Febbraio 2022

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Il valore dell’esperienza | FEBBRAIO 2022 | Anno XLIV - n.2 - € 2,50 I.P.

INCHIESTA

Rallentare l’invecchiamento? È possibile, ma solo a certe condizioni. Perché conta la genetica ma anche lo stile di vita SOCIETÀ L’Italia e il suo difficile “inverno demografico” Le misure da attuare per ridurre la denatalità

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ATTUALITÀ Quando il gioco si trasforma in malattia In aumento gli over 50 affetti da ludopatia

INTERVISTA Le diverse vite di Giacomo Poretti Infermiere un po’ per caso, comico per passione

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50&Più il valore dell’esperienza

Sommario

Mensile di attualità e cultura di 50&Più Sistema Associativo e di Servizi

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Anno XLIV - n. 2 - febbraio 2022

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Sfoglia la rivista sul tuo dispositivo. Visita il sito: www.spazio50.org Per contattare la Redazione scrivere a: redazione@50epiu.it Diritto individuale e responsabilità collettiva

Carlo Sangalli

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Anna Maria Melloni

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Dario De Felicis

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Denatalità, le contromisure da adottare

Annarita D’Agostino

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Islanda, la settimana corta? Un successo

Romina Vinci

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Nostalgia, un sentimento da rivalutare

Anna Costalunga

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Sanzia Milesi

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Giuseppe Cionti

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Valerio Maria Urru

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Luca Giustinelli

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Alessandra De Feo

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I giovani di oggi saranno gli adulti di domani

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di G. Valdannini

L’AGROALIMENTARE A RISCHIO FRODE

Il nostro patrimonio agroalimentare deve lottare contro il fenomeno della contraffazione, che genera ingenti danni all’economia.

In questo numero Periscopio, notizie dal mondo

Il difficile “mestiere” dei nonni Se il gioco d’azzardo diventa patologia Tecnologia e dintorni Previdenza Fisco

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Sulle ali della creatività

Il tempo scorre... Ma vivere più a lungo si può

Dopo le Farfalle, al Concorso 50&Più, arrivano le Libellule. Un altro riconoscimento al talento di Stefano Leoni

di G. Vecchiotti, I. Romano, G. Dall’Ongaro, A. Vallardi, A. Costalunga Gianrico e Giorgia Carofiglio

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Lidia Ravera

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Marco Trabucchi

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Effetto Terra

Francesca Santolini

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Lettere al Direttore

Giovanna Vecchiotti

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Il Terzo Tempo Anni possibili

di S. Maccari

LE MASCHERE LUNGO LO STIVALE

I costumi carnevaleschi della nostra tradizione hanno origini lontane e affondano nella storia di ogni regione di provenienza.

Niente ricette segrete, solo sani stili di vita e qualche gene “amico”

Rubriche La forma delle nuvole

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di G. Zinno

AYRTON SENNA, EROE NEL VENTO

A quasi trent’anni dalla tragica morte in gara, il suo mito di mago della velocità, implacabile “esploratore del limite” è più vivo che mai. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Intervista Giacomo Poretti Un passato da metalmeccanico e infermiere. Oggi, comico affermato

Direttore Editoriale Anna Maria Melloni @ am.melloni@50epiu.it

R. Carabini 30

Direttore Responsabile Giovanna Vecchiotti @ g.vecchiotti@50epiu.it Design Massimo Cervoni @ m.cervoni@50epiu.it Editoriale 50&Più Srl Amministratori Antonio Fanucchi (Presidente) Giuseppina Belardinelli Franco Bonini Antonino Frattagli Brigida Gallinaro Procuratore Gabriele Sampaolo

Scienze Utero, l’importanza degli screening

a cura di Fond. U. Veronesi

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di Viviana Rubini

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Più energia con lo yoga delle mani

69 Per la menopausa, gli ormoni bioidentici Un valido aiuto per contrastare la fastidiosa sintomatologia

Cultura e tempo libero I Viaggi di 50&Più

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Libri, Arte, Teatro, Musica, Cinema

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Vivere in Armonia

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Giochi

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Bacheca

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Bazar

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Credit foto: Agf, Contrasto, Masterfile, Shutterstock, Antonio Barella, ©Alessandro Carofiglio, Sanzia Milesi. Shutterstock: canadianPhotographer56, Pimen. Foto di copertina: Shutterstock. Illustrazioni: Enrico Riposati. Per posta: Via del Melangolo, 26 - 00186 Roma Per telefono: 06.68134552 - Per fax: 06.6872597 m@il: redazione@50epiu.it Per il pagamento effettuare i versamenti sul c/c postale n. 98767007 intestato a Editoriale Cinquanta & Più Srl - Roma. L’abbonamento andrà in corso dal primo numero raggiungibile e può avere inizio in qualunque momento dell’anno, ma avrà comunque validità annuale. Concessionaria esclusiva pubblicità: 50&PiùMedia Srl - Largo Arenula 34, Roma Tel. 06.68883469 - mail: 50epiumedia@50epiu.it Per la pubblicità: Luigi Valitutti - Tel. 335491325 mail: l.valitutti@50epiumedia.it Finito di stampare: gennaio 2022

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TRA DIRITTO INDIVIDUALE E RESPONSABILITÀ COLLETTIVA Che cosa deve essere considerato prioritario, il diritto individuale o l’interesse della collettività? che comporterebbe un colpo insostenibile per l’economia del Paese. Non dimentichiamo, d’altra parte, che la recrudescenza del Coronavirus e le sue varianti hanno comunque comportato una battuta d’arresto per molte attività economiche, soprattutto per il settore del turismo. Nondimeno, oggi stiamo vivendo un ennesimo momento di incertezza. Con il vaccino obbligatorio, però, non ci si illude di creare “l’immunità di gregge”, che si riferisce all’esaurimento della circolazione del virus, ma si costruisce forse un altro tipo di immunità, quella - si potrebbe dire - di comu«LA LIBERTÀ INDIVIDUALE nità, che vede le persone ragionare ASSOLUTA PUÒ ESISTERE non solo in termini individualistici, QUANDO GLI ESSERI UMANI ma anche in termini di rispetto dei VENGONO CONSIDERATI diritti altrui. COME SINGOLI INDIVIDUI» La ricerca dell’immunità è tema che accompagna l’uomo da tempi antiseri umani vengono considerati come chissimi: i soli esempi che la mitosingoli individui. Quando la libertà di logia fornisce sono tantissimi, ma qualcuno incontra quella altrui nella l’invincibilità ancora oggi rimane società, il ragionamento si fa fin da appunto un traguardo mitologico, subito ben più complesso. di Carlo Sangalli ossia perlopiù irraggiungibile all’esCosì, la libertà di assicurare la proPresidente Nazionale 50&Più sere umano, per quanto la tecnologia pria salute secondo coscienza di ciascuno si scontra con il diritto di tutti a ricevere le cure ade- possa aver fatto in tal senso passi da gigante. Ma proprio guate. E se le strutture sanitarie non riescono a sostenere dalla saggezza antica arriva uno spunto interessante. Coterapie intensive e affollamento ospedaliero, è evidente me la madre di Achille ne determina la vulnerabilità perche sia necessario agire per tentare di ridurre questa im- ché, da bambino, immergendolo nel fiume che lo rende mensa pressione su ospedali e personale medico. Tutto invincibile, lo tiene sollevato proprio per il tallone, così ciò è indispensabile per garantire le cure adeguate a tutti - magari per eccessiva preoccupazione verso noi stessi - a volte tendiamo a procurarci le nostre stesse fragilità. La e a tutte le patologie. Il vaccino non ci rende certo immuni dal virus, ma è evi- resistenza all’obbligo vaccinale sembra un po’ quel piccolo dente come permetta di attenuarne virulenza e conse- tallone che qualcuno si rifiuta a tutti i costi di immergere, guenze. Così, in molti hanno evitato la terapia intensiva ma che può avere conseguenze più grandi di quello che o peggio e tutti abbiamo scampato un ulteriore lockdown individualmente sembra. Il 2022 ha portato con sé l’indicazione dell’obbligo vaccinale per la nostra categoria, per gli over 50 del nostro Paese, nel tentativo di scongiurare gli effetti del Covid sulla salute della fascia di popolazione da sempre più esposta alle complicazioni di questo virus con cui combattiamo da oramai due anni. È stata una scelta molto discussa, che ha trascinato polemiche sulla libertà individuale di vaccinarsi e - anche - di ammalarsi. La libertà individuale assoluta può esistere tuttavia solo quando gli es-

