pittore che gli procura uno studio, un’abitazione, un giradischi, aiutandolo a risolvere le prime difficoltà materiali. Lontano dall’irrazionalità violenta che sconvolge il vecchio continente, Mondrian vede nell’America un mondo nuovo, intelligente e civile: si lascia rapire dalla grande città, brulicante di uomini e di immagini in movimento, dalla sua architettura, dalle luci e dal ritmo della sua vita, che in musica si esprime nel boogie-woogie, un genere di blues per pianoforte dai tempi sincopati di cui Mondrian possiede una collezione di dischi “che ascolta, spesso danzando tutto solo per lo studio al suono della loro musica”, come racconta un articolo apparso su “The New Yorker” nel 1941.» (Dal volume monografico Mondrian – Broadway Boogie Woogie, Collana “Cento Dipinti” a cura di Federico Zeri, RCS Libri Rizzoli S.p.A. Milano, Anno 1998, pag. 6). Isabella Michela Affinito " L'albero di Piet Mondrian " Omaggio a Piet Mondrian (1872-1944). Pittore nato ad Amersfoort in Olanda. Quando capì il cubismo analitico a Parigi abbandonò definitivamente il concetto figurativo e pian piano arrivò all'astrazione. Lui poi divenne il
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teorico del movimento artistico detto 'Neoplasticismo' nato nel 1917, in cui la geometria e l'equilibrio dei colori erano fondamentali. La poesia che segue spiega in versi il suo quadro dal titolo " L'albero rosso ". Uscito da una tempesta è sopravvissuto alla sua rabbia, ora è scomposto e con le braccia esalta quella maestosità che vorrebbe. Tira su i capelli con uno scatto all'indietro e si mescolano sangue e linfa all'infinito in un saliscendi tutt'ora caldo d’una stagione imprecisata, esso è l'albero della ragione nervosa nessuno gli è compagno, unicamente esercita il potere di rimanere da solo. Eccolo Medusa trionfante a trasformare gli altri in alberi in pietra, esso respira il sangue che lo colora rigagnoli astratti secondo lo stile Mondrian. D'un tratto si fa sera, alle sue spalle il blu diventa austero e il rosso sul tronco sembra il sistema venoso del corpo umano che non ha perché esso è l'albero astratto ingoiato dalle incertezze equazionali di un sistema innaturale. Viaggia nel dispendioso movimento delle sue chiome avanti e indietro al centro di un quadro datato 1908. Isabella Michela Affinito N.B.: La suddetta poesia è presente nel 16° vol. di Una Raccolta di Stili di Isabella Michela Affinito, Carta e Penna Editore di Torino, Anno 2016, pagg. 24-25.
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FRAGILITÀ DI DANTE di Elio Andriuoli
A
PPARE del tutto naturale che in occasione dell’anniversario della morte di Dante, avvenuto nel 2021, un professore universitario di Letteratura italiana, qual è Francesco D’Episcopo, abbia voluto dare il suo contributo agli studi sul nostro maggiore poeta, con un saggio intitolato Fragilità di Dante, nel quale si evidenziano i momenti di debolezza emotiva da lui avuti nel difficile percorso del suo viaggio ultraterreno. Il lavoro si divide in due parti: Dante piange e Dante sviene. Nella prima Dante, è all’inizio del suo viaggio e trova innanzi a sé la porta dell’Inferno, che compare nel Canto III e che subito provoca in lui un forte sgomento per le parole che su di essa si leggono. Non appena varcata quella porta poi egli avverte «sospiri, pianti e alti guai», espressioni di atroci tormenti, che l’inducono al pianto: «per ch’io al cominciar ne lacrimai». Da notarsi è qui, come osserva D’Episcopo, il gesto affettuoso di Virgilio, il quale prende Dante per
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mano allo scopo di fargli coraggio. Un altro Canto della Commedia nel quale si manifesta la «fragilità emotiva» di Dante è il V, sempre dell’Inferno, che riguarda i lussuriosi, che vengono trascinati dalla bufera infernale. Qui Dante incontra Paolo e Francesca, alla quale domanda il perché si trovi in quel luogo e subisca quella pena. Ella allora gli narra dell’amore del cognato per lei, che ricambiò, andando incontro ad una subita morte. Ad ascoltare quella storia Dante è talmente rattristato da essere indotto a piangere per l’emozione e, allorché il racconto è terminato, cade svenuto, per la profonda pietà che quella storia suscita in lui: «E caddi come corpo morto cade». Continuando nella sua discesa sino al punto più basso dell’Inferno, dove si trova Lucifero e dove sarà punito in eterno, in quanto traditore dei consanguinei, anche colui che uccise Paolo e Francesca, Dante incontra (nel Canto XX) gli indovini, i quali sono soggetti ad una pena particolarmente degradante: quella della deformazione della propria immagine, essendo il loro capo rivolto non più davanti, ma all’indietro («ché dalle reni era tornato il volto»), sicché loro che avevano presunto di predire il futuro, erano ora costretti a guardare ognora soltanto dietro di sé, cioè al passato («e in dietro venir li convenia, / perché il veder dinanzi era lor tolto»). Anche qui Dante è preso da una profonda pietà, che lo muove al pianto («com’io potea tener lo viso asciutto, / quando la nostra immagine di presso / vidi sì torta / … / Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi»). E Virgilio lo rimprovera per questa sua debolezza, che può suonare come una critica della «giustizia divina». Un sentimento di profonda commozione, che l’induce alle lacrime, Dante lo prova poi in occasione del suo incontro con Forese Donati, nella sesta Cornice del Purgatorio dove i golosi scontano la loro pena, prima di salire al Cielo. La pena dei golosi, per la legge del contrappasso, è naturalmente quella del digiuno, che li fa magri, soffrendo inoltre alla vista dei saporiti frutti di un albero che li sovrasta e
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delle fresche acque di un ruscelletto che non possono raggiungere. Forese chiede a Dante chi siano le due anime (Virgilio e Stazio) che lo accompagnano e come mai compia quel viaggio nell’Oltre e Dante nel rispondergli dice: «La faccia tua, ch’io lacrimai già morta, / mi dà di pianger mo’ non minor doglia», palesando con ciò la sua pena. Un altro momento di profondo turbamento, che induce Dante al pianto, è quello che si ha nel canto XXX del Purgatorio, allorché Dante, che è giunto alla sommità del monte, nel vedere innanzi a sé Beatrice, si sente smarrito e si volge indietro per chiedere aiuto a Virgilio, che non trova perché questi l’ha dovuto lasciare, essendo pagano, all’inizio del Paradiso. Qui troverà una guida più degna nella sua ascesa verso Dio; una guida che sarà Beatrice, la quale al vederlo smarrito gli dice: «Dante, perché Virgilio se ne vada, / non pianger anco, non pianger ancora, ché pianger ti convien per altra spada». Dante dovrà infatti piangere e pentirsi per i suoi peccati, che lo condussero sulla via della perdizione, dalla quale Virgilio l’ha salvato, nella foresta oscura dell’errore in cui si trovava. Osserva D’Episcopo: «È ora Beatrice, con tono duro, a richiamarlo e a rimproverarlo, perché ad altro dovrà riservare le sue lacrime». Nella seconda parte del suo saggio D’Episcopo parla degli svenimenti di Dante, che hanno inizio nel Canto III dell’Inferno, dove lo troviamo insieme alla sua guida, sulle rive del fiume Acheronte. Qui Caronte traghetta le anime dei dannati affinché raggiungano la sede loro destinata. Spiega Virgilio a Caronte (un demone dagli occhi di brace che ha il compito di traghettare le anime), il quale rimbrotta Dante per essere entrato indebitamente nell’Inferno, che tale ingresso è stato disposto («colà dove si puote», cioè nelle Sfere Celesti) e che pertanto egli deve, senza fare opposizione, lasciarli passare, anche se Dante è ancora vivo e soprattutto non è un’anima dannata. Si ode a questo punto il boato di un terremoto e si vede una «luce vermiglia» che fanno
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perdere i sensi a Dante, il quale dice: «e caddi come l’uom cui sonno piglia». Un altro svenimento di Dante, che comprova la sua «fragilità emotiva», l’abbiamo trovato alla fine del Canto V, quello di Paolo e Francesca, dove egli, toccato nel profondo dell’animo dalla triste storia del loro amore, cade svenuto al suolo «come corpo morto». Un ultimo svenimento Dante lo ha vedendo Beatrice fissare intensamente il Grifone, che rappresenta Cristo, nella sua duplice natura, Divina e Umana. Il poeta dice: «Tanta riconoscenza il cor mi morse, / ch’io caddi vinto, e quale allora femmi, / salsi colei che la cagion mi porse». Dante cade vinto per la forte tensione che nasce in lui a causa del pentimento per i peccati commessi («Tanta riconoscenza il cor mi morse, (ch’io caddi vinto»). Ed è conquistato dalla forza e dalla bellezza della Fede. Da ultimo è opportuno ricordare che D’Episcopo, nel Capitolo introduttivo al suo saggio, muove un pensiero riconoscente ai suoi Professori Salvatore Battaglia e Giancarlo Mazza, nonché a Vittorio Russo, per il suo volume Sussidi di esegesi dantesca, dal quale molto aveva appreso. Elio Andriuoli ___________________________________ Un mosaico di Michele Frenna →
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WILLIAM FAULKNER Il cantore del Mississippi di Salvatore D’Ambrosio
E
RA il 6 luglio del 1962 e moriva uno dei più grandi scrittori del novecento. Ci avviciniamo dunque ai sessant’anni della sua scomparsa, e mi sembra doveroso un ricordo. La sua opera dilatò in molti campi: la narrativa, la sceneggiatura, la poesia, la drammaturgia. Nel 1949 gli fu assegnato il Nobel per la letteratura, per la grande valenza delle sue opere ritenute importanti per la comprensione del tessuto sociale del sud degli Stati Uniti e in modo particolare di quello in cui era nato: il Mississippi. Nacque, infatti, nella città di New Albany nel 1897 a poche decine di chilometri da Oxford, dove poi il padre, nel 1902, trasferì per motivi di lavoro tutta la famiglia. In questa città si trovò molto vicino alla natura, avendo il genitore intrapreso, tra le altre,
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l’attività di allevatore. In questa felice fase dell’infanzia imparò attraverso i racconti di una domestica i nomi di molte piante, di uccelli e soprattutto delle tante storie contadine connesse. Questo ascolto fu la prima palestra per Faulkner al racconto. Inoltre trascorreva molto tempo con il padre vicino al recinto dei loro cavalli e percorreva boschi e terre intorno alla casa, che vedeva ogni giorno sempre più impoverirsi per l’eccessivo sfruttamento. Durante questi “viaggi” all’aria aperta, aveva modo d’incontrare i lavoratori negri e soprattutto la loro umiliazione di uomini trattati come animali, senza nessuna pietà. Restò affascinato da miti e leggende della sua terra, narrate anche dalle evidenti situazioni che gli si presentavano e dai racconti del suo bisnonno, che aveva scritto e pubblicato alcuni libri di successo. Non fece studi regolari per aver abbandonato la scuola e proseguito da autodidatta. Non ostante il padre fosse amministratore e segretario dell’università non si laureò mai, a motivo della sua inquietudine. Molteplici furono i corsi che intraprese, ma dal punto di vista lavorativo non gli procurarono mai un buon posto. Solo per intercessione del padre riuscì ad essere assunto presso l’ufficio postale dell’università, ma leggeva i libri e le riviste destinate ad altri scontrandosi spesso con i colleghi di lavoro, che lo ritenevano un fannullone. Fece tantissimi altri mestieri per guadagnare dei soldi per pubblicare ciò che cominciava a scrivere. Fu così che nel 1924 diede alle stampe la sua raccolta di poesie The Marble Faun, con scarso successo di vendita. Riprese, per guadagnare qualcosa e per la passione della scrittura, le sue collaborazioni a giornali e riviste quali: Times- Picayune e The Double Dealer. Nei primi mesi del 1926 uscì La paga del soldato, che si rivelò un insuccesso e soprattutto un libro scandaloso.
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Sempre alla ricerca di conoscenze, si recava in viaggio in Europa con un amico artista e si fermava in Italia, in Svizzera, a Parigi. La sua carriera di scrittore sembrava proprio non avere successo, poiché Zanzare edito nel 1927 fu ancora una volta un insuccesso, e questa volta l’editore sospese anche il contratto che prevedeva la pubblicazione di altri libri. Ma lo scrittore non si scoraggiò, continuò a scrivere e a fare il falegname e l’imbianchino per vivere, anche perché aveva sposato Estelle, che resterà con lui fino alla fine. Diciamo che intanto Faulkner cominciava a comprendere cosa volesse leggere la gente, e si inventò la mitica contea di Yoknapatawpha, nella quale si muovevano personaggi già presenti in lui dai racconti dei nonni. Racconti di razzismo, violenza, decadenza, follia umana, rivalità tra fratelli, incesti, ogni sorta di avventure, soprattutto quelle extraconiugali, sempre attuali anche a quei tempi. Temi che caratterizzeranno poi tutta la produzione artistico - letteraria del Faulkner. Centrale nelle sue opere il disfacimento di una società, la tragedia di un popolo dedito al puritanesimo, al protestantesimo, alla libertà violenta senza rispetto di regole. Alla sopraffazione del ricco solo perché è ricco. Temi che, purtroppo anche in questo momento storico, non hanno abbandonato gli States, ne è lampante dimostrazione l’era trampiana. Sartoris del 1929 e L’Urlo e il furore dello stesso anno, rappresentano i romanzi fondanti della sua narrazione, con la centralità di famiglie borghesi e avide. La cosa interessante è che il Faulkner nello scrivere parte dal presente, per rintracciare le radici del passato. Il destino dell’individuo, in lui, si lega a quello della comunità in cui vive, dirottando il linguaggio verso un realismo drammatico. Lo scrittore si avvale, in realtà, nel montaggio della narrazione, anche di elementi comici, epici, grotteschi. Oltre che drammatici. Il male per lui è legato al bene, e la vittoria del male è un’ovvietà che per questo diventa
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un fatto comico. Continuando dunque a scrivere, incominciò a raccogliere i primi successi, come quello del 1938 con Gli Invitti. Ma continuò, a volte, anche l’indifferenza americana verso i suoi scritti, che furono maggiormente apprezzati in Europa. In modo particolare in Francia. Quasi come una dannazione tipicamente americana che colpisce gli scrittori e gli artisti in genere, cominciò a bere alcool pesantemente. Varie volte si ricoverò per disintossicarsi, ma con scarso successo. Intanto nel 1949 da Stoccolma gli giungeva la notizia dell’assegnazione del premio Nobel, che ritirerà solo l’anno successivo facendosi accompagnare dalla figlia Jill. Continuò, intanto, a scrivere molto: commedie, sceneggiature di film, articoli, saggi. Tra cui uno quasi autobiografico per la rivista Holiday (1954) intitolato Mississippi. L’alcolismo, purtroppo, lo porterà alla morte per infarto miocardico a soli sessantaquattro anni il 6 luglio del 1962. Ai primi di giugno dello stesso anno venne pubblicato il suo ultimo romanzo: I Saccheggiatori. In esso si narra, con lo stile tipico del Faulkner della frase lunga e articolata e i dialoghi inseriti direttamente nei fatti, la storia di un bambino bianco benestante e non viziato (forse il riconoscimento di se stesso) che è coinvolto in un’avventura fuori di casa che gli mostra la realtà dello Stato del sud in cui vive, con tutte le sue brutture. Storia che cambierà quel bambino, ma che sembra non aver cambiato ancora oggi quello Stato. Infatti lo stesso Faulkner ebbe a dire che anche se non tutti gli uomini del Mississippi mettono un lenzuolo bianco in testa e accendono torce nei giardini come quelli del KKK, in molti di loro vive ancora il medesimo impulso e il medesimo spirito di quegli uomini incappucciati. Ecco, è questo il danno e la dannazione di un popolo che non riesce a cambiare. Come Sartre colse la dimensione filosofica
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del suo messaggio e il significato della sua elegia, che tendeva a superare l’epos ormai ferro vecchio nelle mani di una borghesia incivilita, così si dovrebbero rileggere i suoi scritti per evitare di oltraggiare ulteriormente la coscienza di ognuno di noi di fronte alla decadenza dei sentimenti. E possibilmente bisognerebbe farlo subito, per trovare definitivamente una via di salvezza. Salvatore D’Ambrosio
È MOLTA LA DISTANZA È molta la distanza tra sorgente e foce? Trema la voce. Apro le carte: non c’è gioco tra le dita. Ho scartato con cura, ma ora è dura la legge del rimpianto. Forse ho gettato il meglio nello scarto. Pazienza, attendo che dal mazzo esca la regina, non importa di che seme. È l’ultima chance della partita; d’altronde di illusione vive la vita. Lucio Zaniboni Lecco Da: L’allegoria del vento, Nemapress Edizioni, 2021
GLI ULTIMI DIECI SECONDI Inizia il conto degli ultimi dieci secondi. Prima che arrivi il tonfo dell’anno che lascia e il frastuono di quello che viene, vorrei dirti di scappare o di inventarsi promesse nuove per fuggire dalle carabattole messe assieme dalla vanità credendo fossero delizie sparse lungo il sentiero modesto della nostra vita.
