Premiata Salumeria Italiana 5-2021

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Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98

Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXXIII N. 5 Settembre-Ottobre 2021

€ 6,70



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BRESAOLA

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SAPERE

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S A PE R E /sa·pé·re/ sostantivo maschile

Dal latino sàpere “avere sapore”: intuire il gusto delle cose, ma anche insaporirle, renderle preziose. Possedere la conoscenza, la pratica e l’esperienza che permettono di riconoscere la qualità delle materie prime senza fermarsi alle apparenze. 6LJQLÀFD HVVHUH WUDVSDUHQWL LQ FLz FKH VL ID Sapere è l’amore che mettiamo in ogni gesto.

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N. 5

€ 6,70 Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia

Anno XXXIII Settembre-Ottobre 2021

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – François Tomei (Assocarni)

Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone

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Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.premiatasalumeriaitalianaonline.com — Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Premiata Salumeria Italiana, 5/21

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Ufficio stampa e Media Partner

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N. 5

€ 6,70 Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia

A pagina 44.

In questo numero:

Agenda

Colonia (Germania) – Modena – Milano – Oviedo (Spagna)

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Immagini

Andrea Conticelli e Guillermo de Diego Morillo a Cibus 2021

16

Superformaggi a latte crudo a Bra

18

La copertina esplosa

Pancetta Piacentina DOP – Sughi d’uva

20

Tendenze

L’enogastronomia sarà il motore della ripartenza del turismo globale

22

Salumi & Co.

Salumi prêt-à-porter – La passione per il marmo – Natale alle porte

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Premiata Salumeria Italiana, 5/21

5


Fotografati e mangiati

Corallina – Mortandela affumicata della Val di Non

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Brevi storie di cibo lento Dura come il marmo, scioglievole come il lardo a velocità contemporanea

Alessia Morabito

28

Attualità

Rapporto Coop 2021

Sebastiano Corona

30

I mercati della vendita diretta

Guido Guidi

34

Social food

Elena Benedetti

38

Il food in rete Aziende

Tutto il biologico, oggi

Analisi del food Prodotti tipici

Prosciuttificio La Glacere, artigiani del San Daniele

Massimiliano Rella

44

Fratelli Durando, le nocciole nel DNA

Massimiliano Rella

48

La corsa inarrestabile del Bio

Guido Guidi

52

Carnerie, l’impronta naturale della Val di Vizze

Riccardo Lagorio

58

Mostarde, piccanti opere d’arte culturale

Giovanni Ballarini

62

La salsiccia di castrato ovino della Valcamonica

Roberto Villa

68

Oca in onto, espressione della più autentica cultura contadina

Chiara Papotti

72

A pagina 58.

Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98

Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXXIII N. 5 Settembre-Ottobre 2021

€ 6,70

In copertina: sapori d’autunno con Pancetta Piacentina DOP, zucca e i sughi di mosto d’uva (photo © Massimiliano Rella).

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Sapori mediterranei

Mangiare con filosofia la cucina dei cinque elementi

Massimiliano Rella

74

Vicoli&Sapori

Riccardo Lagorio

78

Il gusto di camminare

Sui sentieri delle rogge

Elena Simonini

82

Speciale Cibus

Viva Cibus 2021, la ripartenza inizia da Parma

86

Fiere

iMEAT 2021, un’edizione ricca di emozioni

96

Rassegne

Io ci sarò: Tuttofood 2021 in presenza dal 22 al 26 ottobre, un’esperienza di conoscenza e business senza confronti

102

Cheese 2021, l’entusiasmo della ripartenza negli occhi e nelle parole dei produttori

106

A pagina 74.

A pagina 106.

A pagina 62.

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Il calore di casa in ogni momento

Qualità

Famiglia

Tradizione

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A pagina 115.

A pagina 110.

A pagina 118.

Vino

Il Santa Maddalena Classico DOC che si marita con il Graukäse

Riccardo Lagorio

110

Il Tempio del Brunello e l’Oro di Montalcino

Federica Cornia

116

Dolci

Alla scoperta dei giglietti, biscotti dalla storia secolare

Chiara Papotti

118

Bevande

Il tè e le sue varianti

Giovanni Ballarini

120

Sono 180 grammi, lascio?

Salame, anime ed emancipazione

Giovanni Papalato

124

Tecnologie

La qualità va garantita fin dall’inizio! Col CSB-System è facile ed intuitivo

128

Libri

Casa Mondo: Food

132

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Siamo gli specialisti del San Daniele DOP Il segreto è tutto łāķķÖ łŋŭŶũÖ ƩķĢāũÖ

Allevamenti menti rietà di proprietà Le carni dei nostri ostri prosciutti di San Daniele DOP a suini nati e cresciuti nei sei provengono da ella famiglia Aimaretti allevamenti della osamente selezionati. o da siti rigorosamente

Solo le cosce migliori I nostri mastri salu salumieri mettono al primo posto la genuinit genuinità delle materie prime e selezionano le cosce migliori per portare in tavola il gusto inconfondibile di un prodotto s sano e naturale.

Benessere ere animale e dÖ ŭÖķŽŶā ƩŭĢóÖ ā ťŭĢóŋķŋėĢóÖ Ö ā ťŭĢóŋķŋėĢóÖ ono una priorità. dell’animale sono I nostri allevatori tori controllano attentamente l’alimentazione, si assicurano che gli ambienti siano o spaziosi cono al e areati e riducono minimo lo stress ess del suino.

Prosciutto di San Daniele DOP Etichetta Nera SanDan. Inimitabile. www.sandanprosciutti.com

Con pa pazienza, secondo tra tradizione La salatura, rigorosamente a mano, e la l stagionatura mini minima di 18 mesi, danno vi vita ad un crudo d dal gusto unico, natura naturalmente buono.


AGENDA

Modena È il maggior evento italiano dedicato alle bollicine più famose del mondo e si svolgerà a Modena domenica 10 e lunedì 11 ottobre negli spazi di ModenaFiere. Si chiama Champagne Experience ed è promosso e organizzato da Società Excellence, che quest’anno riunisce 64 importatori e 120 maison in gran parte rappresentate dagli stessi produttori, presenti durante la manifestazione. Un’occasione straordinaria per conoscere e degustare più di 600 differenti tipologie di champagne. www.champagneexperience.it

Colonia (Germania) Dal 9 al 13 ottobre Anuga torna per dettare i trend del settore con dieci sezioni tematiche e un ricco programma di eventi collaterali. Ogni salone rappresenta uno specifico settore e offre prodotti e servizi in armonia con l’area merceologica di riferimento. Eccoli: Anuga Fine Food, con i prodotti gourmet e gastronomici, alimenti generici; Anuga Frozen Food per i cibi surgelati e gelati; Anuga Meat per carne e salumi; Anuga Chilled & Fresh Food con focus sui cibi pronti e di gastronomia, prodotti ittici, frutta e verdura; Anuga Dairy per prodotti caseari; Anuga Bread & Bakery con un’ampia offerta di pane, prodotti da forno e snack; Anuga Drinks; Anuga Organic (prodotti bio); Anuga Hot Beverages con tè, caffè, bevande calde in genere; Anuga Culinary Concepts che ospiterà tecnologie ed equipaggiamento per il catering e la ristorazione (a lato, un’immagine di repertorio; photo © anuga.com). www.anuga.com

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Milano Tuttofood 2021 torna in presenza dal 22 al 26 ottobre prossimi a fieramilano: un momento insostituibile dove scoprire i trend di consumo e le innovazioni di prodotto più interessanti, oltre a fare networking creando nuove relazioni e consolidando quelle esistenti. A maggior ragione per un settore quale carni e salumi, che negli ultimi anni è stato interessato da profondi cambiamenti nelle abitudini di consumo, è fondamentale sintonizzarsi sulle nuove tendenze e guardare ai mercati in un’ottica di sempre maggiore internazionalizzazione per cogliere appieno tutte le opportunità della ripresa. Ulteriore valore aggiunto dell’edizione di quest’anno, la manifestazione si terrà in co-location con HostMilano e MEAT-TECH, con accesso per i buyer e visitatori professionali ai tre eventi: un’occasione importante per incontrare nuovi interlocutori italiani ed esteri, oltre a consolidare il rapporto con quelli esistenti, integrando la tradizionale attenzione di Tuttofood per il mondo GDO e retail con il focus su ristorazione e fuoricasa di HostMilano. Forte anche per questa edizione della partnership con ASS.I.CA., grazie a queste sinergie nel 2021 Tuttofood rafforzerà ulteriormente il proprio ruolo di manifestazione di riferimento anche per il settore carni e salumi, dove alle produzioni di eccellenza italiane si affianca il meglio dell’offerta internazionale per un incontro domandaofferta realmente globale. Punto focale per il settore sarà l’area dedicata Tuttomeat, grazie alla completezza dell’offerta merceologica combinata alla contiguità con le filiere affini, che genera sempre nuove opportunità di business (photo © tuttofood.it). www.tuttofood.it

Milano La terza edizione di MEAT-TECH, la fiera di IPACK-IMA dedicata ai materiali innovativi e alle soluzioni di processing e packaging per l’industria delle carni, dei derivati e dei piatti pronti, si svolgerà a Fiera Milano dal 22 al 26 ottobre. Un’offerta espositiva che si completa con spezie, aromi e ingredienti per l’industria alimentare, per una nuova edizione che guarda ai settori affini e punta ad attrarre visitatori anche dal lattiero-caseario. Sensibilità ambientale, tracciabilità, food safety, digitalizzazione dei sistemi produttivi, saranno i trend topic che la manifestazione offrirà alle filiere produttive alla ricerca di applicazioni che coniughino grande efficienza e valore aggiunto, in una logica di trasferimento tecnologico (photo © meat-tech.it). www.meat-tech.it

Milano Appuntamento in presenza finalmente anche per HostMilano, la fiera mondiale dedicata al mondo della ristorazione e dell’accoglienza giunta alla sua 42a edizione e in calendario a fieramilano dal 22 al 26 ottobre, in contemporanea con Tuttofood e MEAT-TECH. Un menu, quello di HostMilano, che come sempre farà da trendsetter per l’intero comparto, moltiplicando le opportunità di business e anticipando le tendenze più attuali. Lo dimostra un’agenda già oggi ricca di eventi organizzati da tutte le principali associazioni di settore, pronte a portare tra i padiglioni di fieramilano know-how e best practice dei loro membri, espositori, buyer o speaker. host.fieramilano.it

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Oviedo, Spagna Prima delle tre destinazioni spagnole incluse dal NEW YORK TIMES nella sua classifica “52 Places to Go”, che le ha definite come “rifugio estivo per gli spagnoli”, e nominata anche dal NATIONAL GEOGRAPHIC come meta imperdibile, la regione delle Asturie offre al viaggiatore diversi paesaggi di cui godere: la sua costa con i borghi marinari e le sue tradizioni di pesca, le colline verdi, le montagne — i Picos de Europa — che non solo rappresentano le più antiche di Spagna, ma sono inserite nella lista del Patrimonio UNESCO. Le Asturie godono di una tradizione gastronomica molto importante, numerosi sono i piatti tipici e nella regione vengono prodotte più di 50 varietà di formaggio. Per questo motivo, Oviedo accoglierà dal 3 al 6 novembre il “World Cheese Awards”, un evento che metterà in luce la varietà e la qualità dei formaggi locali. Il formaggio asturiano rappresenta molto più di un semplice prodotto gastronomico: è il tramite attraverso il quale entrare in contatto con l’ambiente che ne consente la produzione e la stagionatura e la sua popolazione che si dedica alla preparazione di queste eccellenze, rispettando tempo e tradizione (in foto una tipica bottega di salumi e prodotti tipi delle Asturie a Oviedo, photo © Fotokon – stock.adobe.com).

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IMMAGINI

Cibus 2021, l’agroalimentare è tornato in pista! In foto, Andrea Conticelli insieme a Guillermo de Diego Morillo, export manager di Carnicas Tabladillo, e allo staff di Andrea Conticelli Meat & Food Trading, nello spazio fieristico dedicato ad una selezione innovativa di prodotti di carne suina pronti a cuocere dell’azienda spagnola Carnicas Tabladillo SL. Lo speciale su Cibus, il Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parma giunto alla sua attesissima XX edizione, lo trovate a pagina 86.

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«L’edizione più difficile ma anche la più emozionante»: nelle parole del sindaco di Bra, Gianni Fogliato, la sintesi di Cheese 2021, la kermesse internazionale dei formaggi a latte crudo organizzata da Slow Food e Città di Bra col sostegno di Regione Piemonte, svoltasi da venerdì 17 settembre a lunedì 20 settembre. Come è andata? Leggetelo a pagina 106 (in foto, Cabrales spagnolo; photo © Alessandro Vargiu / Archivio Slow Food).

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Balsamico

In occasione del 150° anniversario di attività nella produzione di pregiato Aceto Balsamico, l’Antica Acetaia Leonardi è lieta di ringraziare tutti coloro che ne hanno apprezzato negli anni le sue eccellenze, frutto di passione e rispetto della Tradizione Artigianale Modenese.

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LA COPERTINA ESPLOSA

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La Pancet Pancetta Piacentina DOP è un prodotto d’eccellenza della tradizione culinaria emilianod’eccellen romagnola. Gusto delicato, ma di grande intensità romagnol al palato, viene lavorata esclusivamente nel territorio piacentino a partire da suini provenienti esclusivamente da allevamenti lombardi ed emiliani. esclusivam Per la sua lavorazione si utilizza la cosiddetta “pancetta” di maiale che, opportunamente trattata, “pancetta trasforma in un appetitoso salume dalla forma si trasform cilindrica e dal colore rosso vivo e bianco parti di grasso. L’aromatizzazione per le par tramite un preciso mix di ingredienti avviene tr pepe nero o bianco, chiodi di garofano), (sale, pep conferisce al salame un sapore unico, che confe spiccatamente dolce, non privo di quella sapidità che rende la pancetta particolarmente appetitosa. www.salumitipicipiacentini.it p p

I Sughi d’uva hanno origine dal mondo contadino, quando erano i prodotti della terra a scandire il succedersi delle stagioni. In autunno, la vendemmia non era solo un evento collettivo che coinvolgeva intere famiglie nella raccolta dell’uva, ma un motivo per far festa. E così, per festeggiare la ricchezza del raccolto, niente di meglio che utilizzare il mosto per inventare un gustoso e semplice dessert che, a seconda delle uve, poteva essere sia scuro che chiaro. Oggi i sughi d’uva, grazie alle moderne tecniche di conservazione del mosto, vengono prodotti anche industrialmente, consentendone un utilizzo costante. Volete provare a farli? Ecco la ricetta della nostra amata Clara Scaglioni: “In una ciotola versate la farina (6 cucchiai di farina bianca 00) e stemperatela con un po’ di mosto (1 l di mosto d’uva), facendo attenzione a che non si formino grumi. Versate il composto in una casseruola, unite il rimanente mosto lentamente e mescolate in continuazione con un cucchiaio anti-aderente. Incorporate poi lo zucchero (4/5 cucchiai), aggiustando la quantità a seconda del gusto personale e cuocete a fuoco moderato. Fate bollire per circa un’ora. Al termine, dividete i sughi in coppette piccole e basse, lasciando raffreddare in frigorifero”.

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TENDENZE L’enogastronomia sarà il motore della ripartenza del turismo globale

«Il turismo enogastronomico è e sarà il motore della ripartenza dell’intero settore» assicura ALESSANDRA PRIANTE, direttrice Europa dell’UNWTO (United Nations World Tourism Organization), l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo a livello globale. A più di un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, il mondo è ancora semichiuso: il 29% delle destinazioni mondiali ha confini invalicabili, il 34% parzialmente sigillati e il 36% permeabili a chi è in possesso di un test Covid negativo. Solo l’1% concede accesso libero. Questi i dati con cui si è aperta l’estate 2021: una stagione che, per il secondo anno consecutivo, ha visto accorciarsi il raggio degli spostamenti dando ulteriore impulso al turismo di prossimità. «Una scelta inevitabile che, da una parte, ci ha fatto scoprire un nuovo modo di viaggiare, mentre, dall’altra, ha consolidato un fenomeno in crescita già pre-pandemia e cioè la forza del binomio enogastronomia-vacanza» ha sottolineato Priante. «Oggi in Italia, in Europa e in gran parte del mondo la motivazione enogastronomica è quella principale nella scelta di una destinazione. E sono sicura che non si tratti di una tendenza ma di una realtà che rimarrà tale anche dopo il Covid». Il turismo rappresenta per molti Paesi una fetta fondamentale dell’economia e in Italia vale più del 13% del PIL. È, inoltre, una leva importante per «favorire la destagionalizzazione e la decentralizzazione del turismo», i due problemi del settore in epoca prepandemica. Perché l’enogastronomia non è solo luglio e agosto, basti pensare al vino. E perché si assaggia in aree rurali, lontano dalle mete congestionate dal turismo mordi e fuggi (fonti: LA STAMPA / QUALIVITA; in alto, una bottega di prodotti locali a Cagliari, photo © BOOCYS – stock.adobe.com).

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SALUMI & CO.

Salumi

prêt-à-porter Il cestino da picnic (pieno di prodotti buoni) potrebbe essere una bella idea da proporre ai clienti della propria salumeriagastronomia. Come regalo o cadeau aziendale, per una pausa originale o più semplicemente fare una merenda gustosa e staccare la spina… all’aperto. Che in tempi di pandemia sarebbe anche cosa buona e giusta (photo © Tatiana Atamaniuk – stock.adobe.com).

La passione PER IL MARMO Il suo nome in greco antico significa “pietra splendente” ed è un materiale che ci accompagna fin dall’antichità. Il marmo è anche la materia prima utilizzata per realizzare i prodotti di Marmolove®, il marchio realizzato da VALENTINA MAVELA insieme al fratello ALESSANDRO. I prodotti di Marmolove® sono disegnati e realizzati in Italia nei laboratori di Finale Ligure, dove i due fratelli seguono passo dopo passo tutte le fasi della produzione: dalla scelta dei materiali più pregiati come le pietre naturali, provenienti dalle cave di Massa Carrara e Lavagna. Noi ovviamente segnaliamo i loro taglieri, stupendi e perfetti per gli allestimenti in bottega. Ecco il link: marmolove.com (photo © instagram.com/marmolove).

Natale

ALLE PORTE Siamo ancora vestiti leggeri ma il Natale arriverà in un attimo e, come puntualmente succede, ci travolgerà. Per mettersi avanti con qualche idea originale e low cost suggeriamo di dare un’occhiata ai contenuti Xmas Decoration su pinterest.com: i trend di quest’anno si focalizzano sull’uso di materiali naturali, fogliame, carta. Un Natale green ed ecosostenibile (photo © runrun2 – stock.adobe.com).

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Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni O.W.

www.prosciuttocrudodicuneo.it Seguici anche su Facebook e Instagram


FOTOGRAFATI E MANGIATI

CORALLINA norcineriafelici.it

Produttore: Norcineria Felici di Felici Stefano, Norcia (PG). Regione: Umbria. Ingredienti: carne di suino, sale, pepe, aglio. Senza: glutine, latte e derivati. Descrizione: salame tipico della tradizione salumiera umbra, in particolare della zona di Norcia, la Corallina è realizzata con carni suine magre accuratamente selezionate e lavorate. All’impasto dalla macinatura fine si aggiungono i lardelli e le spezie, sale, pepe e aglio. Segue l’insacco in budello naturale. Al taglio spicca immediatamente il profumo e, all’assaggio, le spezie. In abbinamento a: pane sciapo umbro. In tutta la regione il pane si mangia infatti senza sale, ideale come accompagnamento dei salumi.

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MORTANDELA

AFFUMICATA della Val di Non dalmassimogoloso.com

Produttore: Dal Massimo Goloso, Coredo (TN). Regione: Trentino Alto-Adige. Ingredienti: carne di suino trentino, sale, pepe, aglio, pimento, cannella, garofano. Senza: glutine e lattosio. Descrizione: è il salume tipico della Val di Non, presidio Slow Food, ottenuto macinando e impastando la carne di suino a cui viene data la forma di una polpetta avvolta nel retino dello stomaco del maiale. La mortandela di Massimo Corrà viene realizzata da una selezione di suini trentini, la cui carne viene lavorata rigorosamente a mano. Segue l’affumicatura al naturale con legno di faggio e ginepro. Profumatissima! In abbinamento a: pane trentino e un calice, almeno, di Trento DOC.

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BREVI STORIE DI CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA

Dura come il MARMO, scioglievole come il LARDO di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)

I

n alta Toscana esiste un posto che in passato ha avuto su di me un fascino sinistro e magnetico. Quando mi diressi per la prima volta a visitare Colonnata, dopo una curva, mi si stagliò di fronte una montagna squarciata, muro candido e grigio, ripido e spietato di marmo dai tagli netti. Mi sembrò un castello gotico, pieno di guglie e sale immense in cui giocano luci ed ombre, immense scalinate per GIGANTI come immagini mentre ascolti le fiabe. La giornata era coperta ma luminosa, la parete e il cielo un tutt’uno, bianchi e scintillanti. Mi sentii tanto piccola e spaesata, tra la sensazione di oppressione e quella di fascinazione totale. Siamo nelle Alpi Apuane, nel territorio di Carrara. Il marmo qui viene estratto sin dall’epoca romana ed è uno dei marmi più pregiati al mondo. È da qui che proviene il materiale per alcune delle opere architettoniche e delle statue più celebri, MICHELANGELO compreso. È stato invece inventato e prodotto per anni per dare da mangiare alle maestranze dei cavatori dagli inizi dell’800 circa per poi diventare, negli anni ‘70 una vera specialità apprezzata da tutti. Il Lardo di Colonnata è salume IGP (ha ricevuto la certificazione nel 2004) e viene prodotto, secondo il Disciplinare, usando i lardoni di schiena dei maiali di Parma e Mantova. I pezzi di lardo di circa 7/8 kg vengono distribuiti dentro a grandi conche di marmo, alternandoli a strati di sale marino, abbondanti spezie dolci ed erbe aromatiche semplici come salvia, rosmarino e aglio. Nelle conche i pezzi vengono girati ogni 15 giorni, stazionando nella loro salamoia da 6 mesi a 3 anni. La produzione è attiva esclusivamente da settembre a maggio. Alla degustazione il lardo è compatto, bianco, leggermente tendente al rosato, profumato e fondente in bocca, molto sensibile alle temperature. Molto in risonanza con le Alpi Apuane, con Colonnata e questi luoghi. Questo appena passato e non ancora terminato è stato un anno molto triste, ho perso alcuni cari amici. Per non sentire buchi, assenze, tagli, rimpianti e nostalgie, li ho celebrati anche in maniera pagana, mangiando e bevendo. Per questo ed altri motivi ogni tanto mi sento una di quelle donne che agli occhi degli altri sembrano serene, interessanti e sorridenti mentre loro sanno e sono consapevoli che la loro vita è stata forgiata a colpi di bombe, escavatori e seghe circolari. Proteggo come posso un animo tenero, scioglievole, candido e speziato. Ci provo davvero a non sentirmi troppo spesso una di queste donne.

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ATTUALITÀ

RAPPORTO COOP 2021 Puntuale ogni anno arriva uno spaccato del nostro Paese, degli scenari internazionali, del mercato, degli umori e dei sentimenti della nazione. Stavolta con sorprese pressoché inattese di Sebastiano Corona

opo la peggiore crisi di tutti i tempi, la migliore ripresa di sempre. È questa la grande novità. Le variazioni del PIL mondiale tutte al rialzo si attestano su un +6% nel 2021, ma continuano in positivo anche nelle previsioni degli anni a venire, con un +4,9% nel 2022 e un +3,5% nel 2023. Corre più veloce di tutti la Cina, in un mondo multipolare in cui gli USA sembrano abdicare al loro storico ruolo di potenza egemone e offrono anche all’Europa la chance di diventare soggetto stabilizzatore nella costruzione dei nuovi equilibri geopolitici. A dire questo e molto altro è il “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli Italiani di oggi

D

30

e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione di NOMISMA, NIELSEN, GFK, GS1-OSSERVATORIO IMMAGINO, IRI INFORMATION RESOURCES, MEDIOBANCA UFFICIO STUDI, NPD, CRIF, TETRA PAK ITALIA. L’edizione di quest’anno, presentata nelle scorse settimane, offre una descrizione puntuale della nuova realtà post Covid. Il documento è frutto di due diverse indagini, condotte entrambe nello scorso mese di agosto, che hanno coinvolto un campione di 1.500 Italiani rappresentativo della popolazione tra 18 e 75 anni, un panel della community del sito di italiani.coop con 1.000 opinion leader e market maker, tra cui

L’Italia sta vivendo una seconda giovinezza col PIL che cresce più in fretta delle aspettative, trascinato dall’export e dalla riconversione digitale della manifattura. Gode poi di un nuovo favore internazionale grazie ai recenti molteplici successi sportivi e musicali, ma anche alla buona gestione della pandemia e, soprattutto, all’effetto autorevolezza generato dalla premiership di Mario Draghi. L’86% degli intervistati si dichiara orgoglioso di essere Italiano. E cresce anche la fiducia degli Italiani nell’Europa, oggi al 44%, tra i valori più bassi nell’UE, ma il più alto fra gli Italiani da marzo 2011 (photo © sakkmesterke – stock.adobe.com).

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470 soggetti che rivestono ruoli apicali in ambito professionale e pertanto in grado di anticipare con una certa attendibilità, le tendenze future. È sorprendente e confortante rilevare che l’Italia vive una seconda giovinezza: cresce più in fretta delle aspettative (il balzo in avanti del PIL potrebbe sfiorare il 6%), trascinata dall’export che ha già superato i livelli pre-Covid e dalla riconversione digitale della propria manifattura. Gode, soprattutto, di un nuovo e inatteso momento di favore internazionale grazie ai recenti, molteplici successi sportivi e musicali, ma anche alla buona gestione della pandemia e soprattutto all’effetto autorevolezza generato dalla premiership di MARIO DRAGHI. Il 60% della business community internazionale si dichiara convinto di una maggiore attrattività del Paese nei prossimi 3 anni e il 48% lo ritiene una possibile destinazione di investimenti futuri. Anche per questi nuovi riconoscimenti, l’86% degli intervistati si dichiara orgoglioso di essere italiano. E cresce anche la fiducia degli Italiani nell’Europa, oggi al 44% tra i valori più bassi nell’UE, ma il più alto fra gli Italiani da marzo 2011. In questo scenario, si ripropone la necessità di una grande rivoluzione verde a livello globale, con un’attenzione che sembra intendere la consapevolezza diffusa dell’esaurirsi del tempo rimasto a disposizione per invertire la rotta. Lo scetticismo nella possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati in fatto di rispetto dell’ambiente va di pari passo

con la cognizione che la sostenibilità e la cura degli ecosistemi, siano oramai delle priorità. Il pensiero positivo è il nuovo mood post pandemia per quasi 7 Italiani su 10 e, messo da parte il rancore, torna la fiducia nel prossimo (lo afferma il 41% rispetto al 19% di quattro anni fa), a partire dalla famiglia e dagli affetti più stretti. Nel rinnovato clima di benevolenza vengono assorbite con più elasticità anche le differenze, nella rinnovata consapevolezza “delle cose importanti della vita” (45% degli intervistati), piuttosto che da un concreto cambiamento delle proprie condizioni. Restano, infatti, profonde le ferite fisiche e mentali della pandemia: l’inquietudine da long Covid ha generato ansia, insonnia, depressione e disturbi alimentari. È di 10 miliardi la stima del costo totale solo per il trattamento delle sindromi depressive generate dal momento storico che stiamo vivendo. Inoltre, si moltiplicano le povertà: sono 27 milioni gli Italiani che ancora nel 2021 hanno vissuto rinunce e disagi quotidiani, 18 milioni coloro che ne prevedono il perdurare nel tempo e 5 milioni coloro che temono il protrarsi di sacrifici, persino in ambito alimentare. Anche per questo, al crescente ottimismo degli Italiani e alla nuova fascinazione estera per il nostro Paese, non corrisponderà nell’immediato una altrettanto rapida ripresa dei consumi. Secondo la maggioranza degli esperti, l’Italia raggiungerà i livelli preCovid solo nel 2023 e infatti nel 2022, il 28% degli Italiani prevede di avere un livello di spesa ancora inferiore rispetto

al 2019: sono soprattutto cassaintegrati, giovani e donne. Nella speranza di affrancarsi presto dalle restrizioni del Covid, l’Italia e gli Italiani escono dalla “bolla” che li ha imprigionati dall’inizio dello scorso anno e danno finalmente nuova forma al loro futuro, accelerando i cambiamenti e scegliendo nuove priorità. Specchio e metafora dei cambiamenti, il cibo esce profondamente trasformato dalla pandemia e si colora di verde: 1 Italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini a tavola, chi indulgendo nel conforto alimentare (sono il 23% coloro che hanno preso peso, in media +5,8 kg) e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare (15% quelli che hanno perso peso in media –7,1 kg). Se solo il 18% non si riconosce in alcuna cultura alimentare e il 24% fa riferimento solo alla Dieta Mediterranea, oltre la metà degli Italiani si riconosce anche o esclusivamente in altre identità alimentari (bio, veg&veg, gourmet, iperproteici e low carbs), ma la vera novità del 2021 è la comparsa della nuova tribù dei climatariani, ovvero di coloro (1 Italiano su 6) che dichiarano di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale. E comunque l’ambiente diventa riferimento di molti Italiani; l’88% associa al cibo il concetto di sostenibilità che significa per il 33% avere un metodo di produzione rispettoso, per un altro 33% attenzione agli imballaggi, per il 21% è sinonimo di origine e filiera e per il 9% di responsabilità etica.

