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Petroliera Xelo affondata al largo della Tunisia: interviene anche la Difesa italiana In seguito al naufragio della petroiera Xelo, che nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 aprile è affondata nel Golfo di Gabes, di fronte alla costa sudorientale della Tunisia, con 750 tonnellate di gasolio, la Difesa italiana, su richiesta delle autorità di Tunisi, ha approntato e reso disponibile un contributo nazionale al fine di fornire supporto alle attività di sorveglianza e monitoraggio di eventuali sversamenti in mare di idrocarburi. In particolare, sono stati posti in stato di allerta mezzi aeronavali della Marina Militare, unitamente ai pattugliatori Vega e Orione. A bordo del pattugliatore Vega operava un team subacquei del COMSUBIN, dotato di drone subacqueo e di capacità di verifica dello stato del relitto, adagiato su un fondale di 15 metri e a circa 3 miglia nautiche dalla costa tunisina. Nave Vega era già impiegata per svolgere una missione di vigilanza marittima e vigilanza pesca nelle acque a sud della Sicilia. Il pattugliatore Orione è stato posto in stato di allerta unitamente a un velivolo da pattugliamento marittimo P72, in grado di monitorare l’area e individuare eventuali sversamenti di idrocarburi con sensori elettronici e all’infrarosso. La situazione è stata costantemente monitorata dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI). Nell’ambito delle proprie funzioni istituzionali, la Difesa, tramite la Marina Militare, contribuisce alla lotta all’inquinamento marino in cooperazione con altri enti, dicasteri e agenzie nazionali.
i pattugliatori possiedono capacità di riduzione/diminuzione dell’agente inquinante, recuperando meccanicamente l’idrocarburo utilizzando un particolare sistema detto discoil, e di dispersione, utilizzando dei solventi tensioattivi che trasformano la macchia di sostanza inquinante in minutissime gocce, favorendo così il processo di ossidazione e biodegradazione dell’idrocarburo. Queste navi sono inoltre in grado di fornire supporto a unità navali con incendi a bordo, per mezzo di “cannoncini del sistema navi assistite”, in grado di erogare un getto di schiuma estinguente ad alta pressione. Questi particolari pattugliatori sono anche equipaggiati di un laboratorio di analisi che consente a specialisti del settore, eventualmente imbarcati in caso di intervento in mare, di effettuare il campionamento e l’analisi speditiva di campioni di acqua contaminata da idrocarburi, necessari a stabilire le migliori modalità d’azione. Nel corso della loro ormai lunga vita operativa, le navi militari delle Classi Costellazioni sono intervenute con le proprie capacità antinquinamento in diversi eventi, tra questi possiamo annoverare quello avvenuto nell’aprile del 1991 a seguito dell’incidente della petroliera “Haven” nel mar Ligure poco lontano da Genova, quello in occasione della disastrosa collisione del traghetto “Moby Prince” con la petroliera ”Agip Abruzzo” nelle acque antistanti il porto di Livorno sempre nel mese di aprile 1991, l’emergenza ambientale causata dallo sversamento di petrolio nel fiume Lambro (Lombardia) nel febbraio 2010 e l’intervento di rimozione del relitto della nave da crociera Costa Concordia nel 2014. La capacità dei pattugliatori della Marina Militare nello specifico settore della lotta all’inquinamento marino è riconosciuta, a livello nazionale, con accordi di cooperazione con Dicasteri, Enti e Istituti impegnati nella ricerca e contrasto all’inquinamento marino quali, ad esempio, il Ministero della Transazione Ecologica, l’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), il Consiglio Nazionale Ricerche (CNR) e diverse Università sul territorio, ma anche a livello internazionale, come dimostra la sigla di diversi accordi tra i quali riveste una particolare rilevanza l’accordo RAMOGE, siglato con Francia e Principato di Monaco. Tale accordo prevede, oltre ad un’attività di prevenzione e lotta all’inquinamento marino, anche un monitoraggio ambientale, fondamentale per il mantenimento della salute dei nostri