Bartolo Nigrisoli IL CHIRURGO CONTRO IL DELIRIO FASCISTA
Bartolo Nigrisoli è l’unico professore dell’università di Bologna che nel 1931 non giurò fedeltà al fascismo. Fu cacciato dalla cattedra. Come undici colleghi su 1295 in Italia. Esempio per quelli che sono venuti e verranno, contro tutti i pericoli, le vigliaccherie, le carognate. Non amava le celebrazioni. Nessuno lo ha ricordato per i 70 anni dalla morte, quando pur molto si parlava (a proposito e non) di fascismo, figurati i 160 dalla nascita. L’ultima a onorarlo è stata l’Associazione Nazionale Partigiani. È stato uno dei maestri della Chirurgia, ha fondato una clinica famosa che porta il suo nome. A lui è dedicato il piazzale dell’ospedale Maggiore. Imola gli ha intitolato una strada. Dal collegio all’università aveva fatto di testa sua. «Negligentissimo», si racconta. Nel 1925, insieme ad altri sette bolognesi, aveva firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, dopo aver rifiutato, l’anno prima, la nomina mussoliniana a senatore. «Non ne voglio sapere, prima perché non ho meriti, poi perché ho idee diverse in tutto da quelle dominanti», rispose al sacerdote mandatogli come ambasciatore, «giacché aveva grande entratura nelle cose pubbliche, specie in quelle tra chiesa e fascismo». Il 1925, dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, è l’anno delle leggi speciali con cui Mussolini abolì il Parlamento, i par13