Società oggi di Waimer Perinelli
Aborto: anatema e civilta’ Sono passati 42 anni da quando il Parlamento ha approvato la legge 194 con la quale veniva legalizzato l’aborto volontario. Non è un successo per una società ammettere che l’ignoranza e la violenza possono portare alla soppressione di una possibile vita. Si usciva tuttavia, ma non si è ancora usciti, dalla violenza ancora più grave dell’ipocrisia, sulla decisione di tante possibili madri.
E
ra l’inizio degli anni settanta quando nel civile trentino si scoprì che uno “stimato” ginecologo, contrario all’aborto, lo praticava nel suo studio a pagamento, compiendo due reati, uno contro la legge che proibiva l’intervento, l’altro contro la dignità delle donne. Donne che, non dimentichiamolo, sono sole davanti all’aborto ma non lo sono mai nel concepimento. L’aborto è sempre un evento drammatico, lacerante, fisicamente e psicologicamente. Quel medico fu giustamente condannato. Speravamo che l’ istruzione delle coppie e la lotta contro la violenza cancellasse l’aborto. Così non è stato. A mantenerlo sono maldestri rapporti sessuali, sentimenti confusi e stupri, e l’aborto esiste ancora, seppure i casi siano in calo. La legge 194 del 1978 lo legalizza e le interruzioni di gravidanza volontarie, pur diminuite , sono state nel 2018 ben 76.238 con un tasso di abortività sceso dal 6,2 al 6 per mille fra le donne di età compresa fra i 15 e i 49 anni. Oggi si torna a parlare in modo forte del problema perché all’intervento chirurgico si contrappone da tempo quello farmacologico con il Mifepristone già conosciuto come RU486. La contesa non verte sul farmaco bensì sulla ospedalizzazione o meno della donna. Le nuove linee guida, approvate dal Governo e dal Consiglio superiore della sanità, il 4 agosto scorso, in risposta all’interrogazione
della presidente della Regione Umbria, cancellano l’obbligo di ricovero e confermano l’uso della pillola fino al nono mese di gravidanza. In pratica l’aborto farmacologico può essere trattato in day hospital, dal mattino alla sera, come un normale intervento all’ernia inguinale. E cosa lo impedisce se il medico lo ritiene possibile? La sfida fra favorevoli e contrari anima la politica è c’è, fra coloro che condannano la rapidità dell’intervento, chi rilancia: “ mettiamo un limite al numero di aborti praticabili da una sola donna, dicono. Come se l’aborto fosse un gioco e non il fallimento della società e la sua ripetizione un divertimento e non la tragedia che dimostra solo l’incapacità di chi lo subisce di governare la propria vita culturale e sociale. La legge 194 tutela la donna obbligandola alla consapevolezza, ad essere istruita su ogni problema medico, alla conoscenza, le concede la gra-
tuità del trattamento se effettuato in strutture pubbliche o convenzionate, le garantisce la riservatezza. Tutela il nascituro che, se non desiderato, per qualche fortunato motivo, supera i 90 giorni dal concepimento, ha tutto il diritto di venire al mondo. Qualunque sia il mondo, anche quello come scrive Goethe, dove “meglio sarebbe se nulla al mondo venisse al mondo”. Tutela anche i medici con la libertà di coscienza. In Italia attualmente il 69 per cento dei ginecologi si è dichiarato obiettore e questo gli concede di non praticare alcun intervento abortivo. Il Molise occupa il primo posto nella classifica degli obiettori con il 90 per cento, mentre fra gli anestesisti obiettori la percentuale generale scende al 46,3 %. Tutti dottori praticanti di una propria libertà e che certamente condannano, con noi, quel medico trentino che come dice la Chiesa parlava bene e praticava male.
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