TEME 9/10 2020

Page 1

9/10.20

TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE

BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA

IL VALORE DEL RISPARMIO -320

-70/99,9%

-70/96%

milioni di euro risparmiati in 5 anni negli ospedali italiani di trattamenti farmacologici 2

Riduzione dei principali geni di resistenza agli antibiotici 1

FEDERICO FIDANZA

Riduzione del costo complessivo della terapia antimicrobica 2

Riduzione delle Infezioni Correlate all’Assistenza 1

-60%

Riduzione del costo della terapia antimicrobica per paziente con ICA 2

NOMICO ECO

-52%

O LL VE LI

-79%

L’OFFERTA ANOMALA, TRA DECRETO SEMPLIFICAZIONI E QUESTIONE DEL “BLOCCO UNITARIO”

A

Riduzione dei patogeni rispetto ai metodi tradizionali 1

ALBERTO RICCIO

RIFORMA DEL TERZO SETTORE E RIFLESSI SUL CODICE DEGLI APPALTI

-35%

Riduzione impronta di carbonio 3

ROSAMARIA BERLOCO

-51%

Riduzione del consumo di farmaci antimicrobici 2

-45%

Riduzione consumo sostanze chimiche 3

L’ISTITUTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO NELLA DISCIPLINA DEI CONTRATTI PUBBLICI

Fonte ricerca scientifica SAN-ICA: 1 pubblicazione scientifica Plos One 2 pubblicazione scientifica Pathogens

-29/33%

3

fonte ricerca Punto3 srl

Riduzione consumi elettrici ed idrici 3

ANTONINO OCEANO

produttori di igiene

cultori dell’ambiente

ISSN 1723-9338

Le buone intenzioni possono essere validate solo dai numeri che hanno molto da dire, questo è ciò che è stato riscontrato con PCHS®

EMERGENZA PANDEMICA E RISVOLTI SULLE PROCEDURE DI GARA IN AMBITO SANITARIO


Connect for Shape è un progetto che coinvolge autorevoli esperti del mondo della salute, con l’obiettivo di condividere e valorizzare best-practice e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici.

STRUMENTI

IN

NO VA Z

ION

E

IS B B FA

O

I N G


L’EFFICIENZA DIFFICILMENTE PASSA INOSSERVATA. Un partner unico per soluzioni integrate di facility

www.coopservice.it


A-B PLUS

Il Sistema Antibatterico che assicura la massima igiene

Carrello e telaio con componenti in plastica antibatterica Inibisce la proliferazione batterica

Frangia e panno per superfici in microfibra antibatterica Abbatte la carica batterica fino al 99,9%

www.filmop.com


sommario settembre-ottobre 2020

editoriale

3 Lo Spirito del Lavoro all’epoca della pandemia

articoli

4 10 22 30

offerta anomala 4 L’offerta anomala, tra decreto semplificazioni e questione del “blocco unitario” terzo settore 10 Riforma del Terzo settore e riflessi sul codice degli appalti gara di appalto 12 La decorrenza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione nel processo appalti e le problematiche applicative a seguito della conversione del D.L. “semplificazioni” l’istituto del concordato 16 L’istituto del concordato preventivo nella disciplina dei contratti pubblici pandemia e gare 20 Emergenza pandemica e risvolti sulle procedure di gara in ambito sanitario documentazione antimafia 22 Le antiche esigenze di semplificazione che complicano la vita: il caso della documentazione antimafia ritardi pagamenti della PA 28 Ritardato pagamento dei fornitori della PA. Qualcosa si muove: la sentenza della corte costituzionale n. 78/2020 e il decreto rilancio confindustria dispositivi medici 30 Registrazione dei dispositivi in repertorio: criticità per le imprese e per le gare d’appalto l’e-procurement pubblico 32 L’e-procurement pubblico: casi e questioni nonché prospettive di riforma alla luce del “decreto semplificazioni” 2020 responsabilità amministrativa 39 Responsabilità amministrativa, giurisdizione contabile, danno erariale

aziende informano

42 “CONNECT FOR SHAPE”: Analisi dei fabbisogni a disposizione del public procurement nell’acquisto dei medical devices

gli esperti rispondono

44 Sull’esclusione alla gara disposta da un soggetto diverso dal RUP 46 focus

Le foto all’interno sono di Mario Maggi Medico dermatologo, ha l’hobby della fotografia. Con il suo obiettivo coglie i colori e le atmosfere della sua Sardegna. Sono proprio gli incredibili colori dell’acqua che bagna la terra sarda a sedurre ancora, dopo anni, l’obiettivo di Mario Maggi insieme ai colori dei tramonti che accompagnano il calar del sole con atmosfere magiche. Poi ci sono le pietre padrone assolute di ogni paesaggio sardo.

Tecnica e metodologia economale Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità. ISSN 1723-9338 Organo ufficiale della FARE Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità

Direzione, Amministrazione e Pubblicità EDICOM s.r.l. Sede legale: via Zavanasco, 2 20084 Lachiarella (MI) Sede operativa: Via Alfonso Corti, 28 - 20133 Milano tel. 02 70 63 36 94 fax 02 70 63 34 29 e-mail:info@fareonline.it

www.fareonline.it

Abbonamento ordinario annuale Euro 100,00 c.c.p. 38498200 intestato a Edicom srl Copia Euro 1,29

fare

Direttore responsabile Giovanna Serranò Direttore editoriale Enza Colagrosso Tel. 393.5564782 e.mail: redazione.teme@gmail.com In copertina: foto di Andrea Festa Modella: Rita C..

Impaginazione e Stampa STI - Stampa Tipolitografica Italiana Via Sesto Celere, 3 - 00152 Roma - Tel. 06 5814649 e-mail: info@grupposti.it

Autorizzazione del tribunale di Milano n° 15 del 25/01/16 La pubblicità non supera il 45% del numero delle pagine di ciascun fascicolo della rivista. © Copyright EDICOM s.r.l. - Milano

Le opinioni espresse negli articoli firmati vincolano soltanto gli autori. La posizione ufficiale della FARE sui vari temi ed argomenti trattati nella rivista è unicamente quella contenuta nei documenti degli organi deliberanti. In caso di riproduzione è necessaria la preventiva autorizzazione scritta del Direttore di Teme. L’editore garantisce la riservatezza dei dati forniti dai destinatari della rivista TEME nel rispetto dell’art. 13 D.Lgs. n.196/2003. Gli interessati (destinatari o autori) hanno la possibilità di far valere i propri diritti, senza alcuna spesa, secondo quanto previsto dall’art.7 del sopra citato D.Lgs. rivolgendosi al responsabile del trattamento dei dati Barbara Amoruso presso Edicom, Via Alfonso Corti 28, Milano.


Sistemi di prodotti professionali per una perfetta igiene, pulizia e manutenzione

CO GI

u te

S al la el

d

DICO CHIR ME UR CO GI

la ed

d

el

zi

on

u te

n. 20378

S al

PRE SID

el M inistero

tra

KIEHL Schweiz AG St. Dionys-Str. 33 CH-8645 Jona Tel. +41 (0) 55 / 254 74 74 Fax +41 (0) 55 / 254 74 75 ch@kiehl-group.com

ed

IO

R e gis

KIEHL Italia s.r.l. Via San Rocco, 101 I-16036 Recco (GE) Tel. + 39 / 0185 730 008 Fax + 39 / 0185 730 214 info@kiehl.it

n. 20360

on

zi

Johannes KIEHL KG Robert-Bosch-StraĂ&#x;e 9 D-85235 Odelzhausen Tel. +49 (0) 8134 / 93 05-0 Fax +49 (0) 8134 / 64 66 info@kiehl-group.com

DICO CHIR ME UR

tra

Registrati PMC

IO

R e gis

Desgoquat Desgomin

PRE SID

Garanzia di igiene e disinfezione nel settore alimentare e ospedaliero

el M inistero

www.kiehl-group.com


editoriale Nunzio Ianiri - Presidente A.T.E.

Lo Spirito del Lavoro all’epoca della pandemia

L

a pandemia mondiale ha messo in luce criticità ma anche situazioni positive. Se ne è discusso, e se ne discute. Che altro si potrebbe aggiungere? Nel sistema italiano abbiamo assistito a tutto ed al contrario di tutto. La qualunquistica, farisaica e bigotta falsa morale sempre alla ricerca di una decisione dall’alto per poi criticarla di continuo ci ha scaraventati dalle paure al plauso per gli “angeli”, dagli agili “fancaxxismi” nel periodo del lavoro smart al ‘penso solo a me stesso’. L’atavica carenza italica del senso di comunità e di volontà generale da tutelare, alla fine fa emergere la nostra aggressività in difesa dei personalismi, l’intellettualismo e il senso della pretesa dei soli diritti. Si è evidenziata tutta la potenzialità e la capacità di risposta della Sanità Italiana e del Servizio Sanitario Regionale in genere, che possiamo vantare con orgoglio rispetto agli altri stati. Non possiamo qui però non menzionare gli aiuti ed i contributi esteri. Abbiamo constatato ancora una volta i limiti della nostra burocrazia, le sue conflittualità e complessità di norme spesso autoreferenziali. Eccoci nel microcosmo degli appalti in cui siamo stati testimoni dell’evoluzione delle clausole “agevolanti” per l’emergenza sanitaria in fase d’urgenza, salvo rialzare la guardia in fase di conversione in legge, creando nuova confusione in un sistema già in crisi. Mai come ora il sistema sanitario ha bisogno di persone, non solo in ambito sanitario, ma anche di personale amministrativo. In molte Regioni, come nel Veneto, viene finora negato l’incentivo Covid al personale amministrativo. Tra ipocrisia e qualunquismo, riconoscenza e stima che hanno rivalutato la struttura pubblica, abbiamo bisogno di riaffermare e ricostruire gli organici del personale amministrativo, di formarli e di motivarli in modo da supportare le attività socio-sanitarie e per offrire sempre e di più servizi di qualità. Dopo tagli e riforme, è arrivato il momento di investire nuovamente in risorse umane anche nei nostri Enti Territoriali che, se hanno perso un po’ di autonomia e potere decisionale, mantengono invariata la gestione delle funzioni e delle attività. Nella formazione professionale, alla base di qualsiasi nozione tecnica e gestionale, cerchiamo di favorire un risveglio etico nei confronti dell’altro, nel rispetto della propria identità, delle nostre Aziende, del nostro sistema sanitario regionale, delle nostre istituzioni e società, di quello che un tempo si chiamava Bene Comune. “Il lavoro dello spirito” (*) dovrebbe poter permeare le professioni del Tecnico per fornire un quadro il più possibilmente oggettivo al Politico e contribuire ad un’equilibrata ed etica struttura economica superando l’attuale condizionamento di quest’ultima alle altre due professionalità soccombenti. Ma forse questa sarà un’altra storia che non uscirà dal Covid… . (*cfr. Il lavoro dello spirito, M. Cacciari, Adelphi Edizioni Mi, 2020)

3


offerta anomala Federico Fidanza - Studio legale Fidanza

L’offerta anomala, tra decreto semplificazioni e questione del “blocco unitario”

L

4

a questione dell’esclusione automatica delle offerte anomale è diventata assai rilevante a seguito di una nuova disposizione introdotta dal cd. Decreto semplificazioni (D.L. 16 luglio 2020, n. 76 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, convertito con modificazioni con la L. 11 settembre 2020, n. 120) per gli appalti sotto soglia europea. Con previsione in deroga al codice dei contratti, valida per gli appalti sotto soglia europea sino al 31.12.2021, tale decreto ha infatti stabilito che “Nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque” (art. 1, comma 3). Tale disposizione va coordinata con quelle già presenti nel codice dei contratti e, in particolare, relativamente agli appalti sotto soglia europea, con il comma 8 dell’art. 97, secondo il quale “Per lavori, servizi e forniture, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e comunque per importi inferiori alle soglie di cui all’articolo 35, e che non presentano carattere transfrontaliero, la stazione appaltante prevede nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi del comma 2 e dei commi 2-bis e 2-ter. In tal caso non si

applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque l’esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci”. Ciò richiamato, è quanto mai attuale una particolare problematica che concerne la questione della disciplina dell’offerta anomala, quella del cd. blocco unitario. L’attualità dell’argomento è provata dal fatto che alcune piattaforme utilizzate presso le stazioni appaltanti per le procedure di gara offrono una duplice opzione, tra le quali è necessario scegliere: “Taglio delle ali con criterio assoluto” / “Taglio delle ali con blocco unitario”. Vedasi a titolo esemplificativo un’immagine tratta da una piattaforma utilizzata per una gara telematica, riportata in basso. Ciò è indice del fatto che vi sono due interpretazioni possibili della stessa norma e che la piattaforma opera il calcolo in base all’opzione scelta dalla stazione appaltante. È necessario pertanto che da parte degli addetti ai lavori ci sia consapevolezza della questione. Per esaminare la problematica del cd. blocco unitario può essere utile innanzitutto richiamare con degli esempi l’applicazione dei commi 2 e 2-bis dell’art. 97 del codice dei contratti. Dato che in tutti i metodi di calcolo esposti nei due commi citati è presente il passaggio procedurale noto come “taglio delle ali”, possiamo soffermarci, senza perdita di generalità, esclusivamente su un esempio relativo al comma 2-bis, e che si riferisce alle gare ove il numero degli ammessi è inferiore a 15.

Le offerte di identico ammontare debbono essere accantonate sia nel caso in cui si collochino al margine delle ali (cioè a cavallo), sia nel caso in cui si collochino all’interno di esse


offerta anomala Si richiama innanzitutto la norma in questione: “2-bis. Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e il numero delle offerte ammesse è inferiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata; ai fini della determinazione della congruità delle offerte, al fine di non rendere predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il RUP o la commissione giudicatrice procedono come segue: a) calcolo della media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor ribasso; le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese in considerazione distintamente nei loro singoli valori; qualora, nell’effettuare il calcolo del dieci per cento, siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare; b) calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media calcolata ai sensi della lettera a); c) calcolo del rapporto tra lo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b) e la media aritmetica di cui alla lettera a); d) se il rapporto di cui alla lettera c) è pari o inferiore a 0,15, la soglia di anomalia è pari al valore della media aritmetica di cui alla lettera a) incrementata del 20 per cento della medesima media aritmetica); e) se il rapporto di cui alla lettera c) è superiore a 0,15 la soglia di anomalia è calcolata come somma della media aritmetica di cui alla lettera a) e dello scarto medio aritmetico di cui alla lettera b)”. Di seguito si espone un’applicazione pratica dello sviluppo di tali passaggi. Si prendano a titolo esemplificativo i seguenti ribassi offerti da 5 partecipanti alla gara: A=3% B=4% C=9% D=11% E=13% Lo sviluppo è il seguente: 1) Operazione di cui alla lettera a), c.d. “taglio delle ali”: Si eliminano (tagliano) temporaneamente le offerte A ed E. Infatti, il 10% va calcolato sul numero dei partecipanti; i partecipanti sono 5 e dunque il 10% di 5 è 0,5, che arrotondato all’unità superiore è 1; si tagliano dunque un’offerta di maggior ribasso e una di minor ribasso. A titolo di esempio, invece, se le offerte fossero state 27 si sarebbero tolte, con il taglio delle ali, 3 offerte di minor ribasso e 3 di maggior ribasso. Si calcola poi la Media dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse (eccetto quelle tolte a seguito del taglio

delle ali), per cui abbiamo (4+9+11):3= (24:3)= 8. 2) Operazione di cui alla lettera b): Si calcola lo Scarto medio percentuale dei ribassi che superano la predetta media (n.b.: 9 e 11 sono i ribassi che superano la media di 8), per cui abbiamo: [(9-8=1) + (118=3)]:2= (1+3):2 = 2 (la media cioè tra il primo scarto, 1, e l’altro scarto, 3, è 2). Attenzione: non si considerano qui le offerte che erano state tagliate a seguito del taglio delle ali. 3) Operazione di cui alla lettera c): Si calcola il rapporto tra lo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b), cioè 2, e la media aritmetica di cui alla lettera a), cioè 8, per cui 2:8=0,25. 4) Operazione di cui alla lettera e): Essendo il rapporto di cui alla lettera c), cioè 0,25, superiore a 0,15, non si procede secondo la lettera d), ma si calcola la soglia di anomalia come somma della media aritmetica di cui alla lettera a), che è 8, e dello scarto medio aritmetico di cui alla lettera b), che è 2, per cui otteniamo 8+2 =10. Dunque la soglia di anomalia è 8+2= 10%. Le offerte D (11%) ed E (13%) superano il valore 10% e dunque sono anomale. Affrontiamo ora in particolare il problema del cd. blocco unitario, partendo anche in questo caso da alcuni esempi. Immaginiamo che i ribassi offerti siano i seguenti: A=3%, B=3%, C=9%, D=11%, E=13%. Volendo tagliare il 10% delle offerte arrotondato all’unità superiore, si dovrebbero tagliare l’offerta più alta e quella più bassa (il 10% di 5 è 0,5, che arrotondato è 1). Ma il problema è il seguente: considerando che l’offerta A deve essere tagliata (è quella con minor ribasso), quid dell’offerta B, identica? Da un lato non escludere B porterebbe ad un trattamento diseguale per offerte che sono eguali, dall’altro escluderla significherebbe aumentare anche sensibilmente la percentuale di offerte rientranti nelle ali. Inoltre, in maniera del tutto speculare potrebbe valere il seguente esempio: A=3%, B=4%, C=9%, D=13%, E=13%. È utile precisare che, come vedremo nel seguito, quando le offerte identiche si trovano una dentro l’ala e l’altra fuori (come in questi casi) si parla di offerte “a cavallo delle ali” o anche “al margine delle ali”. Al contrario, quando le offerte identiche si trovano entrambe dentro una delle due ali, si parla di offerte “all’interno delle ali”; per esempio: A=3%, B=3%, C=4%, D=5%, E=6%, F=7%, G=8%, H=9%, I=10%, L=11%, M=12%. Nell’esempio che precede, le offerte sono 11, e quindi il 10% arrotondato è pari a 2 offerte (il 10% di 11 è 1,1, che si arrotonda all’unità superiore, dunque 2): le offerte A e B sono nelle ali e, più specificamente, “all’interno delle ali”.

5


offerta anomala In ogni caso si pone il problema se considerare le offerte identiche come offerta unica, cioè in quanto rappresentante un cd. blocco unitario (cd. criterio relativo), o in modo atomistico, cioè come due offerte distinte (cd. criterio assoluto). E cioè, per illustrare chiaramente tali concetti ancora una volta con degli esempi, si considerino nuovamente le offerte A=3%, B=3%, C=9%, D=11%, E=13%. Nel primo caso (blocco unitario/criterio relativo), si tagliano le offerte A, B, E; - nel secondo caso (criterio assoluto) si tagliano le offerte A, E. Pertanto vi è una differenza sostanziale, differenza che ovviamente si riverbera anche nei successivi calcoli indicati dall’art. 97 (media, scarto medio, etc.). Qual è la soluzione? Una risposta significativa a tale problematica è stata for-

6

nita recentemente dal Tar per l’Umbria, con la sentenza n.138 del 3 marzo 2020. Prima di esaminare tale decisione, però, è utile riassumere brevemente l’evoluzione giurisprudenziale in materia. In particolare, come sarà mostrato nel seguito, il TAR Umbria ha adottato un orientamento espresso dal Consiglio di Stato in merito alla normativa previgente. Il criterio del blocco unitario era previsto esplicitamente dall’art. 121, comma 1, del d.P.R. 207/2010, regolamento di attuazione dell’allora vigente Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 163/2006): “Ai fini della individuazione della soglia di anomalia di cui all’articolo 86, comma 1, del codice, le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese distintamente nei loro singoli valori in considerazione sia per il calcolo della media aritmetica, sia per il calcolo dello scarto medio aritmetico. Qualora nell’effettuare il calcolo del dieci per cento di cui all’articolo 86, comma 1, del codice siano presenti una o


offerta anomala più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”. Pertanto, nella disposizione in questione ci si riferiva espressamente alle offerte citate prima, quelle “a cavallo delle ali”, nulla dicendo per quanto riguarda quelle “all’interno delle ali”. Sulla questione è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5 del 2017. In particolare, la ricorrente “lamentava la violazione dell’articolo 121, comma 1, del d.P.R. n. 207 del 2010, relativo al c.d. “taglio delle ali”, per avere la Commissione aggiudicatrice considerato in modo unitario, anziché atomistico, le offerte di uguale valore situate all’interno dell’ala dei maggiori ribassi”, sostenendo che “l’accorpamento delle offerte con medesimo ribasso collocate all’interno delle ‘ali’ da tagliare determinasse un illegittimo ampliamento delle ‘ali’ medesime e il superamento del limite del dieci per cento della fascia di appartenenza

(quella dei maggiori ribassi o dei minori ribassi) prevista dalla legge e dal bando” e “che le offerte identiche fossero da considerare come un’offerta unica (c.d.‘blocco unitario’) solo nel caso in cui ricadano “a cavallo” del dieci per cento dei maggiori e minori ribassi (cc.dd. ‘ali’), e non anche nel caso in cui si collochino “all’interno delle ali”, poiché per le offerte situate all’interno delle ‘ali’ opera il c.d. ‘criterio assoluto’ che impone la considerazione distinta delle singole offerte, pur se aventi il medesimo ribasso”. Pertanto, la principale quaestio iuris sottoposta al Collegio consiste nello stabilire se, nell’effettuare il taglio delle ali, l’amministrazione debba considerare come offerta unica (blocco unitario): soltanto le offerte con eguale ribasso che si trovino “a cavallo” delle ali da tagliare; oppure anche le offerte con eguale ribasso che si collochino “all’interno” delle ali.