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I GIOVANI DI OGGI SARANNO GLI ADULTI DI DOMANI di Anna Maria Melloni

89 milioni i ragazzi e 77 milioni le ragazze: nel mondo 166 milioni di giovani, tra i 10 e i 19 anni, vivono con un disturbo mentale accertato. I bambini e i giovani spesso presentano un disagio psicosociale che ne compromette la vita, la salute e le prospettive per il futuro

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awy è un giovane indigeno brasiliano, ha camminato per 6 ore nella foresta amazzonica con il padre Wah sulle spalle, lo sta portando a vaccinarsi contro il Covid-19, siamo nel gennaio del 2021. Erik Jennings Simoes, il medico della squadra sanitaria che ha voluto immortalarlo, ha diffuso l’immagine di Tawy e Wah all’inizio di questo nuovo anno, ritenendo rappresenti uno dei momenti più significativi nella lotta contro la pandemia del 2021. In Italia, le giovani generazioni non hanno affrontato l’impresa del giovane Tawy, ma hanno dovuto rinunciare alle diverse occasioni di incontro e socializzazione, fondamentali nelle fasi di crescita, per tutelare i propri anziani. I dati di fine 2021 pubblicati dalle maggiori agenzie internazionali, come UNICEF e OMS, sulla situazione psicologica di bambini e adolescenti nel mondo dimostrano che i problemi di ansia (un giovane su cinque) e depressione (un giovane su quattro) sono raddoppiati dal periodo pre-pandemia. I disagi psicologici registrati

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variano da forme di malessere, lieve depressione, disturbi del sonno e comportamentali fino a sintomatologie più gravi come tendenze suicide, anoressia e autolesionismo. A livello globale, un bambino su sette è stato direttamente colpito dagli effetti dei lockdown e più di 1,6 miliardi di bambini hanno subìto perdite a livello educativo, con almeno 463 milioni che hanno avuto difficoltà di vario genere nell’accesso al sistema di apprendimento a distanza. Sono dati impressionanti che fanno emergere un “mal di vivere” generalizzato, che purtroppo non coinvolge solamente le generazioni più giovani, ma tutte le fasce della popolazione, con la differenza che i più giovani sono ancora in una fase di costruzione della propria identità, di formazione, di acquisizione di strumenti per fronteggiare le diverse situazioni della vita. In questo scenario è positivo che l’83% dei giovani tra i 15 e i 24 anni creda fermamente che sia meglio farsi aiutare piuttosto che affrontare i problemi di salute mentale da soli,

condividendo le proprie esperienze con gli altri e cercando sostegno (sondaggio UNICEF/Gallup). Risposte importanti possono e devono arrivare dal contesto scolastico e familiare, in cui l’ascolto, la condivisione, l’assenza di giudizio, il confronto e il sostegno sono alla base di un rapporto di fiducia, ma anche nei servizi di cura che sicuramente devono fare la loro parte e ricevere sostegno, come sta accadendo in molte città tramite lo stanziamento di fondi dedicati. Fondamentale è anche il ruolo e l’impegno degli over 50, in qualità di genitori e di nonni. I giovani attraversano una delicata fase di crescita e di sviluppo della personalità, rischiano di perdere i “riti di passaggio” nel cammino verso l’indipendenza, durante i quali l’identità si forma, anche attraverso l’identificazione con i modelli adulti e il sostegno che ricevono nel loro percorso. Un impegno a cui non possiamo sottrarci, un compito non semplice che deve accompagnarci. Ascoltiamo e supportiamo i figli e nipoti di oggi, saranno gli adulti di domani.

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Con un lascito all’UNICEF sarai sempre nel posto più bello del mondo. Accanto a un bambino da salvare.


GIUSEPPE LOY. UNA CERTA ITALIA. FOTOGRAFIE 1959-1981

La prima retrospettiva dedicata a Giuseppe Loy - a quarant’anni dalla sua scomparsa racconta il suo sguardo sui costumi di un’Italia in profondo cambiamento e l’impegno politico, senza tralasciare frammenti della sua vita privata. Palazzo Barberini, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Roma

FINO AL 27 FEBBRAIO 2022

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“Lipari, 1961”, © Giuseppe Loy, Gallerie Corsini Nazionali

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informazione pubblicitaria

“SENTIRE BENE È FONDAMENTALE PER VIVERE IN SALUTE: MARZO È IL MOMENTO IDEALE PER INIZIARE A FARE PREVENZIONE.” Nel mese della Giornata Mondiale dell’Udito prendersi cura di sé è ancora più semplice. E i soci 50&Più possono farlo a condizioni riservate e vantaggiose. Sentire bene è fondamentale, a qualunque età e in qualunque luogo. A casa, al lavoro, al ristorante, al telefono: le difficoltà a percepire e comprendere con chiarezza la voce degli altri in ambienti e situazioni di vita quotidiana non devono essere sottovalutate perché hanno un impatto rilevante sulla nostra qualità di vita. Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha istituito il 3 marzo la “Giornata mondiale dell’udito”, con l’obiettivo di migliorare la prevenzione a livello globale.

