PREMIATA SALUMERIA ITALIANA 4-2020

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Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98

Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXXII N. 4 Luglio-Agosto 2020

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N. 4

€ 6,70 Anno XXXII Luglio-Agosto 2020

Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo

Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne

Abbonamenti Fioretta Fiorentin EURO ANNUARIO CARNE 2020

Amministrazione Andrea Tomassone

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2020 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.premiatasalumeriaitalianaonline.com — Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Premiata Salumeria Italiana, 4/20

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

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N. 4

€ 6,70 Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia

In questo numero:

Agenda

E quindi uscimmo a riveder le stelle

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Tendenze

Pane & Olio, la merenda mediterranea per la ripartenza degli Italiani

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Fotografati e mangiati

Capocollo piccante e Salamagro di suino

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Brevi storie di cibo lento Pranzo in piedi in cucina a velocità contemporanea Letture estive

Atlante di geogastronomia e Serend!pity

Attualità

Coronavirus e agroalimentare, i comportamenti del consumatore

Alessia Morabito

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Sebastiano Corona

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A pagina 50.

Premiata Salumeria Italiana, 4/20

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Il food in rete

Aziende

Social food

Elena Benedetti

26

Li Ziqi: la bellezza delle piccole cose

Giulia Mauri

28

CLAI: un sorriso che è territorio, cultura e responsabilità sociale

Elena Benedetti

34

L’Artemano, la nuova linea premium di Levoni

38

Immagine di marca

Quando è il graphic design a fare la differenza

Luca Mamiani

44

Progettare il cibo

Future Food Design: cos’è e come può sensibilizzare l’economia del domani

Francesca Monti

48

Interviste

Prosciutto di Modena Dop: il Consorzio in prima linea per sostenere i produttori

Gaia Borghi

50

Speciale miele

Dolce e salato, il nuovo gusto

Giovanni Ballarini

56

Oro liquido

Riccardo Lagorio

62

Chi viene prima, l’ape o la mucca?

Federica Cornia

66

Scoprire il Roero e le sue rocche sulla Strada del miele

Riccardo Lagorio

68

Romagna di terra

Elena Benedetti

72

Trend

Rancido e fermentato: impariamo a conoscere i sapori del futuro

Giorgia Fieni

76

Indagini

Indicazioni d’origine, un’enorme risorsa

Sebastiano Corona

78

La Qualità

Prodotti tipici

Il mondo in evoluzione

82

Qualità, territorio e tracciabilità, i driver per la ripartenza…

86

Il Distretto del cibo e dei salumi Dop piacentini

88

Il prosciutto di Bassiano

Massimiliano Rella

94

Giorgio Calabrò e le nuove frontiere della spalmabilità

Riccardo Lagorio

98

Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98

Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXXII N. 4 Luglio-Agosto 2020

€ 6,70

A pagina 85. In copertina: salame di Mora romagnola in cera d’api dell’Azienda Agricola Zavoli di Saludecio, Rimini (photo © Massimiliano Rella).

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Premiata Salumeria Italiana, 4/20



Macellerie d’Italia

Norcineria Avagliano: i sapori del Circeo

Massimiliano Rella

102

Il gusto di camminare

Vuelvo al Sur. Ripartire camminando sui sentieri del Parco nazionale dell’Isola di Pantelleria

Elena Simonini

106

Week-end

Gandò, metti una sera a cena nell’orto

Gaia Borghi

110

Vino

Monchiero vini, le Langhe nel DNA e nel bicchiere

Massimiliano Rella

112

I vini di Premiata Salumeria Italiana

Degustazione: vino e salumi affumicati

Laura Franchini

114

Fiere

Coronavirus ed eventi collettivi

Sebastiano Corona

118

Cibus Forum: il Food & Beverage post Covid-19

122

Tecnologie

Le 5 competenze fondamentali del gruppo CSB-System e relativi benefici per i clienti

124

Libri

Premiate Trattorie Italiane, storie di uomini, di cibo, di territorio

128

A pagina 38.

A pagina 62.

A pagina 102.

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Premiata Salumeria Italiana, 4/20


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AGENDA

Italia L’enoturismo riparte col più grande evento dell’estate dedicato al vino e al piacere di stare insieme: Calici di Stelle torna quest’anno dal 2 al 16 agosto nei borghi e nelle cantine d’Italia. L’evento organizzato da Movimento Turismo del Vino e Città del Vino sarà per l’estate 2020 un’edizione prolungata dedicata alla ripartenza: E quindi uscimmo a riveder le stelle è il tema dell’edizione, una citazione della DIVINA COMMEDIA dantesca che invita alla ripartenza e che sarà l’occasione per organizzare in cantina esperienze culturali legate al mondo del vino. Saranno coinvolte le oltre 800 cantine del Movimento Turismo del Vino, per un’edizione in cui distanziamento e sicurezza saranno garantite attraverso gli ingressi contingentati e le prenotazioni in cantina. Gli eventi nei Comuni si svolgeranno nel rispetto delle norme vigenti. Tra gli appuntamenti in cantina le Cene in vigna sotto le stelle, le Cene con il Vignaiolo, i Concerti in vigna e le Degustazioni in vigna, momenti di condivisione in cui riscoprire l’esperienza della degustazione guidati dalle testimonianze di chi il vino lo produce e lo sa raccontare in maniera personale e intima. Grande spazio sarà dedicato anche a #CalicidiStelle2020 che, sul modello di #CantineAperteInsieme, coinvolgerà i produttori e le cantine in un grande brindisi collettivo on-line lunedì 10:00 agosto alle 19:30 (photo © flowertiare – stock.adobe.com).

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Premiata Salumeria Italiana, 4/20


Salumi artigianali e di filiera

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TENDENZE Pane & Olio, la merenda mediterranea per la ripartenza degli Italiani

“Io riparto da Pane & Olio” e tu? Torniamo a sane e semplici abitudini alimentari, cominciando dalla merenda della tradizione. «Questo piatto mette d’accordo tutti gli Italiani, che lo apprezzano da Nord a Sud» ricorda PALMINO POLI, presidente di AIBI – Associazione Italiana Bakery. «Ora che l’Italia cerca di rialzarsi, seppur faticosamente, Pane & Olio è la pietanza da rivalutare, adatta ad ogni momento della giornata, a tutte le tasche, a tutti i gusti». Insieme ad ASSITOL – Associazione italiana dell’industria olearia, AIBI ci invita a riscoprire le regole della Dieta Mediterranea per sostenere la ripartenza degli Italiani. «Nonostante sia considerato dagli esperti il regime dietetico più salutare e sostenibile, una serie di studi recenti dimostra che, negli ultimi anni, meno del 50% degli Italiani segue regolarmente la Dieta Mediterranea» spiega ANNA CANE, presidente del Gruppo olio d’oliva. «Poiché il connubio tra pane fresco e olio extravergine d’oliva è la sintesi migliore di questo modello alimentare, ci sembra giusto riproporre la merenda della tradizione per ricordare i “fondamentali” del mangiar sano e gustoso tipico della Dieta Mediterranea» (fonte: Accademia dei Georgofili; photo © Olga Romankova – stock.adobe.com).

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FOTOGRAFATI E MANGIATI

Capocollo PICCANTE Produttore: San Vincenzo di F. Rota Srl.

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Regione: Calabria. Ingredienti: carne di suino, sale, spezie, peperoncino piccante calabrese, aromi. Senza: glutine. Descrizione: il capocollo piccante è uno dei salumi rappresentativi della tradizione salumiera calabra, che San Vincenzo realizza bilanciando il sapore delicato della carne con una “punta” più intensa data dalle spezie e dal peperoncino piccante. Il nome del salume deriva dall’impiego di carni suine ricavate dalla parte del collo del maiale, lavorate insieme al peperoncino piccante, alle spezie e agli aromi. In abbinamento a: pitta calabra, un pane rustico, basso, a forma di ciambella, perfetto da farcire con i salumi, e birra artigianale locale.

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Produttore: Salumificio Golfera in Lavezzola Spa. Regione: Emilia-Romagna. Ingredienti: carne suina 100% italiana, sale marino iodato, spezie. Senza: glutine, latte e derivati. Descrizione: il Salamagro di Golfera ha un 60% di grassi in meno rispetto ad un Salame Milano di pari peso e una consistenza piacevole all’assaggio, molto ben bilanciata nel sale, che è marino iodato. Realizzato con carni italiane, è un salame magro perfetto per chi non vuole rinunciare al gusto e sta attento alle calorie.

www.golfera.it

In abbinamento a: piadina romagnola Ipg e un bel calice di bollicine sempre made in Romagna.

SALAMAGRO di SUINO

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BREVI STORIE DI CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA

Pranzo in piedi in cucina di Alessia Morabito – illustrazioni di Alessia Serafini

I

l cibo è il mio lavoro. “Beata lei” direte voi. Invece le ricette, il cibo e il lavoro si mangiano il mio tempo ed io rimango senza. Il risultato? Salto i pasti, ho fame. Ho sempre del pane, non sempre di giornata ma ne compro e ne faccio solo a lievito madre, quindi è buono per lungo tempo. Ho sempre un frutto o una verdura che mi ha chiamata dalla vetrina della bottega sotto casa dopo aver parcheggiato oppure che mi sono accaparrata in una visita dal contadino o ad un mercato. Ho qualche ricordo di viaggio ricevuto generosamente in dono o comprato durante uno spostamento. Il mio fornello è perennemente sporco di briciole. Accendo la griglia, mi brusco una fetta di pane. Dal cassetto dei salumi del frigo tiro fuori un cartoccio che viene da Prato, apro questo salume che all’aspetto sembra un salame ma che si chiama mortadella: al naso riconosco la miscela di spezie tipica dei dolci toscani, il profumo sottilmente fiorito dei ratafià antichi, un sentore leggero d’aglio e il fragrante della carne di suino stufata. Salume cotto di tradizione rinascimentale, come tradisce la sua spaziatura, colore rosa intenso dovuto all’alchermes e uso di tagli di carne meno pregiati, la Mortadella di Prato rischia di sparire negli anni ‘50 quando la rinascita economica è rappresentata, nell’immaginario collettivo, da altri salumi. Viene riscoperta negli anni ‘90 e riproposta da pochi produttori lungimiranti che da sempre si distinguono per artigianalità e alta qualità. Inforco l’affettatrice, taglio qualche fetta, resisto alla tentazione di mangiarla subito e lascio che la Mortadella di Prato si stemperi a temperatura ambiente. Da un sopralluogo in campagna ho portato a casa quattro fichi primaticci che ho raccolto da un albero solitario, ne sbuccio uno e lo divido a metà. Sul terrazzo ho qualche pianta di rucola che non ho raccolto ed è andata in fiore. Tolgo il pane bruscato dalla griglia, ci schiaccio il fico, poggio sopra la Mortadella di Prato, spargo di fiori di rucola, non resisto, chiudo gli occhi, addento. Anche oggi pranzo in piedi in cucina.

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Alessia Morabito Autodidatta, si forma in cucine internazionali, punto d’incontro tra colleghi di disparate etnie dalle quali apprende, tra le varie cose, l’amore per le spezie e la tecnica del loro utilizzo. In una decennale esperienza in Maremma impara l’attitudine alla cultura gastronomica tradizionale, compresi il raccolto e l’uso dei prodotti selvatici, l’uso di materiali desueti e antiche tecniche per la cottura che parte dalle case delle vecchie massaie e dai loro racconti per attualizzarlo con affetto e rispetto. Nel 2015 si trasferisce dalla Maremma all’Emilia seguendo il sogno della Food Valley e della cultura trasversale. Interpretando il cibo come linguaggio, Alessia diventa nel tempo un punto di riferimento importante sulla divulgazione di temi come la cucina di altre culture, con una particolare predilezione per le cucine cinese e giapponese. Curiosa, poliedrica e mai stanca, in Emilia gestisce il tempo tra consulenze gastronomiche, collaborazioni continuative e temporanee, didattica e ricerca riuscendo a conciliare i bisogni e gli interessi professionali con la passione per la musica. www.instagram.com/alessiamorabitochef

Alessia Serafini Alessia Serafini è una designer italiana, nata e cresciuta a Ferrara, che oggi vive e lavora a Parigi. Dopo la laurea in design presso la Facoltà di Architettura IUAV di Venezia, Alessia collabora con diverse aziende e agenzie italiane per poi entrare, nel 2008, nello studio parigino di Andrée Putman. Nel 2012, insieme a Valérie Salerno, fonda lo studio di design Le Tiroir. La pratica del mestiere la porta ad avvicinarsi al disegno in diverse aree: interni, mobili, oggetti. Perché ogni progetto è una storia da raccontare che inizia sempre con il disegno. Le piace esplorare la sua professione con gli strumenti tradizionali delle illustrazioni e mescolare gli ingredienti anche quando si tratta di una ricetta di cucina. Secondo questo principio nel 2016 Alessia Serafini pubblica il libro “La main à la Pâte: lundi c’est pas ravioli” edito da Epure, col quale consegue il premio Eugénie Brazier nella sezione iconografia e immagine. Il libro rende omaggio alle abitudini culinarie della sua famiglia ferrarese e apre una nuova attività legata alle illustrazioni (photo © Federica Mori). www.alessiaserafini.com

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LETTURE ESTIVE

OSCAR FARINETTI Serend!pity 50 storie di successi nati per caso Slow Food Editore Collana: AsSaggi 304 pp. – € 15,67

MARTINA LIVERANI Atlante di geogastronomia Editore Mondadori Electa Collana: Rizzoli Illustrati 240 pp. – € 24,90

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La cucina trae beneficio dalle differenze e si arricchisce delle diversità (ingredienti, tecniche, nuovi modi di consumo), ma da sempre ha avuto anche e soprattutto il ruolo di azzerare le differenze e unire le persone. Il cibo è un mezzo di conoscenza reciproca e di aggregazione: è il più antico e moderno dei social network, perché basta una tavola apparecchiata a scatenare una relazione. Le abitudini alimentari costruiscono geografie e zone culinarie in modo altrettanto convincente dei confini politici, dei gruppi linguistici, degli eventi storici o di molti altri fattori. Ecco un atlante di storie, idee, itinerari, illustrato da foto, disegni e carte geografiche, scritto intorno a un tema di grande attualità, il cibo, che contribuisce a definire la nostra identità culturale. Una geogastronomia è dunque una geografia della cucina e delle abitudini alimentari che ridisegna il mondo in zone culinarie, definisce luoghi e non luoghi, mode e manie, spazi reali e virtuali.

La parola serendipity nasce per definire importanti scoperte nate per caso, mentre si stava cercando altro, ma nel tempo il suo significato si è allargato ad indicare cose straordinarie venute alla luce in modo fortuito, dove il caso è stato uno degli ingredienti fondamentali. In queste pagine OSCAR FARINETTI racconta con grandi protagonisti del nostro tempo le serendipity che riguardano il suo mestiere: quello del cibo. 50 storie di altrettante eccellenze alimentari, ricche di ironia e di spunti di riflessione sul senso della vita, sull’importanza della ricerca continua, su quanto conti non mollare mai, soprattutto nei momenti di grande difficoltà. La nostra preferita? La storia della finocchiona di Sergio Falaschi, macellaio e norcino in quel di San Miniato (PI), che insieme alla sua famiglia, tra laboratorio, macelleria e Retrobottega con ristorazione, porta avanti un mestiere tanto antico quanto in evoluzione, con grande garbo ed estro creativo. >> Link: slowfoodeditore.it



ATTUALITÀ

CORONAVIRUS E AGROALIMENTARE, I COMPORTAMENTI DEL CONSUMATORE Una cosa è certa: questo 2020 lo ricorderemo. I libri di storia lo descriveranno come una linea netta di confine tra il prima e il dopo. Perché, pur essendo solo all’inizio della seconda metà dell’anno, e quindi nell’incertezza di quanto accadrà nei prossimi mesi, le sventure già accadute sono innumerevoli e tutte destinate a lasciare un segno di Sebastiano Corona 20

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Covid-19 e alimentare sono due elementi legati tra loro. La fase del lockdown, ad esempio, ha visto gli Italiani bloccati in casa esprimere la propria creatività in cucina. Sono emersi anche nuovi comportamenti d’acquisto, dovuti, in certi casi, alla mancanza di alternative. Abitudini che potrebbero restare, seppur con minor frequenza. Spicca tra tutti la spesa on-line, arrivata a segnare incrementi a tre cifre percentuali!

Abbiamo problemi legati ad una recessione senza precedenti nella storia recente, improvvisa, una produzione più debole, una contrazione dei consumi, difficoltà legate all’importazione e all’esportazione… La nuova PAC e la discussione sul nuovo bilancio comunitario acquistano ora maggiore importanza. Mai come oggi l’Europa ha avuto bisogno dell’Europa

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a pandemia non ha portato con sé solo un dramma sanitario, psicologico e sociale. Ha trascinato molti settori nel baratro e sarà causa di una recessione globale, con incidenza più o meno importante a seconda dei Paesi. Ma senza risparmiare nessuno, o quasi. Covid-19 e alimentare sono due elementi legati tra loro. Il primo fatto da smentire, a cui hanno erroneamente creduto soprattutto i non addetti ai lavori, è che il comparto non abbia subito ripercussioni. Non è purtroppo così: la crisi ha investito tutti, seppur in maniera diversa. Rispetto però al rapporto tra cibo e consumatori, a seguito della quarantena si osservano reazioni immediate, prevalentemente limitate al lockdown, e conseguenze destinate a dispiegare i propri effetti nei prossimi mesi, forse nei prossimi anni. Sempre che nel frattempo non subentrino ulteriori elementi. Il timore di una seconda ondata di contagi è infatti palpabile ed è una paura che, da sola, genera incertezza e preoccupazione e porta una contrazione dei consumi, con tutti i risvolti che ne conseguono. La fase del lockdown ha visto gli Italiani bloccati in casa esprimere la propria creatività in cucina. Sono emersi nuovi comportamenti in sede d’acquisto, dovuti, in certi casi, alla mancanza di alternative. Ma si tratta di abitudini che potrebbero restare, seppur con minor frequenza. Spicca tra tutti la spesa online, che in una certa fase, e per ovvi motivi, ha segnato incrementi a tre cifre percentuali. Da metà febbraio a metà aprile gli acquisti sul web hanno registrato una media settimanale di aumento del 119% rispetto allo stesso periodo del 2019. Nella settimana di Pasqua l’incremento, secondo NIELSEN, è stato del 178%. Prima della pandemia il 75% degli utenti non aveva mai acquistato del cibo on-line (dati NETCOMM). È chiaro che la paura del contagio, le lunghe file per l’ingresso, l’obbligo di recarsi al supermercato in solitudine e molto altro ancora hanno dirottato verso il digitale. Ma in realtà non sono solo le grandi piattaforme specializzate ad aver dato il servizio. Anche molti piccoli commercianti, panettieri, macellai, pescivendoli, ristoratori, pasticceri lo hanno fornito, talvolta anche in maniera gratuita.

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Un segnale importante verso i propri clienti, ma anche una prestazione gradita, destinata a rimanere, seppur in parte. Un modo per gli operatori per fare di vizio virtù e avviare o implementare un servizio che sino a quel momento era magari solo marginale. A proposito di cibo, però, le reazioni alla quarantena sono state anche di altra natura: è cambiata in parte la dieta degli Italiani e molti di loro si sono scoperti cuochi, avendo molto più tempo a disposizione. Un sondaggio del CREA ha indagato su questi fenomeni durante il lockdown, registrando l’aumento del consumo di comfort food, dolci in primis, ma anche di frutta, verdura e legumi, a danno dei prodotti di IV o V gamma. Sono ovviamente aumentati i momenti di condivisione del pasto con i famigliari, ma anche l’attenzione agli sprechi: vuoi per una maggiore possibilità di gestire gli avanzi, vuoi per evitare spese eccessive, considerato che la situazione lavorativa di molti consumatori ha messo a repentaglio le entrate, costringendo a far maggiore attenzione al portafoglio. I bambini sono stati maggiormente coinvolti nelle attività di cucina, mentre gli anziani hanno denunciato maggiori difficoltà a fare la spesa. Nel frattempo le dispense si sono riempite in maniera importante di conserve vegetali e animali, surgelati (+37%) e inoltre di pasta, riso e farina, il cui consumo è triplicato rispetto al 2019. La settimana di Pasqua ha visto un record degli acquisti di ingredienti per preparare dolci come farina (+213%), lievito di birra (+226), mascarpone (+100%), miele (+68%), burro (+86%), zucchero (+55%) e uova (+54%). È aumentato il consumo di olio (+18%), pesce fresco (+14% rispetto al +30% della carne) e di alcolici (vino +15%, birra +10%) rispetto allo stesso periodo del 2019. Altri elementi di interesse sono legati al divieto di spostamenti che ha ovviamente generato la colazione e pausa pranzo a casa, un calo della frequenza della spesa (che però è diventata più pesante) e un decremento delle richieste di cibo da asporto, che ha invece poi ripreso nella seconda fase del lockdown.

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La paura del contagio, le lunghe file per l’ingresso, l’obbligo di recarsi al supermercato in solitudine e molto altro ancora hanno dirottato gli acquisti verso il digitale. E non solo le grandi piattaforme specializzate hanno fornito questo il servizio; anche molti piccoli commercianti lo hanno fornito, talvolta anche in maniera gratuita. Un segnale importante verso i propri clienti, ma anche una prestazione gradita, destinata a rimanere, seppur in parte (photo © davit85 – stock.adobe.com). I pasti veloci fuoricasa sono stati sostituiti da piatti più semplici, preparati sul momento, che solitamente si chiudevano con un frutto, abitudine meno frequente prima della pandemia. E nelle performance degli Italiani ai fornelli c’è stata una gran riscoperta delle ricette della tradizione. Ma il leggero sovrappeso che in molti, costretti per due mesi sul divano, accusano, è dovuto anche ai ricorrenti spuntini, agli aperitivi, alle merende tra un pasto principale e l’altro e, in generale, all’aumento delle porzioni. D’altronde, si sa, il cibo non è solo nutrimento, ma anche coccola per l’anima: secondo l’OSSERVATORIO IZSVE, il 48% degli intervistati di una recentissima indagine ha alleviato l’ansia con alimenti ricchi di carboidrati. Quasi 1 persona su 2 si è dilettata preparando dolci e 1 su 3 impastando pizze e focacce. È però in contemporanea aumentata la richiesta di panificati e diminuita quella di cibi pronti al consumo. A questa situazione di schizofrenia

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generalizzata, si aggiunge il fatto che centinaia di migliaia di locali pubblici di somministrazione di alimenti e bevande, bar, ristoranti, pub, pasticcerie, aziende agrituristiche, gelaterie, mense e molte altre attività ancora sono rimaste chiuse per quasi tre mesi. E non hanno sofferto solo loro — molte delle attività non hanno poi mai riaperto —, ma anche tutti i rispettivi fornitori e l’indotto. Ricordiamo infatti che ci sono imprese di produzione o di servizio che operano in parte o in maniera esclusiva con l’HO.RE.CA. che per oltre 12 settimane sono rimaste al palo e non hanno fatturato un centesimo. A parità di codice ATECO, ci sono aziende che hanno continuato a produrre e vendere senza particolari problemi commerciali e ce ne sono altre che hanno dovuto abbassare le serrande provvisoriamente o definitivamente. C’è un mondo, quello delle cerimonie pubbliche e private, degli eventi, dei congressi e delle manifestazioni in generale che non opera da fine febbraio.

Tutte le attività di produzione alimentare ad esse legate, quali catering, banqueting, vitivinicolo, dolciario — pensiamo ai confetti!! — e molto altro ancora non hanno ad oggi ripreso ad operare. Il turismo è stato immobilizzato per mesi e si riprenderà in maniera apprezzabile probabilmente, solo l’anno prossimo. Ci sono le sagre paesane, le fiere e le manifestazioni artistiche dove alimenti e bevande si ritagliano sempre un loro spazio di vendita, che non torneranno nelle nostre abitudini prima di un anno circa. Un dramma, insomma, che presto potrebbe trascinarsi dietro altri settori, anche solo apparentemente indipendenti da tutto questo. Una crisi diffusa che porta a considerare quello agroalimentare un comparto a rischio di crisi, al di là delle valutazioni della prim’ora. Inoltre, non è detto che il peggio non debba ancora arrivare: siamo di fronte alla più grande recessione dell’ultimo secolo. Le similitudini con la crisi finanziaria globale del 2008

Premiata Salumeria Italiana, 4/20


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Durante il lockdown sono ovviamente aumentati i momenti di condivisione del pasto con i famigliari, ma anche l’attenzione agli sprechi. I bambini sono stati maggiormente coinvolti nelle attività di cucina, mentre gli anziani hanno denunciato maggiori difficoltà a fare la spesa (photo © Kzenon). sono numerose; tuttavia, al contrario di quanto accadde allora, lo shock economico si è dispiegato stavolta in poche settimane e non in oltre di 15 mesi. All’epoca si ebbe unicamente un calo della domanda, oggi si assiste anche ad un crollo dell’offerta, a cui si accompagnano tensioni sui prezzi, legate a movimenti speculativi, turbolenze sui mercati finanziari, erosione di fiducia e incertezza elevata sul futuro, anche perché legata all’evoluzione della pandemia. L’impatto economico è strettamente connesso, oltre che alle restrizioni previste per legge, al comportamento dei singoli che, temendo contagi o problemi ad esso legati, evitano di fare acquisti, riducendo il superfluo come viaggi, uscite e ad altre attività sociali. E per un Paese come l’Italia che basa buona parte della sua economia sui flussi turistici interni ed esterni, una tale compressione degli spostamenti e la conseguente compromissione della stagione estiva, darà risvolti nefasti.

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Si tratta, inoltre, di azioni e comportamenti che a loro volta si traducono in una riduzione del reddito. Per questo la contrazione a breve può tradursi in una riduzione della crescita anche a medio-lungo termine. Le prime stime sul PIL mondiale le aveva fatte l’OCSE a marzo e davano un –7,6%, quest’anno, prima di registrare un incremento del 2,8% nel 2021. L’Italia risulterebbe tra i Paesi più colpiti, con un –14% e un recupero del 5-8% nel 2021, insieme a Francia, Spagna e Regno Unito. Un problema in più: in un mercato globalizzato non si può infatti di chiarare “mal comune, mezzo gaudio”, considerato che non si possa contare su una piazza estera forte, soprattutto in un momento in cui i consumatori si riscoprono patriottici e sovranisti. Stavamo iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel, dopo la crisi del 2008, quando eccoci di nuovo nel dramma: le misure di contenimento hanno fatto

crollare la produzione e anche nella migliore delle ipotesi recentemente ventilate annulleranno i parametri positivi registrati negli ultimi anni. Secondo la CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della PMI, il crollo della produzione di marzo, scesa del 30,6%, è il dato peggiore in assoluto dal 1990 e non sono possibili raffronti tra l’attuale e altre crisi, compresa quella recente, quando la produzione diminuì del 26,8%, ma in condizioni e in un arco temporale diversi. I principali istituti economici di ricerca hanno presentato delle stime che, pur differenti tra loro, non si discostano in maniera importante l’una dall’altra. Per lo SVIMEZ il lockdown ha già prodotto un danno di 47 miliardi al mese, con incidenza maggiore o minore, a seconda della zona del Paese: 37 al Centro-Nord e 10 al Sud. Il PIL invece diminuirà dell’8,4% per l’Italia tra il –8,5% al Centro-Nord e –7,9% nel Mezzogiorno. Sono decisamente più pessimistiche le previsioni del CERVED

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calo del consumo interno sarebbe parzialmente compensato da un aumento dell’export. Il consumo pro capite per le carni risulta in linea o in leggero calo, rispetto alle previsioni pre-Covid, con contrazioni che non superano l’1,5%. Sempre secondo il CREA, è in leggero calo la produzione di carni e, nel caso del comparto avicolo, alla diminuzione della produzione si assocerebbe una contrazione dei prezzi. Per le importazioni, si registrano riduzioni che potrebbero perdurare fino al 2023 per carne di maiale e pollo. Per quest’ultimo, l’andamento delle esportazioni invece, rivisto verso il basso all’inizio del periodo analizzato, ritornerà in linea con le stime pre-crisi solo dal 2024. Sul piano degli scambi internazionali non dovrebbero esserci particolari ripercussioni, anche se si prevede un calo dei flussi, sia in entrata sia in uscita, e, sebbene si tratti di un contesto molto delicato per l’Italia, che dipende fortemente dall’estero, per l’approvvigionamento di materia prima, ma anche per l’esportazione di prodotto trasformato.

Sono superati i primi tempi della pandemia quando, essendo uno dei pochi Paesi colpiti, l’Italia ha subito, seppur non in maniera ufficiale, restrizioni commerciali e boicottaggi. Oggi ci sono altri problemi, legati ad una recessione improvvisa, senza precedenti nella storia recente, una produzione più debole, una contrazione dei consumi, difficoltà legate all’importazione e all’esportazione e di conseguenza speculazioni sul nome del made in Italy. E ancora: l’inflazione che si potrebbe generare per effetto dei maggiori costi che tutti gli attori della filiera stanno affrontando. La nuova PAC e la discussione sul nuovo bilancio comunitario acquistano ora maggiore importanza per dotare l’Unione delle risorse e degli strumenti necessari per affrontare il dopo Covid-19, anche nel settore agricolo. Mai come oggi l’Europa ha bisogno dell’Europa. Sebastiano Corona Nota A pagina 20, photo © Mix and Match Studio – stock.adobe.com

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che segnala un calo del fatturato tra il 7% e il 18%. In questo scenario a tinte fosche il comparto agricolo sarebbe l’unico a mostrare un segno positivo nei ricavi. Secondo ISMEA, invece, la sofferenza nell’agroalimentare ci sarebbe, ma è da ricondurre principalmente all’industria della trasformazione, che ha vissuto e tuttora registra difficoltà logistiche, la carenza di personale e una serie di problemi legati al rispetto delle nuove regole sulla sicurezza che, oltre a generare rallentamenti, implicano anche costi importanti. L’agroalimentare non sarebbe dunque tra i più colpiti dal calo del PIL, sebbene per alcuni settori, zootecnia e parte della trasformazione in primis, ci siano delle criticità, talvolta rilevanti. Non sembrano avere ostacoli il cerealicolo e l’olio d’oliva, bene anche i formaggi, mentre stanno soffrendo carni e vitivinicolo. In generale, in Italia i consumi pro capite presenteranno contrazioni del 9,7% fino al 2023. Sul fronte delle importazioni si registrano riduzioni e il

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IL FOOD IN RETE

SOCIAL di Elena

1. Diamo una casa alle api WWF e Intesa Sanpaolo hanno avviato una sinergia per aiutare l’ambiente. Come? Col progetto “Diamo una casa alle api”, per sostenere la salvaguardia degli impollinatori, indispensabili per la vita sulla Terra. Attraverso For Funding, la piattaforma di crowdfunding creata per sostenere persone e organizzazioni che propongono progetti concreti per costruire un futuro migliore per api e impollinatori. Ecco il link: www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/ nav/progetto/wwf-diamo-una-casa-alle-api (photo © Maxim Mironov).