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Sdoganare le ottuse certezze, le illusioni della grande occasione cresciute nella monotonia di anni consumati nell’aria decrepita del tutto che ci è intorno. Rassegnarsi ancora alla claustrofobia del torto o continuare a restare impastoiati nell’attesa di vani desideri, con la speranza di essere protagonisti di qualcosa che darebbe la certezza di essere vittima delle frecciate altrui. Beviamo spumante dalla stessa coppa e ci baciamo sotto il vischio, ma il calendario che segna un numero in più anche questa volta ha uguale parentela. 31.12. 2021 Salvatore D’Ambrosio Caserta NON ERA UN’OMBRA Non era un’ombra quella che stanotte da dietro un vetro, con voce rotta dall’emozione cantando, timoroso fissandomi confessava il suo amore per me. Non era un’ombra quella che rispondendo al muto invito mio oltrepassava la barriera di vetro e mi veniva incontro. Non era un’ombra quella che questa notte fortemente mi abbracciava mentre gli ripetevo che sempre, fin dal nostro primo incontro l’avevo amato. E intanto dal profondo del cuore ringraziavo ardentemente Dio per l’improvviso, ma così a lungo atteso, dono da Lui a me inviato. 27 gennaio 2022 Mariagina Bonciani Milano
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LA METAFORA DEL VIAGGIO COME NAUFRAGIO EPIFANICO DELL’ANIMA IN
LE PAROLE A COMPRENDERE DI DOMENICO DEFELICE di Rocco Salerno
"
FIAT!/ Fu la Parola a riempire/ il vuoto tenebroso degli abissi/ e a dargli luce./
Fu la Parola a confortare/ l'umanità ferina delle foreste,/ dei deserti, dei ghiacci/ nei passati millenni." ("Basterà pronunciare una parola", p. 15). Basterebbero questi pochi versi per far capire come la poesia di Domenico Defelice affondi le radici in un respiro, sostrato culturale e umano, teso a ritemprare e ricreare lo spirito, in una società che sempre di più va alla deriva, una poesia impastata di dolcezze, di affetti, di sofferenze, di Luce e di Amore
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sulla scia della Genesi e del Verbo giovanneo, volta a rinverdire la psiche, una poesia onesta e solare a fronte di tante fumose architetture e sperimentalismi linguistici. "Come la Terra intorno al Sole/ l'Universo ruota intorno a Te./ Tu sei la Terra nuova e i Cieli nuovi..." ("Come la Terra", p. 43). "Libro di vita", quindi, e "Vita d'un uomo", questo, come egregiamente rileva nell’acuta e suggestiva postfazione Emerico Giachery, richiamandosi al "celebre titolo ungarettiano", da cui trasudano esperienze incentrate sul rapporto con il nucleo familiare, quello soprattutto con il padre e la madre (si vedano le accorate poesie "Dormi serena", p. 18, alla madre, e "L'allegrezza di mio padre", p. 22, e "Morte da saggio", p. 27, alla figura paterna, fortemente evocati come esempio di onestà, saggezza, dedizione al lavoro e, latamente, appunto, con la famiglia, sentita e vissuta come centro propulsore dell'Universo vitale, di valori che tendono sempre di più a sfaldarsi, in una società, come la nostra, tecnologica e robotizzata, risucchiata dal "vortice capitalista", presa dall' "ansia capitalista che ci stritola" ("Fragili insetti impazziti", pp. 31-32), con quello amicale, di cui Domenico ha sempre avuto un "culto particolare", come attestato dalle struggenti e bellissime liriche indirizzate ad amici-artisti (si vedano, in particolar modo, "A Peter Russell", p. 29, "Sei tu quel pettirosso", a Geppo Tedeschi, p. 49, e, infine, "Le parole a comprendere", da cui il titolo dell'omonima silloge, a Geremia, p. 42) che con lui hanno sempre condiviso il nobile concetto della "letteratura come amicizia" e respiro di vita, anelito all'Assoluto, all'infinito, al Divino, naufragio finale "nel mare dell'Eterno". In Defelice la Parola non è mai un gioco, un vacuo suono ("Oggi, Parola suono luce", p. 15), e in questa silloge, in cui si alternano, fondendosi, mirabilmente, ricerca poetica fondata sulla ricerca dell'essere ed esperienze esistenziali in questo perenne viaggio, come una bufera da attraversare e superare, per arrivare sereni al Porto di dolcezze, muniti della corazza della fede
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(emblematica "Presto dovrò salire al cielo", p. 75) è da notare e ricercare l'allegra, spensierata serenità, pur se, a volte, venata di dolente, pensosa e accorata "disperazione" per le prove a cui l'uomo è sottoposto e per un mondo vuoto in cui si trova, che mai però riesce a sopraffare e a incrinare l'animo cristiano" uscito sempre indenne/ da dolori e tempeste" ("Crisalide e navicella", p. 57), tanto che il testo, come una pagina aperta sull'Universo, evocato e descritto, se non dipinto, con animo francescano e pennellate poeticamente e bucolicamente virgiliane e pascoliane, può, come con acribia coglie nell'ottima prefazione Sandro Gros-Pietro, simbolicamente (allegoricamente), essere rappresentato come "un'allegria di naufragi", in quanto "il libro è un inno di esaltazione della vita ed è anche testimonianza delle tre età dell'uomo, così care ai pittori, basti pensare a Tiziano. La fanciullezza, la maturità, la senilità si alternano nelle pagine di poesia, vuoi per raccontare la vita del Poeta, vuoi i suoi amori di gioventù, il suo unico amore con la compagna della sua vita e madre dei figli, ma anche gli stessi figli e i nipoti divengono testimoni viventi del flusso eracliteo del
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tempo "(p. 8). Ma in tutto questo campionario di liriche, così corpose, autentiche, struggenti e tenere, come è dato vedere dalla Parte Prima, in cui, come già detto, si rievocano con accenti vibranti e commossi gli affetti familiari e anche gli amari stenti della fanciullezza ("A cena, pane e cicoria/ cotti in acqua di fiume/ per le nostre bocche avide./ Ognuno con la sua ciotola grigia/ seduti in cerchio sotto il fico moro./ Mio padre è stanco ed ha sempre/ le mani sanguinanti/ dal gelo e dagli sterpi screpolate;/ mia madre, attenta vivandiera, non mangia,/ sazia della nostra fame mai placata", Ricordi d'infanzia, p. 25), il paesaggio idilliaco, solare e rasserenante, l'idillio arcadico-greco-pascoliano della grande quiete lunare, della luna "come segnale di una sfera misteriosa", "come segnale di speranza fra gli uomini", come donasse "un riflesso del giorno alla notte buia e disperante", come "con i suoi fasci di luce la luna interrompesse il buio notturno e diventasse il punto di contatto non solo tra il giorno e la notte, ma anche tra la natura e il divino", "foriera l'alba in scenari notturni", la Terra vissuta come grembo materno e paterno, lascito testamentario di gioiosa operosità da raccogliere e tramandare al “sangue superstite”, come "calda eredità d'affetti" materiali e spirituali, s'erge possente, come messaggio, sull'impervia, indefessa e infaticabile strada del Sapere come ricerca perpetua dell'Essere, il desiderio del Poeta di avere perseguito un cammino inciso sul respiro della Giustizia, di aver vissuto l'esistenza come una preghiera "fatta d'un sol palpito/ potente, il primo e l'ultimo del cuore" ("Vita effimera ma intensa", p. 61), di essersi sentito Poeta della speranza, della dignità, dell'Essere disdegnando l'Avere, le smodate ricchezze ("..."Non ho Suv, né iPhone, non iPad./ Niente prebende, non sono cavaliere./ Vesto modesto, non ho conti in banca,/ non ho la villa con la piscina./ La bellezza mi incanta alla mia età/ ed ancora la donna!./ Ho del poeta la dignità.", "Del poeta la dignità ", p. 47), di
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essersi sentito in armonia, ungarettianamente, "una docile fibra dell'universo", anche se a volte, guardando "dall'alto" era "tutto diverso" e lo disorientava "il mondo nuovo", e di anelare al Cielo, ora, nel tempo della senescenza, e di volersi ricongiungere con il Creatore di tutte le cose. Mirabile, a questo proposito, è la lirica "Presto dovrò salire al cielo", che si trascrive integralmente per l'icastica e folgorante bellezza, per l'intensità e la forte carica religiosa, intrisa, appunto, di un anelito divino, come quello del primo uomo nel Paradiso, nell'Eden a cui si brama ritornare. "Guardavo il cielo/ e l'orizzonte era sempre lontano./ Oggi guardo la terra/ e l'orizzonte tocco con mano./ Presto dovrò salire al Cielo./ Attacca, allora, o Dio, le ali/ ai miei talloni stanchi/ e della terra che con me trasporto/ fanne nobile strame/ pei tuoi celesti e sterminati campi". (p. 75) È da questo grido, "affilato stiletto", di una vita consumata all'insegna della Giustizia ("Commosso mi hanno l'amicizia e l'amore;/ l'ipocrita, il corrotto, il violento/ mi hanno ferito mortalmente al petto", "Come le foglie del pioppo", p. 35) che nascono le liriche della Parte Seconda, Terza e Quarta, intrise di una tagliente e mordente ironia, tesa a fustigare l'arrivismo, l'opportunismo, lo sfrenato egocentrismo e narcisismo, il Super Io, la Politica, il malsano e imperante capitalismo e l'infido "Lievatano Stato che vuole tutto inghiottire/ nella macchinosa congerie/ della sua burocrazia inesorabile", come avrebbe urlato il compianto Dario Bellezza, per poter riportare l'umanità traviata, nel senso lato della parola, sulla retta strada, tenendo sempre alto, come un veliero ("veliero fiorito il mio balcone", p. 62) o una stella, l'imperativo poetico e morale dantesco: "Fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguire virtute e canoscenza" ("Il tuo ruolo nel teatro del mondo", p. 53). Tutto questo, in definitiva, in uno stile, a volte dimesso, affabile, colloquiale, trasognato, altre volte, alto, aulico, e, infine, sarcastico e forse anche "irriverente", per quell'assunto basato sull'onestà, sulla dignità, sulla sincerità, sulla franchezza,
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peculiarità che hanno sempre contraddistinto l'operato umano e poetico di Domenico. Proprio, come nella chiusa della straordinaria prefazione, stigmatizza sempre lo stesso Sandro Gros-Pietro: "Lo stile franco, aperto, amichevole e incantato di Domenico Defelice resta una delle esperienze più serene, briose e feconde della poesia italiana di questi tempi, per la gioia che trasmette verso i valori fondanti della vita, in primo luogo gli affetti e le amicizie, e per il coraggio e la profondità di cui dà mostra nel riflettere sulla brevità e sull'effimero della condizione umana, senza perciò mai lasciarsi andare ad avere atteggiamenti lacrimosi, imploranti o rancorosi verso la sorte che incombe su tutti noi", quanto piuttosto tesi al Cielo, alla Terra Promessa. "Crisalidi noi siamo per l'Eterno,/ celesti praterie ci attendono" (p. 56) o: "Di me tutto già scritto è nel Tuo Libro./ Quando hai deciso, aspirami./ Salvami dai perigli/ nelle peripezie/ dell'oscuro viaggio./ Fammi giungere in pace/ e fiori fammi coltivare/ nelle Tue luminose praterie." ("Quando hai deciso, aspirami, p. 38) o, come si evince ne "L'estremo viaggio", l'anelito a indiarsi della stessa Divinità, dello stesso Soffio Divino, fino a trasfigurarsi, sfiorare, essere "il pensiero di Dio", appunto, la celeste Epifania: "Anche noi verremo risucchiati,/ pulviscolo spregevole,/ se lievi non saremo più che luce/ puri e candidissimi/ sì da sfiorare il pensiero di Dio" (p. 82), essere la Luce, per ritornare all'incipit di questo scritto, e come già presagiva Domenico Defelice in quella splendida preghiera "Canto a Dio" in " Resurrectio" ("Viaggio nel dolore") (Torino, Genesi Editrice, 2004, interventi di Vittoriano Esposito, Maria Grazia Lenisa e Sandro Gros-Pietro): "Se degno non sarò della Tua luce,/ non accecarmi con le tenebre./ Lasciami al pie' del colle/ riverberato/ da un raggio del Tuo volto./ Che non sia buio pesto./ Altro non chiedo. " una poesia-salmodia, una Luce "tesa all'Eterno Bello del dopo". Rocco Salerno Domenico Defelice: Le parole a comprendere, Genesi Editrice, 2019, pagg. 140, €14,50
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“VOLLI, E VOLLI SEMPRE…”
IMPERIA TOGNACCI E “LA SPECULAZIONE ESTETICA E SIMBOLICA NELLA POESIA DI VINCENZO ROSSI” di Gianni Antonio Palumbo una monografia agile e pregevole quella che la scrittrice e saggista Imperia Tognacci ha dedicato a Vincenzo Rossi, scrittore nato a Cerro al Volturno, dapprima pastore e poi, dopo il conseguimento della laurea in Lettere, docente e dirigente scolastico, scomparso nel 2013. Il volume Volli, e volli sempre… La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi è stato edito da Genesi dopo aver ottenuto la “Dignità di Stampa saggistica” nel corso dell’edizione del 2020 del prestigioso premio I Murazzi, indetto dall’Associazione culturale Elogio della Poesia. L’autrice, Imperia Tognacci, originaria di San Mauro Pascoli, poetessa e narratrice di
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lungo corso sulla cui opera numerosi critici hanno espresso il loro apprezzamento, non è nuova al genere saggistico. Ha infatti più volte rivolto la propria attenzione all’opera di Giovanni Pascoli, pubblicando, tra l’altro, nel 2002 una monografia con le Edizioni del Centro studi letterari “Eugenio Frate”. Il volume su Vincenzo Rossi è seguito da una lucida postfazione di Francesco D’Episcopo, che si apre con la constatazione, confermata dal bel libro della Tognacci, dell’efficacia della cosiddetta “critica degli scrittori”. Lo scritto di Imperia Tognacci si segnala infatti per la finezza della lettura e per il pregio di uno stile elegante e limpido al contempo, che non perde mai di vista il fine della chiarezza comunicativa. L’opera è suddivisa in sette capitoli, consacrati ad aspetti differenti della riflessione esegetica. Il primo traccia un profilo di Vincenzo Rossi, mirato a cogliere l’essenza dell’uomo e del poeta, precisando l’intento di non procedere in ordine cronologico nella rassegna delle opere dell’autore, ma semmai di voler fornire una descrizione caratterizzante della sua produzione lirica. Emerge subito il profondo senso della natura di Rossi (condiviso peraltro dalla stessa Tognacci poetessa; basti citare, in tal direzione, lo splendido Prigioniero di Ushuaia), alimentato da “gli eterei orizzonti delle diverse visuali del suo Citerone”, dai primi anni della sua esistenza trascorsi en plein air, dalla capacità innata di “far germinare nei suoi scritti le voci di tutte le creature che popolano il silenzio e la pace dei monti e delle valli della sua terra, il Molise”. Fondamentale appare per Rossi la dimensione della solitudo, quella medesima solitudine che per Petrarca era vivificante se animata dai libri e che, anche per Rossi, diventa – a contatto con la Natura – occasione di autoauscultazione per sondare le profondità dell’uomo interiore. Nel secondo capitolo, emerge l’attitudine all’impressionismo del Nostro, in uno stimolante confronto con le caratteristiche del fanciullino pascoliano. Il terzo focalizza il tema dell’antropomorfismo, evidente perfino nei
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titoli delle principali raccolte; ne costituisce un esempio – su tutti – Respiro dell’Erba/Voce delle Rocce. In una ripresa della tensione al sublime inferiore, tutte le creature, vegetali e animali, per il poeta assurgono a dignità altissima; egli si china a cogliere il respiro sommesso riveniente da un filo d’erba, così come a cantare il toro nel momento in cui si sottrae al ruolo di vittima sacrificale nell’insano divertimento popolare della corrida. Il quarto capitolo innesta lo scrittore nel quadro del pensiero esistenzialista, in virtù della fitta meditazione sul vivere dell’uomo, sul suo percorrere una terra a tratti non priva di eliotiana desolazione e sulle sue aperture alla dimensione metafisica, nel confronto con l’eterno mistero del morire e del destino ultimo di ciascuno. In tal direzione procede anche la riflessione del quinto capitolo, “Dalla visione cosmologica alla ricerca escatologica”, che cede poi il posto alla trattazione, nel sesto (“In Veneris umbra”), della tematica amorosa, la quale fornisce l’occasione a Tognacci per poter accennare alla rilevante attività di traduttore condotta con passione dal Rossi, seppure in seconda battuta rispetto alla scrittura poetica e saggistica. Anche qui emerge il legame di Rossi con la componente archetipica, per cui l’autrice non manca di evidenziare che talora il poeta rappresenta “La donna come terra fertile, piena di radici e di piante”. Nel capitolo conclusivo, emerge con forza il profetismo di questo scrittore. Egli si adopera perché, a dispetto dell’apoteosi di un progresso brandito come vessillo dall’homo technologicus, l’umanità sappia resistere alla tentazione disumanizzante e cessi di ferire la terra. Peraltro, la Tognacci non aveva mancato di considerare, già nel corso della trattazione, la presenza, in Rossi, della frequente apertura a un panismo di segno ben differente da quello estetizzante e musicale di D’Annunzio. Un panismo cosmico, vertigine dell’infinito. Insomma, ci troviamo di fronte a un lavoro
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che si segnala per i molteplici pregi. La monografia inserisce un significativo tassello ai fini della conoscenza di uno scrittore che merita maggiore attenzione da parte del panorama critico nazionale. La poesia di Rossi, infatti, ha il pregio di un nitore formale e di un’intensità espressiva che conferiscono grande vigore alla vibrazione di sdegno di una voce innamorata del creato e delle sue creature, al cospetto della hybris dell’Uomo autoelettosi a Dio. Una voce che si leva con energia in versi come “Nel respiro della notte / ho sentito il grido della terra / lanciarti contro i suoi sassi / l’inafferrabile potenza del suo fango” o ancora “O montagna dalle dita abbrunate / accogli nei tuoi orecchi di pietra / questo canto purificato dal tuo spirito / io raccolsi la tua voce che gridava”. Se il silenzio è dimensione necessaria perché s’innesti nel cuore l’ascolto delle voci cosmiche, Tognacci raccoglie il canto di Rossi e lo offre con cura al lettore, rivelandone le matrici interiori, le intertestualità, le occasioni di incontro con la Poesia. Tutto questo con la spiccata sensibilità che la comune dedizione all’Arte dischiude. Gianni Antonio Palumbo
I FIORI DEGLI ULIVI Non vedevo i fiori degli ulivi distanti, forse distratti, i miei occhi. Guardavo nodosità e grigiore di rami schivi: “Nel tormento dei tronchi piangono plebi contadine” e parlavo di arsure, di umiliati sudori. Si alzava la luce dei susini, sui mandorli posava la gloria. Io scoprivo metafore all’angoscia e non vedevo nel cuore degli ulivi mondi segreti di minuscoli fiori. Ada De Judicibus Lisena Da: Omaggio a Molfetta, Ed.Nuova Mezzina, 2017
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Intervista al Direttore Saggista, Scrittore, Poeta, Critico d’arte e letterario, Giornalista
Domenico Defelice a cura di Isabella Michela Affinito
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omenico Defelice è nato il 3 ottobre 1936 (sotto il Segno della Bilancia) – il nome è lo stesso del fratellino che lo ha preceduto e morto dopo pochi giorni di vita, cosa avvenuta anche per i due artisti internazionali, Salvador Dalí e Vincent Van Gogh, d’assumere i nomi dei fratelli deceduti prima della loro venuta al mondo – ad Anoia, provincia di Reggio Calabria, da genitori contadini. S’è fatto largo nel mondo intellettuale con le sole sue forze, ‘combattendo’ ogni giorno da vero uomo del Sud, di quella “Aspra terra” che gli ha conferito sicuramente un’indole inflessibile e sopportatrice d’ogni genere d’intemperia esistenziale. Mentre svolgeva altri lavori perlopiù manuali (per mantenersi economicamente) partecipava ai Concorsi statali o comunque per
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trovare un lavoro stabile e al contempo scriveva poesie, recensioni letterarie, dipingeva, collaborava con redazioni di testate, per tre lustri è stato giornalista del quotidiano “Avvenire”. A Roma, sua città d’adozione, si è stabilito nel 1964, poi, definitivamente nel 1970 a Pomezia, e qualche anno dopo è nato il suo mensile letterario “Pomezia-Notizie”, «[…] “creatura di carta” (ne è fondatore e Direttore dal Luglio 1973) come egli stesso ama definirla, un’opera promozionale d’arte e cultura che non ha colore, né bandiera, né padroni, e che si dispiega unicamente nel coraggio dell’obiettività e nel rispetto della sacralità dell’informazione. (Dal libro-tesi di laurea di Claudia Trimarchi, “La funzione catartica e rigeneratrice della poesia in Domenico Defelice”, Il Convivio Editore di Catania, Anno 2016, pagg. 94-95). Ha pubblicato moltissimo tra sillogi di poesia, saggi monografici, in prosa, articoli vari, testi teatrali e innumerevoli critici si sono occupati della sua produzione letteraria per editare altrettanti saggi a lui dedicati, tra cui Orazio Tanelli, Sandro Allegrini, Leonardo Selvaggi, Tito Cauchi, Anna Aita, Aurora De
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Luca, Claudia Trimarchi, Eva Barzaghi, Manuela Mazzola ed altri ancora. Nel 2006 la rivista IPTRC (The International Poetry Translation and Research Centre / The Journal of World Poets Quarterly - Multilingual – della Cina), ha avanzato la sua candidatura al Premio Nobel. Le sue opere letterarie sono state tradotte in inglese, francese, russo, spagnolo, portoghese, cinese e coreano. 1) Durante la Sua infanzia ad Anoia, in provincia di Reggio Calabria, c’è stato un avvenimento drammatico in particolare, che ha suscitato in Lei qualcosa che poi, successivamente, l’ha spinta ad intraprendere la strada del giornalista, anche se prima di diventare tale Lei ha svolto mille altri lavori? Le ho posto questa domanda perché a volte un fatto accaduto quando si è ancora ragazzini può fortemente influenzare il nostro avvenire. Ecco, ad esempio, è accaduto al medico di Napoli del Primo Novecento, divenuto anche santo, Giuseppe Moscati (1880-1927), che ha scelto la
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strada della medicina poiché aveva assistito alla morte di un fratello, lo aveva visto troppo soffrire. Non so, forse la violenza e la miseria intorno a me, nella mia infanzia, la prima – non sempre, però – conseguenza della seconda. Mi sembrava assurdo, inaudito, che pure per ottenere un certificato anagrafico, abbisognasse rivolgersi al capobastone, al delinquente del paese. Mio padre, di ritorno da Roma, dove aveva vangato gratis, per amicizia, l’orto di un dottore che, quando io avevo appena quattro mesi, aveva operato mia madre, ha portato una vecchia radio, regalatagli, attraverso la quale, finalmente, potevo ascoltare, incantato, le notizie; narravano per lo più di violenza. Mi attraevano, in particolare, le inchieste giornalistiche, che permettevano di scoprire e punire delitti d’ogni genere e pensavo che solo scrivendo e denunciando si potesse porre almeno un freno – non già la fine – ai tanti soprusi, alle tante angherie. Sogno esaltante, ma sogno; non capivo ancora che il delinquente vero, intelligente, in giacca e cravatta - non la povera e ignorante pedina -, andava acquistando sempre più una faccia di gomma, contro la quale tutto rimbalza senza scalfirlo, specie quando si parla e si scrive in generale, con la nota, il saggio sociale, come spesso accade. Ho incominciato, allora, a scrivere “articoli”, inviandoli qua e là, ma le Testate non erano disposte ad accettare gli sfoghi di uno sconosciuto e men che mai se in essi c’erano nomi e cognomi, per paura di venire denunciate o di subire vere e proprie violenze. Impresso ho avuto sempre nella mente il fotogramma di un pomeriggio quando, con un gruppo di ragazzi, a largo San Giacomo del mio paese, stavo dando calci a un pallone di stracci. Sentimmo improvvisamente urli e pianti disperati di donna in una casa vicina e qualcuno gridare che il padre di uno dei ragazzi era stato trovato assassinato a lupara davanti al cancello del suo orto. Dopo anni, finalmente, collaborando a una Testata, da Roma, a me e ad altri tre giovani praticanti è stata affidata una inchiesta sulla violenza ed