A SOFFRIRE DI PROBLEMI DI UDITO, SECONDO L’OMS, SONO 466 MILIONI DI PERSONE IN TUTTO IL MONDO. Numeri altissimi e destinati a crescere anche in Italia: le stime parlano di circa 7 milioni di italiani che convivono con un calo dell’udito. Eppure, secondo una ricerca Censis, soltanto un italiano su tre ha effettuato un controllo dell’udito negli ultimi cinque anni. In media, un adulto su due tra gli over 55 che soffrono di calo uditivo tende a non affrontare il problema: c’è ad esempio chi pensa che il problema passerà da solo (50%), chi ritiene che

il non sentirci bene, a una certa età, sia normale (47%) o chi è convinto che gli apparecchi acustici non servano a un granché (27%). Ma non è così. L’ipoacusia può essere un ostacolo a vivere liberamente la quotidianità e un pericolo per la salute perché aumenta il rischio di infortuni sul lavoro e di cadute nelle diverse attività, sia in casa che all’aperto. Inoltre, se non trattata, l’ipoacusia può favorire l’insorgenza o l’aggravamento di problemi cognitivi, poiché le cellule della corteccia cerebrale perse non possono più essere sostituite, creando così un danno irreversibile per il cervello. Ecco perché UN CORRETTO APPROCCIO TERAPEUTICO CONSENTE DI RIDURRE GLI EFFETTI NEGATIVI, ANATOMICI E FUNZIONALI, DI UN CALO DELL’UDITO. La prevenzione è quindi estremamente importante e l’OMS raccomanda di effettuare periodicamente un check up per tornare a godersi appieno i suoni quotidiani: il consiglio perciò è quello

di FAR

DIVENTARE IL CONTROLLO DELL’UDITO UNA SANA ABITUDINE, al pari di

esami del sangue o della vista, anche perché è semplice, non invasivo e basato su tecnologie all’avanguardia. In Italia per esempio Amplifon, leader mondiale del benessere uditivo, ha sviluppato un protocollo di test particolarmente avanzato, volto a misurare l’efficienza del sistema uditivo e valutarla sulla base dei bisogni, delle abitudini e delle passioni reali di ognuno. Il controllo può essere fatto gratuitamente in ogni filiale: una volta che gli esperti Amplifon hanno valutato il profilo uditivo, tutte le possibili soluzioni vengono esaminate con la massima personalizzazione. Questo approccio rigoroso e basato sui dati è valso al protocollo Amplifon 360 un brevetto e l’approvazione dalla Società Italiana di Audiologia e Foniatria (SIAF). La scienza e la tecnologia forniscono informazioni e strumenti per gestire efficacemente un eventuale calo uditivo: prevenirlo e trattarlo è importante tanto quanto la diagnostica e la prevenzione di tutti gli altri aspetti della nostra salute.

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800 990 665


La forma delle nuvole

Un padre e una figlia osservano il mondo

IN BILICO TRA VERITÀ E MENZOGNA di Gianrico e Giorgia Carofiglio

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Mentire o dire la verità? Non sempre la risposta è scontata. La moralità di un’azione la giudichiamo noi, con i nostri valori; per affrontare nel modo migliore i conflitti quotidiani 10

sempre sbagliato dire una bugia? A prima vista, il divieto di mentire ci trova tutti d’accordo: in astratto è una regola non controversa. O esistono condizioni per cui è opportuno, giustificabile, addirittura necessario, mentire? È una domanda che va dritta al centro di come funziona la riflessione su questioni morali, su ciò che è giusto fare. Ci sono situazioni in cui la risposta ci pare ovvia: non uccideremmo mai un innocente, non sfileremmo un portafoglio di tasca a un passante. Ci sono però altre situazioni in cui le risposte sono meno scontate. Immaginate che sia il 1944. Vivete in campagna e una famiglia ebrea in fuga vi chiede rifugio in casa. Voi li accogliete, date loro da mangiare, li nascondete in cantina. Un giorno bussa alla vostra porta un ufficiale delle SS, che vi chiede se siete a conoscenza di ebrei che si sono nascosti dalle vostre parti. La cosa giusta da fare vi pare una sola: non rivelare la presenza della famiglia a cui avete offerto un riparo in casa vostra. Ma come la mettiamo con l’obbligo di dire la verità? Il filosofo Immanuel Kant sosteneva che mentire non è mai lecito e lede la dignità morale di tutti gli esseri umani. Ma se diciamo la verità all’ufficiale tedesco esponiamo a un grave pericolo le persone cui abbiamo dato rifugio e noi stessi. Come si esce da questo dilemma etico?

Interrogarsi su situazioni estreme può sembrare inutile - se siamo fortunati non ci capiterà mai di dover proteggere delle persone che rischiano di essere deportate - ma ci consente di guardare più da vicino, di mettere meglio a fuoco i valori che fondano le nostre decisioni. La vita ci pone spesso davanti a problemi moralmente complessi, in cui vi è una tensione tra principi contrapposti: nel nostro esempio, il principio del preservare delle vite umane contro quello - a questo punto solo in apparenza assoluto - di dire la verità. Per quale ragione crediamo che sia sbagliato mentire? Proviamo a proporre un paio di interpretazioni, non necessariamente esaustive. La prima è che la regola di non mentire viene dalla necessità che gli esseri umani hanno di potersi fidare gli uni degli altri. Soprattutto in comunità ristrette, come i primi insediamenti agricoli, la fiducia, che è alla base della cooperazione, era fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo e della collettività. Una persona che mente spesso è una persona di cui non possiamo fidarci: non sappiamo mai quando le sue parole riflettono la realtà, se possiamo essere sicuri dei suoi racconti, quanto possiamo credere alle sue promesse. Dire la verità ci permette di provare agli altri che possono fare affidamento su di noi. Ecco però una seconda ragione: men-

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tire può essere causa di ingiustizia. Se qualcuno fa circolare una falsa diceria su di voi - che avete rubato dalla cassa del negozio in cui lavorate, ad esempio - e per questo venite licenziati, siete vittime di un torto. Non è un caso che tra le più antiche massime sul dire la verità, l’ottavo comandamento afferma che non bisogna “dire falsa testimonianza”. È un linguaggio che rimanda all’ambito giudiziario, all’ingiustizia che viene commessa se si testimonia a favore di un colpevole o, peggio, per far condannare una persona innocente. È un principio quindi che riguarda non tanto la menzogna quanto gli effetti che essa può avere nella vita quotidiana, nelle controversie, nei tribunali. Se comprendiamo le ragioni dietro una norma, morale o giuridica che

sia, anche e soprattutto se tale norma è di senso comune (cioè la consideriamo ovvia), abbiamo strumenti più efficaci per districarci di fronte a problemi complessi. È un lavoro a ritroso, oltre la regola che diamo per scontata, fino alla radice, alla ragione profonda, che la tiene in piedi. Se una delle ragioni per cui troviamo la menzogna moralmente riprovevole è che può essere causa di ingiustizia quindi, se il principio che ci guida è la giustizia e non un ideale astratto di verità -, è più facile capire perché il dovere di difendere la famiglia ebrea è superiore al nostro dovere di essere sinceri. Mentire in questo caso evita un’iniquità ben più grave: la morte di persone innocenti per mano di un’autorità illegittima. Cerchiamo regole precise per giudi-