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2. Il nuovo e-shop di Parmigiano Reggiano Valorizzare i caseifici produttori, favorire il rapporto diretto e rendere semplice l’esperienza di acquisto sono gli obiettivi del nuovo progetto di shop on-line promosso dal Consorzio Parmigiano Reggiano che punta ad aumentare la quota di vendita diretta fino a raggiungere il 15% della produzione complessiva. Su shop.parmigianoreggiano.com è infatti possibile acquistare il formaggio direttamente dalle mani di chi lo produce, offrendo così ai 335 caseifici del Consorzio un nuovo strumento di business, in linea con le nuove abitudini di acquisto dei consumatori (photo © Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP).

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FOOD Benedetti

3. Ham session su Instagram I suoi post e video si trasformano spesso in tormentoni social di culto. Il super butcher e norcino toscano Lorenzo Chini, dell’omonima macelleria di Gaiole in Chianti (FI), è da seguire su instagram.com/chini.lorenzo per le sue stories e per i post che raccontano il suo mondo fatto di carni e salumi artigianali di qualità, sempre filtrati dal suo umorismo dissacrante e travolgente (come la mascherina di salame da lui inventata durante il lockdown). Qui è in una “ham session” in bottega con l’attore senese Francesco Arca (@francescoarcaofficial), grande estimatore dei suoi salumi in una recente visita alla macelleria (photo © instagram.com/chini.lorenzo).

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4. Il ricercatore di fantasie DIEGO CUSANO è un illustratore e artista che si definisce un ricercatore di fantasie. Nelle sue opere gioca con prodotti e oggetti del nostro vivere quotidiano, tra cui anche i salumi (in questo caso la Mortadella di Bologna IGP in versione rosetta-ombrellone), che contestualizza e reinterpreta in modo creativo. Noi seguiamo le sue meraviglie su instagram.com/ diego_cusano (photo © instagram.com/diego_cusano).

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Li Ziqi: la bellezza delle piccole cose di Giulia Mauri

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hiusi in casa ad aspettare di sapere come e quando avrebbero potuto uscire, gli Italiani che non hanno dovuto affrontare in prima linea il Covid-19 e la sua scia di lutti si sono dati a varie attività. Fra queste, anche l’arte del compromesso ha visto un suo fiorire. E non ne sono mancati i frutti. Nel mio caso, per esempio — con la casa trasformata in una centrale di didattica a distanza e quattro-computer-quattro collegati in contemporanea a differenti lezioni e webinar — la mia stretta sorveglianza sulla navigazione in internet delle figlie ha dovuto per forza di cose allargare

le maglie. Sulle tempistiche, ma non sulla qualità dei siti visitati, sui quali la censura è rimasta inflessibile. Ammetto di essere parecchio bacchettona e all’antica su certe cose. Quanta vita buttata a guardare le (finte) vite degli altri! Inorridita dai contenuti (o, meglio, dall’assenza di contenuti) dei siti visitati dai ragazzini, da montaggi pieni di inutili lungaggini e da un profluvio di parole in libertà altrettanto inutili e sgraziate tanto quanto le immagini proposte, ho dovuto trovare un’alternativa. Una terza via che concedesse un maggior tempo di navigazione, ma che potesse dare un qualche arricchimento

a chi trascorreva quel tempo davanti allo schermo. In soccorso, mi è giunta LI ZIQI. Una giovane donna cinese che presenta le ricette tipiche della cucina della sua provincia mostrando l’origine dei prodotti utilizzati. L’idea è semplice e al tempo stesso ammirevole e deve avere un grande significato se proviamo ad immedesimarci in quel miliardo di Cinesi che vive in megalopoli da alcuni milioni di persone, abita in piccoli appartamenti posti in complessi di grattacieli senza neppure un terrazzino. D’altra parte, già il cuoco inglese JAMIE OLIVER alcuni anni fa aveva dimostrato come studenti

La vlogger cinese Li Ziqi. Questo è il suo canale su Youtube: www.youtube.com/channel/UCoC47do520os_4DBMEFGg4A

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statunitensi adolescenti non conoscessero la provenienza dei più comuni alimenti, non sapessero distinguere fra i prodotti di origine animale e vegetale, né risalire alla forma e alla sostanza degli ingredienti di un banale piatto pronto. Che i popcorn fossero fatti di chicchi di mais, che in campagna crescono attaccati ad una pannocchia su una pianta alta un paio di metri era un’informazione sconosciuta. Li Ziqi racconta la storia degli ingredienti che utilizza e il lavoro che è a monte di tutto ciò che raggiunge il piatto. Se l’oggetto del video è il formaggio di soia, lei parte dalla raccolta delle piante in campo, mostra la macinatura dei legumi, la lavorazione del liquido estratto, trasmette il senso del tempo trascorso grazie ad artifici narrativi, ci regala la sorpresa della solidificazione e solo a questo punto prepara la ricetta. Quando il piatto è a base di pesce, Li mostra come alimenta le sue carpe con le briciole della sua cucina, poi pesca un bel pescione con aggraziata maestria e lo prepara — testa compresa — nella sua cucina tradizionale, composta da tagliere in legno, cesti per cottura al vapore, pentoloni e wok posti su fuoco di brace, orci per la fermentazione e forni a legna di sua costruzione. Nei video di Li Ziqi impariamo come si debba dare tempo al tempo. Per mostrare come si prepara la maionese cinese Li compra le uova di anatra fecondate, le fa covare ad una sua gallina, mostra le crescita degli anatroccoli e — ormai l’anno successivo — raccoglie le uova, le lava, le depone in un orcio coperte da un guscio artificiale di argilla e cenere e, solo dopo un certo tempo, recupera i tuorli, li cuoce nel forno, li polverizza, li mescola alle sue infinite consuete spezie e alla fine serve una cremosa maionese cinese. A gennaio — e lo possiamo capire perché il calicantus è fiorito — Li si reca dalla vicina che ha macellato il maiale in riva al ruscello. La mezzena giace a terra, su un telo di plastica. Li se la carica sulla sua carriola e in giardino, assieme alla nonna e sotto gli occhi languidi del cagnolino, prepara salami, salsicce, pancette, coppe e affumica tutto sotto il suo portico. Crea una sacca nel fegato e la riempie di tuorli di uova di anatra pri-

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ma di appendere anche questo sotto il fuoco di legni resinosi. Sacrifica una gallina — mostrando una piuma che cade nell’orto —, la lava, la farcisce di spezie, la infila nello stomaco del maiale bel lavato. Quando sarà cotta, Li taglierà il tutto in piccoli pezzi e la immergerà nel brodo. Li ha un orto fornitissimo, vive in campagna, fra campi di riso e di colza, le colline sono coperte di foreste di bambù e alberi da frutto e arricchite da sorgenti zampillanti. Attorno a sé trova tutti gli ingredienti necessari a preparare un’enorme varietà di pietanze e ciascun piatto è composto da un numero davvero elevato di ingredienti. Ha diversi animali da cortile e negli elaborati e molteplici piattini che costituiscono le cenette che prepara per la sua anzianissima nonnina non mancano mai le proteine animali. Dunque i video di Li Ziqi insegnano, alle mie bambine come a milioni di Cinesi inurbati, che dal frutto di peperoncino si raccolgono i semi, che messi nella terra germogliano e se trapiantati e curati producono nuove piante e nuovi frutti moltiplicati («questo lo sapevamo già» mi rispondono piccate); che i giganteschi germogli di bambù da abbattere a colpi di accetta racchiudono cuori pallidi e teneri; che dell’aglio si mangiano le foglie e infine si sradica la pianta e può essere conservato in mille modi diversi; che i fiori sono belli e molti sono anche buoni, soprattutto se raccolti all’alba quando la rugiada indugia ancora fra i petali. Già questo è tanto. Ma non è tutto. I video di Li che troviamo su Youtube (Liziqi Channel: goo.gl/nkjpSx) sono semplicemente bellissimi. Meravigliosa la fotografia, ottimi i tempi, delizioso il silenzio che consente di ascoltare il rumore della vanga quando affonda nel terreno, della verdura croccante quando viene raccolta, l’abbaiare dei cani mentre cucina. Non c’è inquadratura che non abbia uno scopo narrativo, niente di inutile o superfluo. In questo modo riesce a catturare l’attenzione anche di chi, come me, ha una pazienza veramente scarsa o — se si preferisce — poco tempo da perdere. E al tempo stesso i video sono chiarissimi, la ricetta è compresa nei suoi elementi essenziali (riprodurla è un altro paio di maniche).

Li Ziqi è una cultrice della bellezza, l’ha trovata nella sua vita rurale e la condivide con noi. Quando coltiva, alleva e poi cucina, trasmette un senso di armonia, pace e familiarità che sono certamente il segreto del suo successo mediatico. Io e le mie bambine guardiamo i suoi filmati per rilassarci perché trasmette davvero una bellezza rasserenante e ristoratrice. Sembra che ci accolga nel suo giardino e cucini per noi, con calma e attenzione. La sua cucina è curata e familiare al tempo stesso. Naturalmente, visto che il suo strumento di diffusione mediatica è internet e visto che è cinese, Li Ziqi è criticata da diverse voci, che la accusano di non poter fare da sola tutto quello che fa, di mostrare una semplicità artificiosa, addirittura di esercitare un soft power ipnotico per conto della Repubblica Popolare Cinese. Sciocchezze. Certamente è lecito che si faccia aiutare nelle riprese come anche nel grande orto. Certamente il montaggio è sapiente, la luce è sempre ben studiata e il mazzo di fiori di campo che abbellisce il muro della cucina è un omaggio a tanti pittori del passato. Ma nessun video postato su internet è la realtà ed è tremendo che molti non se ne accorgano neppure più. I video su Youtube di Li Ziqi sono piccoli film. Ricordano le atmosfere di pellicole in costume come “La tigre e il dragone” o “La foresta dei pugnali volanti” e lei è come le protagoniste, diafane e abilissime. La mise en place è impeccabile, i bei piatti sono guarniti con estremo gusto, la pagoda sotto cui Li siede per mangiare con la nonna è aggraziata e raccolta. Le sue abilità non sono esagerate, sebbene davvero notevoli. Il suo orto mi ricorda tanti orti che possiamo vedere anche nelle nostre campagne e le sue conoscenze equivalgono a quelle di tanti appassionati di orticultura e cucina. Li però è riuscita a fondere la cura per la bellezza e i particolari con due lavori pesanti e concreti come quello del contadino e del cuoco. Il potere delle sue immagini è quello di creare una sintesi fra i vari opposti e narrare una realtà diversa, calma, operosa, raffinata e romantica, capace di mostrarci l’altrove. Giulia Mauri

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Scaglie: nasce il nuovo spazio virtuale che racconta la filiera del Parmigiano Reggiano È on-line Scaglie (www.scaglie.it), il nuovo progetto editoriale del Consorzio Parmigiano Reggiano dedicato alla valorizzazione del territorio e della sua comunità. Un nuovo spazio, virtuale, per parlare di Parmigiano Reggiano ma anche di natura, biodiversità e ambiente, cucina e tradizioni, storia e cultura del territorio. Un sito ricco di contenuti d’autore che ogni mese — tra fotografie, video, testi e podcast — porterà il pubblico alla scoperta della filiera del primo prodotto Dop in Italia per valore alla produzione. L’obiettivo di Scaglie è raccontare le meraviglie del territorio in cui viene prodotto in esclusiva da quasi un millennio il Parmigiano Reggiano. Un territorio ben definito nei suoi confini e che ospita l’intera filiera: dalla produzione del latte alla sua lavorazione, dalla stagionatura fino al confezionamento del prodotto. I primi cinque contenuti, già on-line, sono tutti legati al tema dell’Apertura. Un concetto che vuole evocare sia l’apertura del progetto, sia quella della forma di Parmigiano Reggiano. E anche, perché no, lanciare un messaggio di fiducia per la (ri)apertura del Paese. «Abbiamo scelto il nome Scaglie perché lega il progetto al nostro prodotto e perché le scaglie sono tutte diverse così come tutte diverse sono le storie che messe insieme compongono il nostro universo unico, ricco e complesso» ha spiegato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. Un universo composto da 325 caseifici, oltre 2.500 allevamenti e 50.000 persone che ogni anno trasformano il 16% della produzione nazionale di latte in oltre 3,75 milioni di forme di Parmigiano Reggiano, il 60% delle quali è destinato al mercato Italia e il 40% all’export in tutto il mondo. «Se è vero — ha aggiunto Bertinelli — che il Parmigiano Reggiano è presente ogni giorno sulla tavola degli Italiani, e di molti altri cittadini del mondo, è altrettanto vero che i consumatori non conoscono cosa c’è dietro a quel pezzo di formaggio. Noi lo sappiamo bene, sappiamo che dietro quelle punte ci sono anni di lavoro senza mai un giorno di pausa, c’è il rispetto degli standard che rende il nostro prodotto unico al mondo» (photo © Gabriella Corrado). >> Link: www.scaglie.it

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Vinitaly Design International Packaging Competition Si è svolta la 24a edizione di Vinitaly Design International Packaging Competition, il concorso organizzato da Veronafiere con lo scopo di evidenziare il miglior design complessivo di confezioni e bottiglie di vini, distillati, liquori, birre e degli oli extravergine d’oliva e premiare l’impegno delle aziende nel continuo miglioramento della propria immagine. Le selezioni delle confezioni partecipanti si sono svolte a Verona lo scorso 18 giugno. Presieduta da Alessandro Marinella, rappresentante della quarta generazione della maison napoletana di cravatte famose in tutto il mondo, la giuria era composta da esperti di livello internazionale: Paolo Brogioni (enologo), Alessandra Corsi (direttore marketing GDO), Cleto Munari (designer) e Chiara Tomasi (designer). Al concorso sono stati iscritti complessivamente 239 campioni distribuiti nelle categorie previste dal regolamento: vini bianchi tranquilli, vini dolci naturali e vini liquorosi tranquilli, vini rosati tranquilli, vini rossi tranquilli delle annate 2019 e 2018, vini rossi tranquilli dell’annata 2017 e precedenti, vini frizzanti (tutti a Denominazione d’Origine e a Indicazione Geografica), vini spumanti prodotti con fermentazione in autoclave (Metodo Charmat) e con fermentazione in bottiglia (Metodo Classico), distillati provenienti da uve, vinacce, mosto o vino, distillati con provenienza diversa dall’uva, liquori, olio extra vergine d’oliva, Vermouth e altri vini aromatici, packaging box. A noi è piaciuto moltissimo il vincitore del Premio speciale Immagine Coordinata con le bottiglie di Brand Breeder di Pescara (www.brandbreeder.it) e una grafica creativa di Spazio di Paolo (www.spaziodipaolo.it).

I’M OK, il progetto di charity di KASC™ per l’associazione no profit Food for Soul di Massimo Bottura e Lara Gilmore In un’epoca in cui i valori di coesione e inclusività si affermano come necessità, Kinahan’s Whiskey lancia KASC™: un nuovo spazio creativo dove passione, arte e coinvolgimento sociale si incontrano fondendosi in un’unica identità ibrida. La missione di KASC™ è creare una dimensione dove l’oggetto artistico acquista una propria responsabilità sociale, diventando fonte di ispirazione e forza motrice per un cambiamento tangibile. Per questa prima release, KASC™ ha intrapreso una collaborazione con Marcantonio Raimondi Malerba, artista contemporaneo tra i più iconici della scena italiana, che vanta collaborazioni con nomi quali Seletti, Giorgio Armani e realtà come Galleria Rossana Orlandi. Marcantonio ha disegnato per KASC™ un’opera in resina poliuretanica e vetro intitolata “I’M OK”, che vede il suo stesso ritratto incastonato all’interno di una bottiglia di Kinahan’s Whiskey. L’opera è realizzata in edizione limitata (500 pezzi e in vendita a 500 euro cadauno) e i profitti verranno devoluti a supporto di Food for Soul, organizzazione no-profit fondata dallo chef stellato Massimo Bottura e da sua moglie Lara Gilmore (photo © Marco Onofri). >> Link: kascproject.com – www.foodforsoul.it

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Photo: Gurus Lido Vannucchi

Da oggi disponibile anche al pistacchio.

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CLAI: un sorriso che è territorio, cultura e responsabilità sociale Ufficializzato il rebranding di CLAI, diretto da un gruppo di comunicazione e marketing con una visione e un respiro internazionali. Ne parliamo con Gianfranco Delfini di Elena Benedetti

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A destra: Gianfranco Delfini, direttore marketing del Gruppo CLAI (photo © CLAI). A sinistra: la salsiccia passita di CLAI nasce dalla tradizione rurale e gastronomica della Romagna, prodotta utilizzando carni selezionate magre di suino italiano con la giusta quantità di grasso e insaccata in budello naturale. Caratterizzata dalla facile pelabilità, all’assaggio ha un gusto dolce e rimane tenera e scioglievole al palato. È disponibile sfusa in budello naturale, da 500 grammi, e affettata in vaschetta da 100 grammi circa, e si trova nelle salumerie, macellerie, nei banchi gastronomia e a scaffale nel libero servizio (photo © CLAI).

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gni storia che ha successo segue un percorso di continuo adattamento e cambiamento, in un processo di aggiustamento verso quelle che sono le dinamiche del mercato, le mutevoli tendenze di acquisto dei suoi clienti e, non dimentichiamolo, il contesto nel quale si opera. Questo vale sia per grandi che per piccole realtà. Perché alla fin fine tutti dobbiamo fare i conti con la nostra capacità di mantenere quote di mercato, rinnovandoci giorno dopo giorno, per farci scegliere ancora una volta. C’è una realtà italiana che ha parecchio da raccontare, forte della strada percorsa fino ad oggi e che ha stupito anche uno dei graphic designer più famosi al mondo, giusto per capirci colui che disegnò l’iconica mela di Apple. Ma andiamo con ordine. «Pensi ad una cooperativa di lavoratori agricoli imolesi, operosa da oltre 50 anni e attiva nell’agroalimentare nel settore dei salumi, con una vocazione nella specializzazione del salame, e in quello delle carni fresche bovine e suine. Immagini che al suo interno si

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sia lavorato tantissimo per celebrare la propria identità con un’operazione di rebranding pianificata nel 2020 e volta a traghettare l’immagine dell’azienda in un mercato moderno e in evoluzione» mi dice GIANFRANCO DELFINI, direttore marketing del Gruppo CLAI, in una piacevole chiacchierata telefonica ad inizio estate. «Poteva una pandemia globale fermare 545 lavoratori e allentare i progetti multicanale sui quali è stato speso tanto lavoro, risorse e investimenti?». La risposta è ovviamente no! L’intervista con Delfini l’ha confermata, con l’affermazione di un punto forte e chiaro: «a nostro parere ci sono grosse opportunità in questa crisi globale e noi di CLAI abbiamo senza alcun dubbio le risorse per portare novità al settore. La nostra azienda sta lavorando a progetti di forte crescita nel lungo periodo e il rebranding — l’esercizio strategico di ripensare il brand in un’ottica più evolutiva — era appunto uno strumento per concretizzare questo percorso di crescita nel miglior modo possibile. In questo modo siamo in grado di trasmettere anche a chi non ci conosce

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In alto: il centro direzionale Villa La Babina a Sasso Morelli, Imola, Bologna (photo © CLAI). In basso: CLAI, Cooperativa Lavoratori Agricoli Imolesi, è una realtà che ha come fine la produzione di carne bovina e suina e salumi di qualità. La cooperativa conta 256 soci, sia soci allevatori che conferiscono il bestiame che soci lavoratori che svolgono la loro attività nei vari settori dell’impresa. Oggi CLAI occupa 545 lavoratori ed il fatturato 2019 è pari a 270 milioni di euro (in foto, due addetti alla legatura dei salami; photo © CLAI). la storia e la realtà di CLAI attraverso nuovi obiettivi di posizionamento di mercato e di vendite». E forse, dopo i mesi di chiusura che ci siamo lasciati alle spalle era davvero il momento di portare una proposta positiva. Ma chi è CLAI? «CLAI, Cooperativa Lavoratori Agricoli Imolesi, è una realtà che ha come

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fine la produzione di carne bovina e suina e salumi di qualità e lo fa con estrema attenzione e sensibilità» sottolinea Delfini. L’azienda opera principalmente in due stabilimenti: a Sasso Morelli di Imola (BO), in una sede dedicata alla produzione dei salumi, e a Faenza (RA), dove sono attive le linee di macellazione e sezionamento dei bovini e dei suini,

adottando le procedure operative più avanzate per assicurare il benessere animale e alti standard di qualità nel sistema di trasformazione e lavorazione. I prodotti dell’azienda sono presenti in tutti i canali di vendita e in tutte le regioni italiane e negli ultimi anni CLAI ha esteso la propria presenza sui mercati esteri soprattutto nel comparto dei salumi.

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Dentro a quel sorriso c’è la responsabilità sociale, le materie prime di filiera, i soci allevatori, dice Gianfranco Delfini. Per noi la persona è sempre al centro, il che significa che la felicità sta nella realizzazione del proprio io, nell’essere consapevoli del saper fare e nel credere in una comunità di persone

Rebranding per costruire un futuro col sorriso Per realizzare la strategia di rebranding che porterà l’identità e la strategia di comunicazione della cooperativa nell’evoluzione del proprio business, CLAI si è affidata all’Università di Milano-Bicocca, per ottimizzare il processo interno di valore, e a ROB JANOFF, uno tra i più quotati graphic designer al mondo, per far emergere nel nuovo logo i valori, l’identità e le distintività della cooperativa: “le nostre persone”, la filiera 100% italiana e la “tradizione e innovazione”. Il nuovo logo di CLAI, presentato ufficialmente nel mese di luglio, è un sorriso, potente strumento del marketing, empatico e diretto. Frutto di un lungo lavoro di scambio con Janoff e il suo team di creativi, volati in Italia per visitare la cooperativa al fine di coglierne l’essenza, il nuovo logo è oggi più che mai la nuova immagine di CLAI. «Per noi la persona è sempre al centro, il che significa che la felicità sta nella realizzazione del proprio io, nell’essere consapevoli del saper fare e nel credere in una comunità di persone» mi dice Gianfranco Delfini. L’idea di felicità torna spesso nelle sue parole. «È un concetto legato al benessere, allo stare bene nel modo più immediato possibile, attraverso l’empatia, il sorriso, la scelta dei prodotti giusti. Quei prodotti di qualità per momenti di

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Questo è il nuovo logotipo che identifica CLAI, reinterpretato dal graphic designer statunitense Rob Janoff, conosciuto in tutto il mondo per la creazione del logo di Apple. A Janoff CLAI ha riconosciuto la capacità di racchiudere nel nuovo brand i tratti e la storia della loro realtà.

qualità da trascorre insieme alla propria famiglia, ai propri amici». Responsabilità sociale e territorio, la forza di CLAI «Ma non dimentichiamoci che dentro a quel sorriso c’è anche la responsabilità sociale, le materie prime di filiera, i soci allevatori» aggiunge Delfini. «La nostra è una filiera tutta italiana con 140 soci allevatori di bovini e suini. A Faenza curiamo la macellazione e la lavorazione delle carni per il canale tradizionale, oltre alla lavorazione delle cosce e dei salumi. Vede, noi abbiamo gli allevatori che siedono nel consiglio di amministrazione di CLAI e che si fanno sentire! Il pro è che questa è una cooperativa vera. Il contro è che per prendere decisioni ci sono più passaggi ma la forza di questa realtà straordinaria è che tutto viene condiviso». E la condivisione crea visione e forza nella sua realizzazione. «Poi c’è il concetto di una cooperativa attiva sul territorio e questo aspetto è importante per favorire lo sviluppo del nostro mercato locale, della cultura del nostro operare, delle attività benefiche che supportiamo, del nostro ruolo d’impresa. Questo è un qualcosa molto importante e vogliamo comunicarlo». La strategia di CLAI Questo processo strategico di nuova immagine aziendale su quali presup-

posti fonda il proprio prodotto? «Per prima cosa deve essere un prodotto buono, di qualità, italiano — come tutte le nostre carni —, proveniente da una filiera controllata e tracciata e, non ultimo, socialmente responsabile» mi risponde di getto Gianfranco Delfini. «Oggi di che cosa ha bisogno il nostro cliente? Ce lo chiediamo tutti i giorni: bisogna capire le occasioni d’uso sia in termini nuovi che aggiuntivi e lavorare sui nuovi prodotti». Come ad esempio i salumi senza conservanti, «vera esaltazione della materia prima», o soluzioni nuove, lavorazioni uniche («come il nostro Salame Milano che sta nelle celle di stagionatura 15 settimane!»). CLAI è sul mercato da 10 anni: «oggi siamo 545 persone, 150 in più rispetto allora. A parte una manciata di persone — tra le quali il sottoscritto — i nostri uomini e le nostre donne sono tutti del territorio, cresciuti a pane e CLAI come sento sempre ripetere. Anche per questo la responsabilità sociale è una nostra priorità, sia nella selezione delle materie prime che nel processo produttivo». Quella di CLAI è una bella storia tutta italiana, autentica, fatta di persone e di relazioni e di una coerenza che non scende a compromessi per sacrificare la qualità. Elena Benedetti >> Link: www.clai.it

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L’Artemano, la nuova linea premium di Levoni L’azienda mantovana presenta una collezione di salumi prodotti in edizione limitata e disponibili solo nelle migliori botteghe italiane 38

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A sinistra: prosciutto crudo della nuova linea premium L’Artemano Levoni. A destra: il cotto alta qualità L’Artemano.

L’Artemano rappresenta un viaggio tra i sapori della grande salumeria, la riscoperta di un’eredità gustativa e sensoriale che valorizza le radici di Levoni e quella di generazioni di artigiani. Comune denominatore della nuova linea è l’esclusività, ovvero produzione in quantità limitate e vendita affidata in esclusiva a negozi tradizionali e ristorazione

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a passione che anima LEVONI SPA di Castellucchio (MN) nella ricerca della qualità e oltre un secolo di esperienza artigianale sono alla base della nuova linea premium L’Artemano, una collezione di salumi prodotta in quantità limitata e pensata per riscoprire “i salumi come una volta”. Costituita da referenze di grande eccellenza che fanno riferimento a quattro tipologie di salumi — ovvero cotto, mortadella, crudo e coppa —, L’Artemano rappresenta un viaggio tra i sapori della grande salumeria, la riscoperta di un’eredità gustativa e sensoriale che valorizza le radici di Levoni e quella di generazioni di artigiani. A partire da una filiera 100% italiana, costituita da suini nati, allevati e trasformati in Italia, ciascuna delle specialità L’Artemano si caratterizza per veri e propri elementi di unicità. Il prosciutto crudo, che trova la sua origine in un unico allevamento situato sulle Colline Moreniche Mantovane. Uno dei cotti in catalogo presenta la tradizionale forma del “coscio suino” ottenuta disossando le cosce a mano e avvolgendole in rete e non nello stampo. La coppa, col suo memorabile profumo di cantina, grazie alla lenta

stagionatura, è unica per dimensioni; mentre tra le due tipologie di mortadella è caratteristica quella insaccata nel budello bindone cucito a mano con una cottura di circa trenta ore. La collezione L’Artemano, che prevede l’utilizzo di spezie macinate al momento, solo aromi naturali e — per il prosciutto crudo — sale marino di Trapani IGP, si arricchisce, grazie al lungo affinamento, di un ventaglio di profumi, aromi e sapori garbati, maturati giorno dopo giorno. Comune denominatore della nuova linea è l’esclusività: i salumi L’Artemano sono prodotti in quantità limitate e la loro vendita è affidata, in esclusiva, ai negozi tradizionali e alla ristorazione. In ogni assaggio rivive la tradizione del saper fare, la passione di generazioni di artigiani e quella gioia di concedersi momenti di piacere che fa dell’Italia il Paese degli amanti delle cose buone. I Prodotti Prosciutto crudo Un prosciutto crudo esclusivo, che trova la sua origine in un unico allevamento sulle Colline Moreniche Mantovane, dove oltre cinquant'anni di ricerca hanno permesso a Levoni di selezionare suini appartenenti alle razze italiane

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tradizionali, particolarmente adatti alla trasformazione in prosciutto crudo. Prosciutto cotto di Alta Qualità (disosso chiuso) Un prosciutto cotto unico ottenuto solo da cosce attentamente selezionate dalla marezzatura ottimale, disossate a mano lasciando integra la cotenna, lavorate sempre a mano con spezie e aromi solo naturali e poi avvolte in rete. La lenta cottura a vapore è accompagnata da una delicata doratura finale. Si riconosce per l'invitante color crosta di pane e per il grasso di copertura, bianco e consistente. Le fette rosee con sfumature rosse, morbide e solubili, hanno un profumo delicato e un gusto pieno, ricco e armonico. Prosciutto Cotto di alta qualità (tradizionale e affumicato) La salina delicata e la lenta cottura valorizzano una carne eccellente, che risulta succosa, con profumi gentili e appaganti. Al palato è piacevole ed equilibrato. Disponibile anche nella versione affumicata. Mortadella L’Artemano in budello bindone o naturale Pietra miliare del gusto italiano, proviene da carni e spezie selezionate, insaccate a mano e cotte lentamente per circa 30 ore. La fetta rosata, inframmezzata dai lardelli e, nella versione con pistacchio, dal verde intenso del pistacchio verde di Bronte DOP, è di aspetto vellutato e setoso. Gusto pieno ed appagante per la versione con budello bindone cucito a mano, più delicato per la versione in budello naturale. Coppa L’Artemano Un salume dalla lunga e nobile tradizione, già presente negli esclusivi banchetti di FERDINANDO DI BORBONE, duca di Parma, Piacenza e Guastalla. La coppa L’Artemano è unica per dimensioni, per la cura nelle lavorazioni manuali e per la lunga stagionatura che consente a profumi e aromi di evolversi fino a un perfetto equilibrio di fragranza e delicatezza.

In alto: coppa L’Artemano. In basso: mortadella L’Artemano in budello bindone.