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io mi son limitato alla Calabria. Ho potuto contare, in un anno, più di ottocento morti ammazzati. Alla base del mio lavoro giornalistico ci sono stati sempre temi sociali. Hanno origine da quel lavoro d’inchiesta – elaborato, poi, in forma anonima dalla Testata - le liriche de La morte e il Sud (Defelice Editore, Roma, 1971), silloge che ha ottenuto un bel successo, una traduzione in spagnolo dal poeta Nicolás del Hierro (revisione della traduzione di Roberto Carmona) e per la quale si è scomodata persino La Fiera Letteraria (23 luglio 1972), allora la Testata più di prestigio: “Un titolo come La morte e il Sud – scrive Jolanda Insana – è facile che respinga per l’ancestrale carica aggrediente e perché suggerisce una frusta geografia di luoghi comuni. Ma se un tale libro si apre e si legge, non è escluso che si possano scoprire una forza autentica, un sapore fresco, l’antico ritmo cantante e accattivante da cantastorie. È, appunto, quello che ci è accaduto con una decina di poesie di Domenico Defelice (lui stesso editore), un giovane calabrese di Anoia che da anni vive a Roma, ma sempre più legato al fascino dei profumi, dei colori e delle stagioni della sua terra, con la quale il rapporto appare maggiormente potenziato dalla lontananza.//Il mondo di Defelice non è fatto di imprevisti; è un mondo violento e primitivo, dove la vendetta vuole altra vendetta e l’odio nutre odio con la stesa intensità dell’amore. I dati realistici e figurativi, per buona parte di repertorio, non certo di oggi, sono svolti sulla traccia delle cadenze dei canti popolari, con una felicità espressiva che saremmo tentati di ritradurre in dialetto”… 2) Lei al sopraggiungere di notizie scioccanti, dolorose, ha subito reagito con pubblicazioni al riguardo, così come fece
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la celebre giornalista fiorentina Oriana Fallaci – deceduta nel settembre 2006 – all’indomani della caduta delle Torri Gemelle con la sua opera La Rabbia e l’Orgoglio, a cui seguì La Forza della Ragione. Oppure, come fa il giornalista televisivo Bruno Vespa che la sera stessa di eventi altisonanti, come quella del voto politico nazionale, apre il sipario della sua oramai storica trasmissione "Porta a porta “con la sigla musicale tratta dal film colossal “Via col vento “, su Rai 1 in prima o in seconda serata con il suo moderato talk-show. Nel 2009, un mese dopo la morte della sfortunata ragazza Eluana Englaro, che fino a quel momento era stata tenuta in vita artificialmente a seguito di un incidente sulla strada in cui entrò in coma, Lei ha scritto e poi divulgato il dramma in tre atti dal titolo “Silvina Olnaro“, pseudonimo potremmo dire del nome e cognome della ragazza realmente deceduta, perché subentrò la legge sul fine vita, ovvero cosa era lecito o non lecito fare con i pazienti in coma da anni. Lei con questa opera teatrale di genere drammatico ha riaperto, o meglio ravvivato il dibattito sulla vita umana fino a quando è possibile considerarla ancora degna di essere vissuta. La sua notevole formazione di 15 anni in un giornale cattolico quale ‘Avvenire’, Le ha dato di scrivere, da persona che difende la vita, su questo argomento così scottante. C’è qualcosa però che avrebbe voluto dire, aggiungere e non ha ancora detto su questo? Certi avvenimenti e certe notizie sono state sempre per me scioccanti, come lo è stata la triste vicenda di Eluana. Comprendo benissimo i drammi del soggetto e dei parenti, in particolare dei genitori, ma non sono mai riuscito ad accettare che una madre o un padre possa decidere di staccare la spina alla quale è legata l’esistenza, su questa terra, anche se in forma quasi larvale, di una propria creatura. Io non condanno, né giudico, perché li comprendo, ripeto, e perché non è dato
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all’uomo giudicare e condannare. Con la misura che misurerete - afferma Cristo nei Vangeli - sarete misurati. Per me è quasi un contro natura collaborare alla sparizione di qualcuno dalla faccia della terra, qualunque sia il suo stato vitale. Capisco, ma non condivido. Perché ricordo anche, Carissima, che più di una volta, dopo anni e anni, quando nessuno ormai avrebbe più sperato, si sono verificati autentici miracoli: il risveglio, cioè, di ammalati e incidentati che si ritenevano irreversibili. C’è di più; c’è che altri si erano offerti a prendersi cura dell’assistenza a Eluana, non ascoltati dal padre della povera ragazza, ormai intestardito a staccarle la spina. Ripeto ancora: comprendo, ma non condivido. Di situazioni Eluana ce ne sono milioni nel mondo; ne accenno due, anche se non uguali, similari: quelle dei campioni Mike Schumacher e Alex Zanardi; non mi sembra che i loro parenti abbiano mai deciso, o siano sul punto di decidere, lo stacco delle spine. 3) Se Lei non fosse nato nella regione Calabria, bensì nell’Italia industriale del Nord, Le sarebbe mancato qualcosa in senso caratteriale e che cosa? Il tenace temperamento, la volontà di chiarezza, la mentalità di superare gli ostacoli d’ogni tipo – basti leggere il Suo libro Diario di anni torbidi per sapere quanti mestieri, anche di fatica fisica, ha svolto prima di diventare ciò che è diventato – il senso alto della giustizia che ha dimostrato come scrittore, come direttore giornalista del mensile letterario “Pomezia-Notizia” dal 1973, come poeta, come saggista e quant’altro; ebbene, la dimensione del Sud, in Lei così radicata e discussa, venendo a mancare Lei sarebbe stato un altro Domenico Defelice più avvantaggiato che avrebbe magari voluto essere, oppure l’indole non cambia ovunque si nasca nel bene o
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nel male di un territorio? In generale, sono anch’io del parere, così come tu dici, che “l’indole non cambia ovunque si nasca”. Comunque, è indiscutibile che chi nasce al Sud è svantaggiato rispetto a chi nasce al Nord. Lo svantaggio, paradossalmente, sta già nel termine: Sud, sottomesso. “…termine che significa sotto – scrivevo nel 1986 (L’orto del poeta, Edizioni Le Petit Moineau, Roma 1991) -, non solo geograficamente. Sud è arretratezza, miseria, sfruttamento, persecuzione, mistificazione, abbandono… Quando tizio decide di stabilirsi in un posto, farebbe meglio di dare prima uno sguardo alla carta geografica e allontanarsi, poi, il più possibile, dalle zone denominate sud – proseguivo sarcastico -. Di più. I genitori, prima di procreare, farebbero bene a seguire a puntino il suddetto consiglio. Una nascita a “Sud” per un bambino potrebbe essere già ipoteca d’infelicità e di miseria. Italia del sud, povera e infelice rispetto a quella del nord. Europa del sud, più problematica e misera di quella del nord. America settentrionale ricca e prosperosa rispetto a quella meridionale… In genere persino nelle città la parte del nord è più lussuosa, agiata e bella di quella denominata sud. Guardate Pomezia: a nord industrie, strade alberate, abitazioni discrete o di lusso, negozi ricchi, vetrine luminose; a sud campagne bruciate, case abusive e modeste, strade sconquassate, industrie assenti o insignificanti, ma, in compenso, due cimiteri, in uno dei quali – quello tedesco – dorme più gente di quella che racchiude l’intera città… Un destino cinico e misterioso pesa su tutto ciò che rientra nel termine Sud e anche il fisico umano sembra soggetto alla stessa legge: in alto, il cervello, il comando, l’intelligenza; in basso, a sud, mani per lavorare, piedi per camminare in questa
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valle di lacrime e due buchi per scaricare rifiuti puzzolenti. Ma, mi direte, e il piacere? Il piacere è legato al cervello. “Sud”, parola maledetta, fonte d’infelicità”. Il fatto è, Carissima Isabella, che il Sud continua ad essere considerato, dal Nord, una sua colonia, da sfruttare e da invadere con i suoi prodotti e i suoi manufatti: un qualunque mercato, e tale deve rimanere, non luogo facente parte dello stesso corpo e degno di possedere gli stessi privilegi, di riscattarsi. L’annessione Sud da parte del Piemonte è stata sempre in questi disastrati e indegni termini, sebbene il Sud fosse, allora, ricco e prosperoso e pieno di grandi ingegni. Il declino del Sud ha inizio con l’annessione ed è andato sempre peggiorando, perché politica ed economia hanno sempre voluto e vogliono ancora così. Già, perché anche oggi le cose vanno e debbono continuare ad andare nel verso sbagliato. Al Sud, per esempio, non ci sono grandi case editrici, perché quelle del Nord non lo permettono; il Sud fa parte del loro mercato. Pensa, Isabella, alle antologie che da sempre si pubblicano: son quasi totale appannaggio di scrittori e poeti del Nord. Lo hanno sempre dimostrato scrittori e poeti come, per esempio, Francesco Fiumara, Fortunato Seminara. L’argomento, il tema, non è per niente vecchio e superato e basta prenderne una qualunque, tra quelle pubblicate a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso fino ai nostri giorni, per rendersi conto quanti poeti e narratori meridionali siano del tutto ignorati. La questione – quando ero giovane già ampiamente dibattuta su La Procellaria - c’era, c’è e resterà ancora a lungo e sarebbe semplicemente cieco e sordo colui che caparbiamente continuasse a ignorarla. Da tutto ciò, Carissima, è assodato che il nascere a Nord o a Sud ha un differente peso. 4) All’epoca, sono trascorsi diciotto anni, del crollo delle Torri Gemelle di New York, si accese una polemica a livello mondiale sull’evento che vide in prima linea la compianta straordinaria giornalista fiorentina Oriana Fallaci con l’uscita del suo
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libro-sfogo La Rabbia e l’Orgoglio. Accanto a Lei un altro giornalista corrispondente per trent’anni in Asia del settimanale tedesco Der Spiegel, Tiziano Terzani, morto nel 2004 nella sua Orsigna in Toscana, lanciò il suo grido di scrittore verace con il libro Lettere contro la guerra, un modo per farci capire che «Il mondo non è più quello che conoscevamo, le nostre vite sono definitivamente cambiate. Forse questa è l’occasione per pensare diversamente da come abbiamo fatto finora, l’occasione per reinventarci il futuro e non rifare il cammino che ci ha portato all’oggi e potrebbe domani portarci al nulla. Mai come ora la sopravvivenza dell’umanità è stata in gioco. (Dal libro Lettere contro la guerra di T. Terzani, Longanesi di Milano, Anno 2002, a pag. 23). Tra i due portenti italiani del giornalismo internazionale, Fallaci e Terzani, all’epoca dei fatti newyorchesi, chi avrebbe preferito per lo stile letterario con cui spiegarono gli scenari mondiali modificati dal drammatico episodio? È sempre crudele e indelicato fare scelte, indicare preferenze; entrambi i giornalisti, poi, son veramente da ammirare per stile, impegno, capacità organizzative e chiarezza del racconto e della cronaca; sì, la linearità del discorso, la semplicità della narrazione senza retorica, senza enfasi e senza artifici. La spontaneità, l’attaccamento al “mestiere” per certi aspetti impareggiabile. Pure, il mio cuore è per la Fallaci (di Terzani, confesso, ho letto poco). La leggo ancora oggi con immenso trasporto (le ultime sue cose, da me riprese e lette e che tengo in evidenza sulla scaffalatura dietro la mia scrivania, sono Un uomo e Quel giorno sulla luna, entrambi edite dalla Rizzoli) e se non la colloco al pari del vero maestro per me: Indro Montanelli, è perché
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il dettato dei due è assai diverso e per certi aspetti non accostabile. Anche di Montanelli ho letto parecchio e conservo, in particolare, la sua monumentale Storia d’Italia (più di cinquanta volumi editi dalla Fabbri). Sia alla Fallaci che a Montanelli, Pomezia-Notizie ha doverosamente dedicato copertine, a Lei, per esempio, quella del febbraio 2015 e quella dell’agosto 2009 a Lui. La Fallaci mi coinvolge in specie per il piglio, la passione, il coraggio, qualità che non sono mancate neppure a Montanelli, che ho conosciuto di persona a Roma a un convegno per il Quotidiano in Classe; ricordo che a Lui è piaciuto l’esile mio volumetto dei Dialoghi all’esca: “…ho sfogliato con curiosità ed interesse l’<opuscoletto> che – soprattutto per la forma – ho trovato originale. I dialoghi dei personaggi mettono in risalto una ricerca di linguaggio molto accurata, che esce particolarmente in “Calabria sotto processo”. Il tutto esalta storie che rispecchiano la società odierna; storie tristi e purtroppo ricorrentissime, come può verificare ogni giorno anche sulle pagine del nostro “Giornale”. La sua preziosa lettera in proposito, oggi dovrebbe trovarsi nella biblioteca di Anoia (RC), facente parte della donazione di libri e materiale documentario da me effettuata nel marzo del 2009 su richiesta di quella Amministrazione.
5)
Come si è sentito quando su di Lei sono nate le tesi di laurea prima ad opera della dottoressa Eva Barzaghi, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Tor Vergata di Roma e resa edita dall’Editrice Totem nel 2009 dal titolo Domenico Defelice: introspettivo coinvolgimento poetico-letterario dell’animo umano e, più tardi nel 2016, la pubblicazione dell’altra tesi di laurea, Aspra terra e creazione fertile nell’opera di Domenico Defelice dell’Edizioni Eva, a cura della dottoressa in Filologia Aurora De Luca?
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Alle due tesi, da te ricordate, è da aggiungere quella, dello stesso anno della De Luca, di Claudia Trimarchi: La funzione catartica e rigeneratrice della poesia in Domenico Defelice, edita da Il Convivio Editore nel marzo del 2016. Come vuoi che mi sia sentito: contento, certo, ma dubitoso che io passa meritare tanti elogi, perché non mi sembra di aver fatto cose eccezionali se non quella di amare la cultura e sforzarmi di divulgarla, aiutando pure, attraverso le pagine di Pomezia-Notizie, molti a fare altrettanto e a non sentirsi scoraggiati, viste le difficoltà ad accedere alla collaborazione su molte testate che, spesso, chiedono anche forti somme di denaro. Pomezia-Notizie ha sempre lasciato che ci si abbonasse spontaneamente e spontaneamente la si aiutasse avendone possibilità e voglia. Maria Grazia Lenisa soleva dire che io ero uno scopritore di talenti, in quanto ho dato fiducia e possibilità di proseguire a tanti giovani. Le
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tesi, dunque, mi hanno reso contento, ma non inorgoglito, dall’orgoglio essendomi tenuto sempre lontano (“Prima che mi aggredisca,/decapito l’orgoglio appena nato”, scrivo in Le parole a comprendere, Genesi Editrice, 2019). Contento e grato sia alle giovani e belle autrici e ai relatori, il Prof. Carmine Chiodo, il prof. Rino Caputo. 6) Lei in più di un’occasione è stato anche un attento e moderno drammaturgo, dove la trama delle varie rappresentazioni sceniche non è stata come nel teatro dell’Assurdo come lo intendeva il Premio Nobel Samuel Beckett (1906-1989), e cioè che non c’erano conclusioni e nemmeno un filo conduttore; bensì la Sua modernità sta nel fatto che le Sue storie ricalcano la nostra quotidiana società, certi accadimenti che hanno lasciato e lasciano il segno nelle nostre coscienze e infatti al termine dei testi, che vanno oltre la semplice rappresentazione teatrale, si rimane a riflettere non poco. Così è stato in Dialoghi all’esca del 1989 e soprattutto nel più recente dramma in tre atti Silvina Olnaro del 2009. Lei pensa che per fare giornalismo più ampio sia necessario anche essere un po’ registi di un determinato avvenimento eclatante, a tal punto da ‘ricostruirlo’ punto per punto per farlo scorrere non attraverso le righe di un giornale o di una rivista, ma sul palcoscenico di un teatro, vero o immaginario, dove i testi lasciano trasparire i pensieri e i commenti di chi ha ideato l’opera?
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A uno come me, che si è sempre prodigato per la chiarezza del dettato e l’onestà della narrazione, non può piacere il teatro dell’Assurdo. Le trame dei miei lavori teatrali sono semplici e dirette, a volte anche ingenue, ma perché tendono ad essere comprese da tutti, tutti essendo protagonisti e responsabili di bene e di male, non soltanto gli intellettuali impegnati, i professionisti della informazione e della comunicazione, l’orto privilegiato, il recinto ristretto che si arroga ogni capacità di penetrare l’arcano e di dare la vera interpretazione del messaggio. Sono stato sempre del parere che, se vogliamo educare, il nostro dire non deve dare adito a equivoci, avere ombre, ma essere il più lapalissiano possibile; senza dimenticare, poi, che difficile non è esprimersi ingarbugliati e oscuri, ma chiari e semplici. Tutti i fatti di cronaca possono suggerire opere teatrali; l’autore, naturalmente, sceglie quelli che in quel momento lo colpiscono e che crede possano essere più vicini al sentire comune. Non occorre, però, portare tutto sul tavolaccio per essere efficaci, per fare, come tu dici, “giornalismo più ampio”. Ne sono dimostrazione tanti e tanti articoli, saggi e dossier che sul tavolaccio non ci sono mai finiti e che pure hanno segnato momenti di alto giornalismo italiano e mondiale. Il teatro, però, è sempre più diretto e coinvolgente, per il semplice motivo che chi vi assiste non può che immedesimarsi nel personaggio recitante, nella figura di carne e ossa come lui che recita sul palco; se la vicenda interessa, ognuno di noi si sente rappresentato, a volte ci si sente coinvolti quasi fossimo noi stessi a partecipare al dramma, alla farsa, alla commedia. Per tutto questo, il teatro è spesso più efficace del cinema, dove si fa più fatica a identificarsi con la realtà, a estraniarsi dalla finzione.
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7) Lei nell’anno 2000 ha dedicato un corposo saggio, de La Procellaria Editrice, al compianto direttore Francesco Fiumara, anche lui d’origine calabrese. Nella vostra lunga, solida amicizia d’ambedue direttori di riviste letterarie, cosa vi accumunava e cosa vedevate, invece, in maniera differente? Del caro Francesco Fiumara ho ricordi indelebili e un affetto quasi filiale. L’ho conosciuto da studente del “Piria” di Reggio Calabria, allorché ho avuto il coraggio di andare a trovarlo nella sua casa, allora, del Rione Schiavoni. Ricordo l’incontro memorabile nel saggio Eleuterio Gazzetti (Editrice Pomezia-Notizie, 1984): “Un pomeriggio del novembre del 1957 – abitavamo, allora, a Reggio Calabria – siamo andati a trovare Francesco Fiumara, il direttore de La Procellaria, una delle più belle riviste (…), di ispirazione socialista, ma imparziale nel tenere “accesa la fiaccola della ribellione contro la disparità, l’ingiustizia, l’asservimento (…) anche nel campo letterario e artistico”. Eravamo emozionati. Da poco avevamo ricevuto il numero dieci dell’antologia Nuove voci compilata a cura di Maria Busillo e stampata dalla suddetta rivista, nella quale era inserita la nostra prima raccolta di versi [Piange la luna] – appena dieci liriche! -, ricca solo d’ingenuità, come l’autore. Fiumara abitava nel Rione Schiavoni, sopra una collina degradante su piazza De Nava e il Museo della Magna Grecia, di fronte allo stretto di Messina, incendiato – a quell’ora – dal tramonto, simile a colata lavica di quell’Etna alto e canuto che sull’altra riva troneggiava come mitico dio. Fiumara era seduto dietro una piccola scrivania, in una stanza poco illuminata. Erano con lui Ernesto Puzzanghera,
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Gerolamo D’Addio e Franco Saccà. Quest’ultimo abitava pure in quel rione, a due passi dal Fiumara, in una casa “impossibile” – come l’ha definita Solange De Bressieux in una lettera rievocando un suo incontro col poeta reggino. Dopo le presentazioni, Fiumara e gli altri ripresero a parlare di poesia e di poeti. D’Addio fece il nome di Geppo Tedeschi – l’ultimo dei futuristi, amico intimo di Marinetti – e ricordò che era stato un critico straniero a definirlo l’usignolo dell’Aspromonte. Fu a questo punto che Fiumara, sempre pronto alla battuta, disse: - L’Italia è piena di usignoli! Di recente, per esempio, ho letto i versi dell’Usignolo della Val Padana – alludeva a don Eleuterio Gazzetti. – È un peccato – soggiunse – che ci sia inflazione di usignoli perché chi lo è veramente rischia di essere soffocato dal mucchio. Per evidenziare che Gazzetti fosse veramente poeta, girandosi di scatto, seduto com’era, prese, dalla pila di libri che quasi gli venne addosso, un volumetto dalla copertina rosa e lesse “E il sogno si avverò”. La lettura fece dirottare il discorso sull’emigrazione, sugli eterni mali del Sud, sulla questione meridionale”. Dopo questo primo e mitico incontro ce ne sono stati altri, a non finire; andavo a trovarlo più di una volta al mese; non solo, ma la domenica mattina egli soleva incontrarsi, come in un rito, sul marciapiede di corso Garibaldi sotto il teatro Cilea, con Saccà, Puzzanghera, Giuseppe Tympani (direttore di Italia Intellettuale) e tanti altri scrittori e poeti, a chiacchierare fino a mezzogiorno, quando il gruppo si scioglieva e ognuno andava a pranzare a casa propria. Mi intrufolavo sempre in mezzo a loro, spesso tra gli sfottò di qualcuno di loro, ma tutti a volermi sinceramente bene, a regalarmi i loro libri da leggere o recensire; in quegli anni, la mia collaborazione a La
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Procellaria era quasi su ogni numero. Non tutto accomunava me e Fiumara, c’erano contrasti, non eravamo fotocopie; entrambi, però, avevamo il coraggio di esprimere liberamente e sinceramente il pensiero, di tenere fermo il principio finché l’altro non riusciva a convincere del contrario. Un esempio, il mio inserimento, in 12 mesi con la ragazza, del brano che attaccava Pasolini; Fiumara minacciava di non pubblicare la silloge se non lo toglievo e io a tener duro; la raccolta è poi uscita integralmente, con soddisfazione di entrambi. Egli era pure contrario che pubblicassi, quasi in contemporanea, Un paese e una ragazza, raccolta di poesie giovanili. Non lo devi fare, ti danneggia, sono versi assai inferiori rispetto a 12 mesi. Stavolta, a tener duro è stato lui e sono stato costretto a rivolgermi altrove, a pubblicare la silloge con le Edizioni L’Annunzio di Avellino. Essere diversi è sempre un arricchimento reciproco, se si stima e si vuol bene veramente, non porta divisioni e rende più salda l’amicizia. 8) Se non avesse fatto l’iter che il Fato gli ha concesso di fare, cosa avrebbe voluto fare in alternativa? C’è una professione, un ruolo sociale che avrebbe preferito di più svolgere magari nascendo di nuovo e perché? La domanda mi lascia un po’ perplesso; del “se”, si dice, son piene le fosse; a contare è quel che si è e quel che si è fatto. Di certo è che mi sarei iscritto al Liceo classico di Reggio Calabria, ma tutti, parenti e amici a insistere che solo l’Istituto tecnico mi avrebbe dato un sicuro lavoro appena diplomato; la maggioranza, allora, la pensava così. Mi iscrissi controvoglia al “Piria” e quando mi son diplomato Ragioniere e Perito commerciale, i ragionieri erano una pletora e il lavoro mancava. Intanto, in quegli anni, mi sono accorto che all’anagrafe del mio paese e anche al “Piria” ove avevo frequentato, persino sul diploma, avevano commesso molti errori circa il mio cognome (De Felice, Defelice, De Felici, Defelici eccetera); così, mi son dovuto rivolgere al tribunale di Palmi il quale,
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dopo aver esaminato il guazzabuglio, ha stabilito che mi chiamassi Defelice, la forma che aveva subito meno errori. La mia aspirazione era insegnare e l’insegnante ho fatto a partire dal 4 ottobre 1966. Allora, per fortuna, si poteva insegnare anche con il diploma. Ero impiegato come ragioniere alla Olimpic Fuel Oil di Roma, in via delle Quattro Fontane, quando il Preside Becattini mi offrì delle ore d’insegnamento serali, di ragioneria e computisteria, nel suo Istituto La Nuova Italia, in viale delle Province. Accettai; poi, mi hanno offerto altre ore e per altre materie, come, per esempio, la Stenografia (sistema Cima), l’Italiano a un gruppo di laureati e diplomati per un concorso in un Ministero, fino al Diritto del lavoro e costituzionale, che poi ho insegnato per più di trent’anni anche nei Centri della Regione Lazio. Una mia dispensa di Diritto del lavoro e costituzionale, edita da Pomezia-Notizie, è stata adottata nei vari Centri fino a una sesta edizione e tradotta anche il Braille per l’Istituto Sant’Alessio di Roma, frequentato dai non vedenti. 9) Sulla copertina del Suo libro di poesie del 2010, edito dalla Genesi Editrice, dal titolo Alberi?, mi è sempre rimasto un dubbio su quell’enigmatico punto interrogativo proprio alla maniera dello stile Surrealista del pittore belga René Magritte, autore del quadro che fa da immagine di copertina dello stesso. Poteva andare bene anche soltanto la parola Alberi e, invece, è stato aggiunto il simbolo dell’interrogazione, dell’indefinibile, della realtà che può essere e non essere ciò che sembra, proprio in attinenza alle tematiche e ai simboli, dal duplice significato, della pittura di Magritte avvolta dal mistero, ambivalenze e senso arbitrario. Può spiegarci la scelta dell’aggiunta di quel punto interrogativo dopo Alberi?
