L'altra faccia della Turchia musulmana Martin van Bruinessen
Fino ai primi anni Novanta del secolo scorso l'unico movimento che si opponeva alla dottrina ufficiale di una Turchia omogenea e monoculturale era quello kurdo. A livello informale ci si definiva armeni, lasi, kurdi o circassi, perché la varietà culturale del paese era ben chiara a tutti. Ma questo non veniva dichiarato apertamente: la maggior parte degli abitanti si definiva ufficialmente turca. Negli anni Settanta i nazionalisti kurdi decisero di cambiare rotta, e nel 1979 un ministro fece scoppiare uno scandalo politico dichiarando pubblicamente di essere kurdo. Il successivo regime militare (1980-1983) cercò di soffocare la resistenza culturale kurda, ma le sue misure repressive sortirono l'effetto opposto, consolidando l'identità della minoranza e procurando un ampio sostegno popolare ai separatisti del PKK. Nel 1990 il governo turco comprese che continuare a imporre l'uniformità culturale avrebbe avuto effetti controproducenti e avrebbe impedito legami piu stretti con l'Europa, dove la protezione delle minoranze culturali era divenuta un tema importante. L'anno successivo, quindi, Ankara abolì la legge che vietava di pubblicare in lingue diverse dal turco. Questa apertura stimolò una certa rinascita delle attività culturali , e non soltanto di quelle kurde. Altre minoranze, come i Lasi e i Circassi, cominciarono a pubblicare libri e riviste. In modo ancora più visibile tornarono a manifestarsi gli aleviti, una minoranza religiosa eterodossa che cominciò a presentarsi come un gruppo etnico. In tutto il paese, così come in tutte le comunità turche emigrate in Europa, nacquero associazioni alevite dove si cominciò a discutere di tradizioni, di storia e di temi identitari. Gli aleviti furono corteggiati sia dal movimento kurdo che dal governo, ognuno dei quali fece il possibile per impedire all'altro di attrarli nella propria orbita. Ma il fatto che in entrambi dominasse la componente sunnita, da sempre ostile agli aleviti, vanificò i loro tentativi. A complicare la situazione contribuì il comportamento della polizia. Nei primi anni Settanta questa era stata oggetto di un'epurazione che aveva allontanato gli elementi di sinistra. Dominata da conservatori sunniti o nazionalisti di destra, la polizia realizzò una violenta repressione degli aleviti, convincendoli che lo stato fosse un nemico anziché un alleato.
Musulmani ma non sunniti
Alevita è un termine generico che indica numerose comunità diverse in termini religiosi e linguistici. I gruppi maggiori sono quattro. Nella provincia orientale di Kars si trovano comunità di scarsa consistenza numerica che parlano turco azero; la loro fede è sostanzialmente analoga all'islamismo sciita iraniano. Gli aleviti arabofoni della Turchia meridionale sono un prolungamento della comunità alawita siriana e non hanno legami storici con gli altri gruppi. Anche questi sono pochi e hanno un rilievo politico minimo. Più importanti sono invece i gruppi turcofoni e kurdofoni. Questi ultimi sono ulteriornente divisi in due gruppi, quelli che parlano il kurdo propriamente detto e quelli che parlano una lingua affine, lo zazaki. La religione alevita, pur avendo certe caratteristiche tipiche di quella musulmana, differisce notevolmente dall'islamismo sunnita. La preghiera e il digiuno durante il Ramadan sono pratiche aliene alla maggior parte delle comunità alevite. Esistono cerimonie proprie, dette cem, officiate dai dede, appartenenti a caste sacerdotali ereditarie. Contrariamente ai sunniti, gli aleviti hanno conservato molti elementi delle religioni preislamiche, come i pellegrinaggi presso sorgenti e montagne. La maggiore concentrazione di turchi aleviti si trova nell'Anatolia centrale, ma esistono anche varie comunità lungo l'intera costa egea e nella Turchia europea. I kurdi aleviti sono invece concentrati nel Kurdistan nordoccidentale, soprattutto a Dersim (in turco Tunceli). Da Gaziantep e Kahraman29