RACCONTI
IL RITORNO di Mira Nati
CAPITOLO 1 Aprii gli occhi in preda al panico. "Possibile che mi devo svegliare sempre con l'ansia?" Pensai, mentre stringevo le coperte fra le mani. Guardai l'ora sul telefono, erano le 18.30. Sbuffai, sentendo la stanchezza appesantirmi le spalle. Mi alzai lentamente dal letto e andai verso il bagno: non appena vidi il mio riflesso allo specchio ebbi l'istinto d'indietreggiare, ma lessi il bigliettino che avevo attaccato allo specchio, anzi che mi aveva costretto ad attaccare mia madre, che recitava: SEI BELLISSIMO. "Si... Come no", pensai, alzando gli occhi al cielo mentre mi lavavo i denti. Avevo venticinque anni e ancora dormivo con le coperte di guerre stellari, portavo gli occhiali e avevo il viso pieno di cicatrici dovute all'acne adolescenziale, quindi bello proprio non lo ero. Uscii dal bagno, andai verso l'armadio, e iniziai a vestirmi. L'uniforme da vigilante notturno non era proprio all’ultimo grido di moda, ma accettabile. Uscii da camera mia e andai al piano di sotto dove c'era mia madre che guardava la televisione sul divano. “Figliolo ma sei bellissimo!” esclamò sorridendo. “Grazie mamma.” mormorai sfoggiando un sorriso di circostanza. “Sei emozionato?” chiese alzandosi dal divano. “Abbastanza” risposi apatico. “Beh mamma io vado se no faccio tardi!” esclamai liquidandola ed uscendo di casa. L'aria di gennaio era freddissima. Quando entrai in macchina, ci mise un po' a riscaldare il motore. Ero diretto a Torre del Lago, dov’ è sepolto il celebre compositore Puccini e dove avrei dovuto passare una notte intera, perché il mio lavoro consisteva nel vigilare la sua casa, da solo. Mio padre era stato un vigilante notturno per tanti anni e adesso toccava a me, al figlio pauroso e ansioso, era palese che non ero per niente adatto Oltre ad essere un vigilante, però, io sono un musicista, studio da quando ho cinque anni pianoforte e adesso sto quasi per laurearmi, quindi l'idea di andare a vigilare la villa di Puccini, per quanto mi faccia paura, al contempo m’ emoziona e mi sento come un eroe. Appena arrivai, erano le 19:55, il capo, un uomo anziano e prossimo alla pensione, mi strinse la mano. “Tu devi essere Andrea, giusto?” chiese strizzando gli occhi per guardare il mio cartellino appeso alla giacca blu. “Sì sono io.” risposi stringendo la sua mano. “Bene, io sono Alfredo,” si presentò a sua volta. “Ammetto che sono contento che ci sia qualche giovane da queste parti! Noi vigilanti siamo tutti vecchi!” esclamò sogghignando sotto i baffi. “Non l'avrei mai detto!” risposi sorridendo e il vecchio rise di gusto. Se prima mi sentivo inadeguato, l’entusiasmo d’Alfredo mi diede coraggio: sono giovane, anche se magrissimo e brutto, ma anche pieno di vitalità per affrontare una notte qui dentro. Entrammo e l'aria di vecchio m’ inondò le narici. Seguii Alfredo e insieme arrivammo in una piccola stanza con le pareti a vetri, munita di un computer degli anni ‘90 e dei monitor collegati alle telecamere che riprendevano gli interni dell’abitazione. “Ci ho passato molti anni qui dentro, credimi, non è male.” disse compiaciuto Alfredo dandomi una pacca sulla spalla. Io annuì timido. “Buon lavoro giovanotto!” disse mentre prendeva la via d’uscita. “Grazie, arrivederci.” risposi per poi vedere la sua figura vecchia e grassa andar via. Iniziai ad osservare meglio la stanza: aveva una grandissima libreria con vari fascicoli datati anno per anno, la scrivania era di legno scuro e dall'aspetto molto vecchio, invece la sedia da scrivania era 45