Lungarno n.90 - dicembre 2020

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TRADIZIONI FIORENTINE di Riccardo Morandi

Il budino di riso

F

La voglia di fare impresa non si ferma

di Raffaella Galamini foto BadaMù

L’

emergenza Covid non ferma le nuove aperture a Firenze. A dispetto della crisi c’è chi continua a investire in una nuova attività e, al tempo stesso, promuove il suo territorio e fa rete per un effetto benefico a cascata su tutta l’economia di zona. È il caso di BadaMù (Bada che Mugello), iniziativa nata durante lo scorso lockdown. Un gruppo di sei amici: Virginia, Susanna, Silvia, Dario, Giancarlo e Martina con competenze diverse (comunicazione, antropologia, grafica e fotografia) si sono uniti insieme per far conoscere le aziende di un territorio, il Mugello, che di km 0 e sostenibilità sta facendo una bandiera da tempo. BadaMù organizza eventi e iniziative per conoscere sul campo queste realtà: così i partecipanti assistono alla preparazione dei formaggi in fattoria, raccolgono la canapa tessile o vanno a vendemmiare in un’azienda di vini naturali. Inoltre promuove queste

realtà locali d’eccellenza, spesso a conduzione familiare, sul web e sui social. I primi eventi hanno avuto grande successo e i ragazzi stanno pianificando altre iniziative per allargare il campo d’azione. BadaMù è sui social www.facebook.com/BadaMugello, www.instagram.com/bada.mu e presto anche su www.badamu.it. Anche a Firenze, dove la crisi si sente tra mancanza di turisti e uffici semi-deserti causa smartworking, i giovani stanno rispondendo con spirito imprenditoriale e una buona dose di coraggio. Monica Roshan, indiana naturalizzata fiorentina, ha aperto la sua bottega di gioielli, oro e pietre preziose Firenze Forever a Ponte Vecchio. Un modo, il suo, per guardare al futuro ed esorcizzare la paura. In viale Fratelli Rosselli è arrivato Gusto Dim Sum di Lapo Bandinelli e Liu Xinge, un ristorante take away per chi ama la cucina etnica e soprattutto i ravioli gourmet. Infine a Firenze sud l’esempio della caffetteria alimentari Da Fernando, la dispensa di Villamagna: una bottega di paese avviata dal trentenne pieno di entusiasmo Alessandro Trivigno.

Da BadaMù alla Dispensa di Villamagna

ermi tutti, continuate pure a leggere: questa non è la rubrica di cucina di Lungarno, anzi. Qua si parla di accezioni tipiche, di contrasti. E infatti il soggetto della storia riguarda una rottura. Perché, come già narrato nelle altre rubriche, Firenze è fatta di diatribe, polemiche, epiteti, e ovviamente divisioni. Qua la questione è fatta in primis su chi conosce questo splendido pasticcino da colazione denominato budino di riso, ed in secundis, su chi lo preferisce alto o basso. Chi non lo conosce, altresì detto “il forestiero”, è condonato in caso di errore, dalla pena peggiore che un fiorentino può dare a suo ospite, ovvero la scossa di capo e il sorrisino ironico. Chi conosce il budino di riso, e preferisce il basso è tacciato quasi di inadempienza alla cittadinanza. Non staremo in questa sede a descrivere il prodotto (ve lo cercate o ve lo assaggiate), e neppure a rispondere al solito #sentimentoErasmus che ricorda che in Portogallo esiste una roba simile detta Pastéis de Belém. La questione qua è divisiva, non portoghese, ed è ovviamente più importante del far conoscere questo ottimo prodotto ai neofiti della nostra città. Il consiglio della rubrica è di chiederlo ovviamente sempre alto, almeno la prima volta, almeno davanti a qualcuno che ve l’ha fatto scoprire. Poi, di nascosto, potete fare quello che volete. Anche pucciare una Macina nel VinSanto. Dimenticavamo: quando andate (andrete) a pagare il conto alla cassa non usate espressioni definite e italiane. Pagate “un pezzo dolce”. Sarete d’incanto trattati come fiorentini da otto generazioni, e non domandatevi per quale strano motivo lessicale un pasticcino venga chiamato “pezzo dolce”. Misteri di Firenze, misteri del budino.

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