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Non c’è alcuna ambivalenza in quel punto interrogativo. Ho voluto solo sottolineare quel che da sempre ho pesato e penso: che gli alberi non sono cose statiche, inanimate, insensibili, costrette dalla Natura a rimanere attaccate alle radici sempre allo stesso posto. Gli alberi sono esseri vivi in tutto e per tutto, che gioiscono e soffrono come ciascuno di noi e un tale concetto è chiaramente espresso nel breve poemetto (364 versi se non erro) in apertura della raccolta: “L’orto-giardino”. Alberi? No, son carne ed ossa e cuore! Virtuosi più degli umani, mai un Caino avendo generato! Esultano alla carezza e alla nostra voce, abbandonati intristiscono; anche monchi ci danno fiori e frutti finché non strappiam loro le radici. Assorbono veleni, diffondono profumi. Al conforto delle loro ombre sosta l’uomo affaticato e stanco e nella gioia organizza festini. Sotto i palchi frondosi s’alza il canto di poeti onesti - sconosciuti a molti, a me carissimi -, che un giorno scacceranno i sussiegosi, i superbi, gli enfatici, i chiari sol per stranezze e vuoto cosmico: la setta degli eretici, che violenta il Linguaggio, irride la Bellezza, la Lirica assassina. 10) E parliamo del Suo nuovissimo libro di poesie dal titolo Parole a comprendere, sempre della Genesi Editrice di Torino. Viene in mente per l’occasione il proverbio A buon intenditore poche parole, come per dire che per chi ha volontà di recepire non servono grandi discorsi e, nel Suo caso, Lei ha scelto le giuste Parole per una vera comunicativa, ben lontana dal caos dei linguaggi differenti sorti in seno
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alla mitica costruzione della Torre di Babele, struttura emblematica entrata nella Bibbia dal significato pretenzioso della sfida a raggiungere le altezze divine e che per questo non fu mai terminata, colpita dal castigo divino con la confusione dei linguaggi. In contrapposizione a questo simbolo babilonese, la cui immagine a colori tratta da una vetrata del Duomo di Milano fa da immagine di copertina della raccolta, Lei ha deciso di ‘farsi comprendere’ versificando persino sulla politica attuale, come le Sue liriche Dimissioni di Renzi, Elezioni americane, Che potenza, Berlusconi!, Neghittosa vita al castello (cioè, al Palazzo) ed altre. Lei che è giornalista, ha scritto un’infinità di saggi, articoli d’attualità, in versi in prosa, pensa che si è fatto ‘comprendere’ abbastanza da molti, oppure è rimasto qualcosa d’insepolto, di nascosto ancora in qualche cassetto che noi, suoi lettori estimatori, ancora non sappiamo? No, non mi son “fatto ‘comprendere’ abbastanza”, non perché sia “rimasto qualcosa d’insepolto, di nascosto ancora in qualche [mio] cassetto”, ma perché, chi avrebbe dovuto ascoltarmi, non l’ha fatto, né intende farlo. Sono le facce di gomma, della politica e dell’economia, dove si annidano caimani voraci, delinquenti incalliti, assassini non diretti ma peggiori perché molti dei delitti son conseguenza del loro comportamento, e perché coloro che i delitti compiono direttamente spesso son da loro protetti, dalle leggi da loro ideate, da un mondo, una società violenta fatti a loro uso e consumo. In passato, costoro reagivano agli articoli, alle inchieste giornalistiche fino ad arrossire per lo scorno, arrivando anche al suicidio; oggi non è più cosi (in parte per fortuna, perché non son certo a favore del suicidio!); oggi, anzi, costoro provocano perché di loro si
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scriva e si parli sempre, in bene e in male, è indifferente, purché sian sempre sulla punta della nostra penna. Perché la cosa peggiore, per loro, è che vengano ignorati. Dicono quel che diceva – dopo averlo preso da altri – il reuccio della canzone Claudio Villa: parlatene, parlatene, nel bene e nel male, ma parlatene. È scoraggiante. Costoro, i finanzieri e i politici, son riusciti a contorcere pure la parola, a snaturarla, a renderla strumento indispensabile ai loro loschi affari, al loro terribile agire. Isabella Michela Affinito
HO DIMENTICATO... a Domenico Defelice per il Suo suggestivo "Le parole a comprendere" Ho dimenticato a casa nella splendente terra ciociara * dove brillano arance d’oro "Le parole a comprendere". Ed è come se avessi dimenticato l'esistenza o un pezzo dell'esistenza celeste, leggera e fresca come un'anguilla scivolata via o rinsaldato gli affetti a cui Domenico è abbarbicato come all'Albero dell'Anima (dei Lari). Anche l'acqua del mare si schermisce, è restia alla vita alla risacca della sua voce argentina ed è come se niente più si capisse della vita come un mattutino sbadiglio, richiamo al fervere vano dell'alba del sole
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che indora, vorrebbe indorare il cuore di quest'uomo che cammina con un sogno svanito al rumore del giorno con la Parola sulla bocca che avrebbe voluto urlare al mondo come un tuono d'Amore purtroppo inesploso su un foglio nascosto che grida "La Parola a comprendere" come il verde dell'esistenza, come la verde miccia della Vita. *Fondi Rocco Salerno Roseto Capo Spulico, 16/7/2021
ORA FESTIVA Così piccina mia figlia stenta un primitivo eloquio, meno recondito di tanti adulti. Ubriaca di gioco e movenze dorme dentro nicchia, all’erta come canarino agli albori. Di giorno si trascina mani e piedi e si rotola su scampoli lucenti, sue brade praterie. A volte sta ritta e nano astronauta avanza, le braccia come ali. Nella mia la sua mano è piuma che consola, strette di Giuda redime. È lei, mia figlia, l’ora festiva, sole che i giorni innamora. Rocco Cambareri Da: Frammenti di cristallo, Carello Editore, 1981
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EMANUELE PERSONENI e PAOLO SCEUSA di Lia Giudici
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ino a pochissimo tempo fa non avevo mai sentito parlare di queste due persone, ora invece sono note non solo a me, ma anche a moltissimi altri italiani e spero che la loro iniziativa, vista la sua importanza, necessità e urgenza, travalichi i confini nazionali. In due differenti date, il 6 Gennaio per Paolo Sceusa e l’11 Febbraio per Emanuele Personeni, hanno intrapreso una marcia in nome delle libertà, avendo come faro predominante il Primo la Costituzione e il Secondo il Vangelo; questi infatti è un prete, da qui in poi lo chiamerò pertanto Don Emanuele, vicario della parrocchia di Mapello, diocesi di Bergamo. Per tutti e due comunque sia la Costituzione che il Vangelo sono fondamentali, indicano la via da seguire, la legge civile e spirituale alla quale aderire e seguire integralmente. Entrambi si oppongono alle ultime restrizioni, decise dal Governo per “motivi sanitari”, pur essendo trapelato che il CTS non sia stato assolutamente consultato, e che “de facto” suddividono i cittadini in due categorie, vaccinati e non, dove quella dei non vaccinati viene esclusa totalmente dalla vita sociale e dal 15 febbraio, se sopra ai cinquanta anni, anche dal lavoro, con sospensione pure dello stipendio. In qualche caso, quando il/la dipendente per la professionalità acquisita è difficilmente sostituibile dall’azienda, viene concessa la possibilità di lavorare a casa; altrimenti parte il ricatto: “O ti vaccini o ti sospendo!” A questo ricatto, che non è in linea, e mi ripeto, né con la Costituzione né con il Vangelo, si oppongono Don Emanuele e Paolo Sceusa. PAOLO SCEUSA si laurea nel 1981 in Giurisprudenza all’Università di Trieste, città
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natia, si abilita nel 1982 all’insegnamento di Materie Economiche e Giuridiche e con l’abilitazione in tasca approda alle Scuole Superiori, ma poi nel 1984 diventa Avvocato, Magistrato nel 1985, opera come Giudice Penale, Civile e del Lavoro c/o il Tribunale di Gorizia fino al 1992, in qualità di Pubblico Ministero a Trieste dal 1992 al 2002, dal 2003 al 2009 è Giudice alla Sezione Civile del Tribunale di Trieste. Dal luglio 2009 al luglio 2015 presiede il Tribunale per i minorenni del Friuli Venezia Giulia, dal 2008 diventa docente ECM. Ha anche fondato recentemente l’”Università Libera Umana”, riuscendo ad aggregare un numero sempre più crescente di professori universitari. Al momento le sedi fisiche, antichi palazzi e sontuose magioni, messe a disposizione da individui che hanno deciso di offrire le loro ricchezze alla Cultura, sono in totale tre, nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia, e la sede amministrativa è in Costarica, una scelta altamente simbolica: questa nazione infatti non ha forze armate e qui si trova l’Università della Pace. Quale altro paese avrebbe potuto scegliere un generatore di sogni, che si concretizzano però, un utopista con i piedi ben radicati sul terreno che calpesta? Paolo Sceusa è andato recentemente in pensione, anche per sentirsi libero di mettersi in marcia, svincolato da impegni lavorativi fissi. La sua carriera lavorativa variegata sta a dimostrare come la sua vita sia sempre stata radicata nei principi costituzionalmente riconosciuti e che ora sente messi pesantemente in discussione. In un video postato prima della partenza da Venezia il 6 di gennaio spiegava le motivazioni della sua scelta, che precisamente per lui è consistita nel voler diventare un testimone concreto dei valori nei quali ha sempre creduto; attraversando a piedi l’Italia ha preventivato molte occasioni per “contaminare” anche più coscienze, senza dubbio più numerose che se fosse rimasto a casa, perdendosi in chiacchere, magari anche sensate, ma pur
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sempre parole con il quasi certo destino di rimanere fini a sé stesse. Interessante anche la data decisa per la partenza, il cui significato simbolico lo avvicina a Don Emanuele: i Re Magi, arrivati alla loro meta, gli consegnano il testimone e il cammino, intriso di Spiritualità, prosegue, non si ferma davanti alla culla di Bambin Gesù; il messaggio deve essere diffuso, non può essere interrotto, perché nubi molte scure si stanno stagliando all’orizzonte e non c’è tempo da perdere, bisogna mettersi in cammino e testimoniare. E’ possibile seguire la sua “Marcia delle Libertà” sul canale Telegram; ogni giorno posta moltissime foto degli scenari naturali e urbani che attraversa, dei luoghi sacri che visita, con riflessioni, notizie storiche e altro. Molti marciatori si sono uniti a lui; alcuni lo emulano e hanno iniziato altrove altri cammini, sempre con il medesimo intento. Grandissima ospitalità gli è sempre stata riservata, a lui e a chi si è aggregato; mai hanno avuto problemi per il vitto e l’alloggio, a riprova di quanta umanità serpeggi ancora nel corpo vivo della nostra società, offuscata molto spesso da notizie che ingigantiscono tutto ciò che tende al negativo. Un altro aspetto interessante che contraddistingue Paolo Sceusa è che suona la chitarra e canta. Un pezzo scritto direttamente da lui, incentrato sulle libertà, ha visto come compositore della musica Tony Pagliuca, lo storico tastierista delle “Orme” che ha risposto, in solitaria, all’appello che Paolo Sceusa ha lanciato agli artisti. Quindi la musica allieta le serate conviviali che chiudono la giornata, di chi ha marciato, ma anche di chi offre l’ospitalità. Roma era stata designata come la fine del viaggio, ma in corso di marcia è stata sostituita da Assisi, simbolicamente molto più indicata a rappresentare il senso di tutta questa esperienza. DON EMANUELE ha annunciato la sua intenzione di intraprendere il cammino verso Roma con un video, spiegando che le ultime decisioni governative sono secondo lui assolutamente lontane dal Vangelo, oltre che dalla
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Costituzione. Si muoverà a piedi o in bicicletta, in solidarietà nei confronti di coloro che non possono prendere nemmeno un bus cittadino, perché ora per prendere i mezzi pubblici il tampone non è più sufficiente. E’ a conoscenza del fatto che già altre persone si sono messe in cammino per difendere i diritti umani fondamentali, marciatori delle libertà e resistenti, e si sente solidale con loro. Prima di questa decisione aveva messo a punto una lunga lettera indirizzata al papa, sottoscritta poi da altri, con cui il Sommo Pontefice veniva esortato in un tono pieno di rispetto a rivedere la sua posizione nei confronti della vaccinazione come “Atto d’Amore”, anche a fronte degli ultimi aggiornamenti sugli effetti avversi dei vaccini che non erano ancora di pubblico dominio quando il Papa si era espresso in quel senso. La sua presa di posizione aveva portato scompiglio nell’animo di molti credenti, causato un lacerante dissidio interiore, contribuendo a creare un’atmosfera di divisione all’interno della parrocchia, tra chi aveva seguito l’indicazione e chi per ragioni di varia natura non aveva potuto/voluto farlo. I binomi “vaccinazione=amore”, “non vaccinazione=egoismo” hanno procurato sentimenti di colpa nei parrocchiani non “in linea” e la loro marginalizzazione risultante dal giudizio degli altri ha fatto male alla comune umanità. Nella lettera viene ribadito il giudizio molto severo sui provvedimenti governativi: “I provvedimenti delle autorità civili hanno assunto da diverso tempo profili francamente persecutori e ricattatori del tutto incompatibili con la Costituzione e figuriamoci con il Vangelo”. E i regolamenti attuativi decisi dalle diocesi in ottemperanza ai provvedimenti governativi in parrocchia alimentano secondo Don Emanuele le divisioni, esacerbando i sentimenti che li accompagnano. Da qui scaturisce la preghiera rivolta al papa, l’esortazione estremamente intensa e profonda, di dire una parola di conforto rispetto a questa situazione, ormai insostenibile per la sua Comunità, di illuminarla. La marcia è iniziata per Don Emanuele,
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come ho già menzionato sopra, l’11 febbraio: perché è il giorno dedicato alla Madonna di Lourdes, la Giornata Mondiale del Malato e della firma dei Patti Lateranensi. Sua intenzione era di fermarsi nelle parrocchie, purtroppo non sapeva ancora quando ha postato il video che il Vescovo di Bergamo lo avrebbe sospeso prima ancora che partisse e che avrebbe comunicato alle parrocchie di non accoglierlo. Per fortuna non sembra ci siano stati problemi alla fine di ogni tappa, l’accoglienza c’è sempre stata da parte di qualcuno; anche in questo caso molte persone lo accompagnano, in presenza, marciando con lui o a distanza, inviando messaggi di sostegno alla chat “donemanuele_incammino” sul canale “Instagram” dove Don Emanuele posta ogni giorno prima di iniziare il cammino un brano del Vangelo, con un suo commento, e poi qualche foto dei luoghi che attraversa. Personalmente provo grande ammirazione per questi due uomini e per tutti coloro che hanno deciso di aggregarsi. Al momento mi è impossibile fare lo stesso, ma sono presente comunque, con il Cuore, l’Anima e lo Spirito. Vivo nella speranza che sempre più persone si mettano in marcia con loro, che i sostenitori aumentino, si facciano sentire, anche per contrastare sempre di più messaggi come quello letto su “Bergamonews” in data 8 gennaio, che mi ha molto rattristata. Il lettore del giornale bergamasco si rivolge direttamente a Don Emanuele, identificandosi come un suo “non parrocchiano”, e questo rispecchia la realtà, ma anche come un suo “non confratello”. Semplicemente perché Don Emanuele ha preso la decisione di partire testimoniando la sua contrarietà a quanto sta avvenendo? Il giudizio del “non confratello” è severissimo: “Come puoi voler suscitare un dibattito nelle parrocchie, nelle scuole e nei luoghi di lavoro quando di fatto lo hai già chiuso con la tua irresponsabilità?”. Ironico anche il finale: “Non mi resta altro che augurarti buon...girotondo!”. Personalmente credo che ogni individuo
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abbia il diritto di “staccare”, soprattutto quando sente che il suo limite è stato superato. L’unica responsabilità che Don Emanuele aveva era quella di comunicare il suo intento al Parroco suo collega e presumo che questo sia stato fatto, anche se per ora però rimane questo mio pensiero solo una supposizione; averne conferma non è possibile, perché quando in rete si cerca qualcosa su Don Emanuele, ci si imbatte in articoli del tipo “Prete No-Vax…”, vocabolo che è già uno stigma in sé, assolutamente riduttivo e fuorviante, e che non aiuta a comprendere la problematica in corso e le ragioni di chi è altro da te. Sospendo comunque per ora ogni altro tipo di considerazione e lascio la parola a chi mi sta leggendo. Lia Giudici *** Pomezia-Notizie ribadisce ancora con forza, per evitare equivoci, di essere per il vaccino anticovid e per il Green Pass, mezzi e strumenti che sembrano, allo stato attuale, i più efficaci per arginare la pandemia che anche noi ha colpito duramente (basta ricordare la morte per virus di Mario De Felice, realtà drammatica, non generiche supposizioni). Non è chiusa, però, al dibattito ed è per questo che ha accolto il nuovo intervento di Lia Giudici, nella speranza che si contribuisca a rasserenare gli animi e si ponga fine a contrapposizioni che hanno avvelenato e continuano ad avvelenare la convivenza civile. Discutere, confrontarsi, sì, ma nel rispetto di tutti e senza minacciare o mettere in atto violenze. Chi non è per il vaccino, invece, spesso minaccia, ha lingua e cuore avvelenato, fa confronti e paragoni assurdi, per non dire blasfemi (gli ebrei avviati alle camere a gas), straparla di Costituzione, Libertà, Democrazia violate. Costituzione, Libertà, Democrazia non solo anarchia. In una comunità – famiglia, città, nazione – la Libertà individuale finisce dove inizia la libertà degli altri, non tentando di prevaricarla. La libertà individuale può essere assoluta se si sta del tutto soli, non insieme agli altri; si può dire che non è mai esistita,
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neppure al tempo dell’uomo delle caverne. La Democrazia è il governo della maggioranza, non delle minoranze; le minoranze hanno il diritto di dire come la pensano, di confrontarsi, cercare di ottenere il possibile, ma non di sabotare il volere della maggioranza, perché, s’è dittatura il volere della maggioranza, non comprendiamo perché non debba esserla anche quello delle minoranze. La pandemia è problema di tutta la comunità, non solo delle minoranze e la maggioranza della comunità ha il diritto di decidere interventi e mezzi per arginarla ed è assurdo accusarla di dittatura. Dire che la pandemia non esiste; affermare che il vaccino è lo strumento della dittatura per inocularci non so che e renderci schiavi, alla luce della situazione e dei fatti, è un’assoluta eresia. Andando, come stiamo facendo, oltre il contenuto dell’artico della nostra cara amica Lia Giudici: sentire minoranze affermare realtà da cartoni animati - microchip fatti arrivare nelle nostre vene; non veri, numerati ad arte, i tanti morti da Covid; la terra piatta, persino! – e permettere loro di pontificare nei salotti e in tv, dà l’idea di un generale, inarrestabile calamento di brache. Ormai, per certe minoranze, non si può più affermare d’esser figli di padre e madre; è sconcio il sesso tra uomo e donna, non quello tra uomo e uomo e donna e donna; non si può augurare Buon Natale perché si offendono i non credenti e quelli di altre religioni; non si può dire cieco, ma non vedente; non sordo, ma non udente; non minorato, disabile, ma diversamente abile (come se, cambiando termine, si sanasse tutto il resto!); non si può trivellare; non si possono scavare gallerie; non si possono costruire gasdotti e strade e porti; non si possono realizzare termovalorizzatori o altro per bruciare o diversamente smaltire l’immondizia che ci sta sotterrando; non vaccini… eccetera, eccetera, eccetera. Non, non, non, non. Con queste minoranze aggressive del non, non siamo alla proposta, al progetto alternativo, al confronto, alla felice argomentazione. Siamo solo alla pura follia. (d. d.)