7


offerta anomala

8

Nel merito, “pur dandosi atto della complessità della questione”, l’Adunanza Plenaria ha aderito, sulla scorta di argomenti testuali, teleologici e sistematici, al prevalente orientamento secondo il quale le offerte di identico ammontare debbono essere accantonate sia nel caso in cui si collochino al margine delle ali (cioè a cavallo), sia nel caso in cui si collochino all’interno di esse. Citando testualmente, sono stati enunciati i due seguenti principi di diritto: “1) il comma 1 dell’articolo 86 del decreto legislativo n. 163 del 2006 deve essere interpretato nel senso che, nel determinare il dieci per cento delle offerte con maggiore e con minore ribasso (da escludere ai fini dell’individuazione di quelle utilizzate per il computo delle medie di gara), la stazione appaltante deve considerare come ‘unica offerta’ tutte le offerte caratterizzate dal medesimo valore, e ciò sia se le offerte uguali si collochino ‘al margine delle ali’, sia se si collochino ‘all’interno’ di esse; 2) il secondo periodo del comma 1 del d.P.R. 207 del 2010 (secondo cui “qualora nell’effettuare il calcolo del dieci per cento di cui all’articolo 86, comma 1, del codice siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”) deve a propria volta essere interpretato nel senso che l’operazione di accantonamento deve essere effettuata considerando le offerte di eguale valore come ‘unica offerta’ sia nel caso in cui esse si collochino ‘al margine delle ali’, sia se si collochino ‘all’interno’ di esse.” Dal 2016, però, con l’entrata in vigore del nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016), la disposizione del d.P.R. 207/2010 in questione è stata abrogata; e non essendovi nel nuovo Codice alcuna norma specifica sull’argomento, per alcuni anni vi sono stati diversi orientamenti. Fra l’altro, anche nell’appena citata Adunanza Plenaria il problema è stato tratteggiato: “non si ritiene di desumere alcun argomento (a favore o contro la tesi in parola) dalle previsioni di cui al nuovo ‘Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), il quale – come è noto – detta una disciplina in tema di determinazione delle soglie di anomalia diversa rispetto a quella del previgente ‘Codice’ e non reca una disposizione analoga a quella del comma 1 dell’articolo 121 del previgente ‘Regolamento’. Potrebbe lungamente disquisirsi in ordine al se tale scelta normativa sia idonea ad arrecare elementi di convincimento in relazione alla questione qui controversa (palesando, a seconda dei punti di vista, elementi di continuità o di discontinuità rispetto al recente passato)”. In particolare, con la nuova ed attuale normativa, il criterio del blocco unitario era stato messo in discussione dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione per le offerte “all’interno delle ali”; nella Deliberazione ANAC n.

1018/2017 si legge infatti che “è illegittimo l’operato della stazione appaltante che, nell’effettuare il calcolo della percentuale di offerte da accantonare per sottrarle al calcolo della media dei ribassi, ha accorpato due offerte aventi il medesimo ribasso posizionate all’interno dell’ ‘ala’ dei massimi ribassi”. La stessa linea è stata tenuta dall’ANAC nella Deliberazione n. 1335/2017: “a seguito dell’abrogazione dell’art. 121 d.P.R. n. 207/2010, l’attuale disciplina del computo della soglia di anomalia non contempla la regola del “blocco unitario” secondo la quale, nel determinare il dieci per cento delle offerte con maggiore e con minore ribasso (da escludere ai fini dell’individuazione di quelle utilizzate per il computo delle medie di gara), la stazione appaltante deve considerare come unica offerta tutte le offerte aventi il medesimo valore, posizionate sia all’interno che a cavallo delle ali (Comunicato del Presidente del 5 ottobre 2016; Parere di precontenzioso n. 1018 dell’11 ottobre 2017)”. Al contrario, però, nella recente Delibera ANAC n. 210/2020 si può notare un orientamento diametralmente opposto: “la giurisprudenza nel corso del tempo ha ribadito che, anche nella vigenza del suddetto testo privo di indicazioni, la regola da utilizzare nel taglio delle ali fosse quella del blocco unitario secondo le indicazioni dell’Adunanza plenaria n. 5/2017 e quindi che si dovessero conteggiare una sola volta tutte le offerte di eguale valore (Cons. Stato, V, 21 giugno 2018, n. 3821 e 6 agosto 2018, n. 4821; vedi anche deliberazione ANAC 1080 del 21 novembre 2018)”. Infatti la giurisprudenza ha confermato la vigenza del criterio del blocco unitario anche con la normativa attuale, sostenendo che l’avvenuta abrogazione del d.P.R. 207/2010 è sostanzialmente indifferente al riguardo. Sul solco di tali sentenze si colloca la decisione del TAR Umbria del 3 marzo 2020, che ha esaminato il problema anche alla luce dell’allora recente D.L. n. 32/2019 (“sblocca cantieri”). Con motivo unico di ricorso la ricorrente ALFA aveva impugnato un’aggiudicazione unitamente a tutti gli atti di una gara indetta dalla Provincia di Perugia, “lamentando l’erroneità del calcolo della soglia di anomalia in falsa applicazione dell’art. 97 c. 2, lett. a) del d.lgs. 50/16 nel testo modificato dal decreto Legge 18 aprile 2019 n. 32 “sblocca cantieri”quanto al taglio delle ali da effettuare in presenza di offerte di uguale valore di ribasso, sostenendo - diversamente dalla stazione appaltante - che le 2 offerte anomale vadano computate come una unica offerta (criterio del c.d.blocco unitario) secondo la tesi sposata dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 5/2017; il testo dell’ art. 97 c.2, del Codice appalti in seguito all’entrata in vigore del decreto “sblocca cantieri” sarebbe identico a quello dell’abrogato art. 121 D.p.r. 207/2010; dunque la Provincia


offerta anomala avrebbe doppiamente errato sia perché la tesi del “blocco unitario” valeva per la giurisprudenza anche nel testo originario del d.lgs. 50/16 sia perché ora il legislatore ha riprodotto la norma del citato d.P.R. su cui si è già espressa la Plenaria.”. Riassumendo, “ad avviso di parte ricorrente in considerazione della sostanziale identità testuale del novellato art. 97 c. 2, lett. a) del d.lgs. 50/16 e dell’abrogato art. 121 c. 1, d.P.R. 207/2010, il c.d. taglio delle ali per verificare l’anomalia dell’offerta dovrebbe essere effettuato secondo il c.d. criterio del blocco unitario, richiamando la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5/2017 vertente sull’interpretazione del combinato disposto di cui all’art. 86 c. 1 d.lgs. 163/2006 e art. 121 d.p.r. 207/2010”. Nello specifico, alla gara erano risultate ammesse ben 181 offerte. La stazione appaltante aveva disposto l’aggiudicazione in favore del Consorzio BETA, previa esclusione delle offerte anomale calcolando il taglio delle ali considerando come distinte le due offerte pervenute di ugual valore. In merito la Provincia aveva affermato che “il calcolo della soglia di anomalia è stato effettuato in automatico dalla piattaforma telematica utilizzata dalla maggior parte delle stazioni appaltanti in Umbria, piattaforma aggiornata dal gestore a seguito del decreto sblocca cantieri; in merito alla norma di riferimento (art. 97 c. 2 lett. a) del d.lgs. 50/16 c.s.m) non vi sarebbe ancora giurisprudenza; ad avviso della Provincia le due norme in questione sarebbero analoghe ma non identiche”. Il TAR ha considerato fondato ed ha accolto il ricorso Innanzitutto nella sentenza è richiamato l’abrogato art. 121 del d.P.R. 207/2010: “Ai fini della individuazione della soglia di anomalia di cui all’articolo 86, comma 1, del codice, le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese distintamente nei loro singoli valori in considerazione sia per il calcolo della media aritmetica, sia per il calcolo dello scarto medio aritmetico. Qualora nell’effettuare il calcolo del dieci per cento di cui all’articolo 86, comma 1, del codice siano presenti una o piu’ offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresi’ da accantonare ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”. La suindicata norma, “invero solo in seguito ad ampio dibattito giurisprudenziale”, è stata prevalentemente interpretata nel senso che nel caso vi siano offerte portanti lo stesso ribasso nella fascia delle ali, devono essere conteggiati tutti i ribassi con conseguente possibile esclusione di un numero di offerte superiore alla percentuale del 10% delle offerte di maggiore o minore ribasso (a tal proposito il TAR cita copiosa giurisprudenza: Consiglio di Stato, sez. V, 18 giugno 2001, n. 3216; id. sez. V, 6 luglio 2012, n. 3953; 15 ottobre 2009, n. 6323; id. sez. V, 15 marzo 2006, n. 1373; C.G.A.S., 26 luglio 2006,

n. 439; id. 21 luglio 2008, n. 608; 15 ottobre 2009, n. 6323; TAR Liguria, sez. II, 12 aprile 2006, n. 364; TAR Umbria, 11 aprile 2013, n. 230). Il TAR è poi passato ad analizzare la normativa vigente, in particolare il già citato art. 97 comma 2, lett a) del D.lgs. 50/2016 nel testo modificato dal decreto legge 18 aprile 2019 n. 32 “sblocca cantieri”. “Ritiene il Collegio che la suindicata norma, applicata dalla stazione appaltante per la gara di che trattasi, benché di portata letterale non identica al previgente combinato disposto di cui all’art. 86 c. 1, d.lgs. 163/2006 e art. 121, d.P.R. 207/2010, abbia contenuto e ratio del tutto analogo, nel solco di un principio quello del c.d. blocco unitario divenuto oramai di diritto vivente, si da non giustificare, in assenza di norma di inequivoco tenore diverso, il ricorso al diverso criterio c.d. assoluto immotivatamente seguito dalla Provincia di Perugia.”. Pertanto, allo stato attuale (e non solo, dato che nella bozza del nuovo emanando regolamento non sembrano esservi novità), appare sicuramente preferibile utilizzare sempre il criterio del blocco unitario, ormai “di diritto vivente”. Si noti, fra l’altro, che nella controversia decisa dal TAR Umbria a nulla è valso sostenere che “il calcolo della soglia di anomalia è stato effettuato in automatico dalla piattaforma telematica utilizzata dalla maggior parte delle stazioni appaltanti in Umbria, piattaforma aggiornata dal gestore”: riprendendo la sentenza del TAR Trento n.149 del 2015, è “gravemente errato vedere nel procedimento informatico una sorta di amministrazione parallela, che opera in piena indipendenza dai mezzi e dagli uomini, e che i dipendenti si devono limitare a osservare con passiva rassegnazione (se non con il sollievo che può derivare dal discarico di responsabilità e decisioni): le risposte del sistema informatico sono invece oggettivamente imputabili all’Amministrazione, come plesso, e dunque alle persone che ne hanno la responsabilità. Così, se lo strumento informatico determina situazioni anomale, vi è anzitutto una responsabilità di chi ne ha predisposto il funzionamento senza considerare tali conseguenze; ma v’è altresì la responsabilità, almeno omissiva, del dipendente che, tempestivamente informato, non si è adoperato per svolgere, secondo i principi di legalità e imparzialità, tutte quelle attività che, in concreto, possano soddisfare le legittime pretese dell’istante, nel rispetto, comunque recessivo, delle procedure informatiche”. In conclusione, al momento appare consigliabile che, in linea con i citati arresti giurisprudenziali, il responsabile del procedimento scelga, tra le opzioni indicate (blocco unitario sì/no) dal sistema informatico che procede all’individuazione delle offerte anormalmente basse (ovviamente quando il criterio di aggiudicazione è quello del minor prezzo), quella del blocco unitario.

9


terzo settore Alberto Riccio - dottore commercialista - Presidente del Collegio sindacale della FARE

Riforma del Terzo settore e riflessi sul codice degli appalti

I

10

l D.Lgs 3 luglio 2017 n, 117 “Codice del Terzo Settore” e ss.mm. ha introdotto una vasta riforma del mondo no profit; riforma di cui si sentiva la necessità.Finalmente i vari enti e sodalizi (associazioni, fondazioni, Onlus, ecc.) che perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, trovano un’unica fonte normativa, un unico codice di regolamentazione e vengono superate e abrogate le norme specifiche che disciplinavano i singoli settori (Organizzazioni di volontariato L. 266/1991, Associazioni di promozione sociale L. 383/2000, Onlus D.Lgs 460/1997, ecc.).Parte di tale normativa è già in vigore (regime delle donazioni, alcune agevolazioni fiscali), altra parte è in itinere (Registro Nazionale Unico del Terzo Settore in corso di istituzione), altra parte ancora (contabilità, bilanci e regime fiscale) entrerà in vigore l’anno successivo all’approvazione da parte della Comunità Europea dell’impianto normativo; Comunità Europea che è tenuta a verificare e valutare che non si tratti di aiuti di stato indebiti. In particolare di estrema attualità, è in fase di predisposizione il Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS), si prevede che l’iter di istituzione si concluderà con la primavera del 2021. Da quel momento gli enti potranno fare istanza di iscrizione al registro, a cui faranno seguito le verifiche e valutazioni da parte dello stesso, prima della definitiva iscrizione nel registro. Il RUNTS si compone delle seguenti sezioni: Organizzazioni di volontariato (OdV) Associazioni di promozione sociale (APS) Enti filantropici Imprese sociali, incluse le cooperative sociali Reti associative Società di mutuo soccorso Altri enti del Terzo settore Nel frattempo gli enti (Onlus, Odv e Aps) che vorranno entrare nel registro devono modificare gli statuti entro il 31/10 /2020, convocando, entro quel termine, l’assemblea degli associati che delibererà con le maggio-

ranze semplici dell’assemblea ordinaria; dopo tale data, se si vorrà modificare lo statuto, occorrerà convocare l’assemblea straordinaria con le maggioranze statutarie qualificate tipiche dell’assemblea straordinaria. Fatta questa breve introduzione andremo a trattare i riflessi del Codice del Terzo settore con il Codice degli appalti. Si tratta in particolare di andare ad analizzare gli artt. 55,56 e 57 del D.Lgs 117/2017. L’art. 55 prevede, in attuazione dei principi di sussidiarietà, che le amministrazioni pubbliche (tra cui le aziende sanitarie, ospedaliere e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale) nell’esercizio delle proprie funzioni, nei settori di attività di cui all’art.5 (interventi e servizi sociali, interventi e prestazioni sanitarie, prestazioni socio-sanitarie, educazione, istruzione e formazione professionale, ecc.) del citato D.Lgs, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento. Seguono poi alcuni commi che specificano meglio il tipo di coinvolgimento. Co-programmare e co-progettare significa che l’operatore del Terzo settore si siede al fianco dell’operatore dell’ente pubblico per sviluppare progetti e iniziative. Mi sembra fattispecie normativa profondamente innovativa. Decisamente molto più innovativa, rispetto all’unico istituto del codice degli appalti: il dialogo competitivo, che possiamo considerare, per pura attrazione, un lontanissimo parente. L’art. 56 prevede che le amministrazioni pubbliche (tra cui le aziende sanitarie, ospedaliere e gli enti del SSN) possano sottoscrivere con le Odv e APS, iscritte da almeno sei mesi nel RUNTS, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato. Seguono procedure comparative, imparziali e trasparenti, tra gli stessi enti, nonché ulteriori specifiche di svolgimento del servizio. I primi commentatori hanno letto tali articoli, come una deroga al Codice degli Appalti, anche se tale Codice ha subito e sta subendo, periodicamente, profonde e


terzo settore turbolenti revisioni, da ultimo anche notevoli “semplificazioni” (D.L. 76/2020) per sbloccare e ridurre i tempi di aggiudicazione di lavori, forniture e servizi. Siamo di fronte ad una evoluzione che procederebbe verso una “sburocratizzazione” delle procedure degli appalti pubblici, ma non sappiamo come finirà. La giurisprudenza, di fronte a queste nuove norme, si è presentata con interpretazioni discordanti, che hanno lasciato dubbi negli operatori degli enti pubblici. Il Consiglio di Stato (parere 2052/2018) ha affermato che tali nuove procedure debbano essere comunque sottoposte alla disciplina del Codice degli appalti. Il TAR Toscana (sentenza n. 666/2020) ha confermato la posizione del Consiglio di Stato. Invece consessi ancora più autorevoli hanno preso posizione diverse da quelle sopraelencate, sul principio che tali articoli seguono un modello slegato e fuori ambito dal Codice degli appalti, quest’ultimo è legato alle tradizionali forme concessorie. Mi riferisco alla sentenza n. 131/2020 della Corte Costituzionale che chiamata a decidere sull’applicazione dell’art.55, da parte della Regione Umbria, ha avuto modo di affermare come il modello previsto dall’art.55 è stato previsto come un “canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato”. Il nuovo modello non si fonda solo su un rapporto concessorio e sinallagmatico, bensì “sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale” (periodo estrapolato da articolo di dottrina). Anche la Corte di giustizia UE, nelle cause C-54/14 e C-113/13, ha avuto modo di affermare la legittimità dall’esclusione dei contratti pubblici, dei rapporti convenzionali con le Organizzazioni di volontariato, purchè vengano perseguite finalità solidaristiche e di utilità sociale e che non si tragga alcun profitto delle prestazioni sociali rese. Il rapporto che si instaura deve prevedere il solo rimborso dei costi variabili, fissi e di struttura, per erogare le prestazioni richieste. Da ultimo l’art. 57 sembra abbastanza chiaro, nel prevedere che i servizi di traspor-

to sanitario di emergenza e urgenza possano essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel RUNTS, aderenti ad una rete associativa ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia. A mio modestissimo parere gli artt. 55, 56 e 57 del D.Lgs 117/2017 rappresentano la volontà del legislatore di derogare alla normativa del codice degli appalti; perché in caso contrario non si capisce il motivo per cui gli stessi articoli siano stati introdotti. Molto più autorevolmente si è espresso sull’argomento il dott. Luigi Bobba, già Sottosegretario di Stato per il Lavoro con delega al Terzo settore e presidente di Terzjus – Osservatorio di diritto del Terzo settore, vero “padre” di tale riforma. In un webinar promosso dall’Ordine degli Avvocati di Vercelli unitamente all’Università del Piemonte Orientale, il 28/09/20 ha esplicitamente affermato che l’intenzione del Governo e del Legislatore, nell’introdurre gli artt. 55,56 e 57, era proprio quella di superare il Codice degli appalti. Si tratta di una nuova modalità di forme di collaborazione tra Enti pubblici ed enti del Terzo settore che preludono a nuove forme di partecipazione e di responsabilità, in gran parte ancora da esplorare. Riteniamo comunque che gli operatori della sanità che operano nei vari settori degli approvvigionamenti, provveditorati, economati, logistica, convenzioni, ecc., come sempre, sapranno raccogliere queste nuove sfide e gestire il cambiamento, tipico di una società che è in costante evoluzione. Siamo fiduciosi che la FARE, anche attraverso le varie associazioni regionali, sarà in grado di fornire quel necessario supporto ai colleghi anche su queste nuove e delicate tematiche.

