La Pagina Ottobre 2020

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Viviamo in un mondo che cambia

L’UMBRIA CHE NON TI ASPETTI Enrico SQUAZZINI

Ci siamo sentiti raccontare una miriade di volte, altre volte abbiamo avuto occasione di leggere, delle diverse sembianze che il paesaggio umbro aveva nei tempi passati. Abbiamo ascoltato storie del territorio in cui viviamo oggi che ce lo presentavano, per alcuni periodi del passato, coperto dalle acque marine e abitato da gruppi di animali che oggi non ci potrà mai capitare di incontrare poiché scomparsi da tempo immemorabile o, per meglio dire, estinti. Abbiamo anche sentito storie di rinoceronti, iene, felini dai denti a sciabola e tartarughe giganti che si aggiravano per le “nostre campagne” e sulle rive di ampi laghi le cui sponde paludose erano popolate da enormi sequoie alte più di trenta metri. Eppure quei racconti, quelle frasi e le insolite immagini di paesaggi lontani nel tempo sono trascorse quasi completamente senza destare in noi alcun effetto particolare. Come se si fosse trattato dell’ennesima storia che capita di sentire ogni tanto e per la quale si presta un’attenzione superficiale. Una sorta di favola perennemente sospesa fra il fantastico ed il reale, senza mai riuscire a determinare una soluzione definitiva né in un senso né nell’altro. Di fatto, qualcosa che con il tempo sfuma divenendo sempre più evanescente, tendendo a passare inosservata e che, alla fine, si dimentica quasi completamente. Perché? Forse perché nel raccontare queste storie nessuno finora è mai stato in grado di farci comprendere la reale importanza delle fasi evolutive territoriali. Quanto tali condizioni ambientali preistoriche abbiano concorso a plasmare il nostro attuale mondo, dotandolo di tutto ciò che ci è indispensabile per viverci. In quest’ultimo periodo nell’Umbria meridionale ferve un’intensa attività di ricerca scientifica territoriale. Essa è volta al censimento delle paleovalli presenti nelle aree situate nelle zone più elevate dell’Appennino e che testimoniano la presenza di antichi corsi d’acqua. Tutti quei fiumi e torrenti oggi non esistono più, sono estinti, ma sono stati molto attivi in passato nell’erodere profondamente e modellare territori e paesaggi dell’Appennino. Ciò accadeva non molto tempo dopo che le sue aree più elevate fossero emerse dalle acque dell’ultimo antico mare, ovvero durante le prime fasi di sollevamento delle nostre catene montuose. In quelle prime vallate non c’era ancora nessuno a cacciare gli strani animali che pascolavano. Soltanto qualche tempo dopo i nostri antenati arrivarono ad occupare il territorio scegliendosi, mano a mano, le aree più adatte per la caccia ed il sostentamento. E, indirettamente e senza saperlo, fu per noi, che saremo arrivati molto tempo più tardi, che iniziarono ad esplorare e conoscere quel territorio, a valutarne i pericoli e a colonizzarlo. Da queste ricerche scaturisce l’Umbria nuova e sconosciuta. Quella degli ambienti e dei territori che non ti aspetti e che finora non avevamo potuto immaginare perché mai ci eravamo spinti in tal senso. E allora quel territorio che ci avevano detto che era in costante evoluzione, cambia letteralmente sotto i nostri stessi occhi. Si trasforma assumendo antiche sembianze e mostrando aspetti del tutto inattesi. E così la storia diviene non soltanto un’avventura suggestiva ed inaspettatamente emozionante e stupefacente, ma anche un pensiero che si proietta indietro nel tempo ad immaginare gli antichi ambienti e tutte le antiche genti senza un volto che, prima di noi, li hanno occupati e vissuti. Verso la conoscenza sempre più approfondita della nostra terra.

Il Territorio si trasforma assumendo antiche sembianze e mostrando aspetti del tutto inattesi.

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