INTERVISTE
Lo chiamavano Maesutori
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L’ex lanciatore Alessandro Maestri racconta, assieme a Elio, come il baseball lo ha portato a girare il mondo regalandogli esperienze di vita straordinarie di Daniele Duso
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rent’anni dedicati al baseball, gli ultimi 16 dei quali trascorsi giocando in 18 squadre diverse tra Europa, Nord America, Asia e Oceania, senza dimenticare Europei, Mondiali e World Classic giocati con la maglia azzurra. Ma Alessandro Maestri è molto di più di un atleta di caratura mondiale, come emerge dal libro scritto a quattro mani con Stefano Belisari, alias Elio, di Elio e le Storie tese, “Lo chiamavano Maesutori”, edito da Baldini+Castoldi. L’origine del libro è legata in un certo quale modo alla pandemia, come racconta lo stesso Maestri, ma in realtà ha radici lontane, che proprio Elio ha saputo stimolare. “Si avvicinava la fine della mia carriera e, complice la quarantena, ho pensato che fosse giunto il momento per raccogliere le idee e raccontarmi”, racconta Alessandro Maestri. “Un suggerimento che mi venne proprio da Elio; l’ho conosciuto anni fa negli Stati Uniti, e fu lui che, sentendo alcuni aneddoti delle mie esperienze in giro per il mondo, mi ha subito detto che avrei dovuto scriverne”. Il libro contiene anche dei brani nei quali Elio spiega i fondamentali del baseball, ma principalmente si tratta di una raccolta di aneddoti curiosi, nati dagli incontri che lei ha fatto con culture molto diverse dalla nostra. C’è un episodio che ricorda l’ha colpita più di altri?
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“Sono tutti aneddoti curiosi, non ce n’è uno che spicca tra gli altri. Quelli più divertenti probabilmente sono quelli legati al periodo giapponese, dove ho incontrato una cultura molto diversa dalla nostra. Basti pensare che nei ristoranti dove servono il menù fisso ho visto camerieri andare in crisi e chiedere l’intervento del responsabile se un cliente chiedeva una sola portata con una richiesta che usciva dai loro schemi; questo perché nei ristoranti giapponesi a menù fisso il cliente solitamente mangia tutto. Nel libro ovviamente parlo anche della mia carriera da giocatore, da quando ero bambino fino agli ultimi anni, ma non è un libro scritto per chi gioca e conosce il baseball, piuttosto è una lettura adatta a tutti”. Com’è stato il suo primo approccio con uno sport così poco popolare in Italia come il baseball? “Ho iniziato seguendo mio fratello, che si era iscritto a un corso dopo che una società della zona era andata a fare una dimostrazione pratica ai bambini. Poi mio fratello ha seguito un’altra strada mentre io ho continuato nel baseball”. Si ritiene una persona fortunata? “Ho avuto la fortuna di avere dei buonissimi allenatori, quand’ero un teenager ho incontrato un allenatore americano che mi ha aiutato moltissimo a crescere. Di mio ci ho messo la tenacia, la costanza dell’allenamento, anche se la mia carriera è stata tutta un cadere e rialzarsi di continuo. Ma se avessi avuto più forza a livello mentale sono convinto che avrei potuto fare meglio”. E con altri tipi di gioco invece come se la
cava? Nei vari paesi che ha visitato ha mai fatto qualche esperienza di gioco? “Non direttamente, ma ricordo che negli Usa era molti compagni di squadra andavano a giocare al casino, ma è una cosa che non mi ha mai preso. Come gioco preferisco i videogame”. Non mi dica che gioca baseball anche nel virtuale! “Quando ero ancora un giocatore preferivo rilassarmi con qualche altro gioco, come Pes e FIfa. Ho giocato anche con Call of Duty, ma solo per fare le missioni. Giocare online non mi appassiona”. Tornando allo sport, al suo baseball: che consiglio darebbe a un giovane, oggi? “Direi a tutti di provare più discipline, cambiando di anno in anno, almeno da piccolini. Sono convinto che il multisport sia molto utile, io ad esempio ho fatto pallamano, calcio, calcetto, e ho notato che anche grazie agli altri sport praticati trovi altri movimenti, che poi magari ti tornano utili. Più o meno quello che credo sia il segreto di calciatori come Ibrahimovic: lui, ad esempio, faceva arti marziali da piccolo”. Ora che si è ritirato dal baseball di cosa si occupa? “Ho lanciato un brand di streetware che si chiama Dominate, realizzo prodotti da baseball che ho sempre venduto online. Adesso però ho aperto un negozietto sotto casa dove oltre ai prodotti Dominate vendo anche merchandising delle squadre americane”. E il prossimo libro per quanto lo aspettiamo? “Non penso ce ne sarà un altro”, ride Alessandro Maestri, “anche perché ho raccontato tutto in questo”.