e-borghi travel magazine: n. 18 - ottobre 2020

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Anno 2 Numero 18 Edizione gratuita

SPECIALE ARTE E DIMORE STORICHE Veneto, seduttivo e creativo Piemonte, bellezza reale Moncalvo, Medioevo e cultura Val di Fiemme, arte e natura

Oltreconfine:

Tibet, le dimore dello spirito

Lifestyle:

eterno, moderno Lazio

Leggende e curiositĂ

www.e-borghitravel.com



Libertà singolare.

Piemonte. L’esperienza che non ti aspetti. L’acqua, l’aria, la terra: uno spazio, mille sensazioni. La scoperta di un territorio che sa offrire più esperienze, più opportunità di sport e svago, da vivere in libertà e in compagnia, per ritrovare piaceri autentici, benessere e serenità.

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Villa Pisani, Stra Luca Lorenzelli*


® e-borghi travel 18 • 2020 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Coordinatore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Alessandra Boiardi, Amina D’Addario, Oriana Davini, Gaia Guarino, Luca Sartori, Nicoletta Toffano Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92, 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 Crediti fotografici: * Shutterstock.com L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 - 2020 e-borghi®

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eLuciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato

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assato e presente. Uniti, indissolubilmente. Un arazzo del tempo dei borghi italiani, costellati d’arte contemporanea e da dimore storiche, queste ultime con la cronaca incisa nella pietra e un carico di suggestioni che incantano. Consentendo, a chi ne varca la soglia, di riviverne in diretta e in prima persona tutto il magnetismo. E a ogni coordinata geografica del Belpaese, dove castelli, ville e palazzi palesano un legame forte con il territorio in cui sono incastonati, da scoprire soprattutto in questa stagione, per (ri)assaporare la scoperta del patrimonio nazionale non solo in scenari naturali, ma anche in sedi indoor. Per questo abbiamo realizzato lo speciale “Arte e dimore storiche”, un viaggio attraverso i borghi dipinti che costellano l’Italia, località trasformate in musei en plein air dagli affreschi di artisti di oggi e manieri, residenze e rocche antiche con tutto il corollario di leggende e apparizioni tramandate nei secoli. Dalla fantasia passiamo al reale, dirigendoci subito in Piemonte. Che siano i grandiosi palazzi del potere nel cuore di Torino o le regge fuori città, scoprire le residenze reali sabaude della regione significa essere catapultati in un passato elegante e prezioso, testimoniato da ben ventidue monili annoverati nel Patrimonio Unesco. Sempre in Piemonte, ecco un focus su Moncalvo – in provincia di Asti -, presidio d’arte e di storia con il castello medievale, il torrione e i camminamenti. Si parte quindi per la Val di Fiemme, in questa stagione dai colori fiammanti, forziere di cultura e natura. Un esempio su tutti: il suo “RespirArt” è uno dei parchi d’arte più alti al mondo, a oltre duemila metri d’altitudine. Ma la Val di Fiemme è molto altro ancora: ve lo riveliamo con un servizio dedicato e un video che abbiamo appositamente girato nel territorio. Ci dirigiamo ancora più a oriente e arriviamo in Veneto, dove la seduzione dell’arte è un gioco di chiaroscuri fra grandi classici e inediti, spettacolarità e discrezione, coreografie green e circuiti d’architettura. Buon viaggio, allora. Non aggiungiamo altro. Seguiamo il pensiero di Georges Braque, padre del cubismo insieme a Picasso: «C’è una sola cosa che valga in arte: quella che non si può spiegare». Luciana Francesca Rebonato Coordinatore editoriale


Sommario Veneto

Val di Fiemme

Musei senza soffitto

Piemonte

Moncalvo

C’è qualcuno nella dimora?


I biscotti di Leopardi e non solo‌

Antica Pasta

Montasio

Col Vetoraz

Territori, lifestyle e design

Oltreconfine: Tibet

Leggende

CuriositĂ

In copertina: Marostica, Vicenza Gandolfo Cannatella




Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT


Te s o r i veneti I

l Veneto è la regione italiana che conta più presenze turistiche. È una terra che con la sua ricca offerta turistica riesce a soddisfare anche le masse di visitatori più esigenti e raffinati. Alla moltitudine di paesaggi e sapori, cultura e storia, artigianato ed eventi, il Veneto accosta una straordinaria costellazione di tesori artistici, custoditi in vivaci città e in minuscoli borghi, nelle campagne, sul mare e tra i monti. Dalla laguna alle colline, dalle Prealpi alle Dolomiti, è un susseguirsi di preziose testimonianze, espressione della storia

e della cultura che hanno sempre contraddistinto il Veneto. Tra le perle dell’arte e dell’architettura veneta ci sono le ville Palladiane Patrimonio Unesco, la Cappella degli Scrovegni, i tesori palladiani di Vicenza, la Verona romana, Possagno, terra del Canova, le città murate, poi Arquà Petrarca, ultima dimora del sommo poeta, Pieve di Cadore, terra di Tiziano, Marostica, con la sua piazza degli scacchi, Bassano del Grappa e il suo ponte degli alpini, e Venezia con il suo splendido Palazzo Ducale. Tutti tesori da scoprire.

Villa Almerico “La Rotonda” marcobrivio.photo*


Eleganti dimore

C’

è tutta l’eleganza di questa regione ricca di arte, a tratti unica, nelle Ville Venete. Ognuna ha le sue particolarità, in tutte si scopre qualcosa di nuovo, in ognuna si respira la storia. Dalle grandi, da sembrare delle piccole regge, alle più piccole, comunque ricche di fascino, si trae tanto di quello che era e che è ancora il Veneto. Sparse nelle varie province della regione danno lustro al paesaggio, accendono con il loro candore alture e pianure, talvolta appoggiate a corsi d’acqua o semplicemente immerse nelle campagne. Villa Foscari REDMASON*

Loggia Valmarana Aliaksandr Antanovich*


Villa Almerico “La Rotonda” marcobrivio.photo*

Villa Barbaro di Maser Gimas*

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a Villa Badoer detta la Badoera di Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, alla sontuosa Villa Pisani di Stra, nelle terre veneziane, da Villa Almerico, Capra, Valmarana a Vicenza, a Villa Barbaro di Maser nel trevi-

sano, da Villa Foscari “La Malcontenta” a Malcontenta di Mira nella pianura veneziana, a Villa Godi, Malinverni a Lugo di Vicenza, solo per citarne alcune, è un susseguirsi di tesori e suggestioni, arte e bellezza.



Villa Pisani Alberto Messina*


Cappella degli Scrovegni vvoe*

Suggestioni giottesche

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u Enrico Scrovegni, in suffragio dell’anima del padre, noto usuraio ricordato da Dante nella “Divina Commedia”, a far erigere tra il 1303 e il 1305, al fianco del palazzo della potente famiglia di mercanti

vvoe*

e banchieri, quello che è uno dei simboli più preziosi e sicuramente più famosi di Padova, la Cappella degli Scrovegni. Affrescata da Giotto con un ciclo di 38 episodi, è di straordinaria importanza per l’innovati-


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vo realismo introdotto dal genio toscano nell’arte figurativa dell’epoca. Episodi che vanno dalla “Cacciata di Gioacchino dal tempio” alla “Natività di Maria”, dall’ “Annunciazione” alla “Visitazione”, dalla “Natività” alla “Presentazione di Gesù al tempio”, dal “Battesimo di Gesù” alla “Risurrezione di Lazzaro”, dalla “Crocifissione” alla “Risurrezione”. Un viaggio alla scoperta delle tecniche pittoriche di Giotto, come quella a olio oppure quella del marmorino per la decorazione, un viaggio alla scoperta di uno dei più grandi artisti della nostra storia.

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Loggia del Capitaniato Walencienne*

Sergey Vovk*


Gioielli palladiani

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mportante centro commerciale, industriale e agricolo, Vicenza fu, in epoca longobarda, importante sede di un ducato e in epoca franca di una contea. Occupata poi dai padovani e successivamente dai veronesi passò, nel 1404, sotto Venezia, seguendo le sorti della Serenissima fino al 1797. È piazza dei Signori il cuore pulsante della città sulla quale si affacciano alcune delle opere di maggiore interesse tra cui la Basilica, o Palazzo della Ragione, realizzata parzialmente da Domenico da Venezia nella prima metà del Quattrocento e nel 1549 rivestita da una loggia a due piani secondo il progetto del Palladio. Andrea Palladio, importante architetto italiano del Rinascimento, proprio a Vicenza regalò alcune delle sue opere più grandiose e apprezzate tra cui La Loggia del Capitaniato, lo splendido Teatro Olimpico, ultima opera del Palladio, e Palazzo Chiericati, una delle più prestigiose costruzioni dell’architetto, che ospita oggi la Pinacoteca Civica di Vicenza. Da non perdere, per chi ama fare acquisti, una passeggiata nel cuore della città, percorrendo i settecento metri dell’importante arteria cittadina, corso Palladio.

Piazza dei Signori Aliaksandr Antanovich*

Basilica Palladiana Aliaksandr Antanovich*


Piazza dei Signori, Vicenza Ana del Castillo*



Verona antica

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ituata al centro di una rete viaria composta dalle vie Claudia e Augusta, Gallica e Postumia, Verona fu, in epoca romana, una città di grande importanza. La città è, ancora oggi, disseminata di resti del suo passato romano. Un anfiteatro, un arco trionfale, un teatro, un ponte e due porte, poi mosaici sotterranei, mura, lastricati di strade la rendono la città italiana, dopo Roma, più ricca di reperti romani visibili. Al massimo monumento della Verona romana, l’Arena, risalente al I secolo d.C. e utilizzato per le lotte dei gladiatori, oggi utilizzata per concerti e rappresentazioni operistiche, si uniscono, tra gli altri, l’Arco dei Gavi, arco celebrativo di un’importante famiglia romana, Porta Borsari, il teatro, con gradinate, archi e resti della scena, del I secolo a.C., il Museo Archeologico, ospitato in un antico monastero in posizione panoramica sulla collina della città, Porta Leoni dalla doppia facciata, repubblicana e imperiale, e Piazza delle Erbe, quella che un tempo era l’antico foro, che conserva ancora parte della forma che aveva in epoca romana. Arena di Verona xbrchx*

Arco dei Gavi xbrchx*

Porta Borsari ansharphoto*


Museo Archeologico Aliaksandr Antanovich*


Piazza delle Erbe, Verona Ana del Castillo*



Tempio Canoviano Marco Florian*

L’arte del Canova

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ossagno deve la sua notorietà all’illustre artista neoclassico Antonio Canova. Nato nel borgo trevigiano nel 1757, lo scultore e pittore è ritenuto il massimo esponente del Neoclassicismo. Canova svolse il suo apprendistato a Venezia per trasferirsi poi nel 1779 a Roma dove visse per il resto della sua vita. A Possagno è possibile visitare la sua Casa Natale, edificio di fine Settecento che conserva mobili originari, documenti, strumenti dell’artista e splendide

tempere di soggetto mitologico alle quali si uniscono marmi antichi ai quali lo scultore si è ispirato nelle sue opere. Nei pressi della casa si trovano la Gipsoteca Canoviana, dove è possibile vedere tutti i modelli in gesso delle opere canoviane, e il Tempio Canoviano, elegante creazione dello scultore, realizzato in marmo bianco. All’interno del Tempio, “La Pietà” in bronzo del Canova e dipinti di Luca Giordano, Palma il Giovane e Alessandro Bonvicino detto il Moretto.


Gipsoteca Canoviana ErikaZ*


Antiche mura

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ono tante le città murate del Veneto. Ognuna con la sua storia, le sue particolarità. Da Asolo a Bardolino, da Cittadella a Este, da Feltre a Lazise, da Marostica a Malcesine, da Montagnana a Soave, da Vittorio Veneto a Villafranca di Verona, solo per citarne alcune, è un susseguirsi di centri incantevoli circondati dalle mura. Luoghi dove si respira la storia, angoli dove cultura e paesaggio si mescolano all’opera dell’uomo. Un salto nel passato in centri che si raccontano attraverso torri e merli, fossati e portali. Scrigni pieni di tesori architettonici, dove scoprire musei e palazzi nobiliari, chiese e pievi.

Este Fabio Lotti*

Montagnana FEDELE FERRARA*

Lazise Javen*


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anti itinerari portano alla scoperta delle città murate del Veneto, una costellazione di meraviglie sparse in tutta la regione, da nord a sud, da est a ovest, tra il lago di Garda e la pianura, le Prealpi e il mare. Difficile stilare una classifica tra centri più o meno piccoli e le grandi città, anch’esse murate; le mura sembrano avvolgere indistintamente tutti i più bei centri della regione, quelli grandi e più famosi ma anche quelli minori. Ognuno regala emozioni e suggestioni, essenza autentica di questa terra ricca di suggestioni. Bardolino Nejdet Duzen*

Marostica MC MEDIASTUDIO*


Villafranca di Verona xbrchx*



Arquà Petrarca REDMASON*


Itinerari petrarcheschi

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resti di un villaggio palafitticolo sono testimonianza di un insediamento dell’età del Bronzo. Nel V secolo venne incendiata da Attila e nel 985 divenne feudo degli Estensi che nel 1040 la cedettero a Rodolfo di Normandia, per divenire, nel XII secolo, feudo dei conti di Abano. Nel 1369 vi fissò la propria residenza Francesco Petrarca. Dal 1868 il paese assunse, in onore del poeta, il suo nome. Arquà Petrarca è uno dei borghi gioiello del Veneto; sulla piazzetta si affaccia-

Casa del Petrarca Maurizio Sartoretto*

no palazzetti quattrocenteschi e la seicentesca Chiesa di Santa Maria. Dietro la chiesa si trova il Sepolcro del Petrarca, realizzato nel 1380 in marmo rosso, al quale, nel 1547, fu aggiunto il busto. Poco lontano dalla casa del poeta vi è l’Oratorio della Trinità al quale si affianca la Loggia dei Vicari. La Casa del Petrarca, eretta nel 1370 e abitata dallo stesso fino alla morte, conserva all’interno affreschi, la biblioteca e le memorie del poeta.