care la moralità di un’azione perché riteniamo che tali regole rappresentino valori universali, ma anche perché ci semplificano la vita. Permettono di rendere più comprensibile il complicato mondo dei rapporti umani e di gestire con più facilità i conflitti con cui ogni giorno, inevitabilmente, abbiamo a che fare. Permettono anche di non lasciare al giudizio soggettivo, intuitivo e spesso grossolano, decisioni che hanno effetti seri sugli altri. Riflettere sulle norme (come quella che impone di dire la verità) che guidano i nostri giudizi morali, metterle in dubbio, trovare le eventuali eccezioni, non le indebolisce. Al contrario, ci consente di capirle più a fondo e di muoverci meglio fra i dilemmi più intricati delle nostre esistenze. Ci fa diventare, in sintesi, persone migliori. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Il TERZO tempo

LA CURIOSITÀ E LA VOGLIA DI IMPARARE COME ANTIDOTO AL TEMPO CHE PASSA di Lidia Ravera

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e lo ricordate? Sul numero scorso vi avevo chiesto di rispondere, anche voi, alla domanda con cui avevo concluso un incontro - dal vivo - sul mio ultimo romanzo. La domanda era: che cosa vi fa più paura quando pensate alla vecchiaia? Avete risposto in pochi. Strano, perché in genere siete molto attivi, cioè interattivi. Domanda scomoda? Fra i pochi che hanno risposto, c’erano due negazionisti: due uomini. Uno ha scritto: «Io ho 78 anni e non ho paura della vecchiaia perché la vecchiaia non esiste». Un altro, che non specificava la sua età, è andato più a fondo sul tema, vi copio qui le sue parole: «Mio padre è morto che aveva quasi tutti i suoi denti in bocca, i suoi, non quelli del dentista, ti alzava da terra un vaso pieno di terra che te non lo spostavi neanche coi piedi, mio padre era capace di mangiare 12 uova sode per sfidare un altro del paese e a ottant’anni andava ancora a ballare la domenica. Non è mai stato vecchio mio padre. Una mattina non si è svegliato e basta, aveva 101 anni 12

e otto mesi. Io sono come lui. Vecchi ci si nasce e ci si resta. Mio padre è nato giovane e ci è rimasto. E io sono come lui». Come è rassicurante potersi specchiare nelle vecchiaie belle dei nostri genitori! Io non ho avuto questa fortuna. Mia madre è morta che aveva ottant’anni o poco più. Dopo mesi e mesi di tribolazioni, il Parkinson, la depressione… Mio padre è morto novantatreenne, dopo anni in cui non era più del tutto presente a se stesso. Ripeteva spesso una frase: «Invecchiate, invecchiate gente… e poi ridete se potete». Era stato, per tutta la vita, un uomo spiritoso, capace di canticchiare rime inventate da lui e di prenderti in giro senza cattiveria. Verso la fine la cifosi l’aveva rimpicciolito e non aveva più voglia di discutere con me sull’esistenza di Dio o della sostanziale bestialità della natura umana… Ecco che cosa mi fa paura della vecchiaia: perdere la voglia di scambiarsi opinioni, di ascoltare gli altri, di sostenere le proprie tesi. Mi fa paura perdere il desiderio, l’impulso di progettare. Non c’è una tecnica di prevenzione, né una cura, nessuno riesce a

non invecchiare se escludi quelli che muoiono giovani. Tutto ciò che è vivo è soggetto a usura, gli oggetti durano più di noi: un umile vaso da notte, se è stato costruito comprato e utilizzato nel 1725 è antiquariato, puoi trovarlo alle aste di Sotheby’s e pagarlo migliaia di euro, puoi esporlo in salotto, invece di nasconderlo sotto il letto, come ai tempi in cui conteneva deiezioni uma-

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PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Lidia Ravera può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it

ne. Sulle cose il tempo si spalma come una patina pregiata. Sulle persone no. Ma, come scrive Ebe di anni 83: «Non bisogna pensare alla vecchiaia, se no si diventa tristi». Giusto: avete mai visto un bambino che pensa all’infanzia? La fretta di crescere è la sola forza motrice, l’unica passione che lo accende. Dovremmo imitarli, i bambini. E buttarci in ogni giornata con la voglia di impa-

rare qualcosa, la curiosità per le 16 ore di veglia che si stendono davanti a noi. E la pretesa di essere felici. Concludo con la lettera più bella, che non è arrivata a questo giornale, indirizzata alla mia pagina, ma me l’ha scritta anni fa quello che è stato un grande psicoanalista. Io avevo una trentina d’anni, e già pensavo alla decrepitezza come a qualcosa di incom-

bente, lui ne aveva quasi settanta e mi scriveva: «Tu hai paura della vecchiaia perché quando eri molto molto piccola hai vissuto l’angoscia dell’impotenza. Il cucciolo dell’uomo, anzi della donna, nasce troppo lontano da una forma anche minima di autonomia. È in tutto dipendente dai grandi che si occupano di lui/lei. Se qualcosa non funziona nell’affidarsi alla mamma ecco che l’ansia diventa insopportabile. È di questo che hai paura, con tutto il tuo delirante anticipo, di tornare ad essere dipendente, come all’inizio della vita. E che non ci sia nessuno che si occupi di te». Ecco: i neonati non sono autonomi, ma sono carini. E la maggior parte delle persone li ama. Quando non sei più autonoma, ma sei vecchia con la pelle secca e gli occhi che non vedono bene, ci sarà qualcuno disposto ad aiutarti? Sarai abbastanza amabile? febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Anni possibili

LA “VITA POSSIBILE”, ANCHE A 90 ANNI E OLTRE di Marco Trabucchi

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ggi l’aspettativa di vita delle donne italiane sfiora gli 85 anni e quella degli uomini poco meno. Alcuni studi indicano che tra qualche decennio arriverà a 90 anni (ricordo che si tratta di una media e che quindi saranno sempre più, ad esempio, i cente-

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nari). Questo fenomeno, che ha avuto un breve e transitorio rallentamento a causa del Covid-19, impressiona sia gli studiosi sia chi guarda al futuro della nostra società con occhio attento, analizzando le possibilità di ciascuno di trovare spazi di vita “possibili” anche in età molto, molto avanzata.

