A parere mio di Francesco Zadra
PRIMA L’ITALIANO? «Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani» affermava il conte di Cavour fin dai primi istanti di vita dell’impresa dei Mille. Non c’è dubbio, infatti, che la lingua faccia parte dell’identità di un popolo e sia un forte collante di unità nazionale. Lo sapeva bene anche Hitler con la sua utopia della “grande Germania” che nel corso del Novecento insanguinò l’Europa per tentare di cucire in un’unica “Heimat” le popolazioni teutoniche e dominare tutte le altre. Ma del potere unificatore della lingua comune era convinto, con ben altri scopi, anche Alberto Manzi, il celebre maestro che nei primi anni 60 impartiva lezioni via etere nel programma Rai “Non è mai troppo tardi”.
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on era sicuramente troppo tardi per le milioni di persone che in età avanzata tentavano, grazie a questa DAD ante litteram, di imparare quella che da poco più un secolo si fregiava del titolo di lingua nazionale. Oggi ci troviamo davanti a un vero e proprio analfabetismo di ritorno, soprattutto tra le giovani generazioni (anche i cinquantenni in rete non scherzano) che tra un “se io avrei” e un anglicismo all’ultimo grido, causano infarti quotidiani a centinaia di insegnanti di lettere, categoria ormai sottoposta all’egida del WWF come specie a rischio. Resisterà dunque la lingua di Dante e di Manzoni all’assalto della modernità e all’invasione dei vocaboli “british style”? Sapremo mantenere la nostra identità o siamo condannati a essere travolti dalla globalizzazione fino a diventare una colonia al servizio di Sua Maestà? Tutti gli opinionisti del Belpaese sono concordi, chi con entusiasmo e chi con ostracismo, sul fatto che stiamo subendo una vera e propria invasione di vocaboli ed espressioni anglofone nel nostro parlato quotidiano. C’è chi è preso dai propri “meeting” lavorativi e chi, al contrario, passa le giornate nel “relax” più totale. Senza nemmeno accorgercene stiamo subendo delle
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augana
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Dante Elighieri