Le vittorie di Martina Trevisan di Gabriele Giustini
Q La sua vita in miniatura concentrata in ogni momento difficile di un match
uel che è accaduto a Martina Trevisan in occasione di quest’ultimo ed alienante Roland Garros ha sì qualcosa di incredibile. Ma, forse, è tutto quel che è successo prima, che ha condotto Martina sino a quel punto. E se, come in una delle frasi più celebri in Open di Agassi, “ogni partita di tennis è una vita in miniatura”, nel caso di Martina, non osiamo pensare come lavori la sua psiche durante un match. Martina Trevisan è nata a Firenze 27 anni fa, ha un fratello di qualche anno più grande, anche lui tennista e molto bravo. Solo che Martina ha qualcosa in più e, da junior, già competeva negli slam di categoria. Il passo successivo sarebbe quello tra i grandi e, a scanso di equivoci, chi arriva a quei livelli, diciamo tra la posizione 100 e 150, è un fenomeno. Questo è bene chiarirlo, perché il rapporto tra chi arriva in cima a questa montagna e praticanti, è palesemente sfavorevole. E, sempre a scanso di equivoci, chi non arriva lassù, ha spesso i conti in rosso. Avere sedici anni però è complicato e, se non sei circondata da armonia e comprensione, crolli. Soprattutto nello “sport inventato dal diavolo”, come dice Panatta.
Il crollo portò all’anoressia e ci sono voluti anni di terapia psicologica per uscirne. Ripartire e ritrovare gli stimoli dopo quattro anni non è stato uno scherzo. Dopo aver ripreso la racchetta in mano come maestra, ci ha riprovato. Siamo nel 2014, circuito ITF, minore rispetto ai WTA e agli Slam. Piano piano, fra alti e bassi, Martina recupera quel ranking che le consente di iscriversi ai tornei più importanti. Quest’anno la svolta con la prima qualificazione slam, agli Australian Open, battendo la Bouchard. Lo sport del diavolo può darti molto quando sei in fiducia e arriva l’exploit al Roland Garros. Tre turni di qualificazioni, il derby con la Giorgi e prima vittoria in un tabellone principale. La fiducia che cresce, il pugnetto a ogni punto vinto e la consapevolezza delle proprie qualità a ogni punto perso che, adesso è solo un colpo sbagliato andrà meglio il prossimo. E poi in fila Gauff, Sakkari, Bertens (numero cinque del tabellone), fino alla sconfitta nei quarti contro Iga Swiatek, poi vincitrice del torneo. Sappiamo quanto la mente, in questo sport particolarmente, sia decisiva. Soprattutto a questi livelli, quando la differenza è minima e si vince per un dettaglio. Ecco, quel dettaglio è stato il percorso di Martina, la sua vita in miniatura concentrata in ogni momento difficile di un match. Il dettaglio che è la risorsa per uscirne, ed emozionarci.
SIPARIO di Tommaso Chimenti
Cosa non ve�remo, quel che non sarà sul pa�co
C
ome in un brutto deja vù siamo ancora qui a nominare gli stessi hashtag, #quarantena e #lockdown, a ripiombare nell'incubo della chiusura. Stavolta Conte e soci non lo chiamano lockdown ma in definitiva che cos'è? Ristoranti e bar, teatri e cinema serrati e non poter uscire dal proprio comune. Quanta bellezza ci siamo persi? Quanta ne stiamo perdendo e quanta ne perderemo ancora, non è dato saperlo. E ricominciare, stavolta, sarà ancora più duro della volta precedente, quando eravamo ingenui e neofiti. Ora, più scafati e soprattutto disillusi che “Andrà tutto bene” erano solo parole dei soliti ottimisti che buttano fumo e fango per non guardare in faccia la realtà. E allora facciamo il gioco del non, del non andrò, del non vedrò, del non assisterò, del non applaudirò.
E la vita, quella quotidiana e quella di spettatore, peggiora innegabilmente. A oggi, mentre scriviamo, il DPCM ci dice che fino al 3 dicembre le condizioni saranno queste; unica soluzione (che poi una soluzione non è): uscire il meno possibile. Se qualcosa riaprirà saranno i negozi per far strisciare le carte per i regali di Natale: a proposito, chi ne avrà voglia di Re Magi e pacchetti, di abeti e di canzoncine ebeti? Al Teatro di Rifredi perderemo Lorenzo Baglioni con “Chiacchiere e canzoni” come, crediamo, “I promessi Sposi” (che doveva essere dal 10 al 13) dell'accoppiata Masella-Savelli. Al Teatro Puccini non vedremo Drusilla né Roberto Latini, né Alessandro Benvenuti né Ascanio Celestini. Al Teatro della Pergola sono saltati i Dubliners. Una strage esistenziale, una tragedia cul-
turale, economica di tutto un comparto, di una Nazione, del nostro Continente, del Primo Mondo soprattutto. Un azzeramento dal quale rialzarsi sarà veramente complicato. Una perdita colossale, gigantesca anche per chi non è mai entrato in un teatro, anche per chi non ha intenzione di entrarvi. Il 2020 annus orribilis, un anno perduto che ha falcidiato, distrutto, cancellato. Il vaccino del 2021 non ristabilirà le cose, non farà giustizia, non ci farà tornare alla situazione precedente.
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