L’art. 56 prevede che le amministrazioni pubbliche possano sottoscrivere con le Odv e APS, iscritte da almeno sei mesi nel RUNTS, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato

11


gara di appalto Monica Scongiaforno - Foro di Roma

La decorrenza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione nel processo appalti e le problematiche applicative a seguito della conversione del D.L. “semplificazioni”

12

Il Consiglio di Stato, con l’Adunanza Plenaria, 2 luglio 2020, n. 12(1) ha posto fine a molteplici contrasti giurisprudenziali verificatisi riguardo le forme e modalità di identificazione della decorrenza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione di una gara di appalto (2). Per determinare il dies a quo per l’impugnazione, in considerazione dell’immutato testo dell’art. 120, comma 5(3), D. Lgs n. 104/2010 (recante il codice del processo amministrativo), degli artt. 29, comma 1, e 76 del ‘secondo codice’ dei contratti, nonché dell’art. 5, d.P.R. n. 184/2006 (regolamento di disciplina in materia di accesso degli atti amministrativi), l’Alto Consesso ha stabilito che deve essere riaffermata la perdurante rilevanza della “data oggettivamente riscontrabile”, cui ancora si riferisce il citato comma 5, ove l’oggettiva riscontrabilità è concetto strettamente ricollegabile al rispetto delle disposizioni sulle informazioni dettagliate, spettanti ai partecipanti alla gara. I giudici amministrativi pervengono a detta conclusione in base al richiamo delle modifiche normative verificatesi all’indomani dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (c.p.a.), il quale al quinto comma

dell’art.120, con riferimento all’impugnazione degli atti di gare per l’affidamento di servizi lavori e forniture, ha introdotto innovative disposizioni speciali dando, in tema di decorrenza dei termini per la proposizione dell’impugnativa, specifica rilevanza alla data di pubblicazione degli atti di cui ai sensi dell’art.79 del “primo codice” (D.Lgs. n.163/2006). Ed invero prima dell’entrata in vigore del c.p.a. la giurisprudenza, anche in materia di appalti, faceva applicazione dei principi generali sulla decorrenza del termine di impugnazione, affermando che il dies a quo decorreva dalla comunicazione della aggiudicazione o dalla conoscenza della sua portata lesiva, non rilevando la distinzione tra i vizi desumibili dall’atto comunicato e gli altri vizi percepibili aliunde, poiché sussisteva l’onere della immediata impugnazione dell’atto lesivo, spesso effettuato “al buio” o “in abstracto”, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti a seguito della conoscenza degli atti impugnati e degli eventuali loro profili di illegittimità (4). L’innovatività dell’art.120, comma 5, c.p.a., ispirato al principio della effettività della tutela giurisdizionale delle

1 In LexItalia.it, http://www.lexitalia.it/a/2020/125006. 2 La sollecitazione è pervenuta dalla V Sezione del Consiglio di Stato che, con ordinanza n 2215/2020, rinvenendo al riguardo molteplici contrasti giurisprudenziali sotto vari profili, ha posto all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti a) se il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, giusta la previsione contenuta nell’art. 29 del D.Lgs. n.50/2016; b) se le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art.76 del D.Lgs. n.50/2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal visto art.29; c) se la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non fosse idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex art. 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art.76, legittimando soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero dalle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta; d) se dal punto di vista sistematico la previsione dell’art.120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art.78 del D.Lgs. n.50/2016) o dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare; e) se in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara giusta l’articolo 29 possa essere considerata quale modalità di conoscenza aliunde; 3 Per via del richiamo operato nel medesimo comma 5 all’art.79 (del D.Lgs. n.163/2006 vigente all’epoca dell’entrata in vigore del D. Lgs. n.104/2010) quando questo è stato abrogato con l’entrata in vigore del “secondo codice” e di cui si parlerà più avanti. 4 Strategia processuale non più “propriamente” praticabile per violazione della disposizioni contenute nell’art.40, comma 1, lettera d), c.p.a. che esige, pena l’inammissibilità dell’impugnativa, la specificazione dei motivi di doglianza avverso l’azione amministrativa.


gara di appalto imprese interessate, è costituita dall’aver disposto la decorrenza del termine per l’impugnazione da una “data oggettivamente riscontrabile” e da individuare sia con riferimento agli “incombenti formali” ex lege cui è tenuta la S.A. (da raccordare ala disciplina sullo stand still contenuta ora al comma 9 dell’art.32), sia in base al criterio della normale diligenza per la conoscenza degli atti, cui è tenuta l’impresa che si ritiene lesa(5). Con riguardo agli obblighi informativi e gli incombenti formali ex lege, la necessità di riportare a sistema il richiamo operato dall’articolo in scrutinio all’oramai abrogato articolo 79 del “primo codice” dei contratti, il quale oltre ad avere la funzione di delimitare la portata applicativa dell’art.120, comma 5, del c.p.a., recava disposizioni ben diverse da quelle che gli attuali articoli 29 e 76 dispongono in materia di accesso, di informazioni e di pubblicazione degli atti. L’Alto consesso, dando continuità, con gli inevitabili adattamenti, ai già visti orientamenti giurisprudenziali ha ritenuto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016 che il richiamo ancora contenuto nell’art.120, comma 5, del c.p.a., deve intendersi rivolto all’art.76 (recante disposizioni circa “Informazione dei candidati e degli offerenti”), precisando che la “dilazione temporale”, prima fissata in

dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara(6), ma non più disciplinato dal “secondo codice”, si debba ora ragionevolmente determinare nei quindici giorni previsti dal vigente art.76, comma 2, del ‘secondo codice’ per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato, e ciò in applicazione delle disposizioni generali sull’accesso informale previste dall’art. 5 del regolamento approvato con il d.P.R. n.184/2006. Pertanto, prosegue l’Adunanza, e con ciò ribadendo l’orientamento giurisprudenziale citato alla nota 5, l’amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti (e dei relativi allegati) ed in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti), ovvero, di mero rifiuto dell’accesso ai medesimi, il termine per l’impugnazione comincia a decorrere solo da quando l’interessato ne abbia avuta effettiva conoscenza. Come detto rileva anche l’art.29, comma 1, ultima parte, del “secondo codice”, per il quale “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”. In questo caso, continuano i Giudici amministrativi, l’im-

L’innovatività dell’art.120, comma 5, c.p.a., è costituita dall’aver disposto la decorrenza del termine per l’impugnazione da una “data oggettivamente riscontrabile” e da individuare sia con riferimento agli “incombenti formali”, sia in base al criterio della normale diligenza per la conoscenza degli atti, cui è tenuta l’impresa che si ritiene lesa

5 Vigente il primo codice dei contratti, per la determinazione della “data oggettivamente riscontrabile” quale dies a quo, l’art.120, comma 5, del c.p.a. aveva fissato tre regole: a) per la impugnazione degli atti ‘concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture’, incluse le aggiudicazioni, si è richiamata la data di ‘ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 D.Lgs. n.163/2006 (recante il titolo ‘informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’), attribuendo, dunque, rilievo decisivo al rispetto delle previsioni dell’art.79; b) per l’impugnazione dei bandi e degli avvisi “con cui si indice una gara, autonomamente lesivi”, si è richiamata la data di ‘pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, del medesimo D.Lgs. n. 163/2006, attribuendo, dunque, analogo rilievo a tale pubblicazione; c) ‘in ogni altro caso’, va accertata la ‘conoscenza dell’atto’. Per i casi previsti dalle lettere a) e b), l’art.120 attribuiva rilievo al compimento delle ‘informazioni’ e delle ‘pubblicazioni’ che l’Amministrazione aggiudicatrice era tenuta ad effettuare, per le aggiudicazioni disposte nel vigore dell’art.245 del “primo codice” dei contratti pubblici (come modificato dal correttivo del 2010) e del sostanzialmente corrispondente art.120 del c.p.a., la citata ordinanza di rimessione aveva enucleato il consolidamento di tre orientamenti giurisprudenziali: - qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse inviato la “comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione” (con l’esposizione delle ragioni di preferenza per l’offerta dell’aggiudicatario), il ricorso era proponibile nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione della aggiudicazione ai sensi dell’art.79 del D. Lgs. n.163/2006 (proprio richiamando l’art.120, comma 5, del c.p.a. e recante il titolo ‘Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’). - in caso di accesso previsto dall’articolo 13 del “primo codice”, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione si doveva incrementare di un numero di giorni (massimo dieci) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione; - in caso di rifiuto dell’accesso ovvero di adozione di “comportamenti dilatori” da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, il termine per l’impugnazione cominciava a decorrere dalla data in cui l’accesso veniva effettivamente consentito. 6 Di cui all’art.79, comma 5 quater, del “primo codice”.

13


gara di appalto

14

presa interessata che intenda proporre un ricorso ha l’onere di consultare il ‘profilo del committente’, dovendosi desumere la conoscenza legale degli atti dalla data – che deve costantemente risultare dal sito - nel quale ha luogo la loro pubblicazione con i relativi allegati (7). Sempre sull’onere di diligenza dell’operatore economico i Giudici sanciscono l’idoneità a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati’. Infine, chiarisce ancora il Consiglio di Stato, che il principio della piena conoscenza o conoscibilità trova applicazione anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerge dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta. In questo caso dispiega tutta la sua rilevanza il decorso del tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art.76, comma 2, del “secondo codice”. E’ importante sottolineare che l’Adunanza in argomento ha sancito la conformità dei su delineati principi alle “esigenze di celerità dei procedimenti di aggiudicazione di affidamenti di appalti pubblici” concretamente soddisfatte da un ordito normativo che vede, da un lato, l’amministrazione aggiudicatrice tenuta al rispetto dei doveri sulla trasparenza e sulla pubblicità di cui ai su visti articoli 29 e 76 del “secondo codice”, dall’altro, l’obbligo di diligenza imposto all’operatore economico dall’ultima parte del comma 1 del già visto articolo 29 di consultare il profilo del committente e di attivarsi per l’accesso informale, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n.184/2006, da considerare quale “normativa di chiusura” anche quando si tratti di documenti per i quali l’art.29 citato non prevede la pubblicazione (ad es. offerte dei concorrenti e le correlate giustificazioni, i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni giudicatrice delle offerte presentate). Ebbene sul delineato bilanciamento tra il principio di trasparenza, qui declinato come pubblicazione generalizzata degli atti di gara e conditio sine qua non per far sì che un sistema di giustizia - basato su termini di decadenza

- possa essere considerato “sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile, onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi”(8) e le su indicate esigenze di celerità ed l’efficienza dei procedimenti di aggiudicazione ha subito gli effetti impattanti dalle disposizioni contenute nel cd. decreto semplificazioni (D.L. 16 luglio 2020 n.76) recentemente convertito con la legge 11 settembre 2020 n.120. Si fa precipuo riferimento ai cd appalti sotto soglia riguardo ai quali l’articolo 1, comma 2, lett. a) e b), del D.L n.76/2020 (convertito dalla L. n.120/2020) ha introdotto un regime derogatorio temporaneo (quelle per i quali la relativa determina a contrarre ovvero atto equivalente vengano adottati entro il 31 dicembre 2001), aumentando le soglie dell’affidamento diretto “puro” lett. a) e prevedendo, per importi superiori il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione di bando lett. b). Le norme, rispettivamente, consentono di affidare direttamente lavori di importo inferiore a 150.000 euro e inferiore a 75.000 euro per servizi e forniture. Per importi superiori è previsto il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione di bando, con numero minimo crescente di operatori economici da invitare (cinque, dieci, quindici) in ragione del valore dell’appalto (fino a 350.000 euro e fino a un milione di euro oltre un milione per i lavori; oltre i 75.000 e fino alle soglie comunitarie dell’art. 35 del “secondo codice” per i servizi e forniture). In disparte che, come anche evidenziato dall’Anac, nel 2019 la fascia di procedure comprese fra 40.000 e 150.000 ha rappresentato il 54% del totale e pertanto moltissime di esse sarebbero sottratte a un confronto concorrenziale(9), occorre sottolineare come per i contratti ad affidamento diretto non è prevista nemmeno la pubblicazione dell’avviso dei risultati (art.1, comma 5 bis) e per quelli con procedura negoziata senza gara e di importo inferiore ai 40.000 non è prevista la pubblicazione dell’avvio delle relativa procedura ( art. 1, comma 2 lett. b) terzultimo alinea). Non solo, ma per gli affidamenti diretti sembra non essere nemmeno invocato il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento visto che l’articolo in esame pare richiamare solo per i sotto soglia a procedura negoziata senza bando (art.1, comma

7 Le considerazioni che precedono sono corroborate dall’esame dell’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Ed invero, l’art.2 quater ha disposto che il termine “per la proposizione del ricorso” - come determinato dal legislatore nazionale – comincia a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice è stata inviata al partecipante alla gara, “accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti”. Da tale disposizione, si desume che la direttiva ha fissato proprio il principio posto a base dapprima dell’art.245 del ‘primo codice’ e poi dell’art.120, comma 5, c.p.a., e cioè che la decorrenza del termine di impugnazione dipenda dall’accertamento di una ‘data oggettivamente riscontrabile’, riconducibile al rispetto delle disposizioni sulle informazioni dettagliate, spettanti ai partecipanti alla gara 8 Secondo le molteplici indicazioni della giurisprudenza unionale la quale in varie occasioni, ha sottolineato l’obbligo, per gli Stati membri di istituire “un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile, onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi” (cfr. Corte di Giustizia, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 21 e anche punti 32 e 45, in LexItalia.it, http://www.lexitalia. it/a/2019/111054 9 Cfr il suo ”Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» in tema di contratti pubblici, trasparenza e anticorruzione“ del 4 agosto 2020.


gara di appalto 3). Ma per questi ultimi, però, non è dato comprendersi il concreto atteggiarsi del rispetto di detti principi visto che, e a differenza dei contratti sopra soglia (cfr. art.2, comma 6), salva quella degli avvisi dell’avvio e dei risultati delle relative procedure, non v’è obbligo di ulteriore pubblicazione nei siti internet istituzionali, nella sezione “Amministrazione trasparente”, non ne viene dichiarata la soggezione alla disciplina del D.Lgs. n.33/2013, né la pubblicazione degli ulteriori atti indicati all’articolo 29, comma 1, del D.Lgs. n.50/2016. Risultando evidente la disparità di trattamento e la contrarierà al principio di eguaglianza della previsione di un regime in materia di trasparenza diverso a seconda del fatto che un affidamento rientri nel sotto soglia o nel sopra

soglia, l’Anac(10) ha sollecitato il legislatore a chiarire che le deroghe attengono alle sole modalità di affidamento dei contratti e che agli affidamenti relativi ad importi sotto-soglia continui ad applicarsi la normativa in materia di trasparenza, chiarimento che in sede di conversione non è stato reso. Gli è del tutto evidente che quanto appena rilevato non potrebbe non riflettersi sul “sistema” volto ad individuare una “data oggettivamente riscontrabile” ed innanzi visto riguardo al rimando operato dall’art. 120, comma 5, c.p.a. alle disposizioni del “secondo codice” nel quale sembrerebbe formalmente escluse l’operatività dell’art.29 e sostanzialmente un’applicabilità, declinata in termini di effettività di tutela, di quella dell’art.76 “secondo codice”(11).

10 Cfr le osservazioni indicate alla nota 9. 11 Al riguardo segnaliamo gli orientamenti della Commissione Europea resi riguardo all’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19 (2020/C 108 I/01) in G.U.U.E. del 10 aprile 2020. Secondo la Commissione “la procedura negoziata senza previa pubblicazione consente agli acquirenti pubblici di acquistare forniture e servizi nel termine più breve possibile. Come stabilito all’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, tale procedura consente agli acquirenti pubblici di negoziare direttamente con i potenziali contraenti e non sono previsti obblighi di pubblicazione, termini, numero minimo di candidati da consultare o altri obblighi procedurali. Nessuna fase della procedura è disciplinata a livello dell’UE. Questo significa, nella pratica, che le autorità possono agire il più rapidamente possibile, nei limiti di quanto tecnicamente/fisicamente realizzabile, e la procedura può costituire di fatto un’aggiudicazione diretta’, soggetta unicamente ai vincoli fisici/tecnici connessi all’effettiva disponibilità e rapidità di consegna.” 􀂳

15


l’istituto del concordato bacchettone Rosamaria Berloco - Co-founder Legal Team

L’istituto del concordato preventivo nella disciplina dei contratti pubblici

16

La crisi d’impresa, purtroppo, è divenuta una materia molto attuale negli affidamenti degli appalti pubblici. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito ad un progressivo processo di ammodernamento delle norme a disposizione degli operatori economici e delle Pubbliche amministrazioni che molto spesso, nelle vesti di stazioni appaltanti, hanno dovuto affrontare la gestione di situazioni di crisi d’impresa più o meno complesse, sia nella fase partecipativa, che in quella esecutiva dei contratti pubblici. Se per un verso il legislatore ha introdotto, con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dei rimedi basati sulla prevenzione dello stato d’insolvenza - alcuni dei quali tutt’oggi non ancora operativi - e ridefinito l’assetto generale della disciplina fallimentare, per altro verso è dovuto intervenire nel complesso scenario del sistema degli appalti pubblici affinché la crisi d’impresa non fosse d’intralcio alla gestione delle pubbliche commesse, specie in quei settori in cui le risorse statali costituiscono uno dei motori dell’economia nazionale. Tra le procedure previste dall’ordinamento giuridico per la gestione delle crisi, con alterne fortune, il concordato preventivo costituisce certamente uno dei rimedi ampiamente utilizzato dalle aziende per fronteggiare lo stato temporaneo di insolvenza, salvaguardare l’avviamento aziendale e la sua continuità gestionale per scongiurare il rischio di default forzato. Tale ampia applicazione dell’istituto del concordato, che vede nella continuità aziendale la propria chiave del successo, trova, nel sistema degli appalti pubblici, un “terreno fertile” ove la giurisprudenza, a causa di un quadro normativo complesso, ha potuto affrontare le problematiche del settore e dettare i tratti fondamentali di detto strumento, in

piena armonia con il contesto economico attuale. Cenni alla disciplina generale La disciplina generale dell’istituto del concordato preventivo si rinviene, come noto, nel vigente Regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267 1 (L.F. per brevità), il quale, a partire dall’art. 160 e ss., dispone espressamente che l’imprenditore che si trova in uno stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano attuativo di ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti, l’attribuzione delle attività ad un cd. assuntore, la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, nonché dei trattamenti differenziati tra creditori. Uno dei tratti fondamentali dell’istituto è certamente la sussistenza dello stato di crisi, quale presupposto oggettivo di accesso alla procedura di concordato preventivo, requisito che il Tribunale vaglia fin dal momento del giudizio preliminare di ammissibilità. Si è correttamente osservato che nel Regio decreto del 1942 manca una definizione esatta dello stato di crisi, da intendersi, come innanzi espresso, quale requisito indefettibile onde consentire all’imprenditore di accedere ai benefici del concordato; il legislatore ha marginalmente precisato, nella disciplina fallimentare, che per stato di crisi “si intende anche lo stato di insolvenza”. Con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza da ultimo approvato, il legislatore ha stabilito i confini entro cui deve intendersi lo stato di crisi che interessa l’imprenditore ovvero “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far

Con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza da ultimo approvato, il legislatore ha stabilito i confini entro cui deve intendersi lo stato di crisi che interessa l’imprenditore

1 Com’è noto, il D.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, emanato in attuazione della L. 155 del 19 ottobre 2017, ha introdotto nell’ordinamento giuridico il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155”, il quale (salvo ulteriori rinvii) entrerà integralmente in vigore il 1 settembre 2021 e sostituirà definitivamente la vigente legge fallimentare.


l’istituto del concordato fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”, nonché di insolvenza, da intendersi quello stato in cui versa il debitore “che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Ciò che può utilmente osservarsi è che entrambi i concetti presuppongono l’esistenza di una situazione di impossibilità irreversibile del debitore di adempiere, regolarmente, alle proprie obbligazioni; tale aspetto appare di fondamentale importanza laddove si consideri che l’ammissibilità della domanda di concordato non poggia sulle cause che hanno originato il dissesto finanziario dell’impresa, bensì proprio sulla rappresentazione dettagliata dello stato di crisi e sulla dimostrazione della sussistenza del presupposto oggettivo onde convincere i creditori circa la convenienza della proposta (escludendo, naturalmente, eventuali fini elusivi). La legge fallimentare stabilisce che la domanda di concordato, sottoscritta dal soggetto interessato, unitamente alla documentazione contabile prevista dall’art. 161, co. 2 e 3, L.F., è comunicata al pubblico ministero e precede la fase di pubblicazione nel registro delle imprese; l’imprenditore può, tuttavia, riservarsi di presentare la proposta, il piano e la documentazione a supporto dello stato di crisi entro un termine fissato dal giudice compreso fra 60 e 120 giorni prorogabile: si tratta, in questo caso, del cd. concordato “in bianco” o “con riserva” o “con effetti prenotativi” (art. 161, co. 6, L.F.), uno strumento rimediale della crisi che consente all’imprenditore di godere immediatamente degli effetti positivi derivanti dall’apertura della procedura concordataria per provvedere, entro i termini stabiliti, alla composizione e tempestivo deposito della corposa documentazione circa lo stato di “salute” economico dell’impresa. Sotto il profilo soggettivo, la disciplina fallimentare non ha posto particolari restrizioni di accesso alla procedura; tuttavia, l’art. 161 L.F. stabilisce espressamente che nei casi di domanda di concordato “in bianco” la domanda è dichiarata inammissibile “quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo o l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti”. Qualora non sia dichiarato il fallimento dell’impresa per inammissibilità della domanda di concordato, si apre la complessa ed articolata fase di valutazione della proposta con la partecipazione, tra l’altro, dei creditori e della figura del commissario giudiziale, al termine della quale, in caso di esito positivo, la procedura di concordato viene approvata mediante giudizio di omologazione. Si è detto che uno degli elementi che caratterizza tale procedura di risoluzione della crisi d’impresa è costi-

tuito dagli effetti della presentazione della domanda di concordato: in particolare, per espressa previsione legislativa, è previsto che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore [al decreto] non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano”. Inoltre, il legislatore ha stabilito che “le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”. La gestione delle procedure ad evidenza pubblica Per le imprese che versano in uno stato di crisi e/o di insolvenza si pone la problematica del coordinamento tra la disciplina fallimentare e quella degli appalti pubblici, da ultimo introdotta con il d.lgs. 50/2016 (anche Codice appalti, per brevità). Nello specifico, il Codice appalti ha stabilito un particolare regime per gli operatori che, in fase di partecipazione, versano in tali condizioni. Deve osservarsi che il vigente art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. 50/2016, recante i motivi di esclusione, stabilisce che l’operatore economico (anche nelle vesti di subappaltatore) che sia stato sottoposto a fallimento o che si trovi in stato di liquidazione coatta o concordato preventivo “o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni” deve essere escluso dalla possibilità di concorrere all’aggiudicazione di appalti pubblici, “fermo restando quanto previsto dagli articoli 110 del presente Codice e 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”. La ratio della sanzione espulsiva va ricercata nelle particolari condizioni in cui versa l’operatore economico concorrente il quale, in caso conclamata crisi d’impresa, sarebbe privo delle risorse indispensabili per eseguire puntualmente tutte le prestazioni contrattuali, specie allorquando a rilevare è la natura pubblicistica della controparte contrattuale. Il legislatore ha quindi optato per una soluzione piuttosto rigorosa, stabilendo che la presentazione della domanda di concordato non è sufficiente a consentire all’imprenditore di partecipare alle gare d’appalto. La disposizione innanzi richiamata, in forza del rinvio operato, necessita tuttavia del coordinamento con la disciplina speciale contenuta nella legge fallimentare, la quale all’art. 186 bis, recante disposizioni concernenti il concordato con continuità aziendale, stabilisce che successivamente al deposito della domanda di concordato, “la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale”, precisando altresì che

