Riflessioni, conclusioni e prospettive future In base ai risultati preliminari ottenuti dai questionari distribuiti alle pazienti incluse nel progetto HerHome presso l’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, è possibile concludere che la maggioranza delle donne preferisce la somministrazione in setting extraospedaliero (domiciliare), con conseguente miglioramento della quality-of-life (QoL), seppur non statisticamente significativa a causa dell’ancora esigua entità campionaria. In ogni caso, sulla base della letteratura disponibile, gli esiti di QoL, nonché gli outcomes di efficacia e sicurezza risultano incoraggianti. La recente esperienza di Varese [Chini C. et al, 2020] ha dimostrato che il tasso di ospedalizzazione dei pazienti oncologici in cura extraospedaliera (domiciliare) è inferiore rispetto ai dati effettivamente attesi, confermando la validità di tale modalità assistenziale. Inoltre, ha attestato un elevato grado di soddisfazione e compliance da parte degli assistiti. Il cancro è oggi riconosciuto come una patologia cronica trattabile e, in quanto tale, il discorso sulla compliance e/o aderenza alle terapie è di fondamentale importanza. Le cause di una scarsa aderenza terapeutica sono riconducibili alla complessità di alcuni regimi (es. numero di farmaci e frequenza di somministrazione), ma anche dalla necessità di apportare modifiche al proprio stile di vita per assecondare una raccomandazione clinica [George J et al, 2007]. Il primo motivo di fallimento delle cure può essere contrastato attraverso una comunicazione più efficace da parte del medico o del professionista sanitario circa l’importanza dell’aderenza. La somministrazione di trastuzumab SC in setting extraospedaliero (domiciliare) dovrebbe essere presa in considerazione per ottenere risparmi da parte del Servizio Sanitario Nazionale. La diffusione del servizio HerHome tra le pazienti eleggibili affette da cancro al seno consentirebbe, alla luce dei risultati emersi nella presente analisi, un potenziale risparmio in termini di costi indiretti associabili all’erogazione della terapia. La perdita di produttività/paziente, sulla base dei calcoli preliminari condotti nel presente studio, risulta essere pari in media a 4,57 ore/die per il trattamento in setting ospedaliero. Tale risultato, pesato per la popolazione eleggibile (1.859), porterebbe ad una stima complessiva pari a €747,05/terapia. Considerando il costo/orario di perdita di produttività/paziente (€11,68), in caso di abbattimento delle ore destinate all’erogazione della terapia da parte del lavoratore/caregiver, l’introduzione di HerHome comporterebbe un risparmio annuale in termini di costi indiretti, nello scenario ottimale, pari a -€ 831.512,26, pari a -€ 447,29 per singolo paziente. Queste stime necessitano di essere integrate con una valutazione dei costi diretti che l’assistenza extraospedaliera (domiciliare) inevitabilmente potrebbe comportare. Il momento storico attuale, caratterizzato da una situazione emergenziale pandemica da COVID-19, rappresenta una spinta ulteriore a favore di tale modalità assistenziale. In effetti, nel corso dell’ultimo anno, al fine di ridurre la probabilità di rischio di contrarre il virus, le visite mediche ritenute non urgenti sono state annullate e/o differite. Pertanto, il trasferimento di alcune terapie al domicilio ha comportato e può comportare dei benefici sia in termini organizzativi (es. minor flusso di persone in ospedale ecc.) sia in termini di sicurezza (es. riduzione contatti e spostamenti per motivi di salute reputati non improrogabili).
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