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IN UNA NOTTE DI GENNAIO Tu dormi sulle mie parole: non te lo dico, te lo canto. Gianni Rescigno Da: Il vecchio e le nuvole, BastogiLibri, 2019
7 febbraio 2022 L’oro della mimosa spande intorno a sé un profumo di primavera che non c’è ancora. Superba dea della natura, risvegliata da insolito tepore, sfida i geli delle notti invernali, venti di bora e tramontana, mostra l’orgogliosa bellezza a un muro di canne rinsecchite, che dondolano pigramente il capo e mormorano nenie di solitudine alle acque chete del ruscello, in pigro viaggio verso il mare. Il gaudio dei miei occhi riverbera moti d’animo, comuni alla tenerezza degli uccelli, al colmo delle promesse primaverili di cielo e terra. Antonio Crecchia Termoli AALLELUIA! AALLELUIA! ALLELUUIAAA! 20/2/2022 Preoccupano le bande minorili, sempre più violente e aggressive, specie nelle nostre grandi città. Non è solo disaggio causato dalla pandemia; è emulazione a ciò che a loro propiniamo, ai modelli che loro diamo. Alleluia! Alleluia! Quando, per esempio, si osannano cantanti che predicano odio e trasgressione, quando si dà l’impressione che è bello bere, sballarsi, violentare, i frutti che ci dobbiamo attendere son questi. Domenico Defelice
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PETER RUSSELL (Bristol, 16.9.1921 - San Giovanni Valdarno, 22.1.2003)
LETTERE (6 gennaio 1995 - agosto 2002) NOTA Dopo aver letto con avidità l’interessante libro di Wilma Minotti Cerini, Sara Russell, Roberto Salbitani: Epistolari e memorie con Irwin Peter Russell (Venilia Editrice, 2021) e dopo averlo recensito (Pomezia-Notizie, novembre dello stesso anno), su consiglio di un caro amico, abbiamo deciso di pubblicare anche noi le tante lettere dal grande poeta ricevute negli anni, il più delle volte in accompagno al materiale che ci inviava per la pubblicazione; materiale pubblicato per la massima parte, il resto nemmeno più in nostro possesso, perché donato, su richiesta, come “ma-
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teriale documentario” a biblioteche pubbliche. Questo non è un epistolario vero e proprio, perché mancante delle lettere da noi inviategli in risposta, non avendo noi conservato di esse che solo tre o quattro minute. Le abbiamo copiate fedelmente, senza correggere i tanti refusi, presenti in quelle dattiloscritte come in quelle scritte a mano, e il lettore intelligente non arriccerà il naso per questo; sa bene, il lettore intelligente, che son sempre lettere scritte da uno straniero, che conosceva tante lingue, ma pur sempre non di lingua madre e perché – come afferma Wilma Minotti Cerini – “l’epistolario ha questo di interessante: non ha alcuna parte accademica ma un franco colloquio di stima reciproca tra chi scrive e che nel tempo diviene affettiva fratellanza” (7 ottobre 2021), anche se – aveva affermato prima (3 novembre 2020) – “credo comunque che cambiare qualcosa in meglio non turbiamo il nostro amico Peter in quanto noi dobbiamo far capire il significato delle cose a eventuali lettori”. L’essenziale sarà, comunque - dice sempre lei (7 settembre 2021) -, che “Noi avremo fatto il possibile per il nostro caro amico Peter se riusciremo a dargli quella visibilità che merita e se entra nelle antologie scolastiche”. Non è stato agevole, più di una volta, inoltre, comprendere parole scritte di fretta e da un ipovedente, infine diventato del tutto non vedente; era la fretta, per esempio, che lo portava a storpiare persino nomi di persone da lui ben stimate, come “Cirio Di Maria” e non De Maria. Col grande poeta, abbiamo avuto negli anni qualche contrasto, derivato dal nostro carattere non incline ad essere accomodante neppure con gli amici più cari, ma anche dalla sua errata interpretazione di brani di nostre lettere. Quando, per esempio, gli accennavamo di non poter ospitare tutto il suo materiale, per la cattiva situazione economica del nostro mensile, non era perché da lui ci aspettassimo abbonamenti; lui, invece, questo in-
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terpretava! Una volta, comunque, spontaneamente, ha versato 50 euro (non ricordiamo se li abbiamo, poi, riscossi), per l’acquisto di libri di nostri collaboratori da noi editi (tra cui uno di Rosaria Di Donato); lui era certo di essere generoso concedendoci i suoi lavori da pubblicare e pensava che con essi noi ci facessimo commercio; la realtà era sempre diversa, perché il mensile - per giunta letterario e, quindi, di nicchia, letto da un pubblico ristretto, specializzato - non ha mai avuto pubblicità e gli abbonamenti non hanno mai coperto interamente neppure le sole spese di stampa. Spesso abbiamo osato dargli consigli sui testi inviati; il più delle volte li ha accolti, altre no, com’è nella logica. A volte, ci sentivamo per telefono, ma raramente. Lui si lamentava sempre della sua salute malferma e delle sue condizioni economiche disastrate. Pubblicava la rivista Marginalia, in Inglese e in Italiano, ma a noi l’avrà fatta avere forse una sola volta. In essa, comunque, ospitava quasi esclusivamente materiale proprio. Molti amici l’hanno aiutato, chi con piccole somme di denaro, chi con assistenza d’ogni genere (copiare a machina i suoi lavori, tradurli, scrivere petizioni, articoli vari). Noi lontani da Piann di Scò e privi assolutamente di quattrini, con il conto corrente della rivista sempre in rosso, per la cui regolare uscita abbiamo sacrificato tempo e parte del nostro stipendio di docente - lo abbiamo abbondantemente sostenuto pubblicandogli lunghi saggi e poesie, rendendolo assai felice. Abbiamo utilizzato molto del nostro tempo a digitare al computer i suoi lavori; abbiamo, a nostre spese, inviato copie del mensile ai suoi amici, secondo sua richiesta; abbiamo contattato persone ogni volta che ce l’ha chiesto; sempre a nostre spese, abbiamo spedito suoi volumi a nostri collaboratori perché li recensissero, orgogliosi della sua amicizia, della sua
stima e della sua particolare attestazione per Pomezia-Notizie. Insomma, Russell è stato sempre desideroso e ansioso di ricevere il mensile e noi lieti di servirlo pur entro le nostre limitate possibilità. Queste lettere danno la chiara immagine di un grande uomo e di un grande artista, vissuto interamente per la Poesia. Lui non ha mai scritto un rigo per le nostre cose, né noi abbiamo mai preteso, insistito, che lo facesse. In questo non c’è stato scambio. Quando riceveva in omaggio qualche nostro volumetto, si giustificava con il non aver tempo da dedicargli, ed era vero, dovendo pensare a tutto da solo, a come prepararsi i magri pasti, a come pulire vestiti e stoviglie! Domenico Defelice
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Prov. Arezzo - Italia Tel. and Fax 055 – 960674. 2 Così nel testo.
Dattiloscritta su carta intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ
il 6 gennaio ‘951 Gentile Sig. de Felice, La ringrazio per i numeri di POMEZIA NOTIZIE e dei dieci libri. Ho molto poco tempo per leggere le poesie contemporanee ma cercherò di leggerli fra poco. Ho letto sì qualche Suo pezzo e li ho trovati molto piacevoli, ma devo dire che lo stile ‘aneddotico’ è un mezzo piuttosto limitato! Prima di tutto: Lei legge l’Inglese? Ovviamente ho più roba in Inglese -- è raro per me di scrivere in Italiano, e non ho il tempo per tradurre le mie cose. Vero è che scrivo molte prose in Italiano, ma generalmente per qualche conferenza pubblica. E’ molto gentile di Lei di inserire una Nota su MARGINALIA nel Suo numero di gennaio, ma spero che Lei mentioni2 il fatto che non pubblico, se non molto raramente poesie da altri. A quasi 74 non ho né il tempo né l’energia per selezionare centinaia di poesie da poeti che non conosco. Ci allego delle mie cose (con indicazione di ‘inedito’ o già edito). Ho un grande plico con
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300 poesie con traduzioni italiane, ma si tratta di qualche ora di lavoro per indicare cosa è già pubblicata o meno. Cercherò, fra poco… Ha visto le mie cose nella “Bottega di Poesia” (red. Gavioli, Milano)? Le mando anche una dichiarazione sulla poesia dal Vescovo (!) di Pistoia, Simone Scatizzi. Non ho mai visto in alcuna lingua una dichiarazione si chiara e si saggia. Ogni parola esprime esattamente le mie idee sulla
poesia, ma molto meglio che non potrei io. Ma è una attitudine forse poco popolare (in ispecie sotto la dittatura dei ‘progressisti’, nuper3/stalinisti, in Toscana.) Devo dire che ammiro la dichiarazione del Vescovo non perché è vescovo o perfino cristiano, ma perché capisce ciò che contribuisce alla4 scritture della poesia. Con distinti saluti, Peter Russell *** 3
Così nel testo. Così nel testo. 5 Dattiloscritta. 6 Aggiunta a penna. 4
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da Peter Russell, 52026 Pian di Scò, Arezzo5 il 5 aprile ‘95 Gentile Sig. Defelice, Grazie per la Sua lettera del 24 marzo. Non ho ricevuto il Numero di POMEZIA di gennaio, con la nota su MARGINALIA. Le poste! Sono lieto che Lei ospita in aprile il mio saggio sulla poesia nel Comune di Figline Valdarno. Altri saggi in Italiano ne ho ma sono piuttosto lunghi. Ma forse scriverò qualcosa fra poco. Intanto aspetto la Sua gentile scelta di poesie dalla mia collezione IL CUORE MIO SELVAGGIO. Devo spiegare che quest’ultimo e solo una piccola parte del libro completo con quel titolo (200 poesie, bilingue) e che c’è anche la mia collezione LA CATENA D’ORO (50 poesie, bilingue) ma devo trovare il tempo per finalizzare i testi di tutti e due. Quando sono pronti manderò copie a POMEZIA. Intanto mando i miei più cordiali salti, Peter Russell Oggi presento MARGINALIA ad un incontro alla Biblioteca Nazionale, Firenze6. *** il 28 sett. ‘957 Gentile Dott. Defelice, Sono appena dimesso dall’ospedale dopo cinque mesi di malattia dolorosissima e un intervento chirurgico in agosto. Sto piuttosto debole. Mi perdoni se non scrivo sempre come dovrei. La pubblicazione del mio saggio LA POETICA DELLA VITA QUOTIDIANA mi ha dato grande piacere e incoraggiamento, e La ringrazio.
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Dattiloscritta su cara intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ Prov. Arezzo - Italia Tel. and Fax 055 – 960674.
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Intanto, la recensione del mio libro TEORIE mi è pervenuto8 ieri. È ottima. Non voglio fare cambiare neanche una parola. Lei, come il geniale Franco Loi, capisce molto bene le cose. Dico questo dal cuore, non per lusingarLa. Anche se debole fisicamente, adesso sono molto attivo. In questi 5 giorni ho scritto una ventina di nuovi sonetti, quattro nuove lunghe poesie di “Quintilius” e molte “saline”. Circa il 15-17 novembre, passerò per Roma per andare a Reggio Calabria. Spero che possiamo incontrarci e fare una libagione a Bacco e la9 Muse. Viviamo adesso in un mondo sconvol-
gente: quali valori ci rimangono? Le grandi riviste come Il Ponte e le produzioni dell’Establishment mancano del tutto ogni serietà. Il genuino poeta è in esilio, non esiste nella società di Berlusconi; Costanzo ecc. E i professori assoldati. Pomezia Notizie mantiene i valori. La stimo molto. È effettiva, mentre le riviste Establishment sono assolutamente deficienti e vuote. Con un abbraccio10. Peter Russell *** li 30 ott ‘9511 Gentile Sig de Felice, 8
Così nel testo. Così nel testo. 10 A penna. 11 Manoscritta su cara intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ Prov. Arezzo - Italia Tel. and Fax 055 – 960674. 9
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Potrebbe gentilmente mandarmi almeno una copia di P. N. con il mio Saggio LA POETICA DELLA VITA QUOTIDIANA. Parecchie copie, anche 10 - 15, mi servirebbero se ne ha ancora. Ho perso (o forse regalato) l’unica copia. È un po’ urgente perché faccio una Lettura pubblica fra poco e voglio mostrarlo o regalare copie. Vuole ancora poesie? Grazie per tutto. In fretta. Peter Russell *** Caro Defelice12, Ecco la lista. Aggiungerò altri più tardi. Ero triste di non vederLa a Roma. Sono tornato con una ernia brutta. Intervento fra molto poco. Molto dolore intanto. La ringrazio per le copie di due numeri di PN. Molto utili. Non trovo neanche ‘Poesia nel Comune’, Ha una copia? O potrebbe mandarmi foto copia ingrandita A4 con p. l per dettagli bibliografici. Le manderò altre cose frattanto Saluti! Peter Russell *** il 2 genn 9613 Caro Defelice, Spero che i nominativi che ho mandati siano arrivati. Il testo del quale ho bisogno è La Poesia nel Comune (Figline Valdarno) che apparve in P M nella primavera credo. Se ha una copia stampata una foto copia della prima pagina del numero (per dettagli bibliogr.) e del testo completo, in formato
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Pezzo di carta manoscritto senza data, ricevuto il 4.12.’95. 13 Manoscritta su cara intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ Prov. Arezzo - Italia Tel. and Fax 055 – 960674.
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A4, basterà. Devo fare copie per il mio archivio e per il 2° vol della mia Bibliografia. Sembra che mio figlio in un raptus di nettezza avesse buttato tutte le pubblicazioni recente14 nel fuoco. Ha bisogno di altre poesie? Auguri per ‘96 *** Gentile Sig. Defelice15, Potrebbe usare queste due? Grazie per PN. Son a posto ora! La fretta, parto per Londra il 2 Febb - 6 conferenze da scrivere Saluti Peter Russell *** 52026 Pian di Scò Arezzo il 21 gen. 9616 Caro Defelice, Attacco 7 poesie - nessuna pubblicata finora in Italia. L’unica cosa che manca adesso è la prima pagina di P. N d’aprile ’95 per titolo, data, indirizzo ecc. (Ho il testo) La gran fretta, per Londra. Parto il 2 febb, torno il 12 marzo. Cari Saluti. Peter Russell *** Ho ancora dieci prose in Italiano17. Il suo articolo sarà stampato nel FESTSCHRIFT dell’Università di Salisburgo. *** il 5 aprile18 Caro Defelice, Sono tornato da Londra. Nelle Sue poesie non ho capito frasca Non so se la traduzione di PGR19 è giusto20.
Intanto, dopo PN di dicembre, nulla mi è pervenuto. Molte stampe non arrivano. In fretta il Suo Peter Russell 52026 Pian di Scò, AR. *** il 15 giugno ‘9621 Caro Dot. Defelice, Il grosso volume OMAGGIO A P. R. (600 pagine!)22 è uscito! Spero che il Dott. Hogg le abbia mandato una copia. Contiene il Suo articolo tradotto in Inglese, per il quale La ringrazio di nuovo. Se Lei si mette in contatto con Luigi Attardi (Le ho dato l’indirizzo tempo fa), senz’altro La aiuterà coll’Inglese, e forse anche farebbe recensioni in Italiano di libri inglesi. E’ un Italo-americano, simpatico, amico dei Rosselli. Si interesserebbe anche a P-M23. Non ho ricevuto copie di P. M24 per Febb e Marzo, né maggio. C’erano delle mie cose? Le allego un interessante saggio su di me da Leonello Rabatti. A questa tappa, non stamparlo, perché l’ho offerto a POIESIS -- essendo più nello stile ‘intellettualistico’ adatto a loro. Finora, non ho notizie da Linguaglossa. Mio figlio era un po’ triste di non ricevere almeno una mancia per le traduzioni. Ha impiegato una settimana intera! Recentemente ho dato una lunga conferenza per il Provvedori25 agli studi di Arezzo. Un prof della filosofia e un26 psichiatra molto in gamba parlavano prima di me e ricevevano un applauso discreto dai 500 Presidi e Direttori di Studi; ero scoraggiato, MA quando esprimevo le mie idee feroci (!) contro tutte le istituzioni sociali di oggi, ricevetti una ovazione. Il pubblico interruppe quattro volte
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Così nel testo Bigliettino giallo autoadesivo manoscritto, senza data, ricevuto il 20.1.96. 16 Pezzo di carta manoscritto. 17 Biglietto giallo autoadesivo manoscritto, senza data, ricevuto il 23.1.96. 18 Manoscritta. 19 Peter George Russell. 20 Così nel testo. 15
Dattiloscritta su cara intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ Prov. Arezzo - Italia Tel. and Fax 055 – 960674. 22 Aggiunta a penna. 23 Così nel testo. 24 Idem. 25 Così nel testo. 26 Idem.
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con applauso tremendo e applaudirono per minuti dopo la relazione. Li toccai ai cuori! Io aspettavo di essere arrestato dalla polizia (la DIGOS c’era!) o almeno di essere portato all’ospedale psichiatrico!!!! La stessa cosa è accaduta alla TEMENOS ACADEMY in febbraio quando davo tre conferenze (si veda la lista dei titoli ci27 accluso). Quella di AREZZO si chiama “Una rivalorizzazione di tutti i valori”. Adesso devo riscrivere questa quarta Conferenza in Inglese e l’Accademia le pubblicherà tutte e quattro come un libro. Ho anche un frammento di Robert Browning che ho tradotto in Italiano e che voglio commentare per la bella lezione che ci dà. Posso mandarlo per un Suo numero futuro? Sono molto stanco e non sto molto bene dopo questi due interventi. Salisburgo vuole cinque nuovi libri da me per l’autunno, ma non so se ho la forza di curare la scelta e i testi! C’è anche un grosso libro bilingue tedesco-inglese che è uscito da Karlsruhe tre giorni fa. Le mando calorosi auguri, il Suo, Peter Russell *** Flli. Band. 6 0040 Roma28 il 2 luglio 199629 Caro Defelice, Spero che ormai c’è arrivato il FESTSCHRIFT da Salisburgo. In ogni caso arriverà prima o poi. La Prefazione alla mia silloge MY WILD HEART la manderò fra poco con un nuovo30 Selezione dallo stesso volume (che consta di 300 pagine e di più) -tutte le poesie nella prima selezione sono già pubblicate. MA si badi che ho già offerto il testo del Rabatti a Giorgio Linguaglossa (anche da 6 mesi fa) ma finora non ho risposta.
L’ho mandato a Giorgio perché mi sembra un testo più in armonia con the31 idee di “Poiesis” che non con “Pomezia-Notizie”. Mi dispiace che i numeri di P-N di febbmarzo sono andati persi. Lo leggo con grande interesse ogni mesi32, non solo le mie cose (!). Per leggerli devo fare ingrandire ad A4 ogni numero, perché i miei occhi non vanno bene. Capisco troppo bene la mancanza di risorse di P-N. E’ lo stesso caso con me. Sto preparando proprio adesso due nuovi numeri in Inglese e due in Italiano di MARGINALIA. Ho poco speranza di ricevere quattro soldi da nessuno. Lei ha il salario principesco di un insegnante umile, io non ho NIENTE!!!! A 75 anni, non ho niente se non ciò che guadagno di giorno in giorno. Ma si vede che c’è qualcosa di autentico che spinge noi votati alla Poesia a fare tanto lavoro per nessun compenso. Mi dà fiducia. In ogni caso non posso altro, come Lei. Il frammento di Robert Browning sta sul mio tavolo, in Inglese e in Italiano. Solo 5 righe. Fra poco scriverò una nota su di esso, che credo sia di utilità e anche ispirazione per i nostri soci poeta33. Sarà circa la differenza fra gli “ermetisti” del34 epoca di Paracelso e gli “ermetici” del nostro secolo. Ma ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere e scrivere qualcosa attuale e efficace. C’è tempo, se il mondo finisce domani non importerà. Quanto al problema di pagarmi per i miei contributi a P-N, non è caso di pensarci. Io Le offrò35 le mie cose gratis, con la sola condizione che il Copyright rimane con me e il mio erede. Mi sento molto in imbarazzo per la faccenda delle traduzioni fatte da mio figlio. La colpa è interamente mia. Lui ha fatto il lavoro gratis e lo ha detto chiaramente. Sono io da sbagliare. Mio figlio si arrabbia fortissimamente con
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Idem. In alto, a destra, a penna. 29 Dattiloscritta su cara intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ Prov. Arezzo - Italia Tel. and Fax 055 – 960674.
Così nel testo. Idem. 32 Idem. 33 Idem. 34 Idem. 35 Idem.
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me. Le chiedo scusa. Io credevo che Lei non avesse neanche riconosciuto la ricevuta delle traduzioni (e per questo ero seccato!) ma sembra che sbagliavo io completamente. Mio figlio è molto grato a Lei per l’assegno. È dovuto essere un sacrificio da parte Sua. Ho detto a mio figlio che è molto importante per il futuro, quando si fa un lavoro per altra gente, di stipulare chiaramente le condizioni. Lei è assolutamente libero di pubblicare le traduzioni fatte da mio fi36 figlio dove vuole, senza nessun problema di “diritti di autore”. Adesso mio figlio ha un computer ed è sempre in grado di preparare i testi sia in Inglese che in Italiano, ossia di tradurre reciprocamente le due lingue (e anche altre lingue). Se possiamo aiutare sarà il nostro piacere. Noi potremmo preparare un libretto bilingue delle Sue cose ad un costo bassissimo, ma il problema di distribuzione e vendere sarebbe completamente il Suo. Cioè, noi potremmo preparare un MASTER da fotocopiare, o un disco. Io non posso vedere neanche le mie cose, a non parlare delle cose degli altri! Intanto, naturalmente, spero che Lei possa fra qualche mese, continuare la pubblicazione delle mie prose. Lei ha qualche pezzo in mano? Si può sempre tagliare il testo quando sembra ridondante. Le allego un pezzo recente, per il Provveditore agli Studi di Arezzo. Adesso sono occupatissimo col preparare anche cinque nuovi libri grossi per Salisburgo, e altrettanto nuovi saggi per le riviste. Niente compenso in vista. Ammiro molto i Suoi lavori per la poesia che sono su alto livello; dobbiamo aiutarci reciprocamente intanto. Sto scrivendo molte nuove cose; ma, non ho potuto finora copiare le cose del 1994, a non dire del 1995. Sono ancora tutte in MS. Le mando i miei auguri più fausti per P-N, Il Suo, Peter Russell (1 – Continua)
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Idem.
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IN UN LAGO RAPPRESO Rondini basse sull’asfalto albino di via Aschenez. Palazzi dagli occhi sbudellati; giocano al morto i bambini per terra. Ramallah, Haifa, sassi per sfida contro i fucili, come un nuovo gioco: non oltraggia i ragazzi di paura - ma solo i vecchi – benché gli sfiati addosso, la morte, di giorno. Sirene d’allarme avanti l’alba: ali rigide e alte, alluminate dai pennelli-spray dei riflettori, gambe di bambini irrigidite; riverbera l’asfalto di via Aschenez. Rondini basse sull’asfalto oscuro. Visi spauriti non voltatevi indietro. In un lago sommerso si dibatte la nostra adolescenza trafugata. Si legge sul dorso, non sul palmo, delle mani dei vecchi la ventura: soffrego come decalcomanie le placche brune che marcano il passo. Si dibatte in un lago rappresa - acerba – la voglia d’amare. Corrado Calabrò Da: Quinta dimensione, Mondadori, 2018.