17


l’istituto del concordato “l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara: a) una relazione di un professionista … che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto”. Si badi bene, quindi, che la partecipazione a procedure ad evidenza pubblica per le imprese che si trovano uno di stato di crisi, successivamente ammesse al concordato non è esclusa a priori, bensì è subordinata alla produzione di idonea documentazione redatta da un professionista che attesti non solo la conformità al piano, ma soprattutto la ragionevole capacità di adempimento del contratto (conseguito a seguito di aggiudicazione della commessa). Giova precisare che la “finestra temporale” ricompresa tra la presentazione della domanda di ammissione e quella di apertura/omologazione della procedura di concordato preventivo è di fondamentale importanza onde scongiurare l’esclusione da una procedura di gara per carenza, in capo all’operatore economico, dei requisiti partecipativi, specie

18

allorquando il termine di presentazione delle offerte sia ricompreso proprio entro tale periodo: in tali ipotesi, il codice degli appalti ha previsto che all’art. 110, co. 4, che “è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto”, mentre, l’impresa ammessa al concordato preventivo, ai sensi e per gli effetti del successivo co. 5, “non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto”, rendendo così effettivo ed efficace il paradigma normativo che ammette la partecipazione alle gare pubbliche delle imprese ammesse al concordato, seppur con un supporto da parte di soggetto terzo, quale impresa ausiliaria, responsabile in solido nei rapporti con la stazione appaltante. La disciplina speciale prevista nell’ambito degli appalti pubblici si occupa, inoltre, di stabilire le condizioni partecipative allorquando l’operatore economico concorre mediante identità plurisoggettiva (raggruppamento o sotto forma di consorzio): il principio generale è che l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purchè “non rivesta la qualità di mandataria e


l’istituto del concordato sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale” (art. 186 bis, co. 6, L.F., disposizione che ha superato anche il vaglio di legittimità costituzionale grazie alla pronuncia della Corte Costituzionale del 7 maggio 2020, n. 85). Sulla questione, tuttavia, il codice appalti ha precisato all’art. 48, co. 17, recante le disposizioni circa i “raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici”, nei limiti di interesse, che “… in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo … del mandatario … ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all’articolo 80 … la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto”. Analoga disposizione è prevista, invece, qualora ad essere investito dalla situazione di crisi d’impresa è il soggetto costituito mandante nel raggruppamento (art. 48, co. 18, d.lgs. 50/2016). La fase esecutiva dei contratti pubblici costituisce, altresì, un momento delicato per la gestione della crisi d’impresa, essendo pacifico che l’imprenditore, nonostante lo stato di insolvenza, non intenda abbandonare le commesse già affidate, anche in vista dell’attuazione del piano di concordato: per tale motivo, nell’ottica della salvaguardia dell’impresa e della continuità gestionale, la disciplina fallimentare ha previsto all’art. 186bis, co. 3, che “i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L’ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all’articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento”. Con il recente intervento di cui alla l. 11 settembre 2020, n. 120 (cd. “decreto semplificazioni”), il legislatore non ha certamente “semplificato” l’applicazione dell’istituto; nell’ambito degli appalti pubblici ha previsto, infatti, che in caso di concordato con continuità aziendale, qualora la prosecuzione dei lavori non possa avvenire con l’impresa designata, “la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, salvo che per gravi motivi tecnici ed economici sia comunque, anche in base al citato parere, possibile o preferibile proseguire con il medesimo soggetto, dichiara

senza indugio, in deroga alla procedura di cui all’articolo 108, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la risoluzione del contratto, che opera di diritto” provvedendo, conseguentemente, all’esecuzione diretta oppure a un nuovo affidamento ovvero alla nomina di un commissario straordinario per lo svolgimento delle attività necessarie al completamento dell’opera. Considerazioni conclusive Si osserva, in via conclusiva, che il legislatore, con la disciplina esaminata, ha inteso ridefinire l’assetto normativo che vede protagoniste le imprese in crisi, attribuendo sicuramente un beneficio non indifferente nei confronti di quegli operatori che siano in grado di ripristinare l’equilibrio economico aziendale in danno del fallimento societario, consolidando l’esigenza di risanamento economico delle imprese con la necessaria affidabilità del contraente della Pubblica amministrazione.Con riferimento proprio alla gestione degli appalti e contratti pubblici, deve rimarcarsi il ruolo dell’operatore economico che aspira a conseguire il bene della vita dell’aggiudicazione dell’appalto: nei rapporti con la Pubblica amministrazione, esso riveste una posizione centrale che, in caso di crisi aziendale, non deve risultare disuguale rispetto agli altri operatori concorrenti stante il principio di non discriminazione e parità di trattamento, oltre che di favor partecipationis e di libera concorrenza. D’altra parte, tuttavia, non può sottacersi l’importanza che assume, in sede di affidamento di pubbliche commesse, il principio di continuità del possesso dei requisiti secondo il quale nelle gare d’appalto i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità, un principio che presuppone un’interpretazione non estensiva onde scongiurare una lesione effettiva della parità tra i concorrenti. Sulla questione deve confermarsi l’orientamento giurisprudenziale restrittivo formatosi, tra l’altro, con le pronunce rese dalla Corte di Giustizia UE 2 che ha affermato la legittimità dell’esclusione dalla gara dell’impresa che ha presentato domanda di concordato preventivo in bianco, stante l’idoneità della mera presentazione dell’istanza di ammissione al concordato, anche con riserva, a integrare una ipotesi di procedimento in corso ostativa alla partecipazione.

2 Da ultimo, Corte Giust. Comm. UE, Sez. X, sentenza 28 marzo 2019, C-101/18, la quale ha stabilito che è “conforme al diritto dell’Unione e soprattutto al principio di uguaglianza nella procedura di aggiudicazione di appalti pubblici per la legislazione nazionale escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico un operatore economico che ha presentato una domanda di «concordato in bianco» piuttosto che non escluderlo”.

19


pandemia e gare Antonino Oceano - Foro Palermo

Emergenza pandemica e risvolti sulle procedure di gara in ambito sanitario

S 20

econdo la dettagliata analisi fornita dall’ ANAC - Autorità nazionale anticorruzione - durante l’emergenza Covid-19, fra marzo e aprile, l’importo medio degli affidamenti diretti nel settore sanitario è stato di 719.000 euro e per le procedure negoziate di 1,4 milioni; inoltre dall’analisi condotta emerge che ben il 41,1% della spesa nazionale (pari a circa 2,38 mld di euro) è stata gestita dal commissario straordinario e dal dipartimento per la Protezione Civile. A causa dell’emergenza nazionale le procedure più utilizzate sono state quelle non ad evidenza pubblica nell’85% dei casi e per il 93% della spesa complessiva. In particolare, gli importi medi di questi affidamenti sono stati per le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando pari a 1.410.000 euro e per gli affidamenti diretti pari a 724.000 euro. Dal punto di vista delle stazioni appaltanti si osserva un massiccio ricorso delle stesse alla centralizzazione degli appalti (per il 78,4% della spesa complessiva). Questo viene considerato dall’Anac come un «risultato insperato» visto che «spesso il ricorso a centrali di committenza e a soggetti aggregatori viene visto come causa di complessità e di dilatazione dei tempi, laddove in una situazione emergenziale il fattore tempo è di vitale importanza». La dettagliata ed esaustiva analisi condotta dall’Autorità Nazionale Anticorruzione ci rivela che durante l’emergenza pandemica l’83% degli appalti pubblici sono stati aggiudicati dalle centrali di committenza senza gara, con il ricorso predominante a procedure più snelle e veloci, quali appunto gli affidamenti diretti e le procedure negoziate, che soprattutto in ambito sanitario hanno rappresentato una risposta immediata alle esigenze improrogabili ed indefettibili di celerità. Ed invero, nel corso dell’emergenza pandemica, se da una parte l’Italia è stata costretta a “rallentare”, dall’altra le strutture ospedaliere e tutto il mondo che gira intorno alla sanità ha dovuto trovare risposte immediate a criticità legate in primis al

complicato sistema di approvvigionamento dell’intero comparto sanitario, trovandosi ad organizzare, in piena emergenza e con urgenza, l’acquisto di elevati volumi di dispositivi medici, protezioni individuali, attrezzature. In molti casi è stato necessario ricorrere con urgenza a complessi interventi di conversione di interi reparti di strutture ospedaliere, al fine di garantire sufficienti posti in terapia intensiva in tutte le Regioni d’Italia. Questo trend volto alla ricerca di soluzioni veloci, che consentono aggiudicazioni tempestive e l’inizio dei lavori in tempi ragionevolmente brevi, è stato fatto proprio dal Governo nazionale che al fine di evitare il collasso dell’economica è intervenuto sullo spinoso tema in maniera decisa. Ed infatti, con il DL semplificazioni, in vigore dal 17 luglio 2020, convertito con legge 11 settembre 2020, n. 120, recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione al fine di consentire una rapida ripresa dell’intera economia nazionale, con diverse deroghe al codice degli appalti, si è ulteriormente ampliata le possibilità di ricorrere a questi due strumenti. Grazie alle deroghe introdotte infatti, sarà così possibile, fino al 31 dicembre 2021, utilizzare l’affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro e per servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria, di importo inferiore a75.000 euro; e la procedura negoziata per i lavori compresi tra 150.000 euro e le soglie comunitarie (5,35 milioni di euro) e per i servizi di importo pari o superiore a 75.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Con il medesimo DL, al fine di contemperare le esigenze di semplificazione e sburocratizzazione del sistema appalti, si è provveduto a dettare stringenti regole volte a garantire la trasparenza delle procedure. In forza del Decreto Semplificazioni la Stazione Appaltante dovrà, ad esempio, pubblicare sul proprio sito un avviso sull’avvio della procedura negoziata, oltre all’esito dell’aggiudicazione. Ad evitare


pandemia e gare che si creino delle posizioni di rendita in capo al gestore uscente nelle procedure negoziate, bisognerà rispettare rigorosamente il criterio della rotazione degli inviti. Principio già ampiamente conosciuto e collaudato dal nostro sistema che, a giudizio dello scrivente, rappresenta un tassello fondamentale per l’armonioso funzionamento delle recenti introduzioni legislative. Il criterio della rotazione, infatti, nasce dalla necessità di bilanciare il potere di scelta in capo alla PA degli operatori economici da invitare alla negoziazione, o a cui destinare gli affidamenti diretti, con il principio di non discriminazione, onde evitare che la stazione appaltante rispetti solo formalmente l’obbligo di consultare più soggetti. La Stazione Appaltante, a garanzia del principio di trasparenza, dovrà pubblicare un avviso idoneo e assicurare la rotazione degli inviti. In forza del DL semplificazioni, inoltre, si potrà utilizzare la procedura negoziata anche per l’affidamento di lavori urgenti di importo superiore alle soglie comunitarie, riguardanti opere di edilizia sanitaria, scolastica, universitaria e carceraria, le infrastrutture per la sicurezza pubblica e dei trasporti, le infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, ecc.. L’obiettivo dichiarato del DL Semplificazioni è l’aggiudicazione o quanto meno l’individuazione definitiva del contraente entro 2 mesi dall’indizione della gara, aumentati a 4 in specifici casi e a 6 per i contratti sopra la soglia comunitaria. Un ulteriore strumento volto a ridurre i tempi di espletamento delle procedure di gara è l’inversione procedimentale, ovvero quell’istituto per cui si anticipa l’esame delle offerte rispetto al controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione, siano essi di ordine generale, di idoneità professionale o di capacità economica-finanziaria e tecnica. La finalità è evidentemente quella di semplificare le procedure di gara e ridurre il tempo necessario per la verifica

della documentazione amministrativa presentata da tutti i partecipanti. Il d.l. n. 32/2019 (c.d. Decreto Sblocca cantieri) aveva già introdotto nel Codice dei contratti pubblici un’espressa previsione sull’inversione procedimentale nei contratti sotto soglia. Tuttavia, in sede di conversione del decreto, la legge n. 55/2019 ha eliminato l’intero comma in questione (art. 36, co. 5), disponendo al contempo che la norma sull’inversione procedimentale nei settori speciali – l’art. 133, co. 8 – si applichi anche ai settori ordinari fino al 31 dicembre 2020. Di recente, la Corte costituzionale è stata chiamata a vagliare la legittimità costituzionale di una legge della Regione Toscana che prevedeva la facoltà per le stazioni appaltanti – nelle procedure negoziate sotto soglia da aggiudicarsi col criterio del minor prezzo – di utilizzare l’inversione procedimentale (art. 1, l. r. Toscana n. 46/2018). La Corte costituzionale pronunciatasi sul punto, con la Sent. n. 39 del 6/03/2020, ha confermato l’interpretazione per cui, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge statale, e dunque nel caso di specie dall’art. 133, co. 8, del Codice, l’inversione procedimentale non è consentita. Tutto ciò considerato, alla luce delle recenti introduzioni normative in materia di appalti pubblici, è chiara l’intenzione di avviare una strutturale riforma del codice del 2016, volta alla semplificazione delle procedure di gara, auspicata già da tempo dall’Europa, che facendo salvi i principi di concorrenza, trasparenza e legalità consenta di garantire il rapido inizio dei lavori a beneficio dell’intera economia nazionale. D’altra parte è ormai acclarato che la regolarità (in tutte le sue sfaccettature) di una procedura di gara e della successiva aggiudicazione non è, giammai, garantita dalla dilatazione dei tempi di affidamento, ma dalla irreprensibilità e neutralità delle commissioni di gara.

Il Decreto Sblocca cantieri aveva già introdotto una previsione sull’inversione procedimentale nei contratti sotto soglia. In sede di conversione in legge, è stato eliminato l’intero comma in questione, disponendo al contempo che la norma sull’inversione procedimentale nei settori speciali si applichi anche ai settori ordinari fino al 31 dicembre 2020

21


documentazione antimafia Francesca Petullà - Foro Romano

Le antiche esigenze di semplificazione che complicano la vita: il caso della documentazione antimafia

C

22

ome ormai accade da decenni, ogni tanto un Legislatore improvvisato ritiene che sia il momento di semplificare, un refrain che ritorna storicamente come un motivetto orecchiabile sempre prima dell’estate e vede, poi, in settembre o novembre la giusta definizione. Anche quest’anno a luglio abbiamo visto la nascita del decreto semplificazione convertito nella L. 11 settembre 2020 n. 120 che, tra le tante disposizioni, accoglie anche una norma relativa alla documentazione antimafia da acquisire in sede di aggiudicazione, stipula ed esecuzione del contratto.

ed ha un contenuto vincolato, di tipo accertativo, che attesta l’esistenza, o meno, di tale situazione tipizzata nel provvedimento di prevenzione. Le comunicazioni antimafia hanno efficacia interdittiva rispetto a tutte le iscrizioni e ai provvedimenti autorizzatori, concessori o abilitativi per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati, nonché a tutte le attività soggette a segnalazione certificata di inizio attività (c.d. s.c.i.a.) e a silenzio assenso (art. 89, comma 2, lett. a) e b), del d. lgs. n. 159 del 2011), e comportano, altresì, il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera (art. 84, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 159 del 2011). L’informazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza, o meno, di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’art. 67 (l’esistenza, come detto, di un provvedimento di prevenzione definitivo), nonché nell’attestazione della sussistenza, o meno, di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte o gli indirizzi della società o delle imprese interessate (art. 84, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011). Pertanto, duplice il contenuto, di tipo vincolato, da un lato, e analogo a quello della comunicazione antimafia, nella parte in cui attesta o meno l’esistenza di un provvedimento definitivo di prevenzione personale emesso dal Tribunale, e di tipo discrezionale, dall’altro, nella parte in cui, invece, il Prefetto ritenga la

Come prevede l’art. 86 del d. lgs. n. 159 del 2011, le comunicazioni antimafia hanno validità semestrale (comma 1) e le informazioni antimafia hanno validità annuale (comma 2)

La documentazione antimafia Il sistema della documentazione antimafia, previsto dal c.d. Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011) in attuazione della legge delega n. 136 del 13 agosto 2010 (art. 2), si fonda sulla distinzione tra le comunicazioni antimafia e le informazioni antimafia (art. 84 del d. lgs. n. 159 del 2011), che costituiscono le fondamentali misure di prevenzione amministrative previste dal Codice nel libro II e tuttora confermate, nel loro impianto, anche da diverse modifiche intervenute per rendere le stesse più aderenti ad una fenomenologia sempre in evoluzione. La comunicazione antimafia fotografa, quindi, il cristallizzarsi di una situazione di permeabilità mafiosa contenuta in un provvedimento giurisdizionale ormai definitivo, con il quale il Tribunale ha applicato una misura prevenzione personale prevista dal Codice antimafia,


documentazione antimafia sussistenza, o meno, di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa, desumibili o dai provvedimenti e dagli elementi, tipizzati nell’art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011, o dai provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. Se le comunicazioni antimafia si collocano nell’alveo dell’apparato normativo di stampo penale, per il loro contenuto vincolato, poiché il presupposto della loro emissione consiste nell’attestazione che a carico di determinati soggetti, individuati dall’art. 85 del d. lgs. n. 159 del 2011, non siano state emesse dal Tribunale misure di prevenzione personali definitive, le informazioni antimafia, invece, si distinguono per uno spiccato momento di autonomia valutativa da parte del Prefetto, nel soppesare il rischio di permeabilità mafiosa dell’impresa, di contenuto discrezionale, poiché ben possono prescindere dagli esiti delle indagini preliminari o dello stesso giudizio penale, che comunque la Prefettura ha il dovere di esaminare in presenza dei cc.dd. delitti spia (art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011), non vincolanti per l’apprezzamento che, a fini preventivi, la Prefettura è chiamata a compiere in ordine al rischio di condizionamento mafioso. E’ inutile dire che dal 2016 si sono registrate diverse posizione dei TAR più o meno rigorosi, che hanno trovato una sintesi nella pronuncia della III sez. del Consiglio di Stato (n. 1743 del 3 maggio 2016) ove si è definitivamente affermato che l’impianto motivazionale dell’informazione antimafia deve fondarsi su una rappresentazione complessiva, imputabile all’autorità prefettizia, degli elementi di permeabilità criminale che possano influire anche indirettamente sull’attività dell’impresa, la quale si viene a trovare in una condizione di potenziale asservimento – o comunque di condizionamento – rispetto alle iniziative della criminalità organizzata di stampo mafioso. (segue) la documentazione antimafia: la istituzione della white list Sempre in un’ottica di accelerazione e semplificazione, il comma 52, art. 1, l. 6 novembre 2012, n. 190 ha previsto l’istituzione presso le Prefetture di un elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori pubblici non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei settori maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa, espressamente indicati nel successivo comma 53, vale a dire: trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; trasporto, anche transfron-

taliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri. La disposizione in parola non prevedeva però alcun obbligo di utilizzare i predetti elenchi ai fini delle verifiche antimafia, necessarie per l’affidamento delle attività sopra indicate, conseguentemente, il d.p.c.m. 18 aprile 2013, all’art. 2, comma 2 ha riconosciuto carattere volontario all’iscrizione de qua, in considerazione dell’originaria formulazione del citato comma 52 (11). Successivamente, la predetta norma è stata modificata dall’art. 29, comma 1, d.l. 90/2014, convertito dalla l. 114/2014, il quale dispone che per le attività imprenditoriali di cui al comma 53 la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria, da ottenere indipendentemente dalle soglie stabilite dal d.lgs.159/2011, è obbligatoriamente acquisita attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L’iscrizione nell’elenco tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco. La banca dati nazionale unica della documentazione amministrativa Sempre in un’ottica di semplificazione e razionalizzazione, è stata istituita in attuazione dell’art. 2 della legge delega (L. n. 136 del 13 agosto 2010), la Banca dati nazionale unica della documentazione amministrativa (art. 98, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011), ora operativa, peraltro, per effetto dell’adozione del d.P.C.M. n. 193 del 2014. La Banca dati nazionale, consente all’autorità prefettizia «di avere una cognizione ad ampio spettro e aggiornata della posizione antimafia di una impresa» e di potere venire a conoscenza, nella consultazione della Banca dati per il rilascio della comunicazione, di ulteriori elementi che la inducano a più seri approfondimenti circa la possibile permeabilità mafiosa dell’impresa e al rilascio di una informazione antimafia. Va qui ricordato, peraltro, che il sistema della documentazione antimafia rafforzato dall’istituzione della Banca