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Secondo il Rapporto Coop 1 Italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini a tavola, chi indulgendo nel conforto alimentare e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare (photo © Suteren Studio – stock.adobe.com). Così, il 13% sta riducendo il consumo di carne (i cosiddetti reducetariani), si preferiscono prodotti locali e di stagione, i veg sono consumati anche da chi cerca solo una alternativa proteica alla carne e raddoppiano le vendite di proposte vegane di nuova generazione (le bevande, le besciamelle, i piatti pronti). E non è un caso che gli Italiani riconoscano nel riscaldamento climatico il principale fattore di cambiamento del cibo del futuro, sia prevedendone una maggiore scarsità a causa del climate change (26%), sia immaginando che per salvare il clima occorrerà cambiare la nostra alimentazione (32%). Per gli Italiani un aiuto verrà dalla scienza e dalla tecnologia (26%) e in questo senso tra le new entry sulle tavole dei nostri connazionali da qui a 10 anni ci saranno cibi vegetali con il sapore di carne, a base di alghe, farina di insetti e anche la carne coltivata in vitro. In realtà la food revolution è già in corso. Gli investimenti nel solo 2020 in cibi e bevande di prossima generazione ammontano a 6,2 miliardi. Un altro elemento è quello della ricerca, attraverso il cibo, di un maggior benessere. L’83% dei nostri connazionali si dichiara disposto a spendere di più

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pur di acquistare prodotti con qualità certificata. Dopo di noi l’80% dei Cinesi e solo dopo Europei e Statunitensi. Non cessa d’altronde il successo di segmenti di mercato come il freefrom, il rich-in, gli stessi dove è spesso il prodotto a marchio a rispondere meglio e con maggiore rapidità dei brand leader. Il crescente benessere spiega anche la maggiore attenzione che gli Italiani prestano all’etichetta; così le indicazioni sull’origine e la provenienza del cibo sono determinanti per l’acquisto per il 39% degli Italiani, per il 28% lo sono i valori nutrizionali e a seguire il metodo di produzione (per il 26%). In sostanza, gli Italiani sembrano prestare attenzione crescente ai contenuti intrinseci dei prodotti e sempre meno delegano le loro scelte ad una incondizionata fiducia verso il brand e sono sempre meno disposti a pagare per i contenuti di pura immagine. Un fenomeno questo del progressivo declino della marca che continua da tempo, reso evidente non solo dall’avvento dei discount (oggi il 20% delle vendite GDO), ma anche dalla crisi negli altri canali della Distribuzione Moderna (dal 2013 ad oggi la perdita di quota

delle grandi marche è pari a un –9%) controbilanciato dalla MDD (un +9% nello stesso lasso di tempo) e anche dai piccoli produttori (+3%), evidentemente più rapidi nell’intercettare le nuove mutevoli esigenze dei consumatori. Anche gli operatori della filiera alimentare vedono un futuro più rosa, ma con delle differenze. L’industria alimentare mantiene infatti performance di redditività doppie rispetto alla distribuzione. Non a caso, quasi 1 su 2 tra i manager della Grande Distribuzione intervistati prevede uno strutturale peggioramento dei risultati economici e/o di dover reinventare il proprio modello di business minacciato dalla coda lunga della recessione pandemica sui redditi delle famiglie, a cui si aggiunge l’affermazione dei discount che non conosce tregua (l’85% ne prevede un ulteriore incremento delle vendite) e l’intensificarsi della tensione competitiva fra le insegne. Per il 45% del campione occorre riprogettare i punti vendita, magari perseguendo una integrazione della rete fisica con i nuovi canali virtuali e lavorando per una riqualificazione del personale. Solo dopo arrivano gli investimenti per potenziare le vendite on-line, che pur in crescita, dopo l’exploit del 2020 (+121%), resta un segmento modesto delle vendite alimentari complessive. Nello scenario immediato, ad essere più preoccupante per la GDO è la dinamica dei prezzi all’acquisto e alla vendita. Vi è il concreto rischio che il retail alimentare resti schiacciato tra la diminuzione dei prezzi al consumo (–0,7% la deflazione del prezzo dei prodotti alimentari nel primo semestre 2021) e l’annunciato aumento dei prezzi delle materie prime e dei listini dei fornitori industriali. Un risiko da cui non sarà facile uscire, ma che sembra al momento inevitabile. Lo scenario post pandemia — così lo vogliamo definire, dando per scontato che il peggio sia alle spalle — è dunque complesso e ricco di sfide per tutti gli operatori della filiera. Ci sono segnali incoraggianti, ma anche molte incognite. È totalmente inedito sotto molti aspetti e condurrà verso strade nuove, tanto per l’industria quanto per la distribuzione. Sebastiano Corona

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L’Attendibile: Riccardo Lagorio riceve il premio giornalistico di Assolatte per il miglior articolo dedicato al formaggio Lo scorso 16 settembre, Riccardo Lagorio, giornalista e prezioso collaboratore delle nostre riviste, ha ricevuto il premio giornalistico di Assolatte (Associazione Italiana Lattiero Casearia) L’Attendibile, giunto quest’anno alla sua nona edizione, per il miglior articolo dedicato al formaggio pubblicato sulla rivista Sale&Pepe a maggio 2021 (“Formaggi di pecora: produzione e varietà”). Questa la motivazione: “All’inizio era il formaggio di pecora. Da questo incipit prende l’avvio un suggestivo giro d’Italia alla scoperta dei formaggi pecorini. Così intimamente legati alla cultura dei nostri territori, ma al contempo moderni e attuali, il nostro Paese deve molto della sua storia gastronomica di successo proprio a questi formaggi. Come mostra l’allettante corollario di ricette”. Bravissimo Riccardo! (photo © Piero Gatti).


I MERCATI DELLA VENDITA DIRETTA Non sono una nuova tendenza, quanto piuttosto un ritorno al passato in chiave moderna. Un luogo che incontra le esigenze di chi vende, come quelle di chi compra di Guido Guidi

È

nata a Roma nelle scorse settimane la prima coalizione dei Farmers Market, una rete mondiale della multifunzionalità e della vendita diretta. Nell’ambito di una delle principali piazze nazionali di Campagna Amica di COLDIRETTI, che ha tenuto la regia di un evento che ha

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visto la partecipazione di agricoltori provenienti da diversi continenti, alla presenza della vicesegretaria generale dell’ONU AMINA J. MOHAMMED (in foto), in occasione del pre-vertice del Food Systems Summit 2021 dell’ONU. Dal Dulse canadese al Cocoyam del Ghana, dalle bacche di Karité africane alla frutta

del Caucaso, sono diversi i prodotti salvati dall’estinzione grazie ad un format commerciale che si sta riscoprendo quando ormai pareva in buona parte tramontato. Una modalità che rinasce per rispondere alla richiesta di cibi locali da parte dei consumatori, ma che è di grande aiuto anche per chi produce.

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Secondo l’istituto che ha realizzato l’indagine per conto di COLDIRETTI, l’Italia è il Paese dell’Unione Europea con la più estesa rete organizzata di mercati contadini. Sono infatti 12.000 gli agricoltori coinvolti in circa 1.200 piazze della fondazione di Campagna Amica, per un fatturato nazionale della filiera corta con vendita diretta che raggiunge i 6 miliardi di euro all’anno. La spesa media è passata nel 2020 da 27 a 34 euro, arrivando a rappresentare oltre un terzo della spesa alimentare totale degli interessati. Chi sceglie di recarsi nei mercati contadini è spinto all’acquisto dal legame cibo/territorio, dalla freschezza e stagionalità e — a torto o a ragione — dalla sicurezza. Locale non significa infatti necessariamente sicuro o di qualità, ma questo è nell’immaginario collettivo, considerato che la quasi totalità dei consumatori intervistati dall’Istituto LXE, e cioè 9 su 10, afferma che comprare prodotti certificati DOP/IGP o direttamente dai produttori agricoli italiani è la principale fonte di garanzia per la propria sicurezza alimentare. Oggi i mercati contadini, che qualche tempo fa erano considerati un canale di nicchia, analogo ai classici mercati rionali, sono divenuti un modello innovativo che solo in Italia ha raggiunto oltre 16 milioni di consumatori, un livello di fidelizzazione del 72% e di soddisfazione pari al 81%. Per 6 aziende produttrici su 10, partecipare ai mercati contadini non rappresenta più soltanto una modesta quota di fatturato, ma ha diverse ricadute. Sempre secondo LXE, infatti, il 63% dei produttori ritiene che la relazione diretta col consumatore sia fondamentale per orientare al meglio i propri sforzi produttivi, permettendo soprattutto una migliore promozione delle varietà o dei cibi meno conosciuti rispetto all’offerta standardizzata delle normali filiere lunghe. Ha altresì consentito di capire cosa piace di più ai consumatori, coi quali il rapporto è ora diretto, privo di intermediazioni e, in quanto tale, molto più soddisfacente, sul piano umano, oltre che su quello meramente economico. Si amplia anche l’offerta: agli albori era limitata prevalentemente a frutta e verdura, ma è oggi sempre più orientata

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verso il prodotto di prima o seconda trasformazione e pertanto via libera a conserve vegetali, miele, marmellate, pesti, salse, ma anche pane, prodotti da forno, uova, olio, vino, formaggi, carne e pesce. Per il produttore, il canale della vendita diretta rappresenta, tra le altre cose, una maggior sicurezza di riuscire a piazzare il prodotto. Molti Farmers Market dichiarano di aver ridotto i propri scarti di produzione, con riflessi importanti sull’ambiente, oltre che sul conto economico aziendale. Chi non riesce a vendere tutto ciò che raccoglie può trasformarlo, devolverlo seduta stante a soggetti indigenti o utilizzarlo come cibo per animali, poiché spesso all’interno dell’azienda agricola è presente del bestiame. I mercati contadini, con la vendita diretta, sostengono i redditi degli agricoltori, ma garantiscono anche ai consumatori la possibilità di acquistare senza intermediazioni, risparmiando così sulla spesa e intessendo un rapporto diretto con il produttore. Nel contempo, possono ridurre l’impatto sul clima, considerato che i prodotti a km 0 non percorrono grandi distanze con mezzi inquinanti e prevedono spesso l’utilizzo di packaging meno impattanti. Chi aveva dunque problemi nel rapportarsi con la Distribuzione Moderna, ha trovato nei mercati contadini una valida alternativa. Niente più prodotti standard, realizzati in grandi quantità e venduti ad un prezzo che non era deciso tanto dal produttore quanto dal committente. Questa realtà, che va sempre più affermandosi, non solo promuove una modalità alternativa di commercializzazione del cibo, ma stimola anche nuove produzioni, in un contesto in cui l’agricoltore ha modo di proporle direttamente e personalmente al consumatore, sempre o quasi con successo. Ai produttori consente di aumentare i propri margini, restituendo dignità ad un lavoro agricolo che negli ultimi anni ha sofferto un pesante calo di redditività, ma anche di modificare il proprio modo di rapportarsi agli strumenti di produzione e all’organizzazione aziendale nel suo complesso, stabilendo una nuova relazione con la terra, diversificando, distribuendo meglio il lavoro nei campi

e mettendo a dimora varietà che altrimenti non avrebbero probabilmente avuto mercato. In questo modo è altresì possibile tutelare le biodiversità e i tempi dettati dalle stagioni, recuperare varietà antiche, verificare se certe specie incontrano il palato del consumatore, senza fare grossi investimenti in ricerca o marketing. Molti clienti — ora edotti ed educati su certi temi — comprendono il motivo dei difetti di frutta e verdura, talvolta addirittura apprezzandoli come garanzia di genuinità. Perché la natura è varia e imperfetta e aspettarsi prodotti belli da vedere e tutti uguali è illogico. Il calibro della frutta, previsto nei rigiri protocolli della Distribuzione Moderna, sarà pure rispondente ad esigenze di immagine, ma è segno del fatto che si è perso il nesso con la natura delle cose e il legame con madre terra. Non ci si può infatti aspettare che i frutti siano sempre uguali tra loro o allo stesso grado di maturazione, perché la regola è esattamente il contrario. Altro aspetto degno di nota, è certamente quell’autonomia decisionale che viene riscoperta dall’agricoltore, che si rende nuovamente attore protagonista dei suoi spazi produttivi. Un vantaggio che si era certamente perso nei rapporti con la GDO dove, a dettare le regole, anche quando la correttezza reciproca non è in discussione, è quasi sempre l’insegna del supermercato. I mercati contadini sono diventati occasione per contrastare una certa standardizzazione delle produzioni e dei gusti. Il consumatore che li frequenta cerca proprio quello: la specificità di un prodotto, la non omologazione, il sapore autentico. Ma anche la freschezza, perché chi acquista, lo fa nella convinzione che il prodotto sia sempre appena colto. La garanzia la dà il produttore stesso. E in un’epoca in cui le aziende agricole hanno disperato bisogno di diversificare per integrare i redditi e le filiere alimentari sono sempre più globalizzate e anonime, il successo dei mercati contadini sembra legato proprio a questo aspetto: il fatto di metterci la faccia e dare la propria parola. La fidelizzazione viene da sé. Guido Guidi

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+30% le vendite di Salame di Varzi nel primo semestre 2021. In aumento anche l’affettato: +48% Con 345.220 kg certificati nei primi sei mesi del 2021, il Salame di Varzi DOP realizza un incremento delle vendite del 30%. Sempre a due cifre l’aumento realizzato nelle vendite dell’affettato che, con 250.867 confezioni prodotte (erano 168.572 nello stesso periodo del 2020), cresce del 48%. A spiegare le ragioni di questi risultati è Fabio Bergonzi, presidente del Consorzio di tutela del Salame di Varzi. «Buona parte dell’incremento delle vendite registrate nel primo semestre del 2021 è dovuto alla riapertura del canale Ho.re.ca., che costituisce un importante canale di vendita del prodotto, ma a ben vedere non è l’unica causa. Il grande incremento dell’affettato, soprattutto dopo la straordinaria crescita nel 2020 (+128%), ci riempie di soddisfazione perché vuol dire che il consumatore, una volta provato il prodotto, lo inserisce stabilmente nel proprio paniere di acquisto, contribuendo alla sua crescita anche attraverso il passaparola. Più in generale, è la conferma che alcune tendenze, manifestatesi durante l’emergenza pandemica, permangono, come ad esempio la tendenza ad acquistare “meno ma meglio”, ossia privilegiando i prodotti “premium” come il Salame di Varzi, la cui denominazione d’origine protetta DOP è riconosciuta dal consumatore come assoluta garanzia di qualità». Il prodotto Il Salame di Varzi deve la sua qualità al dosaggio ottimale degli ingredienti accuratamente scelti, alle tecniche di lavorazione contadina che si sono affinate attraverso i secoli, pur mantenendo la loro originalità, e anche alla conformazione del territorio, favorito da quel microclima montano tipico della Valle Staffora tra la brezza marina ligure e l’aria fresca di montagna. L’insieme di queste condizioni ha permesso ai produttori di sfruttare l’instaurarsi di particolari processi enzimatici e la trasformazione biochimica del prodotto per il quale vengono utilizzate le parti più nobili del maiale, secondo le proporzioni stabilite dal Disciplinare di produzione. Salame a grana grossa, compatta, con la parte grassa ben bilanciata e di colore bianco, questa eccellenza per essere degustata al meglio, deve essere tagliata a fette spesse per cogliere a pieno l’aroma fragrante, leggermente speziato, così come la sua morbidezza, la delicatezza e dolcezza. Il Salame di Varzi è realizzato con carne di suino macinata e sapientemente mescolata a sale marino, pepe in grani e infuso di aglio in vino rosso. Nella lavorazione del Salame di Varzi vengono impiegati tutti i tagli di carne, anche le parti migliori, come la coscia. La materia prima è attentamente ed accuratamente selezionata per conferire al prodotto stagionato le caratteristiche di morbidezza e profumo che lo contraddistinguono. Al taglio si presenta di forma allungata (intendendo la forma della fetta del salame che deve essere tagliato a becco di clarinetto), consistenza tenera e colore rosso vivo. Il sapore è tipicamente dolce, delicato, e si combina ai profumi e agli aromi fragranti nonché caratteristici, strettamente condizionati dai tempi di stagionatura (photo © Paolo Bernardotti). >> Link: www.consorziovarzi.it

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Salumi¿cio Ferrari Erio & C. S.p.a. – Via Canaletto Nord, 565/A – 41122 MODENA – ITALY Tel. +39 059 310015 – Fax +39 059 450251 – E-mail: info@salumiferrari.it


IL FOOD IN RETE

SOCIAL di Elena 1. Qualeformaggio, siate consapevoli Qualeformaggio.it è il settimanale web di STEFANO MARIOTTI che sta dalla parte dei pastori e dei consumatori consapevoli. Per fare “Resistenza Casearia”, per formare e informare, “privilegiando i prodotti più autentici, la zootecnia rurale, le culture locali e puntando il dito sui fatti e i misfatti delle produzioni che si spacciano per tipiche pur non essendolo, sulla zootecnia industriale e le sue storture, sulle malefatte della politica in campo agroalimentare” (photo © instagram. com/qualeformaggio.it).

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2. Lara Abrati, il suo mondo del food Il profilo Instagram di LARA ABRATI, giornalista enogastronomica specializzata anche sui canali web è uno dei più interessanti, per qualità dei contenuti, visione e dettaglio. La potete seguire qui: instagram.com/laraabrati (in foto, pizza gourmet dello chef LORENZO DURIZZI con prosciutto crudo di Parma 24 mesi, stracciata di bufala ed emulsione al basilico; photo © instagram.com/laraabrati).

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FOOD Benedetti

3. 1520mins, bravi e veloci Si chiama 1520mins ed è un servizio di home delivery specializzato in prodotti di gastronomia che opera a New York, Chicago e Astoria e che garantisce le consegne a domicilio entro 15-20 minuti. Se l’orario non viene rispettato, riaccreditano al cliente l’importo speso. L’acquisto avviene tramite app e la comunicazione viene svolta su instagram.com/1520mins. In foto, i Caprese Sandwich, pronti da consegnare (photo © instagram.com/1520mins).

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4. Falorni, passione e bellezza Ma la meraviglia di questa sala? C’è tutta la cultura e tradizione salumiera della Toscana. L’Antica Macelleria Falorni è molto più di un negozio: è un mondo di tradizioni e gusti da scoprire, immersi nella storia e nella bellezza della rinomata piazza di Greve in Chianti (facebook.com/anticamacelleriafalorni).

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Round di investimento da 1,1 milioni di euro per Cesarine.com Cesarine.com ha deliberato un’operazione di aumento di capitale in modalità di convertendo per un importo massimo di 3 milioni di euro. La raccolta è finalizzata al finanziamento del piano industriale che prevede l’evoluzione al modello marketplace, l’ampliamento dello shop on-line e campagne di marketing. L’aumento di capitale avviene in un momento di particolare effervescenza per la società che ha registrato una stagione estiva con numeri di prenotazioni pari a quelli dell’estate 2019 e si sta preparando a lanciare una linea di prodotti a firma. Il progetto, che raggiungerà dapprima l’Europa continentale ed entro fine anno le destinazioni Oltreoceano, prevede la proposta di circa 50 referenze (numero destinato ad aumentare) di specialità introvabili sugli scaffali della Grande Distribuzione, dal ragù bianco di cortile al friggione bolognese, realizzati in modo artigianale e secondo ricettari tradizionali delle cuoche della rete. Cesarine.com, fondata da Davide Maggi e PMI innovativa dal 2019, è la più estesa community di cuoche e cuochi casalinghi diffusa su tutto il territorio nazionale. Ad oggi sono più di 1.500 le Cesarine (un tempo nome comune dato alle massaie emiliane) che organizzano nelle loro affascinanti case, in più di 450 località italiane, memorabili esperienze di cucina quali cene, lezioni, food tour, per deliziare il palato di coloro che sono alla ricerca di piatti e tradizioni spesso dimenticate, cura degli ingredienti e privacy.

Carne&Salumi: da ASS.I.CA. nuovo portale per una linea diretta col consumatore Sotto la guida del neopresidente Ruggero Lenti, ASS.I.CA., l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi (ASS.I.CA.) che aderisce a Confindustria, ha lanciato il progetto “Trust Your Taste, CHOOSE EUROPEAN QUALITY”, sostenuto dalla UE e che vede nel web lo strumento più importante per informare gli Italiani anche sui temi legati all’alimentazione. Comunicazione, rete e sostenibilità sono le 3 leve su cui punta l’associazione per informare il consumatore e www.trustyourtaste.eu è il nuovo portale che ne rappresenta il volto più moderno ed europeo Il portale www.trustyourtaste.eu è strutturato come un blog, con una sezione specificatamente dedicata ai consumatori ed una agli operatori della filiera. Per i cittadini, particolarmente utili sono i piccoli trucchi e consigli (Tips & Tricks) così come la rubrica “Conosci ciò che mangi”, dedicata a sfatare molti dei luoghi comuni e dei pregiudizi che circondano i salumi e la carne suina più in generale. “Del maiale non si butta via niente” è invece lo spazio espressamente dedicato a valorizzare e far conoscere i tagli anche meno noti o pregiati, dando valore alle ricette della tradizione e edu-

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cando i consumatori ad una cucina più etica, sostenibile e al contrasto degli sprechi alimentari. “Lo sapevi che” contribuisce a far chiarezza e a dare una visione più completa e corretta sul settore. I social — YouTube, Facebook e Instagram — verranno utilizzati in maniera integrata con il sito, per garantire la completezza e la tempestività dell’informazione. Con www.trustyourtaste.eu, più Instagram, Facebook e Youtube l’associazione punta sul web per una linea diretta col consumatore Il progetto “Trust Your Taste, CHOOSE EUROPEAN QUALITY” ha durata triennale (2021-2024), si svolge in Italia e Belgio e gode del cofinanziamento dalla Commissione europea nell’ambito del Regolamento (UE) 1144/2014 (Azioni di informazione e di promozione riguardanti i prodotti agricoli nel mercato interno). >> Link: trustyourtaste.eu www.youtube.com/channel/ UCkMa3-MaYNlDSoRY3k7sO3g www.facebook.com/Trust-yourTaste-Choose-European-Quality104582645199284 www.instagram.com/trustyourtaste_chooseeu_ita

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Saremo presenti dal 22 al 26 ottobre 2021


Photo: Gurus Lido Vannucchi

Disponibile anche al pistacchio.

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IN BUONE MANI. % 100 ITALIANO


AZIENDE

Prosciuttificio La Glacere, ARTIGIANI DEL SAN DANIELE di Massimiliano Rella 44

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Visita con degustazione al Prosciuttificio La Glacere. Il prosciuttificio sorge nel Borgo Sopracastello, dove un tempo vi era la ghiacciaia cittadina, detta appunto “glacere”, nella quale era conservato il ghiaccio proveniente dal vicino lago.

a Glacere (la ghiacciaia) è uno dei piccoli prosciuttifici di San Daniele del Friuli, una realtà artigianale che vanta anche un allevamento di suini alimentati con cereali nobili e siero di latte, dai quali ottiene una parte delle cosce che trasforma e stagiona. Il resto dei suini nazionali è acquistato da allevatori di fiducia, nelle regioni previste dal Disciplinare (che sono undici tra Nord e Centro Italia). Sono cosce di almeno 12 kg, di suini di 170-180 kg di peso, che fanno minimo 13 mesi di stagionatura, marchiate a fuoco e certificate. Un prodotto tipico italiano che non pecca in tracciabilità, con una carta

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d’identità impressa sulla forma e che identifica l’allevamento, il macello, l’indicazione d’origine DOP e il codice unico del produttore/trasformatore. Inoltre, dal 2019 per il prosciutto preaffettato c’è un sistema di tracciamento digitale, essendo ogni vaschetta dotata di QR-Code che consente di accedere alle informazioni d’origine. Come noto il San Daniele è un prosciutto dolce e con discreta presenza di grasso. Privo di additivi e conservanti, è fonte di proteine nobili d’alta qualità, di vitamine e minerali, in particolare zinco e potassio. Non è detto che più stagiona più il prosciutto è buono. Un prosciutto deve

avere grasso, dolcezza e morbidezza, ma più stagiona, più si asciuga e più cala di peso, aumentando al contrario di sapidità. Il processo di stagionatura fa perdere il 29-30% del peso iniziale della coscia. «La dolcezza è una caratteristica del San Daniele, dovuta a una minore permanenza del sale; ad esempio, 16 giorni di salatura sono ridotti a 15 giorni» ci spiega MARIO MOLINARO, il proprietario di La Glacere. «La pressatura favorisce la penetrazione omogenea del sale nelle carni». Con la sua forma caratteristica a “chitarra”, dovuta alla pressatura, è anche l’unico prosciutto DOP a man-

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SU QUESTO VERSANTE DEL COLLE DI SAN DANIELE LA BREZZA DELLE ALPI CARNICHE ENTRA NEI SALONI IN CUI RIPOSANO LE COSCE E SI MESCOLA A QUELLA MARINA DELL’ADRIATICO. UN CONNUBIO CHE RENDE UNICO IL PROCESSO DI STAGIONATURA Ricorda gli anni ‘60 la confezione di prosciutto San Daniele DOP sottovuoto in scatolette di latta dell’azienda La Glacere. «L’abbiamo fatta per ricordare gli emigranti italiani che nel secolo scorso si portavano il tipico affettato in Canada e negli USA» racconta Mario Molinaro, titolare del prosciuttificio. tenere lo zampino, sia per ragioni estetiche che per favorire l’assorbimento dell’umidità. Uno dei segreti del San Daniele è la terra origine: un’area in provincia di Udine influenzata dal clima della collina morenica, dalle correnti marine in arrivo dall’Adriatico e dai venti freddi delle Alpi Carniche. La Glacere ne produce artigianalmente 6.000 l’anno e figura quindi tra i più piccoli prosciuttifici di San Daniele. Tutta la lavorazione è manuale, non sono usati coltelli elettrici e le celle di stagionatura impiegano le scalere di legno, dove l’azienda lascia stagionare le cosce per 16-19 mesi: 16 mesi il San Daniele intero, il disossato e l’addobbo “etichetta nera”; 19 mesi le tre stesse tipologie ma in “etichetta argento”. Il San Daniele viene venduto anche già affettato e riposto in scatolette di latta da 150 grammi e in vaschette ATM da 90. Le cosce sono stagionate in celle dotate di ampi finestroni che vengono aperti quando le condizioni meteo consentono di arieggiare i locali senza compromettere la stabilità della temperatura e dell’umidità, i cui valori sono controllati.

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Il prosciutto di La Glacere finisce in gran parte nel canale HO.RE.CA. tra macellerie, ristoranti, enoteche e botteghe del gusto; ma c’è anche un punto vendita aziendale (prezzi 22,50 €/kg) con bella sala degustazione (con visita da 12 a 20 euro a persona). L’azienda di Mario Molinaro produce inoltre il Fumat, un prosciutto che dopo 18 mesi di stagionatura viene leggermente affumicato al legno di faggio; ottenuto con le stesse cosce e lo stesso procedimento non può però essere marchiato San Daniele perché il Disciplinare della DOP non prevede l’affumicatura. Ha un sapore molto delicato. La Glacere vende tra Italia ed Europa, in particolare Francia, Germania e Austria (www.laglacere.it). Le fasi del San Daniele Una volta selezionate le cosce sono conservate 24 ore ad una temperatura minima intorno allo 0 per rassodare la carne, poi sono rifilate per favorire la perdita d’umidità. Dopo le prime 2448 ore sono ricoperte con sale marino e mantenute tra 0 e 3 °C; secondo tradizione rimangono sotto sale per un

numero di giorni equivalenti al peso in chilogrammi. Sono poi pressate per far penetrare il sale in profondità e dare alla carne consistenza ottimale. Le cosce salate riposano quattro mesi in saloni con umidità compresa tra 70% e 80% e temperatura tra 4 e 6 °C. Dopo il lavaggio con acqua tiepida, che favorisce la tonificazione dei tessuti e stimola la maturazione con lo sbalzo termico, le cosce vengono stagionate a San Daniele del Friuli per minimo 13 mesi. Il processo si completa con la sugnatura sulla parte non coperta della cotenna per mantenere morbida e protetta la porzione di coscia. Il procedimento è coronato dalla marchiatura a fuoco col marchio del Consorzio. Il San Daniele, per il suo alto valore nutrizionale e la facile digeribilità, è indicato in qualsiasi dieta. Cosce di minimo 12 kg per diventare San Daniele, provenienza da 11 regioni del Centro-Nord Italia, da suini di 170-180 kg, minimo 13 mesi di stagionatura. Massimiliano Rella Nota Photo © Massimiliano Rella.

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FRATELLI DURANDO, le nocciole nel DNA di Massimiliano Rella

erra D’Origine è l’agriturismo dell’azienda agricola Fratelli Durando a Portacomaro (AT), nel Monferrato, esempio di azienda innovativa, che ha sviluppato interessanti collaborazioni per la creazione di nuovi materiali in campo bio-edilizio, a partire dai prodotti della terra, su tutti le Nocciole Tonda Gentile

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del Piemonte IGP. Tra gli ultimi progetti quello chiamato “Costruire con il Cibo” vede la collaborazione con il Politecnico di Torino, mentre la collaborazione avviata con l’azienda NobilBio, di Portacomaro (AT), ha come obiettivo lo sviluppo di riempitivi ossei a base di vinacce. Ma andiamo con ordine.