AALLELUIA! AALLELUIA! ALLELUUIAAA! 20/2/2022 La regina Elisabetta positiva al Covid, anche se in forma lieve, per fortuna. Si dice, contagiata da Carlo. Alleluia! Alleluia! Per diventare re, sussurrano i maligni, Carlo che la sta mettendo tutta! Domenico Defelice
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Recensioni ANTONIO CRECCHIA IN ZONA ROSSA E OLTRE Introduzione di Daniela Marra; Ediemme – Cronache Italiane, 2021, pagg. 108, € 18,00 Daniela Marra dà un quadro preciso e circostanziato del contenuto di In zona rossa e oltre: “Questa nuova silloge di Antonio Crecchia, arguto Scrittore e Pensatore, Studioso infaticabile, Poeta colto e raffinato – leggiamo in quarta di copertina -, raccoglie sue poesie scritte nell’arco di venti mesi, dal primo gennaio del 2020 alla fine di agosto del 2021: un tempo dominato dai colori della pandemia da Covid-19. Il lettore vi troverà la descrizione di questa drammatica esperienza, resa “visibile” attraverso la forza e la profondità della parola poetica, tra l’inquietudine del vivere e il desiderio di affrontare e sradicare le paure, le insicurezze e i molteplici dubbi che hanno reso incerta e tormentata la vita. Tutta la silloge, sin dalle sue prime pagine, è impregnata dell’anima sensibile e attenta dell’Autore, sparsa ovunque tra questi versi che con la forza della sua inconfondibile voce poetica si sollevano dalla pagina per testimoniare fasi alterne di quiete e di tempesta, di ansiose disponibilità a caute aperture, stati d’animo e sentimenti sempre vissuti con intensità e passione”. Per questi aspetti, meglio non si poteva dire. Soffermiamoci, allora, su altro. Crecchia è autore attento al sociale, agli usi e ai costumi e non può fare a meno di evidenziare come, anche nei drammi e nelle epidemie, noi italiani non perdiamo il vezzo deprecabile di scimmiottare gli altri; ci dimentichiamo, insomma, che l’Italiano sia stato e ri-
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manga un idioma invidiabile e così, da stupidi pappagalli, invece di “isolamento”, per esempio, usiamo “una brutta parola inglese, come se l’Italia fosse un’isola della Gran Bretagna e non uno Stato con una sua bella, ricca, armoniosa e codificata lingua”. Tra zona rossa e oltre si compone di 73 brani, parecchi oltre la singola pagina, a dimostrazione che Crecchia non è poeta stitico e che sa sempre allargare l’orizzonte del singolo fatto allo stato d’animo del momento. Così, anche in tempo e clima da pericolosa, temibile e tragica pandemia, i suoi versi son sempre fermentati dalla Natura, la quale gli fornisce immagini di solare e riposante armonia, come quella nevicata paragonata ai “petali del melo/strappati dal vento”, che “Cadono rari e lenti”. Siamo in presenza di una cronaca emotiva, a partire dall’alba del 2 gennaio 2020 fino all’ottobre del 2021. Un lavoro unitario, pur composto di frammenti, che può essere letto come un poema. Abbiamo “Un’alba di pace (che) s’annuncia/lungo i sentieri ove la Natura/si crogiola alla luce bianca/del sole nascente e respira/ del mattino gli umidi vapori/che salgono dalle quiete valli/distese ai piedi di giogaie innevate,/fredde e silenti deità corrucciate”; il “rivolo d’acqua chiara/(che) placido scende dalla collina”; il rosso corniolo che risalta sul biancore della nevicata; “il giallo/delle mimose (che) apre il cuore/a un sorriso per il domani”. Tutte belle pennellate che stimolano alla speranza, mentre si enumerano le ristrettezze alle quali siamo costretti, e non solo economiche, psicologiche, come il non poter incontrare un amico, stringere al petto una persona cara, passeggiare liberamente, assistere a una funzione religiosa. Crecchia adombra la possibilità, avanzata anche da altri, che il virus possa essere sfuggito da alchimie di “caporalesche mani” nell’ormai famosissimo laboratorio cinese. Accennavamo a Crecchia poeta aperto al sociale. Il Molise, “con il crudo espandersi della pandemia”, in lui si allarga prima alle bellezze naturali e poi alle tante miserie sofferte di continuo dalla sua gente, costretta, in parte anche oggi, all’emigrazione; ricorda parenti, amici, scrittori e poeti, uomini d’ingegno, figure di ieri come di oggi, tutte ricche di umanità: Francesco Jovine, Rita Notte (che distilla “pensieri e manifestazioni d’arte”), Raffaele Orlando. Il virus, costringendo all’isolamento, paradossalmente costringe anche a un maggiore consumo e non solo di cibi, ma di energia; così, si inquina di più e le città deperiscono avvolte “di oscuri vapori”, dove anche i morti soffrono di
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solitudine, con quelle “Poche anime a seguire/l’andata verso la chiesa/per il funerale”, spesso neppure possibile, se ricordiamo quando a Bergamo, per esempio, tanti camion dell’esercito, nottetempo, quasi furtivi, portavano via centinaia e centinaia di bare, nell’aria ghiaccia, senza seguito, neppure di un cane. Domenico Defelice
ALDO SISTO DIO ASSOLUTO E DIO PERSONA Presentazione di Sandro Gros-Pietro; Prefazione di Alessandra Damiani; in copertina, a colori, “Creazione di Adamo”, di Michelangelo (1511); Genesi Editrice, 2021, pagg. 238, € 16,00. Un saggio filosofico, straordinario per chiarezza di concetti e linearità, che sorprende e meraviglia per la fluidità del dettato e, nel contempo, la profondità di contenuto; veramente una eccezione, se si pensa a come sono barbosi, noiosissimi, spesso, i lavori inerenti filosofia e teologia. Il Dio presente in tutte le religioni è un Dio persona o un Dio assoluto? Risposta: è un Dio persona. Se l’uomo si rivolgesse a un Dio assoluto, tutto sarebbe a questo mondo meno ingarbugliato e traumatico, con meno odi e meno drammi. Non ci sarebbero, intanto, guerre in suo nome e, forse, neppure quelle d’altro genere che, nei secoli e nei millenni, hanno insanguinato la terra, generato distinguo e dottrine spesso astratte prive di base pratica, destra-sinistra “con centinaia di milioni di vittime innocenti immolate per fare vincere l’una o l’altra corrente ideologica”, come scrive Sandro GrosPietro nella Presentazione. Vero, prosegue il critico editore: “ancora di più gli uomini hanno ucciso per sete di potere, per vanto di gloria, per ambizioni territoriali o addirittura, per disputarsi l’amore di una donna”, ma se si osserva bene, il tutto è sempre impastato a fermenti religiosi, poche volte veramente sentiti, il più semplicemente da paravento, ipocriti. Le contrapposizioni avvengono perché l’uomo s’è creato un Dio persona, da sempre. Quello della Bibbia crea l’uomo a sua immagine e somiglianza; scaccia l’uomo dal Paradiso terrestre; si vendica con il diluvio; si manifesta come roveto ardente a Mosè con tutto quel che segue; partecipa alle guerre schierato negli eserciti, contribuendo alle vittorie e alle sconfitte; cagiona stermini su invocazione degli uomini. Un Dio assoluto non avrebbe mai fatto cose del genere.
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Anche Nel Nuovo Testamento - anzi, più che nel Vecchio - siamo in presenza sempre e solo di un Dio persona, che s’incarna, nascendo e morendo, cioè, come una qualunque creatura; che soffre fame e sete; che subisce tentazioni e partecipa alle vicende umane piangendo e commuovendosi; vaga per campagne paesi sanando infermità del corpo e dello spirito; si adira (scacciando i mercanti dal Tempio), comanda agli spiriti e qualche volta li asseconda (“i demoni pregarono Gesù che comandasse loro di entrare in quei porci. Ed egli comandò”, Luca VIII, 33). Si potrebbe continuare a lungo con gli esempi. Son sempre e solo atteggiamenti, comportamenti, funzioni umane, legati alla persona. Un Dio più simile e vicino all’uomo non si può. La Chiesa cattolica, poi, ha accentuato l’aspetto persona della divinità, anche con la schiera dei Santi, spesso assegnati a protezione, a patrono (d’Italia: San Francesco e Santa Caterina; d’Europa: San Benedetto da Norcia; di Napoli: San Gennaro – ne hanno uno o più di uno tutte le città e i paesi; dei medici: Santi Cosma e Damiano; dei Carabinieri: Santa Maria “Virgo Fidelis” - ma tutte le forze armate, corpi e specialità hanno i loro protettori; degli appestati, contagiati, ammalati in genere, viandanti eccetera: San Rocco; della vista: Santa Lucia. Anche qui potremmo continuare a lungo nelle citazioni; in pratica, sembra aver superato le divinità pagane greche e romane, che assegnavano un dio o una dea a tutto: Marte alla guerra; Venere all’amore; Diana alla caccia…) Dio e divinità tutti persona, superiori a ogni altra per capacità straordinarie o per comportamento morale, ma sempre umani, sempre a nostra immagine e somiglianza. Forse abbiamo debordato, spinti dagli stimoli, da ciò che il libro di Sisto suggerisce; un libro che scioglie interrogativi e ne rinverdisce altri, specie quelli ai quali mai nessuno ha potuto dare una vera risposta, come chi è stato a porre il primo seme da cui è scaturito l’Universo, il quale, essendo materia, ha dovuto avere un principio e dovrà avere una fine. Un Dio persona che fatica per creare questo Universo. Un Dio assoluto prima? E cosa faceva questo Dio assoluto prima di questo Principio? Anche qui le domande verrebbero a cascate incatenate e neanche Aldo Sisto può convincere, giacché tutto è assai lontano dalle nostre facoltà comprensive. Dio assoluto e Dio persona si compone di una Premessa, tredici densi capitoli, le Conclusioni, la Biografia, l’Indice dei nomi. Ogni capitolo apre campi sterminati, difficilmente sintetizzabili in una recensione quale vuole essere la nostra. Politeismo. Monoteismo. Prove dell’esistenza di Dio (“Per gli
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uomini vissuti anteriormente al 1492 – scrive Sisto – il continente americano non esisteva e tanto meno poteva essere pensato. Questa assenza nel nostro pensiero, dovuta a una mancanza di conoscenza, non significa che una certa cosa (l’America, nel nostro esempio) non esiste”; Siamo in presenza di un “Dio che si compiace e quindi, prima di compiacersi, pensa”; “Un dio quindi che si comporta come un uomo, sia pure nella sua sfera di onnipotenza”). Dio e l’universo (Prima del Big Bang c’era il vuoto, ma “il vuoto non è il nulla; è anch’esso qualcosa, che ha una sua dimensione, sia pure al di fuori del contesto-universo”; Siamo in presenza di “un Dio-persona per il semplice motivo che un Dio siffatto avrebbe una natura limitata, che contrasterebbe con l’eternità e l’infinità del suo essere”; “Per l’Islam Allah, diversamente dal Dio ebraico e cristiano, che dopo la creazione si riposò, continua ininterrottamente a creare”). Dio-assoluto e Dio-persona (“Se quindi la nostra vita si proietta verso l’eterno e la felicità eterna dipende da come abbiamo vissuto in terra, la naturale conseguenza è che saremo sottoposti a un giudizio e il giudice non potrà essere che Dio. Ecco il Dio-persona! Il giudicare è attività pensante, comporta un ragionamento e una valutazione”; “Anche il male che è nel mondo è funzionale ai disegni divini”). La Trinità (“Direi quasi che l’autentico Dio è proprio quello dello Spirito Santo” e non dobbiamo dimenticare che lo stesso Cristo ha affermato che tutti i peccati possono essere perdonati, meno quelli contro lo Spirito Santo). Il dio delle tre religioni monoteiste (in questo capitolo, secondo noi, parte centrale è quella che Sisto dedica al “Padre nostro”, la preghiera per eccellenza. Dovremmo citarlo tutto, non possiamo. ”Una persona può essere fatta santa, non certamente Dio. E così si arriva all’assurdo che un uomo si rivolga a Dio per chiedere a lui stesso che sia reso santo il suo nome”; “Sempre nel Padre nostro si dice “sia fatta la tua volontà”. È un pleonasmo perché è assolutamente ovvio che Dio fa sempre e comunque la sua volontà… la locuzione potrebbe essere così cambiata: “accettiamo la tua volontà.” C’è di certo, a nostro avviso, una sfumatura, ma le due dizioni hanno lo stesso significato, e cioè: è sempre Dio che decide, non l’uomo. Scrive Sisto:
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“l’idea di Dio-persona non si confà a Dio. Bisogna riflettere su un fatto: che in qualsiasi modo si parli di Dio, sia che lo facciano le Sacre Scritture sia che lo faccia la traditio verbale dei profeti sia che la facciano gli uomini con il loro libero pensiero, in definitiva è sempre l’uomo a descrivere Dio, a darne il concetto, e siccome l’uomo non può descrivere Dio perché non ne ha la conoscenza per farlo, ecco che lo immagina e lo concepisce nel solo modo a lui possibile, cioè sub specie humanitatis”). Ateismo e Panteismo. Ancora sull’Escatologia. Aspetti specifici del Dio-Assoluto e del DioPersona (“Quella del Dio-assoluto è l’unica soluzione coerente per il problema di come concepire e definire Dio”; Un Do assoluto “è molto più semplice e comprensibile di un Dio-persona”). Conseguenze pratiche dell’idea di Dio-Persona, che si amplia nella Contrapposizione spirito-materia e il problema del male (“quello che per il giudizio umano è male non lo è per Dio”; “Ma questa che riguarda il male è una soluzione solo apparente poiché non spiega perché Dio nella sua onnipotenza non sia riuscito a impedire che il Demonio compisse il suo male nei confronti di Adamo ed Eva e nei confronti di tutta la successiva umanità”; insomma, Dio, conoscendo tutto, presente passato futuro, creando l’uomo, doveva sapere pure che lo avrebbe tradito, che avrebbe compiuto il male! Inoltre, “il bene non ci sarebbe se non ci fosse il male e viceversa”). La metafisica e il peccato, Disparità ideologica e storica tra maschile e femminile, Il Dio-persona come causa di lotte religiose e politiche, Dalla vita come dono e atto d’amore di Dio al problema della sofferenza e del fine vita; L’idea di Dio come interpretazione; L’idea di Dio e le religioni orientali. Scrive, infine, Aldo Sisto: “Io credo che la stragrande maggioranza di cristiani, di ebrei e di musulmani, anche se da un punto di vista razionale si dovessero trovare d’accordo con le conclusioni raggiunte in questo studio, rimarrebbero legati, per motivi di fede professata, all’idea di Dio-persona”. L’aspirazione sarebbe il Dio-assoluto, ma non importa, perché “Amare Dio significa amare il tutto in cui esso consiste e allora l’amore diventa totale”. “L’importante – conclude – è avere di Dio una visione univoca, che è quella che coincide con l’affermazione di Dio riportata nella Bibbia: “Io sono quel che sono””. Opera eccellente, questa di Aldo Sisto, che consigliamo a tutti, anche a chi non crede, per l’onestà di pensiero, per la brillantezza del narrato, per l’assoluta assenza di faziosità. Pomezia, 16 febbraio 2022. Domenico Defelice
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LORENZO SPURIO ERA D’AGOSTO – ERA ÎN AUGUST CRONEDIT, 2021, Pagg 81 Se la notte è piombata allora cerca di zittire le piante che oltre la finestra presiedono: la terra ha bisogno di pace, questo è ciò che spera Lorenzo Spurio, autore del florilegio, Era d’agosto, composto da ventiquattro liriche in italiano con traduzione a fronte in rumeno di Ştefan Damian, Geo Vasile e Alexandra Firita. La poesia eponima parla di un grave fatto accaduto in Romania alla giovane Alexandra Macesanu rapita e sequestrata da un pedofilo. Nonostante la ragazza fosse riuscita a chiamare la polizia, non arrivò mai in tempo per salvarla. Un fatto che scosse anche altre nazioni come l’Italia e portò il ministro dell’Interno Nicolae Moga alle dimissioni. Queste di Spurio sono poesie che gridano sommessamente alle ingiustizie, al dramma privato e a quello di città come Chernobyl, ai terremotati del Centro Italia, ma anche a omaggiare alcuni artisti come Alda Merini e Federico Garcia Lorca. È un dolore, uno sbigottimento intimo che lo scrittore ha voluto condividere esprimendolo in versi. “Dov’è il sangue dei morti?/ La Terra l’ha risucchiato a sé/ nei vaghi involti dei suoi intestini.” Il poeta ricorda il giovane magistrato Rosario Livatino ucciso dalla mafia: “tra gialli caporali di melma/ e baroni gessati adocchio/ il sangue che desti, fluido/ e nero, lombrichi di domande/ intrecciati e compatti/ creano coaguli insolubili”. La giovane poetessa Antonia Pozzi che si è tolta la vita con i barbiturici: “Il nulla odora di grigio/ ma illumina aneliti di fuga/ quando, severa, compi/ la scelta della terra”. Incisive le parole che l’autore sente su di sé e trascrive sui fogli in cerca di speranza e di pace. “Gli ultimi chiodi della cassa li avete/ piantati voi, con mani guantate./ Rivedo il tempo della corsa al fiume,/ le libellule che s’infilzano tra i giunchi.”. Non vi è odio né rancore, ma verità alquanto sconcertanti, che mettono all’angolo tutte quelle vittime abbandonate alla solitudine e a un triste destino. Così come si poteva evitare la tragica morte di Alexandra, anche altri fatti cruenti si sarebbero potuti evitare, eppure quello che è successo è nelle cose fatte. Non ci sono se, non ci sono ma, è accaduto e non può cancellarsi. La riflessione di Spurio, attraverso un suo logico concatenarsi, arriva a parlare di colui il quale si fa portavoce e mezzo del dolore altrui, ossia del poeta: “In lui domina un
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senso non consapevole/ che squarcia con lame inarrestabili/ malli di creazione e magmi interiori”. Spurio è poeta, scrittore e critico letterario; ha pubblicato tantissimi volumi di poesia, di prosa, di critica e teoria letteraria. Alcune sue poesie sono state tradotte in albanese, rumeno, croato, spagnolo e portoghese. Ha fondato la rivista letteraria “Euterpe” ed è presidente del Premio Nazionale di Poesia “L’Arte in versi”. Manuela Mazzola
GIORGIO MATTEI IO CORPOREO Edizioni Artestampa 2017, Pagg 31 In una delle sue ultime interviste Alda Merini disse che l’uomo è finito, vuole le prove del proprio dolore, lo vuole capire, comprendere. L’uomo non è nato per il dolore, ma per la gioia. Dunque, la poesia diventa un’indagine sia del nostro io profondo sia del mondo esterno. Ed è in questa ottica che si può interpretare la silloge Io corporeo di Giorgio Mattei. Un percorso di costruzione del proprio sé e del suo involucro, appunto il corpo. La raccolta è composta da tredici brevi liriche dal verso sciolto, senza alcuna punteggiatura. Nell’estrema libertà il poeta compone e scompone pensieri, riflessioni scrivendo versi quasi frattali; il termine deriva dal latino fractus, participio passato di frangĕre ossia spezzare, rompere. In matematica il frattale descrive alcuni comportamenti che sembrano essere caotici nello studio di sistemi dinamici ed è un oggetto geometrico che si ripete nella sua forma allo stesso modo e su scale diverse. Quasi un labirinto mentale, nel quale il Mattei, spezzando e ricreando, ritrova il suo corpo amatoodiato, un corpo senza più confini, nel quale trova il senso di libertà e nel quale si sente essenza della vita stessa come quando ascolta il sussurro dell’aria e avverte nel silenzio lo spazio intorno a sé. Nello sguardo antropologico il corpo è una modalità di comunicazione poiché è vista come una realtà costruita, mediante i molti sistemi simbolici o razionali e diviene uno strumento che incorpora la cultura e la trasmette; è un mezzo che simbolizza il mondo, veicola conoscenze, tradizioni, saperi e pensiero. La conoscenza della realtà e la comunicazione con il mondo avvengono attraverso i sensi: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. I sensi aiutano a percepire la realtà passando attraverso le sensazioni e le emozioni. In questo personale e faticoso percorso (dal 2011
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al 2017) lo scrittore ritrova il suo io corporeo: il viaggio interrotto già ricomincia non più solo l’anima ora anche corpo mia presenza nel mondo che acquista nuovo senso e coglie nuovi significati così comincia un nuovo giorno “Oggi mi guardo allo specchio e sono soddisfatto dell’immagine che mi rimanda: non ho più paura degli stimoli, delle sensazioni che nascono in questo corpo e che un tempo disapprovavo. […] Per questo io corporeo: è come se fossi tornato a casa”. Finalmente il poeta, dopo aver affrontato un percorso di vita e formazione in psichiatria, ha potuto gustare lo spazio intorno a sé ed è riuscito ad abitare il proprio corpo. Manuela Mazzola
MARCELLO FALLETTI DI VILLAFALLETTO I SAVOIA - ACAIA Signori del Piemonte, Principi d’Acaia e di Morea Anscarichae Domus Accademia de’ Nobili Editore, 2022, Pagg 162, € 20,00 “Un chiaro esame dei fatti documentati si assomma alle vite dei personaggi del testo. Essi sono i veri protagonisti del libro. Nel bene come nel male ed anche oltre! Ci si aspetta di trovare tanta leggenda e poca realtà, vista la distanza di tempo che ci separa dal periodo storico, in cui vissero e operarono: ma non è proprio così. L’Autore ci presenta i protagonisti sabaudi nella loro realtà, nella loro casa, con la propria famiglia e invitandoci a toccare con mano la quotidianità”, così scrive il prefatore Claudio, fratello dell’autore Marcello Falletti di Villafalletto. Si tratta di una seconda edizione, la prima è stata editata nel 1990. Il saggio narra le vicende del ramo Acaia dei Savoia, da Filippo, Signore del Piemonte e Principe d’Acaia, a Pietro Arcivescovo di Lione, ad Amedeo Arcidiacono di Reims, a Tommaso Canonico di Amiens e Vescovo Eletto di Torino, a Guglielmo, Abate di San Michele della Chiusa, a Giacomo, a Tommaso, Vescovo di Torino e d’Aosta, a Filippo II, ad Amedeo, a Margherita “La Beata”, Marchesa di Monferrato e infine a Ludovico. Un arco di tempo che va all’incirca dal 1268 al 1418. 150 anni durante i quali la loro breve dominazione si distinse per le qualità, i valori e i nobili scopi a cui si ispirarono.