23


documentazione antimafia

24

dati, per sua stessa struttura mutevole nel tempo, è soggetto a costante aggiornamento (art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011) perché, come prevede l’art. 86 del d. lgs. n. 159 del 2011, le comunicazioni antimafia hanno validità semestrale (comma 1) e le informazioni antimafia hanno validità annuale (comma 2). Al riguardo il Consiglio di Stato, nella sua più recente giurisprudenza, ha chiarito che la validità annuale dell’informazione antimafia, che va richiesta da ogni singola amministrazione in ogni singolo procedimento per il quale è prevista e deve essere rinnovata di volta in volta dalla Prefettura per ogni singolo procedimento, deve intendersi riferita al valore legale del documento antimafia, che comunque mantiene i propri effetti interdittivi per una durata annuale, e non già per gli elementi indiziari posti a base dell’informativa, che non “scadono”, come è ovvio, né perdono la loro valenza sintomatica solo per il decorso del termine annuale, sicché ben potrà la Prefettura, ove richiesta dall’amministrazione interessata, emettere una nuova informativa, decorso l’anno, sulla base degli stessi elementi già posti a fondamento della precedente e purché non ne sopraggiungano di nuovi che elidano l’efficacia indiziante degli elementi pregressi. La informativa liberatoria provvisoria: come superare i termini di rilascio ipotecando di tempi di esecuzione Ed ecco l’arrivo dell’’articolo 3 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 conv. in L.120/2020, che introduce in chiave derogatoria sino a dicembre 2021 una disciplina dei controlli eseguiti dalle Pa sulle imprese affidatarie dei contratti pubblici semplificata. Dal 17 luglio 2020, ricorre in via sistematica, ma possiamo dire anche in via ordinamentale il presupposto dell’urgenza per l’acquisizione della documentazione antimafia, e potrà essere consentita l’erogazione di benefici economici, comunque denominati, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e pagamenti da parte di Pubbliche amministrazioni, anche se il rilascio di tale documentazione non dovesse essere immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati nazionale antimafia. Questa documentazione sarà comunque rilasciata dalla banca dati antimafia, mediante una interrogazione che prescinde dal completamento delle verifiche prefettizie (pari a 30 giorni nell’ipotesi della comunicazione antimafia, e a 30 o 45 giorni - a seconda dei casi - in quello dell’informazione antimafia), anche quando - ed è questa, probabilmente, la vera novità - il soggetto risulti non censito. Ottenuta, si potrà procedere con la stipula del contrat-

to, sotto condizione risolutiva, come avviene di norma, alla scadenza dei termini concessi al Prefetto per i controlli, che dovranno in ogni caso questa volta essere effettuati entro 60 giorni; e, al pari di quanto accadeva sino ad oggi, nel caso in cui dovesse essere accertata una causa ostativa alla stipula, la stessa Pa dovrà recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento delle prestazioni già eseguite (anche se la norma si riferisca alle sole “opere”, come nel Codice antimafia) e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. Naturalmente, il recesso potrà essere evitato se, e solo se, l’opera è in corso di ultimazione o se si tratta di forniture o servizi ritenuti essenziali per il perseguimento dell’interesse pubblico e il prestatore non sia sostituibile in tempi rapidi, come previsto dall’articolo 94, commi 3 e 4, del Dlgs. n. 159/2011 e dall’articolo 32, comma 10, del decreto-legge n. 32/2014. Tale precisazione è quanto mai opportuna, sotto il profilo sistematico, in quanto consente di evitare il sorgere di problematiche interpretative e applicative dovute al mancato coordinamento fra le diverse normative di settore, che invece si sono poste a seguito di precedenti interventi legislativi (basti pensare al rapporto fra la misura del controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende di cui all’art. 34 bis, d.lgs. n. 159 del 2011, inserito nel codice antimafia dalla l. n. 161 del 2017 e quella del commissariamento per finalità antimafia di cui al citato art. 32, del decreto «anticorruzione»). Inoltre, anche dal punto di vista delle finalità perseguite, la prosecuzione dei contratti in essere in regime controllato, e quindi la definitiva esecuzione delle prestazioni e opere appaltate, in luogo dello scioglimento dei vincoli negoziali, appare in linea con le esigenze di «accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture», pur sempre «senza pregiudizio per i presidi di legalità» (cfr. premesse al d.l. 76 del 2020), poste alla base del decreto «semplificazioni», poiché fa sì che venga allontanato il rischio dell’avvio di nuove procedure ad evidenza pubblica. Tuttavia, la portata della misura acceleratoria viene ridimensionata perché comunque sempre 60 giorni occorre attendere per la conferma di quanto la interrogazione da come risposta. Ed ancora, la liberatoria non potrà essere rilasciata all’istante, quando la banca dati rilevi, a carico del soggetto sottoposto a verifica, misure di prevenzione (anche solo proposte), o tentativi di infiltrazione mafiosa desumibili dalle situazioni indicate dall’articolo 84, comma 4, lettere a), b) e c), del Codice antimafia (applicazione di una misura cautelare o presenza di sentenze di condanna, anche non definitive, per turbata libertà degli incanti o del procedimento di scelta del contraente, intermediazio-


documentazione antimafia ne illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, usura, riciclaggio, impiego di denaro, di beni o di utilità di provenienza illecita, associazione per delinquere e trasferimento fraudolento ed ingiustificato di valori, oppure - ancora - omessa denuncia di fatti di concussione o estorsione). E quindi, in tali circostanze occorrerà attendere gli accertamenti prefettizi del caso, secondo le regole tradizionali contenute negli articoli 88, comma 2, e 92, comma 2, del Codice antimafia. Le criticità rilevabili La disposizione da apprezzarsi per il tentativo e lo sforzo profuso nell’adozione, comunque non sfugge da immediati rilievi per alcune criticità. In primo luogo, da un punto di vista sistematico occorre tener presente il disposto dell’articolo 2 del decreto, che, per l’affidamento degli appalti sopra-soglia, consente alle amministrazioni di discostarsi dalle regole procedurali ordinarie, “fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”. Ma, le misure di semplificazione per il rilascio della documentazione antimafia non sono state inserite nel Codice appalti a causa della loro efficacia limitata nel tempo; e quindi, come da prassi legislativa oramai consolidata, sono entrate a far parte di quel mondo giuridico- ordinamentale parallelo rispetto ai testi delle discipline di riferimento. In considerazione di questo dato oggettivo, sarebbe stato più corretto prescrivere che “le deroghe al Codice dei contratti sono ammesse a condizione che vengano comunque rispettate la disciplina antimafia e le relative semplificazioni previste anche dal Dl n. 76/2020.” In secondo luogo, il termine “informativa” sembra, infatti, richiamare alla mente la sola ipotesi della informativa antimafia, vale a dire della documentazione che deve esser richiesta dalle stazioni appaltanti prima della stipula dei contratti di appalto sopra-soglia Ue e dell’autorizzazione dei subappalti di importo superiore a 150 mila euro. Se così fosse, resterebbe escluso dall’ambito di applicazione di tale agevolazione la diversa ipotesi della comunicazione antimafia, richiesta, invece, per la stipula dei contratti di appalto sotto-soglia Ue. Al di là del dato formale, ragioni sistematiche fanno però propendere per una interpretazione che, in realtà, intende riferirsi ad entrambe le tipologie di documentazione, soprattutto se si considera che nel decreto si dà ampio risalto alla semplificazione per gli affidamenti sottosoglia. Un’ulteriore criticità è rappresentata dalle modalità di

rilascio della informativa liberatoria provvisoria, attraverso la banca dati nazionale unica antimafia, salvo poi rinviare anche a “tutte le ulteriori banche dati disponibili”, ma al di là del fatto che non sono state indicate, ma quali sono le altre banche dati? AVCPASS non può esser perché sappiamo tutti che uno strumento di comunicazione attraverso il quale vengono richiesti e ottenuti certificati e documentazioni ivi rubricati, e tra questi non vi è la certificazione antimafia; la Banca dati degli operatori economici di cui all’art. 86 del Codice non è stata attivata e quindi certo non può riferirsi a questa. Ma al di là di ciò non si comprende dove sia la semplificazione atteso che comunque anche se nell’immediato possiamo ricevere una risposta sempre 60 giorni occorre aspettare per la diciamo cd conferma a fronte dei 45 gg precedenti. Sulla carta. in realtà tutti noi operatori sappiamo che i tempi di rilascio delle documentazioni antimafia certo non brillano per tempistica e, quindi siccome gli strumenti operativi sono gli stessi, sorge il dubbio che non vi sarà una celerità nella definizione della stipulazione del contratto efficace in tutte le sue parti. I protocolli di legalità: il principio di proporzionalità imposto dalla Corte di Giustizia Infine, l’ultimo comma dell’articolo 3 del decreto Semplificazioni è dedicato ad una modifica diretta del Codice antimafia e vede l’introduzione dell’articolo 83-bis. Nonostante la sua collocazione all’interno decreto, la norma appare però di dubbia semplificazione, dal momento che si limita di fatto a riprendere contenuti già noti e conosciuti perché già presenti anche se in diversi testi normativi nell’ordinamento. Bello strumento di condivisione di finalità importantissima, ma di scarsa utilità pratica perché nel concreto in fase di esecuzione non vi è alcun momento di verifica contrattuale sul rispetto di quanto ivi prescritto. Si riconosce, pure, la possibilità al Ministero dell’interno di sottoscrivere protocolli (o altre intese, comunque denominate) per prevenire e contrastare i fenomeni di criminalità organizzata “anche allo scopo di estendere convenzionalmente il ricorso alla documentazione antimafia”. La vera novità è data dalla possibilità che tali accordi possano essere siglati anche con imprese di rilevanza strategica per l’economia nazionale, e con le associazioni delle categorie produttive, economiche o imprenditoriali, maggiormente rappresentative a livello nazionale; in detti accordi poi, si prevede che gli stessi accordi possano determinare le soglie di valore oltre le quali è prevista l’attivazione degli obblighi fissati dal proto-

25


documentazione antimafia

26

collo, e quindi - in tal senso - eventualmente fissare regole antimafia più stringenti, pur non avendo la forza propria di una legge. La prima di queste due previsioni è probabilmente la immediata risposta alla sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato 20 gennaio 2020, n. 452, con cui è stato affermato che è illegittima l’acquisizione - prevista da un protocollo di legalità - di una informativa antimafia da parte di un soggetto privato. A seguire, gli ulteriori due commi dell’articolo 83-bis si limitano a riportare, entro i confini del Dlgs. n. 159/2011, disposizioni - di contenuto analogo - presenti in altre fonti di legge: da un lato, si ribadisce infatti che l’iscrizione sia nelle white-list (articolo 1, comma 52, della legge n. 190/2012, e articolo 7, Dpcm 24 novembre 2016), sia nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita nell’ambito della ricostruzione post sisma del 2016 (articolo 30, comma 10, del d.l. n. 189/2016, conv. dalla legge n. 229/2016) equivale al rilascio dell’informazione antimafia. Stessa disposizione del comma 17 dell’articolo 1 della legge anticorruzione, è infine, il terzo ed ultimo comma dell’articolo 83-bis del Codice antimafia, che altro non fa se non ripetersi nei seguenti termini: “Le stazioni appaltanti prevedono negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara o di risoluzione del contratto”. Al riguardo la Corte di Giustizia, sez. X, 22 ottobre 2015, in C-425/14, con una pronuncia relativa proprio alla previsione dei cc.dd. Protocolli di legalità, ha affermato che «va riconosciuto agli Stati membri un certo potere discrezionale nell’adozione delle misure destinate a garantire il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza, i quali si impongono alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico», perché «il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazione di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni

favorevoli. alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto del principio e dell’obbligo summenzionati». Di fatto è innegabile che l’utilizzazione della legislazione antimafia, anche in funzione di contrasto alla corruzione che inscindibilmente si lega anche alle infiltrazioni mafiose, ha portato all’affermazione e riconoscimento legislativo dei protocolli o patti di legalità, nell’art. 1, comma 17, della L. n. 190 del 2012, e alla consacrazione della loro (eventuale) efficacia espulsiva, se prevista dalla lex specialis, nell’ipotesi del loro mancato rispetto. La Corte di Giustizia, però, ha rilevato un limite alla loro operatività e, cioè, la loro soggezione al principio di proporzionalità, sicché gli impegni assunti e le dichiarazioni contenute nei protocolli non possono oltrepassare i limiti di ciò che è necessario al fine di salvaguardare i principî di concorrenza, parità di trattamento e di non discriminazione, nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva. Anche il Consiglio di Stato sin dalla sentenza della IV sezione, 20 gennaio 2015, n. 143, ha negato, sulla scorta di diversi argomenti di carattere letterale e sistematico, che vi fossero elementi tali per ritenere violato, da parte dell’aggiudicatario ( la vicenda riguardava il caso Expo) il protocollo di legalità, e ciò in ragione anche del fatto che nessuna violazione emerse né fu accertata durante la fase selettiva, essendo le notizie delle indagini penali e gli arresti di molto successivi all’aggiudicazione ed alla stessa stipulazione del contratto d’appalto. Conclusione Un breve riflessione finale: la semplificazione in una materia quale quella antimafia non deve esser ricercata a scapito della legalità. Il prevedere che comunque si pagherà quanto eseguito a soggetto che poi risulta coinvolto, forse è un elemento che per ns fortuna e soprattutto per la bravura degli inquirenti troverà scarta applicazione, ma di fatto espone un soggetto cioè il Rup che quel contratto ha avviato. Su questo una riflessione in più andrebbe fatta.


VISITA IL SITO FARE

www.fareonline.it

basta un click per: ● essere informato sulle ultime notizie della sanità ● ricevere aggiornamento professionale ● conoscere le iniziative della Federazione 27

Casa Editrice


ritardi pagamenti della PA Eugenio Tristano - Studio Legale Tristano - Roma

Ritardato pagamento dei fornitori della PA. Qualcosa si muove: la sentenza della corte costituzionale n. 78/2020 e il decreto rilancio

C 28

ome confermato dai recenti dati Eurostat, la PA, negli ultimi anni, ha costantemente aumentato il proprio debito per crediti commerciali verso le imprese, arrivando a superare, secondo la stima della Banca d’Italia, il tetto dei 50 miliardi di Euro. Il debito complessivo comprende al suo interno anche i crediti scaduti e pagati in tempi molto dilatati, spesso soltanto parzialmente. Tale situazione costituisce un grave peso per l’economia, reso ancor più intollerabile in seguito alla crisi economica dovuta alla pandemia di COVID-19. La Corte di Giustizia UE, ad inizio di quest’anno (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 28 gennaio 2020, causa C-122/18), ha stigmatizzato il comportamento di molti Stati membri, evidenziato che “I ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati o dalla loro assenza e/o dalla lentezza delle procedure di recupero. È necessario un passaggio deciso verso una cultura dei pagamenti rapidi, in cui, tra l’altro, l’esclusione del diritto di applicare interessi di mora sia sempre considerata una clausola o prassi contrattuale gravemente iniqua, per invertire tale tendenza e per disincentivare i ritardi di pagamento. Tale passaggio dovrebbe inoltre includere l’introduzione di disposizioni specifiche sui periodi di pagamento e sul risarcimento dei creditori per le spese sostenute e prevedere, tra l’altro, che l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero sia presunta essere gravemente iniqua”. A fronte di una situazione così conclamata ed intollerabile, appare opportuno approfondire due “eventi” giuridici assai rilevanti: la sentenza della Corte Costituzionale n. 78/2020 ed il Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34, conv. con legge 17 luglio 2020, n. 77).

La sentenza della Corte Costituzionale 24 aprile 2020, n. 78 Come noto, al fine di ovviare al ritardo cronico dei pagamenti della PA, malcostume particolarmente evidente nel campo delle forniture in Sanità, - e per non incorrere nella comminatoria di multe dalla Comunità Europea - il legislatore, attraverso l’art. 1, comma 865, della legge n. 145/2018 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), ha stabilito che gli enti del Servizio sanitario nazionale che non rispettino i tempi di pagamento dei fornitori hanno l’obbligo di prevedere, nei contratti dei direttori generali e amministrativi, uno specifico obiettivo che condizioni almeno il 30 per cento dell’indennità di risultato al rispetto della tempistica prevista dalla legge per il saldo. In base al ritardo registrato, la norma gradua il riconoscimento di tale quota, fino a escluderlo per ritardi superiori a sessanta giorni oppure in caso di mancata riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo. Il comma 860 della stessa legge, al fine dell’applicazione delle misure di cui al comma 865, prende come riferimento i tempi di pagamento e il ritardo calcolati sulle fatture ricevute e scadute nell’anno precedente e al debito commerciale residuo, di cui all’art. 33 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni). Infine, a norma del comma 857, nell’anno 2020 la quota dell’indennità di risultato condizionata al rispetto dei tempi di pagamento è raddoppiata nei confronti degli enti che non hanno richiesto l’anticipazione di liquidità – oggetto della disposizione di cui al comma 849 – entro il termine di cui al comma 853 (fissato al 28


ritardi pagamenti della PA febbraio 2019) e che, avendola ottenuta, non hanno poi effettuato il pagamento dei debiti nel termine fissato. Con separati ricorsi, la Regione Lazio e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno impugnato innanzi alla Corte Costituzionale il suddetto art. 1, commi 865 e 866, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. La Consulta, con la sentenza 24 aprile 2020, n. 78, ha respinto entrambi i ricorsi. Si ritiene questa pronuncia di particolare importanza, in quanto, oltre ad aver dato il “via libera” alla legge, conferma un cambio di mentalità che può dirsi epocale, affermando la necessità di tutela economica dei fornitori, quale parte contrattuale più debole. La Corte Costituzionale, con la sentenza in esame, nel respingere i ricorsi, ha ribadito che, soprattutto in tempi di crisi, il rispetto dei tempi di pagamento da parte dei soggetti pubblici ha una notevole incidenza sul sistema economico. La Corte ha altresì precisato che, sebbene le riforme in precedenza introdotte e le risorse stanziate avessero consentito indubbi miglioramenti, esse non sono state tuttavia risultate sufficienti a ricondurre i ritardi dei pagamenti a dimensioni fisiologiche. La Corte Costituzionale ha quindi evidenziato come lo Stato italiano, responsabile anche dei ritardi degli enti territoriali, debba proseguire ad incentivare un cambio di cultura, nel senso di favorire pagamenti celeri dei fornitori. Sotto questo primo aspetto, si auspica, dunque, la prosecuzione della normazione nel senso di sensibilizzare e responsabilizzare la PA verso le esigenze delle imprese che contraggono con la parte pubblica.

Rilancio sarà articolato in due sezioni: La prima, definita “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali e delle regioni e province autonome per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari”, con una dotazione complessiva di 8 miliardi di euro, sarà a sua volta suddivisa in due quote, rispettivamente di 6 miliardi e mezzo di Euro, per il finanziamento degli enti locali, e di un miliardo e mezzo destinato a Regioni e Province autonome; La seconda è la “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”, con una dotazione di 4 miliardi. L’accesso a queste risorse è stato garantito, previa deliberazione di Giunta, a tutti gli enti che ne abbiano fatta richiesta e che abbiano dimostrato l’impossibilità di far fronte ai pagamenti di debiti certi liquidi ed esigibili, già maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a contratti di somministrazione e forniture, appalti e ad obbligazioni per prestazioni professionali. L’anticipazione dovrà essere restituita dagli enti attraverso un piano di rientro a rate costanti di durata massima trentennale, ovvero in un’unica soluzione, in conseguenza dell’avvenuto ripristino della normale gestione della liquidità. Tale strumento tende a configurarsi come un aiuto straordinario, al di fuori della corrente situazione debitoria degli enti territoriali. Al riguardo, è sufficiente porre mente alla circostanza che ne è consentita la fruizione anche agli enti in disavanzo, in esplicita deroga alla disciplina per l’utilizzo del risultato di amministrazione, di cui alla legge n. 145/2018 sopra citata. Questo provvedimento può giudicarsi di grande utilità e deve essere lodato perché consente a numerosissime imprese di recuperare parte dei propri crediti in un momento di evidente difficoltà. E’ tuttavia percettibile la limitatezza dell’intervento, che copre soltanto un quarto del debito complessivo e si ferma al 31 dicembre 2019, non comprendendo gli ulteriori debiti contratti nell’anno corrente e nei successivi.