Non vi sono adeguate indicazioni che permettano di prevedere la durata della vita del singolo individuo; le conoscenze sulla dialettica tra genetica ed epigenetica non offrono ancora la possibilità di identificare il gene della longevità né di aggregazioni di geni che potrebbero essere responsabili di una vita lunga. Anche perché gli studi condotti su modelli animali di varie tipologie non sono stati riprodotti sull’uomo. Infatti, il peso della vita e delle sue circostanze è tale che sarebbe in grado di modificare il ruolo anche di un ipotetico gene, peraltro da scoprire. Questa condizione è un antidoto a qualsiasi tentazione di fatalismo; vi è infatti spazio per “vivere bene” una “vita possibile”, permettendo ai geni di esprimere le loro potenzialità, ma sempre modulati dalle circostanze della vita. La “dittatura genetica” non esiste a nessuna età. L’aspettativa di vita è determinata geneticamente solo in parte, mentre la qualità della vita è responsabile del bene e del male che può av-

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Il segreto per vivere bene e a lungo sta nella “normalità”. Vivere “qui ed ora”, godendo di ciò che ci circonda, senza dimenticare che un futuro (buono) si inizia a costruire dal presente venire. Elementi come, ad esempio, l’alimentazione possono influenzare in modo determinante l’effetto dei geni sulla longevità. Uno dei meccanismi maggiormente studiati per la loro implicazione come target biologici di specifici atteggiamenti è quello dell’infiammazione cronica, le cui ricadute sulla vitalità dei tessuti sono largamente studiate. Il punto centrale, che rappresenta il vero progresso possibile in questo campo, sarà però rappresentato dalla descrizione analitica dei vari passaggi che collegano uno stile di vita con un evento complesso come la durata della vita stessa, passando attraverso l’espressione dei geni e l’interazione tra livelli biologici diversi. Si arriva, infine, a delineare il quadro vitale della persona che invecchia tenendo nelle mani il proprio futuro. Questa deve essere in grado per educazione - e grazie all’accompagnamento di individui addetti alle cure, quando necessario - di agire secondo le regole che permettano di

conservare la salute, senza le angosce che impediscono una vita “normale”. Perché è la normalità che è allo stesso tempo l’obiettivo da raggiungere e lo strumento per vivere a lungo. Senza eroismi e sacrifici, ma ogni momento ponendosi nella condizione di apprezzare ciò che qui e ora è possibile fare, godendo di quello che la vita offre. Perché ciò si avveri la persona deve aver governato la propria esistenza nel corso degli anni; la vera libertà si fonda sulla capacità dell’individuo di non rinunciare ad essere padrone del tempo, anche quando è accompagnato dal dolore, dalla perdita, dalla solitudine, dalla povertà. Per capire queste dinamiche è necessario comprendere le relazioni tra cervello, corpo, ambiente psicosociale e fisico; un’area dove la vita può raggiungere il suo massimo livello di ricchezza, anche se di non facile interpretazione. Ogni progresso in questo campo deve essere accompagnato da studi e ricerche, consci che si tratta di ambiti aperti a possibili novità e a interpretazioni profondamente diverse da quelle del passato. L’epoca dell’entusiasmo per le scoperte sul genoma umano ha lasciato molta delusione in chi si fondava su meccanismi interpretativi della realtà troppo semplificati; oggi la sfida vera risiede nella “lettura” della complessità della vita umana, che è determinata da geni e storia. Si ripropone sotto forme diver-

se l’antico dilemma tra natura biologica e realtà personale; questa volta, però, l’obiettivo è di grande importanza, perché è la durata stessa della vita, cioè l’aspetto più concreto e desiderato dall’umanità di tutti tempi. Il solo pensare che per la prima volta nella storia abbiamo la possibilità di modificare in modo rilevante ed in breve tempo - come è avvenuto in questi anni - la durata della vita deve porre l’uomo e la donna contemporanei in una condizione di attenzione al proprio destino, come mai è avvenuto in passato. Quindi, pur con tutte le incertezze che accompagnano la problematica, mai come oggi vi sono le fondamenta teoriche e pratiche per impostare una vita attenta al proprio futuro. Il punto più innovativo rispetto a questa problematica è che anche a 90 e più anni la dialettica gene e stile di vita continua ad avere un ruolo importante; l’età molto avanzata non inaridisce la complessità e la ricchezza della vita. Queste certezze hanno ricadute a livello psicologico e pratico: il singolo e la collettività non devono pensare che si sia esaurita la forza della vita e la relativa possibilità di modificarne la traiettoria. Non si raggiunge, quindi, mai un tempo che permetta di porsi in una posizione di attesa, cioè di “tirare i remi in barca”. Perché la difesa della vita non può basarsi su attese, ma su un impegno strenuo, faticoso, nobilissimo.

PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Marco Trabucchi può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - redazione@50epiu.it

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Effetto Terra

UNITI, CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE di Francesca Santolini

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l 5 febbraio di ogni anno celebriamo un anniversario importante: la Giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Istituita nel 2014, ricorda l’importanza delle buone pratiche anti-spreco che dovrebbero entrare a far parte della quotidianità degli italiani, perché una riflessione sugli stili di vita e sull’uso delle risorse del pianeta non è più rinviabile. Il filo conduttore di questa riflessione è il

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concetto di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, soprattutto della produzione e dei consumi alimentari. Per questo si parla sempre di più di spreco alimentare, per criticare il modello di consumo occidentale, che ha svalutato il cibo fino a produrre una enorme quantità di rifiuti organici, di cibi prodotti ma non consumati, che si buttano via. Ogni anno, l’Italia produce 6 milioni di tonnellate di cibo in eccedenza lungo

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In Italia, ogni anno, si producono 6 milioni di tonnellate di cibo in eccedenza. Per questo serve promuovere una nuova cultura del riciclo e ridurre lo spreco. Come? Mangiando bene e con moderazione

tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo finale, per un valore di circa 13 miliardi di euro. Di queste eccedenze, 500mila tonnellate sono recuperate, tutto il resto finisce nella spazzatura. Uno spreco sempre più insopportabile, in una società in cui il cibo è inegualmente distribuito e la scarsità di alimenti è diffusa non soltanto nei cosiddetti Paesi poveri, ma anche nel nostro. A testimoniare questa situazione è l’attività della Fondazione Banco Alimentare Onlus, una realtà che salva dallo spreco alimenti non scaduti che sarebbero destinati alla spazzatura, grazie al lavoro quotidiano di quasi 2.000 volontari. Salvati dallo spreco, i cibi riacquistano valore e diventano risorsa per chi ha troppo poco: nel 2020, la Fondazione ha raccolto 100.000 tonnellate di alimenti, che ogni giorno ridistribuisce gratuitamente a 8.000 strutture caritative per aiutare persone bisognose in tutta Italia. Oltre a rappresentare una questione morale di civiltà, questa contraddizione produce anche un grande problema di efficienza complessiva della nostra società, perché le immense quantità di rifiuti prodotti dallo spreco di generi alimentari, impegna enormi risorse per la raccolta e per lo smaltimento. Non sempre ci pensiamo, ma quello yogurt in scadenza gettato via anzitempo diventerà un rifiuto e quindi un costo per la collettività. È dunque evidente che politiche volte alla riduzione degli scarti alimentari perseguono un obiettivo fondamentale non solo dal punto di vista etico e ambientale, ma anche economico. Ma c’è di più. La FAO ha stimato che lo spreco alimentare mondiale produce emissioni di gas a effetto serra pari a circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente: in pratica, se lo spreco alimentare fosse uno Sta-

