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PREFAZIONE E FU SUBITO CIV di Sabrina Orlandi
Lui era un papavero alto alto e non è che nel 2001 io fossi ancora piccolina, ma tornare dalle vacanze e trovarsi lì davanti Gianfranco Civolani in persona un po’ di soggezione addosso te la mette. Eravamo negli studi di èTV-Rete7 e per Gianfranco, che veniva da Telesanterno, era la prima volta nella sua nuova casa. Il passaggio era avvenuto grazie alla mediazione di Christian Pavani, che oggi è presidente della Fortitudo basket ma allora era un manager televisivo. «Allora cara Sabri – attacca lui – non sopporto vallette, veline e portaborse in genere. Io preferisco fare il solista ma se accetto di lavorare in due o in tre o in cinquanta, siamo tutti uguali. Tutti giornalisti, intendo.» Quindi faccio la giornalista dei miei anni e, accorciando tempi e modi, gli rispondo sorridente: «Ottimo Civ, grazie!». Civ, appunto. Era il suo secondo soprannome, più corto del primo, che fino ad allora, per più di quarant’anni, era stato “Civola”. Gli dev’essere suonato bene e ha lasciato che lo chiamassi così in tv, prima che fossero in chissà quanti a salutarlo come Civ. Era certo: il Civ sarebbe diventato il bastone della mia giovinezza. Il giornalista senza complimenti, a meno che non fossero per lui. È stato facile fare accettare le sue sentenze scolpite nella roccia: quando siamo diventati per la prima volta una coppia in tv, lui aveva già scritto di tutto e di più per una quarantina di anni. Calcio e basket, atletica e pugilato, non c’era sport che il Civ non conoscesse, non aveva opinione che fondasse sull’impressione o sullo stato d’animo, ma sempre sull’esperienza, su quel sapere e sentire da giornali-