Arquà Petrarca Ivan Pisoni


Tiziano Vecellio (1488/90 - 1576) Alberto Masnovo*

Pieve di Cadore posztos*


Arte a Pieve di Cadore

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il capoluogo storico del Cadore, incantevole zona geografica del Veneto ricca di gruppi montuosi facenti parte delle Dolomiti Bellunesi. Sorge a poco meno di novecento metri d’altitudine a ridosso di un promontorio collinoso sulla sponda destra del Piave. Per secoli legata alla Magnifica Comunità di Cadore, antica istituzione rappresentativa della comunità dell’intera zona del Cadore, Pieve di Cadore presenta tante importanti emergenze architettoniche

da vedere. Dal quattro-cinquecentesco palazzo della Magnifica Comunità di Cadore, antico organismo di governo, oggi con compiti di salvaguardia culturale e linguistica, nella quale si trova il Museo Archeologico, alla parrocchiale di Santa Maria Nascente, nella quale si trova una Madonna con Bambino di Tiziano e altre opere di familiari tra cui un’“Ultima Cena”. Terra natale del pittore Tiziano Vecellio, ospita la casa natia del maestro, che custodisce un camino e arredi d’epoca.


Casa natia di Tiziano Vecellio MoLarjung*



Tra torri e alfieri

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Marostica, Vicenza Newlander90*

Marostica, Castello Inferiore macro_life*

’inerpica sulle pendici del colle Pausolino. Quando ci si avvicina si vede emergere dalla pianura la sua cinta muraria. Antico dominio scaligero, Marostica è famosa per la partita a scacchi disputata negli anni pari da personaggi in costume che, si dice, rievochi la sfida al tavoliere che qui si svolse nel 1454 per mano della Lionora, figlia del podestà veneziano. È sulla bella piazza porticata che si apre la città al cui centro è disegnata la scacchiera. Due sono i castelli di Marostica, l’Inferiore e il Superiore. Quello Inferiore


Marostica, partita di scacchi in costume m.bonotto*

fu sede del podestà e ospita al piano nobile il museo dei costumi della tradizionale partita a scacchi. Quello Superiore è invece un ottimo punto panoramico sulla pianura. Parti integranti della cinta muraria trecentesca di Marostica sono porta Breganzina a ovest e porta Bassanese a est. Da non perdere la chiesa di Sant’Antonio Abate, che custodisce nell’abside una pala di Jacopo e Francesco Bassano con la “Predicazione di San Paolo ai greci” del 1574.



Marostica, Castello Superiore MC MEDIASTUDIO*


Bassano del Grappa, Vicenza travelview*

Penne nere

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assano del Grappa è uno dei centri medievali più belli della regione, tra vie strette, piazzette e interessanti palazzi rinascimentali. Il cuore del centro storico è costituito da Piazza della Libertà sulla quale si affaccia la chiesa di San Giovanni Battista. Nei pressi della chiesa sorge il complesso di quella che un tempo era Casa Remondini, per due secoli la più grande tipografia d’Italia. Da vedere il Museo Civico, ospitato nel convento della Chiesa di San Francesco. Sempre su Piazza della Libertà si affaccia il quattrocentesco Palazzo del Municipio.

Piazza della Libertà Newlander90*


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ra gli altri musei da non perdere in cittĂ vi sono il Museo della Ceramica, che espone preziose collezioni di ceramiche bassanesi dal Medioevo all’epoca contemporanea, e il Museo della Grappa, che illustra la storia della distillazione dagli Egizi al Seicento, oltre a consentire delle degustazioni. Vero simbolo di Bassano è il celebre Ponte Coperto in legno, nei pressi del quale si trova il Museo del Ponte degli Alpini, che illustra la storia degli alpini impegnati nella Prima Guerra Mondiale.



Ponte Coperto in legno di Bassano del Grappa Geert Smet*


Eccellenza ducale

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elle tante meraviglie di Venezia il Palazzo Ducale è sicuramente una delle più scenografiche, di quelle che, quando il turista se ne trova al cospetto, lasciano senza fiato. Simbolo del governo della Repubblica di Venezia e massima espressione dell’architettura gotica veneziana, fu fondato come castello nel secolo IX, per poi essere radicalmente trasformato tra il 1172 e il 1178, divenendo, oltre che residenza dogale, sede delle principali istituzioni della Repubblica. Poi, tra il Trecento e il Cinquecento, fu oggetto di continui ampliamenti e arricchimenti. Imperdibile una visita per chi giunga a Venezia, per ammirarne gli incantevoli esterni e lo sfarzo e la ricchezza degli interni. Dal cortile, che è un’autentica piazza, al primo piano nobile, con, tra gli altri, l’appartamento privato del Doge, la Scala dei Censori, la Sala degli Scudieri, quella delle Mappe e quella degli Stucchi, al secondo piano nobile, con la Sala del Senato, quella del Collegio e quella del Consiglio dei Dieci, solo per citarne alcune, è un susseguirsi di preziosi gioielli d’arte e ambienti raffinati ed eleganti. Palazzo Ducale, Venezia Phant*

Primo piano di Palazzo Ducale Viacheslav Lopatin*


Cortile di Palazzo Ducale V_E*


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TO • Piazza San Marco Mirelle*


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VAL DI FIEMME, tra tradizione e natura

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rekking tra i laghi alpini, l’incanto delle vette dolomitiche, paesaggi da fotografare e attività per famiglie. Questo è il profilo della Val di Fiemme, che durante tutto l’anno offre ai visita-

tori molteplici opportunità di svago, nonché la possibilità di degustare i sapori locali e immergersi nella natura. Pianificare un itinerario? Ecco alcune idee per una vacanza in alta quota.


Gaia Guarino

facebook.com/gaia.guarino

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ESCLUS O I DE

Latemar, Val di Fiemme Salparadis*


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iniziare da Predazzo: benvenuti nel comune più popolato della Val di Fiemme! Segni particolari: Predazzo ha la più alta concentrazione di varietà geologiche al mondo. Paradiso per gli appassionati di rocce e minerali, non a caso si è guadagnato il soprannome di “Giardino geologico delle Alpi”. Immaginare di imbattersi in fossili di fondali marini e conchiglie a 2.000 metri d’altitudine può sembrare assurdo, ma non qui dove camminando lungo il sentiero geologico del Doss Capèl si può tornare indietro nel tempo. Se tutto ciò non fosse abbastanza, lasciatevi sedurre dal “Bosco che Suona”, un gioiello verde dove gli abeti di risonanza, ovvero utilizzati per creare le casse armoniche degli strumenti musicali, raccontano le emozioni delle sette note grazie al battesimo ricevuto da artisti di fama internazionale.

Chiesa arcipretale dei Santi Filippo e Giacomo, Predazzo MoLarjung*

Andando a Predazzo MoLarjung*


Abeti Philip Bird LRPS CPAGB*

Verso il rifugio Torre di Pisa, Latemar, Predazzo Pampeago maudanros*


Latemar Travelvolo*



Come in una leggenda, benvenuti al Ciamp de le Strie Gaia Guarino


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nomi, perfide streghe, fate buone e tanta, tanta magia. Chi non ha desiderato almeno una volta di tuffarsi nelle pagine di un libro e diventare il protagonista di una fiaba? Un sogno dell’infanzia ancora vivo in molti adulti. E per realizzare i sogni, spesso non serve neppure andare così lontano. Siamo infatti a Bellamonte, vicino al borgo di Predazzo in provincia di Trento. Nel suggestivo scenario della Val di Fiemme, vi imbatterete in un castello con tanto di ponte levatoio e un romantico giardino di rose, ed è lì che si spalancheranno

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le porte del rifugio Ciamp de le Strie. Ispirata alla leggenda di Re Laurino, questa baita saprà sorprendervi. Se pensavate di trascorrere una classica giornata in montagna, siete decisamente fuori strada. Potrete ammirare una miniera con le rocce ancora colme di minerali, prendere parte a svariate iniziative proposte durante il corso dell’anno o, in alternativa, concedervi del sano relax davanti al caminetto nella Stube delle Streghe sorseggiando una delle bevande a disposizione...dalla caffetteria a vini e grappe.


terrazze dalle quali immaginare storie di principi e principesse, maghi e draghi o semplicemente godere della vista delle Pale di San Martino e della catena del Lagorai. Tocco fatato serale? Chi volesse cenare dopo una salita in motoslitta al chiaro di luna, può fermarsi in baita e gustare il Menù alla Carta suggerito dal Ciamp de le Strie, soluzione perfetta pure per chi si muove in gruppo. Aperitivo e antipasto di benvenuto sono il modo migliore per far sentire gli ospiti come a casa.

I sapori della valle

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a cucina del rifugio Ciamp de le Strie è quella tipica del territorio rielaborata in modo sapiente e creativo. I prodotti sono a chilometro zero e i cuochi della baita sapranno soddisfare ogni tipo di palato. Viva la cucina italiana, soprattutto quando a tavola arrivano degli sciatori stanchi e affamati. Al menù si aggiungono classiche prelibatezze come le pizze cucinate nel forno a legna o un’ampia scelta di insalatone per chi piuttosto desideri restare leggero. La struttura offre due grandi


Attività per vivere l’incanto della Baita

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a natura che circonda il rifugio è già di suo il frutto di un incantesimo, tanta è la bellezza mozzafiato del panorama dolomitico. Ma chi si reca al Ciamp de le Strie, avrà anche modo di divertirsi partecipando a quanto organizzato in loco a seconda delle stagioni. Diversi, infatti, gli eventi in collaborazione con Apt, animatori e associazioni locali. L’inverno con la coltre bianca della neve e il tempo che sembra cristallizzato è il momento ideale per unirsi alle gite in motoslitta previste durante i weekend. Quando

invece i colori della flora e i suoni della fauna si risvegliano, ai primi boccioli di primavera, è tempo di jazz. Una manifestazione in cui dell’ottima musica dal vivo intrattiene i visitatori accompagnandosi agli inconfondibili sapori dei formaggi della zona. In estate, inoltre, approfittando delle belle giornate e dell’aria frizzantina, ci si può attrezzare per un picnic in famiglia o con gli amici. E quando scenderà il tramonto, cedete alle seducenti Pale di San Martino che si colorano di rosso, esattamente come un giardino di ineguagliabile fascino.




Bellamonte e il Parco Naturale di Paneveggio

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asta spostarsi di pochi chilometri per scoprire Bellamonte – una frazione di Predazzo –, meta ambita soprattutto dai cacciatori di tramonti. La catena del Lagorai dona spettacoli difficili da dimenticare, così come le Pale di San Martino. La parola più adatta per questa località è ‘tradizione’, quella per gli antichi mestieri, per la vita contadina. Il “Museo di Nonno Gustavo” è lo scrigno che custodisce questa storia tutta locale, uno dei modi migliori per conoscere l’anima del borgo. Per chi invece non rinuncia al silenzio della foresta, imperdibile è il Parco Naturale Paneveggio Pale di

Bellamonte Buffy1982*

Bellamonte sotto la Vi Davide Rigon*


Via Lattea

San Martino, dove gli abeti rossi creano dei giochi di luce unici nel loro genere. Tra sentieri, ponti sospesi e laghi nascosti tra i rododendri, sarà spontaneo sentirsi parte integrante di questo suggestivo scenario. Non stupitevi se all’improvviso vedrete spuntare un cervo, un capriolo o magari una volpe: sono loro i padroni di questa meravigliosa costola del Patrimonio Unesco delle Dolomiti.

Laghi Colbricon Orietta Gaspari* Cervi a Paneveggio Fabio Caironi*



Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino andrea vicentini*


Varena e Cavalese, proposte e sorprese

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arena e Cavalese distano tra loro appena un paio di chilometri. La prima, interamente ricostruita nel XVIII secolo, è ricca di fontane ottocentesche e – se si ha occasione di visitarla durante il periodo natalizio – riserva una sorpresa, un immenso presepe chiamato “Sulla via di Betlemme”. Una piccola curiosità: in paese potreste sentir parlare dei “gatti di Varena”… I felini non c’entrano, si tratta piuttosto di un simpatico soprannome per descrivere la personalità sorniona degli abitanti! Cavalese invece, è il tempio degli sport invernali: sci, hockey su ghiaccio, pattinaggio di figura, ci si diverte a basse temperature. Ma anche durante l’estate, non mancano le proposte per ciclisti, appassionati di trekking e desiderosi di relax. Il borgo possiede un importante bagaglio artistico-culturale che si riflette nelle chiese come quella di San Vigilio o il Santuario della Madonna Addolorata di epoca cinquecentesca.

Cavalese Giuseppe Falagario

Varena Passo di Lavaze, Varena Giuseppe maudanros* Falagario


Chiesa di San Vigilio Photofollies*


In volo sopra Cavalese AP_FOOTAGE*



Alessandra Boiardi

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Agritur Malga Salanzada


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dalle passioni che prendono forma i progetti meglio riusciti. Ed è dall’unione di due passioni che è nato l’Agritur Malga Salanzada: quella di Renata, affascinata dal mondo del turismo sin dagli anni Ottanta, ai tempi in cui frequentava la scuola alberghiera di Tesero, e di Massimo, che dopo avere frequentato l’istituto agrario ha sempre avuto una predilezione per l’allevamento di mucche da latte. È così che da un alberghiero e da un agrario non poteva che essere creato un agriturismo, una malga autentica con uno spiccato amore per le tradizioni e per la buona cucina, un luogo accogliente e familiare che si trova a circa

mille metri d’altitudine, facilmente raggiungibile in auto o a piedi dai Masi di Cavalese. L’avventura è cominciata nel Duemila, quando Renata e Massimo hanno preso in gestione la malga. «Un completo salto nel vuoto» - ricordano - eravamo i primi gestori, tutto era ancora da inventare, ma la nostra voglia di fare ci ha fatto andare avanti e superare le difficoltà dei primi tempi. Sono passati vent’anni, ma ci sembra ieri. Per noi è stupendo rincontrare i clienti che abbiamo visto bambini e che ora ci presentano i loro figli, ne siamo felici perché significa che siamo stati capaci di lasciare loro un bel ricordo».


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ggi nella malga si è aggiunta una nuova generazione. A fianco di Renata ci sono, oltre a Massimo che si occupa dell’azienda agricola, la loro figlia Elena con il marito Claudio, che dietro ai fornelli danno forma all’essenza della malga stessa, una cucina fatta di tradizione e materie prime auto-prodotte o rigorosamente provenienti dal territorio, dalla carne salada al caprino di Cavalese o il salmerino della Tullia, dai tipici canederli alle tagliatelle, senza dimenticare il classico e gustosissimo abbinamento polenta, formaggio fuso e luganega. Ma un pasto alla malga non è completo senza un dolce fatto in casa: torta di grano saraceno ai mirtilli rossi, torta speziata al

vino rosso con cannella, l’intramontabile strudel di mele, anche nella variante con le pere, o con la pasta frolla di ricotta con albicocche, pesche o frutta di stagione: ce n’è davvero per tutti i gusti. Anche la merenda alla malga è un momento speciale, quando si sfornano i dolci caldi tipici come le fortaie, dette anche strauben, con marmellata di mirtilli rossi e, se siete molto golosi, anche con crema al cioccolato, oppure il kaiserschmarren, un’omelette speziata con mele e uvette, e ancora frittelle di mele da assaporare con i succhi di mele o d’uva della malga e il sambuco, una bevanda dissetante prodotta con i fiori primaverili, zucchero e limone.