Agriturismo e ristorante, picnic e merende in vigna, bioedilizia e cosmesi L’azienda Fratelli Durando è una realtà agricola di 30 ettari, di cui 26 di noccioleto e 4 di vigne (2 ettari di Grignolino, 1 di Ruchè e 1 di Barbera; 15.000 bottiglie in 5 etichette). Dieci anni fa, a causa della flavescenza dorata, una

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Tradizione e genuinità dal 1910

Prosciutto di Modena Dop un capolavoro del gusto italiano

Prosciuttificio Nini Gianfranco Srl Via Sicilia, 61 - 41056 Savignano sul Panaro (MO), Italy - Tel.: 059 730103 - Fax: 059 731599 49 E-mail: info@prosciuttificionini.it - Web: www.prosciuttificionini.it

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A destra: nocciole tostate di varietà Tonda Gentile del Piemonte IGP dell’azienda dei Fratelli Durando. In basso, antipasto a base di salumi, formaggi e nocciole da gustare all’Agriturismo Terra D’Origine. A sinistra: Alessandro Durando.

malattia della vite, si è riconvertita dal vino verso la produzione di nocciole e derivati. Agricoltori già dal ‘600, l’azienda agricola polifunzionale fu però avviata dal nonno ITALO negli anni ‘60. Negli anni ‘70 ci fu lo spopolamento delle campagne, la gente preferiva lavorare in FIAT, ma loro resistettero. Solo nel 2008 ALESSANDRO DURANDO, ultima generazione, comincia l’avventura della nocciola, mentre nel 2010 recupera i casot, piccoli e caratteristici casotti degli attrezzi sparsi sulle colline del Monferrato, puntando sul turismo enogastronomico. Nel 2016 apre il ristorante e adesso, per chiudere il cerchio, sta per realizzare un’area camper attrezzata, con possibilità di piazzare qualche tenda tra le vigne. L’agriturismo è anche fattoria didattica e propone picnic e merenda del contadino nei 5 casot. La produzione principale è di nocciola Tonda Gentile del Piemonte IGP, una varietà autoctona trilobata, molto dolce; circa 200 quintali l’anno di nocciole tostate e tostate salate. Una parte è trasformata in granella e farina di nocciola, utilizzata per creme, gelati, pasta e torta di nocciole. Il noccioleto entra in produzione il sesto anno e al decimo è in piena produzione. Riforniscono pasticcerie, supermercati, gelaterie e fanno anche vendita diretta. Ricca di vitamina E, dalla nocciola si ottiene olio di nocciola utile anche per la cosmetica contro le infiammazioni della pelle e la psoriasi.

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Da queste considerazioni sono nate nuove prospettive per l’azienda agricola Durando. Azienda innovativa e sostenibile che, per intenderci, è alimentata a biomassa con gusci di nocciola, autosufficiente per il riscaldamento, mentre l’elettricità arriva dal fotovoltaico. L’agriturismo è costruito con materiali di bioedilizia, ad esempio blocchi di “farina” di legno rivestiti di mattoni a vista. Bisogna sapere anche che la pellicina della nocciola è usata in bioedilizia per le sue caratteristiche di alta resistenza, anche perché trattiene l’acqua e si amalgama bene con la malta naturale; pure i gusci hanno caratteristiche importanti. Così, collaborando al progetto del Politecnico di Torino “Costruire con il

Cibo”, i Durando puntano a realizzare un bungalow di mattoni di pellicina e gusci di nocciola. Collaborano poi con l’azienda NobilBio di Portacomaro, specializzata in perni di titanio per gli impianti dentali, che sta studiando un riempitivo osseo a base di vinacce. L’azienda, infine, produce anche cosmetici innovativi a base di vinacce, a marchio Poliphenolia. Massimiliano Rella >> Link: www.fratellidurando.it Nota A pag. 48, merenda piemontese al casot tra le vigne dell’azienda agricola Fratelli Durando; photo © Massimiliano Rella.

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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI

La corsa inarrestabile del BIO Nessuna flessione per il settore, ma numeri in aumento su ogni fronte e le soddisfazioni sembrano non essere finite. La direzione presa è quella giusta e anche l’Europa ce lo chiede in vista di una riconversione green di Guido Guidi

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Superfici, operatori e consumi bio ancora in crescita: è questo il dato principale emerso dalle analisi presentate all’edizione 2021 di SANA, il Salone internazionale del biologico e del naturale di Bologna. I numeri forniti da SINAB per il MIPAAF confermano che la superficie biologica nel 2020 è aumentata rispetto all’anno precedente di +5,1 punti percentuali. In crescita anche il numero degli operatori del settore che ha raggiunto le 81.731 unità (photo © magdal3na – stock.adobe.com).

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el mondo del biologico ci sono diverse cose da festeggiare quest’anno. Si comincia con una ricorrenza importante: il trentennale del primo Regolamento relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli e della relativa indicazione sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. La seconda, forse meno importante ma certamente degna di nota, è l’aver segnato un nuovo anno record per produzione e consumi, tra l’altro nel mezzo di una crisi pandemica ed economica di cui non è chiaro l’esito nel breve e medio termine. La situazione di incertezza, non solo non ha fatto desistere dall’acquisto di prodotti bio, ma ha generato un incremento su ogni fronte. Nel 2020, la spesa in biologico nella GDO ha infatti registrato un +4% rispetto al 2019. Nemmeno il Natale scorso, caratterizzato da divieti di assembramenti e convivialità, ha scoraggiato questo tipo di acquisti, facendo invece registrare un aumento del 6%, rispetto allo stesso periodo del 2019, nelle tre settimane a cavallo delle festività natalizie (dati: ISMEA). Una conferma che quella del biologico è una scelta ponderata, resa oggi ancor più consapevole dal rapporto indiscusso tra benessere e alimentazione. Secondo COLDIRETTI salgono infatti alla cifra record di 4,3 miliardi di euro i consumi domestici di alimenti bio. In un trentennio, i consumi nazionali sono cresciuti senza interruzioni ed oggi il biologico è nel carrello di circa sette famiglie italiane su dieci (68%). La domanda crescente va di pari passo con la leadership dell’Italia nella produzione. Un primato guadagnato sul campo, grazie all’incremento del numero di aziende del primario e della trasformazione, che oggi vede coinvolte più di 80.000 imprese. La direzione presa dall’Italia sembra essere quella che chiede l’Europa: la transizione ecologica prevista dal Farm to Fork, il fulcro del New Green Deal, dovrebbe portarci, entro il 2050, alla neutralità climatica, anche grazie alla riduzione del 50% dell’uso di fitofarmaci di sintesi e antibiotici e del 20% di fertilizzanti chimici. I dati sulla tendenza del mondo agricolo del Belpaese parlano chiaro: dal 2010 l’incremento registrato è di oltre 879.000 ettari coltivati e 29.000

41038 S. Felice s/P (MO) Via Palazzetto, 36


Durante il lockdown per le uova biologiche è stato un vero boom, con un +25% sugli acquisti (photo © karandaev – stock.adobe.com). nuove aziende agricole. La superficie biologica raggiunge così nel 2019 quota 1.993.236 ettari, segnando, rispetto al 2018, un +35.000 ettari, con una crescita attorno al 2% (dati: SINAB). Come per l’agricoltura italiana il livello compositivo resta stabile e definito dai 3 orientamenti produttivi che pesano sul totale per oltre il 60%: prati pascolo, colture foraggere e cereali. E a seguire olivo e vite. Tra i seminativi e le colture ortive, che aumentano di poco più di 12.000 ettari, si confermano in crescita le coltivazioni biologiche a grano duro (6%); orzo (3%) e riso (12%); girasole (26%) e soia (15%); erba medica (8%); pomodori (21%); legumi (13%) e frutta, come mele e pere. Quanto agli operatori, la fanno da padrone le regioni del Sud, quali Sicilia (10.596 unità), Calabria (10.576) e Puglia (9.380). Ma nuove aree si affacciano a questo interessante mondo, ritagliandosi uno spazio sempre più ampio: sono le Marche (+32%), il Veneto (+13%), il Lazio (+8%) e l’Umbria (+6%), ai quali seguono l’Emilia-Romagna (+2%), la Lombardia (+3%) e la Provincia Autonoma di Bolzano (+4%).

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Sempre il SINAB, nel rapporto dell’agosto 2020, rileva che il 51% dell’intera superficie biologica nazionale si trova in 4 regioni: Sicilia (370.622 ha), Puglia (266.274 ha), Calabria (208.292 ha) ed Emilia-Romagna (166.525). Altri incrementi consistenti riguardano le crescite registrate nella Provincia Autonoma di Trento (31%), in Veneto (25%) e in Umbria (8%). Gli importatori di prodotti biologici, cioè gli operatori che svolgono attività di importazione, sia in maniera esclusiva, sia unitamente ad attività di produzione e/o preparazione, si concentrano prevalentemente nel Centro-Nord. Il 68% fa capo a 5 regioni del Settentrione. Nel 2019 la dimensione media di un’azienda biologica italiana era di 28,3 ettari, contro quella di tipo convenzionale che segnava 11 ettari. A livello delle aree geografiche, il divario maggiore interessa, il Centro e le Isole, mentre risulta più contenuto, ed inferiore al 28,3 nazionale, a Sud, nel Nord-Ovest e nel Nord-Est del Paese, in cui la superficie media di un’azienda biologica è rispettivamente di 24,6, di 23,2 e di 22,2 ettari. Lasciando il mondo della coltivazione, si nota che

nel 2019 è aumentato anche lo sviluppo dell’acquacoltura biologica, dove gli operatori coinvolti hanno raggiunto le 59 unità, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. La loro distribuzione territoriale vede protagonista il Centro-Nord, le cui regioni raccolgono circa il 75% delle imprese nazionali, impegnate soprattutto nella mitilicoltura e molluschicoltura. Nel Centro e in Meridione, invece, riguarda prevalentemente attività di allevamento di spigole ed orate. Passando alle carni, il numero di capi da zootecnia bio, al 31 dicembre 2019, risultava limitato al 4% per i bovini, mentre è in calo con valori percentuali negativi di oltre il 10% per suini, ovini, caprini ed equini, registrando una diminuzione complessiva. Nello stesso periodo di riferimento, è invece positiva la tendenza per il comparto avicolo, in cui il pollame cresce del 14% raggiungendo quasi 4 milioni di capi complessivi. In merito alle principali categorie di spesa, i consumi di prodotti bio del settore agroalimentare, in linea con quanto accade nel mondo della produzione, sono incrementati nell’ultimo anno del 4,4%, superando i 3,3 miliardi di euro (dati aggiornati al primo semestre 2020). Per definire il valore del mercato del biologico italiano vanno poi aggiunti i consumi dell’HO.RE.CA., delle mense scolastiche e dell’export ancora non stimati. L’incidenza complessiva delle vendite di biologico sulla spesa per l’agroalimentare italiano è del 4%. Nel 2020 il 90% dei consumatori italiani ha acquistato più di tre volte un prodotto alimentare biologico (+1,4% rispetto al 2019). Un valore significativo che sale al 97% se si considerano le famiglie che lo hanno fatto almeno una volta. ISMEA e NIELSEN evidenziano un incremento degli acquisti sia per i prodotti a largo consumo confezionato, a cui si è maggiormente rivolta l’attenzione nelle prime settimane di emergenza Covid, che per i prodotti freschi sfusi. E anche a seguito delle restrizioni dovute alla pandemia, il biologico continua a mostrare performance di tutto rispetto, in particolare nella Distribuzione Moderna, con un incremento del 5,7% nelle vendite. La crescita della spesa nella GDO è oltretutto trasversale, coinvol-

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gendo tutto il Belpaese, seppur a velocità diverse, come spesso accade: nel Nord-Est i consumi crescono del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre nelle restanti aree gli incrementi, pur presenti e significativi, sono più modesti. Per una migliore analisi del dato è però d’obbligo ricordare che nelle aree del Meridione la GDO non rappresenta sempre il principale canale d’acquisto dell’agroalimentare biologico. Al Sud sono infatti maggiormente diffusi gli acquisti nei negozi indipendenti, nel piccolo commercio al dettaglio e nei mercati rionali: il 77,5% della spesa bio stimata passa attraverso il canale tradizionale, al contrario di quanto accade al Nord, dove l’incidenza è inferiore al 30%. Molto bene anche i discount, che nei primi mesi del 2020 crescono del 10,7%, pur esprimendo fatturati ancora marginali, soprattutto se confrontati agli altri canali di distribuzione del biologico. Le elaborazioni per il primo semestre 2020 mostrano inoltre un’inversione di tendenza per i negozi tradizionali che, dopo alcuni anni di stagnazione, fanno segnare un +3,2% di fatturato nel settore. Sul fronte dei prezzi al consumo nella GDO si registra un aumento medio dell’1,2% rispetto all’anno precedente ed una riduzione delle transazioni di prodotti biologici venduti in promozione (–10,8%, dati 2019 su 2018). Nemmeno il periodo del lockdown ha fermato i consumi di alimenti bio. Le settimane dal 9 marzo al 17 maggio 2020, con la chiusura dei canali HO.RE. CA., la limitazione agli spostamenti e lo smart working hanno costretto al consumo di pasti in casa, modificando le abitudini delle famiglie e determinando inevitabilmente un aumento della spesa per acquisti domestici. L’andamento delle vendite di prodotti bio confezionati presso la Grande Distribuzione evidenzia che, come per l’agroalimentare convenzionale, per il settore biologico le transazioni presso la GDO si sono incrementate durante la quarantena. Le vendite in Italia hanno fatto segnare un +11% rispetto alle stesse settimane del 2019 (dati: NIELSEN). L’analisi delle vendite nei supermercati e ipermercati su base regionale mostra che le vendite dei prodotti a

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Secondo i dati dell’Osservatorio SANA, curato da Nomisma, nel 2021 (anno terminante a luglio) i consumi interni hanno registrato una crescita del 5% rispetto all’anno precedente. La spesa delle famiglie italiane si è attestata a 4,6 miliardi di euro: 9 famiglie su 10 hanno acquistato almeno un prodotto bio nell’anno in corso. E negli ultimi dieci anni i consumi interni hanno registrato un’impennata del 133% (photo © monticellllo – stock.adobe.com). peso fisso dell’agroalimentare aumentano in quasi tutti i territori. Sulla spesa complessiva degli Italiani presso la Distribuzione Moderna l’incidenza, in valore, dei prodotti biologici durante il lockdown è di poco superiore al 3%, come prima di marzo. In sostanza, sia il biologico sia l’agroalimentare nel suo complesso sono cresciuti parallelamente e in maniera importante nelle settimane di chiusura. I prodotti a media e lunga conservazione sono preferiti a quelli freschi, in generale. Gli ingredienti necessari per la produzione casalinga di pasta o pizza sono aumentati anche sul fronte bio, oltre che convenzionale, con un +92% per le farine e un +63% per le basi per pizze bio. Inoltre, i consumi di latticini freschi bio non hanno risentito in maniera grave degli effetti delle restrizioni, come avvenuto nello stesso settore a livello convenzionale. Gli andamenti sono stati eterogenei: il latte a lunga conservazione ha segnato un +41% e si è venduto meglio del fresco. I formaggi hanno continuato

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a crescere (+14%) e lo hanno fatto ancora meglio di quanto avvenisse prima dell’isolamento. È stato un boom per le uova biologiche che, già apprezzate prima del lockdown, in quella fase hanno segnato un +25%. Non si può dire altrettanto per il vino biologico, una categoria da tempo in crescita, ma confinata al 2% del carrello biologico del consumatore italiano. Durante il lockdown l’andamento positivo è rallentato anche perché si tratta di un prodotto che viene normalmente veicolato dalla ristorazione fuoricasa, in quella fase storica completamente al palo. Il biologico resta dunque un ambito che, pur avendo dato già tanto, non finisce di stupire e di elargire soddisfazioni sul piano economico. A preoccupare è però il fatto di non essere in grado di sfruttare a pieno questo trend positivo, anche alla luce dell’invasione di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, soprattutto per alcune tipologie di alimenti. Anche gli altri Paesi europei hanno compreso l’importanza dell’agricoltura

biologica. La Francia, per esempio, nel 2020 ha registrato una progressione del 13%. In piena pandemia, la soglia di 50.000 fattorie è stata ampiamente superata, per arrivare a 53.483, che oggi rappresentano il 12% del totale delle società agricole francesi (dati: Agenzia francese per lo sviluppo e la promozione dell’agricoltura biologica). Il ritmo di conversione non sembra mostrare segni di debolezza nemmeno Oltralpe. Nei primi cinque mesi del 2021 il numero dei nuovi impegni nel settore biologico ha portato ad un sostanziale equilibrio tra la produzione e il consumo. In effetti, il totale degli acquisti di alimenti provenienti da agricoltura biologica delle famiglie e da parte dei locali di ristorazione ha raggiunto 13,2 miliardi di euro nel 2020, con una crescita del 10,4%. C’è ancora molto da fare dunque, anche nella necessità di raggiungere gli obiettivi della strategia Farm to Fork del New Green Deal che puntano ad un futuro con almeno 1 campo coltivato bio su 4. Guido Guidi

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Trend e bilancio positivi per la 33a edizione di SANA Nella prima edizione post pandemia (9-12 settembre, in contemporanea con Cosmofarma Reazione e OnBeauty by Cosmoprof) SANA 2021 ha registrato ottimismo e grande dinamicità da parte degli espositori e degli operatori professionali/buyer intervenuti in fiera che hanno evidenziato l’esigenza e la volontà di tornare a incontrarsi in presenza. Il dinamismo negli scambi commerciali, i trend di mercato emersi dall’Osservatorio SANA (presentato in apertura di manifestazione, nell’ambito di Rivoluzione Bio gli Stati generali del biologico) e degli altri numerosi momenti di confronto hanno evidenziato, nel post pandemia, una ancor maggiore sensibilità verso l’ambiente e un concetto di wellness che coinvolge un numero sempre più ampio di interlocutori. Nascono anche per dare risposte a questo nuovo scenario, in rapida evoluzione, alcune nuove iniziative che SANA 2021 ha presentato in questa edizione e di prossima realizzazione. Come la nuova iniziativa SANA BUSINESS DAYS, che nel mese di giugno 2022 (23-24) si terrà ad Amburgo; un progetto dedicato agli operatori del settore (produttori e distributori) interessati ad ampliare i loro contatti commerciali in Germania, Austria e Svizzera. Il mercato tedesco è, oggi, l’area di maggior interesse in Europa per la cosmesi naturale, con un volume pari a 1.38 miliardi di euro (dato 2019) e un indice di crescita che si attesta al 9%. Sempre in chiave di internazionalizzazione, ma per il settore food, SANA 2021 ha visto la definizione di una ancor più stretta collaborazione fra BolognaFiere, FederBio e Naturland (ente certificatore tedesco) per la promozione del bio italiano sui mercati esteri; un altro contributo per valorizzare la qualità dei prodotti nazionali, supportando le strategie di marketing e di export dei nostri produttori. Ottime, quindi, anche le prospettive per l’area food le cui aziende specializzate nella produzione e distribuzione di alimenti bio ripartono dal bilancio in positivo di SANA lasciandosi definitivamente alle spalle le difficoltà legate alla pandemia, aprendosi con ancora maggior dinamismo a nuovi mercati e potenziando ulteriormente i canali di vendita on-line. Apprezzato, dagli operatori, il lancio di SANATECH, il Salone professionale dedicato alla filiera della produzione agroalimentare, zootecnica e del benessere, biologica ed ecosostenibile. «SANA e Rivoluzione Bio 2021 hanno dato il segnale positivo della ripartenza e sono state occasione per fare il punto sul settore, facendo emergere il trend costante di crescita sia nella produzione che nel mercato, con un balzo notevole dell’export» ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio. «Ma ha fatto emergere anche le criticità che dobbiamo affrontare rapidamente se vogliamo cogliere le opportunità di questa fase nella quale i cittadini scelgono sempre di più i prodotti biologici e l’Europa punta in maniera determinata sul bio. Servono scelte politiche chiare, coraggiose, che investano nel biologico per supportare la transizione ecologica dell’agricoltura italiana a partire dal Piano Strategico Nazionale della PAC con l’obiettivo del 30% di superficie coltivata a bio al 2027, all’approvazione definitiva della legge e all’elaborazione del Piano d’Azione Nazionale sul biologico». «In chiave di sostenibilità economica, ambientale e sociale, nell’ultimo anno il ruolo del biologico si è rafforzato grazie ad un mercato estremamente ricettivo verso i prodotti bio e di origine italiana. Questo ha attribuito uno speciale significato all’edizione 2021 di SANA — ha dichiarato Roberto Zanoni, presidente AssoBio — a pochi mesi dall’approvazione in Senato della legge sull’agricoltura biologica, che adesso attende il passaggio alla Camera. Il grande interesse per il mondo del biologico, oltre ad essere l’espressione di un settore solido e con ampie possibilità di crescita, è anche l’affermazione della volontà sempre più frequente da parte dei consumatori di scegliere biologico e condividere i valori da esso veicolati. Dimostrazione di questa volontà è stata l'affluenza ai convegni organizzati da AssoBio: il convegno “Food: Packaging&Bio. Indagine AssoBio sul packaging sostenibile” ha sottolineato l’importanza del binomio prodotto-packaging sostenibile come aspetto fondamentale di coerenza, che il consumatore ha compreso a pieno e che ormai si aspetta. Le nostre aziende hanno sposato questa missione e durante questa edizione di SANA lo hanno dimostrato con la loro esperienza e i numeri». SANA dà appuntamento alla sua business community a Bologna dall’8 all’11 settembre 2022 (photo © www.sana.it).

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Carnerie, l’impronta naturale della Val di Vizze

Agricoltura biologica, carne e salumi prodotti in maniera sostenibile al Maso Jörgnerhof. Una questione di scelte e consapevolezza, dall’allevamento al packaging fino alla vendita e all’on-line di Riccardo Lagorio

«Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica» spiega Varena Angerer, fondatrice di Carnerie con Alexander Guadagnini. «La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e con l’alimentazione sana che abbiamo stabilito la copertura finale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti». Gli animali vivono per la quasi totalità del tempo all’aperto una vita priva di tensioni e affaticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fieno (photo © F-TECH).

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In alto: quello di Carnerie è un allevamento che rispetta i fabbisogni naturali degli animali, che vivono all’aria aperta. A destra: nella bottega di Carnerie c’è la possibilità di degustare i vari prodotti, dalla carne ai salumi, e effettuare visite guidate della fattoria (photo © F-TECH).

autunno arriva presto tra i boschi della Val di Vizze. Vipiteno non è distante, ma più di ogni altra località qui hanno puntato tutto su relax, tradizioni e lentezza. Il panorama che fa da sfondo è una natura strepitosa, diventata un’icona della montagna per intenditori, per chi predilige un’atmosfera d’altri tempi senza rinunciare alle comodità per le quali l’Alto Adige è universalmente apprezzato. Le 217 aziende agricole

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attive sono il biglietto da visita dell’impronta naturale della valle. Ampia e coltivata all’imbocco di Prati, la valle si stringe poco dopo e al borgo di Avenes la strada si impenna. Ci vuole ancora qualche chilometro per incontrare una zona paludosa dove ontani, salici e betulle affrescano il panorama insieme a giunchi e calte palustri. MARIO SARTORI, lo storico locale, conferma che la valle era chiamata “la grande pozza” e tale rimane durante il disgelo fino a metà

primavera prima del borgo di San Giacomo. Grube (pozza, in italiano), un pugno di case a mezza costa, prende il nome da questo fenomeno. È dal biotopo pressoché unico che si lascia il fondovalle per raggiungere il Maso Jörgnerhof, di fine Settecento, alto sulla conca. Ancora per qualche giorno, fino all’arrivo della prima neve, ma forse anche più tardi, gli animali di ALEXANDER GUADAGNINI e VARENA ANGERER pascolano all’aperto. Hanno da poco

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Alexander Guadagnini e Varena Angerer di Carnerie col loro Bauernspeck. terminato l’alpeggio sui pascoli della Malga Grubberg, ad oltre 2.000 metri. Una transumanza verticale di appena 6 chilometri, ma che incide con favore sulla carne. Per avverare il loro sogno Alexander e Varena si sono inventati tre anni fa una raccolta fondi, così oggi chi ha contribuito alla realizzazione della fattoria vanta un credito in carne e salumi. «150 persone hanno avuto fiducia nella nostra idea e si è rivelata tanto buona che in pochi mesi siamo già in saldo positivo. Carnerie è diventata in poco tempo il punto di riferimento per chi sceglie carni e salumi naturali e gustosi» spiega con soddisfazione Alexander. Gli animali trascorrono una vita dignitosa, priva di tensioni e affaticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fieno. Vivono, come detto, all’aperto. «Il più possibile. Per questa ragione c’è necessità di

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razze resistenti al caldo e al freddo, ma che assicurino comunque un alto livello qualitativo della carne: cioè sviluppino un’adeguata proporzione di parte grassa e di parte magra» affermano. I suinetti si avvicinano al recinto curiosi, portano pelo scuro, a chiazze nere o sfoggiano una cintura bianca su vello nero. «Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica. La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e, grazie all’alimentazione sana che abbiamo imposto, la copertura finale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti” spiega Varena, che ha conseguito il diploma di assaggiatrice di carne presso il Grill Club di Innsbruck (Sommelier Steak Tasting). «Nel laboratorio trasformiamo infatti le carni al giusto punto di età e consistenza in salumi tradizionali e

vendiamo carne fresca sottovuoto», precisa davanti a uno Speck contadino (Bauernspeck) dalla marcata marezzatura e dal sapore intenso. Anche i bovini devono avere un’adeguata marezzatura. Per questo si è scelto di allevare 20 capi di razza Angus, dall’età che varia tra 6 mesi e 2 anni. La macellazione avviene quando si è raggiunta un quantitativo adeguato di ordinativi. «La vendita on-line ci ha aiutato molto durante il periodo di clausura. Ci ha permesso di consolidare tanti clienti e trovarne altrettanti» interviene Alexander. Per conseguire un corretto isolamento termico, la spedizione avviene in contenitori di paglia pressata, a differenza di quanto si è soliti vedere in polistirolo. «Anche l’imballo ci rende coerenti con la struttura che abbiamo dato al maso, naturale ovunque». Da queste parti il re dei salumi è lo Speck. Quello che esce dalla bottega Carnerie è un Bauernspeck, il sigillo che la Provincia Autonoma concede a chi alleva animali e li trasforma, vendendoli, sotto forma di salume. «Il nostro Bauernspeck viene ottenuto con una concia di ginepro, aglio, pepe e sale. Nient’altro. Nessun conservante perché ciò che conta davvero deve essere la carne iniziale. E i clienti che chiedono perché le fette non sono così rosse, sono poi gli stessi che si rivelano i più interessati. Ovviamente per far questo la lavorazione deve essere sempre corretta e contare su una pulizia maniacale in laboratorio», chiarisce Varena. Il Bauernspeck e i Kaminwurzen, i salametti affumicati ideali per le merende, si affumicano in maniera tradizionale, con legno di faggio, aghi e bacche di ginepro. Il primo si vende dopo oltre un anno di stagionatura, i Kaminwurzen trascorso un mese dalla preparazione. Anche le ombre della sera che si allungano sulla bottega del maso sono delicate, creano una luce amica e quasi romantica a coronamento di un paesaggio che lascia senza fiato. Benvenuti in val di Vizze. Riccardo Lagorio Carnerie by Jörgnerhof Grube 87 (39049) Pfitsch, Val di Vizze (BZ) Telefono: 340 1524329 E-mail: info@carnerie.com Web: carnerie.com

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ANALISI DEL FOOD

MOSTARDE, PICCANTI OPERE D’ARTE CULTURALE di Giovanni Ballarini

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e mostarde piccanti italiane sono conserve di gastronomia diffuse soprattutto nell’Italia settentrionale e in Toscana e ottenute da diversi ingredienti secondo la zona d’origine. Queste conserve sono preparate con uno o più tipi di frutta trattata, secondo le ricette, con zucchero o miele, mosto e senape e in generale hanno un gusto più o meno piccante. Il termine mostarda è spesso fonte di equivoci, perché talvolta utilizzato con riferimento al francese moutarde o all’inglese mustard, per definire il condimento più noto in italiano come senape. L’etimologia italiana, probabilmente derivante dal latino mustum ardens o mosto ardente nel senso di piccante, si riferisce alla presenza di mosto e di sostanze piccanti come la senape, anche se nelle varie versioni di mostarde italiane spesso o il mosto o la senape e in alcuni casi entrambi possono essere assenti. Le mostarde di Cremona, Mantova e del Veneto sono piccanti a seconda della quantità di senape ma prive di mosto, mentre quelle di Carpi (MO), del Piemonte e del Sud Italia contengono mosto ma non senape; altre, come la mostarda bolognese e romagnola, non contengono né mosto né senape ma solo frutta. Perché diverse mostarde sono piccanti e perché il gusto piccante, che dovrebbe segnalare un cibo pericoloso, piace?