to, sarebbe al terzo posto tra quelli che producono più emissioni, dopo USA e Cina. L’impegno per lo sviluppo sostenibile e la prevenzione degli sprechi passa però anche attraverso la responsabilità individuale. La svolta culturale, passaggio obbligato per la riduzione dello spreco alimentare domestico (che incide per i 2/3 dello spreco complessivo), richiede innanzitutto consapevolezza. E così, basterebbe seguire poche regole in casa: fare una lista dei cibi da comprare prima di andare a fare la spesa; pianificare i pasti e capire quali ingredienti abbiamo e quali dovremmo acquistare; disporre gli alimenti in ordine di scadenza in modo da utilizzare per primi quelli più “vecchi” e consumare gli avanzi. Sprecare di meno significa anche mangiare e bere bene e con moderazione. Per questo, ridurre lo spreco alimentare significa anche promuovere il consumo di cibo di qualità, che per l’Italia è un vero e proprio segno distintivo nazionale. Non è che da noi si mangi poco, questo si sa. Ma si mangia bene, e la nostra tradizione popolare ha escogitato mille squisite ricette per riutilizzare il cibo avanzato e ridurre al minimo lo spreco. Proprio da noi, dalla nostra cultura e dalla nostra competenza in fatto di cibo, deve venire un impegno particolare per mangiare bene cibi di qualità in quantità corrette, tenendo la pattumiera quasi vuota.

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Periscopio

Per anni si è creduto che gli abissi fossero simili ad immensi deserti, desolati, schiacciati da un’enorme pressione che impediva ogni forma di vita. Ma lì, a migliaia di metri sotto la superficie e dove la luce non esiste più, c’è più vita di quanto possiamo credere. Molta di più. In special modo con le ultime spedizioni, i biologi marini sono riusciti a classificare numerosi tipi di pesci, finora praticamente sconosciuti. Innanzitutto si è scoperto che qualsiasi forma di vita scompare dopo i 7.500 metri di profondità; la causa è riconducibile alla molecola Tmao, presente nei pesci, che stabilizza le proteine ed evita che “impazziscano” a causa della forte pressione. Entro quella soglia, però, esiste una fauna ricca e variegata. Fino a 6mila metri è possibile ammirare i pesci topo, che più invecchiano più possono scendere in profondità, e il pesce vipera - uno dei più feroci predatori -, che di notte torna verso la superficie in cerca di cibo. C’è poi la rana

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a cura di Dario De Felicis

pescatrice, con la sua inconfondibile bocca gigante contornata da denti aguzzi, capace di catturare prede anche molto più grandi di lei; oppure lo zifio, uno dei rarissimi mammiferi che riescono a sopravvivere a quasi 3.000 metri sotto il livello del mare. Recenti osservazioni, inoltre, hanno portato alla scoperta del “Polpo Dumbo”, dall’aspetto tenero e simpatico, mentre, nel 2019, è stato avvistato da un batiscafo nel Golfo del Messico un animale leggendario, considerato una creatura mitologica, viva solo nei racconti dei marinai: il calamaro gigante (Architeuthis Dux). Una meraviglia della biologia di 13 metri, tentacoli compresi. Ma il record di pesce più resistente spetta ad una nuova specie, appartenente alla famiglia dei Liparidae - detti anche pesci lumaca -, gli unici capaci di vivere tranquillamente anche a 8.143 metri di profondità. Secondo i biologi, questa è solo una minima parte della misteriosa fauna abissale, un mondo ancora tutto da scoprire.

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In giro per il mondo

TANTE LINGUE IN AIUTO DEGLI IPOUDENTI Si stima che nel mondo ci siano circa 72 milioni di persone sorde. Per questo esistono anche circa 300 lingue dei segni diverse, tra cui la Lingua dei segni americana e la Lingua dei segni internazionale. In 41 Paesi, queste sono addirittura riconosciute come lingua ufficiale.

IL MONDO SI POPOLA DI GEMELLI

A PROPOSITO DI... AUTO ELETTRICHE

Secondo uno studio della rivista Human Reproduction, il tasso di nascite gemellari è aumentato di un terzo rispetto agli Anni ’80, passando da 9 a 12 gemelli ogni 1.000 parti. Attualmente ci sono nel mondo circa 1,6 milioni di gemelli (1 bambino su 42).

www.ansa.it

www.repubblica.it

TOKYO, CHE MEGALOPOLI! Secondo l’agenzia Reuters, con circa 37 milioni di abitanti, Tokyo è la città più grande del mondo per numero di abitanti. La Capitale giapponese sta crescendo in maniera esponenziale. La seconda città più grande è Delhi, in India, con 29 milioni di abitanti.

SANGUE BLU E NOBILTÀ

PERFORMANTI

Sono più prestanti e scattanti di quelle a benzina e più silenziose, ma soprattutto non inquinano e permettono di circolare anche nelle zone a traffico limitato.

www.siviaggia.it

Tra i nobili, la famiglia reale britannica è sicuramente la più famosa del pianeta. Eppure, esistono in totale 28 famiglie reali che governano su 43 Paesi in tutto il mondo; tra i più importanti, ci sono Giappone, Spagna, Svezia, Paesi Bassi e Principato di Monaco. www.cosmopolitan.com

IL PIACERE DI “ASCOLTARE” IL COMPUTER

PRUGNE SECCHE CONTRO L’OSTEOPOROSI

Gli assistenti vocali, come Alexa, Cortana e Siri, sono sempre più presenti nelle case degli italiani e molto apprezzate tra i senior. Il loro pregio, è la facilità di utilizzo e l’elevata reattività. Questi dispositivi di nuova generazione trasmetterebbero “calma e tranquillità” negli utenti.

L’osteoporosi non riguarda solo le donne, anzi. Circa 2 milioni di uomini stanno combattendo con questa patologia. Ma un aiuto può arrivare dalle prugne secche. Mangiarne ogni giorno, ha un effetto protettivo sulla salute delle ossa negli uomini dopo i 50 anni.

www.agi.it

COSTOSE

Sono le meno economiche sul mercato. Hanno alti costi di manutenzione e (per ora) è difficile trovare aree di rifornimento con colonnina di ricarica elettrica.

L’ITALIA È IN CALO DEMOGRAFICO

LE LINGUE NEL MONDO Nel mondo esistono più di 6.900 lingue. In Europa se ne parlano appena 230, in Asia ne esistono oltre 2.000. Tra tutte, la più diffusa è il cinese mandarino, parlata da oltre 955 milioni di persone; segue lo spagnolo (405 milioni), l’inglese (360 milioni), l’hindi (310 milioni) e l’arabo, “solo” con 295 milioni di madrelingua.