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>> Link: www.levoni.it

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA 2020

blickdesign.it

www.marca.bolognaямБere.it


Slice & Save by Berkel: il “sistema” ideale per evitare inutili sprechi e poter consumare cibi sempre freschi e saporiti Slice & Save incarna l’approccio contemporaneo e sostenibile di Berkel al consumo e alla conservazione del cibo. Affettare e conservare perfettamente salumi, formaggi, carni e pesce è una scelta dettata non solo dalla praticità, ma anche dal desiderio di conciliare piacere della tavola e rispetto per il Pianeta. Scegliere, infatti, di fare la spesa in maniera oculata e affettare di volta in volta solo la quantità di cibo che si desidera mangiare o cucinare, porta una serie di vantaggi. Gli alimenti sono sempre freschi e conservano inalterati i sapori e tutte le loro proprietà nutritive, si evitano inutili sprechi e, dettaglio non trascurabile, ne beneficia anche il portafoglio: preparare, infatti, le quantità necessarie e conservarle sottovuoto aiuta a risparmiare, soprattutto se si ha una famiglia numerosa, oppure non si ha la possibilità di fare la spesa ogni giorno. Slice & Save è il metodo ideale anche per chi segue regimi alimentari (per esempio atleti e sportivi) o diete particolari (come la dieta a zona) e può quindi facilmente porzionare le esatte quantità di cibo da consumare di volta in volta. Infine, un ultimo dettaglio legato all’impatto sull’ambiente: è un modo ecologico di consumare il cibo che riduce notevolmente il consumo di plastica rispetto ai tradizionali vassoi preconfezionati. Ecco dunque da Berkel due preziosi alleati in cucina per affettare, conservare e creare ricette sane e gustose al tempo stesso: l’affettatrice elettrica Home Line (disponibile in due modelli a seconda del diametro della lama) e la macchina per il sottovuoto Minivac: • Home Line (200-250) è perfetta per affettare salumi, frutta e verdura e dare così libero sfogo alla propria fantasia in cucina. Grazie alle sue dimensioni straordinariamente compatte, in cui si concentrano comunque funzionalità, dotazioni di sicurezza e prestazioni eccellenti, è adatta anche alle cucine più piccole. Home Line nasce dalla tecnologia delle affettatrici professionali Berkel ed è in grado di garantire prestazioni e livelli di sicurezza senza pari: la lama in acciaio cromato con profilo professionale regala un taglio perfetto, assicura fette uniformi e soprattutto riduce gli sprechi; • Minivac è la macchina per la conservazione sottovuoto degli alimenti, piccola e compatta, di uso domestico ma dalle prestazioni professionali. Oltre ad azzerare inutili sprechi, evitando il deterioramento degli alimenti, grazie a Minivac si potrà consumare ogni giorno un prodotto fresco e genuino: sono infatti disponibili sacchetti multistrato pronti all’uso (in tre dimensioni 20x30 cm, 25x35 cm, 30x40 cm e adatti per congelatore, frigorifero, scongelamento in microonde, bollitura in acqua e cottura sottovuoto a vapore o in acqua), rotoli per la creazione di sacchetti ad hoc e barattoli per il sottovuoto. Grazie alla sua notevole versatilità, Minivac offre due livelli di saldatura e dispone anche della funzione per la creazione del vuoto nei contenitori, e del ciclo per la marinatura rapida. «Dal 1898 Berkel è sinonimo non solo di taglio perfetto, ma anche di consumo dei cibi di qualità nelle condizioni ottimali e di convivialità» spiega Paolo Buffoli, direttore marketing e comunicazione di Van Berkel International. «Crediamo infatti che sia parte fondamentale del nostro lavoro pensare e diffondere nuove tendenze nel nostro settore ed è per questo che abbiamo ideato il sistema Berkel Slice & Save». >> Link: www.theberkelworld.com

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And the winner is… ApeRe bocconcini di salame con tartufo e Parmigiano Reggiano by Renzini Con i bocconcini di salame ApeRe al tartufo e Parmigiano Reggiano la storica azienda Renzini Spa di Umbertide (PG) ha vinto il premio Prodotto Food d 2020, classificandosi tra i migliori per la categoria Carni & Salumi. La sezione, condotta nell’ambito della 6a edizione del premio, ha visto analizzati 65 prodotti su 160 candidati, con un giudizio da parte dei retailer e dell’industria oltre all’analisi delle performance di vendita tratte dal panel Nielsen. I nove bocconcini di salame 100% italiano, arricchito di tartufo e ricoperto di Parmigiano Reggiano Dop, sono disponibili in un’elegante confezione da 100 grammi e anche nel nuovo formato da 60 grammi, ideale per uno snack veloce o un aperitivo casalingo. Specialità Gourmet, ingredienti e ricette per salumi dal sapore ricercato Con passione e spirito imprenditoriale Renzini Alta Norcineria ha creato prodotti che, pur nel rispetto della tradizione, fossero peculiarmente diversi da quelli normalmente in commercio, e cioè salumi di cinghiale ed altra selvaggina, oppure aromatizzati al tartufo nero di Norcia o, ancora, salumi più consoni alle regole della moderna dietetica (meno grassi, meno sale e soprattutto drastica riduzione o soppressione di additivi). Queste sono le linee guida della Renzini Spa, che raccoglie sotto il suo marchio un’accurata selezione dei prodotti più rappresentativi dell’azienda umbra. Nella linea “Specialità Gourmet”, ad esempio, che comprende i bocconcini di salame ApeRe, le ricette esclusive Renzini trovano una nuova dimensione in chiave gourmet, per un’esperienza di gusto unica. Aromi e ingredienti naturali impreziosiscono le carni con i sapori della terra, secondo differenti modalità di stagionatura. Nascono così prodotti ricercati, legati al territorio umbro e in grado di creare una vera e propria esperienza sensoriale durante la loro degustazione. Salumi di alta qualità, con un sapore impossibile da dimenticare. >> Link: www.renzini.it


IMMAGINE DI MARCA

Quando è il graphic design a fare la differenza L’importanza dell’immagine visiva per il successo di una marca o di un prodotto commerciale di Luca Mamiani 44

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A sinistra: nastro bianco e sfondo rosso per la bibita più conosciuta al mondo, la Coca-Cola. In basso: fondato a Seattle nel 1971, Starbucks è un gigante del caffè a livello globale. Il tema marinaresco è presente nel naming, nel branding e nel logo della catena: il nome, ad esempio, trae origine dal primo ufficiale del romanzo di Melville Moby Dick, mentre la sirena bicaudata “vuole attirare” gli amanti del caffè.

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l brand design, ovvero l’arte di rappresentare graficamente l’immagine di un prodotto o di una marca, è una pratica di marketing attraverso la quale una società crea un nome, un simbolo o un packaging facilmente identificabile e riconoscibile. Questo aiuta ad identificare un prodotto e distinguerlo dagli altri. Il branding è importante perché non solo crea una relazione emotiva marca-cliente, ma consente ai consumatori di sapere cosa aspettarsi da un’azienda. È un modo per distinguersi dalla concorrenza e chiarire ciò che si offre e di come si possa rappresentare la scelta migliore possibile. Il marchio è costruito per essere una vera rappresentazione dell’azienda e anche di come questa desideri di essere percepita. L’immagine della marca può cambiare il modo in cui le persone percepiscono un brand e può guidare diverse attività aumentando la notorietà del prodotto. Gli elementi di design creati con cura possono aiutare ad aumentare anche le vendite siccome

le persone sono attratte da qualsiasi cosa risulti unica e ben fatta. Dal design si percepiscono le qualità di un prodotto e si ricevono inconsciamente messaggi che portano ad apprezzare la marca valutando in modo migliore i suoi prodotti o servizi. Una marca ben disegnata ottiene riconoscibilità Il motivo principale per cui il design è così importante per un’azienda è perché è proprio attraverso l’immagine che si ottiene la riconoscibilità e la notorietà per i consumatori. Il logo è un elemento fondamentale per la marca, soprattutto per quanto riguarda questo fattore, in quanto rappresenta il volto dell'azienda generando affezione e preferenza. Il marchio aumenta il valore aziendale Il branding è importante quando si cerca di creare valore per l’azienda. Un marchio fortemente consolidato può aumentare il valore di un business

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A sinistra: la prima serie di Andy Warhol di Campbell’s soup è datata 1962. La fedele rappresentazione di un prodotto commerciale, acquistato allora da tutti gli Americani, elevato a immagine artistica, è legittimata a entrare in una galleria o in museo. A destra: la bottiglia in edizione limitata 120 Years Anniversary dello storico marchio S. Pellegrino. dando maggiore potere contrattuale e attirare investitori e partner operativi. Il marchio genera nuovi clienti Un buon marchio avrà più facilità a contrastare i competitors. Un marchio forte generalmente indica una relazione positiva tra l’azienda e i suoi consumatori che continueranno ad essere fedeli al brand grazie alla familiarità e all’affidabilità dell’uso di un nome di cui si possono fidare. Una volta che un marchio sarà stato consolidato, il passaparola sarà la migliore e più efficace tecnica pubblicitaria dell’azienda. La marca migliora senso di appartenenza e soddisfazione dei dipendenti Quando un dipendente lavora per un’azienda con una grande immagine, sarà più soddisfatto e avrà un maggiore orgoglio nel lavoro che svolge. Lavorare per un marchio dalla grande reputazione rende il lavoro per quell’azienda più piacevole e appagante. Anche l’applicazione dell’immagine aziendale all’interno degli uffici spesso può aiutare i dipendenti a sentirsi più soddisfatti e ad avere un maggiore senso di appartenenza; il merchandising svolge in quest’ambito un ruolo rafforzativo. L’immagine crea fiducia nel mercato Un’identità visiva curata nei dettagli e un marchio forte aiuteranno l’azienda a creare un rapporto di fiducia con i consumatori, con i clienti attuali e, soprattutto, con quelli potenziali. Si hanno maggiori probabilità di fare affari con un’azienda che ha una rappresentazione raffinata e professionale di se stessa. In conclusione Il consumatore va fidelizzato e stimolato costantemente, deve sentirsi soddisfatto

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dopo aver dato fiducia per l’acquisto di un prodotto, sia esso un buon alimento, una macchina sicura ed efficiente, una buona pizza, una consulenza informatica… Un bel marchio rappresenta tutto il buono che c’è nel nome dell’attività. Un consumatore soddisfatto difficilmente investe il suo denaro in qualcosa che non conosce, per cui è bene dare una visione di se stessi perfetta ed efficace, di alta qualità estetica. L’era moderna, è fatta di sensazioni, un piccolo

dettaglio di grande importanza perché strettamente legate agli stimoli che continuamente riceviamo in ogni cosa che facciamo e vediamo. Ecco perché l’immagine è diventata così importante per la vendita. Il potere decisionale è dato in grande misura da fattori psichici, che vanno positivamente stimolati attraverso le leve giuste. Il graphic design è una di quelle principali. Luca Mamiani Direttore Creativo The Brand Company

Luca Mamiani Fondatore e CEO di The Brand Company, società di brand e packaging design con sede a Milano e Parma. Sostenitore del valore autoriale e della qualità estetica del progetto con commistione artistica di grafica, architettura e design industriale. Clienti principali: Barilla, Parmalat, Nestlé, Galbani, Grandi Salumifici Italiani, San Pellegrino, Lindt, Gelati Motta, Antica Gelateria del Corso, Nespresso. Grande appassionato di arte e automobili, è stato brand ambassador per Mercedes Benz e Adobe Systems. >> Link: www.thebrandcompany.it

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PROGETTARE IL CIBO

FUTURE FOOD DESIGN: cos’è e come può sensibilizzare l’economia del domani di Francesca Monti 48

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l Future Food Design fa parte di quel settore del design chiamato speculativo. Questo modello di progettazione si basa sull’ampliamento dello sguardo, dell’immaginazione e delle prospettive al fine di proporre nuovi immaginari futuri possibili, capaci di porre domande e, a volte, di dare risposte sui grandi problemi della società. Il design speculativo è sostanzialmente un catalizzatore di ispirazioni utili a ridefinire collettivamente la nostra relazione con la realtà.

“Come possiamo affrontare le sfide future?” “In che direzione ci stiamo muovendo?” Sono due grandi domande, alle quali si sta cercando di dare risposta anche attraverso il design. Siamo tipicamente abituati ad immaginare questo approccio applicato all’innovazione estetica e funzionale dei prodotti; in realtà, il design si sta sempre più occupando di questioni di ampio respiro. Si tratta dell’applicazione di uno sguardo intrinseco alla sua natura, che troviamo in una delle sue prime espressioni nella ferrovia di Great Western passante per Oxford, progettata da ISAMBARD KINGDOM BRUNEL nel 1833 e rappresentata nel celebre dipinto di TURNER “Pioggia, vapore e velocità” nel 1844. La ferrovia è stata pensata non solo per migliorare il viaggio come esperienza, ma anche immaginandola all’interno di un sistema di trasporto integrato attraverso il quale ci si potesse imbarcare su un treno a Londra e sbarcare a New York. Chiaro esempio di come il design non si limiti alla forma e all’esperienza ma tenti di plasmare e migliorare la qualità degli stili di vita. L’aspetto interessante di questo approccio alla costruzione di scenari futuristici è il fatto che trascende dalle limitazioni etiche, politiche, culturali e tecnologiche. Sostanzialmente la visione proposta non è reale, ma può essere possibile, plausibile, preferibile e probabile. La funzione principale del design speculativo è quella di generare domande, riflessioni e dibattiti che aiutino a capire meglio il nostro tempo e in modo particolare il mercato del domani.

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L’alga Dulse è al centro della ricerca della designer Hanan Alkouh (photo © Sara Abou Saleh; stylized by Hanan Alkouh – hananalkouh.com). Per questo motivo anche aziende come Pepsi e Ford hanno iniziato a prendere in considerazione gli scrittori di fantascienza, ovvero quei designer dotati di un approccio futuristico e quasi fantascientifico, capaci però di trasformare la loro visione in prodotti e strategie concrete e innovative. Quali sono le questioni più dibattute oggi nel mondo del food? Sicuramente i cambiamenti climatici, ma anche l’aumento della popolazione, la scarsità di risorse e la povertà restano temi caldi, forse non così impattanti nell’agenda setting dei mass media, ma ancora molto presenti e vicine a noi. Un esempio La designer H ANAN A LKOUH studia l’interazione tra design, scienze e tecnologia e propone una commistione tra il mondo marittimo e quello terreno. Alkouh si focalizza in particolar modo sul settore della carne di maiale, del quale utilizza il linguaggio estetico e visivo, proponendo però un prodotto differente: l’alga Dulse, un’alga marina rossa che si sviluppa lungo le coste del Pacifico e dell’Atlantico e che è al centro della sua ricerca. Come possono comunicare due territori così differenti? Nel progetto della designer l’alga prende le sembianze dell’animale, non solo, se fritta riesce ad assumerne quasi lo stesso gusto.

Questo progetto deve far riflettere su due aspetti essenziali: il primo è l’espressione comunicativa del prodotto, ciò che produciamo e consumiamo è intrinseco di valori sociali collettivamente costruiti e di per sé costituisce un tassello di riferimento nella nostra cultura. Perché la Alkouh non propone alghe mantenendone le sembianze? La società occidentale non ha forti ancoraggi valoriali, storici e culturali a questo elemento, perciò consumare alghe come alimento rientra nella sfera della possibilità futura; dandogli invece un aspetto riconoscibile l’autrice cerca di raggiungere lo spettro della probabilità per la nostra società del domani. La seconda riflessione riguarda invece la possibilità di creare un dialogo tra due settori da sempre contrapposti, quello legato ai prodotti terreni e quello marittimo. L’ispirazione e la contaminazione nel mondo del food diventa oggi essenziale per sperimentare differenti soluzioni e disegnare insieme nuovi futuri possibili. Francesca Monti Monti – Selezione e lavorazione carni www.monticarni.it >> Link: www.hananalkouh.com/ project-1 Nota A pagina 48, photo © www.hananalkouh.com

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INTERVISTE

Prosciutto di Modena Dop: il Consorzio in prima linea per sostenere i produttori Giorgia Vitali, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena DOP, fa il punto sulle attività dell’associazione a sostegno dei produttori colpiti in maniera importante dal lockdown imposto dall’emergenza Covid. Un salume di nicchia amato in Italia e all’estero che riparte dalla valorizzazione del territorio e dall’unione coi suoi prodotti di spicco di Gaia Borghi 50

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A sinistra: il prosciutto di Modena, crudo dall’aroma inconfondibile, dal sapore dolce ma deciso. In alto: Giorgia Vitali, dal 2018 presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop.

l nostro è un Consorzio di nicchia, una decina di associati soltanto, per una produzione che si aggira sulle 70.000 cosce l’anno; condizione questa che ci consente di controllare al meglio il prodotto e la stretta aderenza alle disposizioni previste dal Disciplinare. Proprio perché siamo piccoli, però, siamo stati toccati in maniera più importante rispetto ad altre realtà dalle condizioni restrittive imposte dall’emergenza sanitaria tuttora in atto. Pur continuando a lavorare con la Grande Distribuzione, infatti, abbiamo “perso” da un giorno all’altro tutta la ristorazione, l’HO.RE.CA., il food service…. Come Consorzio, quindi, stiamo valutando proprio come sostenere le aziende produttrici in questo momento di difficoltà». A parlare è GIORGIA VITALI, da un paio d’anni alla guida del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop. Consorzio che nel 2019 ha tra l’altro festeggiato il raggiungimento del prestigioso traguardo dei 50 anni dalla

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nascita, avvenuta in forma volontaria proprio nel 1969. Giorgia Vitali, che aveva in precedenza rivestito la carica di vicepresidente del Consorzio e che lavora stabilmente nell’azienda di famiglia, il Salumificio Vitali di Castel d’Aiano (BO), specializzato nella produzione di prosciutto crudo di Modena DOP, conosce bene, anzi, benissimo il prodotto, altrettanto bene il mercato e ha ben chiaro il ruolo del Consorzio, in modo particolare, in questo frangente.

«Pian piano le restrizioni e le chiusure dettate dalla pandemia saranno superate e si rientrerà tutti nella normalità ma l’impatto sulle aziende, come accennato, è stato notevole. E visto che, come si può leggere chiaramente nello statuto, tra i primi intenti del Consorzio ci sono la promozione e la valorizzazione, accanto alla tutela, del Prosciutto di Modena, abbiamo cercato il più celermente possibile delle soluzioni per mantenere vivo l’interesse e l’attenzione sul nostro prodotto».

COMPITO DEL CONSORZIO È INNANZITUTTO LA PROMOZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL PROSCIUTTO DI MODENA DOP: ECCO PERCHÉ ABBIAMO CERCATO DELLE SOLUZIONI RAPIDE PER MANTENERE VIVO L’INTERESSE E L’ATTENZIONE SUL PRODOTTO, COME IL POTENZIAMENTO DELLA NOSTRA ATTIVITÀ SUI SOCIAL

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L’unicità del Prosciutto di Modena Dop deriva dal legame imprescindibile che questo prodotto ha col suo territorio di produzione, che corrisponde alla fascia collinare e alle valli che si sviluppano attorno al bacino oro-idrografico del fiume Panaro e che partendo dalla fascia pedemontana non supera i 900 m di altitudine, comprendendo anche alcuni comuni delle province di Bologna e Reggio Emilia. Ad iniziare dal potenziamento delle attività sui social: oltre al sito istituzionale (www.consorzioprosciuttomodena.it), il Consorzio del Prosciutto di Modena DOP è infatti attivo su facebook (www.facebook.com/consorzioprosciuttomodena), Instagram (#prosciuttodimodenadop) e Twitter (twitter.com/ConsorzioModena), raccontando le origini e la storia del prodotto, il legame indissolubile con la città di Modena e la sua provincia, la magnificenza del Duomo e le tradizioni emiliane in cucina, senza dimenticare le attente verifiche cui è sottoposto in ogni fase di produzione e le caratteristiche nutrizionali. E poi suggerimenti per preparare piatti creativi, con ingredienti semplici ma mai banali che valorizzino il gusto del Prosciutto di Modena DOP, videoricette, spot radiofonici, «il tutto per poter arrivare direttamente

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al consumatore finale» puntualizza Giorgia Vitali. «Nei mesi scorsi l’impegno del Consorzio si era concentrato principalmente sulla partecipazione a fiere all’estero come la Foodex Tokyo, prevista per il mese di marzo. Sarebbe stata la nostra prima volta in Giappone, un appuntamento che consideravamo strategico per farci conoscere in un mercato potenzialmente molto interessato al nostro prodotto. Poi è stato cancellato il Summer Fancy Food Show di New York, un evento dove l’Italia e i suoi prodotti sono da tempo incontrastati protagonisti, e, pensando al nostro Paese, c’è da considerare la mancata edizione 2020 di Cibus (che si terrà nella forma phygital del Forum il 2 e 3 settembre prossimi a Parma, per poi ritornare nella versione tradizionale dal 4 al 7 maggio 2021, NdR), una grande vetrina di visibilità a

livello internazionale. Mancanze come queste ci hanno costretti a ripensare la nostra strategia di promozione e valorizzazione del Prosciutto di Modena DOP. Per il 2021, ad esempio, parteciperemo ad eventi collettivi accanto ai Consorzi delle Indicazioni Geografiche (DOP e IGP) del nostro territorio, riuniti in Piacere Modena (www.piaceremodena.it): il Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi, il Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena, il Consorzio del Parmigiano Reggiano, il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena, ecc… Presentarsi insieme significa valorizzare l’incoming di buyer esteri sul territorio di produzione dei nostri prodotti». Restare vicini in un periodo in cui si parla solo e soltanto di distanze è senz’altro la scelta più giusta. Gaia Borghi

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Tasty Box: i sapori della Food Valley in una scatola Una scatola ricca di sapori del territorio in dono a chi deciderà di andare a pranzo o cena in uno dei 30 ristoranti parte del circuito Parma Quality Restaurants, il Consorzio che riunisce 30 ristoratori, custodi della cultura culinaria territoriale uniti dall’obiettivo di fare squadra per valorizzarla. È l’iniziativa partita lo scorso primo di giugno e lanciata dal Comune di Parma e dalla Fondazione Parma UNESCO Creative City of Gastronomy per sostenere i ristoratori e i loro dipendenti. Tra i più duramente colpiti dall’emergenza Covid-19, il settore della ristorazione, secondo il Centro Studi di FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, soltanto nel primo trimestre 2020 ha perso infatti 8 miliardi di euro. Ulteriori perdite sono attese nel secondo trimestre, considerando la chiusura totale delle attività di ristorazione fino al 18 maggio. Come funziona Tasty Box? Fino ad esaurimento delle 400 box disponibili, i clienti dei 30 ristoranti aderenti al circuito Parma Quality Restaurants, dislocati tra la città e il territorio parmense (l’elenco completo è disponibile su: www.parmaqualityrestaurants.it), a fronte di una spesa minima di 50 euro, riceveranno un voucher che dovranno riscattare in un secondo momento: la logica è infatti quella di incentivare le persone a mangiare fuoricasa. La spesa per ottenere il voucher potrà essere riferita, indifferentemente, a pasti ordinati con modalità delivery, a pasti take away o consumati all’interno del ristorante. A fronte di un successivo pasto (o di una successiva cena) consumato da due persone in uno dei 30 ristoranti Parma Quality Restaurants, a scelta del cliente, per un importo di almeno 50 euro complessivi, il cliente potrà riscattare il voucher. Nel rispetto di queste condizioni, l’esibizione del voucher da parte del cliente darà diritto a ottenere una delle “Tasty Box – I Sapori della Food Valley”. Il contenuto del box Ogni box contiene una confezione di pasta Barilla, un trancio da 500 grammi di Parmigiano Reggiano Dop e una vaschetta da 100 gr di Prosciutto di Parma Dop, offerti dai rispettivi Consorzi, conserve di pomodoro offerte da Mutti e Rodolfi Mansueto, alici offerte da Delicius, L’Isola D’Oro, Rizzoli Emanuelli e Zarotti e panna Chef Parmalat. A coordinare il progetto, che ha l’obiettivo di riportare le persone a riscoprire il piacere di un pranzo o di una cena al ristorante sono Parma Alimentare e “Parma, io ci sto!”. L’iniziativa è partita però non senza polemiche: non è infatti passata inosservata la discrepanza tra quanto affermato dai promotori dell’iniziativa secondo i quali quest’ultima sarebbe rivolta, genericamente, a sostenere il settore della ristorazione, danneggiato dalle chiusure legate all’emergenza Covid-19, e il fatto che l’iniziativa stessa coinvolga e quindi sostenga solo gli esercizi che appartengono al circuito Parma Quality Restaurants (photo © www.parmaiocisto.com). >> Link: parmacityofgastronomy.it

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41038 S. Felice s/P (MO) Via Palazzetto, 36




SPECIALE MIELE

Dolce e salato, il nuovo gusto di Giovanni Ballarini

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AIO PETRONIO ARBITRO (27 – 65

d. C.), nella famosa cena di Trimalcione (Satyricon, 31), racconta di un abbondante antipasto dove un posto di primo piano hanno i ghiri arrostiti cosparsi di miele e papavero, un piatto d’alta cucina del quale il cuoco e gastronomo romano MARCO GAVIO APICIO ci lascia una ricetta. I ghiri, scelti nel loro massimo grado

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d’ingrassamento, sono imbottiti con una farcia di maiale e frattaglie tritate dello stesso ghiro. Dopo la cottura alla brace su una tegola oppure in un forno a campana, sono serviti cosparsi di salsa di miele e papavero per creare un armonioso contrasto tra il salato delle carni e il dolce del miele, secondo il gusto gastronomico dell’epoca. Gli antichi Romani, nel periodo di massi-

mo splendore della loro gastronomia, furono maestri nell’accostare tra loro il dolce e il salato e APICIO, non solo con i ghiri al miele ma in molti altri piatti, lega tra loro i due sapori con una fantasia e una ricchezza sensoriale che ancora oggi lascia stupiti per creatività. Oltre ai classici arrosti di carne conditi con miele, alle verdure cotte con miele o con mosto cotto, usa infatti il garum,

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una salsa salatissima a base di pesce ed erbe aromatiche, per condire piatti dolci e non. L’accostamento del dolce col salato, dopo una limitata presenza nelle gastronomie italiane nel Medioevo, lo troviamo con vigore nel Rinascimento, lasciando memorie e tracce fino ai giorni nostri. Nell’Italia del XIV e XV secolo al miele, come dolcificante, inizia ad accostarsi il

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prezioso e costoso zucchero, che diviene quasi onnipresente in ogni pietanza d’alta gastronomia, anche per i precetti medici del tempo che lo consideravano particolarmente benefico in virtù del colore bianco. Classici esempi di dolce e salato nello stesso piatto sono la minestra di piselli con carne salata e zucchero o le finte fave, bucce di fave riempite con pasta di mandorle e servite in un

brodo di carne e cipolle. A metà del XVII secolo a Bologna VINCENZO TANARA (L’Economia del Cittadino in Villa, 1651) riporta che il prosciutto salato cotto in vino e liberato dalla cotica è coperto da una glassa di uovo e zucchero, fette di prosciutto sono servite con zucchero o frutta dolce (cedro o altro fritto candito) e salse di aceto e miele hanno diversi usi anche sui pesci.

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Prosciutto crudo, gorgonzola, fichi e miele (photo © kuvona – stock.adobe.com). L’agrodolce, nel quale l’agro e il dolce risultano gradevolmente contemperati, è una caratteristica molto diffusa in tutto il mondo. In Cina, ad esempio, è molto utilizzata una salsa ottenuta mescolando zucchero o miele con liquidi acidi (salsa di soia o aceto di riso) e spezie, soprattutto chiodi di garofano e zenzero, ed è nota una variante occidentale con ananas, peperoni dolci e cipolle verdi. All’inizio del XIX secolo, col costituirsi della cucina borghese e una nuova struttura del pasto, ma soprattutto per l’abbondanza dello zucchero non solo di canna ma anche di barbabietola, e disponibile a basso costo, si ha una sempre più netta separazione tra il gusto salato e il gusto dolce. Significativo nella struttura del pranzo borghese è la chiara suddivisione sul gusto salato che domina la gran parte del pasto e lo spostamento alla fine, nel dessert, del gusto dolce. Contestuale è la suddivisione tra una cucina prevalentemente salata e una pasticceria sempre più, se non esclusivamente, dolce, con l’invenzione anche della confetteria, dell’arte delle marmellate e dei dolciumi d’ogni tipo. Solo in pochi piatti e salse rimane un

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accenno di gusto dolce-salato o di un gusto agro-dolce. La tradizione del dolce-salato rimane tuttavia nelle cucine regionali, con ricette che sono sopravvissute ai mutamenti diventando dei depositi culturali della gastronomia, esempio di grande raffinatezza ed equilibrio di sapori. Molte sono ad esempio le ricette di cibi salati che prevedono l’aggiunta di uva appassita o di canditi. Nella Bologna grassa e dotta il timballo di tortellini in crosta è preparato con una pasta brisé, a volte dolce. Nelle cucine tradizionali emiliane dei tortelli di zucca il dolce è unito al salato e all’umami del formaggio Parmigiano a Parma, all’amaro degli amaretti a Reggio Emilia e nella lombarda Mantova al dolce, salato, umami, amaro si aggiunge il piccante della mostarda. In Lombardia i tortelli di zucca, amaretti, cedro candito e mostarda di frutta sono conditi con burro e Parmigiano. In Sicilia nell’impanata di pesce spada il pesce è all’interno di una crosta di pasta frolla dolce. Tipiche della Costiera Amalfitana sono le melanzane al cioccolato e a Napoli i pasticcetti rustici di pasta frolla dolce sono riempiti di ricotta condita con sale, pepe e pezzetti di salame. Da non dimenticare la persistenza in

Emilia dello zampone o del cotechino associati allo zabaione, in un contrasto che richiama i ghiri col miele di Apicio e di Trimalcione. L’abbinamento di dolce e salato è una tendenza che conquista attraverso ricette che mescolano in modo singolare due gusti apparentemente lontani, come nel caso di un pasticcio di anguilla con miele e acqua di rose che riconvoca antiche e mai tramontate raffinatezze, richiama taluni tentativi della Cucina Futurista di FILIPPO TOMMASO MARINETTI e prelude a nuove possibili esperienze gastronomiche. Miele nella produzione dei salumi La fermentazione che determina la conservazione delle carni nei salumi e la produzione degli aromi e dei sapori caratteristici comprende lo sviluppo e l’azione di microrganismi e in particolare di batteri lattici che utilizzando gli zuccheri (glucosio) naturalmente presenti nelle carni. Dopo il rigor mortis la carne contiene una bassa concentrazione di glucosio (da quattro e mezzo a sette micromoli per grammo di peso fresco), per cui nell’impasto i microrganismi,

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non trovando un sufficiente substrato fermentescibile, potrebbero attaccare gli amminoacidi e produrre alterazioni di gusto. Se è presente una maggiore quantità di zuccheri, si ha una rapida crescita di batteri lattici che, aumentando l’acidità, inibiscono lo sviluppo di batteri proteolitici. Per questo nella produzione dei salumi si aggiungono zuccheri e le quantità consigliate per carni mature di buona qualità sono 200 grammi per quintale di carne, mentre per carni con qualità inferiore di animali stressati o anziani si arriva fino a 500 grammi per quintale di impasto. I preferiti sono il destrosio, uno zucchero semplice utilizzato dai batteri nella prima giornata di fermentazione,

e il saccarosio, uno zucchero complesso composto da glucosio e fruttosio con un effetto ritardato. Anche il miele può essere usato nella produzione dei salumi, perché contiene zuccheri in quantità variabile, in media intorno al 70%-80%. Nel miele gli zuccheri monosaccaridi (fruttosio e glucosio) passano da circa il 70% nei mieli di melata fino ad avvicinarsi al 100% in alcuni mieli di nettare. Il miele, secondo la sua origine, apporta nel salume aromi particolari che mancano negli zuccheri industriali. Per il salame al miele l’impasto è aromatizzato con sale, spezie e miele della qualità desiderata (millefiori, zagara o altra qualità). Il miele è anche usato nella

concia del prosciutto cotto per dargli aromi e profumi unici. Salumi salati e miele dolce Nell’attuale periodo di tramonto della cucina borghese e di transizione in una cucina postmoderna con rilettura e nuova interpretazione delle cucine regionali, unitamente alle contaminazioni con le cucine di altri Paesi e continenti, stiamo assistendo al recupero e all’espansione del gusto salato associato al dolce. Nelle grigliate e negli spiedini carni e frutta dolce come l’ananas sono sempre più frequentemente associati, senza dimenticare le ardite presenze di frutta dolce anche sulle tradizionali pizze. Il dolce del miele, anche nella variante