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Spezie piccanti e paura del cibo La vita si mantiene attraverso la difesa dalle azioni avverse, la nutrizione e la riproduzione, e queste tre attività sono possibili attraverso i sensi e i loro organi. Tutti gli organi di senso sono coinvolti nell’alimentazione. Le sensazioni del gusto in particolare derivano dai chemiorecettori che l’organismo possiede e sono stimolati da particolari molecole. Le stimolazioni gustative che ne derivano sono accompagnate da sensazioni olfattive che originano da ricettori situati nella parte alta delle cavità nasali e sono mediate anche dalla sensibilità tattile, di pressione, termiche (freddo e calore) e di dolore, al quale è connessa la condizione della paura. La sensazione gustativa del piccante in tutte le culture umane ha sollevato non facili problemi interpretativi e di recente sta avendo una particolare e quasi insospettata soluzione, ovvero quella di una stretta relazione con la paura dei cibi. Questa nuova prospettiva permette anche di comprendere il successo che in alimentazione umana e soprattutto in gastronomia hanno avuto e continuano ad avere i cibi piccanti, sui quali molto si è scritto da un punto di vista storico, ma che rimanevano un fatto incomprensibile: perché il cibo piccante piace? Quando si nasce, si cerca sicurezza e conforto e per questo i cibi devono

essere dolci, caldi, morbidi e bianchi come il latte materno. Cibi amari o piccanti, duri e scuri, se non neri, sono un indicatore di pericolo e da evitare. Man mano che il bambino cresce, inizia l’interesse della ricerca e della scoperta del mondo e con questa anche il piacere del rischio e della paura in una ricerca che riguarda anche il cibo. Cibi nuovi e con sapori non ben dosati possono dare sensazioni sgradevoli anche di dolore, ma segnano l’inizio di un’indipendenza e di una maturità nella quale il gusto del piccante (nei cibi) e dell’amaro (nelle bevande) divengono fonte di piaceri, primo dei quali una raggiunta maturità, ma anche un dominio e superamento di un dolore, peraltro sicuro, limitato e soprattutto transitorio. È una constatazione comune che, quando si è raggiunta una maturità psicologica, gli uomini amano praticare sport estremi, mettersi alla prova nei parchi di divertimento sulle montagne russe o altre attrazioni da brivido, leggere racconti o romanzi polizieschi e noir, guardare film horror… In modo analogo, quando si è raggiunta una maturità alimentare, gli uomini iniziano a mangiare e ad apprezzare cibi che procurano un limitato e transitorio dolore e un senso di pericolo, che è al tempo stesso un piacere. In tutti questi casi vi è un piacere, non tanto del rischio, quanto di una paura controllata e dominata.

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La senape aggiunge al cibo una nota piccante ma delicata, che si abbina bene soprattutto alla carne (photo © Sahaidachnyi Roman – stock.adobe.com).

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Nel mondo delle piante, molecole come la sinigrina e la sinalbina della senape sono molto diffuse, almeno due motivi. Oltre che tenere lontani dalle piante taluni parassiti animali, queste molecole servono per selezionare gli animali che diffondono i semi dei vegetali. Nel caso della senape, come del pepe e peperoncino, i semi non sono sparsi dai mammiferi che evitano di mangiare i frutti piccanti, ma dagli uccelli che sono insensibili alla loro azione pungente e che portano i semi a distanze molto grandi, con indubbio vantaggio per la specie vegetale.

La mostarda cremonese è certamente la più nota tra le varie mostarde regionali. Per gustare a pieno il sapore piccante della mostarda è consigliabile non lasciar trascorrere troppo tempo dalla sua produzione: il gusto della senape, molto volatile infatti, dopo i primi mesi inizia a disperdersi (photo © nolonely – stock.adobe.com). Spezie piccanti in natura Molte sono le spezie piccanti in natura. Spezie che stimolano le mucose della bocca e, a dosi ridotte, provocano sensazioni d’irritazione, mentre a caldo, e a dosi più elevate, dolore, sono la senape bianca e la senape nera. Esse causano inoltre una stimolazione delle mucose dell’occhio, con lacrimazione, e delle mucose del naso, con aumento delle secrezioni (da qui nasce il modo di dire “far venire mosca al naso”, errata traduzione dal francese “la moutarde lui monte au nez”). Queste spezie definite piccanti procurano le sensazioni di un’irritazione o bruciore, quasi di un’ustione delle mucose, perché stimolano i ricettori della mucosa orale che, attraverso la branca buccale del nervo trigemino, mandano un segnale

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d’allarme per avvertire che il palato sta “bruciando”. Questo segnale, attraverso il ganglio di Gasser, è inviato anche alle mucose nasali e oculari, che rispondono aumentando la secrezione e la lacrimazione. Le stimolazioni sono inviate anche al cervello che le elabora anche in base alle sue memorie antiche e recenti. Al di fuori dei processi fisiologici degli stimoli e loro trasmissione ed elaborazione nervosa, complessi e in gran parte ancora inesplorati sono i significati delle attività irritanti della senape, come di molti altri composti presenti nei vegetali. Una presenza che deve essere esaminata e valutata in rapporto all’evoluzione biologica, al mondo dei vegetali e degli animali e, non da ultimo, all’alimentazione umana.

Cibi con allarmi che preoccupano Molte persone al mondo provano gusto, se non piacere a mangiare cibi piccanti. Agli adulti piace infatti spesso godere di situazioni nelle quali il loro corpo manda segnali d’allarme, mentre sanno che in realtà non vi è alcun pericolo. Molto complesso è quindi il rapporto tra uomini e cibo piccante e va studiato nella prospettiva della storia evolutiva dell’uomo, la cosiddetta alimentazione darwiniana. Diversamente da moltissime altre specie animali, la nostra, dopo il breve periodo infantile durante il quale è monofaga e si alimenta solo di latte, diventa progressivamente onnivora e mangia di tutto. Una caratteristica che permette di non fare affidamento su un unico o solo pochi tipi di cibo, come invece avviene per gli animali monofagi. La polifagia, infatti, ha consentito alla specie umana di trovare fonti di sostentamento nutrizionale nel corso delle sue lunghissime migrazioni e in ogni ambiente che ha conquistato, dai poli all’equatore, dalle pianure alle montagne, dai climi aridi a quelli acquatici, da una vita contadina a quella urbana. Gli onnivori hanno grandi vantaggi, ma questa alimentazione comporta una serie di difficoltà, perché in natura non tutto quello che è masticabile e sembra mangiabile è anche commestibile e perché può essere anche tossico. Per questo, le specie animali onnivore, e tra queste la nostra in alto grado, hanno sviluppato un’alimentazione che si basa su una ricerca che si svolge attraverso complessi sistemi di sperimentazione, controllo dei risultati e loro comunicazione nella propria comunità o società.

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umano le aree del piacere e del dolore sono molto vicine e una volta entrate in funzione ne attivano altre, ha sede la coscienza superiore. Dunque, l’amore per il cibo piccante è la conseguenza di un’interazione tra le aree cerebrali che controllano il dolore, il piacere e la coscienza, ma, soprattutto, una conseguenza del rapporto tra questi tre elementi. In questa interazione, la sensazione di dolore e pericolo, confusa col piacere, si accompagna alla consapevolezza che in realtà il palato non sta andando a fuoco e che il tutto è sotto controllo, anzi è un segno di controllo. A tutto questo si aggiunge il fatto che la sensazione dolorosa sparisce rapidamente, dando origine al piacere di una guarigione, di una liberazione, di un sollievo. Una condizione che ricorda tra l’altro il piacere che si ha dopo una fatica. Piacere delle mostarde piccanti Anche per i cibi piccanti esistono dei limiti, diversi per ogni persona e a loro volta influenzati dalle abitudini alimentari, e il piacere che provocano giustifica la loro presenza e persistenza anche a livello culturale. Il controllo dei limiti dei cibi piccanti in ogni cultura è ottenuto attraverso tradizioni, spesso trasferite nelle ricette delle diverse preparazioni piccanti, loro associazioni con altri cibi e rituali d’uso, nei quali sono regolati dolore e piacere, paura e felicità. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Vellutata di patate con rafano, uova di quaglia e prosciutto croccante. La radice del rafano può essere grattugiata fresca oppure impiegata nella preparazione della salsa piccante cren. Regina della cucina triestina, in entrambi i casi presta molto bene ad accompagnare bolliti, carni arrosto o affettati (photo © cegli – stock.adobe.com). Questo spiega perché ogni cucina ha il suo gusto amaro o piccante. Per il gusto amaro, nelle antiche culture dell’Africa vi è il caffè, in quella dell’Asia il tè e in quella dell’America la cioccolata. Per le spezie piccanti del passato in Asia vi è il pepe, in Asia e Africa la senape, in America il peperoncino, in Europa il rafano. Piacere della paura di cibo Le conoscenze antropologiche spiegano come la nostra specie abbia iniziato a mangiare cibi dal sapore non gra-

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devole, ma non ci dice come mai ci piacciono cibi che sono, in sostanza, dolorosi (spezie) o sgradevoli (amari) da mangiare. PAUL ROZIN1, che ha effettuato una serie di studi sul campo per capire cosa vi sia dietro il gusto apparentemente paradossale per il cibo piccante, conclude che nella ricerca e apprezzamento del piccante il dolore è parte essenziale del fenomeno ed entra nella misura nella quale le persone si spingono fino ad un limite, ma senza superarlo. Questa “ricerca del limite” è spiegata dal fatto che nel cervello

Nota 1. Il disgusto è un’emozione primaria, fa parte cioè di quelle risposte emotive innate (come gioia, rabbia, paura, tristezza) che hanno un ruolo importante ai fini dell’adattamento e della sopravvivenza. Il disgusto è stato analizzato nelle ricerche dello psicologo PAUL ROZIN che è considerato il “padre del disgusto” grazie alle sue approfondite ricerche riguardanti questa emozione [ROZIN P. (1992), Why we eat, why we eat it, and why we worry so much about it, Federation of Behavioural, Psychological and Cognitive Sciences, Science and Public Policy Seminars, Washington, D.C.: Federation of Behavioural, Psychological and Cognitive Sciences; (1997) Bulletin: The American Academy of Arts and Sciences, L (5), 26-48].

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ANTICA CORTE PALLAVICINA Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO” 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com

Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza. Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.


PRODOTTI TIPICI

LA SALSICCIA DI CASTRATO OVINO DELLA VALCAMONICA Dalle antiche popolazioni camune ai giorni nostri, un Prodotto Agroalimentare Tradizionale lombardo che ha attraversato i millenni di Roberto Villa

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a Valle Camonica è luogo abitato da decine di migliaia di anni, come testimoniano le note pitture rupestri di Capo di Ponte, sin dal 1955 tutelate grazie all’istituzione del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, primo parco archeologico italiano, per la tutela e la valorizzazione di uno dei più importanti complessi di rocce con incisioni preistoriche e protostoriche riconosciuto dall’UNESCO nel 1979 patrimonio mondiale

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dell’umanità come primo sito italiano iscritto. L’arte rupestre si sviluppò in Valle Camonica tra la fine del Paleolitico Superiore (tra 13.000 e 10.000 anni fa) e l’età del Ferro (I millennio a.C.), epoca di particolare fioritura del fenomeno, che perdurò tuttavia anche dopo la conquista romana a partire dall’anno 16 a.C. e nei secoli successivi fino al Medioevo. L’allevamento delle pecore è sempre stato particolarmente presente nella valle bresciana incuneata tra

Trentino e Valtellina, come testimoniato da alcune delle pitture rupestri; oggi è tutelata come razza autoctona in via di estinzione la pecora di Corteno, caratterizzata da adulti di taglia media — le femmine presentano un’altezza media al garrese di 73 cm e un peso medio di 60 kg, mentre i maschi hanno un’altezza media di 77 cm ed un peso medio di 70 kg — con vello bianco, assenza di corna, capo con profilo fronto-nasale moderatamente montonino ed orecchie

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In alto: la salsiccia di Breno della Macelleria Pedersoli (photo © www.facebook.com/Macelleria-Pedersoli). A sinistra: i resti del castello di Breno in Valcamonica (photo © Daniele – stock.adobe.com).

pendenti. La gastronomia locale è ricca ancora oggi di ricette a base di carne di pecora: il cuz, uno spezzatino di pecora tradizionalmente preparato dai pastori dopo la transumanza; le salamelle con carne magra di pecora e grasso suino; il violino, coscia intera stagionata di pecora o di agnello; la slinzega, costituita da alcuni muscoli singoli della coscia (fesa, sottofesa, noce) o dalla spalla, salata e stagionata fino ad assumere una consistenza ideale.

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Descrizione del prodotto, ricetta e occasioni di consumo È un insaccato fresco a base di carne di castrato ovino, completamente sgrassata allo scopo di togliere il sapore troppo deciso e macinata a grana finissima, conciata con sale, pepe, spezie, aglio, brodo di ossa e di carne ovina, conservanti. Alcune versioni più economiche prevedono in parte l’uso di carne suina o bovina, che però snatura la ricetta originale. Si insacca in budello

naturale (filza grossa) con un diametro tra i sei e gli otto centimetri, legato a mano formando pezzi di lunghezza tra i venti e trenta centimetri con un solo nodo in testa e in coda. La carne proviene principalmente da pecore di razza gigante Bergamasca, diffusa in tutta la Valle Camonica come nell’intero arco alpino grazie alle sue caratteristiche di robustezza e rapidità di crescita. Oltre ad essere inclusa nell’Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali,

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La Macelleria Pedersoli di Breno. Oggi a portare avanti l’attività sono gli eredi di Giovanni Pedersoli, che dal 1922 cominciò a produrre la salsiccia di castrato su larga scala e la diffuse in tutta la Valcamonica (photo © www.facebook.com/Macelleria-Pedersoli). nella versione ottenuta nel comune di Breno gode anche della menzione di Denominazione Comunale (DE.CO.). La ricetta si perde probabilmente nella notte dei tempi, sebbene una codifica vera e propria sul territorio brenese sia databile solo alla fine dell’Ottocento da parte di PIETRO RIZZIERI e incominciò ad essere prodotta su larga scala a partire dal 1922 ad opera di GIOVANNI PEDERSOLI, soprannominato Signur del Doss, che l’aveva appresa dal Rizzieri, sfruttando l’energia meccanica derivante dal mulino per azionare senza fatica il tritacarne; grazie a questo aumento di produzione Pedersoli distribuì la salsiccia di castrato

per tutta la Valle Camonica. La Macelleria Pedersoli di Breno, gestita dagli eredi di Giovanni, è attiva ancora oggi. Nel mese di novembre a Breno si tiene la manifestazione dedicata alla salsiccia di castrato, con numerosi eventi culinari che hanno come regina l’insaccato ovino. Abbinamenti gastronomici ed enologici La salsiccia di castrato va consumata dopo cottura in acqua bollente per un tempo variabile in funzione del diametro dell’insaccato, generalmente tra dieci e quindici minuti, sempre attenti a

La ricetta della salsiccia di castrato si perde nella notte dei tempi, sebbene una codifica vera e propria sul territorio brenese sia databile alla fine dell’Ottocento da parte di Pietro Rizzieri. Incominciò ad essere prodotta su larga scala a partire dal 1922 ad opera di Giovanni Pedersoli, detto Signur del Doss

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non rompere il budello per non lasciar scappare tutta la decisa robustezza donata dal brodo di pecora aggiunto all’impasto. Si accompagna solitamente con polenta fumante macinata grossa — ancor più intenso l’abbinamento alla sapida versione taragna con grano saraceno — oppure con purea di patate, verdure lesse (coste, spinaci, cavoli, rape), peperoni in agrodolce. Per quanto riguarda i vini si può tentare un accostamento tutto locale con l’armonico e leggero Baldamì, la versione camuna del Marzemino, vino IGT “Valcamonica rosso” creazione della piccola cantina Rocche dei Vignali (www.rocchedeivignali.it): aperta nel 2003 da un piccolo gruppo di agricoltori, oggi conta circa venti soci per una superficie coltivata di dodici ettari. Altro abbinamento enologico interessante è con i vini della vicina Valtenesi, come il Seselle dell’azienda agricola Turina (www.turinavini.it), a base del vitigno locale Groppello con piccole aggiunte di Rebo e Marzemino. Roberto Villa

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Prosciuttificio IL CONTE S.r.l. Via Sant’Ambrogio, 4 – Fraz. Bazzano 43024 Neviano degli Arduini (PR)


OCA IN ONTO,

ESPRESSIONE DELLA PIÙ AUTENTICA CULTURA CONTADINA Un animale oggetto di un rinnovato interesse, per merito di pochi artigiani che tentano di valorizzare le specificità gastronomiche delle sue carni, nel segno della migliore tradizione di Chiara Papotti

a storia dell’oca è testimonianza di trionfo e miseria. Nell’Antico Egitto era adorata come sacro messaggero di forze soprannaturali mentre a Roma, durante l’assedio da parte dei Galli, divenne simbolo di eroismo perché con le sue grida sventò l’assalto al Campidoglio. Col passare dei secoli l’immagine dell’oca è cambiata radicalmente, la dimensione materiale è prevalsa su quella spirituale e l’animale diventato

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l’emblema della tradizione contadina per la sua eccezionale convenienza di sistema d’allevamento. Erbivoro per eccellenza, si procura il cibo in autonomia pascolando nei prati e cresce con una rapidità eccezionale: aumenta 45 volte il suo peso alla nascita in soli due mesi di vita (se questo accadesse ad un neonato significherebbe raggiungere circa 150 kg nei primi 60 giorni). Sono pochi gli animali generosi come le oche: le piume sono ideali per le imbottiture, il grasso è utilizzato per

infiniti usi, le uova legano gli impasti dolci, il fegato è il massimo della raffinatezza gastronomica, mentre la carne è protagonista di ricette tipiche e base di salumi ricercati. Ciò che, tuttavia, merita la nostra attenzione è una preparazione ormai introvabile: “l’oca in onto”, riconosciuta come Presidio Slow Food da quasi vent’anni. Tra le Province di Treviso, Vicenza e Padova si concentra l’area di produzione; i produttori sono cosa rara ed occupano un posto di nicchia nella filiera

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delle carni. L’oca è preparata per lo più ad uso familiare, qualche osteria la propone tra i piatti della tradizione; oggi solo due agriturismi allevano gli animali all’aperto e producono trasformati di oca, tra i quali anche quella in onto, con l’obiettivo di promuovere il recupero di questa interessante conserva. Difficile trovarla in commercio, quella disponibile è ottenuta da carni di Bianca romagnola, perché le oche tradizionali venete sono pressoché scomparse. L’oca, infatti, non è di certo cibo di tutti i giorni. Anche nelle zone dove è tradizione allevarla, si cucina in poche occasioni. Più diffuso è, invece, il consumo dei salumi d’oca, che costituiscono una peculiarità gastronomica per chi visita le località di produzione e una tradizionale abitudine per chi le vive. L’oca in pignatto, così è anche chiamato il Presidio nella sua zona di origine, è ottenuta dalle parti grasse dell’animale tagliate a pezzi. Le carni vengono lasciate riposare sotto sale per alcuni giorni, oppure vengono cotte con erbe aromatiche, aromi e vino rosso, quindi riposte in orci di terracotta o vetro. Nella versione a crudo si alternano pezzi di carne a grasso d’oca fuso con foglie di alloro fresco, in quella cotta si completa l’ultimo strato con del grasso fuso e si procede a chiudere i contenitori ermeticamente. L’oca in onto è così pronta all’uso: si estrae dall’orcio la quantità desiderata e la si cuoce in una casseruola per servirla come sugo o secondo piatto. Il consumo di carne d’oca si è diffuso prevalentemente sulle tavole dei poveri e la sua collocazione sociale ha pesato sul destino alimentare di questo animale sino ai giorni nostri: come cibo di sussistenza dei contadini, l’oca non ha potuto contare su una memoria scritta di ricette e, col passare degli anni e col mutare delle abitudini alimentari, ha fatto perdere le sue tracce nel panorama della cultura alimentare. Le regioni settentrionali d’Italia sono da sempre quelle che si sono distinte nell’allevamento delle oche e ancora oggi detengono il primato. Pare che la sua diffusione abbia trovato origine dalla necessità delle antiche comunità ebraiche, insediatesi sul territorio, di trovare un’alternativa ai salumi di maiale, proibiti dalla loro religione.

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A sinistra: le oche allevate a latte e miele dell’azienda agricola Littamé Michele e Luca di Sant’Urbano, Padova. In alto: oca in onto (photo © www.michelelittame.it).

Quella dell’oca in onto era una produzione invernale realizzata dalle donne di famiglia che occupavano i tempi morti della pausa stagionale per preparare conserve di cibo sostanziose da consumare in estate In particolare, nelle campagne venete, si allevavano oche bigie o Pezzate grigie e bianche, soppiantate nel tempo dalle grandi romagnole bianche. Le preparazioni ottenute dalla lavorazione delle oche sono, in genere, altamente energetici, caratteristica che, oggi, consiglia moderazione nel consumo. Oltre all’alto contenuto di grassi, le carni offrono proteine pregiate, vitamina A e ferro, presente quest’ultimo in quantità decisamente superiori rispetto alle carni di pollo e di tacchino. Un alimento gustoso, nutriente e sano, a patto di non eccedere

con il consumo. Andare alla scoperta dei sapori d’oca significa entrare in un mondo che affonda le radici nel passato della più autentica tradizione contadina. L’oca si abbina a diversi ingredienti: l’uso di accompagnarla a mele e altra frutta dal gusto acidulo è giustificato dalla necessità di equilibrare le note dolci del grasso. L’oca in onto, in particolare, è servita con salsa di cren, accompagnata ad un buon vino rosso veneto, alle patate o alla peperonata, in ogni caso con la polenta. Chiara Papotti

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SAPORI MEDITERRANEI

Viaggio in Calcidica, dallo chef Giorgos Palisidis

MANGIARE CON FILOSOFIA LA CUCINA DEI CINQUE ELEMENTI di Massimiliano Rella

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Picnic aristotelico con la cucina dei cinque elementi preparata dallo chef Giorgos Palisidis, su una collina del villaggio di Nikiti.

angiare con filosofia la cucina dei cinque elementi, consacrazione del cibo “intelligente”, cibo etico, sostenibile, meditato, quindi di qualità. Dalla terra del grande filosofo nato a Stagira nel 384-83 a.C. arriva il Menu aristotelico, compendio di un’originale ricerca a ritroso condotta da GIORGOS PALISIDIS, chef e professore di “geogastronomia”, sulle materie prime e la cucina della Calcidica, penisola greca della Macedonia centrale facilmente memorabile per la sua forma a “tre dita”, corrispondenti poi ai territori di Cassandra, Sithonia e monte Athos. Bagnata dal Mar Egeo, la Calcidica è una splendida terra quasi vergine a un’ora e mezzo d’auto da Salonicco. È qui che sorgono i monasteri proibiti alle donne, sul “dito” del monte Athos. Sithonia, invece, è il “dito” centrale: un territorio lungo che penetra in mare, lambito da acque cristalline e contornato da spiagge di sabbia fine e dorata e insenature rocciose. Qui a Sithonia, in cima al villaggio di Nikiti, tra le piante di ulivi che si estendono a perdita d’occhio, abbiamo conosciuto Giorgos e sperimentato il suo menu aristotelico, preparato e cotto in diretta per noi e ispirato ai tempi e ai gusti del filosofo Aristotele.

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Allora non esistevano tutti i prodotti oggi conosciuti della Dieta Mediterranea. Non c’erano ad esempio i pomodori, i fagioli, le patate, le melanzane e tanti altri ingredienti introdotti nel corso della storia, dopo conquiste e scoperte di territori, popoli e culture. Palisidis, però, attinge ora come allora ad un ampio paniere di materie prime di qualità, coltivate in una regione

poco antropizzata, sicuramente turistica ma defilata, dove si coltivano vigne, si allevano capre, si produce un fantastico miele, si raccolgono decine di erbe spontanee e frutti succosi e si spreme anche un ottimo extravergine d’oliva, come quello da cultivar autoctona Hondroelia del premiato produttore DIMITRI TSIKOURIS, dell’azienda Thallon (www.thallon.gr).

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Dimitri Tsikouris, produttore di olio extravergine da olive autoctone Hondroelia. Ma la cucina dei cinque elementi non è solo materia, è pensiero creativo, è riflessione applicata al mangiare e al benessere del corpo e dell’anima. Quali sono i cinque elementi? I quattro classificati dal filosofo EMPEDOCLE — Aria, Acqua, Terra e Fuoco — e il quinto elemento, fisico e spirituale, l’aristotelico Etere. «Il menu aristotelico — spiega Palisidis — è anche un modello nutrizionale per chiunque poiché combina le caratteristiche della Dieta Mediterranea, cibi ricchi di fibre, probiotici, antiossidanti e oligoelementi, cibi crudi e facilità di preparazione delle ricette, con preparazioni poco elaborate e cotture minime». Aristotele fu un filosofo di cultura enciclopedica, uno scienziato della natura, il creatore della logica, ma anche il teorico dell’esistenza del quinto elemento. Ai quattro fondamenti di Terra, Aria, Acqua e Fuoco il pensatore di Stagira aggiunse la quintessenza dell’Etere, l’elemento che rappresenta il segreto dell’esistenza. E come rinasce la connessione tra filosofia e cucina? E

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l’idea del menu aristotelico? Duemila e quattrocento anni dopo i suoi natali, l’UNESCO aveva dichiarato il 2016 e il 2017 “anniversari di Aristotele”, con l’intento di promuovere l’unità tra gli esseri umani e la pace tra i Paesi. In quell’occasione, l’organizzazione turistica della Calcidica, in collaborazione con l’associazione degli albergatori, decise di sviluppare il Fifth Element, un pacchetto turistico-enogastronomico che punta sugli elementi. L’Aria? I punti panoramici con viste mozzafiato, come quello dove abbiamo conosciuto Palisidis e il suo picnic aristotelico. Terra? Facile: l’enoturista entra in contatto coi prodotti di Madre Natura, in particolare il vino che secondo il filosofo “scioglie lo spirito” e “aiuta l’eloquenza”. E se non bastasse c’è anche un goccio di Tsipouro, l’acquavite della Calcidica. L’Acqua è quella che bagna le tre “dita” e che ci dona pesci di qualità, dalle alici ai gamberoni del menu di Palisidis. Il Fuoco, invece, è quello che cucina, assembla e lega i

prodotti della terra e del mare, le olive, il miele, i cereali. Il menu aristotelico e l’esperienza del picnic panoramico, per avvicinarsi ai segreti dell’Etere, è ora proposto da una rete di chef e di alberghi della Grecia settentrionale. Un paio di piatti concreti? L’Insalata fredda di olive farcite con peperone, pane integrale secco e ravanelli in salsa agrodolce di miele di noci e vino rosso. E ancora: il Mix di gamberi, cozze, aglio, cipollotto, olive, zucchine tonde, uvetta passa e trahana, una farina bagnata da latte di capra ed essiccata al sole. Su tutto una spolverata di timo e marinatura di extravergine d’oliva, miele e vino, più spruzzatina di acqua di mare e del formaggio di capra grattugiato. La cottura è in pentola di coccio. Mangio, dunque Sono. Massimiliano Rella >> Link: www.greecetherapy.com www.visit-halkidiki.gr Nota Photo © Massimiliano Rella.

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Il mondo dei malgari in una mostra e in un libro Una mostra e un libro raccontano i gesti, le emozioni, la memoria, i sentimenti e l’ostinata passione di un antico mestiere, quello del malgaro, molto probabilmente destinato a scomparire. Dal 16 ottobre al 14 novembre gli spazi di Villa Morosini Cappello di Cartigliano (VI) fanno infatti da cornice a Il Malgaro, ostinata passione: oltre 50 scatti del fotografo Enrico Celotto, 3 stanze esperienziali e 120 ore vissute in malga sono i numeri di questo progetto speciale, ideato da Latterie Vicentine e patrocinato dalla Regione Veneto e dall’amministrazione comunale di Cartigliano. La cooperativa di Bressanvido, oggi il più grande polo produttivo di Asiago DOP, è da anni impegnata nella promozione e valorizzazione della secolare tradizione dell’alpeggio. «Questa iniziativa – spiega Alessandro Mocellin, presidente di Latterie Vicentine – vuole custodire un inestimabile patrimonio di memorie e saperi tipici del nostro territorio e del mondo lattiero caseario. Un patrimonio in grado di rafforzare il senso di identità e comunità territoriale, di salvaguardare le nostre radici e la nostra storia». Tutto è partito nell’agosto del 2020 col reportage fotografico: Enrico Celotto ha vissuto i momenti salienti della giornata di un malgaro, con l’obiettivo di tutelare una memoria storica unica. Le fotografie di Celotto e le testimonianze raccolte sono i protagonisti del libro “Il malgaro, ostinata passione”. «Avevo appena ultimato un servizio presso una malga a Recoaro, quando ho iniziato a riflettere sul valore del lavoro del malgaro: il rumore del burro schiacciato dalle mani di Lino è stata un’illuminazione» racconta Celotto. «Questo mestiere è stato protagonista nella vita di molte famiglie del nostro territorio e sarà uno degli elementi della memoria di cui il futuro avrà bisogno, pertanto era doveroso raccontarlo».


Vicoli&Sapori Sette ristoranti locali, un festival gastronomico annuale e le straordinarie materie prime di Palazzolo Acreide, perla barocca della Sicilia in provincia di Siracusa. A partire dalla salsiccia, prodotta con carni di suino Nero siciliano di Riccardo Lagorio 78

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In alto: i ristoratori dell’associazione Vicoli&Sapori. A sinistra: la Chiesa dell’Annunziata a Palazzolo Acreide (photo © Fausto Riolo – stock.adobe.com).