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ra amici, in famiglia, con i bambini piccoli: tutti trovano alla Malga Salanzada il loro luogo ideale. Intanto perché è facile da raggiungere. Oltre che in auto, magari per preparare l’appetito in vista di un ottimo pranzo o di una merenda speciale, si può arrivare a piedi con diverse passeg-

giate. La più amata è quella che dalla cascata di Cavalese porta all’albero monumentale “el Pezo del Gazzolin” e da lì attraversa i verdi pascoli di Salanzada. Da metà giugno a metà settembre la malga è aperta tutti i giorni (tranne il martedì), mentre negli altri periodi nel fine settimana, compreso il venerdì. Ma in malga si possono trascorrere anche le festività, come il Natale o la Pasqua. Per i più piccoli, ma non solo, è anche possibile organizzare una visita all’azienda agricola per vedere gli animali da cortile e le mucche da latte che nei mesi primaverili si possono incontrare anche al pascolo, mentre a luglio e ad agosto si trasferiscono all’alpeggio alto in val Moena per produrre il latte che diventa un ottimo formaggio, il puzzone di malga.




Rifugio Passo Feudo, Latemar maudanros*


Pensione Serenetta Passione, cortesia, ospitalitĂ . Atmosfera calda e familiare, simpatia e disponibilitĂ per vivere piacevoli momenti immersi nelle meraviglie della Valle di Fiemme.

Via Mercato 22 - Varena 38099 Ville di Fiemme (Trento) pensioneserenetta.it

3S Comunicazione per e-borghi travel


Tesero Lightlana*

Tesero, l’imbarazzo della scelta

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ltima tappa del nostro viaggio in Val di Fiemme è Tesero. Come Varena, una delle punte di diamante è la tradizione dei presepi. Durante l’estate, al contrario, i cortili del paese si popolano grazie alla rievocazione di antichi mestieri e tradizioni musicali. In realtà, l’artigianato artistico si rivela uno dei pilastri dell’economia locale: avete mai pensato di tornare a casa con un violino come souvenir? In quanto alle attività con cui arricchire la propria vacanza, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta, dal maneggio alla palestra di roccia passando per il classico nordic walking e il minigolf. In inverno, regno dello sci di fondo è il Lago di Tesero. Cinquant’anni di storia, l’appuntamento più importante è ora quello del 2026 per le Olimpiadi di Milano-Cortina. Nel frattempo, perché non concedersi una sciata in notturna? Il cuore della Val di Fiemme brilla sotto le stelle.

Tesero antoerre*


Tesero gab90*

Lago di Tesero Matteo Fes*


Lago Bombasel nel Lagorai Buffy1982*



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ime innevate, torrenti dove praticare rafting, sentieri da percorre a piedi e momenti di relax. È nel cuore della Val di Fiemme che sorge Panchià, incantevole borgo di montagna dove tradizione e natura convivono in un equilibrio perfetto. Le piste da sci sono un richiamo irresistibile durante l’inverno, mentre quando le temperature sono miti gli amanti della natura possono scoprire i meravigliosi percorsi escursionistici che si addentrano nella gola del Rio Bianco o nei boschi circostanti. Un vero

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e proprio paesaggio da cartolina che fa da sfondo all’Hotel Rio Bianco, storico albergo che di questo borgo è simbolo e punto di incontro con la storia. Alla fine dell’Ottocento era insieme ufficio postale e locanda – da qui il primo nome Albergo Alla Posta - e le carrozze potevano effettuarvi il cambio dei cavalli e i viaggiatori riposarsi e rifocillarsi. Più tardi si mormora diventasse casa di malaffare, mentre con la Grande Guerra fu trasformato in un avamposto dell’esercito austriaco.


Hotel Rio Bianco Amina D’Addario


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na storia avventurosa, insomma, di cui sono orgogliosi custodi gli attuali proprietari, Ivan, lo chef che sta dietro a tutte le creazioni della cucina, e Lara, maestra di sci sempre pronta a consigliare gli ospiti sulle attività da fare. Del resto non poteva essere altrimenti visto che questo edificio è stato il primo hotel della Val di Fiemme e, nel 1964, il primo del Trentino-Alto Adige a dotarsi di piscina. Un’ampia vasca dalla forma circolare immersa nel tranquillo giardino esterno e anche oggi punto d’orgoglio insieme al solarium con vista sulla catena del Lagorai. Amenity di valore

a cui si sono poi aggiunti il campo da tennis, le e-bike a noleggio, la piscina interna riscaldata, le docce emozionali, una sauna finlandese e accoglienti aree relax interne ed esterne. Insomma, un hotel che ha mantenuto l’atmosfera del passato ricercando sempre la modernità. Anche in cucina. Alla taverna in stile montano è stata infatti affiancata l’Aquila Nera, una steak house dai dettagli rock’n’vintage dove chi è incline alla sperimentazione culinaria può gustare, oltre alle tradizionali carni di cervo e manzo, quelle esotiche di zebra e canguro.


ci rifugi in stile montano – il legno è rigorosamente quello della Val di Fiemme - con terrazza e spa privata. Delle vere e proprie wellness suite di concezione moderna realizzate nell’ala dell’albergo che fino al 1948 era il teatro di Panchià. Un affresco dell’epoca con la scritta “El cameron” è l’unica testimonianza di questa antica funzione. Ancora una volta un punto di incontro tra la storia di questo hotel, quella del borgo e della sua gente.

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a credere in un progetto significa investire continuamente in esso, non smettere mai di migliorarlo e di stare al passo con i tempi. Quello in cui hanno creduto Ivan e Lara che, approfittando dei mesi di sospensione della scorsa primavera, hanno deciso di rendere il loro hotel ancora più speciale. Hanno così realizzato la palestra, uno spazio dotato di tapis roulant, cyclette e panche multifunzionali, e nuove suite superior plus e junior suite. Romanti-




Agritur Maso Pertica, un cuore verde in Val di Fiemme Gaia Guarino

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atura, ecosostenibilità e benessere. Tre le parole-chiave che raccontano il volto green dell’Agritur Maso Pertica, un luogo ameno dove rigenerarsi incorniciato dal paesaggio montano della Val di Fiemme. Vette innevate da una parte, incantevoli specchi d’acqua dall’altra. Un’anima completamente ecologica che rappresenta – non a caso – la filosofia di questo maso. Maso Pertica si trova a Castello di Fiemme (Trento) e nasce dalla romantica unione tra il legno e la pietra, una costruzione bioclimatica che fin dalle origini ha


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abbracciato appieno il rispetto per l’ambiente. Lo dimostra il fatto che in struttura vengano utilizzate le energie rinnovabili come ad esempio quella solare, ma anche il recupero dell’acqua piovana, eccetera. Ecologici in mezzo al verde, ecco il mantra. Questa linea di pensiero si concretizza anche in altre scelte, il cibo ne è lo specchio. Tutto ciò che viene proposto da colazione a cena è a chilometro zero e arriva direttamente dall’azienda agricola del maso stesso, in alternativa da realtà trentine o comunque italiane.

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Wellness a 360 gradi

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aso Pertica rappresenta la scelta ideale per chi sogni una vacanza all’insegna del relax. La location nel cuore della Val di Fiemme è un plus, ma come non cedere alle coccole del centro wellness? Magari dopo una lunga camminata o una faticosa pedalata, non c’è nulla di meglio che un meritato riposo in spa: acqua aromatizzata, il profumo del legno di cirmolo, le luci e i colori avvolgenti. E ancora una frizzante doccia scozzese per poi lasciarsi andare al piacere dell’idromassaggio. Ma il benessere, si sa, passa anche attraverso l’attività fisica. Ogni stagione offre qualcosa cosicché durante tutto l’anno ci sia sempre un’ottima motivazione per visitare sia il borgo di Castello di Fiemme sia il maso. Dallo sci alle passeggiate, per arrivare alle gite in mountain bike, divertenti opportunità di svago adatte a grandi e piccini, da vivere da soli, in coppia o in famiglia. Le bellezze dolomitiche, il suo cielo terso e le atmosfere fiabesche sanno come non deludere anche i viaggiatori più esigenti.


Parola d’ordine, ospitalità

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hi sceglie di soggiornare al Maso Pertica viene accolto in una delle sette stanze ognuna caratterizzata da nomi di fiori e dettagli unici. I legni d’abete della Val di Fiemme permettono una completa immersione nello spirito alpino del luogo senza contare la vista sulle montagne di cui si può godere dal balcone. La Catena del Lagorai domina la scena, un quadro naturale da scoprire usufruendo dei servizi messi a disposizione dalla struttura e dell’attrezzatura necessaria per affron-

tare i sentieri anche in caso di neve. La genuinità del maso si respira in tutto, dalle persone al pane caldo appena sfornato, passando per i suoni della natura come il cinguettio degli uccellini o il belato delle pecore. Semplicità in tavola, quella delle antiche ricette tramandate da generazioni, sapori che raccontano il territorio e la tradizione. Conservare il passato per un futuro migliore, un turismo responsabile che non dimentichi che del nostro pianeta siamo soltanto ospiti.




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MME • Mucche al pascolo, Val di Fiemme Davide Rigon*

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Musei senza soffitto P

asseggiare guardandosi intorno con calma e lasciarsi catturare da un’immagine, una storia, una suggestione: tutto questo è possibile in uno dei numerosi borghi dipinti che costellano l’Italia,

nei quali murales e opere di street art arricchiscono strade e piazze che si trasformano in sale da museo e in esposizioni d’arte en plen air. Vediamone alcuni.


Antonella Andretta

www.facebook.com/antonella.andretta

Valloria, Imperia Rtstudio*


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n Piemonte, non lontano da Cuneo, c’è Vernante, borgo di poco più di mille abitanti, dove i muri del centro storico sono stati decorati con le storie del Pinocchio di Collodi. L’omaggio non è casuale, dal momento che proprio a Vernante ha trascorso gli ultimi anni di vita il più celebre degli illustratori del burattino di legno: il pittore Attilio Mussino. A lui si devono le illustrazioni dell’edizione del 1911, rimaste iconiche per la loro forte caratterizzazione burlesca e riprodotte da due artisti locali sui muri del paese. L’effetto è notevole: il borgo, immerso tra le montagne e dominato dai ruderi di un castello, è già di per sé un luogo da favola che i circa 150 murales (oltre alle statue e alle sagome sempre ispirate ai vari personaggi del racconto sparse qua e là) contribuiscono a collocare fuori dal tempo.


Foto ProVernante.it


Foto ProVernante.it



Valloria, Imperia Foto Rtstudio*

Le porte della creatività

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na visita la meritano sicuramente anche le bellissime porte dipinte di Valloria, minuscolo agglomerato di case, molte delle quali in pietra, vicino a Imperia: gli ingressi di abitazioni, stalle e cantine sono stati decorati negli anni da artisti noti e meno noti che ogni estate si ritrovano qui, tra vicoli, caruggi e scalinate, a incrementare la collezione (giunta a circa 160 creazioni). Spostandoci in Emilia-Romagna: un must per gli amanti di questo genere di forma artistica è Dozza, borgo medievale adagiato sulle colline che si affacciano sulla via Emilia, tra Bologna e Imola. Qui il muralismo è divenuto un’istituzione da quando, a partire dagli anni Sessanta, è stata istituita la “Biennale del Muro Dipinto” cui vengono invitati ogni due anni artisti contemporanei di fama, che hanno regalato a Dozza una collezione unica, sempre disponibile alla visita senza orari e senza biglietti, i cui temi sono connessi alla storia e all’atmosfera di questo suggestivo angolo d’Italia.

Valloria, Imperia Foto Rtstudio*


Dozza, Bologna GoneWithTheWind*


Dozza GoneWithTheWind*



Mostra dei Presepi Artigianali dei fratelli Racanicchi, Calvi dell’Umbria Pro Loco Calvi dell’Umbria*

Presepi inaspettati

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er un’esperienza intorno a un unico tema, per la precisione quello della Natività, ci si può recare a Calvi dell’Umbria, un pittoresco borgo in provincia di Terni che si affaccia sulla valle del Tevere dall’alto di un colle boscoso. Il piccolo paese è decorato da una cinquantina di affreschi di presepi, realizzati sin dai primi anni Ottanta da pittori italiani e stranieri. Gli stili sono vari, dal più tradizionale a quello più moderno e la suggestione, soprattutto in inverno, tra la neve e le lucine colorate, è notevole. Da non perdere anche il cin-

Calvi dell’Umbria Pro Loco Calvi dell’Umbria*

Presepe monumentale in terracotta, Calvi dell’Umbria Pro Loco Calvi dell’Umbria*


quecentesco presepe monumentale in terracotta policroma situato all’interno del complesso del monastero delle Orsoline, (interessante sede museale con opere di Pieter Bruegel il Giovane e Guido Reni), composto da più di trenta statue con i volti dei popolani dell’epoca. Più a sud, merita di essere ricordato l’esempio di Satriano di Lucania (Potenza) dove i quattrocento dipinti sui muri, che narrano le storie e le tradizioni locali, rappresentano la caratteristica e la ricchezza di questo borgo d’antica origine: di qui passava il tracciato dell’antica strada romana Herculea che consentiva di raggiungere luoghi così interni e aspri.

