L’Italia allo specchio di Franco Zadra
NEGAZIONISMO e PAURA della MORTE “Negazionismo” è una di quelle parole chiave per cercare di capire la storia contemporanea e la complessità della trama degli eventi ormai trascorsi, perché non appaia come un bizzarro elenco di avvenimenti casuali. Un termine utilizzato per indicare quelle correnti “pseudostoriografiche” che minimizzano o, addirittura, negano lo sterminio degli ebrei da parte del regime nazista, rappresentate per esempio da l’Institute for Historical Review, la principale organizzazione negazionista del mondo, anche riconosciuta come neonazista e antisemita, che opera con il dichiarato intento di «promuovere (sic!) una maggiore consapevolezza pubblica della storia», tanto da aver redatto una lista di 66 domande con risposta su varie tematiche dell’Olocausto, volte a smentirlo o ridurlo.
L
a storica sentenza, pronunciata dall’Alta Corte londinese nell’estate del 2001, contro David Irving, un saggista britannico, specializzato nella storia militare della seconda guerra mondiale, confermò una volta di più l’inattendibilità delle tesi negazioniste. Irving fu arrestato in Austria l’11 novembre 2005; il 20 febbraio 2006 fu riconosciuto colpevole, e condannato a tre anni di reclusione, da un tribunale per «aver glorificato ed essersi identificato con il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori», cosa che in Austria
è punita, secondo il Verbotsgesetz, la legge per la denazificazione del 1947 che vieta qualsiasi «attività in senso nazionalsocialista», modificata nel 1992 per introdurre il divieto di negazione, minimizzazione, approvazione, e giustificazione del «genocidio nazista o degli altri crimini nazisti contro l’umanità». Compare del negazionismo è poi il “riduzionismo delle foibe” con il quale, esponenti del movimento di liberazione jugoslavo e del governo comunista di Belgrado, considerarono le stragi del 1943 e del 1945 come atti di giustizia contro criminali di guerra, fascisti e collaborazionisti, riducendo in genere il numero degli uccisi. In senso lato, “negazionismo” è utilizzato in modo corrente per indicare quelle obiezioni, del tutto o in parte infondate, alimentate perlopiù da paura e ignoranza, che taluni “esperti” aspiranti “capopopolo”, armati da una ipercritica che finisce per negare credibilità a tutte le fonti che contraddicono l’interpretazione preferita, muovono nei confronti di conoscenze condivise dalla comunità scientifica internazionale, e per questo divulgate dalle testate giornalistiche più autorevoli (ma proprio per questo sospettate di collusione con il potere), mietendo numerose vittime tra gli orfani, consapevoli o meno, delle vecchie ideologie, adottati all’ultimo dalla pseudoscienza che dilaga in Rete, per non parlare del Deep Web dove a certe bufale si accede pure a suon di bitcoin. La complessità del mondo contemporaneo rende per altro molto faticosa quella revisione
delle interpretazioni consolidate che è invece fisiologica nella ricerca storica, per aggiustare il tiro, chiarire meglio, proseguendo nel solco intrapreso e, molto più di rado, invertendo la direzione della ricerca. Una revisione che richiede studio, riflessione, e confronti interdisciplinari spesso di non facile divulgazione. Encomiabile, al di là dei concreti benefici per l’opinione pubblica, è in questo particolare contesto storico lo sforzo mediatico del virologo, immunologo, accademico, e divulgatore scientifico, Roberto Burioni. Uno sforzo che cozza tuttavia contro un muro di diffidenza verso i vaccini che falcidia persino famiglie intere, convinte che il covid non esiste. La paura della morte sta forse giocando un brutto tiro a molti, approfittando dello smarrimento indotto dalla pandemia fa credere che il pericolo sia nel vaccino piuttosto che nel virus. Sembra purtroppo dimenticata quella cultura cattolica che, fino a un paio di generazioni or sono, ancora insegnava ad avere un rapporto più sereno, meno ambiguo e orrorifico con la nostra ineluttabile dipartita.
augana
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