Nuove strategie a tutela del miele, eccellenza italiana da difendere dal clima e dalla concorrenza sleale Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna: è in queste regioni che si concentra il maggior numero di alveari presenti nel nostro Paese, circa 1,5 milioni, il 76% dei quali gestiti da apicoltori commerciali che allevano le api per professione (fonte: elaborazione Osservatorio nazionale miele su dati Ismea). Ogni anno il Bontà, Salone delle eccellenze enogastronomiche dei territori che si terrà presso i padiglioni di CremonaFiere dal 13 al 16 novembre 2020, dedica al miele un ruolo di grande importanza. Infatti, anche quest’anno, in collaborazione con l’associazione Apiflor, verrà organizzato il concorso dedicato al miele del territorio cremonese, evento giunto alla sua 16a edizione, che attraverso la promozione del prodotto più dolce e naturale intende valorizzare la cultura del territorio. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio nazionale miele, l’andamento produttivo e di mercato nel 2019 è stato caratterizzato da una grave perdita per i mieli primaverili, da un’importante flessione dei prezzi e da una difficile collocazione del prodotto sul mercato. «Il clima, con i suoi cambiamenti, rappresenta la grande variabile che può aggravare o migliorare la produzione di miele» afferma Giancarlo Naldi, presidente dell’Osservatorio nazionale miele. «Se tutta l’agricoltura è ostaggio degli effetti dei cambiamenti climatici, l’apicoltura lo è di più perché nei pochi giorni della fioritura si concentra l’attività delle api e fenomeni legati al vento e/o alle temperature fanno inesorabilmente la differenza». Intanto i primi dati elaborati dall’Osservatorio sulla produzione di quest’anno parlano della primavera più secca degli ultimi 60 anni, con il 60% in meno di precipitazioni a livello nazionale e conseguente deficit idrico che in alcune zone d’Italia, soprattutto al Nord, ha costretto gli apicoltori a continuare a intervenire con la nutrizione di supporto. Gli appassionati di miele e chi vuole approfondire le sue conoscenze su questo prodotto naturale e dalle notevoli proprietà organolettiche, troverà al Bontà un percorso virtuoso in cui tuffarsi per scoprire un mondo dolce, ma anche denso di tradizioni e legato profondamente al territorio: un patrimonio da tutelare che il Salone delle eccellenze enogastronomiche dei territori in programma a Cremona sa valorizzare (photo © Seregam). >> Link: www.ilbonta.it

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piccante delle mostarde, è divenuto quasi una costante associazione con i formaggi, dolci ma soprattutto salati, dando origine alla ricerca delle migliori associazioni tra il tipo di formaggio e la qualità del miele nelle sue diverse declinazioni di gusto: acacia, castagno, eucalipto, girasole, melata, millefiori, sulla, tiglio… L’associazione dei salumi con la frutta dolce prevede molti abbinamenti, alcuni dei quali già consuetudinari. Oltre all’abituale prosciutto crudo con melone, fichi o uva, non fa più notizia il prosciutto cotto con l’ananas o l’insalata d’arancia. In modo analogo, soprattutto nei buffet, non di rado sono proposti mortadella con le pere, coppa e banane, speck e melone, pancetta coi fichi, bresaola e ananas, salame con kiwi e mele e perfino il culatello con i fichi. In questo postmoderno gusto dolcesalato si sta aprendo il nuovo capitolo dei salumi con il miele. Presentare salumi su un bel tagliere, accostati a mieli di diversi gusti, inizia ad essere una pratica che consente di fare più assaggi e di scoprire nuovi accostamenti. Per ogni tipo di salume quale miele scegliere, oltre a quale vino proporre in abbinamento? Questo interrogativo sta aprendo nuovi territori gastronomici nei quali ci stiamo addentrando perché nel passato i salumi erano stati poco considerati dalla gastronomia se non per il prosciutto cotto coperto da una glassa di miele di Vincenzo Tanara e per lo zampone e il cotechino con lo zabaione che può essere sostituito dal miele. In entrambi i casi, prosciutto ma anche spalla cotta, in piccole porzioni e mantenute tiepide, possono essere accostate benissimo al miele. Nell’accoppiamento tra salumi e mieli la regola è di accompagnare ed esaltare, mai coprire. Il miele di acacia, tenue e floreale, o il balsamico intenso del miele di castagno si associano bene a salumi ben stagionati mentre per salumi con aromi tenui come il prosciutto cotto o la mortadella tagliati a dadini è più indicato intingerli in mieli dai sapori leggeri. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota Alle pagina 56 e 57 photo © Igor Normann – stock.adobe.com

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Mieli italiani

Oro liquido di Riccardo Lagorio

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I

l miele non è solo un alimento sano. Questo sottoprodotto dell’impollinazione e del lavoro che le api svolgono incessantemente da milioni di anni rappresenta la quintessenza delle attività umane. È infatti uno dei migliori esempi di sfruttamento incruento della natura da parte dell’uomo e dai risvolti ambientali cruciali. Simbolo stesso quindi della civiltà umana, il miele assurge a modello di integrazione tra uomo e natura, con significative ripercussioni ambientali, sociali, economiche. L’Italia, pur non rientrando tra i maggiori Paesi produttori al mondo, possiede una tradizione millenaria testimoniata dagli autori latini da VIRGILIO a PLINIO IL VECCHIO, cantata in poesia e raccontata nei trattati scientifici. Si può ben dire che tutta la Penisola sia ricca di mieli caratteristici che la rendono, al pari delle altre produzioni tricolori, una Penisola del buon gusto a livello planetario. L’apicoltura nomade in Valle d’Aosta di Marco Glarey Gli apiari di MARCO GLAREY svernano a Villeneuve, località ideale per recarsi nelle vallate del Parco Nazionale del Gran Paradiso. «Gli ambienti calcarei d’alta quota in Val di Rhêmes sono ideali per la crescita degli arbusti di rododendro, che fiorisce tra giugno e agosto», racconta. «La transumanza con le api avviene in un primo momento intorno ai 1000 metri di quota e da lì sino a un’altezza di 1200 metri». Il miele di rododendro, dal colore giallo paglierino, è floreale, delicato, poco intenso e si presta bene a dolcificare tisane (apicolturaglarey.it). Il miele del Carso della Casa dell’Ape La Casa dell’ape di Lucinico, in Gorizia, è una cooperativa il cui fiore all’occhiello è il miele di marasca del Carso, derivato dai fiori del Ciliegio canino (Prunus mahaleb). La coltura è spontanea e fornisce un miele dal colore rossastro, intensamente profumato e dal retrogusto amarognolo. Una colazione sana e golosa si compone di pane, burro e miele di marasca (mielisenzaconfini.it).

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te biologico. L’azienda pluripremiata si distingue per invasettare un miele uniflorale purissimo e quello d’eucalipto è ambrato, liquido, profumatissimo di erbe montane (mielerondinella.it).

Erminio e Marco Glarey. La loro azienda apistica di Villeneuve vanta una lunga tradizione familiare (photo © www.tascapan.com). I mieli dell’Alto Mantovano di Mirko Arisi Nell’Alto Mantovano, a Casaloldo, un territorio dove prevale la monocoltura maidicola, la passione per la natura di MIRKO ARISI regala, grazie alla sua pratica hobbistica messa in pratica a Corte Molinello, mieli dal carattere molto deciso. «Ci metto tanto impegno quanto è l’amore che nutro per la natura», dice entusiasta. «Da quando ho scoperto il mondo delle api non posso più fare a meno di seguire il loro incessante lavoro». Il miele di pruno selvatico e ciliegio possiede plissettature dal colore carminio da cui affiorano profumi di frutta secca e un gusto piacevolmente ammandorlato (www.facebook.com/ cortemolinello). Nomadismo e essenze sarde per il più caratteristico dei mieli Forse, tra i mieli d’Italia, il più caratteristico è quello di corbezzolo. Prodotto nel

cuore dell’inverno quasi esclusivamente in Sardegna, nei fundales (ai piedi) del Supramonte trova la sua massima espressione. PINO MANCA gestisce il negozio di formaggi con lo zio GIOVANNI PODDA, Il Cortile del formaggio (telefono: 340 5245599), a Orgosolo, e segue la produzione del miele destinata allo spaccio. «Faccio nomadismo e, come tutti gli orgolesi, vado là dove ci sono le essenze per poter confezionare il miele. La vendita diretta assorbe la quasi totalità della produzione, che per il miele di corbezzolo è di solito scarsa». Il miele di corbezzolo cristallizza con rapidità e assume un colore grigiastro, al tatto è cremoso e morbido, il profumo ricorda le foglie di tabacco. Ma è il gusto a renderlo davvero unico, che ricorda le radici amare e il caffè. Eucalipti lucani Il miele di eucalipto che nasce in Basilicata nell’Apicoltura Rondinella è totalmen-

Pur non rientrando tra i maggiori Paesi produttori al mondo, l’Italia del miele possiede una tradizione millenaria, testimoniata da autori latini come Virgilio o Plinio il Vecchio, cantata in poesia e raccontata nei trattati scientifici. Tutta la Penisola, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, è infatti ricca di mieli caratteristici

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Mieli di agrumi: arancio e limoni, Calabria e Sicilia Il miele uniflorale, cioè ottenuto dal lavoro che le api svolgono su precise coltivazioni, si può ricavare solamente quando la fioritura avviene in un periodo ben definito (e non protratto, e quindi sovrapposto ad altre fioriture). Per gli agrumi questo periodo va da aprile a ottobre. Il miele d’arancio è assai raro. Esso ha nella Piana di Gioia Tauro una delle sue aree più vocate. In particolare il territorio di San Ferdinando, piccolo centro tirrenico, è conosciuto per le vaste coltivazioni di agrumi: limoni, bergamotti ed arance. Per le arance il periodo della fioritura va da aprile a ottobre e il miele ottenuto si riconosce per il colore molto chiaro quasi incolore, odore intenso simile ai fiori da cui proviene, aroma floreale e dolce leggermente acidulo. Ma i mieli di agrumi formano una famiglia di prodotti piuttosto simili tra di loro e le differenze che si riscontrano sono imputabili alla combinazione di flora che caratterizza le coltivazioni. La zona intorno al centro abitato di San Ferdinando è quella dove maggiormente viene prodotto in Italia (Apicoltura Francesco Artese, telefono: 0966 765014). A Zafferana Etnea (CT) FILIPPO LEONARDI conserva una passione familiare innata, che negli anni ha reso Solmielato uno dei riferimenti più noti dell’apicoltura siciliana e italiana. Il miele di limone è raccolto in agrumeti posti lungo le coste tirreniche della Sicilia, zone caratterizzate in prevalenza da limoni biologici destinati all’estrazione di essenze e puri oli vegetali dalle bucce dei frutti. I fiori hanno un profumo delicato e aromatico. Il miele di limone rispecchia le caratteristiche dei fiori: il colore è bianco perlaceo, la cristallizzazione finissima dona una consistenza cremosa. Il gusto è delicato, il profumo deciso, dolce e floreale (solmielato.it). Riccardo Lagorio Nota Alle pagine 62 e 63, photo © New Africa – stock.adobe.com

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Adotta un alveare Da qualche anno si è fatta strada l’idea di “adottare” colture agricole o animali d’allevamento. L’adozione oggi rappresenta al contempo l’opportunità di aiutare piccoli allevatori e aziende agricole e mangiare cose più buone o fare un regalo a chi ama gli animali ma vive in città. Tra le varie possibilità ci sono naturalmente anche le api. 3Bee è una start-up italiana nata per innovare i sistemi di diagnostica e monitoraggio degli alveari che è riuscita a creare una rete di migliaia di piccoli apicoltori in tutto il Paese. Con l’obiettivo di evitare la scomparsa delle api dovuta a cambiamenti climatici, uso di pesticidi e parassiti, 3Bee offre la possibilità a chiunque di adottare un alveare e ricevere il miele direttamente a casa propria. Sul sito di 3Bee (www.3bee.it) si può scegliere tra una lista di apicoltori e per ciascuno si può decidere quale miele farsi inviare, quale arnia adottare e a quale piano tariffario aderire: in un anno si va da mezzo chilo di miele al costo di 21 euro fino ai 94 euro per 5 chili. Anche le aziende possono contribuire alla causa: per esempio, a marzo Ferrero ha adottato 10 alveari, per un totale di circa 600.000 api. La Fattoria Le Pietre Vive di Montaperti, di Castelnuovo Berardenga (SI), ha invece avviato il progetto Le Api di Gioia (www.leapidigioia.it) per permettere l’adozione di un’arnia nel Senese. L’adozione è di un anno e costa 90 euro: si può dare un nome alla propria ape regina e ricevere a casa un certificato, 6 chili di miele, 2 bottigliette di propoli e 2 confezioni di polline, che si può assumere come integratore naturale.


CHI VIENE PRIMA, L’APE O LA MUCCA? di Federica Cornia

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uesta domanda, ironica declinazione del paradosso che riguarda l’uovo e la gallina, e con la quale si tenta di spiegare quanto sia difficile formulare spiegazioni semplici a questioni che riguardano l’origine della vita e dell’universo, una risposta ce l‘ha: viene prima l’ape. Se ieri sera avete cenato con una bella bistecca di manzo accompagnata da un buon calice di rosso, sappiate che il merito è anche e soprattutto dell’ape. Se stamattina avete mangiato un frutto è merito di un’ape. Se bevete un frullato o un succo di frutta, se spalmate la marmellata sulle fette biscottate o la mettete nella crostata è perché c’è stata e c’è un’ape. Come è possibile, vi chiederete, che da un insetto tanto piccolo, riusciamo a

ricavare tra i 15 e i 30 kg di miele all’anno per famiglia o per alveare, facendo sì che esso sia più importante di animali che fanno uova e producono carne? Perché le api sono innanzitutto insetti impollinatori. Non sono certo gli unici ma, tra i cosiddetti pronubi, come sono chiamati per l’appunto gli insetti impollinatori, di cui fan parte anche coleotteri e farfalle, sono i più importanti e i più attivi. Grazie alla loro operosità le api garantiscono il 70-75% della produzione agricola dell’intero pianeta. La loro importanza ha anche un discreto peso economico poi se si considera che dopo l’allevamento di bovini, che è al primo posto, e dopo quello di suini, che è al secondo, il terzo allevamento da reddito più importante

al mondo è quello delle api. Non a caso nel 2017 le Nazioni Unite hanno deciso di designare il 20 maggio Giornata mondiale delle api, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza degli impollinatori e sul rischio che corrono oggi a causa anche dell’utilizzo dei pesticidi. Da anni ormai l’attenzione degli stessi produttori non è più rivolta esclusivamente al prodotto e comprende l’aspetto informativo e divulgativo. Capita così di imbattersi in produttori che organizzano visite guidate a privati e scolaresche, di trovare masi e mulini che diventano musei e aziende che creano parchi dedicati. Come il Maso Plattner, a Costalovara (BZ), uno dei più antichi del Trentino (www.museo-plattner.com), facilmente raggiungibile col trenino del Reno, o il

Il parco delle Api e del miele di Monterenzio (BO) creato da CONAPI (photo © CONAPI).

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Mmape – Museo dell’ape di Croviana (www.apslalveare.it), ricavato da un mulino all’interno dell’area protetta denominata “Ontaneta di Croviana”, sempre in Trentino, e il Parco delle Api e del miele di Monterenzio (parcoapiemiele.com), in provincia di Bologna, ideato e creato da CONAPI- Consorzio Nazionale apicoltori italiani. Il Consorzio ha compiuto i suoi primi quarant’anni lo scorso 2019. Era infatti il 1979 quando un gruppo di giovani, provenienti da contesti diversi, diede vita alla Cooperativa Apistica Valle dell’Idice, cominciando a tessere una rete di relazioni e collaborazione con altri apicoltori italiani ed esteri. Nel 1985, poi, la trasformazione della cooperativa in consorzio, lo stesso che oggi conta 279 soci che rappresentano 600 apicoltori in tutta Italia. Attualmente lo stabilimento di Monterenzio, 5.400 m2, è in grado di lavorare fino a 3.800 tonnellate/ anno di miele e preparazioni a base di frutta. Dopo essere stato analizzato, il miele conferito dai soci apicoltiori viene lavorato, confezionato, stoccato e venduto alla Grande Distribuzione col brand Mielizia, che comprende anche polline, pappa reale e propoli. Promuovere il miele quale prodotto salutare è da sempre obiettivo del consorzio, così come quello di cercare di diffondere l’importanza e il valore delle api e la loro funzione di impollinatori a salvaguardia della biodiversità sul pianeta. Grazie a questa attività di promozione le richieste di visita allo stabilimento sono cresciute a tal punto che, nel 2013, a fianco dello stabile di Monterenzio, in un’area di proprietà, è nato il Parco delle api e del miele, progetto appoggiato dal Ministero dell’Agricoltura. Particolare attenzione è stata rivolta al percorso di visita. Studiato da pedagogisti con l’obiettivo si trasmettere al meglio tutte le informazioni utili a far comprendere il complesso mondo delle api a bambini e adulti, oltre all’osservazione dal vivo dei piccoli insetti si avvale di un’aula didattica dove la narrazione avviene esclusivamente per immagini ed è modulata dall’operatore in base al pubblico di riferimento per renderne il più efficace possibile la trasmissione del contenuto. Al termine della visita sono previste degustazioni guidate, attraverso le quali si capisce quanto il concetto di degustazione del

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Promuovere il miele quale prodotto salutare è da sempre obiettivo del consorzio CONAPI (photo © CONAPI). miele in fondo sia vicino al concetto di degustazione del vino. In Italia sono circa 20 i mieli catalogati per caratteristiche, solo che al posto dell’uvaggio è la quantità di polline dei fiori a far la differenza: il miele d’acacia, per essere considerato tale, deve contenere almeno il 20% di polline d’acacia altrimenti rientra nella classificazione millefiori. E, come per il vino, una riflessione introduttiva sull’approccio all’aspetto organolettico attraverso i sensi accompagna la degustazione: si parte dal più delicato miele d’acacia per arrivare al miele di castagno, scuro, amarognolo e dal gusto forte, passando attraverso la nota sapida del miele di eucalipto e attraverso il profumo mentolato del miele tiglio. Insomma, c’è davvero tutto un mondo da scoprire e un mondo da preservare dietro al lavoro di questo piccolo insetto. Ed è un mondo a quanto pare davvero interessante dato il numero di visite, tra scolaresche e privati, che il parco ha registrato fino al periodo di pre-emergenza sanitaria. E se il parco, attività collaterale dell’azienda, ha registrato una brusca battuta d’arresto per via delle restrizione imposte dalle condizioni di tutela della salute pubblica che prevedono il distanziamento sociale, l’attività produttiva non si è mai fermata, anzi, ha registrato un lieve incremento per via dell’aumento del consumo di miele durante l’emergenza sanitaria, forse in virtù della percezione del miele quale alimento salutistico. Intanto, in attesa di una ripresa che abbia tutto il sapore di un ritorno alla normalità, le due anime, quella sociale

e quella commerciale di CONAPI, continuano a procedere affiancate, si spalleggiano nella tutela dei soci produttori e nell’operazione di divulgazione e sensibilizzazione sull’importanza delle api e del loro mondo. E non potrebbe essere altrimenti dato lo stretto legame tra l’uomo e la natura che qui si manifesta: anello particolarmente sensibile degli ecosistemi, non a caso definite “sentinelle dell’ambiente”, il malessere delle api segnala un peggioramento delle condizioni di vita, dal punto di vista della salubrità, anche per noi. Da questo punto di vista è preoccupante sapere che da diversi anni le produzioni di miele sono scarse sia in Italia che in Europa per via dei cambianti climatici, situazione ulteriormente aggravata dall’utilizzo di pesticidi. Consola e fa ben sperare però sapere che il CONAPI, in partenariato con il “Centro Agricoltura Ambiente G. Nicoli” di Crevalcore (BO), nel 2015 ha avviato un progetto volto alla tutela delle api, e anche di altri insetti utili seppur fastidiosi, nell’ambito della gestione fitosanitaria del verde urbano. Per cui, passando da quelle parti, niente paura se in qualche spazio pubblico avvistate erba alta, non si tratta di incuria ma di massima cura: si cerca di salvaguardare la biodiversità con una corretta gestione del verde ornamentale evitando l’uso di pesticidi e di rispettare le api e dunque anche noi stessi. Federica Cornia Nota Un ringraziamento particolare a ELISABETTA TEDESCHI, Responsabile comunicazione e progetti didattici di CONAPI.

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Dolce come il miele, morbido come il vino

SCOPRIRE IL ROERO E LE SUE ROCCHE SULLA STRADA DEL MIELE Una Strada, un Festival, un Ecomuseo e apiari unici in Europa, autorevoli produttori e la naturale vocazione di un territorio per l’allevamento delle api. Da provare i salumi e i formaggi in cera di Riccardo Lagorio 68

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a notizia è di quelle che fa rabbrividire. E, perché no, infuriare. L’ha lanciata il 24 giugno scorso la CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori. Il mercato italiano è invaso da miele che arriva dalla Cina a prezzi di importazione molto bassi (1,24 €/kg), ma si tratta di un miele senza api, adulterato e miscelato con quello naturale per nascondere la contraffazione. Il falso miele, difficile da rilevare con i controlli effettuati alle frontiere, crea una concorrenza sleale che sta fortemente penalizzando l’apicoltura italiana (il cui prezzo medio di produzione sfiora i 4,00 €/kg), che ha registrato nel 2019 perdite per 70 milioni di euro, dovute in parte ai cambiamenti climatici che hanno determinato un crollo della produzione. A tutela del settore e del consumatore l’UE potrebbe imporre ai mieli importati da Paesi Terzi la conformità

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con la definizione europea di miele, ovvero di produzione esclusiva delle api mellifere e senza l’aggiunta di altra sostanza. Anche la cera non alimentare, che la differenziazione del prodotto, negli ultimi anni, ne ha suggerito l’uso per sigillare formaggi e salumi, trova i confini europei tappati in maniera blanda. «La cera d’api, paragonata talvolta alla paraffina, ha un punto di fusione molto più alto e possiede per propria natura del propoli. Di conseguenza, si tratta antibiotico e ciò consente una conservazione del prodotto più conforme alle aspettative sanitarie e in maniera naturale senza aggiungere altri componenti» spiega ANDREA POVERO, della Cereria Asti fondata nel 1902 (asticera.it). Il Roero e le aree circostanti, anche grazie all’incessante lavoro svolto da parte di ANTONIO STRUMIA che, a partire dagli anni Settanta, ha raccolto mieli e golosità (iltrovarobedicosebuone.com),

A sinistra: paesaggio del Roero (photo © Roberto Muratore – stock.adobe.com). In alto: il Sentiero dell’Apicoltura di Montà (CN). L’apicoltura è nel Roero, e soprattutto nei “paesi delle Rocche”, una presenza storica, complice la morfologia, la natura dei terreni, il clima e la ricchissima flora (ben 950 sono le specie censite). Montà vanta inoltre la presenza di due “ciabòt” con apiari in muratura unici in Europa (photo © www.ecomuseodellerocche.it). In basso: le Rocche del Roero, fenomeno geologico di erosione che ha origine nella notte dei tempi, ma che continua ancora oggi (photo © www.ecomuseodellerocche.it).

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DRO,

La cera d’api è un ottimo mantenitore per i salumi che si possono conservare fino a 20 mesi (photo © sushaaa – stock.adobe.com).

La strada del Miele, tra Bra e Cisterna d’Asti Nel Roero si snoda la “Strada del Miele”, un “corridoio paesaggisticoculturale” che ha preso forma qualche anno fa grazie ad AsProMiele (Associazione Produttori Miele Piemonte). La Strada percorre circa 38 chilometri di territorio compreso tra Bra e Cisterna d’Asti, passando per alcuni dei comuni più importanti della produzione del nettare dolce. L’itinerario è suddiviso in aree, ed è possibile percorrerlo in automobile, ma anche — e soprattutto — a piedi o in mountain bike, grazie ai facili sentieri che collegano le varie tappe. Il percorso della Strada del Miele tocca diversi paesi, borghi e piccoli centri abitati, in ognuno dei quali è possibile scoprire pannelli informativi che illustrano a tappe la storia dell’apicoltura. Da chi lo produce e come, passando per i tipi di flora, i mestieri legati alla sua realizzazione e gli attrezzi necessari (incluso l’abbigliamento dell’apicoltore), la storia del suo consumo e gli arnesi antichi. Un vero excursus nella produzione di un’eccellenza gastronomica meno nota delle sue “cugine” ma altrettanto prestigiosa e armonicamente integrata tra le bellezze del territorio. Ognuno dei borghi che tocca il percorso è, naturalmente, degno di visita, fosse anche solo per il panorama che spesso offrono grazie all’affaccio sulle peculiari formazioni geologiche chiamate Rocche, tipiche del Roero. Parliamo di Monteu Roero, Bra, Baldissero d’Alba, Canale, Cisterna d’Asti, Ceresole d’Alba, Montà d’Alba, Montaldo Roero, Piobesi, Pocapaglia, S. Stefano Roero, Sommariva del Bosco, Sommariva Perno. >> Link: www.mieliditalia.it/aspromiele/stradamiele.htm

sono diventati fertile terreno di sperimentazioni gastronomiche. In attesa di conoscere se la 15a edizione di Amè l’Amèl, il Festival dei Mieli di Sommariva del Bosco verrà celebrata nel 2020 (amelamel.it), si possono comunque esplorare i sentieri della prima Strada del Miele d’Italia. Del resto Montà d’Alba, Sommariva Perno e Monteu Roero si gloriano di essere piccole capitali del miele, sedi di autorevoli produttori, ma anche di una natura incontaminata dove si uni-

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scono orridi, forre e pinnacoli a vigne e frutteti. Lungo questo itinerario esiste lunga tradizione di apicoltura e si conservano i ciabot, rustici edifici diventati nell’Ottocento cà d’avie, case delle api, con i fori d’ingresso nelle pareti e dentro armadi a muro divisi in scomparti per i favi (ecomuseodellerocche.it). I salami per la Fiera di Ferrere della famiglia Quadro Non è un caso che a Ferrere, poco distante nell’Astigiano, la FAMIGLIA QUA-

macellai da cinque generazioni, produca salumi in cera d’api (Quadro Carni e Salumi – Salumificio dal 1860, quadrocarniesalumi.com). «Li produciamo solo in alcuni momenti dell’anno, spesso su commissione per occasioni come la Fiera del Miele di Ferrere o per clienti dell’EmiliaRomagna, dove questa tecnica è molto diffusa», racconta MASSIMO QUADRO. «Nonostante il costo elevato, la cera d’api è un ottimo mantenitore per i salumi, che si possono conservare fino a 20 mesi. A differenza del grasso, che viene utilizzato di solito come conservante in Piemonte, non rilascia acidità e rimanda ad un buon ricordo del miele». Anche Ferrere (AT) ospita infatti una Fiera del Miele, giunta alla sua sesta edizione, sul cui svolgimento nel 2020 non si hanno ad oggi certezze. Gli incredibili formaggi di Luca Montaldo A Carezzano, borgo di 400 anime dell’Alessandrino, Luca Montaldo ha scelto la cera d’api per conservare i suoi formaggi di capra. «Facevo il geometra ma non mi sentivo realizzato appieno. Mio suocero, VINCENZO DE MARIA, era un casaro che il mestiere l’ha imparato in giro per il mondo e mi ha trasmesso l’interesse per quel settore. Per ogni singola forma che realizzo ne seguo il percorso di maturazione quasi giornalmente, cercando con i cinque sensi di capire quale sia il momento migliore per venderla o immaginando fin dalla sua creazione che tipo di formaggio possa diventare». Geometra, al tecnigrafo ha preferito i belati. Sono nati il formaggio Patafisico dove si uniscono in uno stampo una cagliata di capra e una di pecora, e la robiola di pecora affinata in tre tipi di malto e pepe. La Pecheronza è immerso invece in cera d’api. «Si tratta di cera ottenuta dall’opercolo, dallo scioglimento delle arnie quando vengono smielate, quella più profumata. Mettendo una cagliata di capra in un contenitore di cera d’api i sentori vanno a influenzare il formaggio. Se si prosegue la stagionatura è un ottimo conservante e innesca una fermentazione anaerobica, provocando piacevoli sentori ircini». Con buona pace per il finto miele cinese. Riccardo Lagorio

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ANTICA CORTE PALLAVICINA Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO” 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com

Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza. Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.