è una città, nel Sud-Est della Sicilia, ad alto contenuto gastronomico. Palazzolo Acreide lo deve un po’ al suo clima, che ha sempre attirato turisti in fuga dalle torride estati iblee, ha consolidato questa specializzazione negli anni Novanta quando viaggiatori di ogni parte del mondo arrivavano al cospetto del barocco di Noto e Ragusa, e ha avuto la sua definitiva consacrazione qualche anno fa con la fondazione di un’associazione di ristoratori locali, Vicoli&Sapori. Sette

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gestori di pubblici esercizi tenuti insieme per una scommessa, quella di contribuire a valorizzare l’offerta gastronomica (e, va da sé, turistica) del proprio territorio, promuovendo la ristorazione a Palazzolo Acreide, città patrimonio UNESCO. Un gruppo ben saldo, inaspettatamente affiatato, con tanta voglia di fare rete al fine di far crescere l’immagine di Palazzolo Acreide nel variegato mondo della comunicazione gastronomica. Questi sette samurai attingono in maniera genuina da un retroterra ricco, legato alle tradizioni e alla stagionalità:

dal tartufo alla salsiccia tradizionale (si veda a tal proposito di LAGORIO R., Palazzolo Acreide: la carne oltre la salsiccia, in EUROCARNI n. 2/2018, pag. 76), dai formaggi alle carni, dagli oli alle verdure spontanee. Un pacchetto di materie prime originalissimo e variegato che è spesso presente nei loro menu. «Siamo la testimonianza tangibile che uniti si vince» acclama il presidente PAOLO DIDOMENICO. «E lasciando da parte gli antagonismi riusciamo a documentare le tante qualificanti diversità della nostra terra».

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La salsiccia secca di Palazzolo Acreide. Con lo stesso nome, Vicoli&Sapori, si sono inventati una manifestazione annuale che si svolge a fine luglio nel centro storico di Palazzolo Acreide, dando l’opportunità ai partecipanti ghiottoni di lustrarsi gli occhi con un barocco non meno nobile di quello che attira migliaia di visitatori nei territori vicini e provare piatti lungo un tragitto che include anche produttori locali. L’edizione 2021 ha dovuto fare i conti con le norme per il contenimento della pandemia e ha dovuto abbandonare i vicoli della cittadina, mantenendone però i sapori, ospitata in una neo-masseria tutta vetro e acciaio di uno degli associati, Tenuta San Marco, tra

distese di fichidindia e ulivi. Durante la serata del 28 luglio sono stati presentati alcuni piatti in anteprima. Quello più eretico: l’arancino di agnello e zucchine su fonduta di Caciocavallo Ragusano DOP (Ristorante Settecento). Stravolta l’idea stessa di arancino, che ha tra i suoi ingredienti principali il riso, sostituito da carne macinata di agnello. Un piatto dove la creatività non abusa della storia culinaria dei luoghi, come spesso accade: semplicemente il piano di interpretazione della preparazione ha trovato una diversa declinazione, sempre affidandosi a materie prime locali e prive di snaturanti tecnologiche manipolazioni. La fonduta di Cacioca-

«LA SFIDA CHE STIAMO INTRAPRENDENDO NEL SUD-EST DELLA SICILIA È CHE CON QUESTI EVENTI I NOSTRI GIOVANI NON ABBANDONINO ULTERIORMENTE LE CAMPAGNE. E QUALCUNO CHE SI AFFACCIA NEL MONDO DELL’AGRICOLTURA C’È» RACCONTA L’ALLEVATORE GIOVANNI MUSSO

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vallo Ragusano DOP dà corpo all’arancino, accompagnandolo nel percorso cromatico, tattile e gustativo. La specialità dell’arte norcina locale, la salsiccia, preparata con semi di finocchio e peperoncino, ha subito per mano di PAOLO DIDOMENICO (Lo Scrigno dei sapori) e ANDREA ALÌ (Da Andrea Sapori montani) una drastica trasformazione, pure irrituale. Né in umido né alla brace come vorrebbe la tradizione. «Abbiamo sgozzato la salsiccia di Palazzolo Acreide e l’abbiamo fritta, una procedura irrituale» dicono. Anche in questo caso la tecnica di preparazione, tra l’altro con un metodo di cottura ben diffuso in tutta Italia, non snatura la materia prima, semmai ne amplifica le potenzialità. L’apertura della cena, a bordo di una multicolore piscina, con i salumi, questi sì curati in maniera tradizionale dell’Azienda Agricola Giovanni Musso. «Dal 2014 in regime biologico e semibrado allevo 120 suini all’anno di Nero siciliano in contrada Serravetrano, in territorio di Noto. La trasformazione avviene da parte delle macellerie di Palazzolo Acreide, dove è ben presente l’arte norcina» spiega l’allevatore.

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Presentati un prosciutto stagionato 14 mesi, dalla portentosa marezzatura, e un capocollo zebrato al punto giusto. «La sfida che stiamo intraprendendo nel Sud-Est della Sicilia è che con questi eventi i nostri giovani non abbandonino ulteriormente le campagne. E qualcuno che si affaccia al mondo dell’agricoltura c’è» afferma con fiducia. Anche MAX IACONO (La Taverna di Bacco) e GIORGIO MIGLIORE (La Corte di Eolo) hanno voluto omaggiare la propria terra con la razza Modicana, rispettivamente con un Roast beef su cialda di frumento Russello e cipolla di Giarratana e Vitello affumicato con nipitella selvatica insaporito da una grattugiata di Caciocavallo Ragusano DOP. Si devono però segnalare per bontà anche preparazioni che esulano da piatti carnivori, come il Risotto al tartufo dei Monti Iblei e gamberi di nassa (GIANNI SAVASTA, Trattoria del Gallo) e il Matrimonio d’estate (ravioli con ripieno di ricotta serviti su frullato di zucchine dell’Agriturismo Giannavì di CALOGERO MALTESE). Gli oli del Frantoio Ruta di Castelluccio di Noto (frantoioruta.com) hanno dato il loro fondamentale contributo nella preparazione dei piatti. Di particolare fascino il monocultivar Donna Valeria di olive Moresca, speziato e amaro, e Don Ciccio di Moresca e Biancolilla, di raro equilibrio tra amaro e piccante. Aromi intensi. Gli stessi che caratterizzano ad esempio l’origano di SALVATORE TRANCHINA, architetto che ha deciso di darsi all’agricoltura. Il suo agriturismo nelle campagne di Palazzolo Acreide, La Mela di Venere (agriturismolameladivenere.com), è circondato da giardini di melograni («Perché in sé portano l’idea di benessere») e piante officinali, tra cui l’origano che in antichità era una delle bandiere gastronomiche dei Monti Iblei. «Per me la laurea è sempre stata strumentale al ritorno in campagna e quando porto i miei clienti sul fiume Anapo e Santo Lio, tra i profumi del mio giardino di erbe aromatiche e le grotte funerarie bizantine, mi rendo conto che la mia occupazione è la migliore al mondo, frutto di un’idea mai definitiva e sempre in movimento». Anche questo è un modo per fare ripartire il Sud-Est della Sicilia. Riccardo Lagorio

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IL GUSTO DI CAMMINARE

Sui sentieri delle rogge A PASSEGGIO LUNGO IL CORSO DEGLI ANTICHI CANALI DI IRRIGAZIONE DELLA VAL VENOSTA di Elena Simonini

hi segue questa rubrica ha forse già letto della mia passione per l’autunno, per la sua luce avvolgente e malinconica, per l’aria che ritorna a farsi fresca, mentre intorno a noi, giorno dopo giorno, i colori si scaldano timidamente ma inesorabilmente, e poi per l’inconfondibile rumore dei nostri passi sulle foglie accartocciate.

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È così: per me l’autunno è sempre, ed ogni anno di più, uno spettacolo di struggente bellezza che muove la voglia incontenibile di restare tutto il tempo all’aperto, per godere di questa magica ed unica atmosfera e catturare gli ultimi raggi di sole in grado di scaldarci la pelle. E incontenibile, dunque, anche per l’autunno di quest’anno, è la voglia di uscire, di andare, e comunque sempre

di camminare, poiché muovere i nostri passi per terra rappresenta sicuramente il modo più naturale e semplice di stare all’aperto. E allora, stringiamo le stringhe delle nostre fedeli scarpette da trekking, e via che partiamo! Dato che l’autunno, per molti di noi, spesso costituisce anche motivo di apprensione e di preoccupazioni a causa della ripresa, dopo la pausa esti-

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“Merende” in malga Saporiti speck e kaminwurzen, fragranti Vinschger Paarl e Schüttelbrot, cetrioli sottaceto, formaggi di malga e un bicchiere di vino rosso: eccovi servita la tipica “Merende”, prelibata usanza delle malghe altoatesine. Parte fondamentale di questa ghiotta merenda è lo speck: non c’è infatti prodotto che sia più strettamente associato all’Alto Adige dello stagionato e speziato speck altoatesino. La qualità delle materie prime, la frizzante aria di montagna e il fumo ottenuto da legna selezionata e ginepro conferiscono a questo salume un sapore unico. Il tradizionale speck altoatesino, riconoscibile dal marchio Speck Alto Adige IGP, viene per prima cosa salato, quindi affumicato e fatto stagionare per almeno 22 settimane. A garantire una stagionatura equilibrata provvedono il vento e la qualità dell’aria della Val Venosta. Non solo nelle macellerie, ma anche in molte botteghe contadine è possibile acquistare il delizioso speck della Val Venosta. Gli intenditori di specialità regionali non si perdano assolutamente poi i tipici salamini affumicati chiamati Kaminwurzen e, nella versione di carne di cervo, Hirschkaminwurzen (fonte: www.venosta.net; photo © www.speck.it).

va, delle consuete attività lavorative ed extra-lavorative, stavolta vi propongo un sentiero davvero semplice, modulabile, adatto a tutti (grandi e piccoli), e con pochi dislivelli. Perché, soprattutto in questo periodo dell’anno, è importante, quando si riesce, ripartire verso i nuovi traguardi con carica ed entusiasmo, possibilmente facendo cose belle, ma senza

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In alto: sentiero delle rogge in Val Venosta (photo © Lorenzo Taccioli). A sinistra: autunno in Val Venosta (photo © juliuspayer – stock.adobe.com).

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Castel Coira (Churburg), uno dei più grandiosi e meglio conservati castelli dell’Alto Adige, si innalza all’entrata della Val di Mazia sopra Sluderno. Una curiosità: all’interno di Castel Coira si trova la più grande armeria del mondo. Nella sala delle armature sono conservate più di 50 armature complete, come anche spade ed altre armi difensive, tutti in un ottimo stato (photo © Marco Taliani).

necessariamente, forzare, o strafare. E, perlomeno nella scelta del cammino, si riesce certamente a coniugarle entrambe le istanze: con carica, ma senza necessariamente faticare! Perciò, per una volta, possiamo anche prenderci il lusso di semplicemente passeggiare con leggerezza, godendo della meraviglia della natura circostante, dei panorami e dei silenzi. Vi porto quindi in Val Venosta, in Alto Adige, a camminare amabilmente su una bellissima serie di brevi percorsi che si stagliano seguendo le rogge, che sono stretti canali anticamente utilizzati, fino al XIX secolo, per l’irrigazione di terreni tradizionalmente molto aridi a causa della siccità della zona. Questi canali, i Waalwege, come li chiamano in tedesco, si estendono su entrambi i versanti della valle, sul Monte Sole e sul Monte Tramontana, e furono costruiti in questo modo affinché i guardiani delle rogge potessero facilmente controllare il regolare scorrere delle acque. In tutta la Val Venosta sono percorribili circa venti sentieri delle rogge, di durata massima di 3 ore o poco più, i quali sono sempre molto ben tracciati e

Il gusto dell’autunno in Val Venosta, la valle dei buongustai L’autunno è una stagione speciale, per la sua luce e i colori sorprendenti. Il cielo azzurro e il sole ancora caldo, ma non troppo. Anche il paesaggio della Val Venosta si modifica, tingendosi di giallo vivace, ocra e di rosso. Tra castagni e querce, concreta e autentica, la parte superiore della Valle dell’Adige offre sentieri rilassanti lungo i Waalwege e golose specialità. Durante le settimane enogastronomiche, che in questa zona iniziano da fine agosto e proseguono fino al mese di novembre, esercizi selezionati offrono piatti tipici autunnali nei quali sono protagonisti prodotti locali come i crauti di Lasa, tra i protagonisti del tradizionale Törggelen, la pera Pala di Glorenza (provate ad esempio la Palabiraschmarrn, frittata dolce con pera Pala) o il formaggio di malga dell’Alta Val Venosta. Quando l’ultimo filo d’erba è stato brucato e le notti oltre i 2000 metri di altitudine diventano sensibilmente fredde, la “villeggiatura” sulle malghe venostane per mucche, capre e pecore volge lentamente al termine. Più in giù, a valle, aspettano la protezione della stalla e i prati ancora verdeggianti. Per tutta l’estate le mucche hanno fornito il loro prezioso latte alle malghe e il casaro e la casara lo hanno trasformato nel saporito formaggio di malga. Fino al giorno del rientro dai pascoli di montagna, le forme sono state fatte stagionare in cantina e sono state curate. Ma ora è venuto il momento di tirarle fuori dalle cantine e di tagliarle per assaporare il gusto che l’estate ha in malga (fonte: www.venosta. net; photo © www.hotel-ortlerspitz.it).

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segnalati. La loro perfetta collocazione all’interno della valle, come anticipavo, consente di praticare facili esplorazioni, anche in famiglia, durante tutti i periodi dell’anno, godendo così, in gran relax, di stupefacenti scorci paesaggistici e di meravigliose vedute sulle catene montuose e su tutta la valle. Tra tutti i percorsi lungo le rogge sui quali potrete passeggiare (originariamente questi canali erano circa trecento), principalmente quattro sono i più affascinanti e imperdibili, cioè: Oberwaal, Leitenwaal, Berkwaal e Turnaunawall. E uno dei migliori punti di partenza per esplorare questi meravigliosi sentieri è certamente il centro del delizioso paesino di Malles, la cui roggia di Oberwaal è oggetto di testimonianze molto antiche, le quali risalgono fino al 1346, che vi stupirà per l’immenso silenzio che risuona dalla montagna, e per la meravigliosa e incontrastata bellezza delle cime circostanti. I cammini sulle rogge Leitenwaal e Berkwaall, poi, vi restituiranno l’occasione di realizzare delle vere e proprie escursioni storiche, visitando, come prima cosa, il meraviglioso museo all’aperto Ganglegg, e l’antico Castello di Coira e, infine, il molto interessante Museo Venostano. Un altro sentiero che vi suggerisco certamente di percorrere durante il vostro viaggio in Val Venosta, infine, è quello della roggia Turnaunawaal. Questo canale infatti, anticamente utilizzato per l’irrigazione dei terrazzamenti, vi restituirà la meravigliosa esperienza di camminare in mezzo ad incantevoli boschi di larici e latifoglie e vi stupirà di bellezza quando vi imbatterete nelle rovine dell’antico castello Rotund e Reichenberg, risalente al 900 d.C. Comunque, qualunque sarà la roggia venostiana lungo la quale deciderete di srotolare in scioltezza i vostri passi, il mio consiglio per l’autunno di quest’anno, in vista di tutti gli impegni di cui, irrimediabilmente, si riempiranno le nostre agende, è quindi di partire per questi dolci e rilassanti sentieri dell’Alto Adige, di restare leggeri nella mente e nelle gambe (e sempre anche nello zaino!), e di rimandare, per una volta, le lunghe, irte e faticose salite. Ma solo fino alla prossima avventura, coi piedi sempre pronti, infilati dentro alle nostre fedeli scarpette da trekking. Elena Simonini

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SPECIALE CIBUS

VIVA CIBUS 2021, la ripartenza inizia da Parma

La XX edizione del Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parma è stata un successo oltre le aspettative, con quasi 40.000 visitatori di cui 2.000 dall’estero. L’ottimo risultato prepara l’edizione record di Cibus 2022 (Parma, 3-6 maggio) IBUS è una scommessa vinta», ha detto GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dello Sviluppo Economico, visitando oggi gli stand di Cibus a Parma. «Quando quattro mesi fa si è scelto di fare questa fiera sorsero degli interrogativi. Come autorità politica di governo dobbiamo ringraziare tutti quelli che accettano di fare queste scommesse e permettono al Paese di vincerle». E i numeri della XX edizione di Cibus, il Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parma, parlano chiaro: 2.000 aziende espositrici, quasi 40.000 visitatori, 2.000 dei quali provenienti dall’estero. «I principali operatori internazionali che non sono potuti venire hanno inviato i loro sourcer e i loro broker — ha riferito Antonio Cellie, CEO di Fiere di Parma — per non perdere l’opportunità di scoprire le tante innovazioni presenti in fiera. Perché Cibus è esattamente questo: la capacità di innovazione del nostro agroalimentare che incontra una crescente domanda mondiale di authentic Italian». La soddisfazione degli stakeholder è stata sottolineata da Gino Gandolfi, presidente di Fiere di Parma. «Questa edizione di Cibus ha pienamente conseguito gli obiettivi che si era posta. Le tante attestazioni di apprezzamento da parte delle aziende espositrici, delle associazioni aderenti a FEDERALIMENTARE e dei Consorzi di tutela, mi consente di

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Cibus edizione 2021 ha registrato la presenza di 2.000 aziende che hanno presentano i loro prodotti, tra cui 500 novità, a circa 40.000 operatori. Nei quattro giorni di kermesse alle Fiere di Parma sono intervenuti anche tre Ministri e i leader dell’agroindustria e della distribuzione (photo © instagram.com/cibusparma).

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In alto: lo spazio espositivo di Paganoni per questa edizione di Cibus è stato incentrato su un’idea di ambientazione balneare ed è stata vincente! L’obiettivo? «Dare un po’ di leggerezza al momento, caratterizzato da Green Pass, costrizioni, tamponi, verifiche di temperatura, distanziamenti, fingendo di essere ancora in spiaggia!» hanno sottolineato dall’azienda. Nel corso dei quattro giorni di Cibus 2021, Paganoni ha presentato la bresaola di bisonte: un nuovo prodotto dal sapore delicato, mai troppo invasivo, dedicato alla ristorazione più ricercata, alla gastronomia e alla salumeria. In basso: lo spazio espositivo del Gruppo Alcar Uno, leader da oltre 60 anni nella selezione e lavorazione di tagli primari di carne suina, personalizzati secondo le richieste di mercato. Tra le aziende del Gruppo ricordiamo anche il Prosciuttificio Il Conte.

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Lo spazio di CLAI e Zuarina ha accolto operatori, buyer e visitatori. Gianfranco Delfini, direttore marketing, ha sottolineato l’importanza di CLAI nell’essere presenta a Cibus, condividendone lo spirito e l’intento di favorire la ripresa del settore. «Questa è un’occasione importante per presentare al mercato il nuovo percorso di rebranding CLAI e i progetti in corso, i nuovi servizi e i nuovi prodotti, anche per i marchi Zuarina e Faggiola. Perché oggi cooperare tutti insieme per ripartire significa rendere la crescita più inclusiva, più sostenibile e più vera». poter dire che Cibus 2021 è una sfida vinta dalla community agroalimentare. Voglio anche sottolineare l’attenzione del mondo politico, con la partecipazione di tre Ministri e dei principali attori della filiera: agricoltura, industria, Grande Distribuzione e mondo dell’HO. RE.CA. Sulla scia di questo successo stiamo già lavorando ad un’edizione record di Cibus, in programma a Parma dal 3 al 6 maggio 2022». Farm to Fork: food waste and sustainability in Europe Nella terza giornata di manifestazione si tenuto il convegno su “Farm to Fork: food waste and sustainability in Europe”, curato da Plug and Play Italy. Tra i temi trattati, quello dello spreco alimentare. La sostenibilità in ambito food, è stato detto, significa soprattutto riduzione degli sprechi causati da una moltitudine di processi inadeguati, come ad esempio produzione eccessiva e inefficienza nella gestione dell’inventory, ma anche opportunità di miglioramento nei processi di vendita e consumo finale. Secondo la FAO è possibile distinguere tra i concetti di perdita di cibo, che avviene prima che il prodotto sia finalizzato e

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distribuito, e di spreco di cibo, relativo a ciò che viene sprecato dai rivenditori e consumatori finali. Va ricordato che a Cibus, il cibo in eccedenza delle aziende espositrici viene donato alla fondazione Banco Alimentare Onlus, che lo distribuisce alle strutture caritative del territorio. Le risorse per l’evoluzione del settore agroalimentare: se ne è parlato sempre nel corso della terza giornata al convegno “PNRR: Strumenti per i giovani imprenditori dell’agroalimentare” organizzato dai Giovani di ConfagricolturaANGA e di Federalimentare. «Il PNRR può contribuire a rilanciare il mondo agricolo e agroalimentare. Oggi abbiamo rilevato che gli strumenti sono adatti, abbiamo solo bisogno di pragmatismo e tempi certi» ha dichiarato FRANCESCO MASTRANDREA, presidente dei Giovani di Confagricoltura. «La sostenibilità è un tema centrale, ma non possiamo permettere che diventi sinonimo di decrescita» ha commentato ALESSANDRO SQUERI, presidente dei Giovani di Federalimentare. «Deve essere intesa in termini di innovazione per tutta la filiera, senza che questo diventi un limite». Il PNRR stanzia per rivoluzione verde e

transizione ecologica più del 30% del totale (quasi 60 miliardi di euro), 2,8 miliardi dei quali dedicati all’agricoltura sostenibile e all’economia circolare, con investimenti che riguardano lo sviluppo di una filiera agricola e alimentare smart e sostenibile. Sul tema dell’etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari va registrata la posizione di CONFAGRICOLTURA, espressa nel corso del convegno “L’informazione nutrizionale in Europa”. «La partita che si gioca è ampia — ha detto il presidente MASSIMILIANO GIANSANTI — perché riguarda il futuro dell’agricoltura italiana e dell’industria alimentare. È la partita tra il cibo sintetico e quello generato dalla terra. Va detto che a livello europeo le posizioni sul Nutriscore, inizialmente contrarie alla posizione italiana, stanno cambiando. Insieme a tutta la filiera possiamo vincere la battaglia a difesa della corretta informazione, dell’agricoltura e di tutto il comparto agroalimentare». World Food Research and Innovation Forum e area start-up Nel corso dell’ultima giornata di Cibus si è tenuto il World Food Research and Innovation Forum, che ha preso in esa-

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Parmacotto Group a Cibus 2021 con #FeelinGood Parmacotto è tornato a Cibus 2021 per presentare il suo nuovo posizionamento corporate #FeelinGood e dare voce al percorso di sostenibilità intrapreso dall’azienda che mette il benessere delle persone al centro, per farle stare bene a tavola, in azienda e nelle comunità in cui vivono. Per fare questo ha sviluppato uno spazio “esperienziale” completamente digital, caratterizzato da musica e schermi touch screen per scoprire tutte le novità del mondo Parmacotto Group e scegliendo di offrire un’esperienza di consumo sicura e personalizzata senza la somministrazione di prodotto in stand. Tra i tanti ospiti intervistati all’interno dello spazio Parmacotto ricordiamo Fausto Desalu (in foto), campione olimpionico 2021, vincitore dello spettacolare oro nella 4x100 a Tokyo 2020 e nuovo ingresso nel team #CarattereVincente Parmacotto Group (photo © instagram.com/parmacotto_official). >> Link: www.parmacotto.com

Dall’agroalimentare la spinta per la ripartenza anche con il Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP A Cibus il focus del Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP, presente con un ampio e affollato stand, è stato su uno dei temi caldi al centro dei dibattiti internazionali sull’enogastronomia: la biodiversità. «Un valore da difendere strenuamente, di cui il Parmigiano Reggiano rappresenta perfettamente il testimonial di un’avanguardia ecologica che affonda le proprie radici nel solido e millenario rapporto tra esseri umani, animali e ambiente» hanno dichiarato dal Consorzio. Tra le iniziative presentate ricordiamo il progetto “Prodotto di Montagna – Progetto Qualità Consorzio” che prevede una valutazione di qualità aggiuntiva da effettuarsi al ventiquattresimo mese di stagionatura con l’obiettivo di sostenere il valore aggiunto del formaggio prodotto in montagna, offrire ai consumatori ulteriori garanzie legate, oltre all’origine, anche alla qualità del formaggio, e dare maggiore sostenibilità allo sviluppo di questo ecosistema. Il Parmigiano Reggiano è infatti il più importante prodotto DOP ottenuto in montagna: nel 2020 oltre il 20% della produzione totale della DOP, circa 826.000 forme, è avvenuta negli 89 caseifici di montagna, e oltre 1.100 allevatori ogni anno producono 4 milioni di quintali di latte. Un’attività preziosissima dal punto di vista sociale per mantenere attiva la dorsale appenninica tra Bologna e Parma grazie al lavoro nelle foraggere e in caseificio (in foto, il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e il sindaco di Parma Federico Pizzarrotti in visita allo stand del Parmigiano Reggiano; photo © Comune di Parma). >> Link: parmigianoreggiano.com

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Tra i protagonisti i formaggi d’eccellenza de Il Fiorino Il Caseificio Il Fiorino è stato protagonista dell’edizione 2021 di Cibus Parma con tante novità tra cui il Cacio di Venere, prodotto con latte biologico di Maremma e tartufo bianchetto biologico toscano dell’azienda di Stefania Calugi, e l’erborinato Fiorin Blu, formaggio di pura pecora con latte 100% di Maremma e con Penicillium roqueforti. È stata presentata anche la ricotta dal formato small da 250 grammi che sarà lanciata sul mercato come monoporzione facile da consumare. Il Cacio di Venere ha recentemente conquistato la medaglia d’oro a Tours, in Francia, in occasione della quinta edizione del Mondial du Fromage e des Produits Laitiers, uno dei concorsi più importanti al mondo dedicati alle eccellenze lattiero-casearie. Il Caseificio Fiorino è l’unica azienda italiana, insieme a un caseificio lombardo, tornata con un premio dalla competizione internazionale (photo © instagram.com/caseificioilfiorino). >> Link: www.caseificioilfiorino.it

Nuovo marchio aziendale per Raspini Spa Raspini Spa ha scelto Cibus per presentare il nuovo marchio: con una grafica pulita e moderna, pone in risalto il nome Raspini, mantenendo un chiaro riferimento alla storia, la data di fondazione. Il rosso, colore che storicamente connota l’azienda, è dominante. Un sottile nastro tricolore, che incornicia la scritta, rende l’immagine d’insieme internazionale, sottolineando la forte connotazione nazionale. Il marchio è biglietto da visita e immagine pubblica, la decisione di rinnovarlo vuole comunicare indubbiamente un cambiamento: il nuovo logo, pur mantenendo un’identità visiva di coerenza con la tradizione, ha un impatto immediato, di forte identificazione, e renderà i prodotti Raspini ancora più riconoscibili, in Italia e all’estero. >> Link: raspinisalumi.it

me il riflesso sulle imprese delle diverse transizioni climatiche, digitali, sociali. «I consumatori sono molto attenti a queste problematiche — ha detto il Ministro Giorgetti — ma dobbiamo essere realisti e responsabili nel difendere gli interessi nazionali, consapevoli che le decisioni che prendiamo hanno un riflesso sulla vita reale delle nostre imprese». Lo stesso giorno si è tenuto il convegno “Innovare o decrescere”,

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organizzato da Università di Parma e Le Village by CA Parma. L’ateneo ha portato a Cibus nuovi protagonisti del settore in ambito accademico con 16 gruppi di ricerca che si sono messi a disposizione per un programma di incontri one-to-one. Sempre in tema di innovazione, era presente in fiera SMILE (Smart Manufacturing Innovation Lean Excellence centre), il Digital Innovation Hub nato

a Parma per permettere il trasferimento tecnologico tra università e industria, supportare le PMI nella digitalizzazione dei processi operativi e nell’implementazione di metodologie innovative e snelle, in linea con sistemi Cyber-Fisici (CPS) e applicazioni Internet of Things industriali (IoT). Nell’area dedicata alle start-up territoriali di Le Village by CA sono state presenti due realtà economiche innovative nate in ambito universitario nel settore food: Future Cooking Lab, spinoff del Laboratorio di Fisica Gastronomica dell’Università di Parma fondato da DAVIDE CASSI, padre della cucina molecolare, e DNAPhone, PMI innovativa che progetta, sviluppa e commercializza soluzioni tecnologiche per la misura di parametri chimici mediante l’uso di dispositivi ottici portatili, integrati con tecnologie smart e mobile.

Prossima edizione 3-6 maggio 2022 Web: www.cibus.it

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1) Bellissimo l’allestimento dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR). 2) Dino Negrini e Pierluigi Porzi del Salumificio Gianni Negrini di Renazzo (FE) presenti in fiera con l’ampia gamma delle loro eccellenze artigianali. 3) A Cibus non poteva mancare la famiglia Sassi con l’offerta di prosciutti e salumi firmati Casale Spa. 4) Lorella Ferrari del Consorzio Salumi Piacentini insieme ai colleghi e produttori, e l’aiuto di Daniele Reponi, ha accolto grossisti, distributori, ristoratori, buyer italiani e esteri.

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Daniele Reponi lo ripete spesso che “i panini sono scrigni che racchiudono la cultura gastronomica italiana”. I suoi sono piccoli capolavori. Qua a fianco uno dei panini realizzati per il Consorzio Salumi Piacentini DOP con la Coppa Piacentina DOP, le amarene brusche di Modena e il Parmigiano Reggiano 24 mesi.

A sinistra: yogurt belli da vedere e buonissimi all’assaggio dell’Azienda Agricola San Salvatore di Capaccio Paestum (SA). A destra: l’Acetaia Leonardi vanta una filiera completa di produzione, dalle materie prime coltivate in loco nel modenese fino al confezionamento artigianale di ciascuna ampolla. La vasta gamma di prodotti comprende l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, l’Aceto Balsamico di Modena IGP e altri condimenti.

