Lungarno n. 87 - settembre 2020

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Abbattiamo il Ponte Vespucci? di Daniele Pasquini illustrazione di BUE2530

L’

abbattimento della statua di Cristoforo Colombo a Baltimora dovrebbe farci pensare. Qualcuno ha parlato di “furia iconoclasta”, ma le cose sono più complesse. Perché è stata tirata giù? In sintesi, perché celebrare Colombo significa celebrare la scoperta dell’America da parte degli europei, una terra che in realtà stava già lì da qualche decina di migliaia di anni. Vuol dire scordare lo sterminio dei nativi e la deportazione di schiavi africani. Significa dimenticare il prezzo di quel momento storico, le ingiustizie che ne sono seguite e che non si sono esaurite. Se hanno tirato giù Colombo, la cosa riguarda da vicino anche noi. Perché si sa, i fiorentini si vantano spesso di aver inventato quasi tutto: la prospettiva, il gelato, l’orologio a molla, il Negroni e anche i baci con la lingua. Tra le varie cose, ovviamente Firenze può bearsi di aver battezzato l’America, con Amerigo Vespucci. Fiorentino di nobile famiglia, navigatore, fu lui il primo ad accorgersi nel 1501 che quel continente non era l’Asia ma la “quarta parte della Terra”, convertendo così la botta di culo di Colombo in un evento veramente storico. Ma allora, viene da chiedersi, abbattiamo il Ponte Vespucci? Gli cambiamo il nome? Beh, va detto che una volta traversato l’Arno ci sarebbe da vergognarsi pure di Lungarno Soderini, visto che Pier Soderini, gonfaloniere prima del ritorno dei Medici, battagliò con Pisa e qualche morto sulla coscienza dovrebbe averlo. Poi per lasciare il centro e salire sulle colline d’Oltrarno scansando tutte le tracce di violenza, forse sarebbe meglio prendere in seria considerazione il progetto di funicolare che dovrebbe collegare Piazza Pitti (anche i Pitti ebbero diversi guerrafondai in famiglia) al Forte di Belvedere (fortezza medicea, non certo un’oasi di pace), evitando tra l’altro la fatica delle salite per luoghi atroci quali Costa San Giorgio (Santo, sì, ma uccisore di draghi: il WWF non può non condannare il gesto).

Insomma, a voler fare le cose per bene ci sarebbe da abbattere mezza città. Si potrebbe salvare il David: accettabile la storia del giovinetto che trionfa contro il bruto Golia, ma sarebbe opportuno far sparire la fionda. Il progetto avrebbe delle complicazioni, vuoi per la mole di lavoro, vuoi per la burocrazia. La Soprintendenza tutela l’Artemio Franchi (nonostante gli echi fascisti!), vuoi che non si opponga a rifare da capo Firenze? Ma il gioco dei paradossi – perché di questo si tratta – a questo punto ha stufato. La questione dei monumenti è una cosa molto seria. Con l’arte e i manufatti che rimandano a processi storici “conclusi”, riusciamo facilmente a risolvere la cosa. L’arte va preservata, è ovvio. Nessuno si sogna di mettere in discussione le piramidi, seppur innalzate da schiavi, né il Colosseo, dove i gladiatori venivano fatti morire per gioco. Nel corso degli anni il giudizio si evolve e matura: oggi possiamo dire che Cristoforo Colombo non era un criminale, ma anche che abbattere una mediocre statua ha un enorme potere simbolico, in questo tempo. Il rispetto per un bronzo di poco conto non può superare quello per i diritti di chi è discriminato oggi. Tra decoro e giustizia, non può vincere il primo. “Eh, ma va contestualizzato”. Certo, ma contestualizzare non significa giustificare, ma comprendere in relazione al tempo e allo spazio. Non si tratta di cancellare la storia, ma di far sì che la verità trionfi sulla retorica. Gianni Rodari – non proprio un pericoloso eversivo – scrisse a proposito dei motti fascisti su celebri monumenti romani: “si vogliono lasciare le scritte mussoliniane? Va bene. Ma siano adeguatamente completate. Lo spazio, sui bianchi marmi del Foro Italico, non manca. Abbiamo buoni scrittori per dettare il seguito di quelle epigrafi e valenti artigiani per incidere le aggiunte”. Lunga vita al Vespucci, ai “Viva Fiorenza” e all’orgoglio che ci ha portato in dote la storia. Ma se Firenze vale quanto dice di valere, il Ponte Vespucci potrebbe dedicarlo a Idy Diene, che lì nel 2018 fu ucciso: Vespucci ha già un aeroporto, anche se piccino, e un continente intero. Facciamo un po’ per uno?

Insomma, a voler fare le cose per bene ci sarebbe da abbattere mezza città

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