ROMAGNA DI TERRA Carni, salumi e prodotti del territorio della famiglia Zavoli di Elena Benedetti

era una volta e c’è ancora una piccola grande azienda agricola in un angolo della Romagna, dove le colline si affacciano sulla Riviera adriatica”. Così si presenta la FAMIGLIA ZAVOLI sul sito della propria attività, oggi condotta dalla terza generazione che abbraccia una vera e propria scelta di vita, fedele alla tradizione e alla continua ricerca di una più alta qualità. Ci siamo incuriositi per i loro salumi avvolti in cera d’api e per questo nostro Speciale non potevamo non dedicare a loro la nostra copertina, nella qualche fa bella mostra il loro salame di Mora romagnola, che al posto del budello ha un rivestimento fatto appunto di cera d’api. «Tutti i salumi che produciamo si possono avvolgere e conservare sotto cera d’api, che proviene dagli apicoltori del nostro territorio. Questo packaging è il prodotto finale di un’idea al tempo stesso innovativa e tradizionale. Abbiamo ripreso e fatto nostri concetti già utilizzati per un’appropriata conservazione dei nostri salumi: la cera d’api è un prodotto completamente naturale con la quale avvolgiamo i salami mediante bagni in cera allo stato liquido; la solidificazione avviene a temperatura ambiente. Col processo di osmosi inversa, il packaging ottenuto risulta impermeabile e nello stesso tempo traspirante: il prodotto non perde l’umidità necessaria a

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mantenere le qualità organolettiche, ma il salume può respirare. Una sostanziale differenza rispetto alla conservazione sottovuoto è nella non generazione di odore spiacevole». Il procedimento della ceratura avviene presso laboratorio esterno ed è un sistema brevettato da Walter Nicoletti. Le proprietà dei salumi rimangono le stesse per circa 8 mesi in più, dunque oltre a presentare vantaggi commerciali è rilevante in termini di riduzione degli sprechi. «La nostra azienda nasce in modo del tutto alternativo ai percorsi che segue oggi l’agricoltura (dalla terra e i suoi prodotti verso la bottega). I nostri nonni aprirono una macelleria a Cattolica nel dopoguerra e in seguito, per offrire un prodotto più costante e di alta qualità, decisero di allevarsi i bovini e coltivare i cereali e il fieno con cui li avrebbero alimentati acquistando, negli anni ‘70, un podere nelle colline di Saludecio» scrive GIOVANNI ZAVOLI, che insieme alla sua famiglia gestisce l’Azienda Agricola Zavoli, una realtà a ciclo chiuso che comprende coltivazione, allevamento, trasformazione e vendita. «Abbiamo fatto una scelta che è quella di puntare solo sulla qualità, che per noi significa produrre materie prime uniche e lavorarle in modo naturale». Siamo a Saludecio, un piccolo comune che si estende sulle colline della Valconca, nella provincia di Rimini e a

Tutti i salumi che produciamo si possono avvolgere e conservare sotto cera d’api, un prodotto completamente naturale che proviene dagli apicoltori del nostro territorio, racconta Giovanni Zavoli. Questo “packaging” è il prodotto finale di un’idea al tempo stesso innovativa e tradizionale, che consente di mantenere le proprietà dei salumi molto a lungo

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Salame di Mora romagnola in cera d’api dell’Azienda Agricola Zavoli. L’immersione nella cera sciolta non altera il prodotto sia per le naturali proprietà fisiche della cera, sia per la protezione del budello naturale che avvolge le carni (photo © Massimiliano Rella). Premiata Salumeria Italiana, 4/20

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1) Suinetto di razza Mangalica nato in azienda. 2) I salumi dell’Azienda Agricola Zavoli sono prodotti artigianalmente, usando solo sale e pepe e senza impiego di additivi chimici. 3) Tagli di Bianca romagnola dopo 4 mesi di maturazione sotto la cera d’api. 4) Pianta di grano antico (photo © instagram.com/aziendaagricolazavoli). pochi chilometri dalle Marche. Il mare dista una quindicina di chilometri e il clima è mite e fresco, anche d’estate. Perfetto per allevare capi di bovini di razza Romagnola, «simbolo della nostra tradizione contadina con origini antichissime e Presidio Slow Food», suini di Mora romagnola (anch’essa Presidio Slow Food) e di Mangalica. «Quest’ultima è stata una grande soddisfazione, essendo riusciti ad avere capi con le tre linee di colorazione (bianca,

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rossa e nera)» sottolinea Zavoli. «Il suo aspetto ci ha colpito e incuriosito, ma soprattutto ci ha spinto a conoscerne la storia e le caratteristiche, tra le più antiche razze suine in Europa e diffusa principalmente nella zona dei Balcani e a rischio estinzione fino agli anni ‘90». Presso l’azienda agricola si possono acquistare carni di bovino Romagnolo, Mangalica, Mora romagnola, salumi in cera d’api di Mora romagnola, salumi realizzati da un incrocio di suini rosa,

farine e olio. Il loro canale di vendita abbraccia macellerie, gastronomie e ristoranti. Elena Benedetti Società Agricola Zavoli s.s. Via Pulzona 3678 47835 Saludecio (RN) Telefono: 0541 858041 Web: www.aziendaagricolazavoli.com www.instagram.com/aziendaagricolazavoli

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Prosciuttificio IL CONTE S.r.l. Via Sant’Ambrogio, 4 – Fraz. Bazzano 43024 Neviano degli Arduini (PR)


TREND

RANCIDO E FERMENTATO: IMPARIAMO A CONOSCERE I SAPORI DEL FUTURO di Giorgia Fieni

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U

n tempo i cibi erano salati o dolci. Non c’erano altre possibilità: tutto ciò che passava sotto il nostro palato viaggiava nelle sfumature di questi due termini. Poi sono arrivati l’amaro e l’acido. E, infine, l’umami (riconducibile al glutammato) e il kokumi (tipico dei prodotti lattiero caseari). Ma la questione non è affatto terminata in quanto oggi stanno emergendo prepotentemente anche il sapore di fermentato e quello di rancido. Sì, esatto, avete letto bene. Fermentato, come quando lo yogurt fa le bolle sotto la muffa perché i lactobacilli sono “impazziti”. E rancido, come l’olio andato a male. In breve tempo sono diventati i preferiti dagli esperti di settore: «La menta fritta sa leggermente di stantio, ma in modo gradevole (DIANA HENRY)»; «Il rancido dà rotondità ad un piatto che altrimenti sarebbe troppo tagliente e troppo facile in termini di abbinamento, perciò dà complessità» (LEONARDO PEREIRA, spiegando la sua ostrica cruda con finocchio di mare e grasso di Pata Negra); «Le fermentazioni sono il metodo di cottura più antico che esista, pre-esistono anche alla scoperta e utilizzo del fuoco. E sono alla base della dieta di ciascuna civiltà, nessuna esclusa» (RENÉ REDZEPI e DAVID ZILBER); «Gli alimenti fermentati sviluppano nuovi aromi rispetto agli ingredienti originari e possono essere utili per creare ricette con un gusto insolito donando ai piatti originalità» (PAOLO RUSSO).

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Molti prodotti fermentati fanno già parte della nostra cultura e non ce ne siamo nemmeno accorti, come il latticello (utile per preparare i pancake), la birra, il cioccolato (le fave appena raccolte fermentano), alcuni formaggi, l’aceto, i crauti, il vino… e soprattutto il pane e la pizza! Ora sono arrivati anche miso, kimchi, kombucha, kefir, tempeh, ecc…direttamente da altre culture gastronomiche. Perciò si è iniziato a sperimentare con le fragole, le prugne, i mirtilli, le carote, il ribes, le ciliegie, il melone, i fagiolini, il limone, i funghi… anche con bacche e foglie. Non è una pratica difficile: basta aggiungere all’alimento una coltura batterica. Occorre però controllarla perché i microrganismi sono vivi: si moltiplicano, muoiono, possono produrre poco o troppo e/o manifestare problematiche di vario genere, quindi questi cibi vanno osservati e mescolati periodicamente e ne va assolutamente rispettata la data di produzione e di scadenza, perché potremmo incorrere in disturbi anche gravi. Mangiare cibo fermentato in modo corretto però vuole dire soprattutto mangiare cibo gustoso e profumato, conservato in modo naturale, digeribile e ricco di nutrienti, in più autoprodotto, perciò pure ecosostenibile. Sono rimasta invece basita quando ho letto che ISABELLA POTÌ ha il rancido tra i suoi sapori preferiti e che TERRY GIACOMELLO prepara una crema a base di grasso rancido di prosciutto, quando invece io, sentendo l’odore tipico della

decomposizione dei grassi dovuta a luce o calore (che sappiamo per certo essere lo stesso del vomito umano — esiste un’identità molecolare a provarlo), di solito apro la spazzatura e butto via facendo pure le smorfie. Eppure in altri territori del mondo, come le Isole Faroe (agnello) o il Marocco (burro) sono assolutamente comuni. Perciò, a quanto pare, questa tecnica ha un futuro certo in gastronomia: tutto sta nel saperla padroneggiare in modo da creare l’equilibrio adatto per ogni ricetta e renderlo gradito a molti palati. La domanda è quindi questa: come affronteremo l’ingresso di rancido e fermentato nelle nostre cucine? La risposta è la stessa già applicata con gli altri sapori, ovvero: a piccoli passi. E fidandoci, almeno nei primi esperimenti, di chef ed esperti… Mai come in questo caso vale l’espressione insegnataci da una vecchia pubblicità di viaggi vacanze: “Fai da te??? Ahi ahi ahi!!!”. Giorgia Fieni Nota Nella pagina a fianco: il kimchi, una preparazione tipica della cucina coreana a base di cavolo cinese fermentato o altri ortaggi e verdure. È un piatto conviviale che si prepara durante il kimjang, radunando parenti, amici e vicini di casa per farne grandi quantità da consumare durante l’inverno (photo © Natasha Breen – stock.adobe.com). In alto: tempeh (photo © Joko SL – stock. adobe.com).

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INDAGINI

Indicazioni d’origine, un’enorme risorsa Un prodotto a denominazione su quattro, nel mondo, è italiano. Il Belpaese conferma il suo primato mondiale per numero di prodotti certificati con 824 Dop, Igp, Stg nei comparti Food & Wine su 3.071 totali: un comparto che ogni anno segna nuovi incrementi e nuovi record di Sebastiano Corona

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ono innumerevoli gli eventi pubblici e privati che nella prima metà del 2020 sono stati annullati a causa del coronavirus, in Italia e all’estero. Tra questi, quello relativo alla presentazione del XVII Rapporto Ismea – Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP, IGP, STG. Un appuntamento annuale che dal 2003 prevede la disamina, alla presenza di istituzioni, imprese e addetti ai lavori, dei più importanti fenomeni socio-economici del comparto della qualità alimentare certificata. Vista la situazione in continua evoluzione e i repentini mutamenti sul piano economico e sociale, non è facile fare previsioni attendibili sull’andamento della DOPEconomy nei prossimi mesi. Secondo QUALIVITA e ISMEA è però evidente che, prima della pandemia, il comparto, nel nostro Paese, godesse di discreta salute, con ulteriori potenzialità inespresse. Nel 2018 si sono infatti superati i 7 miliardi di euro alla produzione, mentre l’export, dal 2008, si è più che triplicato. Il Vino IG sfiora i 9 miliardi di euro di valore dell’imbottigliato, le esportazioni valgono l’87% del totale vinicolo italiano. Le denominazioni si confermano un driver fondamentale e indiscusso dei distretti agroalimentari del Belpaese, con un valore alla produzione, nel 2018, di oltre 800 Indicazioni Geografiche che supera i 16,2 miliardi di euro (+6% in un anno) e con l’export che scavalca la soglia dei 9 miliardi (+2,5%), grazie al lavoro di oltre 180.000 operatori e l’impegno dei 285 Consorzi di tutela riconosciuti. Si segna un nuovo record con una crescita del 3,8% in termini di valore alla produzione rispetto al già positivo 2017 e con un trend del +43% dal 2008. Il valore al consumo, pari a 14,4 miliardi di euro, conferma il risultato dell’anno precedente, mentre continua la crescita sul fronte export che, per il comparto Food IG raggiunge i 3,6 miliardi di euro e un +1,2% su base annua con le esportazioni agroalimentari DOP e IGP che dal 2008 hanno registrato ogni anno una crescita in valore (+218% in totale). Un terzo delle esportazioni è verso Paesi Extra UE (33%), ma i mercati principali si confermano Germania (20%), USA (18%) e Francia (15%). Ottima performance anche dei vini IG sfusi, che raggiungono i 3,5 miliardi

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di euro di valore alla produzione (+9,1% su base annua), con l’imbottigliato che segna invece 8,9 miliardi di euro (+7,9%). La produzione complessiva è di poco inferiore alla soglia dei 25 milioni di ettolitri. Ancora positivo l’export, che nel 2018 raggiunge 5,4 miliardi di euro (+3,5%) su un totale di 6,2 miliardi del vino italiano nel suo complesso: i vini DOP e IGP rappresentano il 74% del totale export vinicolo italiano in volume e l’87% in valore. Tutte le province d’Italia, seppur in maniera difforme tra loro, hanno una ricaduta economica dovuta alle filiere IG. Alcune realtà emergono più di altre: le prime quattro regioni per impatto economico si trovano al Nord Italia e concentrano il 65% del valore produttivo delle Indicazioni Geografiche e le prime cinque province, da sole, superano la metà del valore complessivo generato a livello nazionale dalle filiere Food & Wine DOP IGP. Si contano cinque regioni sopra 1 miliardo di euro di valore generato dalle IG. Il Veneto cresce e si conferma la prima regione, con 3,90 miliardi di euro, seguito da Emilia-Romagna, con 3,41 miliardi, e Lombardia con 1,96 miliardi, Piemonte (1,23 mld di euro), Toscana (1,11 mld di euro). Nel Food, Emilia-Romagna e Lombardia guidano la classifica e la Campania, a seguire, si conferma con ottimi risultati. Nel Vino, il Veneto è seguito da Toscana e Piemonte e stanno mostrando buone performance anche Puglia, Sicilia ed Emilia-Romagna. Le prime quattro regioni si trovano al Nord Italia e concentrano il 65% del valore produttivo IG. Le prime cinque province, che da sole superano la metà del valore complessivo generato a livello nazionale dalle filiere Food & Wine DOP IGP sono: Treviso (€ 1.763 mln), Parma (€ 1.389 mln), Verona (€ 1.155 mln), Modena (€ 782 mln), Cuneo (€ 686 mln). Prodotti a base di carne Il comparto dei prodotti a base di carne DOP IGP vale 2 miliardi di euro alla produzione (–1,1% su base annua) e 4,8 miliardi al consumo (+2,9%), con una produzione certificata di 204.000 tonnellate in crescita del 2,5%. Lieve calo per l’export a –1,9%, per un valore di 569 milioni. Emilia-Romagna regina indiscussa del comparto, con Parma che traina (€ 896 mln), è seguita nella

classifica provinciale da Udine (€ 309 mln), Sondrio (€ 232 mln) e Bolzano (€ 109 mln). Al Prosciutto di Parma DOP (€ 824 mln), seguono il Prosciutto di San Daniele DOP (€ 307 mln) e la Mortadella Bologna IGP (€ 296 mln). Nella top ten dei prodotti per valore, buone crescite soprattutto per il Prosciutto di Norcia IGP, la Coppa di Parma IGP e il Prosciutto Toscano DOP. Formaggi Dati positivi anche per il comparto dei formaggi a denominazione: 4,1 miliardi di euro, con una crescita del 5% in un anno, grazie ad una produzione certificata di 544.000 tonnellate. Tendenzialmente si mostra stabile il valore al consumo di 7,2 miliardi (–1,3%) e all’export 1,8 miliardi (+0,8%). EmiliaRomagna e Lombardia concentrano quasi i 2/3 del valore totale, ma tra le prime 10 province si trovano anche Caserta, Cuneo e Vicenza. È superiore al miliardo di euro il valore alla produzione di Parmigiano Reggiano DOP e Grana Padano DOP. In crescita la produzione certificata e il valore per quasi tutte le principali produzioni a denominazione di Origine Protetta, con un grande recupero a doppia cifra in particolare per il Pecorino romano DOp e il Montasio DOP. Buona crescita per la Ricotta romana DOP (+16%); frena invece, la Ricotta di Bufala Campana DOP dopo l’exploit del 2017. Carni fresche Produzione oltre le 14.000 tonnellate per le carni fresche a denominazione, per un valore all’origine di 91 milioni di euro (+2,8% su base annua) e di 195 milioni al consumo (–0,9%). La Sardegna è la prima regione per valore generato dalle filiere IG con 26,8 milioni di euro, seguita da Toscana (€ 18,9 mln), Lazio (€ 11,7 mln), Marche (€ 9,6 mln) e Umbria (€ 9,4 mln). Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è il prodotto principale, il cui valore alla produzione sfiora i 48 milioni di euro, cui seguono l’Agnello di Sardegna IGP (€ 26,8 mln), l’Abbacchio romano IGP (€ 9,8 mln), l’Agnello del Centro Italia IGP (€ 4,5 mln) e la Cinta senese DOP (€ 2,4 mln). Prodotti trasformati Nei prodotti trasformati, è ragguardevole la crescita della Pasta di Gragnano

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IGP (+62%), undicesimo prodotto Food a denominazione italiano per valore. Panetteria e pasticceria Bene i prodotti della panetteria e pasticceria con la Piadina romagnola IGP (+24%), i Cantuccini toscani IGP (+28%) e il Pane toscano DOP (+7%) che guidano la categoria. Oli Per quanto riguarda gli oli, grazie ad un’importante produzione complessiva 2017/2018, anche i volumi certificati 2018 segnano una crescita significativa: oltre 12.500 tonnellate di olio certificato a denominazione (+22%), per un valore alla produzione di 86

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milioni di euro (+18%) e 144 milioni di euro al consumo (+21%). Cresce anche l’export che raggiunge i 62 milioni di euro (+11%). Puglia e Toscana guidano la classifica regionale, con un valore simile (vicino ai 25 mln di euro), seguite da Sicilia (€ 13,8 mln), Liguria (€ 5,7 mln) e Umbria (€ 4,6 mln). Il Toscano IGP e il Terra di Bari DOP sono i due prodotti che guidano il settore con un valore alla produzione di circa 22,5 milioni ciascuno: seguono il Val di Mazara DOP, il Riviera Ligure DOP, l’Umbria DOP e il Garda DOP. Aceti Anche gli Aceti Balsamici confermano un andamento già soddisfacente negli

anni precedenti: una produzione di 90,7 milioni di litri, in un distretto concentrato nelle province di Modena e Reggio Emilia, per un prodotto che vale complessivamente 369 milioni di euro alla produzione e 930 milioni al consumo. Il settore degli Aceti Balsamici a IG esporta circa il 92% della produzione, per un valore di 843 milioni di euro e un peso del 24% dell’export totale del settore IG Food. L’Aceto Balsamico di Modena IGP, da solo, vale 363 milioni all’origine e raggiunge gli 834 milioni all’export. Registra trend vicini al +10% l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, che arriva a valere 5,1 milioni alla produzione, 22,4 milioni al consumo e 8,6 milioni all’export.

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Frutta e frutta guscio Crescono inoltre la frutta in guscio con la Nocciola del Piemonte IGP e il Pistacchio Verde di Bronte DOP ed è ottimo trend per il Melone mantovano IGP. L’export vale 223 milioni di euro e tra i prodotti più esportati spiccano la Mela Alto Adige IGP, la Mela Val di Non DOP, l’Arancia Rossa di Sicilia IGP e la Melannurca Campana IGP. Bolzano guida la classifica regionale, seguita a distanza da Trento, Cuneo, Catania e Siracusa. Leadership italiana per numerosi distretti A fine 2019 l’Italia conferma il suo primato mondiale per numero di prodotti certificati con 824 DOP, IGP, STG nei comparti Food & Wine su 3.071 totali: oltre un prodotto su quattro a Indicazione Geografica. Nel 2019 l’Italia raggiunge la soglia dei 300 prodotti Food DOP, IGP, STG: anche questo è un primato mondiale. Il secondo Paese è la Francia, con 251 produzioni Food. La Fondazione Qualivita sottolinea come, nel corso degli anni, il sistema delle DOP e IGP abbia contribuito alla definizione di un’Italia agroalimentare policentrica, con l’affermazione di numerosi distretti nel Paese, che delineano zone a vocazione agricola e vitivinicola e in cui il sistema delle Indicazioni Geografiche riveste un doppio ruolo strategico: da una parte, coi suoi prodotti, è un forte attrattore turistico e un elemento di qualità diffusa nei territori che funge da collettore per lo sviluppo locale; dall’altra, rappresenta un cluster sempre più prezioso per l’industria alimentare italiana, nella quale riesce a generare valore aggiunto nel segno della qualità. Anche TERESA BELLANOVA, Ministra delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nell’esprimersi favorevolmente per la conferma della leadership italiana nei prodotti di qualità certificata, ha sottolineato che queste specialità, che poggiano il proprio successo sull’identità di un popolo e che sono per questo capaci di conquistare spazi globali, generano straordinarie economie positive nell’industria dei prodotti trasformati. Nella valorizzazione in etichetta di questo connubio si esprimono ulteriori ed evidenti potenzialità. L’identità è il perno, da questo dobbiamo partire e ripartire. Sebastiano Corona

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IL MONDO IN EVOLUZIONE Anche le filiere delle carni e dei salumi si stanno velocemente adeguando ai nuovi trend di mercato e di acquisto. In attesa di aprire i battenti dell’edizione 2021 di Tuttofood, Fieramilano ha sondato gli umori dando voce ad alcuni tra i nomi piÚ rappresentativi del settore

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I I produttori italiani di carni e salumi guardano al dopo emergenza con sostenibilità e tecnologia, affrontando il presente con impegno produttivo e un occhio rivolto all’export (photo © Jenifoto – stock.adobe.com).

l settore nazionale delle carni, con i salumi nel ruolo di protagonisti, è una delle bandiere del made in Italy nel mondo. Nel 2019, secondo dati ISTAT elaborati dall’associazione di categoria ASS.I.CA., le esportazioni di salumi sono rimaste stabili in volume (181.142 t, –0,3%), mentre il valore ha visto un incremento dell’1,4%, a quota 1.568 milioni di euro. Nonostante le difficoltà evidenziate dal commercio mondiale, il saldo internazionale ha registrato un +0,9%, per 1.354 milioni di euro. «Le vicende che abbiamo vissuto nel 2019, e forse ancora di più quelle che stiamo vivendo oggi, ci impongono di ragionare in un’ottica di sostegno reciproco tra i popoli in una situazione di epocale difficoltà» commenta NICOLA LEVONI, presidente di ASS.I.CA. «Siamo convinti che agevolare gli scambi sia una leva importante per superare questo momento di difficoltà e tutelare l’intera filiera». Parliamo di un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese. Oltre 900 aziende di tipo industriale per quasi 30.000 addetti, che fatturano circa 8 miliardi di euro nel solo comparto dei salumi, 1,5 miliardi dei quali derivano dalle esportazioni. Un settore che in emergenza ha sostenuto le necessità del Paese, grazie a tutti gli addetti che hanno continuato la produzione di alimenti che sono parte delle nostre tradizioni. A livello nazionale, aggiunge Levoni, «occorre attivare campagne di promozione e di sostegno ai consumi in punto vendita, in particolare nel banco taglio, per mantenere attiva la domanda». Tra preaffettati e fatto in casa E proprio il banco taglio, come concordano molti produttori, è la modalità di vendita che più ha risentito di questa situazione eccezionale in cui i consumatori si sono rivolti principalmente al preaffettato per maggiore rapidità e per evitare più contatti interpersonali. «Stiamo assicurando la continuità delle nostre produzioni, ponendo però principalmente l’attenzione sulla salute del personale della filiera» aggiunge EMORE MAGNI, direttore del Consorzio Prosciutto Toscano DOP. «D’altro canto, i consumatori hanno cambiato le loro abitudini, propendendo sempre di più per un acquisto veloce e preferendo quindi il

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prodotto preaffettato. Ciò ha portato ad un aumento della richiesta delle vaschette di Prosciutto Toscano DOP, ma che compensa solo in parte le perdite derivanti dalla chiusura del settore HO.RE. CA. e dal calo importante delle vendite al banco taglio delle gastronomie delle principali catene di distribuzione». Un altro aspetto che ha inciso in modo rilevante è il blocco pressoché completo del fuoricasa. Come spiega ALESSANDRO IACOMONI, presidente del Consorzio di Tutela della Finocchiona IGP, «la Finocchiona IGP ha chiuso un 2019 positivo, con un +3%, e anche i primi due mesi del 2020 hanno registrato dati positivi. Il lockdown è stato segnato soprattutto dal blocco del settore HO.RE. CA. che, per una produzione come la nostra, è di importante valore: da inizio anno ad oggi i nostri volumi produttivi fanno segnare un calo di circa il 12%. Per rilanciare il prodotto puntiamo sui social, nuovi canali di vendita e nuovi mercati. Inoltre, sarà importante stimolare i consumatori proponendo notizie, curiosità oppure ricette ed usi in cucina. Il nostro Consorzio si è mosso da tempo nel realizzare con chef professionisti varie ricette: antipasti, insalate, primi e secondi piatti e per finire panini gourmet». Anche per la carne, la chiusura di tavole calde e ristoranti ha portato i consumatori a dedicarsi al fatto in casa. «Avendo le persone più tempo da dedicare alla casa e alla cucina, come confermano anche i media vi è stato un ritorno al “fatto in casa”» spiega RAFFAELE PILOTTO, direttore commerciale e marketing e socio di Centro Carni Company. «Quindi acquisto delle materie prime, da lavorare poi in cucina: una tendenza che riguarda anche i burger e i tagli da proporre al barbecue o griglia. Riteniamo che questa emergenza porterà ad una maggiore attenzione verso cibi sicuri, certificati e che rispecchiano i valori e gli stili di vita delle persone. Probabilmente si sentirà anche un bisogno di ritorno alla convivialità». Futuro sostenibile e tecnologico Le particolarità evidenziate da questa emergenza possono però essere anche l’occasione per comprendere meglio quali sono le tendenze che si rafforzeranno nel prossimo futuro. «Manca la domanda del food service e a livello re-

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Verso Tuttofood 2021 La fiera internazionale del B2B dedicata al food & beverage e organizzata da Fiera Milano si svolgerà a Milano Rho dal 17 al 20 maggio 2021. In sette edizioni è diventata il palcoscenico ideale per presentare i propri prodotti al mercato nazionale ed internazionale. Le quattro giornate di fiera saranno riservate esclusivamente al B2B, con una presenza di operatori e buyer internazionali ed aziende espositrici che operano sia sul mercato italiano ed estero. Con 9 settori fieristici Tuttofood rappresenta l’offerta più completa all’interno del comparto: • pesce affumicato, essiccato, in scatola, fresco, frutti di mare trasformati e confezionati (Tuttofrozen e Tuttoseafood); • pasta fresca, secca, ripiena; farine, brodo e zuppe, conserve, sottolio, sottaceti, frutta secca, funghi, tartufi, mostarde, riso, cereali, legumi, spezie, aromi, uova e derivati, piatti pronti, prodotti sostitutivi del pane, aceto; olio, grassi vegetali (Tuttopasta, Tuttogrocery, Tuttooil); • formaggi a pasta dura, molle, erborinata, filata, vegetali, creme spalmabili, burro, latte, panna, ricotta, yogurt (Tuttodiary); • carne, salumi, selvaggina, frattaglie, interiora, prodotti a base di carne (Tuttomeat); • prodotti erboristici, vegani, funzionali, da agricoltura biologica, free from, novel food, nutraceutica; frutta secca, disidratata e fresca, ortaggi freschi, legumi, ortofrutta biologica, prodotti di IV e V gamma; acqua minerale, birra, caffè e surrogati, energy drinks, prodotti fuori casa (Tuttohealth, Tuttofruit e Tuttodrink); • biscotti, caramelle, confetti, torrone, cioccolato, creme spalmabili, dessert, dolcificanti, decorazioni per l’industria dolciaria, miele, marmellata (Tuttosweet); Tuttofood 2021 • vini bianchi, rossi, rosé, dolci, frizzanti, spumanti, 17-20 maggio grappe e distillati (Tuttowine); Fieramilano, Rho (MI) • e-commerce, food delivery, App, technology in@TuttoFoodMilano novation e traceability solution (Tuttodigital); www.tuttofood.it • il meglio della produzione regionale e dal mondo del food & beverage (Tuttoworld).

tailer si sono ridotte in modo importante le vendite al banco taglio» commenta DANIELE CREMONESI, amministratore di San Michele. «I consumatori stanno privilegiando i salumi preaffettati, che possono prendere direttamente dallo scaffale. La crescita dell’affettato nel canale retail, tuttavia, non compensa le perdite di fatturato registrate negli altri canali. In compenso, credo che i temi di fondo emersi negli ultimi anni quali benessere animale, riduzione delle plastiche, imballi ecocompatibili, produzioni sostenibili, possano subire un’accelerazione a seguito di questa emergenza. Questi temi sono al centro dei nostri piani industriali e commerciali 2020/2025 che proprio in questi giorni stiamo ridefinendo». «Riteniamo ormai consolidata l’accelerazione dell’e-commerce,

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anche nella Grande Distribuzione» dice VALERIA FIORANI, ufficio marketing e relazioni esterne Fiorani & C. «In linea con questa evoluzione, continueremo a proporre prodotti ad alto valore di servizio, di qualità, veloci e semplici da cucinare, progettati per durare più a lungo. Vediamo inoltre grandi possibilità di sviluppo per i prodotti cotti, con ricette adatte ai nuovi stili di vita e un packaging accattivante. L’emergenza accelererà le tendenze più green: il consumatore vorrà essere sempre più informato e consapevole e si muoverà verso prodotti salutari per il corpo e per l’ambiente, che offrano maggiori garanzie di sicurezza». Oltre all’e-commerce, l’export si conferma un importante sbocco. Nel 2109, ad esempio, la Mortadella di Bologna IGP ha visto un incremento delle

vendite all’estero del 20% confermando la UE come il principale mercato di riferimento. «Siamo orgogliosi della crescita della Mortadella Bologna nei mercati esteri — dichiara CORRADINO MARCONI, presidente del Consorzio Mortadella Bologna — che conferma il crescente apprezzamento della qualità made in Italy e premia il nostro impegno nel portare avanti specifici programmi di promozione all’estero, in particolar modo in Germania e Belgio per il mercato UE e Giappone ed Hong Kong per il mercato extra UE». Scontando l’effetto lockdown almeno per il primo semestre, il 2020 si preannuncia ancora non semplice, ma gli sforzi intrapresi dai produttori in diverse direzioni fanno presumere che un consolidamento, e possibilmente una ripresa, sia alla portata del settore. Tuttofood Milano

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Risultati delle indagini sui consumatori trentini su salumi e benessere animale È stata realizzata un’indagine presso i consumatori della Provincia di Trento proposto da Filiera suinicola sostenibile e Valorizzazione dei prodotti tradizionali della salumeria trentina attraverso la certificazione di benessere animale e ambientale. L’obiettivo era indagare le potenzialità di successo di differenti prodotti tradizionali della salumeria trentina derivanti da suini allevati con alti standard di benessere animale (prodotti animal friendly). Il progetto era coordinato e condotto dal Consorzio Produttori Trentini di Salumi di Trento, in collaborazione con il Centro Ricerche Produzioni Animali – C.R.P.A. Spa di Reggio Emilia, il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, la Federazione Provinciale Allevatori di Trento, alcune imprese di trasformazione e macellerie trentine, e finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento con la misura 16.1.1 del Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020. L’indagine “esplorativa” ha coinvolto 205 persone residenti in provincia di Trento. Il campione dei consumatori è stratificato sia per classi di età (26% di giovani compresi fra 18 e 30 anni, il 44% fra 31 e 50 anni e il 30% oltre i 50 anni) sia per sesso (maschi 47% e femmine 53%). Di seguito sono riportate alcune delle più interessanti indicazioni emerse dall’indagine: • il ruolo del benessere animale nelle decisioni di scelta del prodotto dei consumatori di carne suina non è da sottovalutare, ma a livello d’importanza viene dopo aspetti quali la freschezza/scadenza dei prodotti, l’origine degli animali e il colore della carne; • il benessere degli animali viene inteso dai consumatori soprattutto come lo strumento in grado di offrire loro una migliore qualità di vita e contribuire ad ottenere dei prodotti di origine animale di qualità migliore; • la tutela del benessere negli allevamenti è molto importante per i consumatori che vorrebbero che, nel nostro Paese, gli animali venissero tutelati maggiormente rispetto alla situazione attuale; • i consumatori vorrebbero ricevere più informazioni sul benessere animale negli allevamenti e che queste informazioni venissero riportate in etichetta; • i consumatori e soprattutto i giovani sono disposti a pagare di più per prodotti animal friendly; • gli standard sul benessere animale per prodotti importati nell’Unione Europea secondo i consumatori intervistati devono essere analoghi a quelli previsti al loro interno. (Fonti: www.crpa.it – www.3tre3.it)

Il norcino e macellaio trentino Massimo Corrà, tra i suoi speck affumicati secondo gli antichi metodi naturali nel suo laboratorio di Coredo, Trento (photo © dalmassimogoloso.com).

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LA QUALITÀ

QUALITÀ, TERRITORIO E TRACCIABILITÀ,

I DRIVER PER LA RIPARTENZA DEL PROSCIUTTO CRUDO DI CUNEO DOP

Prosciutti di Cuneo in stagionatura. Il Crudo di Cuneo Dop è il primo prosciutto a denominazione di origine protetta ad aver applicato un sistema di etichettatura che consente di identificare ogni singolo prosciutto e fornisce al consumatore informazioni sull’intero processo produttivo.

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ortemente legata alla salumeria DOP, con il lockdown la suinicoltura italiana ha visto crollare di circa il 40% i consumi totali, in particolare a causa della totale chiusura del canale HO.RE. CA. (hotel, ristoranti e catering, NdR). L’andamento in crescita dei consumi di carne fresca ha solo parzialmente contrastato il fenomeno, segnando un recupero limitato del 20% e lasciando comunque fermi i prosciutti e i tagli da trasformazione. A pagar dazio è stato, ovviamente, anche il mercato del prosciutto Crudo di Cuneo, l’unico salume piemontese ad essersi meritato la DOP e a vantare una delle filiere produttive più corte d’Italia (di soli 60 km), completamente a ciclo chiuso.