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1) La super mortadella Leoncini. 2) Tradizione e cultura salumiera per il Prosciuttificio San Pietro di Mulazzano Ponte (PR), tra i protagonisti di Cibus. 3) In bella vista un prosciutto di Parma DOP di Leporati Prosciutti di Pastorello (PR), storico prosciuttificio emiliano. 4) Sempre inconfondibili i salumi di Salcis di Monteriggioni (SI). 5) La bella esposizione degli aceti balsamici, condimenti di Gran Deposito Aceto Balsamico Giuseppe Giusti di Modena. 6) I formaggi de La Pecora di Massimiliano di Pontedera (PI).

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1) Lo spazio del Consorzio del Prosciutto di Parma DOP. 2) Anche il mitico burro e i grandi formaggi di Langa di Beppino Occelli hanno catturato l’attenzione dei visitatori. 3) Molto fotografata e apprezzata la ‘Nduja di Spilinga in bella mostra nello stand di San Vincenzo di Fernando Rota, azienda specializzata nei salumi della tradizione calabrese. 4) Il pack di affettati del Salumificio Pavoncelli Ernesto e Figli di Santa Lucia di Pescantina (VR). 5) Pietro Borroni, presidente e AD della Cantina Stefano Farina, all’interno dello spazio dedicato ai prodotti enogastronomici piemontesi. L’azienda vitivinicola della famiglia Farina oggi conta cinque tenute tra Piemonte, Toscana e Puglia ed ha una presenza consolidata anche sui mercati internazionali. 6) Lo spazio dell’Aceto Balsamico del Duca di Adriano Grosoli.

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CIBUS 2021: SI – PUÒ – FARE!!!!! Avete letto il titolo di questo mio breve commento scritto al termine di Cibus 2021? Bene, ora vi chiedo di rifarlo, però con l’intonazione e, possibilmente, la medesima espressione di Gene Wilder alias Doctor Frederick Frankenstein (che potete ammirare in foto ma, soprattutto, nel film leggendario diretto da Mel Brooks nel 1974). L’incredulità, lo stupore e l’eccitazione che si leggono nel volto dell’attore sono infatti gli stessi che ho visto negli occhi degli operatori e dei professionisti del settore agroalimentare all’ingresso della XX edizione del Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parma. Me compresa. Una cosa del tipo, Ma sta succedendo davvero? Lo stiamo facendo davvero? Davvero davvero? Partecipare di nuovo e finalmente in presenza ad una fiera così importante, di richiamo internazionale, dopo più di un anno e mezzo di lontananza forzata, è stato un po’ come affrontare un primo giorno di scuola troppo a lungo rimandato. Un primo giorno che, tra annullamenti improvvisi e inaspettati e molteplici cambi di data, non sembrava dovesse quasi più arrivare. E invece… Invece tutto ha funzionato e ha funzionato molto molto bene. Vaccinati o tamponati, sorridenti sotto le mascherine, gli attori del comparto food hanno riempito via via che le ore passavano i padiglioni di Fiere di Parma. Il comunicato stampa finale parla di 40.000 operatori, 2.000 dei quali da fuori confine. Meno del solito, certo — anche se non è assolutamente possibile fare paragoni con le edizioni pre-pandemia (il cosiddetto mondo prima) — ma comunque molti di più di quelli che gli stessi organizzatori, ne sono certa, si attendevano. Ricordiamo che il comparto fieristico è tra quelli che più di altri ha pagato e sofferto le chiusure imposte dal contenimento dell’emergenza sanitaria da Covid. L’on-line, fortunatamente, ha consentito, da subito o quasi, lo svolgimento di molti eventi in totale sicurezza, ognuno a casa propria, nel proprio ufficio. Il successo del modello phygital del Cibus Forum svoltosi a settembre 2020, con una parte di operatori in presenza e una parte in streaming, ha successivamente posto le basi per un cambio di direzione, un passo sulla via del ritorno alla normalità. Normalità che ad oggi è ancora quella di una presenza “vigile”, con limitazioni e raccomandazioni, ma comunque di presenza fisica si tratta. Come scrisse Aristotele, “L’uomo è un animale sociale”, cioè tende per sua natura ad aggregarsi con altri individui, ad entrare in contatto con l’altro, che rimane una parte fondamentale della costruzione dell’identità di ognuno di noi. Ripartiamo più sociali e meno social insomma. Dal vivo. Cibus è vivo, evviva Cibus! Gaia Borghi

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FIERE

iMEAT 2021, UN’EDIZIONE RICCA DI EMOZIONI

Oltre a carni e attrezzature protagonisti della fiera modenese anche tanti prodotti di salumeria che nelle macellerie non mancano mai i è svolta a Modena dal 12 al 14 settembre scorsi negli spazi del quartiere fieristico cittadino l’edizione 2021 di iMEAT, dedicata al canale tradizionale, negozio di macelleria, gastronomia e ristorazione specializzata. La ripar-

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tenza autunnale delle manifestazioni fieristiche finalmente in presenza, prima con Cibus a Parma e poi con iMEAT a Modena, Fieravicola a Rimini, Sana a Bologna, Anuga a Colonia e il tris Tuttofood, MEAT-TECH e HostMilano a Milano Fiera sono un’emozione per

tutti, espositori e visitatori. Ci si ritrova dopo mesi e mesi di contatto filtrato da smartphone e videochiamate e si rinnova ancora una volta il piacere di uno scambio diretto. Qui vi presentiamo una carrellata di alcuni tra i protagonisti di questa

Lo spazio Criocabin dell’azienda padovana, leader nel settore degli allestimenti refrigerati con sede a Teolo (PD). Qui una tanto elegante quanto funzionale proposta di banco servito e self-service per le macellerie moderne e innovative.

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edizione, che testimonia l’entusiasmo di chi ha investito nell’evento per raccontare le novità del proprio business e di chi ha fatto anche parecchi chilometri di strada per aggiornarsi su prodotti e tecnologie. In questa edizione abbiamo ritrovato tanti giovani professionisti che si stanno avviando alla professione, ristoratori e operatori, anche esteri, a caccia di novità. «iMEAT 2021 ha inaugurato il collegamento tra i diversi elementi di una filiera che inizia con l’allevamento sostenibile e termina nel piatto del consumatore passando attraverso la professionalità dei macellai, dei trasformatori e dei cuochi!» ha dichiarato LUCA CODATO, organizzatore di iMEAT. «Abbiamo ritrovato coloro che con la carne ci lavorano da sempre e chi, giovane emergente, la vede come opportunità per domani! Perché i giovani nel futuro ci credono davvero e se lo costruiscono meravigliosamente a loro misura!». >> Link: www.imeat.it

I meravigliosi salumi trentini di Massimo Corrà, qui in foto con Luca Bonvicin della Macelleria Salumeria Dal Massimo Goloso di Coredo (TN).

Il Campione dei giovani macellai italiani è Douglas Sena DOUGLAS ROOSEVELT SENA JR. è il vincitore della prima edizione del Campionato italiano Giovani Macellai targato FEDERCARNI. Nel corso della finalissima della prima edizione della competizione, che si è svolta il 12 settembre all’interno della cornice di iMEAT, il ventinovenne fiorentino Douglas è stato proclamato miglior macellaio under 35 d’Italia. Al secondo e al terzo posto si sono classificati rispettivamente ANNA MORETTI e CLAUDIO FIDONE. La finale di Modena è stata la conclusione di un lungo percorso, durato quasi due anni, che ha coinvolto circa 100 giovani macellai in tutta Italia. Una grande giornata ricca di emozioni, durante la quale 15 young butchers finalisti si sono sfidati per conquistare la vittoria: GIULIANO RIVAROLO, di Modica; DAVIDE FERRO, di Torino; LORENZO AGOSTA, di Modica; CLAUDIO FIDONE, di Modica; GIUSEPPE LONGO, di Catania; ANGELO TOSCANO, di Catania; ANDREA PITTALÀ, di Catania; IRENE TONI, di Bologna; LUCA ROSSO, di Torino; FRANCESCA DI MARIO, di Latina; MATTIA PACILLI, di Latina; MARCO DI GIORGIO, di Prato; LEONARDO CUCCUINI, di Firenze; DOUGLAS R. SENA JR., di Firenze; ANNA MORETTI, di Arezzo. In foto il presidente di Federcarni MAURIZIO AROSIO premia DOUGLAS ROOSEVELT SENA JR. (fonte e photo © Federcarni).

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1) L’avvocato Nicola Schillino, sindaco di Carrù (CN), nello stand del Consorzio del Bue Grasso di Carrù. 2) Presso lo stand di Negri Salumi lo chef Daniele Reponi ha realizzato squisiti panini gourmet, valorizzando i prodotti di alta salumeria di questa azienda modenese. 3) Lo spazio espositivo di Ferri Group – Cura Natura. 4) Patrizio Fazzini di Fazzini Technology, azienda di Introbio (LC) che dal 1988 produce e commercializza macchine affilatrici professionali per coltelli e forbici oltre a coltelleria professionale di alta qualità. 5) Lo spazio espositivo della padovana Mondel, con soluzioni di banchi frigo progettati e realizzati tenendo conto non solo dell’estetica e del design, ma soprattutto della funzionalità e praticità di utilizzo. 6) Filippo Dallatana in rappresentanza dell’omonima azienda di famiglia di Roncole Verdi (PR), specializzata in salumi della tradizione parmense tra cui il Culatello di Zibello DOP.

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1) La modenese Menù ha presentato tre nuove linee di progetti comprensivi dei pronti a cuocere, delle basse temperature e dei sushi di carne per il canale tradizionale. 2) Anche i salumi friulani presenti a iMEAT con Morgante di San Daniele del Friuli (UD), azienda salumiera storica specializzata non solo nella produzione di Prosciutto di San Daniele DOP ma anche in cotti, pancette, salami e würstel. In foto Alberto Morgante. 3) Non poteva mancare il crudo dei F.lli Galloni, prosciuttificio di Langhirano (PR) specializzato da 60 anni nella produzione di prosciutti crudi di Parma di qualità superiore. In foto Luca Galloni. 4) Eurocoltellerie con la gamma di soluzioni complete e professionali e un’estesa offerta di servizi e prodotti. 5) Tecnologia di cottura intelligente e produzione semiautomatica di prodotti a base di carne si sono incontrate a iMEAT nello spazio della Rational. 6) Molto apprezzati dai butcher anche i prosciutti di Piazza Peppino e C. di Langhirano (PR).

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1) Stagionello Store ha presentato le novità in materia di impianti e armadi di microclimatizzazione per la maturazione, stagionatura, asciugatura e conservazione di prodotti alimentari, tra cui salumi, carni e pesce. Stagionello® è il solo impianto di stagionatura naturale brevettato prodotto interamente in Italia. Consente di produrre mensilmente salumi genuini, tradizionali e sicuri, all'interno di un ambiente con monitoraggio HACCP e pH sicuro. 2) Elisa Menegon, della vicentina Menegon Ennio, azienda specializzata negli affilacoltelli professionali, con soluzioni veloci, pratiche e sicure. 3) ITASYSTEM di Brescia dal 1982 offre stampa, etichettatura e rintracciabilità. In foto, Valentina Galli, Gianluca Veraldi e Daniele Beltrami.

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1) Lo spazio di Antica Foma, salumificio modenese con sede a Nonantola (MO), produttore e selezionatore di salumi e specialità alimentari della tradizione dal 1939. In foto, Simone Piccinini. 2) I.C.S., azienda specializzata in impianti per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi con sede a Camposanto (MO). In foto Vanni Sprocatti e Renata Corazzari. 3) Guido Mongiorgi e il figlio Amedeo de La Bottega del Macellaio in quel di Savigno (BO) con la nostra Gaia Borghi nello spazio di Eurocarni. 4) Paolo Minozzi di Stagionare, azienda modenese specializzata in armadi per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi, la stagionatura dei formaggi e la maturazione delle carni, in visita a iMEAT 2021. 5) Preparati di Rational (photo © facebook.com/RATIONAL.ITA).

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Photo © www.retailfood.it

IO CI SARÒ: TUTTOFOOD 2021 in presenza dal 22 al 26 ottobre, un’esperienza di conoscenza e business senza confronti avorare nel food & beverage è un fatto di passione, non solo di business. Aromi, sapori, texture e packaging sempre più curati contribuiscono ad un’esperienza multisensoriale che si apprezza solo guardando, toccando e assaporando dal vivo. Per questo Tuttofood 2021 torna in presenza dal 22 al 26 ottobre a fieramilano: un evento dove scoprire trend di consumo e le

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innovazioni di prodotto più interessanti grazie ad un ricco palinsesto di eventi e ad autorevoli partnership, oltre a fare networking creando nuove relazioni e consolidando le esistenti in un percorso espositivo che consente di approfondire i diversi comparti nelle aree dedicate. Novità di quest’anno sarà l’area Tuttofruit, dedicata al fresco ortofrutticolo e le innovazioni della IV e V gamma, che va ad aggiungersi ai settori lanciati

nelle recenti edizioni come Tuttohealth, Tuttodigital e Tuttowine. Quest’ultimo sarà rafforzato con un ancora maggiore focus sulla presentazione dei territori e delle loro produzioni d’eccellenza e con degustazioni selezionate che daranno ai buyer italiani ed esteri l’opportunità di scoprire anche i vitigni e i terroir più particolari e ricercati. L’edizione 2021 vedrà inoltre un’attenzione organica sui settori consolidati:

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Tuttofood 2021 • Sicurezza in salone grazie al protocollo Safe Together di Fiera Milano; • Crescenti conferme della presenza di buyer italiani ed esteri con focus sui mercati di Europa, Americhe, Mediterraneo, Russia, Middle East; • Innovazione in GDO e Retail a Retail Plaza, in partnership con Retail Institute Italy; • Digitale, start-up e un evento per le soluzioni innovative a Evolution Plaza; • Le declinazioni più qualitative del food grazie alla partnership con APCI e co-location con HostMilano e MEATTECH per esplorare alcune filiere nella loro completezza.

Tuttodairy, Tuttodrink, Tuttofrozen, Tuttogrocery, Tuttohealth, Tuttomeat, Tuttooil, Tuttopasta, Tuttoseafood, Tuttosweet, Tuttoworld. Il momento più efficace per esserci Anche durante i picchi della pandemia il settore agroalimentare si è dimostrato tra i più resilienti: a fronte di contrazioni fino all’8% nell’economia in Italia, la maggior parte dei segmenti food & beverage ha contenuto il calo tra l’1 e il 4%, come confermano le analisi di Export Planning per Fiera Milano. Ma sarà nei prossimi mesi che si dispiegheranno tutte le potenzialità del settore, portando la crescita annuale del commercio mondiale nel 2021 a tassi fino al 12%. Interessanti anche le performance delle esportazioni italiane rispetto ai dati pre-pandemia del 2019: se il settore latte e latticini fa segnare un +2,9% e quello dei salumi un +3,2%, il dato sale a +4,1% per pasta e bakery e +6% per lo sweet, fino ad arrivare a +7,1% per l’ortofrutta fresca e +10,15 per l’olio.

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Rinnovata la collaborazione con APCI, l’Associazione Professionale Cuochi Italiani, che offrirà un palinsesto di showcooking in fiera.

Circa 600 espositori e buyer da tutto il mondo Ad oggi sono circa 600 gli espositori registrati, provenienti dall’Italia e dal mondo. Tra i Paesi europei più rappresentati, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, con presenze anche da UK e Irlanda, Germania, Francia, Paesi Nordici ed Est Europa (Rep. Ceca, Romania, Ungheria). Da fuori Europa, interessanti presenze dall’Asia (India), Medioriente e Nordafrica (Egitto, Turchia), Nord e Sud America (USA, Perù, Uruguay) e perfino da Oceania ed Indonesia. Di particolare rilievo quest’anno la presenza delle collettive, quali Eat Nordic (Danimarca, Norvegia e Finlandia) e Balcani (Slovenia, Serbia e Kosovo). Anche grazie al continuo supporto di ICE/ITA Agenzia, è attesa un’importante presenza di buyer da aree di particolare interesse: tutta l’Europa, il Nord e Sud

Retail Plaza: dodici appuntamenti per approfondire i temi più hot Venerdì 22 ottobre Tra gli incontri di venerdì 22 ottobre spiccano Omnicanale e con servizi sempre più personalizzati: ecco il retail del futuro, in cui si discuterà con la moderazione di Armando Garosci, direttore editoriale di Largo Consumo, di come il retail diventi sempre più smart per promuovere esperienze d’acquisto personalizzate senza limiti tra negozio fisico, e-commerce; e Digital Food Marketing: il mondo nuovo di cibo e ristorazione, che esplorerà come affrontare una comunicazione contemporanea, in tempo reale e pluricanale senza perdere l’identità aziendale, con la moderazione di Nicoletta Polliotto, founder & food project manager di Muse Comunicazione. Sabato 23 ottobre Si parlerà di come evolverà il settore alla luce dei nuovi equilibri socio-demografici, della maggiore flessibilità nel mondo del lavoro e delle conseguenze della pandemia in una conversazione guidata da Giuseppe Stigliano, CEO di Wunderman Thompson Italy (Gruppo WPP), docente di Retail Marketing Innovation in IULM, Università Cattolica del Sacro Cuore e Politecnico di Milano e coautore dei volumi “Retail 4.0 – 10 Regole per l’Era Digitale” e “Onlife Fashion – 10 regole per un mondo senza regole”. Ancora con Giuseppe Stigliano, si terrà un Focus sul discount che approfondirà le prospettive di sviluppi in Italia in considerazione delle nuove esigenze di servizio, incluso quello digitale e della crescente competizione. Domenica 24 ottobre Si prosegue con un incontro moderato da Armando Brescia, direttore di Distribuzione Moderna, su “Cambiamenti

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di consumo e nuovi assortimenti: industria e distribuzione a confronto”, che tratterà di come si stanno evolvendo gli equilibri tra le diverse componenti della filiera, mentre nuovamente con la partecipazione di Giuseppe Stigliano l’appuntamento sul “Futuro del Food Delivery” approfondirà l’evoluzione di questo canale dopo i lockdown, a fronte di un pubblico sempre più vasto che si è abituato alla comodità e alla convenienza di poter ordinare un pasto pronto o le materie prime per prepararlo con la massima flessibilità. Verrà quindi analizzato come la Grande Distribuzione, spinta dal cambiamento delle modalità di acquisto dei consumatori, possa restare protagonista di questo cambiamento. Lunedì 25 ottobre Di rilievo, in questa giornata, l’appuntamento su Digital transformation e GDO, che vede come moderatrice Stefania Lorusso, responsabile editoriale di Distribuzione Moderna, in cui si parlerà di come valorizzare la crescita a doppia cifra delle vendite on-line determinata dalla pandemia in chiave di riorganizzazione dei format e dell’esperienza del cliente. Il tema trasversale della sostenibilità sarà affrontato nell’incontro “La sostenibilità sullo scaffale: a che punto siamo?”, che approfondirà le opportunità di innovazione e nuova relazione con il cliente, il territorio, la comunità, con la concretizzazione “sullo scaffale” che richiede di ripensare assortimenti, prodotti, packaging, logistica, gestione degli sprechi. • Per il palinsesto completo di Retail Plaza visitare: www.tuttofood.it/eventi/eventi/retail-plaza0.html

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America, l’area mediterranea e la Turchia, la Russia e gli stati CSI, selezionati mercati in Medio Oriente ed Emirati Arabi. Lo testimoniano numerosi i buyer internazionali. «L’esperienza di provare i prodotti e di incontrare i fornitori di persona è di vitale importanza. Per questo saremo a Tuttofood 2021», afferma PRENESH LINGHAM, Group Procurement & Control Manager di Guvon Hotels & Spas, Sudafrica. Aggiunge AMR TAWFIK, direttore commerciale di Arabian Stores Co. Ltd., Arabia Saudita: «Partecipare fa la differenza: il mio obiettivo è testare prodotti di alta qualità e conoscere l’innovazione di prodotto, le tendenze del mercato e la formazione». «Visitare la manifestazione consente di ricevere un’attenzione più personalizzata e trovare novità per la mia azienda di import di prodotti italiani», conclude TOM BERGER di Guido’s Fresh Products, USA. Un’esperienza che si potrà vivere in totale sicurezza grazie a Safe Together, il protocollo messo a punto da Fiera Milano che copre le modalità di accesso, la gestione delle aree espositive — inclusa la sanificazione — e le misure di protezione durante la visita. Un palinsesto di eventi per acquisire competenze A Tuttofood 2021 ritorna Retail Plaza, che negli anni si è sempre più affermata come l’evento dove fare il punto sull’innovazione nella GDO e Retail e che quest’anno si avvale della partnership del mondo accademico del contributo dei media di riferimento, della collaborazione di Retail Institute Italy, l’associazione punto di riferimento del settore nel nostro Paese. Non solo, tutto il format è stato ripensato e prodotto insieme a Business International – Fiera Milano Media. Moltissimi i temi caldi che verranno approfonditi: dai nuovi formati del Retail, con un focus Discount, dall’Healty Food alla crescita del Food Delivery e del Last Mile, ai servizi sempre più personalizzati nel Retail omnicanale del futuro, dalla sostenibilità e le evoluzioni digitali del marketing e della Grocery transformation, fino alle conversazioni con i top manager della GDO che parleranno dei loro modelli di business e strategie per innovare. Già confermati: CRIS NULLI, founder di Appetite for Disruption; MATTEO SARZANA, general manager di Deliveroo

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Italy e presidente Assodelivery; ELISA PAGLIARANI, general manager di Glovo Italia; GIORGIO SANTAMBROGIO, AD del Gruppo Végé; MASSIMILIANO SILVESTRI, presidente LIDL Italia. Parteciperà inoltre GIUSEPPE STIGLIANO, CEO di Wunderman Thompson Italy (Gruppo WPP), docente di Retail Marketing Innovation in IULM, Università Cattolica del Sacro Cuore e Politecnico di Milano. Accento sull’innovazione Evolution Plaza, l’altra grande “piazza” di Tuttofood, sarà dedicata all’innovazione nei suoi aspetti più tech: app, food delivery, e-commerce, tracciabilità. Un’arena per le soluzioni più attuali e anima dell’area Tuttodigital, che proporrà iniziative dei grandi player e di start-up innovative, accompagnate da buone pratiche portate degli espositori. Per la divulgazione dei contenuti digitali durante l’anno la manifestazione si avvale del know-how del partner NETCOMM, il consorzio italiano del commercio digitale. Di grande rilievo lo spazio Innovation Area, il nuovo evento Better Future Award in collaborazione con le testate GDOWEEK e MARK UP, dedicato ai prodotti più innovativi del settore, in dove saranno esposti i prodotti premiati. Collaborazione con APCI e valore della co-location Rinnovata la collaborazione con APCI, l’Associazione Professionale Cuochi Italiani, che collaboreranno ad un palinsesto di showcooking durante le giornate della manifestazione. Per un’esperienza più completa, infine, Tuttofood sarà in co-location con HostMilano, la fiera leader mondiale dell’ospitalità e del fuoricasa, e MEATTECH, l’evento dedicato alle tecnologie per la lavorazione delle carni e i piatti pronti. Oltre ad ampliare la platea dei potenziali buyer, la co-location consentirà di esplorare nella loro completezza intere filiere, preservando l’identità food della manifestazione ma ampliando al contempo la base dei visitatori con attori di filiere affini.

Il mio ERP. Così ho tutto sotto controllo. (੕FLHQ]D WUDVSDUHQ]D ÁHVVLELOLWj ² TXHVWR q FLz FKH FRQWD RUD /·,7 q OD FKLDYH SHU RWWHQHUOR &KH VL WUDWWL GL (53 0(6 PDFHOOD]LRQH H VH]LRQDPHQWR R GL VRIWZDUH SHU OD SLDQLÀFD]LRQH LQWHOOLJHQWH LO &6% 6\VWHP q OD VROX]LRQH FRPSOHWD SHU OH D]LHQGH GHO VHWWRUH &DUQH &RVu JLj RJJL SRWHWH RWWLPL]]DUH OD YRVWUD SURGX]LRQH H GRPDQL GLJLWDOL]]HUHWH O·LQWHUD D]LHQGD

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RASSEGNE

CHEESE 2021, l’entusiasmo della ripartenza negli occhi e nelle parole dei produttori 106

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In alto: Cheese è scoperta e formazione. La manifestazione, giunta alla XIII edizione, gode del patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e del Ministero della Transizione Ecologica ed è sostenuta della Regione Piemonte (photo © Alessandro Vargiu / Archivio Slow Food). A sinistra: un’esplosione di prodotti, colori, storie e personaggi. Allevatori, casari, affinatori e centinaia di caci diversi, tutti a latte crudo: Cheese non delude mai (photo © Alessandro Vargiu / Archivio Slow Food).

on era scontato. Ma grazie all’impegno dei produttori e del pubblico siamo riusciti a fare di questa edizione un momento importante di condivisione e di gioia». BARBARA NAPPINI, presidente di Slow Food Italia, ha commenta così la XIII edizione di Cheese, la manifestazione internazionale dedicata alle forme del latte che si è svolta dal 17 al 20 settembre a Bra (CN). «La partecipazione è stata molto alta» ha continuato Barbara Nappini. «Molti giovani sono intervenuti in quello che è stato definito in apertura di evento da CARLO PETRINI il primo Cheese della transizione ecologica, partecipando, anche in maniera autonoma rispetto alle proprie famiglie, al percorso didattico Ritorno alla natura. Questo è uno dei tratti più distintivi di questa edizione».

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Produttori protagonisti Le sensazioni positive emergono anche dalle parole degli espositori, che si sono trovati di fronte un pubblico attento e

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interessato, con tanta voglia di imparare. «I produttori sono i veri protagonisti dell’evento. Per loro questa edizione di Cheese ha significato un momento di ripartenza importante, sia dal punto di vista economico che relazionale. Siamo felici di sentirli soddisfatti. Crediamo che le loro parole siano da ascoltare con attenzione: un pubblico così attento e curioso è forse anche figlio di questi 18 mesi di pandemia, che probabilmente hanno motivato molte persone a dedicare più attenzione al cibo» ha aggiunto la presidente di Slow Food Italia. «Che bella questa edizione di Cheese, la più difficile ma anche la più emozionante, frutto di un grande lavoro di squadra e della volontà di tornare ad incontrarci, guardarci negli occhi e vivere di persona le storie, le vie, le piazze, e i protagonisti di questo grande evento, patrimonio della città di Bra» ha dichiarato il sindaco di Bra, GIANNI FOGLIATO. «Cheese è una manifestazione collettiva e il pubblico ne è un tassello imprescindibile. La risposta a questa

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Turismo enogastronomico: sì, ma quale? Il 70% dei turisti italiani reputa fondamentale l’offerta gastronomica nella scelta della meta delle vacanze e il 90% desidera vivere esperienze legate al cibo durante il viaggio. Dati che, secondo ROBERTA GARIBALDI, docente di Tourism Management all’Università di Bergamo e presidente dell’Associazione italiana turismo enogastronomico, rivelano l’importanza del settore nel trainare l’intero comparto. Di questo, e soprattutto di quale tipo di enogastronomia promuovere, si è discusso a Cheese edizione 2021. «Nelle ricerche che riguardano il tema dell’enogastronomia in Italia, diversi formaggi occupano le prime posizioni della classifica delle fonti di attrattività turistica, insieme alla pizza» ha spiegato Roberta Garibaldi, sottolineando come le visite ai caseifici rappresentino una delle voci più gradite da chi si appresta a svolgere esperienze in viaggio. «Per la prima volta l’Italia si doterà di un Piano per il turismo enogastronomico» ha annunciato il ministro del Turismo MASSIMO GARAVAGLIA, che ha passeggiato per le vie di Bra incontrando i produttori dei presidi, fermandosi a dialogare e a degustare il Macagn piemontese e lo Storico ribelle lombardo. Il ministro ha poi ricordato che il nostro Paese «ha un problema, quello di essere primo in Europa a gennaio nelle ricerche on-line e di ritrovarsi in quinta o sesta posizione per presenze a fine anno, al momento della verifica dei dati». Ma esiste una soluzione: «Per vincere la sfida che ci attende, cioè guadagnare nuove quote di mercato, è sufficiente organizzarsi meglio, mettere a sistema le risorse. Occorre far conoscere le ricchezze di cui disponiamo». È il caso delle Langhe e più in generale dell’intero Nord-Ovest italiano che, secondo il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, ha saputo generare valore e promuovere un turismo legato all’enogastronomia grazie «al legame con l’identità del territorio, all’attenzione alla sostenibilità e alla produzione di risorse sane». Secondo Carlo Petrini, presidente di Slow Food, c’è un altro aspetto da tenere in considerazione nel rispondere all’esigenza di offrire turismo: «Quello di garantire alle comunità che abitano il territorio di vivere bene, perché non può esserci turista felice se la gente che vive nel posto non lo è. I nostri borghi, i paesi più defilati rispetto alle località caratterizzate da grandi flussi turistici, stanno perdendo pezzi di socialità. Non ci sono più le botteghe alimentari, non ci sono più le osterie, scuole e nemmeno più i parroci». Dalla tecnologia può arrivare un aiuto. «Grazie al digitale riusciremo a far conoscere anche l’ultimo pezzetto del nostro Belpaese» ha detto il ministro Garavaglia. Prendendo in prestito una metafora artistica, ha aggiunto che le istituzioni possono rappresentare la cornice, ma sta ai singoli territori il compito di dipingere bene il quadro complessivo, sfruttando anche i mezzi tecnologici di cui oggi disponiamo e lavorando sul marketing territoriale. «Oltre a sviluppare le doti comunicative dei territori – ha concluso Petrini – abbiamo bisogno di mantenere in vita presidi di economia vera, anche per quanto riguarda le produzioni alimentari: perché se non ci sono più contadini, agricoltori e artigiani, che cosa potremo comunicare ai potenziali turisti?» (in foto, Prezzemolo suona la tradizionale tromba pastorale piemontese; photo © Alessandro Vargiu / Archivio Slow Food).