LINGUE AL MONDO

6.900

IN EUROPA

230

IN OCEANIA

280

LA PIÙ DIFFUSA

www.msdsalute.it

cinese mandarino

Le previsioni dell’Istat sul futuro demografico in Italia non sono una sorpresa, ma destano un po’ di apprensione. La popolazione è in rapida discesa: da 59,6 milioni di inizio 2020 a 58 milioni - si prevede - nel 2030. Fino ad arrivare a 47,6 milioni nel 2070. www.ilsole24ore.com febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Demografia

PER “RINASCERE”, CI SERVE UN SENSO NUOVO Dai numeri (negativi) alle misure (positive) che possono condurci oltre l’inverno demografico, reso ancor più rigido dalla pandemia. Purché ognuno faccia la sua parte. L’intervista a Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat di Annarita D’Agostino

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a famiglia è la storia da cui proveniamo», ha detto Papa Francesco affacciandosi dal balcone di Piazza San Pietro per l’ultimo Angelus del 2021. Ma quella del nostro Paese, raccontata dai numeri Istat, è tutta un’altra storia. È una storia di bambini che non nascono, madri e padri mancati, anziani sempre più numerosi dimenticati nel limbo dei ritardi delle politiche di invecchiamento attivo. Una storia che analizziamo con il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, al quale abbiamo chiesto come siamo arrivati a vivere quello che è stato ufficialmente ribattezzato come l’“inverno demografico” del nostro Paese, e se c’è ancora una via d’uscita da questa stagione ostile. Partiamo dai numeri. Complice il Covid-19, l’Italia continua purtroppo a collezionare record di denatalità. Secondo i primi dati provvisori 2021 su natalità e fecondità diffusi dall’Istat, nel periodo che va da gennaio a settembre 2021 sono nati già 12.500 bambini in meno, il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2020. Nel solo mese di gennaio 2021, il maggiore calo di sempre: quasi 5mila nati in meno, -13,6%. Continua dunque la caduta libera delle nascite che, nel primo anno di pandemia, sono state solo 404.892, 15mila in meno rispetto al 2019. Un calo che, dal -2,5% dei primi 10 mesi dell’anno, è arrivato a segnare -8,3% a novembre e -10,7% a dicembre 2020, mesi in cui sono venuti al mondo i bambini concepiti in concomitanza con la prima ondata epidemica. Il Covid-19 ha dato un pericoloso colpo d’acceleratore a un fenomeno che si ripercuote sul Paese almeno dal 2008. Da allora, l’Istat conta un calo delle nascite pari a circa il 30% (171.767 in meno), attribuibile per la quasi totalità alle coppie in

cui i genitori sono entrambi italiani. Anche se, dal 2012 al 2020, diminuiscono pure i nati con almeno un genitore straniero: ne mancano all’appello 19mila, di cui 4mila solo nell’ultimo anno, pari al 21,8% del totale dei nati. Sempre di meno, dunque, e sempre più anziani. Secondo le recenti previsioni sul futuro demografico dell’Istituto Nazionale di Statistica, la popolazione residente italiana passerà da 59,6 milioni al 1° gennaio 2020 a 58 milioni nel 2030; a 54,1 milioni nel 2050 e a 47,6 milioni nel 2070. Se il censimento Istat 2020 ha rilevato un’età media in crescita da 45 a 45,4 anni, nel 2050 questa arriverà a 50,7 anni. Sempre nel 2050,

È fondamentale la disponibilità di adeguate strutture per l’infanzia armonizzate con i tempi del lavoro

il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3, ma se si considerano solo i bambini sotto i 6 anni di età, nel 2020 il censimento ha già contato 1 bambino ogni 5,1 over 65. A metà secolo, la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale. Il 2048 potrebbe inoltre essere l’anno in cui i decessi doppieranno le nascite (784mila contro 391mila). Entro il 2040, 1 famiglia su 4 avrà figli, più di 1 su 5 sarà senza figli. Da 8,6 milioni nel 2020, saranno 10,3 milioni le persone destinate a vivere sole. Sul rilevante calo delle nascite influiscono effetti ormai “strutturali” - spiega l’Istat - dovuti ai significativi cambiamenti relativi alla popolazione femminile in età feconda, ovvero fra i 15 e i 29 anni. Mentre le “baby boomer” nate fra gli Anni ’60 e ’70 stanno invecchiando e dunque escono dalla fase feconda, le donne che oggi dovrebbero diventare madri sono la generazione che sconta a sua volta il cosiddetto “baby bust”, la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. Minimo febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Demografia storico superato solo nel 2020. Se si guarda dunque alle generazioni, il tasso di fecondità, ovvero il numero medio di figli per donna, continua a decrescere nel nostro Paese “senza soluzione di continuità”, osserva l’Istat. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi Anni ’20, all’indomani della Prima Guerra Mondiale, ai 2 figli per donna delle generazioni dell’immediato secondo dopoguerra (anni 1945-’49), fino a raggiungere il livello di 1,44 figli per quelle della generazione del 1980. Oggi, sono soprattutto le donne più giovani a decidere di rinviare la maternità. Rispetto al 1995, l’età media al parto aumenta di oltre due anni, raggiungendo i 32,2 anni. Ancora più marcata per l’Istat la crescita dell’età media alla nascita del primo figlio: nel 2020 è 31,4 anni, oltre 3 anni in più rispetto alla metà degli Anni ’90. Così, si arriva all’ennesimo record al ribasso. Il tasso di fecondità delle cittadine italiane tocca infatti nel 2020 il punto più basso di sempre: 1,17 figli per madre. E nel Paese dei figli unici (il 47,5% dei nati), anche i primogeniti diminuiscono: 8mila in meno in un solo anno, pari al -4,1% rispet-