Palazzo Loreti a Satriano di Lucania Miti74*

Satriano di Lucania Lia Zanda


Satriano di Lucania Simona Spano (I Murales di Satriano di Lucania)



Satriano di Lucania Simona Spano (I Murales di Satriano di Lucania)



Diamante, Cosenza facebook.com/comunedidiamante

Diamante, Cosenza facebook.com/comunedidiamante

Rosy Mundo: Era uno sportellino del gas Intrart (intrartlinguaglossa.it)

Poki: Evento miracoloso Intrart (intrartlinguaglossa.it)


Tra mari e vulcani

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nche a Diamante (Cosenza), celebre località turistica calabra dallo splendido mare, i dipinti rimandano a temi del luogo e sono spesso dedicati a temi socialmente impegnati. Di là dallo stretto di Messina, sono i coloratissimi murales di Linguaglossa (Catania) a valorizzare la cultura, l’arte e il folklore delle “Genti dell’Etna”, in un susseguirsi di ritratti che spesso hanno come sfondo il vulcano in eruzione. Un accenno infine ai più storici tra i borghi dipinti, quelli della Sardegna, considerata la patria del muralismo italiano, nato come espressione libera dei movimenti di protesta degli anni Sessanta: prima di tutto Orgosolo (Nuoro) dove il primo dei 250 murales risale al 1969, ma anche a Serramanna, Villamar (sud Sardegna) e San Sperate (Cagliari), dove si trova anche il meraviglioso “Giardino sonoro” con le creazioni in pietra di Pinuccio Sciola, autore egli stesso di numerosi murales che decorano le strade di questo borgo rurale inondato di sole. Orgosolo, Nuoro RiumaLab*

Orgosolo, Nuoro MNStudio*


Rita Perricelli: People Make a difference Intrart (intrartlinguaglossa.it)


Lilybeo Village Contrada Bambina, 131 B/bis - 91025 Marsala - Italia +39 320 9543901 +39 0923 998357 lilybeovillage.it • campinglilybeovillage.it

3S Comunicazione per e-borghi travel


Diamante, Cosenza facebook.com/comunedidiamante



Salvatore Caramagno: Vendemmia Intrart (intrartlinguaglossa.it)




Orgosolo, Nuoro Inguaribile VIaggiatore*


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Diamante, Cosenza facebook.com/comunedidiamante


MUSEUM Aboca Museum, l’originale ed unico Museo delle Erbe, recupera e tramanda la storia del millenario rapporto tra l’Uomo e le Piante. Il percorso museale Erbe e Salute nei Secoli, nella prestigiosa sede rinascimentale di Sansepolcro, diffonde l’antica tradizione delle Piante Medicinali attraverso le fonti del passato: preziosi erbari, libri di botanica farmaceutica, antichi mortai, ceramiche e vetrerie. La suggestiva e fedele ricostruzione di antichi laboratori conduce il visitatore in un affascinante viaggio nel passato, dove curiosità, aneddoti e profumi naturali si intrecciano per raccontare la storia delle erbe nei secoli.

Palazzo Bourbon del Monte Via Niccolò Aggiunti, 75 Sansepolcro (AR) Contatti e prenotazioni Tel. 0575.759738 Tel. 0575.733589 www.abocamuseum.it abocamuseum.it


Amina D’Addario

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iemonte, P Piemonte, bellezza reale


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ontuose sale per ricevimenti, gallerie concepite per esaltare la magnificenza del sovrano, giardini impreziositi da pagode e giochi d’acqua. Ma anche stanze arredate con gusto borghese e per questo straordinariamente familiari. Che siano i grandiosi palazzi del potere nel cuore di Torino o gli accoglienti rifugi fuori città, scoprire le Residenze Reali Sabaude del Piemonte significa essere catapultati in un passato fiabesco ed elegante. Anche oggi che re e regine non ci sono più, mentre la Corona di delizie, la serie di regge

costruite dai Savoia tra Cinquecento e Settecento, quelle sì, ci sono ancora. 22 gioielli Patrimonio Unesco che come una corona di straordinaria bellezza contornano Torino rimarcandone la centralità. Di alcune si persero presto le tracce, come il Regio Parco o il castello di Mirafiori. Altre, invece, come Venaria, Rivoli o Stupinigi vissero secoli di fulgore e oggi sono luoghi da scoprire e riscoprire senza soluzione di continuità. Luoghi diventati sedi di prestigiosi musei e location di mostre ed eventi culturali.

Torino Visit Piemonte - GettyImages


Torino, al centro del potere È

stata prima capitale d’Italia, città dell’auto, del cinema, della televisione e Città Creativa Unesco per il Design dal 2014. Ma spesso si dimentica che Torino è anche capitale del Barocco, movimento artistico che grazie al legame con i Savoia e all’impronta di artisti unici come Filippo Juvarra si espresse in declinazioni affascinanti. Ne è un esempio Palazzo Reale, monumentale centro del potere fatto edificare da Emanuele Filiberto quando, nel 1563, trasferì la capitale da Chambéry a quello che era ancora un borgo pedemontano. Una vera e propria zona di comando

Sala del Trono a Palazzo Reale D.serra1*

Piazzetta Reale Aliaksandr Antanovich*


Armeria Reale Claudio Divizia*

che comprende anche l’Armeria Reale e la Biblioteca Reale, che conserva l’intenso Autoritratto e un gruppo di disegni autografi di Leonardo da Vinci. Sulla piazzetta reale si affaccia anche Palazzo Chiablese, nelle cui sale al piano terreno, fino al 31 gennaio

2021, è possibile ammirare “Capa in Color”, retrospettiva dedicata al fotografo Robert Capa. Nella Galleria Sabauda, invece, tutto è pronto per celebrare, dal 30 ottobre fino al 15 marzo 2021, il genio di Raffaello Sanzio con la mostra “La Fortuna di Raffaello”.



Palazzo Reale, Torino Maykova Galina*


Palazzina di Caccia di Stupinigi cktravelling*

Dal Valentino a Stupinigi, gioielli di periferia N essuna città al mondo presenta un tessuto urbano altrettanto ricco di palazzi e residenze reali come Torino. Una delle più amate, soprattutto per l’ampio parco pubblico che lo circonda, è il Valentino, elegante castello sul Po che richiama da vicino i mitici châteaux della Loira. Fin dal XVI secolo fu dimora di casa Savoia e oggi è sede della Facoltà di Architettura. Si ispira invece alle antiche ville romane il Castello della Regina, costruito in collina all’inizio del XVII secolo. Il nome gli fu dato nel 1714 quando la sua inquilina Anna Maria d’Orléans divenne regina e l’edificio venne rinnovato secondo lo stile di Versailles. Dopo il restauro che l’ha riportato all’antico splendore, il castello è oggi aperto al pubblico, insieme alla vigna da cui si ottiene un pregiato Freisa di Chieri Doc. Tutt’altra atmosfera è, invece, quella, che si respira nella Palazzina di Caccia di Stupinigi, piccolo borgo nel comune di Nichelino. Dal 1919 ospita il Museo dell’Arredamento e, dal prossimo febbraio, la mostra fotografica “Frida Kahlo through the lens of Nickolas Muray”.

Castello del Valentino, Torino Giovanni Del Curto*


Statua al Parco del Valentino, Torino Maykova Galina*


Castello della Regina EnricoAliberti ItalyPhoto*




Palazzina di Caccia di Stupinigi Claudio Divizia*


Castello di Rivoli MikeDotta*

Claudio Divizia*

PippiLongstocking*


Rivoli, dove l’arte è di casa U

na storia affascinante e intricata è quella che avvolge il Castello di Rivoli. La sua architettura inconfondibile, una fortezza dall’aspetto austero, domina dall’alto la Val di Susa e il territorio di Torino, distante una quindicina di chilometri. Nacque nell’XI secolo come roccaforte militare, nel Cinquecento divenne residenza dei duchi sabaudi, mentre è nel 1718 che fu avviato il progetto più importante: Vittorio Amedeo II, che alcuni anni prima l’aveva vista ardere e si era ripromesso di ricostruirla ancora più grandiosa, affidò all’archistar Filippo Juvarra l’impresa. Del progetto, mai portato a termine, restò il Castello nel suo aspetto settecentesco e la Manica Lunga del Seicento concepita come Pinacoteca di Carlo Emanuele I. Dal 1984 è Museo d’Arte Contemporanea - il primo fondato in Italia - e, accanto alle ricche collezioni permanenti, ospita interessanti mostre temporanee, tra cui, dal 13 ottobre fino al 31 gennaio 2021, quella intitolata “Giulio Paolini. Le chef-d’oeuvre inconnu”, che celebra gli ottant’anni dell’artista.

Claudio Divizia*



Castello di Rivoli EnricoAliberti ItalyPhoto*


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Venaria, la grandiosità del Barocco

mmensa, sfarzosa, ma allo stesso tempo elegante. La Reggia di Venaria è giustamente annoverata tra i massimi capolavori architettonici e paesaggistici in puro stile Barocco. Un gioiello che solo un restauro durato dieci anni - e che ha riguardato anche il borgo e l’attigua tenuta de La Mandria - ha riportato, nel 2007, ai fasti del passato. L’impronta è, ancora una volta, quella di Filippo Juvarra, l’architetto a cui si deve la realizzazione dell’iconica Galleria Grande, della Cappella di Sant’Uberto e della Citroniera. Ma la Reggia è anche un luogo dove il legame tra passato e presente si rinnova costantemente attraverso opere d’arte contemporanea, mostre ed eventi. Il percorso di visita è, per esempio, scandito dal film-installazione “Ripopolare la Reggia”, realizzato dal regista Peter Greenaway per raccontare la vita di corte. Nelle Sale delle Arti è invece ospitata, dal 13 ottobre 2020 fino al 31 gennaio 2021, la mostra antologica del noto fotografo Paolo Pellegrin con oltre duecento opere e una selezione inedita di immagini realizzate durante il lockdown.

Fotografia Torino*

Alberto Masnovo


tennis*

Clara Bonitti*



Galleria Grande, Venaria Reale pio3*


Venaria Reale Dmytro Surkov *



Giardino del Castello di Agliè s74*

Villa Il Meleto LorenzoPeg*


Agliè e Racconigi, tesori di provincia È un percorso artistico straordinariamente ricco e avvincente, quello che unisce la città di Torino alle sue periferie. Nel Canavese è possibile raggiungere il Castello di Agliè, la cui origine risale al XII secolo. Nel palazzo che domina il borgo si possono ammirare decori e arredi in stile romantico, opera di artisti di corte della seconda metà del XIX secolo, ma anche parte delle straordinarie ed eclettiche collezioni di casa Savoia. Poco conosciuto il vasto e bellissimo parco vicino, dove sorge Villa Il Meleto, una curata costruzione del secondo Ottocento, oggi visitabile su prenotazione, che fu residenza estiva del poeta Guido Gozzano. Ma è ancora spostandosi in provincia di Cuneo che si resta folgorati dall’eleganza del Castello di Racconigi e del suo parco, eletto dai Savoia sede delle “Reali Villeggiature”. Nelle Langhe, circondato da borghi e colline ricoperte di vigneti, si erge invece il grandioso Castello di Govone, con lo scenografico scalone d’onore a due rampe proveniente dai giardini di Venaria.

Castello di Govone Alessandro Cristiano*

Castello di Agliè



Castello di Racconigi MikeDotta*


Castello elitravo* Tulipani al Castello di Pralormo elitravo*

Castello di Pralormo e Casa Lajolo, la meraviglia dei parchi M a in Piemonte non ci sono solo i magnifici palazzi di re e regine. Tutto il territorio attorno a Torino è disseminato di residenze nobiliari contornate da boschi o immerse in giardini segreti di rara bellezza. Una di queste è il Castello di Pralormo, ancora oggi abitato dai conti Berardi di Pralormo, che lo possiedono dal 1680. In primavera il parco diventa la cornice di “Messer Tulipano”, la manifestazione dedicata alla spettacolare fioritura che lo colora di migliaia di tulipani e narcisi. Nell’antico borgo di San

Vito, sulla collina di Piossasco, si trova invece Casa Lajolo, una villa settecentesca tra le cui mura di cinta si cela un simmetrico giardino all’italiana e un boschetto dall’atmosfera romantica. A San Secondo di Pinerolo è la maestosa sagoma del Monviso a fare da cornice al Castello di Miradolo, antica dimora nobiliare oggi sede della Fondazione Cosso. Il patrimonio arboreo del suo parco è davvero notevole: oltre 1.700 alberi, di cui cinque esemplari monumentali, e settanta tra specie e varietà botaniche.


di Pralormo

Castello di Miradolo s74*


Castello di Miradolo s74*



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EnricoAliberti ItalyPhoto*


Pollenzo, castello Neogotico e masseria L

unghe mura rossicce, giardini di un verde smagliante e una Tenuta Reale in cui lo stile Neogotico si fonde con le forme classicheggianti più sfarzose. Pollenzo è un piccolo borgo del comune di Bra, nel Cuneese, noto fin da epoca romana con il nome di Pollentia, ossia potente, forte. Nel 402 fu teatro della storica battaglia in cui le truppe dei Visigoti comandate da Alarico furono sconfitte dall’esercito romano di Stilicone. In epoca medievale divenne una prestigiosa residenza feudale, ma è con re Carlo Alberto che il castello, compresa la maggior parte del borgo antico con la Chiesa di San Vittore, è stato completamente riplasmato secondo lo stile Neogotico. Su progetto di Ernesto Melano e Pelagio Palagi venne edificata in quell’epoca anche l’Agenzia, Tenuta Reale voluta da Carlo Alberto per promuovere il miglioramento delle tecniche agricole e oggi sede dell’Università di Scienze Gastronomiche e della Banca del Vino.

Steve Sidepiece*


Pollenzo elitravo*



andreaciox*

Alessandria, fortezza militare dei Savoia U n tempo tra i suoi bastioni si potevano sentire le voci concitate dei soldati, lo sferragliare delle sciabole o il tonfo delle cannonate scagliate contro i nemici. Oggi che quell’epoca di assedi e scorribande non esiste più, la Cittadella di Alessandria resta uno dei complessi di architettura difensiva meglio conservati in Europa. Venne eretta dai Savoia nel XVII secolo su progetto dell’architetto Ignazio Bertola, ad appena due chilometri dal municipio di Alessandria. Ha una pianta a forma di stella e in corrispondenza di ogni punta ci sono baluardi circondati da fossati. Per quanto si presenti integra non si deve, però, pensare che sia stata risparmiata dagli assalti. Anzi. La fortezza fu attaccata già nel 1745, quando era ancora in costruzione, e fu bombardata in maniera pesante nel 1799. Fu solo poi, con Napoleone, che venne ampliata e trasformata in una delle fortezze più moderne del tempo. Oggi la Cittadella è aperta tutti i giorni come parco pubblico, mentre visite guidate si possono prenotare tramite il Fai.

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Ingresso alla Cittadella di Alessandria hydra viridis *



Palazzo Gromo Losa, Biella Martino Zattarin*


Un ex-lanificio, Biella MowLow*

Biella, tra lanerie e residenze nobiliari P er l’operosità dei suoi lanifici già Camillo Benso di Cavour l’aveva definita la “Manchester italiana”. Ma non bisogna dimenticare che Biella, oggi riconosciuta Città Creativa Unesco, è un centro artistico e culturale di straordinario interesse, che vale la pena scoprire a ritmo lento. Si può partire da una delle testimonianze del suo passato industriale, l’ex lanificio Trombetta sulle sponde del Cervo, oggi noto come la “Cittadellarte - Fondazione Pistoletto”, un eclettico polo museale e laboratorio nato sotto la regia dall’artista Michelangelo

Portici del Piazzo, Biella Claudio Giovanni Colombo*

Pistoletto. Lasciando gli opifici ottocenteschi, però, è a piedi o prendendo l’antica funicolare che si può raggiungere il borgo medievale, nucleo originario della città. È qui che si trovano tre magnifiche residenze nobiliari che danno vita al Polo Culturale Biella Piazzo: Palazzo Gromo Losa, Palazzo Ferrero e Palazzo Lamarmora. Fino al 10 gennaio 2021 saranno la cornice dell’ottava edizione di “Selvatica - Arte e Natura in Festival”, evento che coniuga mostre di pittura, fotografia, scultura, laboratori didattici ed eventi collaterali.