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Il crollo dell’Ho.re.ca. La chiusura totale, per circa tre mesi, del canale HO.RE.CA. ha comportato un calo delle vendite complessive del prosciutto crudo di Cuneo DOP di circa il 25%, non compensato dal secondo canale della distribuzione tradizionale (normal trade) né tanto meno dalla GDO e DO, canali in cui il prosciutto made in Granda non è al momento commercializzato. E la ripresa per l’HO.RE.CA. è ben lungi dal potersi concretizzare a stretto giro. Un dato? Le stime del terzo Rapporto Ismea sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid-19, recentemente pubblicato, parlano chiaro e forniscono indicazioni sul cambiamento di alcuni comportamenti d’acquisto: sul fronte del consumo alimentare extradomestico, la spesa delle famiglie, nel 2019, ha sfiorato gli 86 miliardi di euro, con un incremento reale sull’anno precedente dell’1,6%. A fronte di tale andamento decisamente positivo, le prospettive dei consumi extradomestici per tutto il 2020 sono tutt’altro che incoraggianti: si può stimare prudenzialmente per il canale HO.RE.CA. un calo pari a –40%, per un ammontare che si aggirerebbe attorno ai 34 miliardi di euro di perdita. Va da sé, dunque, che per la ripartenza è necessario adottare nuove strategie di marketing che tengano conto delle altrettanto nuove sensibilità ed esigenze dei consumatori. Un fatto, su tutti, non può non lasciare indifferenti: la straordinaria

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esplosione dell’e-commerce. In un solo mese, dall’inizio della crisi sanitaria, si è registrato un notevole salto evolutivo verso il digitale: le abitudini di acquisto e i comportamenti dei consumatori italiani si sono spostati a favore dell’ecommerce, che ha garantito continuità di servizio per numerose attività e per i cittadini. Dall’inizio del 2020 a oggi sono 2 milioni i nuovi consumatori on-line in Italia. Dal punto di vista delle vendite on-line, si è registrata una vera e propria impennata nei settori che fino a poche settimane fa erano considerati emergenti e quello dei cibi freschi e confezionati ha subito un’impennata del +130%. Insomma, il comparto dell’agroalimentare, cui appartiene anche il Crudo di Cuneo DOP, deve guardare al suo futuro con un occhio diverso per intercettare i nuovi comportamenti di acquisto dei clienti. Già, ma come? Sicurezza e qualità Un recente studio della SG MARKETING, società bolognese specializzata nel supportare le aziende nel rapporto con il trade e nella relazione col consumatore attraverso servizi di marketing mirati, ha messo in risalto come occorra ora puntare soprattutto su alcuni aspetti. In primis la sicurezza alimentare: l’origine del prodotto, la conoscenza della provenienza e della tracciabilità, magari favorendo la filiera corta locale, saranno premianti. Non da meno, il consumatore in era Covid privilegerà cibi sani. Determinante sarà la comunicazione del brand, che dovrà essere in grado di avvicinare il consumatore al prodotto, un prodotto con cui condividere valori sani. Ultimo, ma non meno importante, il digitale (home delivery, click and collect…) e i vantaggi collegati per addivenire ad una catena di fornitura che sia al servizio della fase di vendita e quindi dei consumatori, da raggiungere in modo sempre più efficiente e velocemente. Un prosciutto… riconoscibile Tornando al concetto di sicurezza alimentare, non possiamo non porre l’accento anche sul “sistema qualità”

che caratterizza la DOP Crudo di Cuneo. Una qualità non casuale, se si pensa che le materie prime utilizzate per l’alimentazione dei maiali destinati alla produzione del Crudo di Cuneo DOP provengono principalmente dall’area di produzione del prosciutto stesso. Il Piemonte, e in particolare la provincia di Cuneo e l’area Sud di Torino, sono aree tradizionalmente produttrici di cereali: mais, grano, orzo e altri cereali e di soia, la base ottimale per l’alimentazione dei suini destinati alla produzione del prosciutto Crudo di Cuneo. Ma qualità fa rima anche con tracciabilità: il Crudo di Cuneo è infatti il primo prosciutto a denominazione di origine protetta ad aver applicato un sistema di etichettatura che consente di identificare ogni singolo prosciutto e fornire pertanto al consumatore informazioni sull’intero processo produttivo. Ogni singolo prosciutto Crudo di Cuneo viene immesso sul mercato accompagnato da una “carta d’identità” cartacea alla quale, recentemente, si è applicato un QR Code contenente tutte le informazioni sul prodotto. Il QR code contiene le seguenti informazioni: dove è nato il maiale, chi lo ha allevato, cosa ha mangiato, chi l’ha trasformato, chi ha realizzato la stagionatura, quanto è durata la stagionatura e qual è il valore nutrizionale. Il QR Code viene esposto in macelleria e può essere letto dal consumatore con lo smartphone o il tablet, con un clic esso può avere tutte le informazioni sul prosciutto che sta per acquistare. Quando si dice il mangiar sano, a portata di mano… Quale modo migliore per ripartire dopo il lockdown? >> Link: www.prosciuttocrudodicuneo.it

REGIONE PIEMONTE FEASR – Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale L’Europa investe nelle zone rurali. PSR 2014-2020 – Regione Piemonte Misura 3 – Sottomisura 3.2 – Operazione 3.2.1 – Informazione e promozione dei prodotti agricoli di Qualità Bando 1/2019_B

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IL DISTRETTO DEL CIBO E DEI SALUMI DOP PIACENTINI Il Consorzio di tutela Salumi Dop Piacentini costituisce il primo Distretto del Cibo riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna e l’unico Distretto del Cibo per i salumi Dop compreso nell’elenco nazionale dei Distretti del cibo

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ono nati i Distretti del Cibo in Emilia-Romagna, nuove strutture radicate nel territorio per promuoverne lo sviluppo, garantire la sicurezza alimentare, la coesione e l’inclusione sociale, ridurre l’impatto ambientale e lo spreco alimentare. Tra gli obiettivi anche quello di salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale, oltre a valorizzare le produzioni agroalimentari di qualità favorendo l’integrazione di filiera. Così li presentava alla stampa il 28 ottobre 2019 l’allora assessore all’Agricoltura della regione Emilia-Romagna SIMONA CASELLI. I Distretti, in base alla legge nazionale, sono realtà strettamente legate al territorio con un’identità storica omogenea frutto dell’integrazione fra attività agricole e attività locali, nonché della produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e locali.

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Le tre magnifiche DOP della salumeria piacentina: Coppa Piacentina, Pancetta Piacentina e Salame Piacentino.

Buona performance per i Salumi Dop Piacentini

I Salumi Dop Piacentini per il 2019 vedono sostanzialmente confermato, a livello complessivo, il dato di produzione del 2018. Nel dettaglio, si registra un incremento del Salame Piacentino (+9,3%), la sostanziale tenuta della Pancetta (–0,7%) e un leggero calo della Coppa Piacentina (–9,0%). In pratica, la leggera perdita riscontrata nella produzione della Coppa Piacentina è stata compensata dall’aumento del Salame Piacentino, confermando un livello di produzione stabile e consolidato. La sostanziale tenuta dei consumi dei prodotti Dop Piacentini, inoltre, si ripercuote positivamente sull’intera filiera fortemente legata al territorio piacentino. La filiera certificata dei salumi Piacentini Dop comprende circa 2.000 occupati tra addetti agli allevamenti dei suini, comparto alimentazione e benessere, macellazione, addetti alla produzione, agenti di vendita. Il fatturato del mercato dei 3 salumi Dop Piacentini alla produzione è di circa 30.000.000 di euro sul mercato italiano. Ad oggi il consorzio associa 11 imprese tra le più importanti del settore. Più in generale, il 2019 si caratterizza per confermare il perdurare della difficile situazione di mercato, dovuta anche alle continue allarmanti comunicazioni, e il preoccupante incremento dei costi dei tagli di carne destinati alla produzione delle nostre Dop che in alcuni casi ha rasentato l’80%. Nonostante questo, la crescente attenzione verso i Salumi Piacentini Dop, manifestata dalle grandi catene commerciali, dalle gastronomie di qualità, dal comparto della ristorazione e dal turismo enogastronomico, testimonia che l’intenso lavoro svolto in termini di valorizzazione dal Consorzio di Tutela sta producendo risultati concreti e duraturi. Questo ha contribuito a fronteggiare e a superare i problemi uniti al perdurare di una difficile e lunghissima congiuntura. Desta preoccupazione invece la marginalità economica che si è alquanto ridimensionata: questo determina inevitabilmente maggiori difficoltà per gli investimenti sempre più necessari per restare competitivi con il mercato. Ciò nonostante, diverse aziende associate hanno saputo anche investire nell’ampliamento delle strutture produttive e in nuovi impianti tecnologici. Dal 2000 al 2019, la produzione dei salumi Dop piacentini è notevolmente aumentata: +602% per Coppa Piacentina, +1001% per Pancetta Piacentina, +465% per Salame Piacentino (photo © Pavel Timofeev – stock.adobe.com). >> Link: www.salumitipicipiacentini.it

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Cosa sono i Distretti del Cibo? I Distretti del Cibo costituiscono un nuovo modello di sviluppo per l’agroalimentare italiano. Nascono infatti per fornire a livello nazionale ulteriori opportunità e risorse per la crescita e il rilancio sia delle filiere che dei territori nel loro complesso. Si tratta di uno strumento strategico mirato a favorire lo sviluppo territoriale, la coesione e l’inclusione sociale, favorendo l’integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale. I Distretti hanno come obiettivo anche la sicurezza alimentare, la diminuzione dell’impatto ambientale delle produzioni e la riduzione dello spreco alimentare. Altro scopo fondamentale è la salvaguardia del territorio e del paesaggio rurale attraverso le attività agricole e agroalimentari. Il modello dei Distretti del Cibo è finalizzato, inoltre, a ridare slancio alle esperienze dei distretti rurali già presenti sul territorio nazionale, così come a incentivare la nascita di nuove realtà attraverso la possibilità di accedere a finanziamenti dedicati. Come previsto a livello normativo, infatti, è possibile ottenere il riconoscimento di Distretti del Cibo per i distretti rurali e agroalimentari di qualità, i distretti localizzati in aree urbane o periurbane caratterizzati da una significativa presenza di attività agricole volte alla riqualificazione ambientale e sociale delle aree, i distretti caratterizzati dall’integrazione fra attività agricole e attività di prossimità, i distretti biologici. Il riconoscimento dei Distretti del Cibo avviene attraverso le Regioni e le Province autonome di appartenenza che provvedono alla comunicazione al MIPAAF, che ha istituito il Registro nazionale dei Distretti del Cibo. >> Link: www.politicheagricole.it

Il Consorzio di Tutela dei Salumi DOP Piacentini non si è lasciato sfuggire questa occasione e a giugno è arrivato il riconoscimento, tanto che oggi esso rappresenta il primo “Distretto del Cibo” riconosciuto dalla Regione EmiliaRomagna e unico Distretto per i salumi DOP compreso nell’elenco ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. «Questo ulteriore strumento a nostra disposizione — ha spiegato il presidente

del Consorzio ANTONIO GROSSETTI — permetterà finalmente di perseguire in modo concreto la costituzione di una filiera produttiva collegata ai salumi DOP tutta piacentina, che da anni il Consorzio si sta prodigando per realizzare. Infatti, attraverso “Accordi di Distretto” tra i diversi attori che partecipano al sistema produttivo dei salumi DOP, operanti sul territorio piacentino, sarà possibile costruire percorsi di filiera condivisi e partecipare anche ad appositi bandi

Questo ulteriore strumento a nostra disposizione, e quindi attraverso gli “Accordi di Distretto”, ci consentirà di perseguire in modo concreto la costituzione di una filiera produttiva collegata ai salumi Dop tutta piacentina, che da anni il Consorzio si sta prodigando per realizzare, ha spiegato il presidente del Consorzio Antonio Grossetti

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nazionali per finanziare progetti comuni capaci di rafforzare lo sviluppo economico e sociale. In un momento difficile come quello che stiamo attraversando, il Consorzio di Tutela Salumi DOP Piacentini pone grande attenzione a tutte quelle misure che possono aiutare le aziende associate e l’intera filiera a superare le grandi difficoltà del momento con una proiezione programmatica di lungo periodo. Il nostro obiettivo insomma — ha concluso Grossetti — è promuovere, coi fatti, la riorganizzazione delle relazioni tra i differenti soggetti del sistema produttivo operanti nel territorio piacentino, al fine di favorire la collaborazione e l’integrazione fra i vari soggetti delle filiera, stimolando la creazione di migliori relazioni di mercato, dove ogni soggetto abbia la giusta soddisfazione economica, condizione fondamentale per perseguire la più alta qualità dei prodotti, con indubbia ricaduta positiva sul nostro territorio».

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Attilio Fontana è il nuovo presidente del Consorzio di tutela del Prosciutto Veneto Dop ATTILIO FONTANA (in foto), contitolare coi fratelli dell’omonima, centenaria azienda di Montagnana (PD), è il nuovo presidente del Consorzio di tutela del Prosciutto Veneto DOP. L’assemblea dei soci, svoltasi a Montagnana il 24 giugno scorso, ha rinnovato anche il Consiglio di Amministrazione che affiancherà il presidente nella gestione del prossimo triennio. Vicepresidente è MONICA VISENTIN, che rappresenterà i produttori veronesi e prima donna in carica dalla fondazione del Consorzio. Consiglieri sono il riconfermato PAOLO COLOGNESE e i nuovi entrati DIEGO GUERRIERO e MANUEL FURLANI, tutti con prosciuttifici nel vicentino. Fontana guiderà il Consorzio per la quarta volta, avendone retto i vertici già dal 1999 al 2006. Lo stesso giorno si è svolta anche l’assemblea straordinaria per la modifica del Disciplinare di produzione, che sarà reso più rigoroso, anche alla luce delle richieste dell’UE e del MIPAAF, e più vicino alle richieste dei consumatori, in particolar modo prevedendo un minor contenuto di sale — che rimane l’unico conservante — e una stagionatura minima che sarà innalzata di due mesi. Gli attuali dieci produttori associati all’ente di tutela rappresentano il 100% della produzione certificata dell’area della pianura pedecollinare berico-euganea, quindici comuni solo all’interno dei quali è riservata la possibilità di lavorare e stagionare il Prosciutto Veneto DOP. Il Veneto Berico Euganeo è un prosciutto dal sapore elegante, equilibrato nella sua dolcezza, rosa al taglio. MICHELE SAVONAROLA, medico, dietologo e gastronomo padovano del secolo XV, ne parla nel suo “Libreto de tute le cosse che se manzano”, citando un aneddoto che ha per protagonista un ebreo convertito al cristianesimo al suo primo assaggio di prosciutto: “Se avessi immaginato che era così buono, mi sarei battezzato già dieci anni prima” (me serìa batizato zà diese ani avanti). >> Link: www.prosciuttoveneto.it

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Consorzio Mortadella Bologna: Corradino Marconi confermato alla presidenza L’assemblea generale del Consorzio Mortadella Bologna ha confermato all’unanimità alla carica di presidente Corradino Marconi (in foto) per il triennio 2020-2023. «È il miglior riconoscimento dell’attività fin qui svolta» ha commentato Marconi. «Il Consorzio negli ultimi anni, attraverso svariate iniziative ed attività, ha voluto dimostrare, sia al consumatore finale sia al mercato, che la Mortadella Bologna IGP “vale di più”. Questo è stato possibile attraverso 3 tipologie di interventi: in primis, continuando a lavorare per garantire ai consumatori una Mortadella Bologna sempre più buona, sicura e controllata in ogni fase del processo di lavorazione, grazie all’implementazione del sistema di controllo sulla Igp e all’adozione del nuovo Disciplinare con l’eliminazione del glutammato e l’utilizzo di soli aromi naturali». La seconda linea di intervento da parte del Consorzio ha voluto dimostrare quanto sia importante il legame col territorio. A partire dall’apertura della Fabbrica Trasparente della Mortadella Bologna all’interno di FICO. Uno spazio di 300 m2 dove è possibile assistere dal vero alle diverse fasi della produzione, partecipare a corsi formativi e di degustazione, show cooking, spettacoli e, infine, degustare la Mortadella Bologna prodotta in loco a km 0. Per proseguire con l’inaugurazione dell’ala del Museo della Storia di Bologna (Palazzo Pepoli) interamente dedicata alla Mortadella Bologna, perché «il racconto di questo prodotto ben si inserisce nel quadro più ampio del patrimonio gastronomico della città, illustrando gli usi e i costumi dei cittadini bolognesi nel corso dei secoli». Va anche sottolineato lo spostamento del baricentro dei mercati di vendita, con l’aumento dell’export verso i mercati esteri, UE ed extra UE. «Infine, la terza linea di intervento — conclude Marconi — è stata quella di potenziare la comunicazione, attraverso l’ideazione di numerosi eventi, tra i quali il principale è il “Mortadella Day”, la giornata interamente dedicata alla Mortadella Bologna Igp che si svolge a Bologna il 24 ottobre di ogni anno, in occasione della data celebrativa dell’editto del Cardinal Farnese che regolava la produzione della Mortadella». Il potenziamento della comunicazione ha visto anche l’intensificarsi dell’impegno nel canale digital, sia attraverso il sito web in continuo aggiornamento (mortadellabologna.com) sia con l’attivazione e lo sviluppo dei principali social network. Tra gli obiettivi per il prossimo triennio c’è quello di mettere in atto azioni di contrasto alle pratiche svalorizzanti dell’immagine del prodotto Igp e proseguire nel miglioramento qualitativo del prodotto; infine, una forte attenzione sarà data ai temi attuali di sostenibilità etica e ambientale. Nel corso dell’assemblea si è provveduto anche al rinnovo del CdA per il triennio 2020-2022, con la nomina di due nuovi consiglieri, nella persona di Marianna Leoncini e quella di Marco Setti (photo © www.isitsalumi.it). >> Link: mortadellabologna.com

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ph: Franceschini Vincenzo

Da oltre 50 anni curiamo i nostri prodotti con grande amore. Selezioniamo solo le migliori carni di suini Italiani e le lavoriamo nel rispetto della tradizione.

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PRODOTTI TIPICI

Il prosciutto di Bassiano di Massimiliano Rella

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In alto: il Giardino di Ninfa a Cisterna di Latina (LT). A sinistra: esame olfattivo dei prosciutti di Bassiano.

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l Prosciutto di Bassiano è una specialità norcina di un paese di 1.500 abitanti, a 650 metri slm sui monti Lepini, in provincia di Latina, località appenninica del Lazio meridionale che presenta condizioni ideali per la stagionatura. Storicamente a Bassiano le famiglie contadine provvedevano a farsi in casa la loro scorta di salumi per l’inverno, seguendo una ricetta consolidata nel tempo. Nel dopoguerra, però, un salumiere modenese di nome ASTRO MURATORI intuì le potenzialità di questo paese montano, non distante dall’Agro Pontino, le terre un tempo paludose bonificate durante la dittatura fascista. Il padre Edoardo negli anni ‘30 era infatti uno dei tanti coloni arrivati dal Nord Italia per sanificare quelle aree, oggi ricche e fertili. Col figlio Astro aiutava i contadini ad uccidere i maiali, poi aprirono un negozio di alimentari a Borgo Sabotino, uno degli insediamenti colonici dai nomi di località venete e friulane che popolano l’Agro Pontino. Dopo la guerra cominciarono un commercio di salumi dall’Emilia, ma all’inizio degli anni ‘60 un amico di Astro gli propose di portare le cosce fresche a stagionare a Bassiano, nelle cantine e soffitte dei Bassianesi, che le conciavano secondo la ricetta locale.

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Sugnatura delle cosce al Prosciuttificio di Bassiano Reggiani. Prima della stagionatura le cosce vengono affumicate in modo naturale con fumo di legno di faggio per 4-5 ore. Fu così che la produzione artigianale fece il salto imprenditoriale. Tempo dopo l’attività passò nelle mani del genero RUGGERO REGGIANI. Oggi Reggiani è un marchio noto per il Prosciutto di Bassiano, ma produce anche coppiette piccanti e dolci ai semi di finocchio e peperoncino, guanciali al peperoncino o al pepe nero stagionati 4 mesi, pancette, lonze, salumi alla scorza d’arancia, ecc…, con un fatturato complessivo di 2,5 milioni di euro che per l’85% deriva però dal prosciutto, che vale 25.000 cosce l’anno. I prodotti sono distribuiti principalmente nel Lazio in una rete di gastronomie, ristoranti e piccoli supermercati, ma sono in vendita anche al negozio aziendale. L’export vale appena il 3%, principalmente Germania, Francia e Regno Unito. L’azienda è gestita dal signor RUGGERO insieme ai figli MASSIMILIANO e RICCARDO, di 35 e 33 anni, e 8 dipendenti. Come materia prima lavora suini nazionali in gran parte allevati nel Lazio e in Centro-Nord Italia, più piccola produzione di Neri allo stato brado, il Nero dei Nebrodi dalla Sicilia e il Nero casertano allevato in Ciociaria. Un centinaio di suini l’anno per fare un Prosciutto di Bassiano “etichetta nera” grazie ad un progetto di rivalutazione delle razze autoctone italiane.

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Le razze del Sud Europa prima del ‘900 erano nere e derivavano dal Sus scrofa mediterraneus, l’antenato dei suini domestici del Mediterraneo, le cui carni ricche di sapore e particolarmente marezzate hanno un grasso di qualità superiore per l’alto indice di acido oleico. Da qualche tempo, però, i Reggiani stanno lavorando anche sulla selezione di suini iberici dell’Estremadura, allevati allo stato brado nella tipica dehesa del Sud della Spagna tra boschi di lecci, sugheri e faggi. I salumi sono portati poi a Bassiano negli ultimi mesi di affinatura a godere del microclima dei monti Lepini. Ma torniamo al Prosciutto di Bassiano, un prodotto di giusta sapidità, dal sapore intenso, aromatico e leggermente affumicato. Questo il procedimento artigianale: dopo la rifilatura a punta di coltello le cosce (pezzatura media 10 kg) sono conciate con una salsa di ingredienti freschi, aglio, vino, pepe nero e sale marino, senza aromi chimici e conservanti. La concia avviene contemporaneamente alla prima salatura, della durata di una settimana. C’è anche una seconda salatura per un’altra settimana per far entrare bene la giusta quantità di sale nelle fibre dei tessuti. A questo punto le cosce vanno a riposo per tre mesi in celle frigorifere dove la carne si stabilizza.

Prima della stagionatura le cosce vengono affumicate in modo naturale con fumo di legno di faggio per 4-5 ore. A questo punto vanno ad affinare in locali arieggiati per 14-18-24 mesi, a seconda della grandezza della coscia e del tipo di prosciutto (il Nero a 36 mesi) ad una temperatura ambiente mantenuta intorno ai 17 gradi grazie alla ventilazione naturale. L’apertura delle finestre avviene su un lato o sull’altro a seconda della stagione: il lato Nord è aperto d’estate, il lato Sud d’inverno. In primavera e autunno sono invece aperti entrambi i lati a seconda del vento e dell’umidità per far asciugare meglio la carne. «La primavera è fondamentale per i profumi trasportati dalle correnti d’aria» ci spiega MASSIMILIANO REGGIANI. «La parte grassa assorbe profumi di faggio, leccio e pini». Il principe dei prosciutti è la Gran Riserva 24 mesi, da una selezione dei migliori cosci, spillati con l’ago per sentirne il profumo e tastati per “palpare” la consistenza della parte grassa, di bella forma e di peso minimo di 10 kg. Massimiliano Rella >> Link: www.prosciuttobassiano.it Nota Photo © Massimiliano Rella.

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Il Vissuscolo di Visso e il salame spalmabile di porco e trota

GIORGIO CALABRÒ E LE NUOVE FRONTIERE DELLA SPALMABILITÀ di Riccardo Lagorio

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ondamentalmente laico, amo DANTE. Alighieri, credente a tal punto da narrare, non senza avere, probabilmente, letto il persiano SAADI DI SHIRAZ per mezzo di una traduzione sulla tripartizione dell’Aldilà giunta da Al-Andalus, le pene e la gloria a cui le anime sono sottoposte una volta abbandonato il corpo. Tra le peggiori condanne quelle riservate agli ignavi, coloro che nella loro vita non agirono e mai hanno agito

né male né bene, non osarono mai una propria idea, limitandosi sempre limitati ad abbracciare l’idea del più forte. Gli ignavi sono costretti a girare nudi, punti per l’eternità da vespe e mosconi. Il loro sangue viene succhiato da fastidiosi vermi. Chi non ama quella religiosità di Dante, esiliato, infarcita come in un ossimoro, del suo stesso spirito laico? Negli stessi luoghi dove allignano ignavi che hanno foderato d’oblio alcune delle più belle piazze e monumenti

Il 40% del salame spalmabile preparato da Giorgio Calabrò durante il lockdown è di suino, macinato finissimo, che si mischia all’impasto di trota adulta, con almeno 4 anni di vita. Dopo almeno 20 giorni dalla produzione si può consumare.

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d’Italia, Visso o Norcia o L’Aquila che siano, accade che la storia ci riservi ossimori, come un salame di pesce e porco. Un salame spalmabile il cui nome è impronunciabile a Visso, come nelle altre terre terremotate che l’hanno visto nascere e che, quelle terre, denominano ciascuno a proprio piacimento. A Visso, vissuscolo. Ma, non v’è dubbio, molto più semplice definirlo salame spalmabile o, se si è in vena di vezzo giocoso, Nutella suina. GIORGIO CALABRÒ, tra i più abili norcini viventi, nella piazza di Visso, dall’ottobre 2016 occupata da macerie, apriva la sua bottega esibendo la propria arte. Ora lo trovi alla Compagnia dei Maestri Artigiani, la struttura in legno ideata e fornita da LORO PIANA alle porte del paese, messa a disposizione delle attività artigianali e commerciali sfollate. «In tutta onestà posso affermare che la richiesta rivolta ai nostri prodotti non è mai mancata. È cresciuta con gli anni e non ci hanno fermato né il terribile terremoto né, ultimamente, la pandemia. Tuttavia, non ho voluto assumere una dimensione più industrializzata perché sono consapevole che sarei inevitabilmente andato incontro ad una diminuzione del livello dei miei prodotti finali» esplicitamente dice e scrive Calabrò. In questi anni difficili neanche il pensiero di affidarsi alla Distribuzione Organizzata «per non tradire la nostra clientela a cui va la nostra riconoscenza», aggiunge. Ed è stata proprio l’esperienza della chiusura a fornire l’opportunità di

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sperimentare una nuova frontiera della salumeria vissana, il salame spalmabile dove il porco abbraccia la trota. «Dopo numerosi esperimenti è stato chiaro che avrei dovuto lavorare separatamente le due materie prime per permettere che si inneschino le opportune fermentazioni» racconta. Così, proprio nei mesi da marzo a maggio, è nato il salame spalmabile di porco e trota. «La trota dev’essere adulta e con un peso d’una decina di chilogrammi. Una trota cioè che abbia almeno 4 anni di vita». Questo fatto è assai importante anche per ragioni etiche: si permette all’animale una vita più lunga e coerente con la sua natura. La trota proviene da allevamenti locali, di cui la vallata del torrente Ussita è ben dotata. In particolare le prove dei primi insaccati sono state eseguite con esemplari della TROTICOLTURA EREDI CHERUBINI di Visso (allevamentotrote.com). I filetti vengono marinati per 15 giorni in una mistura che al momento Giorgio Calabrò non svela. Ma i sentori sono chiari: arancia, aglio e pepe inconfondibili. Dopo pressing e narrazioni spunta la lavanda, che effettivamente rilascia un gradevole aroma, ma vi sono almeno un’altra mezza dozzina di ingredienti che rimangono sul taccuino segreto degli appunti di Calabrò. Oltre al fatto che i filetti vengono leggermente affumicati con le vinacce del Vissanello di Cupi, una varietà di uva chiamata altrove Pecorino e coltivata nella frazione di Visso, a 1.000 metri di altitudine.

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Giorgio Calabrò e il nuovo salame spalmabile di porco e trota. Un salume rosa, sapido, da spalmare sui crostini, alla maniera marchigiana e accompagnare ad uno spumante dell’azienda vinicola Coppacchioli di Cupi di Visso (AP).

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L’Azienda Vinicola Coppacchioli produce vino dai vigneti più alti delle Marche e del centro Italia, a mille metri, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. GLG, il logo, ossia Gaia, Lucio e Ginevra, svela l’ultima generazione di una famiglia che pochi anni fa ha deciso di recuperare vecchie viti di Pecorino, Vissanello, Chardonnay e Pinot nero, e lasciarle modellare dalle stagioni e dai venti di montagna. La missione? Coltivare in modo ecosostenibile la terra, privilegiando i lieviti naturali, e favorire la rinascita della cultura contadina in aree abbandonate”. In foto, Ginevra Coppacchioli nei vigneti dell’azienda di famiglia.

La famiglia Coppacchioli ottiene da questi grappoli un vino fermo brillante e cangiante e un buon vino spumante Metodo Classico, Pecora Fuori Gregge (glg-cupi.com). «L’attività norcina è da sempre radicata nel territorio dei Monti Sibillini e da quattro generazioni ci muoviamo alla ricerca di piccoli allevatori di suini, allevati all’aria aperta o in porcili ampi e igienici». Sì, perché il 40% del salame spalmabile è di suino, macinato finissimo, che si mischia all’impasto di trota. Dopo almeno 20 giorni dalla produzione si può consumare. Una volta ottenuta la stagionatura prevista, si conserva bene sottovuoto. Ne esce un salume rosa, sapido, dall’insolita

persistenza ittica avvolta da profumi suini. Si spalma sui crostini, alla maniera marchigiana. Si consuma in religioso silenzio e con il laico accompagnamento del vino spumante della giovane GINEVRA COPPACCHIOLI, alla quale ho suggerito, da non ignavo qual sono, di continuare a produrre con uve d’origine locale e non ovunque rinvenibili. Riccardo Lagorio Norcineria Calabrò c/o Compagnia dei Maestri Artigiani di Visso Via Cesare Battisti 62039 Visso (MC) Telefono: 335 5863612 Web: www.maestriartigianivisso.com

Pubblicata la domanda di registrazione Pampepato di Terni Igp È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale europea del 01 luglio 2020 (GUUE C 217 del 01/07/2020) la domanda di registrazione della denominazione Pampepato di Terni Igp – Classe 2.3. Prodotti di panetteria, pasticceria, confetteria o biscotteria ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del Reg. (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Il pampepato è un dolce natalizio tipico della tradizione umbra e, nello specifico, della tradizione ternana. Le sue origini risalgono al 1500, almeno nella composizione degli ingredienti ancora oggi utilizzata. Il primo riferimento ad una produzione professionale del pampepato risale al 1913 ad opera del pasticcere Spartaco Pazzaglia (fonte: Fondazione Qualivita; photo © Umbria Agricoltura).

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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

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MACELLERIE D’ITALIA

NORCINERIA AVAGLIANO: I SAPORI DEL CIRCEO di Massimiliano Rella

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In basso, a pagina 102: Manuele Avagliano (photo © Massimiliano Rella). A sinistra: salame Corallina Avagliano. «Il salame Corallina nasce a Norcia — racconta Manuele — ma è molto apprezzato anche nel Lazio ed è un prodotto immancabile sulle tavole la mattina di Pasqua. È un salame lardellato che deve il suo nome al “budello corallo gentile” in cui viene insaccato e grazie al quale si conserva morbido naturalmente. La Corallina Avagliano (disponibile solo nel periodo pasquale) viene realizzata artigianalmente con le parti magre di suini italiani macinate finemente a cui vengono aggiunti dei lardelli».