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Il Fiore sardo DOP (photo © Francesca Cirilli / Archivio Slow Food). edizione ci rende particolarmente orgogliosi, non solo in termini di partecipazione, ma anche di senso civico e consapevolezza. Se Cheese 2021 è stata una meravigliosa occasione di convivialità responsabile, il merito va anche a cittadinanza e visitatori, che hanno saputo viverla al meglio, in armonia e sicurezza, cogliendo tra l’altro anche la possibilità di vaccinarsi durante i quattro giorni di evento». Un nuovo percorso per Slow Food a fianco degli allevatori Considera gli animali: questo il fil rouge che ha guidato questa quattro giorni di

incontri, dibattiti, degustazioni e attività educative. Produttori, allevatori, pastori, tecnici e altre associazioni (il mondo del biologico, ad esempio) si sono confrontati sulla relazione fra esseri umani e animali, fra allevamento e territorio: «Cheese è il punto di partenza di un percorso importante, che dobbiamo fare tutti insieme per trovare alternative concrete all’allevamento intensivo, per riconciliare gli animali con la terra, l’allevamento con l’agricoltura. Abbiamo avviato un lavoro di squadra che parte dall’ascolto dei produttori, per capire come si possa allevare nel rispetto delle esigenze

Cheese propone le eccellenze lattiero-casearie frutto del lavoro attento di tutta la filiera, dai produttori ai pastori d’alpeggio fino al benessere animale. Tutto questo riporta ai tempi fondamentali della tracciabilità e dell’etichettatura, della difesa del prezzo dei prodotti di qualità e della tradizione produttiva

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etologiche delle varie specie animali. Un punto chiave sarà senz’altro il pascolo. Riportare gli animali al pascolo ha effetti positivi sulla loro salute, sulla gestione del territorio, sulla qualità dei prodotti e la salute dei consumatori» ha sottolineato SERENA MILANO, segretario generale della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus. Ma il pascolo apre una questione enorme, che riguarda la gestione e la cura del territorio: i prati spontanei, ricchi di essenze e rigogliosi di biodiversità, come abbiamo visto in questi giorni, stanno scomparendo, in pianura per via del consumo di suolo e dell’agricoltura industrializzata, in montagna a causa dell’abbandono e della boscaglia che rende le vallate impenetrabili, anche per chi vuole scoprirle da turista. E proprio il turismo rispettoso di chi vive un territorio è stato un altro tema di dibattito sviluppato insieme, tra gli altri, al ministro del turismo MASSIMO GARAVAGLIA e all’AD di ENIT GIUSEPPE ALBEGGIANI, a partire dalle esperienze di Slow Food Travel. Appuntamento a Cheese 2023!

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VINO

IL SANTA MADDALENA CLASSICO DOC CHE SI MARITA CON IL GRAUKÄSE di Riccardo Lagorio

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A sinistra: uva Schiava nelle vigne a pergola del maso Pfannenstielhof. Il Santa Maddalena viene coltivato nell’omonima area al di sopra del maso, su terreni composti da detriti morenici di porfido e dolomia, in grado di accumulare il calore. In alto: Anna e Veronika Pfeifer con l’Annver, e Hannes Spornberger. A destra: i vigneti del maso Kandlerhof, che circondano la chiesa dedicata a Santa Maddalena. La zona di produzione classica del Santa Maddalena si sviluppa sui pendii a nord di Bolzano, dove si trovano i vigneti più antichi di tutto l’Alto Adige e con una maggiore esposizione al sole.

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on si tratta di fare una scala di valori né primogeniture, ma di realizzare un lavoro di divertissement che al momento pare non sia stato mai eseguito: descrivere il vino più caratteristico dell’Alto Adige in abbinamento al formaggio regionale più distintivo. L’Alto Adige custodisce infatti un vino e un formaggio unici e tanto esclusivi che è impossibile confondere con nessun altro nel panorama nazionale. Eppure rimangono perlopiù confinati alla conoscenza dei consumatori locali o dei gourmand:

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ecco a voi il Santa Maddalena Classico DOC che si marita con il Graukäse. Le aree di produzione non sono contigue: le viti che danno il Santa Maddalena Classico DOC si trovano in cinque quartieri della città di Bolzano (Rencio, Coste, Santa Giustina, San Pietro e Santa Maddalena) che si estendono tra il fiume Isarco e il Talvera, mentre per bussare alle porte dei produttori di Graukäse bisogna risalire la Val Pusteria e da lì dirigersi in Valle Aurina: li dividono un’ora e mezza di automobile.

Il vino altoatesino per eccellenza Sono le uve Schiava (Vernatsch) e Lagrein (quest’ultima in percentuale massima del 15%, ma di solito intorno al 5%) a dare vita al Santa Maddalena Classico DOC, che viene alla luce solo nei quartieri citati. Il Santa Maddalena DOC senza la qualificazione Classico si ottiene anche in alte aree della città. Gli ettari destinati a Santa Maddalena Classico DOC sono meno di 100 e una decina le cantine dove si può trovare. Nel mese di settembre ne abbiamo

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A sinistra: Franz Gojer e il figlio Florian della cantina Glögglhof. A destra: Lukas Mumelter, del maso Griesbauerhof, con l’Isarcus. Lukas fa parte della cosiddetta nuova generazione di vignaioli che si prendono cura di promuovere nelle loro cantine il Santa Maddalena Classico DOC. scoperte 4 a carattere familiare che hanno come principale, se non esclusiva, attività la produzione di Santa Maddalena Classico DOC. Pfannenstielhof è un maso avito (Erbhof), ovvero la famiglia Pfeifer lo abita da oltre 200 anni. JOHANNES PFEIFER ha vinto nel 2019 il Premio alla carriera per l’Annver Santa Maddalena Classico DOC del 2017. Annver è l’abbreviazione dei nomi delle due figlie ANNA e VERONIKA. Quest’ultima, da poco ottenuto il diploma di laurea, si è inserita a pieno titolo in cantina: col suo sorriso e i biondi capelli rende ancora più avvincenti le visite in cantina. Il maso è immerso nei 4 ettari di vigneto con allevamento a pergola. «Vi sono due ragioni per preferire la pergola» spiegano Veronika e la madre Margareth. «Innanzitutto Schiava e Lagrein sono varietà alle quali è difficile far prendere la forma del guyot. Ma

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sono soprattutto elementi meteorologici a dettare l’opportunità della pergola: infatti nella valle Isarco spira sempre una brezza che consente di mantenere lontane le malattie della vite, scorrendo sotto le piante». Johannes Pfeifer è anche più pragmatico: «Ciò che fa bene a me fa bene alle uve. La pergola fa ombra e offre una quantità di sole ideale a me come alle uve». Il loro Santa Maddalena Classico DOC profuma di lampone e ciliegia, morbido e sapido in bocca. Annver trascorre 18 mesi in acciaio e 6 mesi in bottiglia. Il naso è colpito da sferzate di cuoio mentre il palato gode di una più spiccata acidità. Nel Santa Maddalena Classico DOC Pfannenstielhof. (Punkt) emergono note speziate e dolci, che si percepiscono anche in bocca. Un’assoluta rarità prodotta in 1.000 esemplari l’anno, straordinario.

Margareth Pfeifer suggerisce il Santa Maddalena Classico DOC con piatti di pasta conditi con pomodoro semi dry, la pasta preferita dai bolzanini, e definisce il marito Weinbegleiter (colui che aiuta i grappoli a fare vino) piuttosto che Weinbereiter (produttore di vino), differenza che solo in lingua tedesca si apprezza bene per via dell’assonanza: curatore della vigna prima ancora che mero produttore di vino. Definizione perfetta che facciamo nostra. Anche Kandlerhof è maso avito e HANNES SPORNBERGER fa parte, con Veronika Pfeifer e altri giovani che raccontiamo in queste pagine, della cosiddetta nuova generazione di vignaioli che si prendono cura di promuovere nelle loro cantine il Santa Maddalena Classico DOC. Per giungere al vigneto di Hannes bisogna passare letteralmente sull’uscio della chiesa dedicata a Santa Maddalena, le cui campane risuonano solo in occa-

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sione del 22 luglio, festa della santa, e per i pochi matrimoni concessi. Con un po’ di fortuna, o chiedendo al parroco locale si può visitare l’interno, ricco di affreschi che narrano la vita di Santa Maddalena. «La prima attestazione della presenza di vino su queste colline è del 1133: un atto di donazione di un vigneto in località Placedell effettuata da parte del conte SIGBOT VON WEYARN FALKENSTEIN in favore dell’abbazia agostiniana di Weyarn. Numerosi conventi e abbazie della Germania meridionale erano allora in possesso di vigneti nella regione atesina, non soltanto per fini liturgici», spiega. L’incontro con Hannes si rivela un viaggio nella storia di queste terre, specie per le vicende che hanno portato il maso a finire nelle proprietà della sua famiglia. Dalla collina sabbiosa, il Santa Maddalena Classico DOC ricorda al naso il profumo di viola, al gusto risulta vellutato e rotondo con reminiscenze di mandorla e susina. Dalla adiacente collina rivolta verso Renon, dove prevalgono argilla e porfido le uve danno Schloterpöck. In questo caso le bucce rimangono a contatto con il mosto per 20 giorni, il vino in botti di legno per almeno un anno e in seguito in bottiglia per un altro anno. Probabilmente il passaggio in botte consente al vino di esprimersi con note di viola e cacao, al palato emergono note fruttate di fragola e ciliegia molto mature. Anche Glögglhof è una cantina a gestione familiare. FRANZ GOJER e il figlio FLORIAN se ne prendono cura. Nelle loro etichette si racconta il paesaggio per mezzo del profilo stilizzato delle montagne intorno. Il Santa Maddalena Classico DOC Santa Giustina proviene da vitigni a 450 metri e la percezione del suo gusto morbido deriva dall’azione della deraspatrice. Le uve provenienti dalle vigne più antiche e composte da diversi cloni di Schiava sono posizionate su una porzione di terreno morenico tra i 315 e 350 metri. Esse contribuiscono a generare il Santa Maddalena Classico DOC Vigna Rondell, vino grasso e potente, ma al tempo stesso elegante. Griesbauerhof è un altro maso avito condotto dal 1785 dalla FAMIGLIA MUMELTER e anche in questa azienda agricola si declina il Santa Maddalena Classico DOC in due etichette. L’arrivo al maso

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Claudia e Roland Eder del maso Moarhof e il loro Graukäse. coincide con l’abbraccio delle vigne a pergola perché «la zona è ventilata con brezza da nord la mattina e da sud nel pomeriggio» spiega Lukas, che dal 2018 conduce la parte vinicola. Ciò permette di evitare l’uso di diserbanti da almeno 20 anni. Il Santa Maddalena Classico DOC del 2020 è fresco e fruttato, dalla persistenza breve; l’annata 2016 ricorda al naso il profumo di erbe balsamiche e si percepiscono in bocca venature di frutta secca. L’etichetta Isarcus deriva invece da una vendemmia tardiva ed è nato nel 2000. Viene affinato in botti di legno da 500 litri e in barriques usate di quarto passaggio. Il 2015 è contraddistinto da colore rubino intenso, naso di susina e viola, bocca speziata con ricordi di tabacco.

Graukäse, simbolo caseario della Valle Aurina e dell’Alto Adige A MARTIN PIRCHER, imprenditore locale, si deve la recente valorizzazione di questo formaggio, iniziata allo scoccare del nuovo millennio, con le Giornate del Graukäse (che si tengono a fine settembre) e il Festival del Formaggio che si tiene a marzo (la prossima edizione è prevista dal 18 al 20 del 2022). La produzione di questo formaggio avviene dopo avere scremato il latte e lasciato acidificare il latte rimasto. Scaldato a 40 °C circa, si raccoglie con una schiumarola e si mette a spurgare in un telo di lino o in un piatto forato. Una volta sgrondato il siero, il formaggio viene frantumato con le mani e ricomposto nelle forme esercitando una pressione

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Martha Hofer suggerisce di gustare il Graukäse a fette sottili su pane di segale spalmato di burro. più o meno forte. A questo punto vi si aggiunge una piccola quantità di sale. Trascorsi due giorni, si tolgono le forme dai canestri e si pongono in camere con temperatura elevata (circa l’80%) e temperatura intorno ai 23 °C, fino a che l’esterno non si presenta di colore giallo. Solitamente servono due settimane: in questo periodo la buona parte di Graukäse viene consumata ed ha una consistenza granulosa. Il suo profumo è deciso, ma non pungente; al gusto ricorda lo yogurt acido. Se la stagionatura si protrae per più tempo la sua consistenza è definita stinka, collosa. In verità la proteolisi colora l’esterno di giallo e lo rende gommoso,

l’interno rimane bianco, più o meno friabile. CLAUDIA e ROLAND EDER del maso Moarhof posseggono una decina di vacche e destinano buona parte del latte alla produzione di burro (anche aromatizzato all’erba cipollina) e Graukäse. Nel prato del maso di Martha Hofer e il marito Josef Schneider pascolano due vacche: per la produzione di Graukäse si possono utilizzare anche più mungiture. Suggeriscono di consumare il Graukäse a fette sottili su pane di segale spalmato di burro, in alternativa al consumo diffuso di Graukäse condito con cipolla e aceto. L’abbinamento tra Santa Maddalena Classico DOC e Graukäse risulta armonica e ben studiata: il gusto

Santa Maddalena Classico DOC: le cantine Pfannenstielhof – Johannes Pfeifer 9 Pfannenstielhofstr. – 39100 Bolzano Telefono: 0471 970884 E-mail: info@pfannenstielhof.it Web: www.pfannenstielhof.it Kandlerhof Via Santa Maddalena di Sotto 30 39100 Bolzano Telefono: 0471 973033 E-mail: info@kandlerhof.it Web: www.kandlerhof.it

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acidulo del formaggio viene mitigato dall’aroma floreale del vino. Ci ha colpito in maniera particolare l’abbinamento tra Santa Maddalena DOC Annver e Santa Maddalena Classico DOC Pfannenstielhof. (Punkt), l’Isarcus della famiglia Mumelter e lo Schloterpöck di Hannes Spornberger con il Graukäse di Martha Hofer stagionato oltre 4 settimane per l’intrecciarsi di profumi e aromi complessi. La versione meno stagionata di formaggio di Claudia Eder completa lo spettro organolettico alla presenza di Vigna Rondell. Sublime ed elegante il loro matrimonio. Riccardo Lagorio

Produttori di Graukäse

Franz Gojer Glögglhof Via Rivellone 1 39100 Bolzano Telefono: 0471 978775 E-mail: info@gojer.it Web: www.gojer.it

Moarhof (Hofkäserei) Claudia e Roland Eder Kirchdorf 21 – Ahornach 38 39032 Campo Tures (BZ) Telefono: 340 0538406 Web: moarhof-hofkaeserei.it

Griesbauerhof – Georg Mumelter 66 Rentsch – 39100 Bolzano Telefono: 0471 973090 E-mail: info@griesbauerhof.it Web: www.griesbauerhof.it

Martha Hofer Schneider Maso Hirner Steger Aue 28 – Hirnerhof 226 39030 S. Giovanni di Valle Aurina (BZ) Telefono: 0474 671162

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Schenk Italian Wineries: il primo semestre del 2021 è da record, +21%. Nuovi investimenti in Puglia per Masso Antico «Il Gruppo Schenk Italian Wineries chiude con numeri da record i primi sei mesi del 2021, con un aumento del giro d’affari del 21% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il lockdown del 2020, e il conseguente blocco del settore fuoricasa, avevano infatti provocato un forte rallentamento della domanda di bollicine, ma il ritorno alla piena produzione del comparto spumanti Bacio della Luna quest’anno ha permesso ai numeri di tornare a crescere. In questo primo semestre anche l’Ebit ha avuto una crescita a doppia cifra, mentre rimane delicato l’andamento della seconda parte dell’anno a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime che sicuramente avrà un impatto significativo sulla redditività. Restiamo comunque molto ottimisti ed è per questo che stiamo continuando ad investire in termini di impianti, produzione e comunicazione». Così Daniele Simoni (in foto), AD di Schenk Italian Wineries, fotografa la realtà dei primi sei mesi del 2021 dell’azienda di Ora (BZ). Continua la strategia di filiera integrata con l’acquisizione di un vigneto a conduzione biologica nel Salento Con una produzione di 51 milioni di bottiglie e un fatturato consolidato del Gruppo stimato in 130 milioni di euro, Schenk Italian Wineries conferma di essere tra le realtà vitivinicole più significative e solide d’Italia. Numeri destinati a crescere anche grazie ad investimenti mirati alla sostenibilità, al potenziamento degli impianti produttivi e alla comunicazione, capisaldi della strategia aziendale del prossimo futuro. In tal senso si muove la recentissima acquisizione da parte del Gruppo Schenk Italian Wineries di un’importante azienda agricola di vigneto biologico in Puglia. «Schenk Italian Wineries continua nella sua strategia di filiera integrata con l’acquisizione di un’azienda agricola a conduzione biologica nel Salento» prosegue l’AD del Gruppo Daniele Simoni. «L’enorme successo commerciale del marchio Masso Antico a livello internazionale, che copre le più importanti denominazioni pugliesi e si concentra soprattutto sul Primitivo del Salento, ha convinto la multinazionale svizzera di proprietà della famiglia Schenk ad iniziare un importante sviluppo agricolo per dare ulteriore consistenza al marchio, continuando nella strada della qualità e della sostenibilità già intraprese con Masso Antico dal 2017». Dopo l’ottenimento della certificazione Equalitas dello scorso anno, inoltre, «la scelta di acquistare una tenuta a conduzione biologica permette a Schenk Italia Wineries di aggiungere un ulteriore tassello al percorso green delle proprie aziende». Percorso green che ad oggi prevede il completamento della conversione a biologico di tutti i vigneti dell’azienda Lunadoro a Valiano di Montepulciano (SI) e il cambio delle linee di produzione in ottica 4.0, investimento che porterà ad un notevole risparmio energetico oltre a risultati più performanti.

Schenk Italia Spa Via Stazione 43 39040 Ora (BZ) Telefono: 0471 803 311 E-mail: schenk.italia@schenk.it Web: www.schenkitalia.it

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Il Tempio del Brunello e l’Oro di Montalcino Un nuovo sguardo sul mondo del vino e non solo: visori di realtà virtuale e una app accompagnano il visitatore in un tour alla scoperta del Brunello di Montalcino e del suo territorio di Federica Cornia

allo scorso luglio l’Italia si è arricchita di una bella novità: il Tempio del Brunello di Montalcino. Pensato per gli enoturisti e anche soltanto per chi ha voglia di andare alla scoperta di uno dei vini più famosi del mondo, insieme alle bellezze del territorio da cui questo vino nasce, il Tempio del Brunello propone un percorso immersivo ed emozionale racchiuso come un tesoro nel più ampio complesso monumentale di Sant’Agostino, cuore millenario e culturale della città1.

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Tutti i vari percorsi esperienziali prendono il via da Inchiostro, il primo chiostro coperto dell’ex convento, dall’atmosfera raccolta e meditativa. È una app, l’Oro di Montalcino, che accompagna il visitatore in un viaggio che, dall’interno della chiesa di Sant’Agostino, una volta terminato il percorso museale, può continuare negli spazi aperti del centro storico e della campagna circostante. Dall’Abbazia di Sant’Antimo fino a San Giovanni d’Asso, dal castello di Poggio alle Mura fino al San Michele sperduto nel

bosco, dall’Abbadia Ardenga fino a Montisi, tutti questi punti d’interesse sono geolocalizzati e commentati da schede testuali, audio, photogallery e video. Ma ritorniamo all’interno del complesso museale. Da Inchiostro, il tour prevede la visita al Museo Archeologico sotterraneo, in cui sono conservati reperti etruschi provenienti dal vicino Poggio Civitella, unico esempio di fortezza etrusca ancora oggi esistente, e alle Raccolte Museali Civica e Diocesana, ricca di statue lignee e fondi d’oro di scuola senese e arricchita da

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maioliche arcaiche del Duecento nonché dalle opere dell’antica Abbazia di Sant’Antimo. Sempre da Inchiostro, grazie a postazioni con visori di realtà virtuale, il visitatore ha la possibilità di immergersi fra ville, castelli e scorci mozzafiato. Uno sguardo nuovo sul paesaggio che si avvale delle più moderne tecnologie: un po’ a ripetere l’operazione che fece nel Trecento AMBROGIO LORENZETTI quando, per realizzare il suo capolavoro “Il Buon Governo” (conservato nel Palazzo Pubblico di Siena, NdR), si cimentò in una nuova forma di pittura planando sulla campagna senese. Solo che qui lo sguardo restituisce una rappresentazione che è il frutto dell’hi-tech anziché di tavolozza e pennello. La discesa al Tempio avviene dal chiostro scoperto, il chiostro d’estate: qui una scala porta ai locali sotterranei dell’ex convento, adiacenti a quelli del Consorzio del Brunello. Scendendo i gradini, un leggero calo della temperatura accompagna il visitatore in un ambiente sonoro che riproduce i suggestivi suoni tipici della cantina. Il viaggio porta in profondità, nel cuore ipogeo in cui è custodito il segreto del Brunello. Ci si ritrova così in un ambiente suggestivo in cui video evocano i quattro pilastri che hanno fatto del vino di Montalcino un vino unico: il terreno, la biodiversità del territorio, il clima e il lavoro delle persone, tutti concetti ribaditi dalle video testimonianze le Voci del Brunello. Nel locale successivo, Quadro Divino, il visitatore è invitato a lasciare traccia del suo passaggio: attraverso postazioni touch potrà creare una composizione artistica, utilizzando una raccolta di immagini rappresentativa dell’identità visiva di Montalcino. Tutte da utilizzare in maniera libera e creativa sull’onda delle emozioni che la visita ha suscitato, per poterle poi inviare a parete e condividerle attraverso e-mail e social. Si entra quindi nel terzo ambiente sotterraneo: Calix. Qui l’esperienza è di forte impatto emotivo: in un luogo in cui gli archi ogivali richiamano un calice rovesciato, le pareti di pietra si vestono di opere d’arte, espressione della creatività e del lavoro degli abitanti del luogo. Avvolti dalla bellezza, si può vagare con gli occhi sui dettagli del paesaggio degli “Effetti del Buon

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Il Tempio del Brunello si lega indissolubilmente a L’oro di Montalcino, operazione culturale che intende far conoscere e sperimentare, anche con l’aiuto delle più avanzate tecnologie, la bellezza della città senese e della Val d’Orcia. Governo” di Lorenzetti o a indugiare sui volti dei putti che reggono il mantello della “Madonna della Misericordia” di VINCENZO TAMAGNI. Quando si riemerge nella luce del chiostro scoperto l’Enoteca Bistrot Caffetteria offre la possibilità di sedersi e sorseggiare un calice di Brunello. Anche qui la app, attraverso una serie di domande, aiuta il visitatore a scegliere il tipo di Brunello più in linea con la propria personalità. Sommelier professionisti e un sommelier digitale multilingue accompagnano la degustazione. Lasciando il complesso di Sant’A-

gostino, l’ultimo sguardo del visitatore può indugiare sugli altri prodotti tipici del territorio: miele, zafferano, olio e tartufi, concludendo la panoramica sull’Oro di Montalcino. Federica Cornia Nota 1.Il progetto Il Tempio del Brunello è promosso dall’Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa e Montalcino, dal Comune di Montalcino, dal Consorzio del Vino Brunello di Montalcino e realizzato da Opera Laboratori; photo © www.orodimontalcino.it

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Photo © Gianluca Gasbarri

DOLCI

ALLA SCOPERTA DEI GIGLIETTI, BISCOTTI DALLA STORIA SECOLARE di Chiara Papotti

antucci, torcetti, krumiri, mostaccioli, canestrelli, frollini di ogni tipo. La territorialità e le tradizioni d’Italia trovano massima espressione nella produzione di un dolce dalla storia secolare: il biscotto. Nato dalla necessità di avere a disposizione alimenti in momenti di emergenza, come le spedizioni militari o i lunghi viaggi in mare, gli antichi biscotti rappresentavano un semplice

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tipo di pane, non dolce, cotto due volte (bis), preparato per essere conservato nel tempo. La doppia cottura, infatti, aveva lo scopo di abbassare l’umidità e produrre generi alimentari durevoli destinati ai viaggiatori, specialmente marinai. Per incontrare i primi impasti da forno dolcificati, simili agli attuali, dobbiamo attendere il 600, quando venne scoperta la tecnica di montare separatamente l’albume e il tuorlo d’uovo.

Per gustare uno dei biscotti più antichi della cultura alimentare di pasticceria dobbiamo andare nei comuni di Palestrina e Castel San Pietro Romano, alle porte della Città Eterna, dove si porta avanti dal 1653 una piccola produzione di biscotti secchi: i giglietti. Come tutti i biscotti dolci, i giglietti nascono come prodotto per pochi; le loro sorti sono, infatti, legate alla nobiltà romana, in particolare alla

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Formatura dei giglietti al Forno Fiasco (photo © www.fornofiasco.it). FAMIGLIA BARBERINI, signori di Palestrina. Casata influente, i Barberini vantano discendenti importanti, quali PAPA URBANO VIII che, durante il suo pontificato, decise di acquistare la cittadina dai principi Colonna e trasformarla in sede nobiliare della famiglia. Accusati di malgoverno, i Barberini esiliarono alla Corte di Luigi XIV, re di Francia, ed è proprio qui che scoprirono i giglietti, biscotti a forma di giglio, simbolo della dinastia dei Borbone. Tornati in patria, chiesero ai pasticceri di corte di replicare quei biscotti tanto gustosi, sostituendo la forma del giglio con un’ape, presente nello stemma di famiglia. L’insetto, però, non ebbe fortuna e i biscotti tornarono alla forma originale, tramandata sino ai giorni nostri. Prodotti con soli tre ingredienti (farina, zucchero e uova), i giglietti di Palestrina e Castel San Pietro sono riconosciuti come presidio Slow Food dal 2014. Nonostante la semplicità degli ingredienti, la lavorazione richiede una prodigiosa manualità, tramandata da pochissime famiglie del posto. Ad oggi solo due forni, il Panificio Biscottificio Forno Fiasco a Castel San Pietro Romano e il Panificio Alimentari Salomone di Palestrina, producono i giglietti seguendo l’antica ricetta. La fabbricazione dei biscotti si articola su poche fasi fondamentali: dosaggio e miscelazione degli ingredienti, formatura, cottura, raffreddamento e confezionamento. Una volta dosati, si miscelano velocemente uova e zucchero nella planetaria per circa venti minuti, a seconda della quantità delle uova. Viene

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poi aggiunta la farina e mescolato il tutto con molta cura, per ottenere un impasto dalla consistenza liscia ed omogenea. Si passa quindi alla formatura, capolavoro di un’abilità tutta al femminile esercitata quotidianamente: le donne intrecciano pazientemente l’impasto per dare al biscotto la forma di giglio, un’arte che garantisce il mantenimento della forma perfetta durante la lieve cottura. Nei forni l’impasto si trasforma: evapora l’umidità, le proteine di denaturano, gli zuccheri modificano struttura e colore, assumendo l’aroma tipico del prodotto da forno. Il confezionamento conclude le fasi di lavorazione, dopo il raffreddamento, che evita la formazione di condensa e consente di mantenere la fragranza. Si conservano un paio di settimane. I fattori determinanti per la qualità dei giglietti, come per la maggior parte degli alimenti, sono due: materie prime locali di prima scelta e accuratezza della lavorazione artigianale. Ma come è logico, è l’assaggio a dare il verdetto definitivo: il giglietto rivela un profumo delicato e naturale, tipico degli ingredienti usati. Al palato, il sapore è dolce, ben equilibrato. Ottima consistenza e friabilità, qualità tipiche che contraddistinguono i biscotti di alta gamma. Un prodotto di nicchia, ricco di storia e poco conosciuto al di fuori dal contesto locale, che rischia di scomparire per la difficoltà della tecnica e la mancanza di volontà di dedicarsi ad un mestiere faticoso in grado, tuttavia, di dare grandi soddisfazioni. Chiara Papotti


BEVANDE

Il tè e le sue varianti di Giovanni Ballarini

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opo i racconti di MARCO POLO, una conoscenza frammentaria che l’Europa ha sulla Cina proviene dai resoconti dei mercanti e degli inviati diplomatici ma, dalla metà del XVII secolo, un ruolo preponderante assumono i resoconti che dall’Asia riportano i missionari gesuiti che restituiscono una nuova immagine della cultura cinese, dando l’opportunità agli Europei di approfondirne la conoscenza, unitamente all’intensificarsi dei rapporti commerciali con l’Estremo Oriente. La prima sicura notizia in

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Europa dell’esistenza della bevanda del tè è nelle cronache Navigationi et Viaggi (1559) del diplomatico, geografo e umanista trevigiano GIOVAN BATTISTA RAMUSIO (1485-1557) al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia, ma solo nel 1609 le navi della Compagnia delle Indie orientali olandesi giungono a Hirado (Giappone), dove prelevano carichi di tè verde che per la prima volta arrivano in Europa. Nel 1657 la Garway’s Coffee House di Londra vende il tè in Inghilterra e nel 1664 dei funzionari della Compagnia inglese

delle Indie Orientali offrono del tè al re d’Inghilterra Carlo II. Nel 1665 SIMON PAULLI (1603-1680) pubblica il Commentarius De Abusu Tabaci Americanorum Veteri, Et Herbæ Thee Asiaticorum in Europa Novo (Strasburgo, 1665), critica sull’uso smoderato di bere tè e fumare tabacco. Nel 1666 HENRY BENNET (1618-1685), I conte di Arlington, introduce l’uso del tè alla corte inglese, mentre, intorno alla metà del XVII secolo, il consumo del tè si diffonde nei Paesi Bassi e da qui in tutta Europa, dove diventano ricercate anche le celebri

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La pianta del tè è la Camellia Sinensis, un arbusto sempreverde della famiglia delle Theaceae che può raggiungere i 2 metri d’altezza. Viene coltivata soprattutto in zone tropicali e subtropicali: la temperatura ideale è infatti tra i 10 °C ed i 30 °C e le coltivazioni possono trovarsi anche a 2.100 m di altitudine. Proprio a quote più elevate spesso si ottengono i tè più pregiati come in Cina e nelle zone di produzione indiane come il Darjeeling e il Sikkim, non lontano dalla catena montuosa dell’Himalaya (photo © Michel – stock.adobe.com).

porcellane cinesi usate nella cerimonia della sua preparazione.

associato ad altri alimenti, con usi e consuetudini ancora presenti.