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Ingresso del Piazzo, centro storico di Biella Fabio Nodari*




Da oltre 30 anni SULLE VOSTRE TAVOLE anticapastasabina.it facebook.com/anticapastasabina 3S Comunicazione per e-borghi travel


MONCALVO, presidio d’arte e di storia


Amina D’Addario

facebook.com/amina.daddario

Moncalvo Gianlucaraftacco.it


Moncalvo, “città” più piccola d’Italia

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uando si dice città si pensa inevitabilmente al traffico caotico, alla folla strabordante e agli spazi verdi ridotti all’osso. Moncalvo, invece, borgo più piccolo d’Italia a conservare il titolo di città, è un incantevole presidio di arte e storia nel cuore del Monferrato, facilmente raggiungibile da Asti, circondato da colline Patrimonio Unesco. Un manipolo di case e dimore storiche sorte attorno alle vestigia di un castello rimasto in piedi solo in parte, ma da sempre rappresentativo dell’identità cittadina. Un paese piccolissimo, eppure, fin dagli albori, al centro di contese tra casate nobiliari rivali. Nel 1705 fu il duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga a concedere a Moncalvo il titolo ambito di città, privilegio poi confermato nel 1774 dal re di casa Savoia Vittorio Amedeo III. Da allora la storia di questo borgo viaggiò in parallelo con quella della dinastia sabauda, confluendo nel 1861 nel neonato Regno d’Italia e rimanendo negli annali come la città più piccola della Penisola.

Piazza Garibaldi


Moncalvo

Teatro Civico



Belvedere


Palazzo Civico


Alle radici della storia

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oncalvo affonda le sue radici nella storia più antica. Gli studiosi ritengono che i primi insediamenti risalgano all’epoca preromana, quando il territorio era abitato da popolazioni celtiche e liguri, con una presenza romana certificata poi da ritrovamenti archeologici. Secondo l’ipotesi più accreditata, il nome deriva dal latino “Mons Calvus”, ovvero monte privo di vegetazione, probabilmente perché attorno all’anno Mille ci furono numerosi disboscamenti intorno al centro abitato. Ma non è escluso che Mons Calvus possa

Sfilata del Palio

significare Monte di Calvo, forse un nobile romano che lì costruì la propria villa. Certo è che, fin da epoca antica, Moncalvo non è mai stata abbandonata. Anzi. Per la sua posizione privilegiata e per la ricchezza del territorio, è stata nei secoli contesa aspramente: è appartenuta alla Chiesa di Asti, ai Marchesi del Monferrato, di Saluzzo e subì alterne occupazioni straniere. Nel Cinquecento passò nelle mani dei Gonzaga, che la controllarono fino ai primi anni del Settecento per poi consegnarla definitivamente ai Savoia.

Foto storica del Castello


Teatro Civico



Mura del castello Paolo Bernardotti Studio*

C’era una volta un castello... E c’è ancora

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isale all’XI secolo il primo documento in cui si segnala l’esistenza di un castello a Moncalvo. In realtà la costruzione giunta fino a noi, quella costituita dai possenti torrioni e dai camminamenti che cingono su due lati la piazza centrale, risale ai primi del Trecento ed è il risultato di innumerevoli assedi, di secoli di decadimento e della rinascita avviata sul finire dell’Ottocento. Essendo una delle principali sedi dei marchesi del Monferrato, nei primi due secoli di vita assolse principalmente una funzione di tipo residenziale, nel Cinquecento si accentuò, invece, quella di fortezza militare. Quando poi sotto i Savoia il castello perse importanza dal punto di vista strategico e in pratica fu abbandonato, si cominciò a parlare della distruzione dei suoi resti. Poi, nel 1858, il Comune lo acquistò per la somma di 4mila lire, decidendo più tardi di demolirne una porzione per far posto a un’ampia piazza con porticato, piazza Carlo Alberto, ideale per lo sviluppo di mercati e fiere.

Piazza Carlo Alberto Fabio Nodari*


Torrione e rampa

Ingresso Camminamenti



Castello e Piazza Carlo Alberto


Tamburello nella Fossa dei Leoni


Recupero e rinascita del simbolo di Moncalvo

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ggi il Castello di Moncalvo, oltre a essere il simbolo romantico del borgo, è uno spazio che è stato restaurato e arricchito di nuove funzioni. I tre imponenti torrioni, collegati dai camminamenti utilizzati in epoca antica dalle ronde, ospitano mostre ed eventi, e una Bottega del Vino raccoglie i prodotti di diversi produttori vitivinicoli e di eccellenze enogastronomiche locali. Salendo invece sul belvedere, è possibile ammirare la valle sottostante e scorgere le Alpi, con l’inconfondibile sagoma del Monviso in lon-

tananza, i filari di vigne dai ceppi neri e contorti e i boschi del Parco del Sacro Monte di Crea. Ma ai bastioni fortificati si lega anche un’altra tradizione cara ai moncalvesi, quella delle partite di tamburello a muro, “tambass” in dialetto monferrino, gioco a squadra antichissimo, praticato già dai Romani. Guai, però, a pensare che si tratti di semplici partite tra amatori. Parliamo, piuttosto, di una vera e propria specialità sportiva tipica del Monferrato, con tanto di campionato che accende rivalità tra paesi.

Camminamenti


Torrione con la Bottega del Vino



Tra botteghe e palazzi antichi, il cuore del borgo

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alazzi storici, campanili e piccole botteghe sormontate da insegne dall’aspetto rétro. Il centro di Moncalvo è un gioiello medievale che vale la pena di visitare perdendosi tra le sue strade. Via XX Settembre, detta “La Fracia”, è il cuore pulsante della vita commerciale cittadina. Confluiscono in essa numerosi vicoletti, alcuni dei quali dedicati a illustri moncalvesi come Gabriele Capello, virtuoso ebanista della corte di Carlo Alberto, e Franco Montanari, diplomatico e mecenate a cui si deve la collezione del Museo Civico. Nella centrale piaz-

Museo Civico

Teatro Civico in Piazza Garibaldi Andrea Baseggio


za Carlo Alberto si trova la sinagoga: smantellata nel 1951, è l’unica in Europa a insistere sulla piazza principale di una città. La facciata è molto semplice ed è formata da due portali simmetrici sormontati da un’iscrizione in ebraico e italiano. Risale invece all’Ottocento l’elegante palazzo del Teatro Civico che, oltre a una stagione in prosa, ospita anche una stagione in lingua piemontese, spettacoli di beneficenza, saggi internazionali di danza, musical e convegni.

Casa Lanfrancone Sonia Pozzo Photographer


Teatro Civico



Alla scoperta del Raffaello del Monferrato

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Santa Francesca Romana

l principale patrimonio artistico del borgo di Moncalvo è costituito dalle opere di Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo” e della figlia Orsola Maddalena, entrambi esponenti del manierismo piemontese. Le loro opere, diffuse non solo nel Monferrato ma ben oltre la regione, impreziosiscono in particolare la Chiesa di San Francesco con l’attiguo Museo Diocesano - dove è conservata la magnifica “Adorazione dei Magi” dell’artista -, la Chiesa di Sant’Antonio Abate e il Santuario diocesano di Santa Teresa di Calcutta. Oltre venti opere che fanno di questo piccolo borgo la più grande pinacoteca del cosiddetto “Raffaello del Monferrato”. Ma è un museo a cielo aperto, che riserva continuamente scorci caratteristici, anche la già citata “Fracia”. Sulla via si affacciano infatti numerose residenze signorili che ne rivelano le antiche origini. Come “Casa Lanfrancone”, rimaneggiata nell’Ottocento ma di impronta gotica, e “Casa Montanari”, inconfondibile per la presenza di un arco e di una caratteristica scalinata che conduce in piazza Carlo Alberto.

Chiesa di San Francesco


Madonna con Bambino e Sant’Anna

Chiesa di Sant’Antonio

Santuario di Madre Teresa di Calcutta

Adorazione dei Magi


Santuario di Madre Teresa di Calcutta



L’arte che non ti aspetti, la collezione del Museo Civico

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a chi penserebbe che in un tranquillo centro dall’aspetto medievale possa essere custodita una ricca collezione di arte moderna? Sono ancora in pochi a sapere che all’interno del Museo Civico – gestito dalla onlus A.L.E.R.A.MO e aperto tutti i weekend fino al 13 dicembre 2020 – ha trovato sistemazione una preziosa mostra permanente eredità dell’ambasciatore moncalvese Franco Montanari. Un uomo dai mille interessi che, durante la sua vita avventurosa che lo portò a viaggiare in Africa e in Giappone, colle-

zionò una discreta raccolta comprendente opere di Guttuso, De Chirico, Chagall, Afro, Maccari e tanti altri pittori del Novecento, nonché manufatti di arte africana, stampe e dipinti di arte giapponese. Oltre alle raccolte permanenti, al piano superiore del museo, vengono allestite mostre temporanee di grande pregio, con esposizioni di pittura contemporanea, opere scultoree e reperti archeologici. Eventi pensati perché anche i moncalvesi possano fruire di questo spazio pubblico più volte durante l’anno.


Museo Civico


Sua maestà il tartufo bianco

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romani pensavano che il tartufo avesse origini divine, che fosse stato creato dal fulmine di Giove e poi venisse gustato in meravigliosi banchetti divini. Gioacchino Rossini lo considerava il “Mozart dei funghi”, mentre Alexandre Dumas scriveva che non c’era buongustaio che pronunciasse il suo nome senza prima portare la mano al cappello come segno di rispetto. Raro fungo ipogeo, il tartufo è da oltre due millenni il re delle tavole autunnali. E a Moncalvo lo si celebra tutti gli anni con i dovuti onori in occasione della Fiera

Fiera del Tartufo Andrea Baseggio

del Tartufo che, anche per la sua sessantaseiesima edizione, nelle giornate del 18 e del 25 ottobre, animerà il porticato della piazza principale. Una realtà consolidata che ha radici salde nel passato del borgo: già una fattura di pagamento risalente al 1594, e oggi conservata nell’Archivio storico comunale, parla infatti di “un gallone, un agnello, una lonza e otto libre di trifole (ossia circa quattro chilogrammi di tartufi) con seraci (forme di ricotta)”, segno che il tuber magnatum era già a quell’epoca una merce pregiata.


Fiera del Tartufo


Fiera del Tartufo

Fiera del Tartufo Andrea Baseggio


Trifulai per passione, l’origine della Fiera

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a quando è stata gettata, ufficialmente, la prima pietra di questo evento diventato ormai un’istituzione? Agli inizi del Novecento fu il proprietario di una locanda del borgo, estimatore e finissimo intenditore di tartufi, a organizzare la prima mostra concorso. Una giuria di cercatori di tartufo, “trifulai” in dialetto, cominciò a esaminare gli esemplari custoditi in tradizionali fazzoletti di cotone a quadri blu e a premiare i più belli e notevoli con un pranzo nella stessa locanda. Più

tardi fu il Comune a trasformare questa iniziativa tra amici in un concorso con tutti i crismi, capace di richiamare i più celebri cercatori di tartufo da tutto il nord Italia, sempre accompagnati dall’inseparabile “tabui”, il fedele segugio. Oltre che un omaggio al mitico fungo, oggi la Fiera del Tartufo è un appuntamento di riferimento per l’autunno moncalvese arricchitosi, con gli anni, di rassegne gastronomiche - che gratificano occhi e palato -, spettacoli teatrali in dialetto e mostre d’arte.

Fiera del Tartufo Fabio Nodari*


Festa Cucine Monferrine


Fiera del Bue Grasso

Le manifestazioni dedicate ai cultori del gusto

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orri medievali, arte, natura. E un immancabile bicchiere di Barbera, che a seconda dei gusti o delle occasioni, può diventare Grignolino o Freisa. L’autunno, quando i vigneti sono inondati di rosso e arancione, è forse il tempo migliore per scoprire questo comune così straordinariamente ricco di profumi e sapori genuini. Non è un caso che qui a Moncalvo si rifugiasse spesso, al termine delle sue battute di caccia, Vittorio Emanuele II. Refrattario alla rigida etichetta di corte, il primo re d’Italia amava ristorarsi con un abbondante piatto di bollito misto, accompagnato da un robusto e generoso Barbera. Oggi nel ricco calendario di manifestazioni legate alla gastronomia di questo borgo vivace e accogliente sono almeno tre gli eventi che i cultori del gusto non possono perdere: la già citata Fiera del Tartufo di ottobre, la storica Fiera del Bue Grasso di dicembre, con tanto di sfilata di buoi e degustazione del sontuoso bollito misto di Moncalvo, e, a giugno, la Sagra delle Cucine Monferrine, con il suo seguito di musica e spettacoli.

Fiera del Bue Grasso



Moncalvo Gianlucaraftacco.it


Moncalvo

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COMUNE DI MONCALVO Asti, Piemonte Abitanti: 2.861 Altitudine: 305 m s.l.m. Superficie: 17,42 km² Santo Patrono: Sant’Antonio di Padova - 13/06

TORINO

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Asti


Spirito singolare. Piemonte. L’esperienza che non ti aspetti. Il cuore, la terra, il cielo: un cammino, mille spiritualità. La scoperta di un territorio che sa offrire più esperienze, più percorsi per la crescita e l’arricchimento personale, da vivere in libertà e in compagnia, per ritrovare piaceri autentici, benessere e serenità.

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Nicoletta Toffano

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Castello di Oramala Italy Sotheby’s International Realty


toc, toc,

c’è qualcuno nella dimora? I

luoghi sono organismi vivi? Sicuramente hanno una memoria e i loro ricordi ci appaiono proprio laddove eventi e persone ne hanno fatto la storia. Girando per l’Italia dei borghi troviamo racconti di apparizioni di personag-

gi che ripetono nei secoli le azioni legate alla loro vita e, soprattutto, alla loro morte: delitti, battaglie, crimini, ingiustizie, amori struggenti. Insomma, parliamo di dimore antiche e dei fantasmi che le abitano!