L’

associazione Butchers For Children ha avuto il merito di portare a Sabaudia (LT) il meglio della carne e della norcineria italiana, dalla Sicilia al Trentino Alto Adige. Era una calda giornata di giugno 2019, il Covid era un perfetto sconosciuto e chili e chili di salsicce, hamburger e bistecche cuocevano a puntino su batterie di griglie fumanti, pronte a “sfamare” turisti, curiosi e appassionati arrivati nella cittadina del litorale laziale per girovagare tra i banchi dei macellai presenti all’evento e assaporare carni di alta qualità. Il successo della manifestazione, finalizzata alla raccolta fondi per il “Progetto Heal Onlus”, per la cura e la ricerca nell’ambito della neuro-oncologia pediatrica, è stato possibile grazie anche al coordinamento di MANUELE AVAGLIANO, norcino-macellaio nonché presidente dell’associazione commercianti di Sabaudia. Il curriculum di questo ragazzone di 38 anni prende forma tanti anni addietro nel mondo della carne e dei salumi e si arricchisce strada facendo di una divagazione in studi universitari d’architettura, poi conclusi per tornare alla passione più antica, alimentata fin

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da bambino. Oggi Manuele gestisce insieme alla sorella FRANCESCA il negozio con laboratorio Avagliano Carni, su Corso Vittorio Emanuele II, il viale centrale di Sabaudia, aperto dal lontano ‘66. La tradizione di famiglia ci spinge a ritroso fino alla generazione del bisnonno FRANCESCO e del nonno ANTONIO, entrambi commercianti di bestiame, in seguito macellai, originari di Cava dei Tirreni (Salerno) e già allora attenti conoscitori di razze bovine e suine, italiane ed estere. Fu però VINCENZO, il papà di Manuele, ad aprire il negozio di Sabaudia e cominciare anche un’attività di norcineria. Attività che attualmente rappresenta il 70% del business, un anglicismo che non deve confonderci sull’anima artigianale di Avagliano. Al “reparto” carni suine Manuele ci propone infatti la materia prima del suo allevamento situato all’entrata del vicino Parco Nazionale del Circeo, popolato da incroci di Cinta senese e Nero casertano: una trentina di capi che “pascolano” allo stato semibrado, alimentandosi in modo naturale a partire dalle ghiande, con un’integrazione di fioccato (cereali essiccati e pressati). «Nessun pappone — assicura Manuele

La macelleria norcineria Avagliano è presente a Sabaudia da 50 anni. Oggi Manuele e Francesca, la quarta generazione di professionisti nel settore, ne sono alla guida, con le stesse doti di entusiasmo, capacità imprenditoriale e solidi valori familiari che hanno caratterizzato i loro predecessori

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In alto: Orlando di Mario e Mara Labella, Macelleria Labella Mara di Sermoneta (LT), con Manuele Avagliano all’evento organizzato a Latina dai Butchers for Children (photo © Massimiliano Rella). In basso: i prosciutti Avagliano. — solo cibo asciutto affinché il salume non risulti acquoso». L’approvvigionamento di carne suina è completato con animali di un

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allevamento di Pomezia (Roma), mentre per la carne vaccina ci si rifornisce da altri tre allevatori dell’Agro Pontino, con una forte preferenza per la Frisona,

«una razza da latte controllata capo per capo costantemente, di cui conosciamo perfettamente lo stato sanitario» spiega Avagliano. «E comunque sempre nel rispetto del ciclo di vita dell’animale, macellato sempre e solo alla fine del ciclo del latte». Come dicevamo, la parte più consistente dell’attività è rappresentata dalla norcineria artigianale, con uso esclusivo di conservanti naturali (estratti di barbabietola, di avena, ecc…). Tra i prodotti, tracciabili e di filiera corta e controllata, troviamo guanciali, pancette, salami, corallina pasquale, coppiette di vitellone e prosciutti nostrani stagionati 24-26 mesi nel paese di Bassiano, sui monti Lepini. E, visto che del maiale non si butta niente, anche zampe e coda essiccate per insaporire zuppe e piatti a base di fagioli. Infine, due prodotti creati dallo stesso Manuele. Il primo è il Salame nella Tavoletta: la forma schiacciata si ispira alla soppressata napoletana, il contenuto magrissimo e con lardelli ricorda la corallina; nella carne tagliata a mano c’è però paprika affumicata. Il salume viene schiacciato per 60 giorni tra due tavolette di legno d’abete, capaci pure d’attivare la flora batterica e la formazione di muffe naturali. L’altro prodotto di Avagliano è la salumeria di cinghiale, una linea di prodotti nata in seguito ad un accordo, risalente a cinque anni fa, col Parco Nazionale del Circeo per l’autorizzazione alla cattura del cinghiale vivo; progetto che si sta cercando di replicare una quarantina di chilometri più a sud nel Parco Regionale della Riviera di Ulisse, a Gianola (LT). Dalla carne di cinghiale nascono salumi e salamelle stagionate. «Il fatto che il cinghiale sia catturato vivo e non abbattuto con operazioni di caccia ci permette di evitare di avere una carne senza sapore di selvatico» ci spiega Avagliano. «Poiché l’animale è macellato dopo lo stordimento, come avviene per i suini, la carne ha invece un sapore più delicato». Massimiliano Rella Macelleria Norcineria Avagliano Corso Vittorio Emanuele II 63-1 04016 Sabaudia (LT) Telefono: 0773 515254 E-mail: avagliano@hotmail.it Web: www.avaglianocarni.it

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IL GUSTO DI CAMMINARE

VUELVO AL SUR. RIPARTIRE CAMMINANDO SUI SENTIERI DEL PARCO NAZIONALE DELL’ISOLA DI PANTELLERIA di Elena Simonini

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In basso: il lago di Venere, una delle principali sorgenti termali che l’isola offre (photo © Davide D’Amico – stock.adobe.com).

essuna estate, quanto quella di questo davvero particolare e complicato anno 2020, ha forse mai rappresentato la vera opportunità di ripensare profondamente alla nostra idea di vacanza, e anche proprio di reinventarla, nell’ottica di un turismo sostenibile e più responsabile. Ma quando occorre rifondare un pensiero o rivalutare una situazione, di solito, si comincia sempre e solo da se stessi e dal nostro posto nel mondo. E tanto più ci si impone di farlo oggi, in un momento in cui siamo chiamati, per il bene nostro e per quello comune, a ricostituire una sorta di differente dimensione personale, la quale consenta di

misurare una nuova e inusitata distanza fisica tra noi e gli altri. Ecco che allora, ancora una volta, mi sembra, camminare si può rivelare come l’azione più semplice, più spontanea e più naturale attraverso la quale avviare una istanza di rinnovamento, interiore ed esteriore, che si riflette direttamente sul nostro tempo libero, sui week-end e sulle vacanze di questa estate ormai già nel pieno del suo splendore. Ripartire camminando, dunque, lontani dai luoghi affollati di gente, da soli o in piccoli gruppi, su itinerari più noti o su sentieri sperduti, per lunghe ed avventurose escursioni oppure per più semplici e brevi percorsi, ma sem-

Lo Zibibbo e l’alberello pantesco patrimonio dell’UNESCO Quello della vite ad alberello è un tipo di coltivazione introdotto a Pantelleria dai Fenici che, perfezionato e tramandato nei secoli, è stato capace di produrre splendidi frutti in condizioni estreme. L’isola è infatti caratterizzata da una costante ventosità (Bent-el-Rhia, “figlia del vento” in arabo), da una scarsa piovosità compensata da una grande umidità, per i suoi terreni impervi sui quali sono stati realizzati magistrali terrazzamenti. L’alberello pantesco è una pratica agricola definita dal professor Pier Luigi Petrillo “creativa e sostenibile” e per questo degna di un riconoscimento internazionale come quello ricevuto dall’UNESCO che lo ha inserito nella lista dei beni Patrimonio mondiale dell’Umanità. Creativa perché fondata sulla “conca”, la culla scavata nel terreno per accogliere la vite, proteggerla dal vento, nutrirla con l’umidità della notte che vi si raccoglie e non si disperde. Creativa perché il sistema potatura, fa sviluppare la pianta con un andamento orizzontale e quasi strisciante sul terreno, e quindi in grado di sopravvivere al vento costante che soffia sull’isola. Sostenibile perché la sua coltivazione è interamente manuale, perché le terrazze sorrette dai muretti a secco delineano il paesaggio di Pantelleria e lo difendono dall’erosione. Una viticoltura eroica che sopravvive grazie anche al lavoro di tanti produttori, che da anni si impegnano sull’isola. Lo Zibibbo è l’uva del Passito di Pantelleria. Un vino dolce unico per le sue caratteristiche organolettiche, un vino prezioso che consente di ripagare la fatica e i costi di questa viticoltura che si fonda sull’alberello pantesco (in foto, le vigne di Donnafugata a Pantelleria; photo © winenews.it).

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Capperi! La sua forma è irregolare, quasi sferica, e il colore è tipicamente verde scuro e tendente al senape, mentre il gusto è inconfondibilmente aromatico e salino. I boccioli piccoli e chiusi sono i più buoni e pregiati perché il loro gusto è più delicato. Stiamo parlando del Cappero di Pantelleria Igp, uno dei frutti che più rappresenta la piccola e bellissima isola siciliana. Il Cappero di Pantelleria IGP cresce rigoglioso e resistente in perfetta simbiosi col terreno secco di origine vulcanica e una forte esposizione al sole e alle alte temperature. La mano dell’uomo e la coltivazione stessa del cappero di Pantelleria hanno contribuito nel tempo a rendere unico questo paesaggio, plasmandolo in piccoli appezzamenti circondati da muri a secco e fabbricati in pietra lavica utilizzati per raccogliere l’acqua piovana. Oggi la coltivazione del Cappero di Pantelleria si svolge secondo regole precise dettate dall’Unione Europea, che ha conferito a questo frutto il marchio di Indicazione Geografica Protetta (Igp). Anzitutto le piante vengono poste in terrazzamenti esposti al sole e sono regolarmente potate. Da maggio a fine ottobre si ha la raccolta dei capperi, ovvero dei boccioli della pianta non ancora aperti, che vengono raccolti a mano più volte al giorno e fatti maturare lentamente sotto il sale marino grosso, costantemente controllati e mescolati per circa 8-10 giorni. Successivamente, si procede con una seconda salatura e ulteriori passaggi di mescolatura dei capperi. Infine, viene eliminata l’acqua di vegetazione prodotta e si va via via ad aggiungere un po’ di sale. Questo sistema di conservazione fa si che il cappero non perda le sue eccezionali caratteristiche organolettiche e sia pronto per essere gustato in tutto il suo sapore! È preferibile risciacquarlo in abbondante acqua corrente prima di utilizzarlo in cucina (photo © Ne_Cloud – stock.adobe.com).

Favàre e fumarole sull’isola di Pantelleria. Le favàre sono potenti getti di vapore acqueo misto a minerali che emergono ad intermittenza dal sottosuolo in più punti, attraverso spaccature della roccia (photo © Federico – stock.adobe.com). plicemente camminare, sempre sulle sole nostre gambe: è quello che davvero consiglio oggi, anche a chi non ha mai indossato un paio di scarpe da trekking, per le vacanze estive di quest’anno. E allora ho deciso, stavolta vi porto al Sud.

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Vuelvo al Sur, per dirlo con le note dello struggente tango di PIAZZOLLA le quali ci ricordano che il Sud è un destino del cuore, verso il quale si torna sempre, con un misto di desiderio e paura (Vuelvo al Sur, como se vuelve siempre al amor, vuelvo a vos, con mi

deseo, con mi temor. Llevo el Sur, como un destino del corazón, soy del Sur, como los aires del bandoneón). Ma non penso ad un Sud lontano, misterioso od esotico. Intendo invece portarvi a camminare nel nostro meraviglioso Sud, nella cui a volte dura terra si insinuano le più profonde radici culturali, non solo dell’Italia ma anche di tutta l’Europa. Andiamo in Sicilia, e anzi ancora più a sud, a Pantelleria, una delle più belle isole italiane, sospesa in mezzo al mare Mediterraneo tra Italia e Africa, e nota non solo per le spiagge mozzafiato e per le acque cristalline, ma proprio anche per una ampia e importante rete sentieristica che si sviluppa all’interno di una strepitosa area naturale protetta, denominata Parco nazionale dell’Isola di Pantelleria. Questa stupefacente riserva naturale, unica in Sicilia nel suo genere, consta di ben 21 sentieri, ricavati da antiche mulattiere e sentieri di montagna, per un totale di 100 km di itinerari che potrete facilmente declinare in diverse lunghezze e dislivelli, a seconda della vostra resistenza al cammino, del tempo a disposizione, e anche a seconda del vostro eventuale e specifico interesse

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(naturalistico, archeologico, geologico, storico, o rurale). Tutti i percorsi sono ben segnalati e in ottimo stato di manutenzione, e quindi vi permetteranno di camminare tranquilli e così di godere appieno del sentimento di meraviglia che questa esperienza a Pantelleria susciterà in voi. Gli itinerari che potrete esplorare nell’isola vulcanica di Pantiddarìa, come la chiamano i suoi abitanti, sono molto vari e diversificabili. Percorsi a strapiombo sul mare, caratterizzati da spettacolari panorami sulle coste laviche che potrete contemplare dentro ad un immenso silenzio di altitudine, mentre il caldo vento salino vi asciuga la pelle e vi scompiglia i capelli. Interi tratti a ridosso della costa, camminando completamente immersi nell’inconfondibile profumo della macchia mediterranea. Lunghi sentieri in mezzo ai meravigliosi terrazzamenti coltivati a Zibibbo o agli splendidi cappereti, entrambi simboli della cultura rurale pantesca e della forza dell’uomo che, con una quotidiana fatica, ha strappato alla terra lo spazio per la propria sopravvivenza. Oppure stupefacenti attraversamenti nei pressi delle numerose favàre e delle fumarole (fessurazioni della roccia dalle quali fuoriesce vapore acqueo, misto a composti chimici, con temperature che possono raggiungere i 100 °C). Durante questa indimenticabile esperienza di trekking a Pantelleria, inoltre, se vorrete, avrete la possibilità di raggiungere il favoloso Lago di Venere, che si caratterizza per i suoi colori continuamente cangianti, minuto dopo minuto, a seconda della luce, dal verde più intenso, al turchese più vivace, fino al più trasparente azzurro, o di scoprire una delle più importanti colate laviche dell’isola, il Kaggiar, o infine di vedere la Montagna Grande con la sua pineta, ovvero il cuore dell’isola e il punto più alto del vulcano emerso. Insomma, un vivace, infinito e indimenticabile tripudio di colori, profumi, panorami e sensazioni è quello che la seppur piccola isola di Pantelleria offrirà a chi, per questa estate tutta da reinventare, avrà la forza e la voglia di ripartire semplicemente camminando, e virando, come fosse un destino del cuore, verso il meraviglioso Sud. Elena Simonini

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WEEK-END

GANDÒ,

METTI UNA SERA A CENA NELL’ORTO di Gaia Borghi

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etti una sera a cena in un orto magico. Lo sfincione palermitano, le panelle e il pollo fritto kaarage. L’erba fresca sotto i piedi nudi, i profumi dei campi e il cielo sopra la testa. Easy like Thursday evening… È un caldo giovedì sera di giugno quello che mi porta fino a Camposanto, paesino modenese a ridosso del fiume Panaro, dove faccio la mia prima cena in un orto. Un orto sinergico per essere precisi, che sposa cioè la scuola del filosofo giapponese MASANOBU FUKUOKA, il quale sostiene che in agricoltura l’uomo debba intervenire il meno possibile e semplicemente far sì che tutto sia in sinergia. «Il suo movimento culturale è quello della cosiddetta “rivoluzione del filo di paglia”, il movimento del non fare. La terra ha già il suo equilibrio, non occorre aggiungere nulla» precisa RINO DUCA, chef di origine siciliana del ristorante Grano di Pepe di Ravarino (MO) che di quest’orto, dal 2014, è

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il proprietario e che in quest’orto ha deciso di reinventarsi. Rino che, in quanto a “fare”, invece, non si risparmia di certo. L’emergenza coronavirus che ha fatto chiudere tutti i ristoranti lo ha infatti portato prima a salire in macchina, adattando il menu del proprio locale alle esigenze del delivery e consegnando direttamente a casa dei propri clienti, vecchi e nuovi, la cucina che tanto lo ha fatto apprezzare dalle nostre parti in questi suoi anni emiliani. Clienti, come mi racconta lui stesso, così felici di ritrovare dentro ad un’arancina al ragù un po’ di quella “normalità” scomparsa improvvisamente da tutto il resto. Una volta iniziata la fase di riapertura, lo chef ha preso la decisione di non riaprire ma di restare “all’aperto” fino a settembre. E a Gandò – L’orto di Rino, “luogo di convivialità, di incontro, di cibo e vino”, continuerà a fare ristorazione in questa strana estate 2020. «Strappare le erbacce e preparare il terreno alla semina inginocchiandosi

ti rimette al tuo posto» mi spiega Rino Duca. «Gandò è proprio questo, un’immersione totale nel mondo vegetale, uno spazio incentrato sul fluire e sull’assecondare la natura. L’ho voluto chiamare così come omaggio al mio papà Gandolfo, professione agricoltore, per tutti Gandò». Un ritorno alle origini dunque, un ricongiungimento con la terra, ritrovare il proprio equilibrio dal basso nella Bassa emiliana. Aperitivo e cena in sinergia con la campagna Con modalità differenti, che sia cioè per un aperitivo, un originale picnic serale o una cena, seduti comodi vicino agli ortaggi e alle erbette coltivati nei vasconi di legno o nel prato, su sgabelli fatti con tronchi di quercia o con cuscini e plaid ad ammirare le stelle (sono in programma alcune serate con astronomi presenti a fare lezione), Gandò è pronto ad accogliervi. Nei piatti di Rino Duca troverete tante verdure fresche, le erbe

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aromatiche raccolte al momento, la sua Sicilia, l’Emilia e i ricordi rimasti impressi dai tanti viaggi in giro per il mondo, Giappone in primis. Immancabile, e imperdibile detto da chi lo ha assaggiato più e più volte, il cannolo. Nessun menù cartaceo: le proposte alla carta si potranno visionare sulla pagina Facebook di Gandò, ma ci saranno sempre piatti specials of the day perché a Rino piace improvvisare. Per la mia cena nei calici ho ritrovato la certezza dei vini di CANTINA DELLA VOLTA, scelti e raccontati da ANGELA SINI, nelle declinazioni di colori e sapori che solo CHRISTIAN BELLEI ha saputo e sa creare. E la certezza di ritornare. Gaia Borghi Gandò – L’orto di Rino Via Panaria Est 222 41031 Camposanto (MO) Telefono: 391 3172377 E-mail: booking@ilgranodipepe.it Web: www.facebook.com/GandòLorto-di-Rino-112080303872706

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In alto: Rino Duca fotografato nel suo Gandò. In basso: riso basmati, zucchine, pomodoro, pesche e menta e crostini con kefir, rapa rossa e salmone. Ad accompagnare il mio “cestino” di benvenuto a Gandò, La Prima Volta di Cantina della Volta, Spumante Brut Rosato a Dosaggio Zero, ottenuto dalla vinificazione in purezza di uve Lambrusco di Sorbara (photo © Federica Cornia).

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VINO

Monchiero vini, LE LANGHE NEL DNA E NEL BICCHIERE di Massimiliano Rella

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a FAMIGLIA MONCHIERO fonda l’omonima azienda nel 1954, nel cuore del territorio di produzione del Barolo, oggi un importante rosso DOCG e vino tra i più blasonati al mondo. La storia di Monchiero corre parallelamente a

quella di una famiglia contadina che per quasi un secolo, con rinunce e meritate soddisfazioni, ha saldamente mantenuto l’attaccamento a queste colline da qualche anno protette dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità. Una famiglia, i Monchiero, che è tra

i principali interpreti della memoria storica piemontese, ambasciatrice di tradizioni e tipicità. Le vigne si estendono per 12 ettari: nove nei comuni di Castiglione Falletto, dove nasce il Barolo Rocche di Castiglione (vino simbolo dell’azienda) e a La

Monchiero, ritratto di famiglia (photo © Barbara Guazzone Barolo).

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Morra, dove invece ricadono i vigneti del Barolo Roere di Santa Maria DOCG. Gli altri tre ettari sono situati nel comune di Alba, in frazione Scaparoni, dedicati questi alla produzione di altri rossi di territorio, come il Nebbiolo d’Alba e la Barbera d’Alba, ma anche bianchi come il Langhe Arneis e il Moscato. Altri possedimenti ricadono nel comune di Treiso, comune che appartiene alla denominazione del Barbaresco. I terreni così dislocati differiscono per composizione ed esposizione e questo favorisce una variegata ampiezza espressiva all’intera produzione di Monchiero. In particolare, in frazione Scaparoni, troviamo le vicine cave di gesso, mentre nelle Langhe il suolo dove si produce il bianco Arneis è solitamente sabbioso; la zona con terroir più gessoso oltre a favorire un anticipo di maturazione conferisce al vino maggiore alcolicità. La cantina e i vigneti, tutti di 25-30 anni d’età e coltivati col sistema del Guyot, sono seguiti direttamente da VITTORIO MONCHIERO, proprietario ed enologo, forte di lunga esperienza e capacità d’interpretare i vini di territorio, con attenzione alle diverse sfumature che caratterizzano i suoi prodotti. Se le moderne acquisizioni e gli aggiornamenti continui hanno arricchito le capacità professionali, Monchiero d’altro canto ha mantenuto viva una forte relazione quotidiana con la sua terra, prima fonte d’ispirazione per una cantina che intende fare vini di qualità e di espressione territoriale.

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Così, per le pratiche agricole si appoggia ad una stazione di monitoraggio delle piogge e applica la lotta integrata, tecnica che consente di ridurre al massimo i trattamenti contro gli insetti e altri organismi dannosi, effettuandoli solo quando indispensabili. Né si utilizzano diserbanti, poiché le piante infestanti sono tagliate con piccole macchine automatiche, usate nella viticoltura cosiddetta di precisione. Le tecniche colturali sono infine gestite separatamente per ogni singola vigna, seguendone le specifiche esigenze, e la vendemmia è completamente manuale, prevedendo un’accurata selezione delle uve con il coinvolgimento dell’intera famiglia. A parte i grandi Barolo di Monchiero, rossi eleganti e di spessore, la Barbera, più facile e di ottima beva, ha acquisito negli anni forte attrattiva, smussando le sue tipiche ruvidità con l’aiuto di tecniche mirate. Ad esempio, il posizionamento dei nuovi impianti è stato ponderato in base al terroir e all’esposizione, lavorando molto sul diradamento per ottenere un ottimo bilanciamento tra alcolicità e acidità. Anche in cantina l’attenzione e la precisione richiedono impegno e dedizione, dove sia il Barolo che la Barbera maturano nel legno delle grandi botti di rovere di Slavonia. Ogni vino seguendo un suo percorso verso il migliore e più adeguato invecchiamento. Qualche dato di mercato: la produzione totale annua si aggira sulle 40.000 bottiglie, in gran parte (l’80%) esportate nei principali Paesi,

In alto: Monchiero Vini, cantina storica di Castiglione Falletto (CN), produce Barolo, Nebbiolo, Barbera, Dolcetto e vini bianchi nella zona dei MEGA del Barolo. In basso: Barbera d’Alba superiore, 2016. tra America, Nord Europa, Australia e parzialmente in Asia. Massimiliano Rella >> Link: www.monchierovini.it

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I VINI DI PREMIATA SALUMERIA ITALIANA

Degustazione: vino e salumi affumicati di Laura Franchini

L

a tradizione norcina del nostro Paese vanta svariati metodi di produzione: da Nord a Sud si alternano tipicità, nomi, tecniche e gusti. Una costante è l’eccellenza, di sapore e di qualità, dei tanti salumi italiani. Tra i metodi utilizzati per l’insaporimento dei salumi c’è l’affumicatura, anche detta fumigazione, che conferisce al prodotto finale un gusto unico e ne garantisce la conservazione più a lungo. Una metodologia antichissima, erroneamente riferita al solo Nord Italia o Nord Europa. Carne e pesce sono i principali destinatari di questo tipo di procedura, ma si usa affumicare anche formaggi e verdure. Sono due i principali tipi di affumicatura: a freddo e a caldo. Recentemente è stata introdotta quella con fumo liquido. Nell’affumicatura a freddo il processo richiede da circa 24 a 48 ore e la temperatura deve essere mantenuta fra i 16 e i 26 °C, mentre in quella a caldo la temperatura deve essere compresa fra i 60 e i 75 °C. Le due metodologie vengono spesso utilizzate insieme. In quella con fumo liquido i cibi non vengono a diretto contatto col fumo, che viene condensato e distillato in acqua per poi essere unito in questa forma agli alimenti, che ne assumono il sapore, senza l’esposizione diretta.

Tra i legni più utilizzati per l’affumicatura troviamo l’ontano, ’affumic t la quercia, il faggio, pioppo, acacia, betulla, nel Nord America anche il noce bianco americano, la mesquite (Prosopis glandulosa), l’acero, ma anche alberi da frutta, come melo, ciliegio e pruno. È anche possibile utilizzare altri combustibili ed eventualmente aggiungere ingredienti aromatizzanti, come le erbe aromatiche, timo, rosmarino, alloro e maggiorana le più utilizzate. Alcuni produttori nordamericani di prosciutto e pancetta fanno affumicare i loro prodotti bruciando pannocchie di mais. Nel Nord Europa la torba viene bruciata per asciugare e affumicare il malto d’orzo usato per produrre whisky e alcune birre, mentre in Islanda viene utilizzato lo sterco di pecora essiccato per affumicare a freddo pesce, agnello, montone e balena. In Nuova Zelanda la segatura dalla manuka viene utilizzata per affumicare il pesce. Tra i salumi affumicati più conosciuti troviamo lo speck, il prosciutto di Praga, il prosciutto di Sauris, la pancetta e il bacon, la salsiccia di Napoli, i würstel, il lardo, la piccola mortandela. Tante le possibilità d’abbinamento coi vini, anche se i salumi affumicati non disdegnano birre e sidro di mele (illustrazioni © Alessia Serafini).

I CIBI PIÙ NOTORIAMENTE SOTTOPOSTI A AD AFFUMICATURA SONO IL PESCE, LA CARNE, I SALUMI E I FORMAGGI. GLI AROMI FUMÉ E TOSTATI SI ABBINANO BENE AL VINO, SENZA DISDEGNARE ANCHE BIRRA E SIDRO DI MELE

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Alto Adige Doc Gewürztraminer Lafóa 2018 Colterenzio Sono ben 300 i vignaioli soci di questa bella realtà altoatesina, fortemente radicata nel territorio e nella sua tradizione vitivinicola. Un calice incisivo e di grande stile ed eleganza, che si presenta di un bel giallo paglierino intenso, limpido e brillante. Alla degustazione olfattiva porge copiose note di rose gialle e ricordi di biancospino, con tinte speziate di noce moscata, cannella e chiodi di garofano. Note che non si disperdono al palato, assolutamente armonico, intenso e di carattere. Buona la spalla acida, rotondo il sorso, in equilibrio. Un vino che può restare in cantina anche 6/8 anni, grazie anche alla sua tipologia produttiva. Effettua una breve macerazione a freddo delle uve diraspate, a cui segue la pressatura soffice e la successiva fermentazione a 18 °C in acciaio. Affina poi per 12 mesi sui lieviti e svolge la sua maturazione per 6 mesi in bottiglia. Ottimo con canederli allo speck.

Cantina Colterenzio Strada del Vino 8 39057 Cornaiano/Appiano (BZ) Telefono: 0471 664246 E-mail: info@colterenzio.it Web: www.colterenzio.it

Spumante Rosé de Noir Brut Cleto Chiarli Uvaggio di Lambrusco Grasparossa e Pinot nero, questo calice è fresco e avvincente, perfetto per le calde serate estive. Prodotto dalla storica cantina modenese CLETO CHIARLI, riferimento costante della produzione vinicola emiliana, fondata nel lontano 1860. Si presenta visivamente con uno sgargiante color rosato intenso, limpidissimo. Al naso sono ricchissime note olfattive di ribes, fragole, piccole spezie, sottobosco e ricordi vegetali in chiusura. Circolare la sorsata, assolutamente bilanciata e fresca, morbida e raffinata la schiuma. Un vino adattissimo al rito dell’aperitivo come ai piatti della tradizione emiliana, paste ripiene e cotechini; da provare col classico barbecue estivo, servito ben fresco, si abbinerà splendidamente con carne e pesce e anche con würstel affumicati d’ogni tipo.

Cleto Chiarli Tenute Agricole Via Belvedere 4 41014 Castelvetro di Modena (MO) Telefono: 059 3163311 E-mail: italia@chiarli.it Web: www.chiarli.it

Collio Sauvignon Marco Felluga Cantina prestigiosa e punto di riferimento del territorio, l’azienda MARCO FELLUGA, fondata nella seconda metà dell’Ottocento, ha visto negli anni un’importante opera di innovazione e ricerca, sempre nell’ottica del rispetto della tradizione e dell’eccellenza produttiva. Le uve di questo calice provengono dai vigneti coltivati nei comuni di San Floriano, Oslavia e Cormòns, ad un’altitudine rispettivamente di 250, 150 e 80 metri sul livello del mare. Raccolte manualmente, fermentano in vasche d’acciaio. Il vino ricavato è lasciato riposare per circa sei mesi sui lieviti e successivamente alcuni mesi in bottiglia. Il calice che se ne ricava è di un giallo dorato limpido, con sfumature verdognole. Alla degustazione olfattiva sprigiona note intense di peperone fresco, salvia, fiori di sambuco e ricordi vegetali. Entra suadente e fresco al palato, ottimo il corredo circolare e l’equilibrio delle parti. Perfetto con fette di pane abbrustolito e prosciutto di Sauris.

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Azienda Marco Felluga Srl Via Gorizia 121 34072 Gradisca d’Isonzo (GO) Telefono: 0481 99164 / 922337 E-mail: info@marcofelluga.it ofe elluga.it g Web: www.marcofelluga.it felluga.it g

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Friuli Colli Orientali DOC Schioppettino di Prepotto La Viarte

Az. Agr. La Viarte Via Novacuzzo 51 33040 Prepotto (UD) Telefono: 0432 759458 E-mail: laviarte@laviarte.it Web: www.laviarte.it

Siamo nel cuore dei Colli Orientali del Friuli con questa cantina fondata nel 1973. Siamo a Prepotto, per la precisione, lungo la valle del fiume Iudrio, in provincia di Udine. 100% uve Schioppettino in purezza per questo calice che trasuda tradizione e tipicità. Uve raccolte a mano, che macerano per 15 giorni sulle bucce e fermentano a temperature comprese tra i 25 e i 28 °C, con frequenti rimontaggi. Affina in barrique per 12 mesi e successivamente altri 12 in bottiglia. All’analisi visiva si presenta color rosso rubino granato, con leggere sfumature violacee, mentre all’olfattiva si evidenziano note fruttate di marasche e ciliegie, con ricordi vegetali, piccole spezie, pepe rosa e note fumé tipiche del vitigno. Palato convincente e armonico, lungo con finezza, circolare la tipica nota pepata. Ottimo con piatti di salumi, da provare con risotto provola e prosciutto di Praga.