Come bere la nuova bevanda? Nel 1596 il navigatore olandese JAN HUYGEN VAN LINSCHOTEN (1563-1611) nel libro Itinerario, Voyage ofte schipvaert descrive in Giappone la cerimonia del tè (Cha no yu, letteralmente “acqua calda per il tè”) e nel 1610 sono pubblicate alcune lettere del gesuita MATTEO RICCI (1552-1610) nelle quali si riferisce dell’uso del tè da parte dei Giapponesi. In Europa il tè inizia anche ad essere

Latte nel tè Nel 1655 J OHAN N IEUHOF (16181672), funzionario della Compagnia olandese delle Indie Orientali, nelle sue memorie di viaggio riporta l’uso cinese di aggiungere del latte nel tè e nel 1680 la dama francese MARGUERITE DE LA SABLIÈRE (1640-1693) introduce nei salotti francesi l’uso di aggiungere del latte nel tè. Questa usanza è peraltro seguita anche dalla scrittrice francese

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MARIE DE RABUTIN-CHANTAL, marchesa de Sévigné (1626-1696), che contribuisce a diffondere questo uso. Entrambe le madame hanno un ruolo importante nella diffusione della moda di aggiungere il latte al tè perché, nella seconda metà del XVI secolo e prima metà del XVII, vi è un rovesciamento dell’identità nobiliare francese. Privata di privilegi politici e sociali e in forte crisi finanziaria, la nobiltà cerca di far valere la superiorità del suo lignaggio e salvaguardare la propria identità con le buone maniere facendo mostra di

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Il tè del pomeriggio in Gran Bretagna è una vera tradizione. Si tratta di una consuetudine che è stata istituita con la settima duchessa di Bedford nel XIX secolo. Il latte è immancabile, con grandi dibattiti se aggiungerlo nella tazza prima o dopo aver versato il tè, forte e nero in foglie spezzate, di solito una miscela di tè di Ceylon e Africa. Il tutto è accompagnato da scones con marmellata e clotted cream, Victoria cake, muffin e sandwiches (fonte: La Via del Tè; photo © Pixel-Shot – stock.adobe.com). spirito, naturalezza e anche apertura a talune innovazioni. Per quanto riguarda la cucina, e soprattutto il modo di stare a tavola, si accettano le influenze che arrivano dall’Italia: Il Cortegiano (1514-1515) di BALDASSARRE CASTIGLIONE, il Galateo overo de’ costumi (1558) di monsignor GIOVANNI DELLA CASA e La civil conversazione (1574) di STEFANO GUAZZO ispirano la mondanità francese. Queste nozioni di buon gusto si trovano nelle lettere di Madame de Sévigné, la quale, assieme a Marguerite de la Sablière, contribuisce a diffondere la moda di aggiungere il latte al tè. Aggiungere latte al tè non è una novità ed è già presente in Cina. La Cina è un vastissimo territorio e, in contrasto con la convinzione occidentale, dai territori del Nord a quelli del Sud è abitata da diverse etnie e vari sottogruppi con sostanziali differenze genetiche, linguistiche, culturali e sociali. I Cinesi han di solito non bevono latte, non mangiano formaggi e neppure tè col latte.

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Il tè col latte è invece consuetudine dei Cinesi manciù o manchu originari della Manciuria, regione situata a Nord-Est della Cina attuale, che nel XVII secolo sconfiggono la dinastia Ming e fondano la dinastia Qing, i cui nobili bevono latte anche nel tè. Anche le popolazioni tibetane e altri popoli himalayani tradizionalmente bevono tè con latte o burro di yak e sale. In Polonia il tè con latte è chiamato bawarka (stile bavarese) e consumato spesso dalle donne in gravidanza o in allattamento. In Australia il tè con il latte è chiamato tè bianco. Secondo alcuni, il latte andrebbe messo in tazza prima del tè, mentre c’è chi afferma esattamente l’inverso. In ogni caso, De gustibus non disputandum est, ma a nostro parere per gustare fino in fondo il tè, soprattutto nelle sue varietà più pregiate, l’infuso andrebbe consumato e degustato senza aggiungere nulla. Un goccio di latte potrebbe essere ammesso per rendere più rotondo il sapore di un tè forte come ad esempio

un black tea ma non i tè verdi, bianchi o quelli aromatici con sentori floreali. Limone nel tè In Italia e in Europa orientale (Russia, Polonia e Ungheria) frequentemente il tè è consumato con limone, succo o fettine. Anche in India esiste una minoritaria tradizione di aromatizzare il tè con succo di limone. Questa associazione è discussa perché pare che l’aggiunta del limone comporti un’alterazione del gusto originale della bevanda, per cui sarebbe un’abitudine da evitare se la nostra intenzione è quella di apprezzare appieno le qualità dell’infuso. In Italia nel 1972 compare l’Estathé al limone prodotto dalla FERRERO e per quasi vent’anni è questa l’unica azienda sul mercato a produrre il tè freddo al limone. Tè alla pesca e altra frutta Il tè alla pesca o altra frutta (l’ultima in ordine temporale è il kiwi) va di pari passo con la scoperta e la diffusione del

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La tradizionale cerimonia del tè marocchina è conosciuta anche come Atay Bi Naa Naa ed è considerata l'espressione più raffinata dell'ospitalità. Il tè utilizzato è il tè verde cinese, Special Gunpowder, noto per la sua freschezza e le qualità dissetanti. Di solito è il capo famiglia che si occupa della preparazione del tè che viene servito zuccherato e aromatizzato con la menta marocchina, una varietà particolarmente dolce e dall’aroma marcato (fonte: La Via del Tè, laviadelte.it; photo © Rosa Frei). ghiaccio artificiale. Le più antiche ricette stampate per il tè freddo risalgono al 1870 e la sua popolarità aumenta dopo che il mercante di tè RICHARD BLECHYNDEN lo introduce all’Esposizione universale di St. Louis del 1904. In Italia il consumo di tè freddo si diffonde inizialmente come preparazione casalinga e nei bar dove sono preparate delle brocche di tè riempite di ghiaccio con frutti diversi. Tè agli aromi Alcune varietà di tè contengono aromi aggiunti durante la lavorazione. Tra le più note vi sono: * il Tè al gelsomino (Jasmine), prodotto soprattutto in Cina e Giappone, aromatizzato tradizionalmente col contatto con fiori di gelsomino appena raccolti; * l’Earl Grey, un tè aromatizzato con l’olio estratto dalla scorza del bergamotto; * il Masala chai (tè speziato misto), aromatizzato con una miscela di

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spezie — tra le quali le più importanti sono zenzero e cardamomo —, spesso bevuto con l’aggiunta di latte o limone; * il tè verde alla menta, che in Marocco è un vero e proprio rito che accompagna ogni momento della giornata. È offerto come segno di ospitalità sotto le tende del deserto; si serve in teiere d’argento cesellato ed è versato in bicchierini decorati. Zucchero e dolcificanti nel tè Non tutte le culture approvano l’aggiunta di zucchero, di fatto diffusissima in tutto il mondo; in Cina, ad esempio, è considerata una pratica femminile. Il tè può essere dolcificato anche con miele, marmellata o nettare di agave. Sale e tè Nella catena dell’Himalaya, dal Tibet al Pakistan settentrionale, è comune l’aggiunta di sale, direttamente o indirettamente (quello contenuto nel burro di yak).

Alcolici e tè In alcuni Paesi occidentali è presente, benché non frequente, l’uso di aggiungere piccole quantità di liquori al tè. Alterazioni di sapore del tè Il sapore del tè può essere modificato anche dalle modalità di preparazione. In particolare, versarlo dall’alto accelera il raffreddamento e aumenta la sua aerazione. Questa pratica è in uso soprattutto nel Nord Africa occidentale (dal Marocco alla Libia) e a Sud (Mauritania, Guinea, Mali, Senegal). In Malesia e a Singapore il tè è versato più volte velocemente da una tazza all’altra creando una schiuma, favorita dall’aggiunta di latte condensato, dando vita ad una sorta di danza. Il teh tarik viene servito in un bicchiere trasparente, in modo che la miscela possa essere ben visibile e apprezzata, anche per il suo colore crema scuro. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Anima Latina, Lucio Battisti

SALAME, ANIME ED EMANCIPAZIONE di Giovanni Papalato

ersonalmente metto il salame secondo solo alla coppa nella mia personalissima classifica dei piaceri della vita quando parliamo di insaccati. Merito di quei panini che mi faceva Rino tutte le mattine nella drogheria sotto casa. Ai tempi delle elementari, negli anni Ottanta. C’è un articolo su un numero della rivista di qualche mese fa (MORABITO A., Fante di coppe, in PREMIATA SALUMERIA ITALIANA n. 2/2021, pag. 22) dove viene raccontato un episodio segnante della mia vita, assieme ad uno di quei panini alla coppa. Ma questo articolo non può e non deve essere un apologia del sottoscritto, quindi parliamo di Salame e di Battisti… Ma anche di Mogol, visto che il testo

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lo ha scritto lui. Certo, come tanti altri salumi “Salame” al singolare è solo da usare se si vuole indicarne una quantità, tipo “Passami il salame!”. Perché, per esempio, non è solo la carne di maiale quella di cui sono composti i salami e perché ce ne sono di dolci e piccanti, a grana grossa come a grana fine, piccoli o larghi, da tagliare e gustare in fette spesse o più sottili. Conciati con pochi elementi o connotati da peperoncino o aglio, dalla Lombardia del Milano, Brianza, Cremona, Mortara e Varzi, all’Emilia-Romagna di Felino, Piacenza, Strolghino, passando per l’Umbria di Norcia e la Toscana del Cinghiale e della Finocchiona, fino alla Soppressata calabrese, il nostro Paese

è ricco di eccellenze dove ognuno difende ed esalta il suo territorio. Poter assaggiarli tutti, senza litigare su quale sia superiore ad un altro, ma godendo della qualità è una fortuna che non dobbiamo trascurare. Divisivo era invece alla metà degli anni ‘70 uno dei cantanti più amati, ma allo stesso tempo criticati, che la storia della musica leggera italiana ricordi. Lucio Battisti non era un cantautore schierato per un particolare partito o per un ideale, quindi in quegli anni pieni di tensione in cui ogni cosa assumeva un valore politico risultava antagonista ad una parte del Paese più “ortodossa” piuttosto che ad un’altra non legata a certe impostazioni.

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Photo © Lucio Pellacani

Il salame di Battisti e Mogol è un dialogo definito solamente da una delle parti coinvolte, ma che riesce a farle immaginare entrambe. I protagonisti sono due preadolescenti che scoprono la sessualità con leggerezza, naturalmente, con innocenza e meraviglia. Il brano si sviluppa in tre momenti, partendo da un approccio sperimentale all’epoca e attualissimo ora, per poi giocare con certi riferimenti di musica da camera e poi finire tornando a viaggiare su sonorità Space. È dentro “Anima Latina”, un disco capace di anticipare e influenzare la musica che ancora oggi si fa in Italia, ma non solo, avendo anche un importante significato personale per il suo autore. Arriva dopo un periodo passato in Sudamerica in cui Battisti prende coscienza di ciò che vuole: emanciparsi da come i mass media lo hanno identificato. Negli anni questo disagio lo porterà poi ad un isolamento sempre più estremo che lo caratterizzerà fino alla sua morte. Dal 1969, con l’esordio omonimo, la sua carriera è una crescita esponenziale di vendite, accompagnata da almeno un’uscita ogni anno. Negli ultimi due, nessuno è meglio di lui in classifica per distacco: ”la musica leggera” in Italia è Lucio Battisti. Ma ora è il 1974, vuole sfidare se stesso e il suo pubblico. Si mette alla prova con qualcosa di inedito e si chiede come reagirà chi lo acclama e chi lo osteggia. Finirà per confondere e sorprendere, non lasciando indifferente nessuno. Badate bene, non è una rivoluzione che rinnega il recentissimo passato, ma più una continuazione di quello che più o meno inconsciamente era maturato ne Il nostro caro Angelo e Il mio canto libero con un’attenzione, questa sì diversa, a come l’ascoltatore interagisce con la musica in maniera attiva, richiedendo un’attenzione che prima era meno concreta. Lo fa compiendo un passo indietro e poi due in avanti. Lo spazio della voce, centrale nella canzone italiana e quindi anche nella sua, si riduce. La musica invece si allarga e si emancipa nell’elettronica, attraverso percussioni libere da compiti scolastici e nei fiati al posto degli archi. Per la prima volta, i testi di Mogol, fondamentali prima durante e dopo

questo disco, scendono a compromessi con la volontà di Battisti. Niente più quotidianità, ad uso e consumo di chiunque si possa naturalmente immedesimare. Serve entrare nei brani, non rimanere comodi nell’immediatezza. È uno sforzo inclusivo, partecipativo, come esplicitato in Abbracciala, abbracciali, abbracciati, che si manifesta in più di sette minuti ad aprire in

maniera inedita il disco. L’ambiguità del testo che si presta a molteplici interpretazioni si inserisce in un brano che sa di qui e adesso ma anche di passato e futuribile. Nasce con suoni in lontananza, riverberi e voci che crescono, mentre la batteria che prima sembra banale poi struttura il brano definendolo fino al crescendo dove si fa raggiungere

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“Lucio Battisti (1943, Poggio Bustone, Rieti – 1998, Milano) è stato ed è il più grande di tutti nella musica pop italiana: nella musica ‘leggera’. Le ha provate tutte, e gli sono riuscite tutte” scrive il giornalista Luca Sofri nel suo libro Playlist. “Si potrebbe riempire un juke-box solo con le sue canzoni migliori. Ed era così bravo da averci resi familiari e tollerabili anche dei versi che sarebbero stati imbarazzanti in bocca a chiunque altro” (fonte: www.ilpost.it; photo © www.paperstreet.it). da un basso, fiati e tastiere, prima di flauto e Sax a chiudere. Non ci sono equivoci, non c’è una fuga, è un nuovo corso. E poi eccolo il Sudamerica, nel flamenco sintetico di Due Mondi, l’unico brano pop del disco, cantato in duetto con MARA CUBEDDU. Poi il viaggio organico e onirico di Anonimo che parte come un risveglio bucolico per trasformarsi in una jam che suona agreste ma su un caldissimo basso elettrico, batteria, flauto, nacchere e vibrafono a cui si riaggrega la voce di Battisti, prima di oscurarsi In un mood lunare ed esplorativo, dove i synth percorrono distanze verticali e che precede il finale in cui viene suonato in chiave bandistica il motivo de I giardini di marzo. Una conclusione che, citando in questo modo un brano che già all’epoca era uno dei più identificativi del suo repertorio, rappresenta un messaggio evidente e significante nel segno di quell’emancipazione di cui si parlava qualche paragrafo più su. Gli uomini celesti è la metafora del clima autocelebrativo e illusorio di quegli anni e del bisogno di affrancarsi da esso. Brano che registra uno dei momenti più simbolici del disco,

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quando dopo la seconda strofa la voce entra ed esce e poi rientra nel filtro che registra la distanza e il disagio, dopo un accordo di chitarra synth, c’è una nota bassa, come un segnale, di fatto una dissonanza che si prolunga cambiando le battute del brano, trasformandolo in un Samba sintetizzato. Il lato comincia con la sequenza di due brevi reprise, prima Gli uomini celesti e poi Due mondi, come se non si voglia lasciarle finite, come se si volesse ancora di più affermarle. Precedono la canzone che, lo si comprende ascoltandola anche solo una volta, giustamente dà nome al disco. Anima latina respira, si fa spazio attraverso il movimento e porta a quella commozione che solo la Bellezza può indurre, potente e inarrestabile ProtoHouse, organica, materica, ideale, familiare da sconosciuta. Due minuti e mezzo strumentali che potrebbero durare per sempre, poi la voce entra a cantare un testo che è negli occhi di un europeo che guarda il Sudamerica prima che il brano diventi un gioioso samba di percussioni e cori che sanno di liberazione e gioia. Dopo Il salame si entra nella grandeur ibrida tra jazz e folk de La Nuova America, quasi un omaggio alla

PFM, per poi stupirsi nella varietà che costituisce La Macchina Del Tempo. Un medley, raramente questo temine ha per chi scrive un senso positivo, che riesce a far confluire diversi stili musicali dal prog al funky passando per la musica leggera, che risulta difficile non vedere come un ulteriore tentativo di espressione di alternativa al passato e che racconta le conseguenze l’alienazione in un rapporto. Separazione Naturale è il finale che ti sorprende, ancora una volta, anche quando pensi di non poterlo essere più. Un minuto e mezzo onirico e lisergico in cui convivono un canticchiare monosillabe, un synth che si insinua e gracchia mentre Battisti canta in falsetto parole che sanno di addio e nostalgia. “Anima Latina” rimane un esperimento, una necessità, un disco in cui convivono sesso, relazioni, consapevolezze ed emancipazioni. Battisti conoscerà altri successi, più o meno convenzionali, ma non sarà più lo stesso. Con lui, la musica italiana e noi. Giovanni Papalato Nota A pag. 124, photo © Oleg Begunenko OAO IndigoLotos.

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TECNOLOGIE

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uanto costa oggi introdurre in azienda un sistema per il controllo qualità? Ma la domanda giusta forse sarebbe: quanto costa non averlo? Soprattutto nel delicato settore alimentare, dove “qualità” coincide con “salute”. I rigidi controlli a cui sono sottoposti i produttori di generi alimentari rendono questo settore un esempio di best practice

particolarmente significativo. Inoltre, attualmente gli acquisti non sono più influenzati solo da criteri classici, quali il prezzo. Il contesto in cui si svolge la produzione, l’ambiente di lavoro, le norme igieniche, le conseguenze sull’ambiente: sono oggi fattori più importanti che mai che possono essere gestiti con una soluzione IT estesa a tutta l’azienda.

Il CSB Quality Management (QM) e Labor Information System (LIMS) rappresenta la soluzione ideale per tutte le aziende del settore alimentare e si contraddistingue per la sua facilità d’uso: anche gli utenti meno esperti, dopo una breve fase di formazione, saranno in grado di servirsi del programma. La soluzione CSB QM e LIMS è totalmente integrata nel gestionale CSB ERP e

Una gestione della sicurezza alimentare coerente con i principi HACCP aumenta la fiducia dei clienti.

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Rilevamento, valutazione e analisi di tutte le informazioni rilevanti per la qualità, direttamente on-line nel processo

rappresenta il giusto bilanciamento tra un sistema standard pre-configurato tagliato su misura per il l’industria alimentare e la capacità di adattarsi alle particolarità specifiche dell’azienda. Qualità dei prodotti garantita I responsabili delle varie aree aziendali, in collaborazione con gli esperti CSBSystem, individuano una “rete” di punti di informazione e controllo, i cosiddetti Critical Control Points, ai quali collegare postazioni fisse o eventuali dispositivi mobili per il rilevamento dati. Le informazioni sono così inserite, registrate e analizzate on-line nel CSB-System, senza soluzione di continuità. In questo modo si ottiene un monitoraggio completo della qualità, lungo tutta la catena di creazione di valore aggiunto. Processi, come pesatura, miscelatura, lavorazione, riempimento, confezionamento e analisi sono costantemente sincronizzati con la gestione qualità tramite il CSB ERP, che registra i passaggi critici in maniera precisa seguendo i checkpoint del sistema HACCP. Gestione di audit e certificazioni con un unico ERP Un sistema di gestione della sicurezza alimentare coerente coi principi HACCP aumenta la fiducia dei clienti. Qualora ci siano degli scostamenti dai parametri prestabiliti, è il gestionale stesso a comunicare automaticamente la non conformità al responsabile della qualità per poter avviare poi le azioni

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Controllo Qualità con dispositivo mobile. correttive. Esistono vari tipi di controlli prescritti dalla normativa in campo alimentare: alcuni sono obbligatori, altri volontari ma necessari per ottenere determinate certificazioni (ad esempio, CO2-Label, Carbon Trust Standard, Halal, Kosher, ecc…). E il possesso di certificazione rappresenta un ingresso privilegiato nel mercato della Grande Distribuzione. In ogni caso, i dati raccolti confluiscono nella Gestione Certificazioni CSB: così facendo il gestionale, in qualsiasi momento, è in grado di fornire tutte le informazioni necessarie sulla struttura organizzativa e i processi aziendali per gli audit e le certificazioni. In questo modo le spese per la gestione dei

certificati si riducono notevolmente e il lavoro si snellisce. Il CSB QM e LIMS garantisce l’adempimento delle più importanti leggi, direttive, norme e standard internazionali come IFS e BRC, senza tralasciare le peculiarità nazionali e l’etichettatura conforme a livello internazionale. In altre parole, si richiede ai fornitori della filiera il rispetto di alcune norme igieniche e di buone prassi nei processi produttivi, valide a garantire un buon livello di sicurezza e di qualità. Sono inoltre compresi il controllo di etichette alimentari, il confronto delle tabelle nutrizionali riportate in etichetta coi risultati analitici ed altri aspetti legati a requisiti specifici.

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Continuo miglioramento dei processi aziendali Con il CSB QM e LIMS è facile individuare i punti deboli dei processi aziendali in qualsiasi area aziendale. Errori e malfunzionamenti rilevati sono eliminati in modo sistematico e secondo regole stabilite. L’inserimento di istruzioni di lavoro standard, istruzioni di controllo qualitative e quantitative, avvisi di allerta e misure di protezione per prodotti e metodi, renderanno i processi aziendali più sicuri ed efficienti, aumentando allo stesso tempo la sicurezza del prodotto. Ricerca e Sviluppo integrato nell’ERP CSB-System In un mondo in continua evoluzione anche l’industria alimentare deve adeguarsi. Il reparto Ricerca & Sviluppo, infatti, riveste un ruolo importante per la crescita e la competitività aziendale. Gli esiti delle analisi e dei test, anch’essi integrati nel CSB ERP tramite QM, saranno determinanti per l’immissione del nuovo prodotto sul mercato. La stampa delle schede tecniche, dei cataloghi fotografici e dei listini di vendita, anch’essi gestiti dall’ERP, contribuiranno al successo del lancio del nuovo prodotto. Non avere un sistema per il controllo qualità significa per un’azienda non avere il controllo sull’efficienza dei propri processi, con il rischio di perdere in termini di competitività. Un sistema informatico affidabile, oltre ad assicurare l’ottimizzazione di risorse e processi, apre alle industrie del settore alimentare anche la possibilità di espansione in nuovi settori di mercato, sia nazionali che esteri.

Il punto di incontro della filiera dei salumi, delle carni e dei piatti pronti Salumi, carni, piatti pronti, prodotti ittici, caseario e le nuove tendenze dei prodotti a base vegetale, il tutto in un ecosistema tecnologico con l’eccellenza in ambito processing, packaging e ingredienti. È MEAT-TECH, in programma a Milano dal 22 al 26 ottobre 2021 (ingresso Ovest, padiglione 15) in concomitanza con due classici dedicati all’eccellenza gastronomica, al retail e all’ospitalità: Tuttofood e HostMilano. MEAT-TECH, per questa edizione speciale, è parte integrante di quello che si può definire a tutti gli effetti il “km dell’innovazione”, dove i visitatori troveranno risposte trasversali alle proprie esigenze in termini di prodotti, tecnologia e soluzioni. ASS.I.CA., partner di MEAT-TECH fin dalla prima edizione, organizza nella giornata d’apertura il workshop “Le nuove disposizioni sui controlli ufficiali degli alimenti e relativi decreti attuativi” che si pone l’obiettivo di assicurare un approccio armonizzato in materia di controlli ufficiali specifici per alimenti e mangimi. Il 26 ottobre il salone ospiterà, in modalità ibrida, l’evento di avvicinamento a Intralogistica Italia sul tema “La catena del freddo nell’intralogistica per l’alimentare” ed il workshop organizzato da ASSOFOODTEC “Vademecum MOCA per macchine alimentari: l’esempio del comparto affettatrici e tritacarni” per approfondire uno degli aspetti di maggior rilievo per l’industria alimentare. Oltre ai momenti e agli eventi che daranno l’avvio ad interessanti riflessioni sui temi chiave di MEAT-TECH, la fiera sarà arricchita dall’area speciale “Innovative Food Experience”, organizzata in collaborazione con HI-FOOD e interamente dedicata alla produzione di alimenti plant-based: uno spazio dove visitatori ed espositori potranno degustare alcuni prototipi, conoscere gli ingredienti naturali innovativi, scoprire soluzioni di processing per alimenti con formulazioni plant-based. Ai contenuti si affianca inoltre per la prima volta “La Fabbrica Sostenibile di MEAT-TECH”, un’area speciale con dimostrazioni live di produzione e confezionamento. La Fabbrica Sostenibile di MEAT-TECH si presenterà a tutti i professionisti in fiera con due eventi al giorno su due linee dal contenuto altamente tecnologico e innovativo: la prima, completamente automatica dal caricamento alla pallettizzazione per la produzione e confezionamento di hamburger, utilizza packaging realizzato con materiale riciclabile, e la seconda dedicata alla trasformazione e confezionamento di tranci a spicchio, ideale per prodotti quali mortadella e formaggi a pasta dura, che vedrà in opera macchine idonee all’utilizzo di film monomateriale totalmente riciclabile. >> Link: www.meat-tech.it

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Casa Mondo: Food asa Mondo: Food di MARTÍ GUIXÉ è un saggio narrativo che parla di cos’è e di cosa rappresenta il cibo nel XXI secolo, proponendo una teoria della relazione tra cibo-casa e nuovi mezzi di fruizione anche alla luce della pandemia che ha trasformato la nostra realtà quotidiana. Inserendosi in una riflessione più ampia sul tema della casa, Casa Mondo: Food mette al centro la cucina e il design del cibo, temi al cui il designer catalano ha sempre dedicato particolare attenzione. Se nel nostro mondo la dimensione virtuale diventa sempre più importante, per Guixé il cibo è una delle poche cose reali rimaste, capace di ridefinire — attraverso sapori, odori, consistenze — il rapporto che il genere umano intrattiene con la natura. Pioniere del food design, Martí Guixé qui raccoglie, in una versione

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ampliata e rivista, testi e disegni originariamente creati per “Casa Mondo”, la prima mostra virtuale del MAXXI, ospitata su Instagram a partire dal giugno 2020. Come osserva DOMITILLA DARDI, co-curatrice della mostra, nel lavoro di Martí “dietro l’apparente elementarità del tratto, si rivela la visione di chi osserva senza filtri, sapendo anche immaginare comportamenti da generare, non privi di quella punta di ironia che mai come in questo momento è indispensabile e vitale”. Casa Mondo: Food è il primo libro della nuova collana Unevaluated Essays, curata da Martí Guixé: 4 uscite all’anno che raccolgono teorie, saggi, ipotesi e previsioni per capire (e per reagire a) questa nuova società del disordine emersa all’inizio del XXI secolo, spaziando dalla politica all’economia, dalla scienza alla cultura, dall’ecologia al cibo, con un focus sul design.

MARTÍ GUIXÉ Casa Mondo: Food Edizioni Corraini, 2021 64 pp. – € 12,00 Lingua: italiano e inglese

Martí Guixé è nato a Barcellona nel 1964. Ha studiato Interior design a Barcellona e Industrial design alla Scuola Politecnica di Design. Vive e lavora “su materia vivente” tra Barcellona e Berlino dedicandosi all’invenzione di “brillanti e semplici idee di una curiosa serietà”; si definisce “ex-designer” e lavora per aziende come Camper, Chupa-Chups, Desigual, Droog Design, Saporiti e Watx. Ha esposto al MoMA di New York, al Design Museum di Londra, al MACBA di Barcellona e al Centre Pompidou di Parigi. Da anni, Martí Guixé sperimenta progettando il cibo. E, sperimentando, anche attraverso i bellissimi libri sul food design editi da Corraini, esercita una funzione critica.

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