Valsugana News n. 7/2020 Settembre

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Ieri avvenne di Chiara Paoli

Il silenziatore della camorra Il 23 settembre del 1985 viene ammazzato Giancarlo Siani, giornalista napoletano. La sua colpa è stata quella di aver sollevato un polverone, che la camorra voleva sepolto sotto un tappeto. In quella fatidica giornata, sono le 20.50 circa quando viene colpito al suo rientro a casa in via Vincenzo Romaniello mentre è ancora in auto, nella sua Citroën Méhari, 10 colpi di pistola sparati da due Beretta 7.65mm, lo raggiunsero alla testa. Questi i fatti che 35 anni fa scuotono il quartiere napoletano dell’Arenella, ponendo prematuramente fine alla vita di Giancarlo Siani, appena ventiseienne. Giancarlo nasce a Napoli, in una famiglia della media borghesia, il 19 settembre del 1959 i suoi studi lo portano ad ottenere nel 1978 la maturità classica con il massimo dei voti. Dall’anno precedente è entrato a far parte dei movimenti studenteschi e dopo la maturità si iscrive a Sociologia all’Università degli Studi Federico II. In questo periodo hanno inizio anche le sue collaborazioni con alcuni periodici locali che lo portano ad interessarsi e scrivere soprattutto di problemi di emarginazione e di disagio sociale, dove la criminalità organizzata si insidiava e reperiva i suoi “tirapiedi”. Con Gildo De Stefano, Antonio Franchini e altri giovani giornalisti Giancarlo fonda il Movimento Demo-

Giancarlo Siani (da Napoli Post)

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augana

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cratico per il Diritto all’Informazione, di cui si fece ambasciatore nei convegni nazionali dedicati alla libertà di stampa. Seguono i primi articoli per il periodico mensile “Il lavoro nel Sud”, testata promossa dalla CISL e la collaborazione con il quotidiano di Napoli “Il Mattino”, per cui operava come corrispondente da Torre Annunziata. Nel suo lavoro giornalistico si interessa per lo più alla cronaca nera, parlando anche di camorra e dedicandosi ai rapporti tra le famiglie che controllavano la zona. Inizia quindi a collaborare anche con l’Osservatorio sulla Camorra, periodico che ha come direttore il sociologo Amato Lamberti. Il suo sogno era poter ottenere un contratto per fare il praticantato e sostenere così l’esame da giornalista professionista e nel giro di un anno, grazie al suo impegno sempre in prima linea, ci riesce. Tra le sue rivelazioni anche quel-

le relative ai favoreggiamenti che seguono al terremoto dell’Irpinia e legano alcuni politici locali al clan di Valentino Gionta, un tempo pescivendolo e poi dedito all’illegalità, dal contrabbando di sigarette al controllo del mercato della droga. Quello che però porta alla sua sentenza di morte è un articolo pubblicato il 10 giugno 1985, in questo scritto Giancarlo accusa il clan Nuvoletta di voler scalzare il boss Valentino Gionta, divenuto scomodo, denunciandolo alla polizia. Questa “soffiata” gli era arrivata da un amico carabiniere e si rivelerà vera, Gionta viene infatti arrestato proprio mentre si allontana dalla tenuta di Lorenzo Nuvoletta a Marano di Napoli. I Nuvoletta sono affiliati ai Corleonesi di Riina e al clan Bardellino, insieme costituiscono quella che è stata soprannominata la “Nuova Famiglia”. Gionta verrà rivelato in seguito fu il prezzo da pagare al clan Casalesi per stringere un accordo di pace. L’articolo scatena le ire dei fratelli Nuvoletta, diffamati nell’onore di uomini di mafia. A ferragosto la decisione di “eliminare” Siani è presa, si pensa inizialmente di ucciderlo al di fuori del circondario di Torre Annunziata per sviare così le indagini. I fatti andranno diversamente e si compiranno nella serata del 23 settembre. Dalla morte del giornalista passano ben 12 anni, prima che la giustizia faccia il suo corso. La sen-


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