Gli enti del Servizio sanitario nazionale hanno l’obbligo di prevedere nei contratti dei direttori generali e amministrativi, uno obiettivo che condizioni almeno il 30% dell’indennità di risultato al rispetto della tempistica, prevista dalla legge, per il saldo

Il Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34, conv. con legge 17 luglio 2020, n. 77) L’art. 115 del Decreto Rilancio, ha “istituito nello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle Finanze un fondo, denominato “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili”, con una dotazione di 12.000 milioni di euro per il 2020”. Il nuovo Fondo previsto dal Decreto

29


confindustria dispositivi medici Area Quality & Regulatory Affairs di Confindustria Dispositivi Medici

Registrazione dei dispositivi in repertorio: criticità per le imprese e per le gare d’appalto

I

30

l settore dei dispositivi medici sta attraversando il cosiddetto periodo di transizione in cui coesiste l’applicabilità delle disposizioni previste dal precedente quadro regolatorio (Direttiva sui dispositivi medici 93/42/CEE e impiantabili attivi 90/385/CEE) e da quello del nuovo Regolamento 745/2017. Al momento possono infatti essere presenti sul mercato prodotti conformi alle direttive e al Regolamento con status paritario a norma di legge; pertanto, tali prodotti non possono essere oggetto di discriminazioni negli appalti pubblici per quanto riguarda i criteri di ammissibilità. Ciò premesso, è necessario evidenziare come alcuni requisiti di partecipazione a gare pubbliche per l’acquisizione di questo genere di prodotti siano strettamente connessi al precedente quadro regolatorio; questa circostanza infatti potrebbe pregiudicare la partecipazione a gare pubbliche da parte di quelle imprese che hanno scelto di adeguarsi al Regolamento prima della data di applicazione prevista. Caso tipico è l’iscrizione al Repertorio, sottoinsieme della banca dati nazionale sviluppata dal Ministero della salute in attuazione dell’articolo 13 del Decreto lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 emendato col Decreto lgs. 25.01.2010, n.37 Recepimento Direttiva 2007/47/CE “Attuazione della Direttiva 93/42/cee concernente i Dispositivi Medici”. Per esempio, a livello operativo in fase di iscrizione, le aziende non possono indicare la corretta procedura di conformità seguita in accordo al Regolamento per la marcatura del dispositivo perché il sistema permette di

indicare esclusivamente gli allegati previsti dalla direttiva, che non sono però validi ai sensi del nuovo quadro regolatorio. La regolamentazione delle modalità di iscrizione nella banca dati e nel Repertorio è delineata nel Decreto del 21 dicembre 2009, “Modifiche e integrazioni al decreto 20 febbraio 2007 recante Nuove modalità per gli adempimenti previsti per la registrazione dei dispositivi impiantabili attivi nonché per l’iscrizione nel Repertorio dei dispositivi medici”, al quale si rimanda per i dettagli specifici. Il Decreto prevede che, tramite portale NSIS, i fabbricanti di dispositivi medici o relativi delegati, inseriscano nella banca dati le informazioni relative al fabbricante, al mandatario nel caso di fabbricante extra-EU, e dati tecnici dei dispositivi medici da commercializzare in Italia. Durante la fase di registrazione, si può scegliere di iscrivere i dispositivi nel cosiddetto Repertorio, ossia un sottoinsieme della banca dati. Tale iscrizione non è obbligatoria ma fortemente consigliata a tutte le imprese che hanno rapporti commerciali con il Servizio sanitario nazionale, in quanto, i dati contenuti nel Repertorio sono resi disponibili alle strutture del Ssn per la consultazione tramite il numero di repertorio assegnato al dispositivo al termine della registrazione. Con la creazione del Repertorio e la sua piena funzionalità, è diventata una prassi consolidata da parte delle strutture sanitarie del Ssn, richiedere l’iscrizione al Repertorio come requisito per la partecipazione alle

Alcuni requisiti di partecipazione a gare pub­ bliche sono connessi al prece­ dente quadro regolatorio, ma possono pregiudicare la partecipazione di quelle imprese che hanno scelto di adeguarsi al nuovo Regolamento prima della data di applicazione prevista


confindustria dispositivi medici gare pubbliche così da poter consultare agevolmente i dati tecnici inseriti direttamente dal fabbricante o da un suo delegato. Questo processo è stato recepito dall’industria dei dispositivi medici che ha visto attraverso l’esecuzione operativa di una sola attività (registrazione in Repertorio), la parziale diminuzione del carico di lavoro previsto per la presentazione della documentazione necessaria alla partecipazione di gare pubbliche. Ad oggi, l’industria rileva la difficoltà di utilizzo di questo strumento così come consolidato negli ultimi anni, poiché risulta tecnicamente impossibile inserire alcuni dati relativi ai dispositivi conformi all’MDR. A titolo di esempio, come sottolineato in precedenza, le aziende non possono indicare la corretta procedura di conformità seguita per la marcatura del dispositivo perché il sistema permette di fare riferimento ai soli allegati previsti dalla direttiva che non sono validi ai sensi del Regolamento. Inoltre, si sottolinea come la registrazione nella banca dati nazionale risulta un obbligo da soddisfare ai fini della conformità regolatoria. Infatti, è bene ricordare che, nel caso in cui si vogliano immettere in commercio

dispositivi conformi al Regolamento, quest’ultimo prevede la registrazione nella banca dati europea Eudamed e, in mancanza di quest’ultima, continua ad essere valido l’impianto delle Direttive (Articolo 123.3 (d)/ MDR). Un approccio pragmatico potrebbe consistere nel registrare temporaneamente nel Repertorio i dispositivi immessi ai sensi dei Regolamenti, notificando la transitorietà di tale misura la quale verrà rettificata non appena l’infrastruttura NSIS lo permetterà. In conclusione, Confindustria Dispositivi Medici, con pieno spirito di apertura e disponibilità di confronto per la risoluzione delle criticità sin qui presentate, confida nella collaborazione di tutti gli attori del nostro Ssn deputati all’acquisizione di dispositivi medici al fine di mitigare gli effetti negativi del mancato aggiornamento tecnico delle funzionalità della banca dati, per scongiurare discriminazioni illegittime verso prodotti e aziende conformi ai requisiti di legge pregiudicando oltremodo la concorrenza nel settore. I soggetti aggiudicatori dovrebbero tenere conto di quanto sopra nell’affidare a un operatore economico un contratto pubblico avente per oggetto l’acquisizione di forniture di beni che rientrano nell’ambito dei dispositivi medici.

31


l’e-procurement pubblico Stefano Cresta - Cresta & Associati - Torino, Milano, Bologna

L’e-procurement pubblico: casi e questioni nonché prospettive di riforma alla luce del “decreto semplificazioni” 2020

G

32

li acquisti digitali della Pubblica amministrazione, seppure entrati relativamente di recente nella disciplina ordinamentale, ricoprono ad oggi, soprattutto per le Aziende sanitarie ed ospedaliere, un ruolo imprescindibile nell’approvvigionamento pubblico di beni e servizi. Ciò a maggior ragione con riferimento al momento storico in cui ci troviamo, che ha reso imprescindibile l’utilizzo degli strumenti informatici per le attività di procurement legate all’emergenza Covid-19, con l’obiettivo di gestire l’acquisto di servizi e forniture necessarie in un contesto straordinario e di estrema urgenza. Nel presente scritto si fornirà un inquadramento normativo del fenomeno, per poi passare all’analisi di casistiche giurisprudenziali concernenti i principi operativi utili ad orientare l’azione amministrativa di settore, con uno sguardo alle novità previste dal c.d. “D.L. Semplificazioni” n.76/2020 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 16 luglio 2020 (in vigore dal 17 luglio scorso) convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2010, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali» Pubblicata in G.U. n. 228 del 14 settembre 2020.

2004/18/CE (artt. 42- 54) che regolamentano la digitalizzazione della PA, secondo i principi europei di imparzialità e trasparenza, al fine di rendere effettivamente accessibili le informazioni, nonché la circolazione delle stesse e la conoscenza dei procedimenti amministrativi. Come noto, inoltre, l’art. 26 l. 23.12.1999, n. 488, ha previsto che “Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel rispetto della vigente normativa in materia di scelta del contraente, stipula, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate […] convenzioni con le quali l’impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria”. La disposizione sopra richiamata ha, dunque, introdotto nell’ordinamento il c.d. Programma per la razionalizzazione degli Acquisti della P.A., al fine di diffondere l’utilizzo delle tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, razionalizzare e ottimizzare la spesa pubblica per beni e servizi, migliorando la qualità degli acquisti e riducendo i costi grazie all’aggregazione della domanda. Il Programma è stato nel tempo implementato da diverse disposizioni normative. L’articolo 1, c. 449, l. 27.12.2006, n. 296, ai sensi del quale “tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche [...] sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro” di Consip S.p.A, ha precisato che “Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni

La mancata sottoscrizione dell’offerta economica, anche nelle gare telematiche, non è regolarizzabile e dà luogo ad esclusione dalla gara

Sintesi del quadro normativo di riferimento L’utilizzo di strumenti telematici da parte della P.A., prima ancora di essere un modulo organizzativo efficace, risponde ad uno specifico obbligo di matrice europea. Si pensi, infatti, al Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs. n. 82/ 2005 e s.m.i.), alla Direttiva n. 93/38/CEE e alla Direttiva


l’e-procurement pubblico regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.”. Il successivo comma 4501, ha imposto, poi, l’obbligo dal 1° luglio 2007, per tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore ad € 5.000,00 e sino al di sotto della soglia di valore di rilievo comunitario, di ricorrere al ME.P.A (di cui all’articolo 328, comma 1, del D.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207), ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure. L’art. 2, c. 574, l. 24.12.2007, n. 244, ha stabilito che “il Ministero dell’economia e delle finanze individua […] con decreto, segnatamente in relazione agli acquisti d’importo superiore alla soglia comunitaria […] le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip Spa per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute a ricorrere alla Consip Spa, in qualità di stazione appaltante ai fini dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro, anche con l’utilizzo dei sistemi telematici”; per l’effetto, è stato emanato, quindi, il DM 12.02.2009, che ha individuato quali tipologie di beni e di servizi di cui al succitato comma 574 i carburanti avio (gara su delega), la ristorazione collettiva (accordo quadro), le trasferte di lavoro (accordo quadro). L’art. 2, c. 225, l. 23.12.2009, n. 191, ha previsto la possibilità per le amministrazioni pubbliche di concludere accordi quadro con Consip, o, in alternativa di adottare, per gli acquisti di beni e servizi comparabili, parametri di qualità di prezzo rapportati a quelli degli accordi quadro predisposti da Consip (la norma è stata poi modificata nell’ottica di raccordare la facoltà in essa descritta con l’obbligo di approvvigionamento telematico successivamente introdotto nell’ordinamento). Il regolamento di attuazione (D.p.r. 207/2010) del previgente codice appalti (D.lgs. 163/2006) all’articolo 287, comma 2, ha previsto che “Fatta salva la facoltà di ciascuna stazione appaltante di istituire un sistema dinamico di acquisizione ai sensi dell’articolo 60 del codice, il Ministero dell’economia e delle finanze, anche avvalendosi di Consip S.p.A. ed utilizzando le proprie infrastrutture tecnologiche, può provvedere alla realizzazione e gestione di un sistema dinamico di acquisizione per le stazioni appaltanti [...] ”. L’art. 1, c. 1, d. l. 6.07.2012, n. 95, conv. con l. 7.08.2012,

n. 135, ha introdotto la sanzione della nullità dei “contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488” nonché dei “contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A.” stabilendo che gli stessi costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa, salvo che il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., ed a condizione che tra l’amministrazione interessata e l’impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza. Il successivo comma 7, del sopra citato decreto legge (c.d. Spending review bis), ha stabilito, con conseguenze ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale in caso di mancato rispetto della disposizione, l’obbligo per le amministrazioni, in relazione a determinate categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile) di approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati. La norma ha, inoltre, previsto la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle indicate categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori almeno del 10% per le categorie merceologiche telefonia fissa e telefonia mobile e del 3 per cento per le categorie merceologiche carburanti extra-rete, carburanti rete, energia elettrica, gas e combustibili per il riscaldamento rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip SpA e dalle centrali di committenza regionali. L’art. 1, c. 158, l. 24.12.2012, n. 228, ha previsto che con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo di ogni anno, sono individuate le categorie di beni e di servizi nonché la soglia al superamento della quale le amministra-

1 La norma afferma che: “Dal 1° luglio 2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. Fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti al comma 449 del presente articolo, le altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché le autorità indipendenti, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure. Per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le università statali, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni, avvalendosi delle procedure di cui al presente comma.”

33


l’e-procurement pubblico

34

zioni pubbliche statali, centrali e periferiche procedono alle relative acquisizioni attraverso strumenti di acquisto informatici propri ovvero messi a disposizione dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il c. 3, dell’art. 9 d.l. 24.04.2014, n. 66 (innovato dal c. 499 l. 28.12. 2015, n. 208, c.d. legge di stabilità 2016) ha stabilito che con D.P.C.M. “sono individuate le categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, ricorrono a Consip S.p.A.”, prevedendo, inoltre che, per tali categorie di beni e servizi, l’Autorità nazionale anticorruzione non rilasci il codice identificativo gara alle stazioni appaltanti che, in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma, non ricorrano a Consip S.p.A. o ad altro soggetto aggregatore. Il Dpcm di cui sopra, del 24.12.2015, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 febbraio 2016 e prevede un periodo transitorio di sei mesi. A decorrere dal 9.08.2016 dunque, vi è l’obbligo per tutte le Amministrazioni, di ricorrere ai soggetti aggregatori di riferimento (Consip S.p.A., Città Metropolitane, Regioni), se il fabbisogno annuo, per categorie merceologiche quali vigilanza armata, facility management di immobili, pulizia e manutenzione di immobili ed impianti, guardiania, è superiore alla soglia indicata nel suddetto DPCM. Nel già complesso quadro normativo sinteticamente descritto sopra si è, poi, inserito il Codice degli appalti di cui al D. lgs. 18.4.2016 n. 50, che, all’art. 37, delinea una disciplina di raccordo tra gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione telematici ed il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti previsto nel successivo art. 382. Il 18.10.2018, è entrato in vigore l’obbligo, per tutte le stazioni appaltanti, di utilizzare mezzi di comunicazione elettronica nell’ambito delle procedure di gara. Tale obbligo – previsto dal c. 2 dell’art. 40 del Codice di cui al d. lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. deriva dall’art. 22 della direttiva comunitaria 2014/24/EU, che richiedeva proprio l’utilizzo dei mezzi elettronici per le comunicazioni. ll d.l. n. 32/2019, c.d. “Sblocca Cantieri” (conv. con l. 14.06.2019, n. 55) ha stabilito che gli Enti Locali, non capoluogo di provincia, possono procedere direttamente all’acquisizione di beni, servizi e lavori, senza ricorrere ad una centrale di committenza. Per l’affidamento dei lavori sottosoglia (art. 36 D.lgs.

50/2016), il citato d.l. n. 32/2019 ha, inoltre, innalzato la soglia per la procedura negoziata previa consultazione di almeno 3 operatori economici da € 150.000 a € 200.000 al superamento di tale soglia, i lavori possono essere affidati soltanto tramite procedura aperta. Selezione di casi e questioni giurisprudenziali; sulla mancata sottoscrizione digitale dei documenti di gara Come noto una firma digitale può essere apposta in modalità diverse: CAdES e/o PadES, mediante tali formati si ha la creazione di un file associato ad un documento, creato dal software di firma in base al documento da firmare e al certificato del firmatario. Tecnicamente, la differenza tra una firma di tipo CAdES e una firma di tipo PAdES consiste nel modo in cui questo nuovo file viene associato al documento3. È stato riaffermato recentemente in giurisprudenza il principio – già enunciato dall’orientamento maggioritario delle pronunce − in forza del quale nelle gare di appalto, la sottoscrizione dell’offerta economica è rivolta non solo ad accertarne la provenienza e a garantire l’integrità del documento informatico, ma anche a vincolare l’autore al contenuto del documento per assicurare la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta stessa. La mancata sottoscrizione dell’offerta economica, anche nelle gare telematiche, non è dunque regolarizzabile e dà luogo ad esclusione dalla gara4. Sulla questione della sanabilità o meno della mancata sottoscrizione dell’offerta nelle gare telematiche si registrano due contrapposti orientamenti giurisprudenziali. Secondo il primo, maggioritario supra accennato la mancata sottoscrizione del documento contenente l’offerta economica non è sanabile mediante il ricorso all’istituto del soccorso istruttorio il quale, in virtù dell’articolo 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, non può essere utilizzato per sanare le carenze degli elementi sostanziali dell’offerta economica, tra i quali rientra a pieno titolo, per le funzioni essenziali che essa spiega, la sottoscrizione, senza che sia necessaria un’espressa previsione nella lex specialis. Per un diverso orientamento, la mancata sottoscrizione con firma digitale del documento contenente l’offerta economica è invece sanabile con il ricorso al soccorso istruttorio in quanto trattasi di sottoscrizione incompleta che non preclude la riconoscibilità della provenienza dell’offerta e non comporta un’incertezza assoluta sulla stessa.

2 Per approfondimenti sulla digitalizzazione delle procedure di gara in seguito al Codice degli appalti n. 50/2016 sia consentito rinviare a S. Cresta “Procedure elettroniche e strunmenti di acquisto telematici nel nuovo Codice dei contratti pubblici”, in Urb, e Appalti, n. 8-9/2016, p. 981 e ss. 3 Nel caso di una firma digitale apposta con modalità CAdES, il documento firmato e il file con la firma digitale vengono inseriti insieme in una busta. Tale busta, che contiene il documento e il file della firma, è anch’essa un file con estensione.p7m. Nel caso di firma digitale apposta con modalià PAdES, invece, vengono sfruttate le caratteristiche dei documenti in formato .pdf e il file contenente la firma digitale viene inglobato insieme al documento stesso. La Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata sull’equivalenza dei due formati di firma in ambito processual civilistico (Cass. Civ. Ss.Uu. 27 aprile 2018, n. 10266. Infatti, tutti i file firmati digitalmente con modalità CAdES hanno una seconda estensione.p7m. 4 TAR Piemonte, Sez . I 7 gennaio 2020 n. 16


l’e-procurement pubblico L’orientamento maggioritario è quello che meglio realizza il principio di certezza e di parità di trattamento tra concorrenti. La sottoscrizione dell’offerta economica è infatti rivolta non solo ad accertarne la provenienza e a garantire l’integrità del documento informatico ma anche a vincolare l’autore al contenuto del documento per assicurare la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta. Sulla marcatura temporale è stato, inoltre affermato che essa “è il risultato di una procedura informatica che consente di dare certezza all’ora ed al minuto di chiusura dell’offerta”. Una volta apposta ad un’offerta economica la marcatura temporale, identificata da un apposito numero di serie, risulta garantita la certezza del tempo entro cui l’offerta è stata redatta, anche se il file dell’offerta economica viene inviato dopo l’esame della documentazione amministrativa e delle offerte tecniche, entro il termine successivamente indicato dalla stazione appaltante, a cui spetta di verificare la corrispondenza del numero di serie di marcatura temporale con quello, comunicato dagli offerenti entro il termine perentorio prestabilito dalla lex specialis di gara. Ciò in quanto con la predetta coincidenza del numero di serie di marcatura temporale vi è l’assoluta certezza che l’offerta, formulata entro il termine perentorio prestabilito dalla lex specialis di gara, non è stata successivamente modificata. Senza l’invio del numero di serie di marcatura temporale entro il termine perentorio prestabilito dalla lex specialis di gara, i partecipanti ad una gara di appalto potrebbero redigere più offerte economiche entro il predetto termine e scegliere quale offerta trasmettere alla stazione appaltante dopo l’esame della documentazione amministrativa e delle offerte tecniche. In caso di presentazione di un file di offerta privo di marcatura non è possibile attivare il soccorso istruttorio ex art.83 del D.Lgs.n.50/2016, in quanto la marcatura temporale è un elemento costitutivo dell’offerta telematica5. Interessanti ricadute della mancata sottoscrizione e della marcatura temporale investono anche il contratto di avvalimento. Nelle procedure telematiche il contratto di avvalimento trasmesso privo della sottoscrizione dell’impresa ausiliata non può ritenersi inesistente in quanto, pur in assenza di marcatura temporale, il caricamento del documento nell’ambito della busta amministrativa dimostra che la volontà dell’ausiliaria sia stata espressa prima della scadenza dei termini dovendo, pertanto, la stazione appaltante attivare il soccorso istruttorio6. Ciò in quanto in tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ad substantiam che manchino della 5 TAR Basilicata Potenza sez. I 11 ottobre 2019 n. 746 6 Consiglio di Sato, sez. V, 21 maggio 2020, n.3209. 7 In termini Cass., I, 24 marzo 2016, n. 5919; VI, 5 giugno 2014, n. 12711. 8 Cons. Stato, V, 19 febbraio 2019, n. 1143.

sottoscrizione, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta realizza un equivalente della sottoscrizione, a condizione che l’atto sia prodotto per invocare l’adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti7. Analogamente, la produzione del contratto di avvalimento da parte dell’offerente (soggetto ausiliato, che non ha sottoscritto) in allegato all’offerta vale a farne proprio il contenuto con decorrenza dalla presentazione dell’offerta. Con riferimento alla possibilità di attivare il soccorso istruttorio, occorre ricordare come la giurisprudenza abbia affermato che anche la produzione di copia del contratto di avvalimento (laddove è richiesto dalla legge l’originale o copia autentica) costituisce una irregolarità (relativa alla forma) dei documenti cui è possibile rimediare mediante attivazione del soccorso istruttorio8. L’applicazione di tale istituto deve, invece, escludersi con