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Il volume, inoltre, è ricco di immagini, di antichi ritratti e della tavola genealogica del ramo Acaia. In particolare, le vicende di Margherita Marchesa di Monferrato e poi Priora del monastero di Alba, la quale fu definita “paciera con il velo” e beatificata da papa Clemente X nel 1670. Considerata donna straordinaria dai suoi contemporanei, diplomatica e mediatrice di fatti e vicende molto delicate sia piemontesi ed europee sia della stessa Chiesa Cattolica. Il marito in punto di morte le disse: “Tu sei stata la margherita del sogno di Alba; continua ad esserlo ancora per i miei figli finché ne avranno bisogno”. Ed è proprio per questo che il lavoro del Preside Marcello risulta essere sempre prezioso, poiché riporta alla luce la storia di alcuni personaggi che hanno dato lustro all’intera comunità italiana. Nato da un attento studio di diversi testi e fonti antiche, è ricco di informazioni. Il termine deriva dal latino informo, che indicava l’azione di dare forma e foggia, ma anche educare, istruire e permettere ai lettori o agli uditori di farsi un’idea. Dunque, questo è il risultato raggiunto dall’autore, il quale con molta umiltà, grazie anche a un linguaggio scelto e mirato, riesce a coinvolgere il lettore nel suo amore per la storia e per la letteratura. “Con questo semplice spirito, ma con fiduciosa speranza, mi accingo a riordinare quello che ho potuto recepire, anche attraverso diverse ma utili
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fonti, affinché il lettore possa trovare piacevole diletto nel ripercorrere e incontrare: avvenimenti e personaggi vissuti lontano nel tempo; senza però essere dimenticati o affidati all’obblio, poco glorioso, della modernità”. Il libro termina con il motto dei benedettini, quale prezioso sigillo, Ut in omnibus glorificetur Deus. È un'esortazione che sta a significare che il lavoro di ogni monaco dovrebbe essere intrapreso in obbedienza, fede, penitenza e preghiera in modo che Dio possa essere glorificato in tutte le cose secondo, appunto, il motto dell'ordine ed è lo stesso modo in cui lo scrittore ha affrontato, non solo quest’ultima fatica, ma tutti i suoi lavori. Manuela Mazzola
MANUELA MAZZOLA PAROLE SOSPESE Il Convivio editore, Castiglione di Sicilia 2021, Euro 8. È una bella raccolta questa Parole sospese di Manuela Mazzola, scrittrice romana, già autrice, sempre per il Convivio editore, dei Frammenti di vita (2020). L’opera si avvale di un’introduzione di Piergiorgio Mori che lucidamente offre l’accessus al libello. Un libello connotato da intensa comunicatività e che ha il pregio di un dettato limpido, di schietta eleganza. I testi costruiscono, in sintesi fulminea, uno struggente ritratto di donna, filtrato attraverso lo sguardo filiale. Ciò che emerge è il senso del non detto, quella reticenza che crea spazi ellittici nella ricostruzione della vita della protagonista, consegnata a un’‘orfanità’ declinata come condizione ontologica. La raccolta si apre, infatti, con l’infanzia di tale figura femminile, nell’insistenza ossessiva sul motivo della perdita del padre a causa della guerra. Il primo concetto che si affaccia è quello dell’“ombra”: il genitore assente è come un lare protettivo, ma al contempo la sua morte equivale alla privazione dell’età dell’oro. La solitudine diviene una sorta
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di marchio quasimodiano, che imprime un andamento tentennante e perplesso al cammino (e quello dell’homo viator è uno degli elementi ricorrenti nella raccolta). Così, al suono, che impaurisce, delle sirene legate ai bombardamenti, alle macerie reali e metaforiche, all’incombere di un destino già segnato per quella bambina che ha fame di levità e insegue farfalle, emblemi di leggerezza, subentrano poi la maturità (cui sono dedicati pochi componimenti, quasi essa fosse una stagione troppo breve, in confronto al declino) e la vecchiaia. E qui lo spettro della morte per causa dell’infuriare della pandemia sembra tornare a ‘ingoiare ogni cosa’, tranciando la quotidianità della condivisione di attimi di vita con gli affetti più cari. Un ritratto di donna che è immagine di una generazione votata al sacrificio e alla rinuncia, orfana dei padri come dei figli, sacrificata sull’altare di un destino che impone la struggle for life e la sopravvivenza del più forte. V’è una muta eloquenza nel silenzio di questa donna, che torreggia con grande dignità sulle rovine della storia e della vita (“Eri una torre muta / su cui s’infrangono le onde” o ancora “Sembravi un monolite / nel deserto”). Sono molti i fattori che hanno attirato la nostra attenzione, a livello interpretativo. Il ricorrere del motivo del peso, un’idea dell’esistere come fardello che si trascina stancamente. Ancora colpisce l’insistenza sulla stasi e sull’attesa vana di un illusorio miracolo, di una felicità negata: “seduta sui gradini, / attendevi il futuro”; “A gambe incrociate / sedevi sulla poltrona”; “Mi guardavi / andare via / dietro recinzioni / di filo spinato”; “Resti in silenzio, / adagiata sulla grande sedia”; “Seduta / con le mani conserte, / guardi nel vuoto”. La madre è quindi rappresentata o in cammino o – più spesso – seduta, ma, anche nell’apparente movimento, il suo ci sembra, montalianamente, un “immoto andare”, connotato com’è dall’impossibilità di superare il limes invisibile che separa dalla pienezza del vivere, impedendola. La stasi reca con sé il concetto dominante della sospensione, la quale afferisce, nel titolo, ai verba, al non detto che erige steccati, ma anche alle “parole inascoltate”, vaganti in una sorta di limbo in attesa che qualcuno le raccolga e ne colga il senso, per mutarne il peso soffocante in leggerezza. Eppure Parole sospese non è affatto un’opera disperata. La scrittura riscatta i silenzi metafisici, perpetua la memoria di ciò che si perde nei valloni della storia, si traduce in forza creativa quando “le gambe sono pesanti”. Recupera con delicatezza le parole sospese e le offre all’ascolto, con una fiducia nuova. La speranza che “Prima o poi arriverà una risposta”. Gianni Antonio Palumbo
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JULIA PIKALOVA CAMMINARE SULL’ACQUA Poesie, Edizioni Giuseppe Laterza, 2021, € 30 Tanti oggi i libri che tentano di veicolare poesia senza ali a sostenere il volo, quindi una lieta sorpresa trovare un'autentica voce poetica. Ho tra le mani il volume di poesie: “Camminare sull'acqua” di Julia Pikalova (nativa di Mosca, laureata in lettere all'Università di San Pietroburgo) edito da Giuseppe Laterza di Bari. L'opera, corposa, con una esaustiva prefazione di Stefano Garzonio che ne delinea progettualità, stile e singolarità (è docente di Letteratura Russa all'Università di Pisa) contiene le liriche (escluse alcune) edite in russo, a Mosca, dalla Casa Editrice Steklo Graf (2020). Sono riprodotte in russo, con traduzione italiana di Paolo Statuti (poeta, prosatore e traduttore) nativo di Roma, residente in Polonia. Il libro si avvale poi delle incisioni del pittore russo Alexander Kostin, suggestive acqueforti, aderenti ai testi, ad arricchire l'edizione nella Collana “Terzo Millennio”. A questo punto si può tentare di entrare nel mondo lirico di Julia Pikalova. Questo perché, per quanto le traduzioni siano valide, sappiamo che il
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passaggio da una lingua all'altra fa perdere alla poesia parte della bellezza originale per difficoltà di aderenza significato-fonia (musicalità). Tuttavia, e va a merito di Statuti, le poesie della Pikalova conservano una eccezionale felicità fonica e questo in poesia è fondamentale. Si tratta di poesia raffinata, dotta, di chi ha tessuto lirico reale pur nella varietà dei temi, dei richiami, dei rimandi. Troviamo il mondo delle arti (i grandi della musica, scultura, narrativa, poesia) la natura, la politica, la vita... Qua e là sembra farsi strada una leggera malinconia, dettata forse dalla nostalgia della terra natia, ma la speranza e Dio tengono saldo il timone della navigazione poetica. Entriamo nel suo mondo lirico suddiviso in Cicli. Da Ciclo “Ritratti”: “Requiem: Voleva forse accomiatarsi?/ All'essenza togliere il velo?/ E quali neri uccelli/ Tagliavano il suo cielo?/ Come potevo bambina/ Sentendo la nera fine venire?/ Tutto nella esclamazione: Mozart, non morire?”. Dal Ciclo “Geografia”: “Acropoli: Esaurire la disperazione, le lacrime/ lamenti. Sopravvivere. Fermarsi/ No, non smetteranno di turbare/ Gli Dei da tanto tempo scomparsi./ Vedrò a un tratto sui monti urbani/ un portale in cielo sfolgorare:/ L'Acropoli nei riflettori dorati,/ Come Atena non la poteva sognare.” Dal Ciclo “Confidenziali” … tremando d'infinito P. Statuti “Tu ricordi, ricordi, com'erano tenui/ prima dell'alba gli ultimi momenti?/ noi semisvegli ci tenevamo stretti/ e i fringuelli ci chiamavano insistenti/ e cinguettavano: “senti-senti, dell'alba è ancora fresco il manto,” e si dilatavano le nostre anime, d'infinito tremando.” Dal Ciclo: “Camminare sull'acqua”: “All'alba un luccicchio di ragnatele,/ Dall'aria lievemente cullate, / E il lago in una nebbia rosata/ E nella nebbia le isole velate/ E nella nebbia - la tua riva lontana,/ e nessuno intorno a remare,/ E sembra non si sappia come uscirne,/ Ma l'uscita c'è - sull'acqua camminare.” Un iter poetico che sa unire alla capacità descrittiva profondità di pensiero e battito di cuore partecipe. Come afferma Garzonio in prefazione “Vi è un delicato volgersi al passato, quello del mito, quello della fede, quello della storia della cultura, senza la materiale crudezza della attualizzazione, dello strazio “globalizzante”...”. Un'autrice maiuscola di cui sentiremo parlare. Lucio Zaniboni
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D. Defelice: Il microfono (1960)
NOTIZIE PREMIO INTERNAZIONALE Poesia, Prosa e Arti figurative Il Convivio 2022, Scadenza: 31 Maggio 2022 - L’Accademia Internazionale Il Convivio e l’omonima rivista, in collaborazione con “Il Convivio Editore”, bandiscono la XXII edizione del Premio Poesia, Prosa e Arti figurative - Il Convivio 2022. Il premio è diviso in 5 CATEGORIE: 1. Premio “Sergio Corazzini” - CATEGORIA 1: a) Libro edito di poesia, pubblicato a partire dal 2017; b) Silloge di Poesie inedite, minimo 30 liriche, fascicolate e spillate o in unico file (pena l’esclusione); 2. Premio “Luigi Pirandello” - CATEGORIA 2: a) Libro edito di narrativa, pubblicato a partire dal 2017; b) Narrativa inedita, romanzo o raccolta di racconti (minimo 25 cartelle, A4, corpo 12, interlinea singola); è da inviare obbligatoriamente una sinossi dell’opera (max 20 righe), pena l’esclusione. 3. Premio “Pablo Neruda” - CATEGORIA 3: Libro edito in lingua straniera pubblicato a partire dal 2017. 4. Premio “Il Convivio” per poesia singola - CATEGORIA 4: poesia singola edita o inedita, a tema libero, in lingua italiana; 5. Premio “Artemisia Gentileschi” - CATEGORIA 5: Arti figurative, inviare due foto chiare e leggibili di un’opera pittorica o scultorea. REGOLAMENTO: Categorie 1a, 2a e 3 (libro edito italiano e straniero): inviare o il volume cartaceo in
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tre copie, o il PDF, compreso di copertina, munito di codice ISBN. Categorie 1b e 2b (narrativa o raccolta di poesie inedite): inviare o il formato cartaceo in tre copie o per e-mail in duplice copia, una con dati personali ed una anonima. Categoria 4 (poesia singola edita o inedita): inviare il formato cartaceo in cinque copie o per e-mail in duplice copia, una con dati personali ed una anonima. Categoria 5 (Arti figurative): inviare foto cartacea o per e-mail, in duplice copia, specificando nome, titolo, dimensioni e tecnica. Scadenza: 31 maggio 2022 (per cui fa fede il timbro postale o la data di invio dell’e-mail): inviare il cartaceo a Il Convivio: Premio “Poesia, Prosa e Arti figurative”, Via Pietramarina Verzella, 66 95012 Castiglione di Sicilia (CT) - Italia. O per email a: manittaangelo@gmail.com; angelo.manitta@tin.it oppure enzaconti@ilconvivio.org; Si può partecipare a più categorie, ma con una sola opera per sezione. Per le tre edizioni successive del Premio, l’autore primo classificato non potrà partecipare alla sezione nella quale è risultato vincitore. Non si può ripresentare lo stesso libro edito proposto nelle edizioni precedenti del Premio né partecipare con opere pubblicate da Il Convivio Editore. Premiazione: autunno 2022. Premi: CAT. 1): sez. a) Libro edito di poesia: € 300,00 per il primo classificato + targa e diploma; sez. b): per il primo classificato pubblicazione dell’opera con 30 copie omaggio + targa e diploma. CAT. 2): sez. a) Libro edito narrativa: € 300,00 per il primo classificato + targa e diploma; sez. b): per il primo classificato pubblicazione dell’opera con 30 copie omaggio + targa e diploma. CAT. 3): Libro edito stranieri: ai primi classificati targhe (in presenza) e diplomi telematici. CAT. 4): Poesia singola: Primo classificato: € 100 + targa e diploma. CAT. 5) Arti figurative: per il primo classificato pubblicazione gratuita dell’opera in prima di copertina della rivista Il Convivio + targa e diploma. Per secondi e terzi classificati di tutte le categorie: targa e diploma. Sono previsti Premi speciali e diplomi di merito per Segnalati e Menzionati. La partecipazione prevede un contributo di euro 15,00 per spese di segreteria per una sezione, per ogni sezione successiva di ogni categoria sono da aggiungere euro 5,00. Solo per i soci dell’Accademia
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Il Convivio il contributo complessivo è di euro 10,00, con possibilità di partecipazione a tutte le categorie. Da inviare o in contanti o con bonifico Iban: IT 30 M 07601 6500 000093035210 oppure ccp n. 93035210. Intestazione: Accademia Internazionale Il Convivio, Via Pietramarina Verzella, 66 - 95012 Castiglione di Sicilia (CT); causale: Premio Il Convivio 2022, specificando la categoria. Per informazioni: tel. 0942-986036, cell. 333-1794694, e-mail: manittaangelo@gmail.com; angelo.manitta@tin.it.; enzaconti@ilconvivio.org; sito: www.ilconvivio.org ( Il presidente del Premio Angelo Manitta) *** Premio Letterario Internazionale Xenia Book Fair I Edizione, Scadenza 30 giugno 2022 - L’Associazione Culturale “Xenia Book Fair” organizza la prima edizione del Premio Letterario Internazionale Xenia Book Fair. 1. Al Premio possono partecipare tutti gli scrittori italiani e stranieri con opere in lingua italiana. 2. Il giudizio della giuria è insindacabile e inappellabile. 3. I finalisti saranno preavvisati telefonicamente e tutti i partecipanti al concorso potranno prendere visione della graduatoria definitiva e del giorno e l’ora della cerimonia di premiazione consultando il sito www.xeniabookfair.it 4. La partecipazione al Premio comporta la piena accettazione di tutte le clausole del presente regolamento. MODALITÀ D’ISCRIZIONE La quota di partecipazione deve essere versata sul c/c postale 69722056 intestato alla casa editrice Leonida Via San Nicola Strozzi, 47 - 89135 Gallico Superiore (RC) o tramite bonifico (IBAN IT08I0760116300000069722056) indicando nella causale la sezione del concorso a cui si partecipa. Gli autori dovranno far pervenire entro il 30 giugno 2022 copia dell’opera in formato word unitamente al modulo d’iscrizione (allegato A) debitamente compilato e copia dell’avvenuto versamento. Il tutto dovrà essere spedito all’indirizzo di posta elettronica leonidaedizioni@libero.it SEZIONI DEL CONCORSO A - Narrativa inedita
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Si partecipa inviando un romanzo inedito (tema libero). La quota di partecipazione è di euro 20,00. B - Silloge inedita Si partecipa inviando una silloge inedita (che dovrà avere un titolo e potrà contenere dalle 30 alle 60 poesie). La quota di partecipazione è di euro 20,00. PREMI Per la sezione A - Narrativa inedita Primo classificato: premio in denaro pari a € 5.000,00, edizione con regolare contratto di pubblicazione del romanzo, targa partecipazione alla serata finale del 7 agosto 2022 (in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair) in qualità di Ospite al “salotto letterario”. Secondo classificato: edizione con regolare contratto di pubblicazione del romanzo, targa e partecipazione alla serata finale del 7 agosto 2022 (in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair) in qualità di Ospite al “salotto letterario”. Terzo classificato: edizione con regolare contratto di pubblicazione del romanzo, targa e partecipazione alla serata finale del 7 agosto 2022 (in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair) in qualità di Ospite al “salotto letterario”. Per la sezione B - Silloge inedita Primo classificato: premio in denaro pari a € 1.000,00, edizione con regolare contratto di pubblicazione della silloge, targa e partecipazione alla serata finale del 7 agosto 2022 (in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair) in qualità di Ospite al “salotto letterario”. Secondo classificato: edizione con regolare contratto di pubblicazione della silloge, targa e partecipazione alla serata finale del 7 agosto 2022 (in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair) in qualità di Ospite al “salotto letterario”. Terzo classificato: edizione con regolare contratto di pubblicazione della silloge, targa e partecipazione alla serata finale del 7 agosto 2022 (in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair) in qualità di Ospite al “salotto letterario”. La cerimonia di premiazione si svolgerà domenica 7 agosto 2022 (salvo disposizioni diverse e/o impedimenti di natura sanitaria) presso l’Arena dello Stretto di Reggio Calabria in occasione della VII edizione di Xenia Book Fair – la Fiera Nazionale del Libro
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all’Aperto di Reggio Calabria – www.xeniabookfair.it. Saranno invitati i finalisti di entrambe le sezioni e nel corso della cerimonia di premiazione si renderà pubblica la graduatoria dei primi tre classificati di ogni sezione. I Premi dovranno essere ritirati nel giorno indicato direttamente dagli interessati. La mancata partecipazione alla cerimonia di premiazione, qualsiasi ne sia il motivo, implica l’automatica decadenza dalla classifica e dai premi assegnati. Altri premi: menzioni d’onore, segnalazioni, riconoscimenti vari. L’Associazione Culturale “Xenia Book Fair” si riserva la facoltà di proporre ai migliori classificati iscritti al Concorso – oltre ai premi e riconoscimenti previsti – contratti di pubblicazione che non prevedono nessuna forma di compartecipazione economica da parte dell’autore (di edizione a termine, di edizione per edizione). Tutti i contratti di pubblicazione saranno stipulati con la Leonida Edizioni – www.editrice-leonida.com) INFORMAZIONI Associazione Culturale “Xenia Book Fair” via San Nicola Strozzi, 47 - 89135 Gallico Superiore (RC) - email: leonidaedizioni@libero.it www.xeniabookfair.it tel. 0965 885880 (lunven – 15.00/16.00) *** 100 ANNI FA NASCEVA IL GRANDE POETA PETER RUSSELL – Martedì 8 febbraio 2022, la Società delle Belle Arti, il Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, Pianeta Poesia 2021, col patrocinio del Comune di Castelfranco-Piandiscò, è stato ricordato Peter Russell nel centenario della sua nascita. Titolo del convegno: “Io nacqui per navigare la brezza”. Presentazione e lettura a cura di Leonello Rabatti e Marco Prina, entrambi dell’Associazione Culturale Peter Russell; a coordinare l’evento, Annalisa Macchia, evento che è stato trasmesso in diretta streaming sulla pagina facebook del Circolo degli Artisti Casa di Dante. Pomezia-Notizie ringrazia Leonello Rabatti per questo ricordo dell’indimenticabile amico e Poeta, che ha scelto l’Italia e la Toscana per trascorrere gran parte della sua straordinaria vita. Peter
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Russell stimava moltissimo Rabbatti, gli voleva un gran bene: “Forse il mio amico e vicino, Leonello Rabatti, scriverebbe qualcosa – ci faceva sapere Peter Russell in una sua lettera del 30 luglio 1996 -. Rabatti è una persona carissima; sia a me che a mio figlio. Sembra incredibile ma il nostro “Leoncello” è ONESTO”. Un uomo raro, insomma, che, per fortuna, assieme a molti altri, gli stavano vicini per aiutarlo, distinguendosi da quella massa che Russell definiva “la dittatura dei ‘progressisti’, super/stalinisti, in Toscana” (6 gennaio 1995). D. Defelice *** PREMIO LETTERARIO RUDY DE CADAVAL, 1^ EDIZIONE – 2022. BANDO E REGOLAMENTO – Poesia in lingua italiana - 1) Nell’ambito delle iniziative promosse per ricordare l’illustre figura di Rudy De Cadaval, di preservarne la memoria e trasmettere alle future generazioni la sua importante produzione di artista nel campo della letteratura, viene pubblicato il presente bando e regolamento del Concorso di poesia
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in lingua italiana denominato: Premio Letterario “Rudy De Cadaval”, 1^ Edizione 2022 – Patrocinio del Comune di Cervara di Roma. 2) Il concorso è aperto a tutti coloro che, al momento della pubblicazione del presente bando, abbiano compiuto il 18° anno di età, siano essi cittadini italiani o stranieri, residenti in Italia o all’estero. Non è ammesso l’anonimato, né l’uso di pseudonimi se non corrispondenti alla vera identità accertata del concorrente. 3) Ogni singolo concorrente potrà partecipare con una sola poesia, sia edita che inedita, rigorosamente in lingua italiana, chiaramente leggibile e riportata su foglio A4, usando un carattere di scrittura tipo Arial o Times New Roman, di dimensione corpo 12, in formato Microsoft doc/word, (in alternativa è ammesso il formato Open Office ODT). L’opera in concorso non dovrà superare i 60 (sessanta) versi. Il tema di ogni componimento è a libera scelta del concorrente. 4) Ogni elaborato in concorso dovrà essere frutto dell’ingegno dell’autore partecipante. Pertanto, la sola iscrizione al concorso costituisce tacita accettazione di questa regola e solleva l’organizzazione del premio da ogni responsabilità nel caso in cui dovessero verificarsi eventuali plagi da parte del concorrente. 5) Le opere inviate non saranno restituite. I concorrenti, all’atto della loro partecipazione al concorso, formalmente e di fatto autorizzano, senza pretesa alcuna per diritti di sorta, l'utilizzo e la pubblicazione dei componimenti presentati. Nello specifico, tale condizione vale come espressa ed indiscussa volontà da parte dell’autore, il quale autorizza l’organizzazione a pubblicare l’opera inviata nelle diverse forme disponibili, sia analogiche che digitali. Tuttavia, i diritti delle opere rimangono di proprietà dell’autore. 6) La partecipazione al concorso è gratuita 7) Il file contenente l’opera in concorso,
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dovrà essere inviato esclusivamente tramite posta elettronica non certificata del concorrente al seguente indirizzo: premiorudydecadaval@gmail.com Non è ammesso e non sarà preso in considerazione il materiale pervenuto tramite altre forme di spedizione postali e non (fax, raccomandate, corriere etc.). Nell’arco delle 24H successive alla spedizione, il mittente riceverà una mail di avvenuta ricezione del messaggio inviato. In caso contrario, dovrà ripetere l’operazione fino alla suddetta conferma. 8) Sulla home-page della e-mail utilizzata per l’invio dell’allegato - il concorrente dovrà trascrivere la domanda di partecipazione (vedi schema riportato alla fine del presente bando) indirizzata al Concorso Letterario “Rudy De Cadaval”, completa in tutte le sue parti dei dati personali corrispondenti al mittente: nome, cognome, data di nascita, indirizzo di residenza, indirizzo di posta elettronica non certificata, contatti telefonici, accompagnati dalla dicitura: “chiede di poter essere ammesso a partecipare al Premio Letterario “Rudy De Cadaval” – 1^ Edizione” –
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Sezione poesia in lingua italiana con l’opera intitolata (…………………), firmata ai sensi dell’art. 3 comma 2 del D. Lgs. n. 39/1993. La domanda di partecipazione, completa di allegato, dovrà pervenire al suddetto indirizzo entro e non oltre le ore 24:00 del 10 maggio 2022. Le domande di partecipazione che giungeranno oltre l’ora e la data stabilita dal presente bando, saranno immediatamente escluse dal concorso. Saranno altresì escluse tutte le domande inviate prive di allegato e dati del concorrente, ovvero incomplete in almeno una delle parti richieste dal bando. I dati dei partecipanti saranno raccolti ed utilizzati unicamente per le finalità di gestione del concorso in oggetto ai sensi del D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196. 9) L’organizzazione declina ogni responsabilità per disguidi che si dovessero verificare durante l’invio del materiale. 10) Le opere ricevute che risulteranno in regola con quanto previsto dal presente bando, saranno valutate da un’apposita Giuria di esperti della materia i quali, oltre ad esprimere un giudizio vincolante e deliberativo sulla qualità delle opere in concorso, avranno il compito prioritario di garantire l’imparzialità delle decisioni finali. Il giudizio della Giuria del concorso è insindacabile ed indiscutibile. Le decisioni adottate dalla Commissione giudicatrice sono inappellabili e s’intendono accettate dai concorrenti nell’atto in cui decidono di partecipare al premio. Con l’iscrizione i partecipanti assumono la piena consapevolezza in merito a tali condizioni. 11) Al termine della valutazione delle opere in Concorso, la Giuria selezionerà i 15 (quindici) finalisti del Premio Letterario “Rudy De Cadaval” 1^ Edizione - 2022, mentre la classifica finale si conoscerà nel corso della cerimonia di premiazione che si terrà a Cervara di Roma durante le manifestazioni estive organizzate dall’Ente. Nomi dei finalisti e data della serata di premiazione verranno comunicati dopo il 30 giugno 2022, comunque almeno 30 (trenta) giorni prima della cerimonia finale.
