MODA
Da scarti a opportunità, così è in gioco il futuro del settore moda Chiediamo un Regolamento Europeo “End of Waste” sui materiali derivanti dal trattamento e selezione degli scarti tessili
C
he quello tessile, come altri settori manifatturieri, abbia un impatto ambientale significativo è un dato di fatto, a livello europeo infatti occupa la 4° posizione tra quelli che utilizzano più materie prime e acqua dopo il settore alimentare, l’edilizia abitativa e i trasporti e la 5° posizione per quanto riguarda le emissioni di gas a effetto serra, coerentemente lo è anche il desiderio del consumatore di avere prodotti più sostenibili, questo, come già accennato nell’articolo “il fast fashion non va più di moda” del nostro numero 4/2020 di Imprese e Territorio, a beneficio di aziende made in Italy come quelle del nostro distretto. Le recenti elezioni di Biden e la volontà di rientrare negli accordi sul clima di Parigi riporterà senza dubbio un maggiore interesse del pubblico e del privato sulle tematiche ambientali, in quest’ottica questo la Commissione Europea ha recentemente pubblicato la Roadmap per la futura strategia dell'UE per il settore tessile, avviando la prima fase della consultazione pubblica. La strategia mira a favorire il passaggio verso un'economia circolare e climaticamente neutra, in cui i prodotti sono progettati per essere più durevoli, riutilizzabili, riparabili, Francesco Po Referente categoria moda
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n° 01 - 2021
riciclabili ed efficienti sotto il profilo energetico. In particolare l’UE si pone di: • definire gli obiettivi per aumentare significativamente gli sforzi di riutilizzo e riciclaggio, • garantire l'uso di materie prime secondarie, • combattere la presenza di sostanze chimiche pericolose, • migliorare la tracciabilità e la trasparenza, • orientare gli investimenti verso la ricerca e l'innovazione. In Italia nel 2018 (ultimi dati disponibili) sono state raccolte circa 146.000 tonnellate di rifiuti tessili mediante raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Il 3% dei quantitativi raccolti, circa 3.000 tonnellate, sono stati avviati a smaltimento in discarica mentre circa 100.000 tonnellate (68%) sono state avviate al riutilizzo di indumenti, scarpe e accessori di abbigliamento, per reimmetterli nei cicli di consumo. La frazione non adatta al riuso costituita da 43.000 tonnellate (29%) è stata avviata alla produzione di pezzame industriale o a rifilatura, cardatura e sfilacciamento delle fibre, finalizzata al reimpiego per produrre nuovo tessuto o altri prodotti. Ed
è proprio su questi ultimi materiali che si riscontra un forte interesse da parte dei mercati internazionali, finalizzato al loro impiego nel campo della moda e dell’arredamento. In Italia, prima che nel resto d’Europa, tali quantitativi sono destinati ad aumentare considerevolmente in tempi brevissimi. Infatti, se il pacchetto di Direttive europee sull’Economia circolare dispone che ogni Stato membro debba istituire l’obbligo per la raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il 1° gennaio 2025, il legislatore italiano, nel decreto di recepimento, ha anticipato tale obbligo al 1°gennaio 2022. È quindi evidente che le frazioni destinate al riuso e al reimpiego per nuovi prodotti subiranno un notevole incremento che può essere gestito creando opportunità di investimento per impianti di trattamento, posti di lavoro “green” e riducendo l’impatto ambientale. Affinché il reimpiego degli scarti per produrre nuovo tessuto e nuovi prodotti possa affermarsi in pieno è necessaria l’adozione di una normativa End of Waste per questi materiali e la diffusione del concetto di eco-design che spinga i designer a prevedere l’uso di materie prime riciclate e a semplificare le 059 893 111 francesco.po@lapam.eu