35


l’e-procurement pubblico

36

riguardo ai profili contenutistici del contratto di avvalimento, ad esempio nel caso in cui non contenga alcun impegno dell’ausiliaria ad eseguire le prestazioni per cui le capacità sono richieste9. Nell’ambito della presentazione delle offerte mediante piattaforme regionali di e-procurement è stato affermato che in caso di RTI, il documento relativo all’offerta deve essere sottoscritto non solo dalla capogruppo, ma anche dalle mandanti ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs.n.50/2016 a pena di esclusione. Non va, tuttavia, disposta l’esclusione nell’ipotesi in cui la Stazione Appaltante abbia predisposto un modello di offerta economica aggiuntivo completo di tutti i dati richiesti dalla lex specialis e debitamente sottoscritto da tutti i componenti il raggruppamento. In tale contesto, il documento relativo all’offerta generato automaticamente dalla Piattaforma di negoziazione rappresenta semplicemente un riepilogo dei documenti già presentati, sottoscritti ed inseriti nel sistema, ivi compresi ovviamente quelli che afferiscono alla offerta tecnica e alla offerta economica. Si tratta, dunque, di una sorta di “formula di sintesi”, strettamente connessa alle peculiarità della procedura telematica che la genera, e che non vale, per certo, ad integrare e/o modificare, né tampoco a sostituire la voluntas negoziale efferente agli aspetti tecnici ed economici. Ne deriva, pertanto, che l’eventuale irregolarità di tale documento – connesso alle peculiarità del sistema telematico così come utilizzato - non mai può deprivare e svuotare di significanza gli atti di offerta stricto sensu intesi e, dunque, è ben meritevole di essere sanata pel tramite del soccorso istruttorio10. Sull’esercizio del soccorso istruttorio e la correzione di errori materiali Peculiari in giurisprudenza risultano essere anche le applicazioni dei principi generali in materia di soccorso istruttorio in relazione alle gare telematiche. Con particolare riferimento alla correzione di errori materiali è stato ritenuto che le offerte, intese come atto negoziale, devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva

volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto11. Tale attività interpretativa può consistere anche nell’individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo, ma sempre a condizione che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente. Risulta, pertanto, ammesso il potere di rettifica di errori materiali o refusi, ma soltanto se circoscritto alle ipotesi in cui l’effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell’offerta e risulti palese che la dichiarazione discordante non sia voluta, ma sia frutto di un errore ostativo, da rettificare in applicazione dei principi civilistici contenuti negli artt. 1430-1433, c.c.12. Tali principi sono sati enunciati con riferimento alla delicata tematica dei costi della manodopera, ove il concorrente aveva indicato il costo totale della manodopera per tutti i cinque anni di durata dell’appalto del caso de quo, invece che del costo annuale, come richiesto nel modello predisposto dall’Amministrazione. Ciò è stato considerato dal Giudice amministrativo un evidente errore materiale immediatamente percettibile e, perciò, un semplice refuso, la cui correzione non poteva essere in grado di incidere in alcun modo sulla volontà negoziale già espressa dall’impresa e cristallizzata nella sua offerta13. Sul particolare tema della mancata indicazione degli oneri della manodopera e dei costi della sicurezza l’orientamento giurisprudenziale applicato alle gare telematiche appare, a parere di chi scrive, meno rigido rispetto all’operatività dell’automatismo espulsivo applicabile agli altri tipi di procedure non telematiche. Se, infatti, con riferimento alle gare non telematiche si registra un orientamento sull’impossibilità di attivare il soccorso istruttorio in caso mancata indicazione da parte del concorrente dei summenzionati costi ed oneri14, per l’eprocurement è stato affermato un orientamento diverso. Il Tar per il Lazio15 ha affermato a tal proposito che ove la

9 Cons. Stato, V, 3 aprile 2019, n. 2191. 10 TAR Milano sez. I 24 marzo 2020 n. 555 11 Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082; Cons Stato, Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 5196 12 TAR Lazio Roma, Sez. III, 14 febbraio 2019 n. 1965; TAR Lazio Roma, Sez. II BIS, 17 giugno 2020 n. 6642. L’ Art. 1430. (Errore di calcolo), prevede che: “L’errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica, tranne che, concretandosi in errore sulla quantità, sia stato determinante del consenso”, l’art. 1431 (Errore riconoscibile), statuisce che: “L’errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo”. 13 Con riferimento ad una gara non telematica è stato, invece affermato che Nel caso di errore materiale, il primo elemento necessario per la correzione (svista riconoscibile) non può da solo valere a rende ammissibile l’offerta perché, in tal caso, per comprenderne il contenuto, la stazione appaltante dovrebbe attivare l’istituto del soccorso istruttorio e chiedere chiarimenti all’impresa che la ha formulata; ma ciò non è consentito in quanto l’istituto del soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 83, comma 9, del D.Lgs. n. 50/2016, non può essere attivato per sanare irregolarità anche formali della offerta economica. Appunto per questo deve ritenersi che l’errore materiale della offerta deve essere tale da poter essere rettificato d’ufficio senza ausili esterni (TAR Toscana, SEZ. I, 16 gennaio 2020 n. 35) 14 Sia consentito il rinvio a S. Cresta “Indicazione degli oneri di sicurezza aziendale e dei costi della manodopera nelle gare d’appalto: i recenti approdi della giurisprudenza interna ed eurounitaria” su questa Rivista, n. 5-6, maggio giugno 2020, pagg. 25 ss. 15 TAR Lazio Roma, Sez. III ter, 1 giugno 2020, n. 5780.


l’e-procurement pubblico lex specialis non presenti alcun riferimento all’obbligo dichiarativo dei costi della manodopera di cui all’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2106 ed il modulo di offerta economica generato dal sistema informatico non presenti alcuno uno spazio dedicato a tale indicazione i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice. Spetta al giudice del rinvio verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice. Il caso supra descritto configurerebbe, dunque, una delle “eccezioni alla regola” dell’automatismo espulsivo conseguente all’inadempimento dell’onere dichiarativo sancito dall’art. 95 comma 10 del Codice dei Contratti pubblici identificato a livello eurounitario dalla Corte di Giustizia con la prinuncia 2.05.2019, n. 309. Sui malfunzionamenti di sistema e le conseguenze sui partecipanti alla gara L’ottica di cautela verso i concorrenti nell’ambito delle gare telematiche emerge anche con riferimento alle conseguenze dei malfunzionamenti dei sistemi informatici. È stato affermato, in particolare, che nelle gare svolte in forma telematica, non può essere escluso un concorrente che abbia curato il caricamento della documentazione di gara sulla piattaforma telematica entro l’orario fissato per tale operazione, ma non è riuscito a finalizzare l’invio a causa di un malfunzionamento del sistema, imputabile al gestore16. Se rimane impossibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore da parte del trasmittente o, piuttosto, la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito la gara17. Tale assunto rispecchia il più generale principio a mente del quale le procedure concorsuali, quand’anche completamente informatizzate, non possono che svolgersi nella cornice dei principi generali, tra cui, in particolare, il favor patecipationis essendo interesse della stessa Amministrazione appaltante consentire la partecipazione

a una platea di soggetti quanto più ampia possibile. In tale contesto, il rischio inerente alle modalità di trasmissione non può far carico che alla parte che unilateralmente aveva scelto il relativo sistema e ne aveva imposto l’utilizzo ai partecipanti; e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sulla stazione applatante. Le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi debbano collocarsi in una posizione necessariamente servente rispetto agli stessi, non essendo concepibile che, per problematiche di tipo tecnico, sia ostacolato l’ordinato svolgimento dei rapporti fra privato e Pubblica Amministrazione e fra Pubbliche Amministrazioni, nei reciproci rapporti. In altri termini, dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della pubblica Amministrazione discende il corollario dell’onere per l’Amministrazione stessa di accollarsi il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale; anche come contropartita dell’agevolazione che deriva -sul fronte organizzativo interno- dalla gestione digitale dei flussi documentali. Tale utilità deve cioè essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento procedimentale del soccorso istruttorio (art. 83 d.lgs. n. 50/2016 e art. 6 l. n. 241/1990)18. Diametralmente opposto è, invece, il caso in cui ci si trovi dinnanzi ad un fatto dell’impresa partecipante, non riconducibile ad un malfunzionamento della piattaforma. Se il concorrente non è in grado di fornire alcuna prova dell’effettivo malfunzionamento informatico della piattaforma M.E.P.A. − la quale nel caso di specie aveva consentito a tutti i concorrenti di caricare la documentazione amministrativa richiesta senza che nessun altro concorrente evesse riscontrato difficoltà di sorta – la responsabilità derivante dall’incapacità del concorrente di utilizzo della piattaforma non può ricadere sull’amministrazione19. La prova richiesta dalla giurisprudenza attiene quantomeno alla produzione in giudizio di un avviso di malfunzionamento o il rilascio di una certificazione fornita dal gestore dell’infrastruttura informatica che attestasse detto malfunzionamento, in ossequio ai principi in materia di onere probatorio ex art. 2697 c.c.20.

16 Cons. Stato, Sez. III, 7 gennaio 2020 n. 86; Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 2019, n. 7922, Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2017, n. 3245, che però concerne un errore dell’impresa e non già un malfunzionamento del sistema. 17 Cons. Sato, n. 86/2020, cit. 18 TAR Puglia Bari sez. III, 3 aprile 2020 n. 461; TAR Puglia Bari sez. III, 3 giugno 2020, n. 798. 19 TAR Puglia Bari sez. I, 10 giugno 2020 n. 835. 20 Art. 2697. (Onere della prova). “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi

37


l’e-procurement pubblico

38

Sul c.d. “decreto semplificazioni” 2020 Già il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 54 dello scorso 7.07.2020 sul Decreto Legge C.d. “Semplificazioni” aveva annunciato la “diffusione dell’amministrazione digitale” mediante i più diversificati canali previsti dall’ordinamento: dall’accesso a tutti i servizi digitali della PA tramite SPID, Carta d’identità digitale (CIE) e tramite “AppIO” su smartphone; al domicilio digitale per i professionisti (anche non iscritti ad albi); alla piattaforma unica di notifica digitale di tutti gli atti della PA e via PEC degli atti giudiziari, passando per la formazione digitale dei dipendenti pubblici e la semplificazione ed il rafforzamento dell’interoperabilità tra banche dati pubbliche e misure per garantire piena accessibilità e condivisione dei dati tra le PA. Il Decreto Semplificazioni è stato convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2010, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali» Pubblicata in G.U. n. 228 del 14 settembre 2020. Tra le novità della conversione in legge del decreto vi è la misura per la semplificazione nell’accesso ai servizi di pagamento elettronico dei titoli di viaggio dei comuni e degli enti locali. Al fine di digitalizzare i processi della pubblica amministrazione, di semplificare le modalità di corresponsione delle somme dovute ai comuni per l’utilizzo dei servizi di trasporto pubblico di linea, di contrastarne l’evasione e di ridurre l’utilizzo dei titoli di viaggio cartacei, i comuni assicureranno l’interoperabilità degli strumenti di pagamento elettronico dei titoli di viaggio all’interno dei rispettivi territori e per quanto di propria competenza. In riferimento alle imprese è stato stabilito che, fatto salvo le imprese di nuova costituzione, quelle che non hanno indicato il proprio domicilio digitale entro il 1° ottobre 2020, o il cui domicilio digitale è stato cancellato dall’ufficio del registro delle imprese, sono sottoposti alla sanzione prevista dall’articolo 2630 del codice civile, in misura raddoppiata. L’ufficio del registro delle imprese, contestualmente all’irrogazione della sanzione, assegna d’ufficio un nuovo e diverso domicilio digitale per il ricevimento di comunicazioni e notifiche, attestato presso il cassetto digitale dell’impresa. Deve essere segnalata anche l’introduzione delle modalità di funzionamento della piattaforma digitale con la quale le pubbliche amministrazioni potranno notificare i propri atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni a cittadini e imprese (c.d. destinatari). Lo sviluppo della piattaforma è affidata, tramite Sogei Spa e con il riutilizzo di infrastrutture tecnologiche esistenti, alla società PagoPA Spa. Tra le principali misure in materia di contratti pubblici, il decreto ha introdotto (in via transitoria, fino al 31.07.2021 e con proroga sino al 31.12.2021 dalla legge di conversione) un’innovativa Regolamentazione degli affidamenti di lavori, servizi e forniture.

Le nuove norme prevedono: l’affidamento diretto per prestazioni di importo inferiore a 150.000 euro; una procedura negoziata, senza pubblicazione del bando (previa consultazione di un numero di operatori economici variabile sulla base dell’importo complessivo), per tutte le prestazioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria. È previsto che l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avvenga entro due mesi, aumentati a quattro in specifici casi. Il mancato rispetto di tali termini, i ritardi nella stipulazione del contratto e quelli nell’avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del RUP per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dello stesso dalla procedura oppure causa di risoluzione del contratto. Si introducono, inoltre, disposizioni volte ad accelerare i contratti sopra soglia, prevedendo in particolare che l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente debba avvenire entro il termine di sei mesi dall’avvio del procedimento. Tra le innovazioni annunciate anche la redazione di regole omogenee per gli acquisti informatici della P.A. l’art. 8, comma 7, della Legge 11 settembre 2020. 120dproroga sino al 31 dicembre 2021 la sospensione dell’articolo 37, comma 4 del Codice dei contratti con il risultato della sospensione dell’obbligo di servirsi di centrali di committenza. Con il comma 5 del provvedimento vengono, poi, introdotte alcune modifiche definitive all’articolo 38 (Qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza) del Codice dei contratti ed, in particolare, viene inserito tra i requisiti delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza anche quella relativa alla “disponibilità di piattaforme telematiche nella gestione di procedure di gara”. L’art. 32, inoltre, rubricato “Codice di condotta tecnologica” prevede l’istituzione del “codice di condotta tecnologica”, emanato dal Capo del Dipartimento della trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che dovrebbe dettare regole omogenee per tutte le PA, per gli acquisti ICT, per lo sviluppo dei sistemi e per la progettazione e realizzazione dei servizi digitali ai cittadini, con regole per la formazione tecnologica dei pubblici dipendenti ed esperti che affianchino i progetti di trasformazione digitale delle amministrazioni. A parere di chi scrive tale codice - che costituisce l’ennesimo aggravamento delle fonti normative che caratterizza il nostro sistema - potrebbe rischiare di sovrapporsi (a scapito della “semplificazione”) al Piano Triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione previsto dal CAD. I tempi dilatati per l’adozione di tale Codice - come esperienze analoghe degli ultimi anni dimostrano - accrescerebbero la già eccessiva incertezza delle regole del gioco che caratterizza il settore, di cui non si avverte francamente il bisogno.

eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si e’ modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.


responsabilità amministrativa Giovanna Borromeo - U.O.C. Gestione Forniture, Servizi e Logistica - Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Rosa Eurifina Miceli - Funzionario giudiziario del tribunale di Cosenza

Responsabilità amministrativa, giurisdizione contabile, danno erariale

O

ggetto del presente lavoro è il tema della responsabilità amministrativa alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale. Già definita nell’antica Roma come la posizione di chi deve rendere conto, la responsabilità amministrativa è stata disciplinata la prima volta nel 1923 con l’obiettivo coerente con la visione statalista dell’epoca di sottolineare l’appartenenza del pubblico funzionario all’apparato statale sanzionando comportamenti illeciti a danno della collettività, espressamente prevista dalla Costituzione all’art.28, oggi assume particolare rilevanza se si considera la triste situazione in cui versa il nostro Paese dove, i fenomeni di mala gestio sono sempre più frequenti e diffusi, la corruzione ha natura sistemica annidandosi in tutte le pieghe dell’amministrazione con grave pregiudizio per l’economia della Nazione. Rendere responsabili i pubblici agenti diventa quindi una necessità primaria per la collettività la quale, gravata da sempre maggiori oneri finanziari, sente l’esigenza di conoscere e verificare l’utilizzo delle risorse pubbliche. L’interesse primario dei cittadini è che la gestione patrimoniale dello Stato e di ogni altro ente pubblico si svolga nel massimo rispetto delle regole stigmatizzando comportamenti illegali, pregiudizievoli e antieconomici, poco trasparenti e non conformi all’etica pubblica. Attratta nell’ambito della contabilità pubblica è giudicata ex art.100 della Costituzione dalla Corte dei Conti, la prima magistratura dell’Italia Unita, che l’Assemblea Costituente - nonostante lo sfavore per le giurisdizioni speciali perché in contrasto con l’art.25 - ha mantenuto

proprio per il carattere di specialità della materia trattata; organo dunque di rilievo costituzionale, giurisdizione specializzata, sempre più impegnata con la sua articolazione a rete sul territorio nella lotta alla corruzione, cui la Suprema Carta affida importanti funzioni giurisdizionali e di controllo anche consultivi, il cui compito è quello di assicurare il corretto , appropriato ed efficace utilizzo delle risorse pubbliche, verificando la coerenza tra le risorse allocate e le politiche pubbliche adottate, la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici, accertando che l’azione amministrativa sia sempre diretta alla realizzazione del bene comune e non di interessi di gruppi o di singoli, nel rispetto dei principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. La necessità di contrastare il fenomeno corruttivo e di porre fine alle forme di illegalità diffuse ha spinto il legislatore negli anni ad adottare discipline che trasversalmente hanno interessato la PA anche nell’ottica di contenimento della spesa pubblica. Mi riferisco prima fra tutte alla legge 190/12 i cui principi hanno ispirato la L.33/13, atteso che pubblicità e trasparenza garantiscono il controllo esterno e democratico della collettività e si atteggiano a co-fattori nella prevenzione della corruzione; i codici di comportamento dei pubblici dipendenti che sin dall’inizio non hanno solo una valenza etica, ma diretti, funzionali ad assicurare la qualità del servizio, diventando con il decreto 165/01 fonti di responsabilità disciplinare oltre che amministrativa, l’istituto del wistelblouwing e la legge 3/19 c.d.”spazzacorrotti” che ha previsto l’inasprimento delle

Nel mondo giuridico quello di responsabilità è un concetto complesso e con una definizione generale si può qualificare come il regime delle conseguenze cui va incontro un soggetto autore di violazioni di norme sussidiate dalla previsione di conseguenze sfavorevoli in caso di loro mancata osservanza

39


responsabilità amministrativa pene per i reati contro la PA e l’introduzione di nuove fattispecie di reato. L’infedeltà dell’agente pubblico appare dunque registrata con contorni “sistemici” dalla stessa Corte che individua una situazione di deficit sistematico, cui porre rimedio attraverso un ampliamento della responsabilità. L’evoluzione della società, i nuovi scenari dell’economia, i mutamenti istituzionali derivanti anche dall’integrazione europea, la stretta connessione tra responsabilità ed efficienza - principio cardine dell’azione amministrativa - hanno portato alla configurazione di nuove forme di danno erariale e al riconoscimento del danno non patrimoniale, basti pensare al danno da tangente, da disservizio inteso quale “spreco” qualitativo delle risorse pubbliche, causato dal mancato raggiungimento di quell’utilità che

40

sarebbe stata perseguita ove il servizio fosse stato legalmente espletato e primo fra tutti il danno all’immagine, al prestigio, alla reputazione, alla credibilità come perdita di fiducia dei cittadini e degli operatori economici negato fino agli anni ’90, molto spesso di entità più consistente e sicuramente di maggiore allarme sociale oggi risarcibile in tutti i casi di sentenza definitiva per qualunque reato commesso a danno della PA , evolvendosi ormai verso l’autosufficienza. Nuove figure di danno erariale potranno sicuramente configurarsi dalla mancata realizzazione dell’Agenda Digitale, obiettivo strategico per l’intero Paese, il cui fine ultimo è quello di migliorare la qualità e la quantità dei servizi resi al cittadino, con maggiore efficienza a fronte di risparmi di spesa.


responsabilità amministrativa Passiamo ora a dare una definizione di responsabilità amministrativa individuando gli elementi costitutivi della fattispecie e le caratteristiche che la connotano. Nel mondo giuridico quello di responsabilità è un concetto complesso e con una definizione generale si può qualificare come il regime delle conseguenze cui va incontro un soggetto autore di violazioni di norme sussidiate dalla previsione di conseguenze sfavorevoli in caso di loro mancata osservanza. Può essere di varia natura: civile, penale, contabile, disciplinare e amministrativa, appunto quella oggetto del presente lavoro. Di qui a poco vedremo come essa ha caratteristiche peculiari che la differenziano dagli altri tipi di responsabilità proprio per il fatto che i soggetti coinvolti sono la PA e i suoi agenti; tale disciplina si pone in modo da bilanciare l’esigenza della collettività ad un corretto utilizzo delle risorse pubbliche, per il perseguimento del pubblico interesse, con l’esigenza “difensiva” dell’amministrazione di non incorrere in situazioni di stallo, di rallentamenti, di inerzia nello svolgimento dell’attività amministrativa - altrettanto pregiudizievole - determinata dal timore degli operatori di incorrere in responsabilità attesa la complessità dell’azione amministrativa, la frequente incertezza nell’interpretazione della variegata normativa che la governa, la considerazione delle difficoltà operative e gestionali che spesso incontrano gli agenti sulla base della frequente disorganizzazione. La responsabilità amministrativa è definita come l’obbligazione risarcitoria che incombe su qualunque soggetto legato alla PA da un rapporto di servizio a qualsiasi titolo ( concetto ampio a seguito del sempre più frequente ricorso in ambito pubblicistico di schemi di tipo privatistico al punto che la Corte ha sostituito al criterio soggettivo quello oggettivo guardando alla natura dell’attività posta in essere e delle risorse impiegate) che abbia causato con la sua condotta omissiva o commissiva, dolosa o gravemente colposa (non rilevando quella lieve, come grave negligenza, grave imperizia e grave imprudenza rapportata al ruolo svolto dal singolo agente, come errore inescusabile che l’operatore non poteva non sapere), un danno all’erario, diretto o indiretto patrimoniale e non. Tale definizione racchiude tutto il contenuto dell’istituto e ne identifica gli elementi costitutivi e da essa si ricava che è una responsabilità di tipo patrimoniale, è personale in quanto non trasmissibile agli eredi se non in caso di indebito arricchimento, nel caso di concorso di più persone è imputabile solo a chi ha espresso voto favorevole alla delibera produttiva di danno; è limitata, si configura infatti solo in presenza di dolo o colpa grave, è temperata in quanto nel giudizio contabile si tiene conto dell’eventuale vantaggio conseguito dall’amministrazione applicando il tipico istituto della compensatio lucri cum damno

e del conseguente potere riduttivo dell’addebito proprio del giudice contabile; distinta da quella politica a garanzia degli organi politici che abbiano approvato o fatto eseguire in buona fede atti ricompresi nella competenza di uffici tecnici o amministrativi. A conclusione di quanto sin qui esposto ritengo necessario un ripensamento dell’istituto de quo, pur nella conservazione di talune essenziali caratteristiche specifiche, tenuto conto del grave momento di crisi economica che richiede massima attenzione nell’utilizzo del denaro pubblico che deve ritornare al cittadino sotto forma di servizio. Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore proprio sull’elemento psicologico, diretto a limitare la gravità della colpa solo per quei soggetti particolarmente esposti a rischio nell’espletamento delle loro funzioni. Problemi interpretativi si pongono in un settore particolare come quello giudiziario dove ragioni etiche e costituzionali di un’uguaglianza nella responsabilità davanti alla legge anche dei pubblici poteri e dei soggetti investiti di questi, in virtù della progressiva socializzazione del rischio che ormai si riconnette ad ogni attività pubblicistica e che si traduce nell’affermazione di generalizzata responsabilità dei pubblici poteri , vengono a collidere con alcune esigenze logiche della funzione giurisdizionale. La singolarità della stessa, la natura dei provvedimenti e la posizione oggettivamente super partes del magistrato suggeriscono certamente condizionamenti e limiti all’affermazione della sua responsabilità, ma non possono giustificare una totale negazione che da un lato confliggerebbe con la regola generale di cui all’art. 28 della Costituzione e dall’altro cozzerebbe con il principio di uguaglianza nel confronto con le previsioni di cui all’art.22 del T.U.3/57 sugli impiegati civili dello Stato. Altresì opportuno sarebbe un intervento volto a sganciare il danno all’immagine dalla definitività della sentenza penale che potrebbe mai arrivare per esempio per prescrizione, riconoscendo ad esso autonomia, nel senso di renderlo risarcibile sempre indipendentemente dalla configurazione della condotta posta in essere come reato, dal momento che la stessa è di per sé lesiva dell’onore, del decoro e del prestigio dell’amministrazione. Infine il legislatore dovrebbe recuperare il suo ruolo, arginando la vis espansiva della giurisprudenza atteso che negli anni si è assistito ad una singolare inversione dei ruoli , che genera disorientamento in un sistema di civil low come il nostro, riportando nell’alveo del Parlamento il luogo naturale dove portare i bisogni della collettività e adottare le misure più idonee a soddisfarli, dal momento che il giudice nell’importante funzione di interprete della legge anche alla luce dei valori che esprime la collettività di cui è parte è e deve essere soggetto alla legge in ossequio al dettato cosituzionale.