Castello Aragonese, Pizzo Calabro Dionisio iemma*


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i trova nel castello Aragonese di Pizzo Calabro (Vibo Valentia) una fra le piÚ classiche e terrificanti presenze di spiriti: rumori di catene, luci che si accendono, bisbigli di voci indecifrabili. Si tratta di un maniero nato per la difesa dalle razzie dei pirati saraceni: ultimato nel 1485, rimase fortificazione militare nonchÊ prigione. Qui, nel 1815, fu recluso e fucilato il re di Napoli Gioacchino Murat e al giorno d’oggi il suo spettro irrequieto, con indosso un mantello in ermellino, vaga nella notte tra le segrete e i bastioni.

Castello Aragonese, Pizzo Calabro mkos83*


Gli spiriti irrequieti dei Malaspina

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ra i personaggi storici, quelli di Federico Barbarossa e di Obizzo I Malaspina si presentano gioiosamente e puntualmente ogni anno nella notte di Natale nel castello di Oramala in val di Nizza (Pavia), residenza nobiliare che fu un importante centro di cultura provenzale: i due fantasmi si radunano intorno a una tavola imbandita mentre fragori di battaglie, armi e cavalli echeggiano intorno al grande camino.

Castello di Oramala foto Italy Sotheby’s International Realty


Castello Malaspina, Fosdinovo Sandro Amato*

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membri della famiglia Malaspina sembrano essere particolarmente vivaci anche dopo morti. Nel castello del borgo lunigiano di Fosdinovo (Massa-Carrara), residenza feudale dal XIV al XVIII secolo, si susseguono le scorribande notturne di Maria Bianca Malaspina, vissuta a metà del XIII secolo. La sua vita è accompagnata da una storia drammatica che racconta dell’amore proibito tra la ragazza e uno stalliere: il padre di lei la punì per l’onta rinchiudendola a vita in una stanza con la sola compagnia di un cane e di un cinghiale. Molte le apparizioni del fantasma, peraltro fotografato.

Castello Malaspina, Fosdinovo Alessandro Colle*


Castello di Oramala Italy Sotheby’s International Realty




Castello Malaspina, Fosdinovo Alessandro Colle*


Monastero Valle Christi, Rapallo faber1893*

Storie al femminile

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ono proprio le donne e i loro amori impossibili, sovente, le protagoniste delle storie misteriose che si celano tra le antiche mura. Una monaca ricompare nelle notti senza luna con lamenti struggenti tra i resti delle volute gotiche del monastero di Valle Christi nell’entroterra di Rapallo (Genova). Si tratta del fantasma di una suora e della sua bimba, nata dall’amore con un pastore, murate per punizione in una cella del convento. Nel castello di Valsinni (Matera), antico maniero eretto nell’anno Mille, è la poetessa Isabella Morra che ancora vaga di notte piangendo il suo amo-

re perduto. Un’altra donna assassinata: pugnalata nel 1546, a soli 26 anni, dai suoi fratelli a causa della relazione con il nobile Diego Sandoval De Castro, loro nemico. Aveva solo cinque anni e si chiamava Azzurrina la figlia di Uguccione di Montebello di Torriana (Rimini), scomparsa nell’estate del 1375 nella ghiacciaia del locale maniero (splendida residenza Malatestiana) rincorrendo una palla. Non fu mai più ritrovata e si narra che, allo scadere del solstizio estivo di ogni lustro, un suono proveniente da quel cunicolo sotterraneo si faccia ancora sentire.


Castello di Valsinni, Matera alessandradn*

Castello di Montebello di Torriana, Rimini Foto castellodimontebello.com

Castello di Montebello di Torriana, Rimini Foto castellodimontebello.com



Castello di Montebello di Torriana, Rimini castellodimontebello.com


Castello della Rotta, Moncalieri Aleksei8


Castello della Rotta, Moncalieri Aleksei8

Una convention di fantasmi

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a la dimora italiana più infestata da spettri pare sia il quattrocentesco castello della Rotta a Moncalieri (Torino). Costruito a difesa di un ponte, fu prima dei Romani, quindi dei Longobardi, dei Templari e infine dei Savoia. Tanti i fantasmi che lo popolano e che si riuniscono in una sorta di processione ogni anno tra il 12 e il 13 di giugno: un bimbo e la sua nutrice travolti da un carro che vagano lasciando una scia di lamenti e

il profumo di fiori, lo spettro di un uomo decapitato ancora presente con in mano la propria testa e l’ectoplasma di una bellissima donna. I dubbi su tutte queste e mille altre entità sono molti: senza cercare di dare una risposta, forse la cosa più bella da immaginare è che questi fenomeni spettrali costituiscano il racconto stesso dei luoghi che, ricordando la loro storia, ce la narrano come meglio sanno fare: in modo antico, magico e misterioso.


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Dalla nostra terra, dalla nostra passione Un’esperienza territoriale e gastronomica unica, tra natura e tradizione

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Oriana Davini

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I biscotti di Leopardi e non solo‌

Yuganov Konstantin


I biscotti di Leopardi e non solo‌ Recanati Fabio Michele Capelli*

Le Beccute di Leopardi Sabrina Mancinelli, La creativitĂ e i suoi colori


riavano le proporzioni in base ai consumi della famiglia, ottenendo biscotti semplici o più ricchi e saporiti. Ecco perché ogni famiglia, così come ogni pasticceria, aveva la propria ricetta. Chissà allora quale si usava a Recanati, nelle cucine della famiglia Leopardi. Il giovane Giacomo, si racconta, pare fosse particolarmente ghiotto di questi dolcetti: verità o leggenda? Non lo sappiamo, ma ancora oggi in alcune zone della regione questi biscotti sono chiamati le Beccute di Leopardi.

I biscotti di Leopardi e non solo…

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arina di mais, uvetta, frutta secca, zucchero, olio d’oliva e mistrà, il tipico liquore marchigiano al sapore di anice: sono gli ingredienti necessari per preparare le beccute, i biscotti che i contadini delle Marche erano soliti impastare usando, come tutti, quello che c’era in casa. La farina avanzata dalla polenta, in primo luogo, perché evitare gli sprechi è un’arte antica, quindi noci, mandorle, pinoli ma anche prugne e fichi secchi e sicuramente un po’ del liquore all’anice che stava in ogni credenza. Si va-


I biscotti di Leopardi e non solo…

Il sale di Montalbano

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ungo il litorale che collega Trapani a Marsala, tra il Duecento e l’Ottocento fiorì la costruzione delle saline: luoghi suggestivi dove il mare incontra la terra e tuttora in funzione per produrre il sale integrale di Trapani, che contiene settanta delle 84 sostanze presenti nell’acqua di mare. Questa lunga introduzione spiega l’importanza del sale marino nella lavorazione dei pomodori secchi e delle acciughe sotto sale, due ingredienti sempre presenti nella dieta di Salvo Montalbano, il commissario di polizia più famoso

Salina nei pressi di Marsala Roman Babakin*

d’Italia. La pesca delle acciughe in Sicilia ha un ruolo primario nell’economia e nella tradizione gastronomica: i pescatori le chiamano “masculini” o “anciuvazzu” a seconda dei dialetti e la loro pesca in molti casi avviene secondo tecniche antiche. Nel Golfo di Catania, tra Capo Mulini e Capo Santa Croce, si prepara ancora la “masculina da magghia”: diventata presidio Slow Food, è l’antica pratica di conservare sott’olio i pezzi di acciuga rimasti impigliati nelle reti, invendibili ma preziosi una volta nel piatto.


Masculina da Magghia Italian Food Production*

I biscotti di Leopardi e non solo‌


I biscotti di Leopardi e non solo…

Chiesa di San Giovanni di Sinis a Cabras Gherzak*

La bottarga dei Fenici U

n’altra isola, un’altra tradizione derivante dalla comunione tra l’uomo e il mare: si narra che furono i Fenici e successivamente gli Arabi a portare nel Mediterraneo la tradizione della bottarga, che trova il suo apice in Sardegna. La bottarga di muggine oggi è riconosciuta Prodotto Tradizionale della Sardegna: la sua produzione vanta una tradizione secolare ampiamente accertata e il prodotto è in corsa per ottenere il riconoscimento come Dop. Particolarmente famosa è quella prodotta nella laguna di Cabras, in provincia di Oristano, il cui

prezzo si spiega con la particolare tecnica di essicazione delle uova di muggine, esposte all’aria e al sole per tre mesi come facevano già gli antichi Fenici, anziché finire in un laboratorio ventilato per una settimana come si usa oggi. Il prodotto finale è così eccellente da essere richiesto persino in Giappone. Rimanendo sull’isola, degna fine della bottarga è a tavola, insieme alle vongole e alla fregola, piccole palline di semola che ricordano i grani del couscous (non è un caso che il suo nome derivi dal latino ferculum, briciola).


I biscotti di Leopardi e non solo‌

Fregola con vongole e bottarga paoloblue*


I biscotti di Leopardi e non solo‌

Missoltini a essiccare Mor65_Mauro Piccardi*


I missoltini di Andrea Vitali

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eguiamo la corrente verso nord, lasciando il mare per il Lago di Como: nel ramo occidentale, un territorio chiamato Tremezzina, spicca una specialità culinaria a base di pesce. Sono i missoltini, “missultìtt” nel dialetto del luogo spesso riportato anche nel menu dei ristoranti locali, ovvero agoni pescati, salati e lasciati essiccare al sole. Come sempre accade, anche in questo caso si tratta di un’usanza medievale per conservare il pesce anche oltre i mesi primaverili, quando la pesca abbonda: fino al secolo scorso, il mese di giugno sulle

sponde del Lago di Como era dedicato all’agone, alla sua pesca e alla sua preparazione, con filari di pesci appesi ad asciugare fuori dalle case dei pescatori. Dopo essere stati salati secondo le quantità indicate dai “pesatt”, gli agoni vengono messi nella misolta, il tipico contenitore di legno dove si conservano a lungo insieme alle foglie di alloro. Nei ristoranti comaschi non manca mai in carta una proposta a base di missoltini, il cui uso più popolare prevede che arrivino in tavola accompagnati da una fetta di polenta grigliata.

I biscotti di Leopardi e non solo…

Bellano, Lago di Como JohnKruger*


I biscotti di Leopardi e non solo…

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Sardine alla siciliana Beccafico leopictures*


Nella zona del Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene, sulla sommità di un colle dove i vigneti contendono al bosco i ripidi pendii, è sita la casa colonica del Ristorante da Brun.

Ristorante da Brun Via Caneve de Ronch 2, 31030 Rolle di Cison di Valmarino (TV) www.dabrun.it Tel. 0438 1896783 | Chiuso il martedĂŹ 3S Comunicazione per e-borghi travel


L’Antica Pasta: ieri oggi e domani Antonella Andretta

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uesta è una di quelle storie che fa sempre piacere raccontare: storie di moderna imprenditoria e allo stesso tempo storie di rispetto per la tradizione, per la qualità e per il territorio. Siamo nel Lazio, in provincia di Rieti, in una di quelle zone un po’ defilate dal turismo di massa dove però, quando ci arrivi, ci lasci il cuore, da tanto sono incantevoli tra borghi medievali, boschi centenari, dolci colline e campagne ordinate. Ed è qui, tra Contigliano e Greccio, che inizia questa storia fatta di buon gra-

no e di uova fresche: tutto nasce negli anni Ottanta in un piccolo laboratorio, l’Antica Pasta, fondato a Contigliano da Silvano e Luigina Pitoni ai quali, nel corso degli anni, si uniscono anche i figli Valerio e Simona. Con il passare del tempo e il significativo incremento della produzione, il laboratorio si trasferisce in un nuovo e moderno impianto situato a Spinacceto, nel comune di Greccio (Rieti) ai piedi del Santuario Francescano, proprio nel cuore della Valle Santa.


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Contigliano, Rieti VlerioMei*


Obiettivo qualità

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bbiamo chiesto a Valerio Pitoni quale sia la caratteristica principale dei prodotti dell’Antica Pasta «L’attenzione alle materie prime: il 100% dei grani che utilizziamo, tutti accuratamente selezionati, è nazionale. E per le paste ripiene, ad esempio, solo Parmigiano Reggiano Dop. Per noi la qualità è tutto ed è proprio in nome della qualità che abbiamo in progetto di mettere in piedi anche un’azienda agricola che, a chilometro zero, sia in grado

di produrre uova e carne di maiale provenienti da animali liberi e non costretti a vivere dentro gabbie e recinti. Il benessere dell’animale si trasforma in valore aggiunto per i nostri prodotti». Il progetto sta prendendo forma a due chilometri dalla sede del pastificio, in quella Contigliano dove tutto è cominciato. Ma qual è la specialità che contraddistingue L’Antica Pasta? «Sicuramente la maltagliata all’uovo, un formato tipico della zona», ci risponde Valerio.


Santuario Francescano a Greccio, Rieti Lucky Team Studio*


Rigatoni con fiori di zucca e pancetta


Passato e presente

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a produzione dell’Antica Pasta è però molto più vasta e comprende circa trenta varietà di paste, fresche all’uovo, bianche o ripiene: dalle maltagliate, appunto, (nella doppia versione con o senza uovo), agli stringozzi fino ai prodotti classici della tradizione come fettuccine, tagliatelle e pappardelle; ma anche orecchiette, paccheri, calamarata e gnocchetti sardi, cui si aggiungono le paste ripiene, in un assortimento di prodotti che ha sempre mantenuto carattere artigianale nella scelta degli ingredienti. Per la produzione e il confezionamento l’azienda si avvale invece di sofisticati macchinari tecnologici e all’avanguardia che assicurano condizioni di assoluta igiene, garantita anche dal pieno rispetto di tutte le normative nazionali e da certificazioni di qualità. Non mancano poi una lunga lista di specialità già pronte e take

away, dalle lasagne al ragù ai contorni di verdura, dalle melanzane alla parmigiana alle insalate di riso, dal vitello tonnato ai pomodori ripieni, dagli spezzatini coi funghi agli spinaci saltati, e così via, in una gamma davvero ampia e completa.


La chiusura del cerchio

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dopo anni passati a perfezionare ricette sempre nuove, il prossimo passo sarà quello di mettere in commercio anche una linea di sughi pronti. Prosegue Valerio Pitoni: «Ci sembra, in questo modo, di chiudere un po’ il cerchio: abbiamo iniziato con la pasta e siamo arrivati ai condimenti! Cosa c’è di più semplice e allo stesso tempo gratificante di un piatto di tonnarelli con sugo all’amatriciana? Detto, fatto: sughi pronti per essere portati a casa e consumati in famiglia. E saranno tutti alimenti di ottima qualità, esattamente come gli altri». Ma dove trovare questi prodotti? «Al momento la distribuzione

avviene soprattutto presso punti vendita e catene di grande distribuzione del centro e sud Italia, ma contiamo di arrivare a breve anche al nord». Nel frattempo è possibile acquistare anche online, sul sito anticapastasabina.it, ordinare telefonicamente o meglio ancora, programmare una vacanza in queste belle zone e recarsi di persona allo spaccio del pastificio, non senza aver prima visitato Greccio e il suo Castello del XI secolo e il rifugio della Cappelletta dove soggiornò San Francesco che dietro di sé lasciò anche la tradizione dei presepi, di cui Greccio ha anche un interessante museo.