Brut Riserva Talento Trentodoc Letrari

Az. Agr. Letrari Via Monte Baldo 13/15 38068 Rovereto (TN) Telefono: 0464 480200 E-mail: info@letrari.it Web: www.letrari.it

Affonda le radici nel lontano 1647 questa cantina a dir poco storica, che vide dal dopoguerra in poi, grazie a LEONELLO LETRARI, uno sviluppo costante, soprattutto nella produzione di spumanti di pregio. Un impegno che non ha tardato a dare i suoi risultati, fatti di successo ed eccellenza. Questo calice, millesimato, si ottiene grazie all’unione di Chardonnay e Pinot nero raccolti a mano, che riposano sui lieviti almeno 36 mesi. All’analisi visiva si presenta brillante e limpido, color giallo dorato. Al naso è la gamma delle fragranze tipiche delle produzioni a Metodo Classico a farla da padrone: crosta di pane e ricordi di vaniglia, mele mature e frutta secca, mandorle e nocciole, crema pasticcera e burro. Altrettanto seduttiva la sorsata, che entra morbida ma intensa, rotonda e lunga, circolare nelle note agrumate e speziate. Equilibrio ed eleganza per un calice adattissimo agli aperitivi, perfetto con una fetta di polenta con mortandela affumicata della Val di Non.

Taurasi DOCG Vigne Guadagno

Società Agricola Vigne Guadagno Srl Via Tagliamento 237 83100 Avellino Telefono: 0825 1686379 E-mail: info@vigneguadagno.it Web: www.vigneguadagno.it

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Dal 2010 GIUSEPPE e PASQUALE, i fondatori dell’azienda VIGNE GUADAGNO, invece di vendere l’uva prodotta, come facevano abitualmente, hanno iniziato a vinificarla presso una cantina vicina. È nato così il primo vino della cantina, un Fiano. La filosofia è quella di mantenere e recuperare tradizioni e tipicità del territorio, in particolare verso i vitigni autoctoni. Prodotto con uve Aglianico al 100%, questo vino affina per 24 mesi in botti di rovere di Slavonia e successivamente altri 12 mesi in bottiglia. La degustazione parte convincente, il colore del calice è rosso rubino intenso e carico, mentre al naso troviamo altrettanto intense note fruttate di more, mirtilli e ribes, contornate da un ampio ventaglio speziato, che va dalla noce moscata ai chiodi di garofano, dal ginepro al pepe nero, ma anche vaniglia, tabacco e bacche di cacao. Equilibrato in bocca, caldo e armonico, carattere ed eleganza. Ottimo con piatti di carne strutturati e salumi affumicati di og ogni tipo.

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FIERE

CORONAVIRUS ED EVENTI COLLETTIVI La filiera fieristica e quella delle manifestazioni pubbliche sono completamente al palo: si chiede sostegno, si propongono soluzioni alternative per non soccombere di Sebastiano Corona

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I

l danno che non ha prodotto la malattia lo farĂ l’onda lunga di una crisi economica che per ora ha mostrato solo i primi segnali. La stagione turistica è infatti fortemente compromessa, cosĂŹ come lo sono tutta una serie di attivitĂ ludiche o professionali che, prevedendo assembramenti, sono vietate. Molte tipologie di imprese non possono ancora riprendere ad operare o lo devono fare in una maniera talmente differente, tale da renderle scarsamente o per niente sostenibili, da molti punti di vista. Cinema e teatri sono gli ultimi a riaprire, i congressi e molti altri eventi, per ora, totalmente negati. La stagione delle sagre e delle feste cittadine è rinviata a data da definirsi, cosĂŹ come sono sparite le fiere, da quelle di piĂš piccole dimensioni alle grandi manifestazioni internazionali. Abbiamo dapprima assistito ad un rinvio di qualche mese, poi allo stralcio definitivo degli eventi. Le prime settimane dell’emergenza sono iniziate col tentativo di posticipare iniziative che potevano essere cancellate all’ultimo momento per ordinanza o per il forte rischio di una scarsa partecipazione, soprattutto da parte degli operatori esteri. Ăˆ accaduto quando l’Italia era ancora uno dei pochi Paesi al mondo ad aver fatto i conti con la patologia. Si è passati poi alla triste constatazione che quelle iniziative cosĂŹ partecipate e cosĂŹ impegnative in termini di coinvolgimento di persone e imprese non potessero che essere annullate per futura riprogrammazione nell’edizione dell’anno prossimo oppure completamente riviste nelle loro modalitĂ di svolgimento. Può esserci infatti forse un modo per realizzarle ugualmente, ma è difficile pensare ad un distanziamento sociale soddisfacente, in contesti che per loro natura sono di successo solo quando prevedono flussi d’ingresso ragguardevoli. Una fiera o una sagra poco partecipate non possono essere ben riuscite e certamente non sono sostenibili sul piano del bilancio costi ricavi. Il danno che deriva dalla relativa cancellazione è enorme, tanto piĂš che coinvolge operatori di diversi settori, direttamente o indirettamente interessa-

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ti: le imprese che organizzano eventi, quelle che si occupano degli allestimenti, le aziende partecipanti, l’indotto legato ai flussi di persone che si spostano e che per questo utilizzano mezzi, servizi di ristorazione, alloggio e molto altro ancora. Le manifestazioni, grandi o piccole che siano, rappresentano un’economia importantissima. Lo sono al pari le sagre paesane che vedono un coinvolgimento di operatori che vendono al pubblico: una fonte di reddito decisiva per un tessuto imprenditoriale come il nostro fatto di microrealtĂ che, grazie ad uno o piĂš festeggiamenti, seppur talvolta modesti, riescono a far quadrare i conti a fine anno. L’Italia è il secondo mercato fieristico in Europa. Si tratta di un sistema che, al netto dell’indotto, coinvolge ogni anno 200.000 espositori, 20 milioni di visitatori, un volume d’affari per 60 miliardi di euro e, per le imprese che vi partecipano, il 50% delle contrattazioni sulle esportazioni (dati: AEFI – Associazione delle fiere italiane). Le manifestazioni fieristiche quanto gli eventi minori sono pertanto fondamentali per il nostro Paese, che si tratti di iniziative B2C o B2B. Le sagre vedono il coinvolgimento di piccoli produttori, allestitori, imprese locali, talvolta un tessuto sociale che opera ai margini, ma per cui anche i lavori saltuari di supporto sono importanti. La stragrande maggioranza degli eventi si svolge da maggio a ottobre, sino ad arrivare sotto Natale. Quest’anno quei ricchi calendari verranno stralciati. Moltissime, la maggior parte, sono legate all’agroalimentare e anche quando non lo sono e prevale altra tipologia di manifattura o servizi non c’è manifestazione dove non ci siano cibo e bevande, dove l’enogastronomia non riesca a ritagliarsi uno spazio, piĂš o meno ampio. Nel 2019 il settore, tenuto conto anche dell’indotto, ha prodotto un giro d' affari da 1,8 miliardi di euro, con in prima fila regioni come Puglia, Campania, e a seguire Lazio, Toscana e Piemonte (3.000 eventi, 75.000 lavoratori interessati). Nel Mezzogiorno, piĂš che nel resto del Paese, le sagre incidono nell’e-

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Quanto ne sa il vostro software di carne? Il nostro davvero tanto. 3URFHVVL VSHFLĂ€FL GL VHWWRUH integrazione di macchine e LPSLDQWL PRQLWRUDJJLR H UHSRUWLQJ ULQWUDFFLDELOLWj RWWLPL]]D]LRQH ULFHWWH JHVWLRQH TXDOLWj H PROWR altro. CSB-System è il software aziendale per il settore Carne. La soluzione completa comprende (53 )$&725< (53 H 0(6 H LQFOXGH giĂ le Best Practice aziendali. Siete curiosi di sapere esattamente perchè i leader del settore si DŕŠ•GDQR DO &6% 6\VWHP" CSB-System S.r.l. Via del Commercio 3-5 | 37012 Bussolengo (VR) 7HO _ )D[ info.it@csb.com | www.csb.com


Per la prima volta nella propria storia anche l’organizzazione di Vinitaly si è vista costretta a posticipare la sua 54a edizione. Con essa sono rinviate anche le concomitanti Sol&Agrifood ed Enolitech. Le nuove date delle manifestazioni sono perciò riprogrammate al 18-21 aprile 2021, mentre Veronafiere concentrerà la seconda parte dell’anno 2020 al sostegno del business delle aziende italiane sui mercati (photo © Angelo Sartori). conomia generale, con paesini che, attraendo decine di migliaia di visitatori, riempiono le casse per mesi e fanno lavorare persone e imprese. Eventi di grande appeal per i quali, — secondo Anva-Confesercenti — ogni Italiano spende in media tra gli 80 e i 100 euro all’anno, interessandosi, prima di tutto, di manifestazioni dove sia possibile degustare specialità enogastronomiche del territorio. Si pensi che iniziative come la settimana dedicata ai festeggiamenti di San Nicola, il patrono di Bari, genera ricavi per due milioni di euro circa, richiamando ambulanti, commercianti, artigiani, artisti, giostrai, allestitori, service e molto altro ancora, coinvolgendo un migliaio di lavoratori circa. L’impossibilità di portare avanti il calendario fieristico non è solo un problema per le aziende espositrici e per l’indotto, lo è a maggior ragione per il comparto dei servizi di allestimento, per il quale i danni sono incalcolabili

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e la ripresa incerta. L’intera filiera è in ginocchio: aziende, soprattutto cooperative specializzate nei montaggi, imprese di pulizie, facchinaggio, trasporto, noleggio allestimenti, service audio, video e luci, le stesse società che gestiscono le fiere, quelle che organizzano eventi. Lo denuncia MASSIMILIANO VAJ, presidente di Asal, associazione di FederlegnoArredo che sottolinea che, in assenza di sostegno da parte del Governo, molte aziende rischiano il fallimento. Gli fa eco l’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane — 38 quartieri fieristici associati all’attivo, che organizzano oltre un migliaio di manifestazioni all’anno, su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati — che guarda avanti ed è propositiva. L’AEFI ha presentato delle linee guida che consentirebbero di gestire eventi pubblici e manifestazioni fieristiche nei prossimi mesi, con l’obiettivo di poter riprogrammare quanto prima il calen-

dario degli appuntamenti nazionali ed internazionali. Un documento importante che prevede misure igienico-sanitarie e comportamentali che consistono principalmente in regole di distanziamento sociale, corretto utilizzo dei dispositivi di protezione, procedure di controllo sanitario agli ingressi che deve avvenire secondo procedure di entrata, transito, uscita, modalità, percorsi e tempistiche predefinite, al fine di ridurre le occasioni di contatto. Inoltre, corretta pulizia e sanificazione dei luoghi in cui si svolge la manifestazione, prima, durante e al termine di ogni evento, allestimento di locali adeguati, presidio medico presente in fiera, obbligo della mascherina per operatori e visitatori. Il protocollo tratta altresì la fase preliminare e successiva dell’evento. Pur disponendo, i quartieri fieristici, di spazi interni ed esterni importanti e atti a garantire il distanziamento sociale tra gli operatori, sono state comunque studiate

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misure per limitare l’affollamento. Una di queste è l’allungamento dei tempi di allestimento e disallestimento e della durata delle stesse manifestazioni, con una gestione equilibrata delle presenze, tramite prenotazione della visita con biglietteria on-line, l’ampliamento degli spazi e, ove possibile, i posizionamenti ad hoc nelle sale convegni. Un’ipotesi valida, quella proposta, che ancora non si è tuttavia potuta mettere in pratica. Nel frattempo si pensa, laddove possibile, ai saloni digitali, cioè fiere virtuali con la stessa impostazione editoriale e curatoriale classica che tenta di restituire in dimensione informatica la ricchezza e la forza di coinvolgimento e comunicazione della manifestazione abituale.

Alla presentazione di imprese e prodotti si affiancano percorsi tematici, funzionalità di un marketplace, un palinsesto di eventi che comprendano confronto, dibattiti, incontri, collaborazioni e partnership coi media. Seppur con maggiori difficoltà, si fanno dei tentativi anche sul fronte delle sagre e delle feste paesane, per non far saltare completamente l’appuntamento annuale. In alcuni comuni si è trovata l’alternativa, seppur in modalità decisamente sottotraccia, perché svolta tramite web, con prete e sindaco collegati dalla piazza, artisti che si esibiscono da casa, un presentatore che coordina tutto come amministratore della videoconferenza. Insomma, magre consolazioni per ora, dove il contatto umano scompare,

la degustazione di prodotti è impossibile, la festosità del momento rinviata all’edizione successiva. Sebastiano Corona Nota A pagina 118, Cibus, la fiera di riferimento del made in Italy alimentare, si terrà a Parma dal 4 al 7 maggio 2021. Nel 2020, FIERE DI PARMA e FEDERALIMENTARE hanno comunque deciso di organizzare un Forum internazionale sulla ripartenza dell’agroalimentare, previsto per il 2 e 3 settembre a Parma (si veda l’articolo a pagina 122). Intanto, è già partita l’innovativa piattaforma digitale “My Business Cibus” dedicata agli operatori internazionali per la ricerca e il matching con l’Authentic Italian.

Roma Champagne Experience andrà in scena nel 2021 Club Excellence, la società che riunisce 18 tra i maggiori importatori e distributori italiani di vini e distillati d’eccellenza e che organizza l’evento, ha deciso di posticipare al prossimo anno, nelle date di domenica 16 e lunedì 17 maggio 2021, la kermesse dedicata allo champagne che quest’anno avrebbe dovuto tenersi per la prima volta a Roma, dopo il grande successo delle precedenti edizioni a Modena. «Abbiamo osservato con attenzione gli sviluppi della situazione per prendere la nostra decisione — ha spiegato Lorenzo Righi, organizzatore della manifestazione e direttore di Club Excellence — con la speranza che Champagne Experience potesse svolgersi regolarmente nel 2020, in una veste analoga a quella che l’ha portata in questi anni a riscuotere un grande apprezzamento e a registrare un’ampia partecipazione di pubblico, operatori e produttori. Un appuntamento di questa portata ha bisogno di una cornice che ne consenta uno svolgimento sereno, in sicurezza e allo stesso tempo al massimo delle sue possibilità». Vista la difficoltà di prevedere l’evoluzione dello scenario sanitario e normativo e di garantire quindi, ad oggi, un’edizione che rispecchiasse pienamente le sue fondamentali premesse, unita alla necessità, inderogabile, di mettere al primo posto la sicurezza sia del numeroso pubblico che dei tanti espositori, Club Excellence ha dunque preferito posticipare Roma Champagne Experience al 2021. «Tra i motivi che in questi anni hanno permesso alla manifestazione di crescere fino a ottenere oltre 4500 visitatori — ha sottolineato Righi — vi è l’opportunità di poter interloquire coi produttori di champagne presenti in prima persona, la possibilità di poter degustare un’amplissima selezione di etichette in un’atmosfera distesa e di poter condividere gli assaggi con amici, colleghi e conoscenti. Perché il vino, e lo champagne in particolare, proprio nella convivialità trova uno dei suoi complementi essenziali». Appuntamento, quindi, a domenica 16 e lunedì 17 maggio 2021 sempre a Fiera Roma, dalle 10:00 alle 18:30 (in foto uno scatto nel corso dell’edizione 2019 a Modena; photo © Stefano Triulzi). >> Link: champagneexperience.it

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Il primo evento phygital di networking per rilanciare consumi e export

CIBUS FORUM: il Food & Beverage post Covid-19

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ome reagire ai nuovi scenari aperti dall’emergenza Covid-19: se ne parlerà a Cibus Forum, in programma dal 2 al 3 settembre prossimi a Parma. Cibus ha sempre rappresentato un momento di riflessione e condivisione per la community agroalimentare nazionale. La gravità della crisi attuale necessita però di un confronto più approfondito e proprio per questo motivo FIERE DI PARMA, in collaborazione con FEDERALIMENTARE, ha organizzato “Cibus Forum – Food & Beverage e Covid: dalla transizione alla trasformazione”. Cibus Forum, che accoglierà gli operatori in un quartiere fieristico con un sistema di gestione accessi volto a garantire la sicurezza e la salute dei visitatori, sarà un evento fisico trasmesso anche in diretta streaming, al fine di consentire anche a buyer e retailer esteri di assistere ai lavori. Accanto alle sessioni di discussione ci sarà anche una ricca offerta espositiva dove aziende food e food technologies presenteranno agli operatori le ultime novità del settore. E, infine, un’area lounge e uno spazio innovazione. «L’idea è quella di confrontarsi per accelerare una normalizzazione dei processi di produzione-distribuzionesomministrazione che sia premessa per un rilancio dei consumi interni e una rapida ripresa dell’export» ha

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dichiarato ANTONIO CELLIE, CEO di Fiere di Parma. «Utilizziamo i risultati di questo stress test per progettare coralmente il prossimo ciclo di sviluppo con la partecipazione attiva e dialogante di tutta la filiera». «Sarà un momento strategico per tutto l’agroalimentare» conferma IVANO VACONDIO, presidente di Federalimentare. «Faremo il punto sulla situazione dell’HO.RE.CA., da cui dovranno ripartire i nostri consumi interni e sui quali è arrivato il momento di fare un ragionamento serio: non possiamo più permetterci il loro stallo». Le quattro sessioni di Cibus Forum sono articolate su uno schema che prevede relazioni di istituti di ricerca, illustrazioni di case history, tavole rotonde coi principali attori della filiera agroalimentare. Il programma di incontri sta prendendo forma definitiva. CRISTINA ALFIERI, Gruppo Food, inaugurerà il Forum moderando una sessione dedicata al cambiamento dei consumi post Covid-19 e intitolata “Consumi e nuovi valori. L’impatto del Covid-19 sulle abitudini dei consumatori. Quali prospettive e quali opportunità?”. Nel pomeriggio DEBORA ROSCIANI di Radio 24 coordinerà la sessione “Salute e sicurezza: la riorganizzazione dei luoghi di lavoro e di consumo”. L’on. PAOLO DI CASTRO condurrà la sessione di apertura del 3 settembre,

“Come si modificano i rapporti di filiera: valenza strategica e prospettive future per l’agroalimentare”, dedicata all’impatto del contagio sulla filiera agroalimentare. L’incontro sarà completato da un panel di discussione sull’interpretazione del progetto europeo “Farm to Fork”. Nel pomeriggio, l’on. ALFONSO PECORARO SCANIO modererà la sessione “Ripartire bene: la sostenibilità e l’innovazione come risposta all’emergenza” dedicata all’ambiente e al potenziale della sostenibilità come driver della ripresa del settore. Un tema trasversale alle sessioni sarà quello dell’export del food & beverage italiano, un’incognita rilevante, come ha ricordato in conferenza stampa ANNA FLAVIA PASCARELLI, manager food & beverage division di ICE. «I tempi della ripresa dell’export dipenderanno dall’andamento della

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pandemia, che oggi comprime significativamente le nostre esportazioni su diversi mercati. Confidiamo, e in qualche caso lo abbiamo già verificato, che non appena un Paese si avvia alla ripresa dell’attività, la domanda di prodotti italiani si rianimi». Altro tema ricorrente saranno le case history e le proposte delle aziende più innovative, come Costa Group, specializzata nella progettazione e arredamento di locali. «Presenteremo a Cibus Forum le soluzioni studiate a supporto dei ristoratori, in collaborazio-

ne con FRANCESCO PANELLA, ristoratore e ambasciatore della tradizione culinaria italiana negli USA» ha anticipato FRANCO COSTA, presidente di Costa Group. «Abbiamo avviato una ricerca rivolta al domani, coinvolgendo imprenditori di settori diversi per trovare insieme proposte e idee che andassero oltre il dopo Covid e ne è scaturito un lavoro prezioso, attento: soluzioni che contribuiranno a traghettare il settore dell’ospitalità verso il futuro». >> Link: cibusforum.cibus.it

Identità Golose ci riprova: confermata la 16a edizione a Milano dal 24 al 26 ottobre 2020 Dopo il rinvio causa pandemia, è stata confermata per l’autunno la 16a edizione di Identità Golose: il congresso internazionale di cucina d’autore, pasticceria e servizio di sala si terrà infatti da sabato 24 a lunedì 26 ottobre negli spazi del Mi.Co. – Milano Congressi. Quest’anno, inoltre, Identità Golose raddoppia: all’impianto originale di un irrinunciabile evento dal vivo, invariato pur nel rispetto delle normative che regolamenteranno la realizzazione dei grandi eventi nell’immediato futuro, si affiancherà una potente piattaforma digitale che consentirà di seguire il congresso nelle sue varie fasi e di condividere l’esperienza espositiva delle aziende partner senza limiti di tempo e partecipazione. Se il congresso non rinuncia alla sua dimensione tradizionale, che pone al centro l’incontro e la relazione, il convivio e l’esperienza diretta, la parte digitale consentirà nuove e importanti possibilità di interazione. È un’opportunità che aprirà il congresso ad originali prospettive di sviluppo per il futuro. “Il senso di responsabilità: costruire un nuovo futuro” sarà il nuovo tema del congresso. Spiega Paolo Marchi, ideatore e curatore della manifestazione: «Concepiremo il congresso in modo diverso, ad iniziare dalla sua digitalizzazione, perché in questi mesi abbiamo assistito al forte sviluppo del web, eventualità che era nelle cose ma che la crisi ha certo accelerato. Siamo anche indotti a cambiare tema: avevamo pensato inizialmente al senso di responsabilità — concetto allora perfetto, persino premonitore — per sottolineare alcuni eccessi che allignavano nel settore. Gli accadimenti hanno fatto in modo che tale senso di responsabilità diventasse fattore ormai acquisito. Deve essere proprio la base dalla quale ripartire. E allora: il nuovo tema è Costruire un nuovo futuro, perché va ridiscusso l’intero mondo della ristorazione. Ci sono stati tanti sviluppi — dal delivery in poi — che dobbiamo capire quale ruolo possano essere in prospettiva rispetto a un settore che oggi sta soffrendo, ma deve tornare al più presto a stare in piedi, deve recuperare redditività. Quanto tempo passerà prima che torni a regime? Come recuperare il rapporto col cliente? Parleremo di questo, perché dovremo poco a poco saperci riappropriare di una dimensione di ritrovata quotidianità». >> Link: www.identitagolose.it

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TECNOLOGIE

Le 5 competenze fondamentali del gruppo CSB-System e relativi benefici per i clienti

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razie ad una massiccia richiesta, clienti soddisfatti ed un moderno portafoglio prodotti composto da software, hardware, services e business consulting, il gruppo aziendale CSB fornisce da oltre 40 anni soluzioni gestionali tagliate su misura per il settore alimentare, ottimizzando processi aziendali e procurando vantaggi competitivi decisivi alle aziende clienti. Provando a sintetizzare, di seguito sono esposte

le cinque competenze fondamentali che hanno portato il gruppo CSB ad essere il partner informatico di riferimento di piccole, medie e grandi aziende presenti in tutto il mondo. 1. CSB è specialista per il settore alimentare Gli esperti CSB parlano la stessa lingua dei loro clienti, perché conoscono bene nella pratica prodotti e processi del settore alimentare. Il dott. PETER SCHIMIT-

ZEK, infatti, fondatore del gruppo CSB, ha cominciato, da giovanissimo, come apprendista in un’azienda di lavorazione carne, ad occuparsi di produzione alimentare. Grazie al suo intuito ed alla sua lungimiranza, nel 1984 ha lanciato una delle prime soluzioni complete IT specifiche per l’industria alimentare. Da allora, il sistema CSB è cresciuto ed è stato ampliato passo dopo passo per rispondere alle richieste mutevoli

Già nelle sue soluzioni standard, CSB fornisce una serie di processi aziendali ottimizzati, provati e testati nella pratica.

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del mercato alimentare e adempiere ai suoi obblighi normativi, affiancando le aziende clienti e spesso anticipando soluzioni. 2. CSB mette a disposizione le best practices Già nelle sue soluzioni standard — adottate per la maggior parte dei Paesi del mondo —, CSB fornisce una serie di processi aziendali ottimizzati, provati e testati nella pratica. Questi sono costantemente aggiornati per rispondere alle mutevoli esigenze del mercato, delle aziende e del legislatore. Una programmazione specifica di settore diventa superflua: si risparmiano così tempo e denaro. Dati alla mano, le aziende che hanno introdotto il gestionale CSB hanno reso la loro filiera più efficiente, hanno aumentato e stabilizzato la qualità dei prodotti e ampliato la capacità di supervisione su tutte le aree aziendali. Non va dimenticato, infatti, che nel 1979, il primo modulo software programmato su commodore dal dott. Peter Schimitzek è stato proprio l’ottimizzazione delle ricette. Da allora è stato solo un crescendo, fino alla soluzione completa e integrata di oggi, alla quale si è arrivati anche grazie alla preziosa collaborazione dei clienti. Dopo 40 anni, oggi il gestionale CSB è un insieme unico di best practice per l’industria della carne, degli alimenti e delle bevande; è utilizzato in tutto il mondo e include già nello standard il know-how acquisito a livello globale. 3. Ampliabile per moduli: dal singolo processo alla soluzione completa La soluzione completa del CSB copre per intero la filiera di qualsiasi settore

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Tutte le aree sono collegate in rete in un unico sistema con una base dati unitaria. alimentare: in modo verticale e orizzontale, dal produttore al consumatore e dalla macchina al controlling. Il sistema CSB mappa tutti i processi aziendali di settore completamente nello standard. Grazie alla sua costruzione modulare, i clienti possono introdurre le funzionalità che offrono loro il maggior valore aggiunto, in maniera flessibile e secondo step fissati liberamente. Il livello di sicurezza degli investimenti è alto perché è il software che si adatta ai cam-

biamenti dell’azienda e non il contrario. In generale, non sono necessari software esterni aggiuntivi. Qualora invece fosse volontà del cliente mantenere un ERP di gruppo già esistente, CSB dispone di interfacce con i più diffusi ERP di gruppo già nella sua versione standard. L’implementazione della soluzione completa CSB consente alle aziende di migliorare l’efficienza dei processi e la qualità dei prodotti; si eliminano inoltre ridondanze, dati inconsistenti e

Gli esperti CSB sono presenti in tutto il mondo e mettono a disposizione la loro esperienza internazionale per la realizzazione di progetti locali: il CSB-System è disponibile in oltre 30 lingue e le 23 filiali sono distribuite su tutti i continenti

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La soluzione completa del CSB copre per intero la filiera di qualsiasi settore alimentare in modo verticale e orizzontale, dal produttore al consumatore

doppio lavoro causato dall’inserimento degli stessi dati perché tutte le aree sono collegate in rete in un unico sistema con una base dati unitaria. Il CSB-System include nello standard tutti i processi del settore poiché dispone del seguente portafoglio prodotti: • soluzioni software per area Gestione e Pianificazione: Business Intelligence, Contabilità e Finanze, Supply Chain Management, Customer Relationship Management, Human Resources, Document Management System, Business Process Management; • soluzioni software per le aree gestionali: Acquisti, Magazzino, Dispo, Vendite, Vendite multicanale, EDI, Rintracciabilità, Gestione Qualità, Gestione materiali pericolosi; • soluzioni software per l’area Esecuzione e Produzione: Pianificazione e controllo della produzione, Rilevamento dati aziendali con CSBRack®, Presa Mobile Dati, Manufacturing Execution System incluso Sistema di controllo della produzione e Gestione della manutenzione; • soluzioni di automazione: riconoscimento automatico degli articoli, classificazione e valutazione delle materie prime, quadro di controllo per il monitoraggio in tempo reale dell’efficienza degli impianti, delle singole attività, reparti, linee e mac-

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chine, Gestione Flusso Materiali, Gestione Magazzini Automatizzati, controllo macchine e impianti. 4. Compatibilità verso l’alto dal 1985 Gli aggiornamenti delle versioni del software avvengono in modo automatico, così che la versione più aggiornata del CSB sia disponibile nell’arco di poche ore, anche laddove ci siano ampliamenti software specifici. Si risparmiano così tempo e denaro. A partire dal 1985, la base tecnica del CSB è stata pensata e sviluppata affinché il software potesse essere successivamente adattato e ampliato facilmente. Lo dimostrano le oltre dieci release sviluppate fino ad oggi: moltissimi clienti sono cresciuti nel corso dei decenni con il CSB-System. 5. Tutti i servizi in un’unica soluzione: software, hardware, services e business consulting Il gruppo CSB offre ai suoi clienti tutto quello di cui si può aver bisogno: consulenza, software, hardware, hardware industriale per l’automazione, supporto 7/24, formazione ed anche cloud services. Gli esperti CSB sono presenti in tutto il mondo e mettono a disposizione la loro esperienza internazionale per la realizzazione di progetti locali. Quando l’azienda cresce e si espande, continua-

re ad utilizzare lo stesso software può rivelarsi molto utile oltre che economicamente vantaggioso: si dispone di piena trasparenza e conformità a livello globale grazie ad un database uniforme e si riducono costi e complessità grazie ad un partner globale che lavora in tutto il mondo utilizzando metodi e procedure standardizzati. Il CSB-System è disponibile in oltre 30 lingue, viene utilizzato in 50 Paesi e le 23 filiali sono distribuite su tutti i continenti. Il CSB-System è molto più di un ERP-System: è una soluzione completa che ottimizza l’azienda e la prepara per l’ulteriore digitalizzazione e le future applicazioni di Industria 4.0.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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LIBRI L’Italia di Trattoria in Trattoria

Premiate Trattorie Italiane, storie di uomini, di cibo, di territorio

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rattoria dolce casa. Luoghi del mangiar bene sparsi per l’Italia, dalle affollate città ai borghi dispersi nel cuore delle campagne. La Trattoria che ritrova continuamente dignità in un’identità mai perduta. “Ogni tanto ci chiedono cos’è una Trattoria. Noi la vediamo come

una porta d’accesso al territorio, come chiave di lettura di orizzonti coltivati e selvatici. Un luogo senza tempo che mantiene viva la fiamma della memoria, ma anche l’ardore della contemporaneità”. Nelle parole di FEDERICO MALINVERNO, presidente di Premiate Trattorie Italiane, c’è racchiusa l’essenza delle 13 realtà,

13 storie famigliari che compongono questa bella associazione di locali storici presenti in diverse regioni del nostro Belpaese (premiatetrattorieitaliane.eu). Oggi “Premiate Trattorie Italiane. Storie di uomini, di cibo, di territorio” è anche uno splendido volume, coi testi di SARA FAVILLA, le fotografie di LIDO VANNUCCHI e l’abile regia della squadra di LAURA MANTOVANO di Gambero Rosso Editore. La traduzione del libro è stata affidata a JORDAN DE MAIO, le illustrazioni a GIANLUCA BISCALCHIN e l’introduzione al prof. GINO RUOZZI dell’Università di Bologna. Un volume fotografico ricco di contenuti in grado di far percorrere l’Italia di Trattoria in Trattoria. Da conservare con cura e, al contempo, sfogliare il più spesso possibile.

Premiate Trattorie Italiane Storie di uomini, di cibo, di territorio Testi di SARA FAVILLA Foto di LIDO VANNUCCHI Gambero Rosso Editore 248 pp. – € 26,00

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