41


AZIENDE INFORMANO

“CONNECT FOR SHAPE”: Analisi dei fabbisogni a disposizione del public procurement nell’acquisto dei medical devices

42

Principi del Progetto Il Progetto Connect for Shape si fonda sulla convinzione che, in tema di politiche di acquisto dei dispositivi medici, l’attenzione da riporre sulla qualità di ciò che si intende acquisire non sia mai abbastanza. E questo soprattutto con riferimento all’alta tecnologia e ai dispositivi delle classi di rischio più elevate. Con l’obiettivo di condividere e valorizzare best practices e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici è quindi nato il progetto “Connect for Shape” (“Connect for Supreme Healthcare and Procurement Excellence”, su iniziativa di Methodos Spa e con il supporto non condizionante da parte di Olympus. Tre sono le macro aree di interesse su cui si fonda tutto il progetto: la prima area è incentrata sul concetto di innovazione; la seconda si focalizza sui fabbisogni; e la terza definisce quelli che sono oggi giorno gli strumenti che le stazioni appaltanti hanno a disposizione in fase di gara. Lo scopo di questo articolo è fornire al lettore un approfondimento sul tema dell’analisi dei fabbisogni e degli strumenti a disposizione del procurement nell’acquisto dei medical devices. 1. Analisi dei fabbisogni: nelle procedure di acquisto dei Dispositivi Medici I principali protagonisti dell’attività di analisi dei fabbisogni sono i professionisti clinici. Ciò detto, le competenze da coinvolgere nella funzione acquisti sono sempre multidisciplinari (biomediche ingegneristiche, amministrative e di mercato, ecc.). E questo, peraltro, assicura che richieste, programmazione e pianificazione siano allineate con il bilancio preventivo, ovvero con le risorse disponibili. Occorre aver approfondito la conoscenza del bisogno prima di cercarne la soluzione.

Peraltro, va considerato che ciò che serve deve poter essere controllato: un controllo sostanziale e non solo formale; un controllo dei risultati ottenuti (produttività, efficacia, outcome, salute) e non solo dei dati numerici forniti (numero di dispositivi, ore di servizio, ecc.). Laddove l’utilizzo di determinati dispositivi medici (per esempio, le grandi apparecchiature) si lega a fattori strutturali, occorre una regia e una pianificazione sovra-aziendale (regionale). A questo riguardo, si sottolinea che le seguenti raccomandazioni, per quanto riferibili a un orizzonte operativo annuale, presuppongono che vi sia chiarezza sullo scenario a tendere nel medio periodo, sia in termini di offerta tecnologica, sia di organizzazione dei servizi sanitari regionali.


AZIENDE INFORMANO RACCOMANDAZIONE #05 - Raccolta e verifica dei fabbisogni «Favorire una raccolta capillare del fabbisogno, che permetta di intercettare anche le esigenze apparentemente poco significative e che si presentano puntualmente nel corso dell’anno, identificando delle finestre temporali per l’attivazione della raccolta dei fabbisogni coerentemente con le reali esigenze delle strutture/unità operative e prevederne contestualmente rivisitazioni dinamiche e possibili rinegoziazioni» RACCOMANDAZIONE #06 (rivolta a regioni e aziende sanitarie) - Competenze aziendali «Favorire il rafforzamento, attraverso risorse umane dedicate presso le singole aziende, di competenze cliniche, tecniche ingegneristiche e organizzative, atte ad assicurare appropriatezza e sostenibilità dei fabbisogni identificati» RACCOMANDAZIONE #07 - Analisi dei fabbisogni «Introdurre analisi puntuali e dinamiche che analizzino nel tempo i modelli di raccolta e implementazione delle richieste, con particolare attenzione all’equilibrio tra le modalità espresse nelle raccomandazioni precedenti» RACCOMANDAZIONE #08 - Soluzioni a bisogni «Istituire, ove appropriato, gare multidisciplinari dinamiche basate su bisogni clinici emergenti e di tecnologia correlata» RACCOMANDAZIONE #09 - Programmazione dei fabbisogni «Effettuare la programmazione dei fabbisogni delle unità operative sulla base di logiche interdipartimentali» RACCOMANDAZIONE #10 - Analisi multidimensionale «Implementare sistemi di analisi multidimensionale che incorporino sia dati quantitativi provenienti da data Warehouse aziendali, sia dati qualitativi derivanti da audit integrati interdipartimentali per monitorare il follow-up dell’utilizzo della soluzione in un intervallo di tempo di 3-5 anni» 2. Analisi dei fabbisogni: Stratificazione del bisogno e

Disease State Management Nel contesto delle patologie croniche, la complessità e l’articolazione dell’esperienza assistenziale spingono a un approccio di valutazione multidimensionale e globale, che privilegia l’analisi dell’intero processo di assistenza rivolto a tali patologie, piuttosto che del singolo evento puntuale cui un paziente è sottoposto. Nella visione globale della malattia cronica acquisiscono particolare rilievo i concetti di: • accessibilità e accessi alle prestazioni territoriali; • accessibilità e accessi alle prestazioni ospedaliere; • accessibilità e accessi al pronto soccorso; • continuità assistenziale; • polifarmacoterapia; • compliance terapeutica; • costo annuo della patologia. Essi rappresentano un “continuum analitico” e come tali vanno appunto sottoposti a una valutazione globale; in questo senso, lo spostamento di risorse su un elemento del processo va naturalmente esaminato alla luce delle sue possibili ricadute positive sugli altri elementi del processo. RACCOMANDAZIONE #11 - (rivolta a regioni e aziende sanitarie) - Costituzione di una rete di osservatori «Costituire un Osservatorio aziendale che riporti a un analogo Osservatorio regionale e individui la popolazione di riferimento e gli indicatori di impatto per ogni bisogno clinico emergente di tecnologia correlata, in una prospettiva di valutazione triennale/quinquennale. L’Osservatorio deve poter contare su competenze di direzione sanitaria, controllo di gestione, sanità pubblica, ingegneria clinica; nonché sulle competenze cliniche specialistiche riferite ai campi di interesse» Di seguito il link per visualizzare i 3 Talk Show dedicati all’approfondimento dei contenuti di Connect for Shape: www.met-channel.com/2020/connect-for-shape www.connectforshape.com

43


gli esperti rispondono Monica Piovi e Piero Fidanza

Sull’esclusione alla gara disposta da un soggetto diverso dal RUP

U

n nostro lettore chiede se il provvedimento di esclusione dalla partecipazione ad una gara possa essere adottato anche da un soggetto diverso dal R.U.P.

44

Una recente sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 9 luglio scorso, avente ad oggetto una vicenda relativa ai requisiti di partecipazione di carattere generale ex art. 80 del Codice dei contratti pubblici, ha affrontato, tra gli altri, il tema della competenza ad adottare il provvedimento di esclusione della gara. Nel caso di specie, l’impresa ricorrente, di cui il TAR, in primo grado, aveva accolto il ricorso, aveva contestato il provvedimento di esclusione anche per uno specifico vizio di forma. Il provvedimento, infatti, in contrasto con quanto disposto dall’art. 31 del codice dei contratti, sarebbe stato adottato esclusivamente dall’Amministratore delegato della società pubblica che aveva bandito la gara, dalla figura cioè di vertice della stazione appaltante, in luogo del Responsabile unico del procedimento (R.U.P.). La ricorrente, sul punto, richiamava anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che in una pronuncia del febbraio scorso (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1104), aveva sostenuto che “l’art. 31, comma 5, d.lgs. n. 50 cit. riconosce la competenza generale del R.U.P. a svolgere tutti i compiti (id est, ad adottare tutti gli atti della procedura)” evidenziando che tra questi poteva essere ricompresa anche l’adozione di veri e propri atti amministrativi e non solo operazioni di carattere materiale. La sentenza in questione, replica il Consiglio di Stato nella pronuncia di luglio, non ha inteso minimamente attribuire in via esclusiva al R.U.P. la facoltà di adottare provvedimenti amministrativi, ma solo demandare all’organizzazione interna dell’impresa la facoltà di valorizzare/implementare il ruolo dello stesso, finanche al riconoscimento diretto di funzioni rilevanti all’esterno (com’è tipicamente l’adozione di provvedimenti amministrativi, riscontrabili

nei procedimenti “ad evidenza pubblica”). Il Consiglio di Stato, a sostegno della propria tesi, richiama giusto l’art.80, il quale attribuisce alla “stazione appaltante” la competenza ad adottare il provvedimento di esclusione (cfr. art. 80, co. 5, del D.Lgs. 50/2016). A questo proposito, chiarisce il Giudice di Palazzo Spada, “il riferimento alla stazione appaltante, contemplata dalla norma nella sua “unitarietà” (non venendo indicato puntualmente questo o quell’organo) consente di affermare che non contrasti con l’orientamento sopra richiamato ravvisare la competenza all’esternazione dell’atto scrutinato anche in capo all’organo della stazione appaltante che, istituzionalmente, assume la posizione apicale. Sia in base ai principi del diritto societario, sia in base ai principi del diritto amministrativo […….] competente ad esprimere ed esternare la volontà dell’ente è l’organo di vertice, ossia l’amministratore delegato-organo apicale dell’ente, cosicché il precetto dell’art. 80, che imputa la decisione sull’esclusione dei partecipanti alla gara “alla stazione appaltante” può dirsi pienamente rispettato”. La soluzione proposta, continua il Consiglio di Stato, peraltro, non contrasta con il su richiamato orientamento, poiché esso si riferisce, specificamente, alla diversa questione della competenza all’adozione del provvedimento di esclusione fra R.U.P., quale organo ordinario della stazione appaltante con competenza estesa e residuale su tutti gli aspetti della gara, e Commissione giudicatrice, quale organo straordinario e deputato ad un’attività di giudizio “consistente nella” e “limitata alla” “valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie” e, quindi, a specifici compiti, non certo di rappresentanza dell’ente. In definitiva, alla stregua di quanto chiarito dal Supremo Consesso della giustizia amministrativa, il Rup non è il solo soggetto che può adottare un provvedimento di esclusione.


Coopservice Digital Twin Ospedale di Castelfranco Veneto: il BIM dall’obbligo all’opportunità per la gestione degli asset nella sanità 4.0 L’evoluzione digitale sta radicalmente trasformando processi e attori dell’intera società. Nel settore immobiliare l’avvento del digitale è tangibile: edifici, impianti e città diventano “smart”: interagiscono con cose e persone, adattano i propri comportamenti, migliorano le prestazioni di comfort, sicurezza, salubrità, sostenibilità. Coopservice, nel quadro della Digital Transformation dei propri servizi, ha sviluppato il progetto Digital Twin: un filone di ricerca e innovazione rivolto alla creazione di un modello informativo per gli asset edilizi e impiantistici, in grado di ottimizzare i processi di global service. Un “gemello digitale” che riproduce le caratteristiche fisiche degli asset, supportando le informazioni statiche (schede tecniche, documentazione, programmi di manutenzione…) e dinamiche (reportistica eventi, tracciamento dello storico manutenzione, referenziazione sensori e attuatori…). Il modello BIM è il fondamento documentale essenziale per la gestione del contratto: per questo in Italia, a partire dal 2019, è stato introdotto l’obbligo progressivo del BIM nelle procedure di appalto pubbliche. Mediante la piattaforma cloud Coopservice Digital Twin è possibile accedere a ogni informazione, dalle planimetrie al rilevamento della temperatura ambiente. Con l’implementazione del BIM, Coopservice fornisce ai propri clienti, per le gare di appalto, una base dati conforme alla normativa in materia di appalti pubblici basata sul cloud per consultare il modello 3d e le planimetrie, i dati di prestazione energetica, aprire un ticket per la manutenzione, etc.. www.coopservice.it

Piattaforma Coopservice Digital Twin: modello BIM ed elaborati grafici planimetrici Sede Centrale Coopservice

Le Linee di Indirizzo sulla valutazione del processo di sanificazione per il controllo delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) sono ufficialmente buone pratiche del Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità Nella direzione di porre la sanificazione come una delle misure principali nella prevenzione del rischio infettivo, è importante segnalare che sul portale del Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG) è stato pubblicato il documento “Linee di indirizzo sulla valutazione del processo di sanificazione ambientale nelle strutture ospedaliere e territoriali per il controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)” come buona pratica clinico-assistenziale. Queste linee di indirizzo sottoscritte dalle principali Società scientifiche ed Associazioni della Sanità italiana, rappresentano adesso un punto di riferimento oltre che tecnico-scientifico, anche di responsabilità medica per quanto riguarda la relazione tra igiene dell’ambiente e rischio di infezioni correlate all’assistenza. La loro pubblicazione sul portale come buona pratica clinico-assistenziale come previsto dalla Legge 24/2017 meglio conosciuta come “Legge Gelli-Bianco”, rappresenta adesso un punto di riferimento anche di rilevanza giuridica per la valutazione di responsabilità inerenti al corretto svolgimento del processo di sanificazione e al suo controllo – commenta Filippo Barbieri Responsabile Innovazione di Copma. Queste linee di indirizzo intendono infatti indicare criteri di valutazione e validazione della sanificazione degli ambienti assistenziali sia ospedalieri che territoriali in un’ottica di gestione e contenimento del rischio clinico correlato a processi di contaminazione microbica ambientale, proponendo modalità di controllo di processo, risultato ed esito. In particolare il controllo microbiologico anche nelle aree a medio rischio come misura dell’esito del processo di sanificazione – conclude Filippo Barbieri. www.copma.it

45


Igiene assicurata con A-B Plus

46

Il carrello A-B Plus assicura il massimo in termini di igiene: è realizzato in polipropilene ad alta intensità per rendere i componenti facili da pulire e disinfettare ed è caratterizzato da superfici non porose che non assorbono lo sporco. Inoltre, inibisce la proliferazione di batteri, funghi e muffe grazie al trattamento con zinco piritione, un additivo antibatterico non pericoloso e regolarmente testato. Equodose arricchisce le funzionalità del carrello A-B Plus: il dosatore meccanico permette di impregnare i panni al momento e direttamente sul posto, regolando la quantità di soluzione detergente da 50 a 350 ml a seconda della superficie da trattare. Il sistema di impregnazione previene la diffusione di virus e batteri rendendo semplice e accessibile pulire ogni area con un panno diverso e sempre pulito. Il carrello A-B Plus può essere attrezzato con il Secchio in plastica 4 lt per l’impregnazione di Mono-Roll, il panno monouso in TNT a trama forata che assicura elevate prestazioni: rimuove e intrappola lo sporco, lasciando la superficie pulita e igienizzata. Inoltre, garantisce la massima efficienza grazie all’elevata assorbenza e al rilascio omogeneo della soluzione detergente. Infine, il carrello A-B Plus può essere accessoriato con un pratico porta guanti e disinfettante per mani, rendendo subito disponibili gli strumenti indispensabili per prevenire la diffusione virus e batteri. www.filmop.com

Kiehl disinfetta le superfici Il successo sul mercato della gamma di prodotti e delle soluzioni Kiehl è il risultato di 100 anni di approfondite indagini di mercato e di intense ricerche. Per l’innovativa gamma di prodotti per la sanificazione delle superfici - vero cavallo vincente dell’azienda - parliamo di Desgoquat e Desgomin. Entrambi sono ideali per la pulizia e disinfezione di pavimenti, pareti, soffitti e mobili resistenti all’acqua in ambienti in cui l’igiene riveste la massima importanza. Desgomin è adatto anche per superfici protette. Ecco nel dettaglio le caratteristiche dei due prodotti: Desgoquat è un disinfettante liquido concentrato per la disinfezione di superfici, registrato PMC, testato EN ed elencato nel IHO. Funge da battericida, fungicida e virucida ed è privo di aldeide, fenoli e principi attivi metallorganici. Detergente inodore, attivo, asciuga senza lasciare aloni. È efficace contro batteri gram-positivi e gram-negativi, lieviti, virus con e senza membrana (virucida incl. HIV, HBV, HCV, Adeno - e Poliovirus). È sottoposto a certificazione per l›impiego nel settore alimentare. Desgomin è un disinfettante battericida liquido concentrato per superfici per uso professionale, registrato PMC. Privo di aldeide, fenoli e principi attivi metallorganici, il prodotto è inodore, attivo e asciuga senza la-sciare aloni. È efficace contro batteri gram-positivi e gram-negativi, lieviti, salmonella, listeria e virus con membrana (parzialmente virucida incluso HIV, HBV, HCV). È sottoposto a certificazione per l’impiego nel settore alimentare. www.kiehl-group.com


Connect for Shape è un progetto che coinvolge autorevoli esperti del mondo della salute, con l’obiettivo di condividere e valorizzare best-practice e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici.

STRUMENTI

IN

NO VA Z

ION

E

IS B B FA

O

I N G


9/10.20

TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE

BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA

IL VALORE DEL RISPARMIO -320

-70/99,9%

-70/96%

milioni di euro risparmiati in 5 anni negli ospedali italiani di trattamenti farmacologici 2

Riduzione dei principali geni di resistenza agli antibiotici 1

FEDERICO FIDANZA

Riduzione del costo complessivo della terapia antimicrobica 2

Riduzione delle Infezioni Correlate all’Assistenza 1

-60%

Riduzione del costo della terapia antimicrobica per paziente con ICA 2

NOMICO ECO

-52%

O LL VE LI

-79%

L’OFFERTA ANOMALA, TRA DECRETO SEMPLIFICAZIONI E QUESTIONE DEL “BLOCCO UNITARIO”

A

Riduzione dei patogeni rispetto ai metodi tradizionali 1

ALBERTO RICCIO

RIFORMA DEL TERZO SETTORE E RIFLESSI SUL CODICE DEGLI APPALTI

-35%

Riduzione impronta di carbonio 3

ROSAMARIA BERLOCO

-51%

Riduzione del consumo di farmaci antimicrobici 2

-45%

Riduzione consumo sostanze chimiche 3

L’ISTITUTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO NELLA DISCIPLINA DEI CONTRATTI PUBBLICI

Fonte ricerca scientifica SAN-ICA: 1 pubblicazione scientifica Plos One 2 pubblicazione scientifica Pathogens

-29/33%

3

fonte ricerca Punto3 srl

Riduzione consumi elettrici ed idrici 3

ANTONINO OCEANO

produttori di igiene

cultori dell’ambiente

ISSN 1723-9338

Le buone intenzioni possono essere validate solo dai numeri che hanno molto da dire, questo è ciò che è stato riscontrato con PCHS®

EMERGENZA PANDEMICA E RISVOLTI SULLE PROCEDURE DI GARA IN AMBITO SANITARIO


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.