Lungarno n.90 - dicembre 2020

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Emma Nolde Lavorare con lentezza di Leonardo Cianfanelli

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opo aver impressionato pubblico e critica al Rock Contest 2019, la ventenne empolese Emma Nolde è da poco uscita con “Toccaterra”, il suo debutto solista sull'etichett(on)a Woodworm/Polydor. Ne parliamo con lei in un piacevole scambio di email dove si evince facilmente quanto sia già a fuoco il suo progetto. Da qualche parte ho letto che hai iniziato a scrivere canzoni a quindici anni in inglese, per poi passare alla nostra lingua. Cosa significa per te cantare in italiano? “Significa prima di tutto, esprimersi con una lingua che è la mia. Di conseguenza avere a che fare con l'italiano che ti sfida costantemente in termini musicalità, tante troppe vocali. Infatti è perfetto per la lirica. Grazie a realtà finalmente fresche però la nostra lingua sta riscoprendo nuova vita e nuovi portamenti: ce n’era bisogno”. Nella tua musica si mescola vecchio e nuovo, in uno stile personale e maturo. Cosa ascolta solitamente Emma Nolde? “Non ascolto troppa musica, tanta, però

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non in modo compulsivo. Mi piacciono tanto Bon Iver, Radiohead, Niccolò Fabi e Jack Garratt, ma anche Kendrik Lamar e Hiatus Kayote”. Come a te e al tuo progetto, quella "santissima" realtà chiamata Rock Contest ha portato fortuna anche ai Manitoba, che sono recentemente approdati al grande pubblico grazie a X Factor. Che opinione hai dei talent? “Io ho l’opinione, ormai condivisa dalla maggior parte delle persone, che i talent non abbiano niente a che vedere col fare musica. Il problema è che spesso chi concorre non ne è così consapevole, spesso i più piccoli, che sono più facilmente condizionabili. Io stessa quando avevo quindici anni aspettavo di compierne sedici per poter andare a X Factor o Amici. Fortunatamente vivendo la musica per com’è, quindi: il carico e lo scarico degli strumenti, le sale prova, i jack che all’improvviso non funzionano più, e soprattutto, conoscendo da vicino le storie di persone che hanno raggiunto i propri obiettivi con il tempo, e tante altre storie invece di persone rimaste

psicologicamente segnate dall’esperienza talent, ho fatto le mie riflessioni. Detto questo, è una vetrina importante, se sei pronto puoi ricavare il meglio da quell’esperienza così distante rispetto a quello che la musica è veramente”. Nonostante la giovanissima età, hai già una struttura consolidata alle tue spalle (etichetta, booking, ufficio stampa, management). Che consiglio ti senti di dare a tutti quegli esordienti che stanno iniziando ad approcciarsi al mondo misterioso della discografia? “Che non ci sono regole e che quindi la scelta migliore è ascoltarsi e fare ciò che ci fa stare bene. La troppa libertà spesso fa paura quindi non prendetevi troppo sul serio, datevi modo di sbagliare e non abbiate mai fretta. La chiave, come in tutte le cose, è non restare in superficie e questo richiede sbagli e tempo. Ma per fare questo in realtà basta essere innamoratissimi. (E poi suonate tanto, in qualsiasi localino, e il giorno dopo postate il video fatto dal vostro migliore amico su Facebook)”.

La nostra lingua sta riscoprendo una nuova vita


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