Tagliatelle agli asparagi


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Castello di Greccio, Rieti ValerioMei*



Formaggio Montasio Dop Luca Sartori

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iene prodotto in Friuli-Venezia Giulia, in tutto il territorio delle province di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste, e anche nel Veneto, nelle province di Treviso e Belluno e in parte di quelle di Venezia e Padova. È il formaggio Montasio, unica Dop del Friuli-Venezia Giulia nel settore lattiero-caseario e chiara espressione di una tradizione legata al terri-

torio di produzione. E’ un formaggio a pasta cotta, semidura, che prende il suo nome dall’omonimo altopiano situato nelle montagne friulane, tra le Alpi Carniche e Giulie, dove i monaci benedettini già dal Duecento custodivano l’arte di produrre formaggio. A difenderne e tutelarne la produzione e il commercio c’è il Consorzio per la tutela del For-


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maggio Montasio, impegnato costantemente nella valorizzazione e nella tutela del prodotto, vigilando e verificando le lavorazioni per la sua produzione, prelevando campioni per analisi, sovrintendendo e coordinando l’attività di ricerca. Il Montasio Dop è una delle eccellenze gastronomiche del nord-est italiano e appartiene alla famiglia dei grandi for-

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maggi alpini. In gran parte del nord-est si produce il Montasio Dop e tanti sono i luoghi dove prende forma questa eccellenza gastronomica di successo. Alcuni di questi sono la Malga Montasio, la Latteria Sociale di Cividale del Friuli e, in terra veneta, il Caseificio Toniolo. Per saperne di più basta visitare il sito www.montasio.com.


Malga Montasio

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tra i 1.500 e i 1.800 metri sul livello del mare dell’altopiano del Montasio, nello splendido contesto delle Alpi Giulie, che sorge Malga Montasio. E’ in un sito di interesse comunitario che si estende su un territorio di 1.064 ettari, di cui la metà dedicata al pascolo. Le strutture della malga Montasio sono le classiche costruzioni tipiche degli alpeggi della montagna friulana e comprendono i ricoveri per il bestiame, casere adibite a uso abitazione per i pastori e un nucleo centrale con latteria, spaccio per la vendita dei prodotti lattiero caseari, una sala per ristoro agrituristico con alcune camere nel sottotetto. A Malga Montasio i sapori autentici di un tempo si mescolano alla storia, al passato, a tutto ciò che riporta al duro lavoro e al sacrificio dei malgari. Qui i tanti turisti giungono per acquistare e degustare i prodotti tipici di una malga friulana, tra i quali, ovviamente, il re dei formaggi delle terre friulane, il Montasio Dop.




Latteria Sociale di Cividale del Friuli

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a Latteria Sociale di Cividale, antica capitale longobarda del Friuli, e delle Valli del Natisone, affonda le sue radici nel lontano 1924. Fu la volontà di 16 soci a dare vita a una nuova importante attività, mettendo le basi per lo sviluppo di una grande tradizione casearia. Nei suoi storici locali vengono lavorati giornalmente duecento quintali di latte che poi vengono trasformati in formaggi freschi o stagionati. Tra i prodotti tipici della latteria vi sono il Saporito delle Valli, il Matjur e ovviamente il Montasio Dop. A quella che è l’attività produttiva della Latteria Sociale di Cividale si unisce la rete di dieci punti vendita dei formaggi e delle altre tipologie di prodotti della stessa. Nata con il nome di Latteria Turnaria di Cividale in seguito alla chiusura delle Latterie di Gagliano e Spessa, entrambe frazioni della città, la Latteria Sociale è attualmente costituita da quaranta soci che forniscono il loro latte al caseificio.

latteriacividale.it facebook.com/latteriasociale.cividale


Caseificio Toniolo Bassano del Grappa

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uella del Caseificio Toniolo è una storia che inizia nel 1960. Anche a due passi dalla bella città di Bassano del Grappa, importante centro delle terre trevigiane, si produce il Montasio Dop. Anche il Veneto dunque, come il Friuli, ha i suoi templi dove il Montasio Dop prende forma, dove nasce un’eccellenza tutta del nord-est italiano. Al caseificio Toniolo si mescolano le antiche tradizioni casearie venete con le nuove tecnologie; qui i prodotti sono come quelli di un tempo e si attribuisce particolare attenzione al mercato. L’obiettivo è garantire un prodotto di qualità artigianale, dal gusto non omologato, capace di trasmettere al consumatore il meglio del territorio. A Borso del Grappa il Caseificio Toniolo, uno dei soci del Consorzio per la tutela del formaggio Montasio Dop, produce caciotte, formaggi di capra, Asiago e, ovviamente, il Montasio Dop nelle versioni Vecchio, Mezzano e Fresco. Anche a due passi dalla storica Bassano del Grappa, come in tante altre zone del Veneto, prende dunque forma l’eccellenza Montasio Dop.




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Luca Sartori

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ono il rispetto della tradizione, l’amore per il territorio, l’estrema cura dei vigneti e una scrupolosa metodologia della filiera produttiva e della produzione delle grandi cuvée, a rendere la cantina Col Vetoraz autentica eccellenza nel cuore della Docg Valdobbiadene. E’ su queste colline, a quasi quattrocento metri di altitudine, oggi patrimonio Unesco, che la famiglia Miotto si insediò nel 1838, sviluppando fin dall’inizio la coltivazione della vite. Poi, nel 1993, Francesco Miotto, l’agronomo Paolo De Bortoli e l’enologo Loris Dall’Acqua diedero

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Eccellenze in bottiglia


vita all’attuale Col Vetoraz, piccola azienda vitivinicola che, negli anni, ha saputo crescere e innovarsi, raggiungendo il vertice della produzione di Valdobbiadene Docg. Una conquista sia in termini quantitativi sia qualitativi, con oltre due milioni di chilogrammi di uva Docg vinificata l’anno, da cui viene selezionata la produzione di un milione e 200mila bottiglie. Sono sette i vini della cantina, frutto della storia, dell’esperienza e dell’innovazione di un marchio di assoluta qualità. Al Valdobbiadene Docg Superiore di Cartizze, vellutato e aroma-

tico, che proviene dai migliori vigneti dell’omonima area adiacente alla sede dell’azienda, la cui ristretta estensione limita la produzione a esigue quantità, si uniscono il Valdobbiadene Docg Millesimato Dry, vino suadente, elegante e complesso, protagonista dei momenti di brindisi, il Valdobbiadene Docg Extra Brut Ø, ideale come aperitivo e vincente in diverse opportunità di abbinamento come i piatti a base di crostacei, il Valdobbiadene Docg Extra Dry, l’indiscusso principe degli aperitivi, e il Valdobbiadene Docg Brut, vino di grande tendenza, perfet-



to per un aperitivo ma piacevole anche abbinato a crostacei e pesci pregiati. Ai cinque grandi classici della cantina Col Vetoraz si uniscono le due nuove cuvée; il Valdobbiadene Docg Cuvée 5 Extra Brut e il Valdobbiadene Docg Cuvée 13 Extra Dry, entrambi frutto di 25 anni di esperienza, ottenuti da una selezione di cinque vigne il primo, e 13 il secondo, scelte su 102 vigne sempre delle colline pe-

demontane del Conegliano Valdobbiadene Docg. Ognuna di queste uve possiede specifiche peculiarità; sono state vinificate separatamente, e solo successivamente unite per ottenere un insieme di profondo spessore da cui sono quindi state create le due cuvée. Entrambe si fondono perfettamente in molteplici abbinamenti e si adattano a momenti diversi della giornata.





TERRITORI, LIFES TYLE E DESIGN

Antonella Andretta

www.facebook.com/antonella.andretta

Eterno, moderno

Lazio

Parco Archeologico Naturalistico di Vulci, Viterbo Giuma*


Viterbo ValerioMei*

D

imentichiamo Roma, in queste pagine. Troppo bella, troppo famosa, troppo tutto per non offuscare le altre meraviglie di una regione che merita di essere visitata anche a prescindere dalla capitale: laghi, parchi, coste e isole sorprendenti, borghi medievali, preziosi scavi archeologici, centri termali... E poi, nel Lazio si mangia e si beve “strabene”, tra specialità celeberrime e vini che hanno ispirato stornelli popolari ma che sanno farsi apprezzare anche dagli intenditori. Prendiamo ad esempio l’Est! Est!! Est!!! No, non è un errore: è un vino bianco e si chiama proprio così. Leggenda vuole che nel 1111,

un vescovo al seguito dell’imperatore Enrico V, mandasse in avanscoperta il suo coppiere affinché cercasse i vini migliori. Il segnale concordato era la scritta “Est!”, ovvero “c’è” in latino, che il garzone avrebbe dovuto vergare sulle porte delle locande che servivano quelli più buoni. Arrivato a Montefiascone (Viterbo) e assaggiato il vino locale, il servo ne rimase così entusiasta da ripetere per ben tre volte il segnale: da qui il nome del celebre bianco, insignito da qualche anno della Doc. E se passate da Viterbo, non perdetevi il quartiere medievale di San Pellegrino e il palazzo Papale: ne vale la pena.


Montefiascone Miti74*


Rieti ValerioMei*

Poggio Bustone flaviano fabrizi*


Passato e futuro M

a il Lazio non è solo un serbatoio di tradizioni, è anche un laboratorio di innovazioni: ad esempio, restando in provincia di Viterbo, a Civita Castellana, la ceramica, la cui produzione locale ha origini antichissime, ha dato vita a un importante distretto produttivo: qui si concentra infatti buona parte della produzione di sanitari per il bagno e la cucina, con decine di aziende all’avanguardia dal punto di vista sia produttivo sia di attenzione all’ambiente. Anche Rieti riserva sorprese: oltre a meritare una visita per ammirare il centro storico con la chiesa di San Domenico (che accoglie uno degli organi più grandi del mondo)

Civita Castellana maudanros*

e per percorrere i tunnel della Rieti sotterranea (che consente di osservare un monumentale viadotto romano del III a.C.), la zona del reatino è considerata un paradiso del volo silenzioso con alianti, grazie alle correnti calde ascensionali della piana reatina che, soprattutto tra dicembre e marzo, permettono di percorrere lunghe tratte. E chi preferisce elevare lo spirito ma tenere il corpo a terra, può sempre consolarsi con un trekking, da svolgere lungo il fiume Velino, sulle orme di S. Francesco, tra il Santuario di Poggio Bustone, quello di Fonte Colombo e Santa Maria della Foresta in cui avvenne il miracolo della vigna.


Rievocazione storica a Civita di Bagnoregio (Viterbo) jackbolla*

Spaghetti all’amatriciana DronG*


Quei buongustai degli Etruschi T

orniamo ora a una sfiziosa curiosità: forse non tutti sanno che la tradizione di svuotare un maiale, disossarlo, condirlo con sale, spezie ed erbe aromatiche, cucinarlo infilzato su uno spiedo, risale addirittura agli Etruschi: secondo alcuni studiosi furono proprio gli antichi abitanti dell’Etruria, l’antica regione compresa tra Arno e Tevere, a inaugurare quest’abitudine che, con poche varianti, è giunta fino a noi e che ad Ariccia (Roma), trova la sua apoteosi, con tanto di marchio Igp a tutela della sua genuinità e peculiarità. Il successo della porchetta di Ariccia in Ita-

Porchetta di Ariccia alvomassara*

lia e nel mondo dimostra quanto la semplicità sia sempre vincente e che lo street food in realtà lo abbiamo inventato noi! Ma il Lazio è patria di altri cavalli di battaglia della cucina nazionale, ad esempio qui si produce il guanciale, elemento base per la preparazione della pasta alla gricia, alla carbonara e all’amatriciana, il cui nome deriva dalla cittadina di Amatrice (devastata purtroppo, soprattutto nella parte antica, dal terremoto del 2016). E sopra la pasta, cosa ci va? Ma naturalmente un’abbondante spolverata del saporitissimo Pecorino Romano Dop!


Pecorino Romano barmalini*

PiĂš formaggio per tutti S

enza nulla togliere al glorioso Parmigiano Reggiano, al Grana Padano e a tutti gli altri eccezionali formaggi da grattugia italiani, il Pecorino Romano si distingue per il gusto aromatico, leggermente piccante e sapido, perfetto complemento di primi dai sapori robusti e ottimo formaggio da tavola, soprattutto nelle varianti meno stagionate. Il pecorino ha origini remote, la sua facilitĂ di trasporto e conservazione lo resero alimento fondamentale nelle societĂ contadine del centro Italia e della Sardegna dove si diffuse ampiamente e tuttora vie-

ne prodotto con diverse stagionature e tipologie. La fama di questo formaggio ha messo in ombra altri formaggi che fortunatamente sono tornati alla ribalta negli ultimi anni grazie alle loro peculiari proprietà organolettiche: tra questi il Conciato di San Vittore, di latte di pecora a breve stagionatura aromatizzato da 15 erbe, o la Ciambella di Morolo un formaggio dalla forma inconfondibile a pasta filata che si consuma fresco, subito dopo l’affumicatura con legno di faggio e pioppo, entrambi prodotti in provincia di Frosinone.


Una salumeria a Roma Esdelval*


Cattedrale di San Paolo nell’acropoli di Alatri Stefano_Valeri*

Anagni ValerioMei*


Luigi Bertello*

Le ciocie, la stramma e le sedie di paglia, ultimo trend E

già che siamo a Frosinone, perché non visitare la Ciociaria e i suoi borghi, da Alatri, caratterizzata dalle formidabili mura ciclopiche che racchiudono l’acropoli col solitario duomo, ad Anagni col celebre Palazzo dei Papi, ma anche Fiuggi con le sue terme e il vicino Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, dove boschi, praterie, montagne e vallate si alternano in panorami di grande bellezza. Ma prima di lasciarci, ancora una domanda: come mai questa zona si chiama Ciociaria? Il motivo è semplice: il nome deriva infatti dalle tipiche calzature a forma di barchetta, le ciocie, che ad Arpino vengono realizzate tuttora. In

tutto il Lazio l’artigianato porta con sé non solo retaggi arcaici ma anche storie suggestive, come quella degli strammari, cioè coloro che raccoglievano e commerciavano la stramma, ovvero la fibra necessaria a realizzare le sedie, i fiaschi e le gerle. Il percorso che oggi congiunge Cori con Norma, salendo lungo il fianco del Monte Arrestino, tra ampi panorami che spaziano sulla Pianura Pontina fino al Tirreno, è stato chiamato Strada degli Strammari proprio in ricordo di questo antico mestiere. La tradizione delle sedie impagliate è oggi in ripresa grazie all’uso vintage di queste sedie in molti arredi contemporanei e di design.