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L’organizzazione non è tenuta a fornire alcuna comunicazione o spiegazione sull'esito della valutazione ai concorrenti che risulteranno esclusi dalla rosa dei finalisti. Ai quindici finalisti verrà invece data tempestiva comunicazione sull’esito della valutazione, tramite lo stesso indirizzo di posta elettronica utilizzato dal concorrente per partecipare al concorso. Contestualmente, l’elenco dei primi quindici finalisti verrà reso noto e divulgato attraverso i canali di comunicazione disponibili (social network, siti internet ecc.). Nel corso della serata di premiazione, in base all’ordine della classifica, i primi tre classificati saranno chiamati a declamare le rispettive opere in concorso. È possibile anche avvalersi di interpreti/lettori di propria fiducia. I premi in palio saranno così ripartiti: Premio 1° Classificato – Targa e attestato Premio 2° Classificato – Targa e attestato Premio 3° Classificato – Targa e attestato Attestato di partecipazione ai finalisti. Eventuali altri premi si conosceranno nel corso della serata finale. I premi assegnati dovranno essere ritirati dai diretti interessati o da delegati autorizzati preventivamente. Non sono previste spedizioni. In caso di assenza dei diretti interessati o di loro delegati, il premio non verrà assegnato. Per ulteriori informazioni e chiarimenti è possibile inviare una e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica: premiorudydecadaval@gmail.com GIURIA PREMIO LETTERARIO RUDY DE CADAVAL 1^ Edizione- 2022 PRESIDENTE ONORARIO - CLAUDIA FORMICONI COMPONENTI - ALAN DAVID BAUMANN, PAOLA CASULLI, TITO CAUCHI, DOMENICO DEFELICE, VINCENZO FAUSTINELLA, ANNA FRESU, GRAZIA FRESU, VINCENZO GUARRACINO, ELENA LATTES, PASQUALE MONTALTO, ENZO MONTANO, MAX PONTE, MICHELE RICCADONNA, GLORIA RIVOLTA, PIETRO ROCCO, PAOLO
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RUFFILLI, ANTONELLA SANTARCANGELO, GHETI VALENTE. SCHEMA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE DA RIPORTARE SULLA PAGINA E-MAIL SPETT.LE PREMIO LETTERARIO RUDY DE CADAVAL Il/la sottoscritto/a ___________________________________ nato/a a ___________________________________ il ___________________________________ residente a ___________________________________ e-mail ___________________________________ tel. ____________________ cell. _________________ chiede di poter essere ammesso a partecipare al Premio Letterario RUDY DE CADAVAL – 1^ Edizione – Sezione Poesia in lingua italiana con la poesia intitolata (……………………………………..). Data……………………………. In fede Nome e cognome firma autografa omessa ai sensi dell’art. 3 comma 2 del D. Lgs. n. 39/1993 *** CONDOGLIANZE – Apprendiamo con molto ritardo della dipartita di Michele, marito della nostra collaboratrice dall’Australia, Cav. Giovanna Li Volti Guzzardi. Sapevamo della sua non buona salute, ma non a tal punto da essere in pericolo di vita. Alla cara Amica e a tutta la sua Famiglia, le condoglianze della Direzione, della Redazione e di tutti i lettori che la stimano e continuano a volerle un gran bene. MICHELE MIO! Dopo quasi 60 anni insieme, sono sola, Michele mio sei andato via, ed io sono avvolta da una tremenda malinconia. Con Gesù,
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nel Suo Santo Paradiso sarai felice, io ti raggiungerò e insieme a te sorriderò, ma ora senza di te non ragiono più, ho perso la memoria, la tristezza ha invaso il mio cuore, che è vuoto, senza più amore! La mia vita è sommersa dal dolore, ti prego stai vicino a me, confortami, fammi sentire il tuo respiro. Oh mio Gesù, aiutami Tu, fa che presto sia anch’io lassù! 3 – 1 – 2022 Giovanna Li Volti Guzzardi Australia
LIBRI RICEVUTI ANTONIO CRECCHIA – In zona rossa e oltre – Introduzione di Daniela Marra, Ediemme – Cronache Italiane, 2021, pagg. 108, € 18,00. Antonio CRECCHIA è nato a Taverna (CB) e risiede a Termoli. Sue poesie sono inserite in numerose antologie di prestigio nazionale e pubblicate in diverse riviste letterarie. Ha ancora molte opere inedite saggi critici e poesie - e gli sono stati assegnati oltre cento premi e riconoscimenti. Socio di varie Accademie, traduttore dal francese - Au coeur de la vie (2000), di Paul Courget; Fragments (2002), di Paul Courget; Diadème (2003), di Paul Courget; Jardins suspendus (2005), di Andrée Marik; Le poémein (2005), di Jean-René Bourlet; MerOcéan (2006), di Andrée Marik; Sur la plage de l’océan (2008), di Yann Jaffeux -, ha avuto incontri con alunni di vari istituti e con docenti di materie letterarie che hanno preso in esame vari componimenti della sua produzione poetica, esercitando un’accurata e puntuale analisi testuale. Opere a lui dedicate: Il Walhalla di un poeta (2010), di Lycia Santos do Castilla; La maturità poetica di Antonio
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Crecchia nella rassegna critica di AA. VV. (2015); La sensibilità poetica e critica di A. Crecchia (2017), di Vincenzo Vallone; A. Crecchia: L’uomo, il poeta, il saggista (2017), di Brandisio Andolfi; Crecchia nel giudizio della critica (Vol. I, 2017), di AA. VV.; Crecchia all’esame della critica (Vol. I, 2017), di AA. VV. eccetera. Lungo l’elenco delle sue pubblicazioni. Poesia: Il mio cammino (1989), Soave e gentile mia terra (1992), Parole per colmare silenzi (1993), Tarassaco di nuova primavera (1994), Ascesa a Monte Mauro (1995), Lirico autunno (1998), Lo spazio del cuore (1999), Oltre lo spazio della vita (2003), Frammenti (2004), All’ ombra del salice (2004), Ossezia e oltre (2005), In morte del Papa Magno (2005), Fiori d’argilla (2006), I giorni della canicola (2008), Nuovi frammenti (2008), I giorni della fioritura (2008), Un po’ per celia, un po’ per arte (2009), Notte di Natale (2009), Luci sul mio cammino (2009), Aliti di primavera (2010), Nei risvolti del tempo (2012), Pensieri al vento (2016), Poesie occasionali (2016), Canti di primavera (2016), Florilegio poetico (2017), Foschie (2017), Barlumi (2017), Costellazione di versi (2019), Con il sommo poeta Dante (2021). Saggistica: Dentro la poetica di Rosalba Masone Beltrame (1992, sec. ed. 1993), La dimensione estetica di Brandisio Andolfi tra poesia e critica (1994), Orazio Tanelli (1995), Silvano Demarchi: Un poeta di spessore europeo (2002), La folle ispirazione Coscienza etica e fondamenti estetici nelle opere di Vincenzo Rossi (2006), L’evoluzione poetica, spirituale e artistica di Pasquale Martiniello (2007), Pasquale Martiniello: Poeta ribelle ad ogni giogo (2008), Carmine Manzi: Esemplarità e fertilità di una vita dedicata alla cultura (2009), La militanza letteraria di Silvano Demarchi dall’esordio ad oggi (2011), Vincenzo Vallone: Valori e ideali, realtà e fantasia (2013), Il mondo poetico di Rita Notte - un’artista della parola (2013), Brandisio Andolfi (2014), Vincenzo Rossi: Un talento creativo al servizio della cultura (2014), Carlo Onorato: La missione
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sociale educativa di uno scrittore molisano (2014), Lycia Santos do Castilla: La grande matriarca dell’arte espressiva (2016), Itinerario scientifico-letterario di Corrado Gizzi (2017), Pasquale Martiniello Atto Secondo (2021). Ricerca storica: Taverna, ottobre 1943 (1990), Taverna - Dalle origini alla Grande Guerra (2006), Tavernesi nella Grande Guerra (2016). Teatro: Eccidio in casa Drusco (2008), Ius primae noctis (2008), Mythos il fascino del mito antico (2017), Natale in versi (2018). Prosa: Aforismi (vol. I, 2019). ** ALDO SISTO – Dio assoluto e Dio persona – Presentazione dell’editore Sandro GrosPietro, Prefazione di Alessandra Damiani; in copertina, a colori, “Creazione di Adamo”, di Michelangelo (1511). Genesi Editrice, 2021, pagg. 238, € 16,00. Aldo SISTO è nato a Palagianello (Taranto) il 9 ottobre 1934. Laureato in Giurisprudenza, ha lavorato a Torino come ispettore INAIL; dirigente dal 1969, ha diretto le sedi di Ivrea, Pavia, Udine, Cuneo e Torino, chiudendo la carriera come Direttore regionale del Piemonte. Si è sempre occupato della filosofia e, in specie, della filosofia del diritto. Ha curato, con altri, eventi di poesia religiosa (Via Crucis del poeta – 2015; Mysteria Christi – 2015; Via Lucis del poeta – 2016; Natale del poeta – 2017). Figura nella Storia della letteratura – Personaggi per la Storia, sezione Poeti Italiani; è stato tradotto in spagnolo, tedesco, portoghese, rumeno, albanese e arabo. Vice presidente dell’Associazione Culturale Poesia attiva; redattore della rivista Vernice; collabora alla rivista Talento, all’Associazione rumena in Italia Flacara; conduce attività ricreative di volontariato; cultore di musica eccetera. Tra le sue pubblicazioni: L’origine storica del diritto (1967), Cinquanta emozioni (poesia, 2010), Quanti Gesù? (romanzo, 2011), Viaggiando con l’ippogrifo (poesia, 2013), Riflessioni su un percorso – dal cervello allo spirito (saggio filosofico, 2016), A passeggio con la vita (poesia, 2017), L’alcova tra le pietre (poesia, 2019).
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** LUCIO ZANIBONI – L’allegoria del vento – Poesie, Prefazione di Neria De Giovanni; in copertina, a colori, particolare da “Alberi al vento” di Fulvio Cavaliere. Nemapress Edizioni, 2021, pagg. 114, € 15,00. Lucio ZANIBONI è nato a Modena, ma vive a Lecco. Ha insegnato nelle scuole di vario ordine e grado. Inserito in Antologie e nella “Storia della Letteratura Italiana – Il Secondo Novecento” (1993) e nella “Letteratura e Società Italiana dal II Ottocento ai nostri giorni” a cura di Carmelo Aliberti, oltre che in “Poeti Latini” tradotti da “Scrittori Italiani Contemporanei” della Bompiani (1993). Ha vinto numerosi Premi, tra cui, per due volte, il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Collabora a giornali e riviste e ha curato molte antologie. Tradotto in francese, inglese, greco, spagnolo, portoghese, cinese e albanese. Numerose le sue pubblicazioni, prefate da valenti scrittori come: Bellezza, Cappi, Esposito, Lanza, Manacorda, Martelli, Martellini, Moretti, Pazzi, Piromalli, Rea, Ruffilli, Sanesi, Sozzi, Squarotti, Ulivi, Valli; ne ricordiamo alcune: Una fiche ancora (1990), Origami e Kirigami (1991), Quello splendido filo (1992), Interludio leccese (1999), Il tempo e l’eterno (2001), Sulla pista del giorno (2002), Le guerre e la pace (2002), Rouge et noir (2003), Una sfinge d’argento (2004), Il leone di pietra (2004), La giostra della vita (2005), Al galoppo verso il sole (2006), Le parole e il cuore (2006), Il solco e altri segni (2007), Al di là delle ombre (2007), Un La per favore (2013), L’antico ritornello (2019).
TRA LE RIVISTE IL CONVIVIO – Trimestrale fondato da Angelo Manitta e diretto da Enza Conti – via Pietramarina-Verzella 66 – 95012 Castiglione di Sicilia (CT) – E-mail: angelo.manitta@tin.it; enzaconti@ilconvivio.org – Riceviamo il n. 87, ottobre-dicembre 2021, dal
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quale segnaliamo l’intervista a cura di Angelo Manitta a Matteo Collura; André Malraux, di Marilena Genovese; Vittorini e l’equivoco neorealista, di Francesca Luzzio; Maurizio Soldini, Il sodalizio con gli specchi, di Carmine Chiodo; Angelo Manitta, La botanica di Dante, di Patrizia Tocci eccetera. Segnaliamo, inoltre, a diverso titolo, le firme di Mariagina Bonciani, Enza Conti (schede pittori), Antonia Izzi Rufo, Manuela Mazzola (per Imperia Tognacci). * ILFILOROSSO – periodico diretto da Luigina Guarasci, responsabile Valter Vecellio – via Marinella 4 – 87054 Rogliano (CS) – email: info.ilfilorosso@gmail.com – Riceviamo il n. 71, luglio-dicembre 2021, con saggi di: Giuseppe Leonetti, Maria Virginia Basile, Valter Vecellio; Filodivoce di: Enzo Ferraro, Corrado Calabrò, Enea Biumi, Salvatore Jemma, Ettore Marino, Franco Araniti, Giancarlo Baroni, Annalena Cimino, Rosella Naccarato, Alessia Prosperoso, Paolo Polvani, Lella Buzzacchi, Simone Francesco Mandarini, Massimo Guidi, Angela A. Milella, Francesco Varano, Francesco Politano; Note e noterelle di: Michele Lalla, Roberto Talamo, Maria Di Venuta, Pasquale Scarpitta, Maria Lenti, Gianluca Albanese, Giuseppe Sassano, Lorenzo Coscarella; FilodArte: Enza Capocchiani. * FIORISCE UN CENACOLO – mensile di lettere e arti fondato da Carmine Manzi nel 1940, diretto da Anna Manzi – 84085 Mercato S. Severino (Salerno) – e-mail: manzi.annamaria@tiscali.it – Riceviamo il n. 10-12, ottobre-dicembre 2021, dal quale segnaliamo: Le donne di Dante, di Mario Landolfi; Antonia Izzi Rufo “Omnia vincit amor”, di Isabella Michela Affinito; Totò, Pasolini e la fiaba di Pinocchio, di Aldo Marzi; Tito Cauchi “Profili critici 2012”, di Isabella Michela Affinito; poesie di Carmine Manzi. * L’ATTUALITÀ – mensile diretto da Cosmo Giacomo Sallustio Salvemini – via Lorenzo
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il Magnifico 25 – 00013 Fonte Nuova (Roma) – e-mail: lattualita@yahoo.it – Riceviamo il n. 1, gennaio 2022, nutritissimo, come al solito. Tra le firme, segnaliamo quelle delle nostre collaboratrici Manuela Mazzola, Adalgisa Biondi, Isabella Michela Affinito. ___________________________________ ___________________________________
È IN TRADUZIONE NEGLI STATI UNITI D’AMERICA la silloge di poesie
12 MESI CON LA RAGAZZA di Domenico Defelice A tradurla è la dottoressa scrittrice e poetessa
Aida Pedrina Ecco, di seguito, un brano nell’originale e nella bella traduzione: SOTTO IL SOLE D’ESTATE Vieni qui. Ascolta. Vorrei che il vento volasse tra le siepi addormentate e ricamarti sulle sue ali una canzone, una canzone di gemiti e sospiri per farti innamorare. Non sfogliare le rose indifferente: lo sciupio dei petali è lo sciupio dei sogni. Vieni qui. E mentre tu, con l’ago nelle mani fatate, trasformerai quei petali in corone, io col pennello, a sprazzi rossi, sotto il sole d’estate, fermerò sulla tela il sogno e il tempo.
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UNDER THE SUMMER'S SUN Come here. Listen. I would like the wind to fly through the sleeping edges and embroider for you on its wings a song, a song of sighs and whispers to make you fall in love. Don't tear the roses uncaring: the waste of petals is the waste of dreams. Come here. And while you, with a needle in your fairy-like hands, will change those petals into crowns, I with the brush, with red splashes, under the summer's sun, will stop on canvas time and dream.
AI COLLABORATORI Inviare i testi (prodotti con i più comuni programmi di scrittura e NON sottoposti ad impaginazione o altro) preferibilmente attraverso E-Mail: defelice.d@tiscali.it. Mantenersi, al massimo, entro le tre cartelle (per cartella si intende un foglio battuto a macchina da 30 righe per 60 battute per riga, per un totale di 1.800 battute); per quelli più lunghi, prendere accordi con la direzione. Si ricorda che Pomezia-Notizie non ha pubblicità e si mantiene solo attraverso i contributi dei lettori. Per ogni ed eventuale versamento, assolutamente volontario: Domenico Defelice - via Fratelli Bandiera 6 - 00071 Pomezia (RM). Codice IBAN: IT37 N076 0103 2000 0004 3585 009 - Il mensile è disponibile gratuitamente sul sito www.issuu.com al link: http://issuu.com/domenicoww/docs/ - Per chi vuole ricevere on line la versione pdf, versamento annuale di € 30.
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