“Words matter. Truth matters. Accountability matters” di Francesca Oriti
Il 6 gennaio è stato un giorno buio della storia americana, tanto che Hillary Clinton l’ha paragonato all’11 settembre 2001, sostenendo, con una citazione dal 9/11 Commission Report, che entrambi gli atti siano stati causati da “mancanza di immaginazione” (“the most important failure was one of imagination”). Mentre il presidente degli Stati Uniti d’America sobillava i suoi seguaci a lottare con violenza (“to fight like Hell”), alcuni membri repubblicani del Congresso si rifiutavano di accettare i risultati dell’elezione presidenziale; ciò nonostante forse rimaneva difficile immaginare ciò che sarebbe successo e questo è stato il motivo dell’azione notevolmente ritardata della Guardia Nazionale. Colpisce tuttavia che la stessa forza armata non abbia agito con gli stessi ritardi nella difesa del complesso governativo nei confronti dei manifestanti del movimento Black Lives Matter, che non avevano nessuna intenzione di attaccarlo. Nasce da qui il sospetto che questo indugio sia dovuto anche ad un altro elemento, molto più inquietante della mancanza di immaginazione: nei giorni delle proteste per i diritti civili, il presidente uscente Trump non ha esitato a ordinare lo schieramento della Guardia Nazionale in tenuta antisommossa per fare un servizio fotografico, ma ha lungamente esitato a dare lo stesso ordine (è stato convinto dal Vicepresidente uscente Mike Pence) nei confronti di una folla che ha deliberatamente cercato di ostacolare il processo democratico. Forse perché non erano lo stesso tipo di manifestanti, certamente quelli del movimento Black Lives Matter non erano iscritti a sette sostenitrici della supremazia bianca, né 4
esibivano la proditoria bandiera degli Stati Confederati d’America, simbolo di
Foto presa da: https://contropiano.org
opposizione a una democrazia multirazziale. Cosa viene dopo? Ancora non lo sappiamo. C’è tanta paura, tanta codardia, tanta incertezza. La giornata del 6 gennaio non si è conclusa a mezzanotte, ma alle tre e mezza del mattino successivo, quando il vicepresidente uscente Pence ha dichiarato la vittoria elettorale di Joe Biden e Kamala Harris, tuttavia il sangue delle vittime di quel giorno macchia ancora oggi le mani dei responsabili. Le segretarie ai trasporti e all’istruzione hanno lasciato il loro posto all’interno del Governo, un atto che alcuni ritengono frutto del disgusto per gli eventi che hanno fatto tremare Capitol Hill, mentre altri sostengono che sia stato dovuto alla fretta di cancellare il proprio nome dalla lista di chi li ha causati e dalla paura di invocare il famigerato articolo 4 del XXV Emendamento, che ammette la deposizione di un presidente quando ritenuto incapace di