Monti Simbruini marco branchi*


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Nicoletta Toffano

facebook.com/nicoletta.toffano

Potala palace a Lhasa dibrova*


Oltreconfine: Oltreconfine Francia

Tibet: le dimore dello spirito A

vvicinarsi al cielo, prendere distanza dalla realtà terrena, costruire un monastero il più in alto possibile ed elevare lo spirito verso il Buddha. Sull’Himalaya cammini lunghi e ripidi, cosparsi di interminabili scalinate, portano ad alcuni dei luoghi sacri più famosi e carichi di

mistero di tutto il mondo. A Lhasa (fino all’occupazione cinese un borgo di 20mila abitanti) sorgono il complesso storico del Palazzo del Potala, il tempio di Jokhang e il Norbulingka, da secoli grandiosi simboli amministrativi e religiosi della teocrazia tibetana e oggi patrimonio Unesco.


I

l Potala è da oltre 13 secoli luogo di meditazione; qui nel 1645 fu costruita la residenza invernale del Dalai Lama: un meraviglioso complesso di palazzi rossi e bianchi. Dello stesso periodo è il tempio di Jokhang, il centro di culto religioso considerato il “cuore del mondo”; l’interno delle mura, ricche di decorazioni e dipinti, raccoglie tesori, manoscritti e preziose immagini del Buddha. Il Norbulingka, del XVIII secolo, è invece la più recente residenza estiva del Dalai Lama, si tratta di un complesso di palazzi circondati da un grande giardino.

Tempio di Jokhang nicepix*


Oltreconfine: Tibet

Potala palace a Lhasa Almazoff*

Norbulingka Arnaud Martinez*



Oltreconfine: Tibet

Norbulingka Almazoff*


La monumentalità

del Samye a Sangyezhen

I

borghi rurali tibetani, di per sé poco noti, sono stati resi celebri dai monasteri intorno a cui sono sorti. Così Sangyezhen, all’altitudine di 3.650 metri, è conosciuto per il Samye, sulle rive del fiume Tsangpo, il più antico e influente monastero del Tibet (762 d.C.); la sua pianta ovale è un mandala che unisce elementi di stile indiano, tibetano e cinese e riproduce la descrizione dell’universo nelle scritture buddiste. I piani del tempio principale, sede delle cerimonie collettive di preghiera, sono tutti affrescati e ornati con statue; all’interno del recinto del monastero, a completamento dell’atmosfera pregnante di sacralità, sono inoltre presenti gli originali Stupa, monumenti coloratissimi dove vengono conservate le reliquie. I viaggiatori possono alloggiare anche all’interno del Samye, in un’umile guest house, per intraprendere una affascinante esperienza mistica.

UlyssePixel*

Mopnastero di Samye Vladimir Zhoga*

maomao keshuixiong*


Oltreconfine: Tibet

Viatcheslav GAVRILOV*


Tashilhunpo dibrova*

Lao Ma*


Oltreconfine: Tibet

Il Tashilhunpo

a Shigatse, la casa del Panchen Lama

L

hasa è per il Dalai Lama quello che il borgo di Shigatse è per il Panchen Lama. I due Lama sono nella dottrina buddista rispettivamente le incarnazioni di Guanyin e di Amitābha. Shigatse è un borgo rurale in rapido sviluppo: meno di 50mila anime fino al Duemila e popolazione quasi raddoppiata negli ultimi vent’anni. Si trova in una fertile confluenza di fiumi nel Tibet centro-meridionale. Anche in questo caso la ragione della sua importanza è la presenza di un antico tempio buddista: il Tashilhunpo, costruito nel 1447, sede storica del Panchen Lama. Sono molti i tesori custoditi al suo interno, tra cui la gigantesca statua del Buddha del futuro nella Sala Maitreya, la più grande statua in bronzo dorato del mondo. È un monumento sacro recente (1914), voluto dal nono Panchen Lama: il Buddha seduto su un sedile di loto è alto 26,2 metri e largo 11,5 metri. Particolare è anche il Palazzo del Panchen Lama, sul lato est del monastero, ricco di iscrizioni e di thangka in seta ricamata che raccontano la vita e gli eventi dei Lama.

HelloRF Zcool*


Il risveglio della primavera a Drepung

T

ra gli edifici storici più importanti c’è il monastero di Drepung, a una dozzina di chilometri da Lhasa, che fu per quasi due secoli e mezzo il più grande in tutta l’Asia, residenza dei Dalai Lama e sede di oltre 10mila monaci fino a quando nel 1645 fu costruito il Potala. È situato in cima a una ripida montagna raggiungibile attraverso labirintici e stretti camminamenti murati. Le circostanti residenze sorte intorno a esso, caratterizzate dai tetti bianchi, conferirono al monastero il nome di “mucchio di riso”. A Drepung lo “Shoton Festival” è il momento più importante dell’anno e trae origini dalla regola secondo cui in primavera ai lama era impedito uscire dai monasteri per non turbare il risveglio delle piccole forme di vita. Alla fine di giugno i monaci uscivano e il popolo celebrava i lama con yogurt, banchetti all’aperto e spettacoli. Al giorno d’oggi questo momento si è trasformato in una festa popolare che coinvolge tutto il Tibet.

Cortyn*

Aoshi VN*


Oltreconfine: Tibet

Drepung Cortyn*

Iurii Kazakov*


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Oltreconfine: Tibet

Drepung Hailin Chen*



Ivan Pisoni

facebook.com/pisoni.ivan.7

Leggende di case e castelli

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Balcone di Giulietta, Verona roundex*


Leggende di case e castelli

La leggenda della creazione di Casa del Mito S

iamo nell’antica Tiphernum Mataurense, oggi Sant’Angelo in Vado (Pesaro Urbino), dove un tempo viveva un facoltoso patrizio, commerciante in legname. Il figlio del commerciante, Mennenio, si innamorò segretamente della loro serva celtica, Nicia, che ricambiava il sentimento. I due si vedevano di nascosto dalle rispettive famiglie, specialmente da quella di lui che, naturalmente, era contraria a quell’amore impossibile. Lui ricco, lei serva, lui moro dalla pelle olivastra, lei bionda con occhi azzurri, lui la notte, lei il giorno, praticamente un amore agli antipodi. Ma Mennenio era talmente innamorato che decise di confessare il suo sentimento al padre, che non prese molto bene la notizia. Il figlio, però, era

Domus del Mito Sant’Angelo in Vado ieri ed oggi (facebook.com/losangelesinvado)

coraggioso e sinceramente innamorato e insieme alla sua amata se ne andò, rinunciando alle ricchezze del padre. Davanti a questa scena gli Dei, per benedire un sincero amore osteggiato, in una sola notte fecero sorgere quella che oggi è conosciuta come la Domus del Mito, una grande casa gentilizia di circa mille metri quadrati. La Domus, tutt’oggi visitabile, è arricchita da bellissimi mosaici, tra i quali uno che raffigura la figura di un giovane (si pensa essere proprio Mennenio) con in mano un tartufo. Infatti, sempre secondo la leggenda, gli Dei, oltre alla Domus, regalarono a Mennenio un tartufo nero e a Nicia un tartufo bianco. Prodotti di gran vanto ai tempi odierni della zona di Sant’Angelo in Vado.


Castello di Bardi Richard Semik*

La leggenda di Moroello, il fantasma del castello di Bardi suo amato. Un giorno vide alcuni cavalieri sulla via del castello ma questi sfoggiavano vessilli nemici. Presa dal panico al pensiero della sconfitta di Moroello e di un probabile assedio, Soleste decise improvvisamente di buttarsi dalla torre, morendo. Ah, tragedia! Se solo avesse aspettato qualche istante avrebbe potuto riconoscere il viso del suo amato che sfoggiava vessilli nemici in segno di spregio e vittoria. Arrivato al castello, Moroello apprese del suicidio della sua innamorata e decise di unirsi a lei, suicidandosi a sua volta. Da allora l’anima del cavaliere vaga per il maniero.

Leggende di case e castelli

N

el castello di Bardi (Parma) si consumava in segreto l’amore tra la figlia del castellano, Soleste, e il comandante delle truppe, Moroello. I due innamorati si vedevano di nascosto, persino con l’aiuto della balia della giovane, anche perché quest’ultima era stata promessa in sposa a un feudatario dal padre il cui scopo ero quello di allargare i propri possedimenti. Arrivò un giorno in cui Moroello dovette andare a difendere i confini del feudo e, durante la sua assenza, Soleste iniziò a stare con lo sguardo fisso all’orizzonte, dal punto più alto del mastio, per vedere per prima il ritorno del


Leggende di case e castelli

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Castello di Donnafugata Stefano Heusch*

La leggenda del castello di Donnafugata E

ra perfido e scaltro, il conte di Modica (Ragusa), quel Bernardo Cabrera che solo a sentir nominare la regina Bianca di Navarra si “scioglieva” e al contempo si adirava! Si dice che il suo fosse amore sincero ma c’è chi pensa a un suo interesse politico verso la vedova del re di Sicilia, reggente. Ma la regina era sfuggente, e scappava di castello in castello, rifiutando le pressioni del conte. Purtroppo questa fuga non durò e il Cabre-

ra riuscì a rinchiudere la nobile in una stanza del suo castello. Seppur molto elegantemente arredata, quella stanza era comunque una prigione e, anche se imprigionata nel lusso, la regina rifiutava ugualmente la corte del conte. Con l’aiuto di alcuni servitori, Bianca riuscì a intrufolarsi nelle gallerie del castello, fino ad arrivare, seminuda e stremata, alla costa. Qui, per sfuggire dalle grinfie del malvagio conte, si gettò in mare. Da


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questa disperata “fuga” si deve il nome del castello di “Donnafugata” o “donna fuggita”. Alt, un attimo… C’è qualcosa che non quadra. Prima di tutto, il feudo già si chiamava Donnafugata dall’anno Mille, mentre il conte e la regina vissero circa trecento anni dopo. Poi c’è da dire che il feudo nacque dopo la sconfitta degli arabi, che chiamavano quella zona “Ayn al-Ṣiḥḥat” (Fonte della salute), che in siciliano divenne “Ronnafuata”. Ma c’è

un’altra ipotesi in ballo. Ovvero quella legata a un tragico evento avvenuto in epoca antica che vede come protagonista il ritrovamento del cadavere di una donna morta per soffocamento (“donna affucata”, ovvero “donna soffocata”). Quindi? Che lo si debba a una fuga, a una fonte di salute o a un delitto, il nome di questo stupendo castello aggiunge ancor più valore alla spettacolare località che consiglio vivamente di visitare.

Leggende di case e castelli

Castello di Donnafugata Stefano Heusch*


craiweb.it craiweb.it


Ivan Pisoni

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lo sapevate che...


lo sapevate che... Curiosità di dimore, castelli e parchi

A

Castel Mareccio c’è un Mosè “cornuto”. Uno dei numerosi castelli della zona di Bolzano, Castel Mareccio - il cui nucleo più antico risale al 1194 -, vanta un curioso affresco, un Mosè con le corna. Che non sembra essere una raffigurazione poco diffusa. Anche Michelangelo, nel suo Mosè conservato nella Basilica di San Pietro in Vincoli, “cornificò” la figura biblica e il significato lo si deve a un’errata traduzione della Bibbia dall’ebraico al latino, dove la parola “cornuto” doveva essere invece “incoronato”. La chiesa vietò raffigurazioni come questa nel XVI secolo. saiko3p*

I

l Castello di Montemagno è una dimora storica molto antica e con una pianta particolare. Caratterizzato dalla sua pianta irregolare, che fa da cornice a un cortile di forma ellittica, il maniero (in provincia di Asti) conserva ancora oggi la sua struttura originale. Visitando il castello - fra i più antichi del Piemonte - e scendendo nelle cantine si può ammirare l’aquila imperiale, simbolo di Federico Barbarossa che attribuì il castello al Marchese del Monferrato nel 1164.

Paolo Bernardotti Studio*

E

siste un “mini Castello Sforzesco”. È a Soncino, borgo in provincia di Cremona, una delle rocche meglio conservate d’Italia. Con origini risalenti al X secolo, fu Galeazzo Maria Sforza a volere la rocca rivisitata e ne affidò i lavori agli architetti Serafino Gavazzi da Lodi e Bartolomeo Gadio, quest’ultimo anche autore dei progetti per il Castello Sforzesco, quello di Milano. Visitando il castello meneghino e la rocca di Soncino si nota subito una certa somiglianza.

LianeM*


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I

n Sicilia c’è una casa di due piani larga un metro. È la “casa du currivu” o, “casa del dispetto”, a Petralia Sottana (Palermo) e, naturalmente, non ci si può vivere. La particolare casa fu costruita per bloccare la vista del panorama a un vicino che non diede il consenso al costruttore di alzare la sua precedente casa di un piano. Il dispetto è riuscito benissimo! La casa, che oggi è diventata un must per i turisti che visitano il borgo, al suo interno ha solo il pavimento, una scala, poche finestre e la facciata retrostante dipinta di nero per negare a quel vicino anche la luce del giorno.

instagram.com/giardina.lina

posztos*

E

Reggia di Venaria Reale Matteo Bartolini*

siste il concorso per il Parco più bello d’Italia. Il “Parco più bello d’Italia” è il concorso del network nazionale di parchi e giardini. Con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero del Turismo, l’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale, l’Aci e il Touring Club Italiano; l’adesione del Fai, l’Associazione Dimore Storiche Italiane e l’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, il portale ilparcopiubello.it ogni anno premia le eccellenze del patrimonio verde italiano. I vincitori dell’edizione del 2019 sono i Giardini della Venaria Reale (Torino) per la categoria Parchi Pubblici e il Parco di Fattoria di Celle (Santomato, Pistoia) per la categoria Parchi Privati.

lo sapevate che... Curiosità di dimore, castelli e parchi

A

Villa Reale pochi principi ma elettricità da record. Sebbene la Villa Reale di Monza vanti oltre 740 stanze, per un totale di 22mila metri quadrati, in passato poteva accogliere solo cinque principi (e tutto il loro seguito) alla volta. Ma la villa sotto i Savoia è stato il primo edificio privato acceso con l’elettricità: solo un anno dopo che a Milano fu costruita la centrale elettrica, la corrente prodotta in Piazza Duomo era già arrivata nei saloni della Villa.



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