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to al 2019. Impossibile non ravvisare in questa drammatica spirale ragioni anche - se non soprattutto - economiche. Ed altrettanto difficile non ricollegare alla difficile emancipazione di giovani e donne sul mercato del lavoro quanto sta accadendo. A confermarlo, il professor Gian Carlo Blangiardo, statistico di lungo corso, studioso di demografia e statistiche sociali, dal 2019 alla guida dell’Istat. Presidente Blangiardo, perché nel nostro Paese è così difficile fare figli? Perché decidere di fare un figlio significa spesso modificare l’organizzazione della propria esistenza. In quanto subentra l’aspetto economico, l’esigenza di conciliazione con i tempi e le modalità del lavoro, il bisogno di avere condizioni e strutture per poter dare a quel figlio tutto ciò che si ritiene necessario, secondo gli standard del nostro tempo e della nostra cultura. Tutto questo, oggigiorno, è per lo più sulle spalle dei potenziali genitori, i quali, se non si sentono in grado - o non an-

cora in grado - di trovare adeguate risposte ai numerosi problemi che incontrerebbero, preferiscono rinviare la decisione di maternità/paternità. Va da sé che, se poi tale decisione si protrae eccessivamente e viene riconsiderata in età “matura”, può anche accadere che insorgano difficoltà anche di tipo fisiologico nella coppia. E questo diventa un ulteriore fattore che debilita il livello di fecondità della popolazione. Quali sono gli interventi prioritari, secondo lei, per ripensare il sistema di welfare a sostegno di donne e famiglie? Certamente occorrerebbe operare, oltre che sul fronte di una qualche forma di intervento che valga a compensare i costi dei figli (l’Assegno universale è un buon inizio), anche su misure che consentano di accettare, senza traumi, le inevitabili trasformazioni dell’organizzazione degli impegni esterni e della vita familiare. È fondamentale la disponibilità di adeguate strutture per la cura dell’infanzia, che siano armonizzate rispetto ai tempi del la-

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voro, e serve altresì un sistema normativo che sappia introdurre forme di flessibilità e di lavoro a distanza, mirate a seguire le esigenze che insorgono durante le prime fasi di vita del bambino. Sono anche opportuni adeguati riconoscimenti - ad esempio, nel conteggio dei contributi pensionistici - che siano diretti a gratificare chi è genitore, in quanto impegnato a portare avanti un investimento nella produzione di quel capitale umano che è essenziale per garantire il futuro del Paese. Nel 2020 l’Italia conta 5 nonni per ogni nipote. Valorizzare gli anziani, nel mercato del lavoro così come nelle relazioni sociali, è un’esigenza prioritaria. Si può fare? E come?

Si può e si deve fare. I confini dell’età anziana si innalzano e la qualità stessa degli anziani, in termini di loro formazione ed esperienza, è una ricchezza che non possiamo permetterci di perdere. Questo sia sul piano produttivo che relazionale. A tale proposito, è necessario “personalizzare” il percorso di uscita dal mercato del lavoro, introducendo elementi di flessibilità e di incentivazione con regole che consentano valutazioni soggettive da parte degli interessati. Qual è il suo auspicio per l’Italia della “nuova normalità” che dovremo costruire dopo la pandemia? Quello di saper fare tesoro di una esperienza drammatica e al tempo stesso unica. Abbiamo preso atto

dell’esistenza di forti legami di interconnessione e (forse) riscoperto il valore del saper fare scelte personali con senso di responsabilità verso gli altri. Abbiamo sperimentato comportamenti nuovi e dimostrato di essere assai meno “anarchici” di quanto ci aspettavamo. La mia speranza è che la normalità verso cui dovremmo andare sia non solo priva di qualche antico difetto, ma sia soprattutto alimentata dall’entusiasmo di rinascere in modo “nuovo”. Vorrei una normalità in cui ognuno abbia consapevolezza di dover fare la propria parte e sia messo in condizione di poterlo fare con un sistema di regole chiare, di cui si comprendono e si condividono procedure e obiettivi.

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Contraffazione alimentare

IL FALSO CHE PESA SULL’ECONOMIA ITALIANA L’Italia è uno dei Paesi più ricchi a livello di varietà e qualità del patrimonio agroalimentare. Purtroppo, però, il sempre più diffuso fenomeno della contraffazione dei prodotti - spacciati per originali genera ingenti danni alla nostra economia e alla salute dei consumatori di Giada Valdannini 24

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ensate di entrare in un bar e ordinare un “Consecco”, un “Persecco”, del “Perisecco” o un “Meer-secco”. Suona strano? È naturale. In comune col Prosecco hanno soltanto il tentativo di imitarne il nome ma, ovviamente, sono prodotti di tutt’altra natura. Si tratta, infatti, di imitazioni confezionate spesso fuori dai confini nazionali e spacciate per italiane, destinate a un pubblico sempre più vasto. L’Italia è leader mondiale nella gastronomia col maggior numero di

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specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316) e 526 vini Dop/Igp lungo tutta la Penisola, tutelate da generazioni di agricoltori. Eppure un prodotto su tre delle nostre eccellenze alimentari, a livello globale, è autentico, mentre gli altri due sono contraffatti. Un fenomeno, quello della contraffazione alimentare, diffuso ed estremamente variegato ma che, spesso, punta proprio sull’italian sounding, ossia sulla tecnica di riprodurre sonorità appartenenti alla nostra lingua per veicolare prodotti che tutto hanno a che fare fuorché col nostro Paese. Il Made in Italy resta un marchio di qualità ambito ovunque, ma sono tante le aziende che, soprattutto all’estero, creano riproduzioni volte

a usare una garanzia di qualità che, però, non è loro. Stando alle stime dei tecnici del comparto agricolo, si tratta di un fenomeno diffuso al punto che, se l’Italia raggiunge i 52 miliardi l’anno di esportazioni, l’agropirateria vale 100 miliardi di volume d’affari: il doppio delle esportazioni italiane nel mondo. Parliamo dunque di un mercato dell’illecito fatto di falsi che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano all’Italia per produzioni che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. Come dicevamo, la contraffazione può essere esplicitata in varie forme. Un classico è quello dei nomi storpiati. Anche il tricolore, la bandiera del nostro Paese, è usata frequentemente sui prodotti per lasciare intendere che si tratti di prodotti italiani. C’è poi la falsificazione legata ai nomi geografici inerenti territori, regioni, città italiane; oppure l’utilizzo di nomi di prodotti tipici nazionali utilizzati parzialmente o modificati, storpiati a seconda della lingua del Paese a cui sono destinati. Certamente il Prosecco - essendo il vino più venduto all’estero - è anche il più imitato. In generale, i prodotti

più copiati sono proprio i vini, che rappresentano l’eccellenza dell’agroalimentare italiano. Poi, i formaggi; quindi, i prodotti a base di carne ma anche la stessa conserva di pomodoro e la pasta. Non stupisce che anche in Italia esistano produttori che spacciano per italiani prodotti realizzati con materie prime non locali; di certo non hanno vita facile a causa dei controlli stringenti, che invece all’estero non sempre avvengono. Tra i falsi più incredibili, il pecorino prodotto a Hong Kong e confezionato con latte vaccino. Con latte, perciò, di animale diverso dalla pecora. Uno degli strumenti per contrastare questo fenomeno è la registrazione del marchio, spesso frutto di accordi bilaterali. Talvolta, però, stando a quanto rilevano gli esperti del settore, ci sarebbero degli aspetti non condivisibili. Ad esempio, secondo il Ceta (accordo commerciale tra l’UE e il Canada), si consente al Canada di continuare a utilizzare nomi con riferimenti a prodotti italiani. Cosa che crea confusione nell’acquirente finale. Un altro esempio pratico, sempre all’estero? Il “Reggianito” - che somiglia ma non è Parmigiano Reggiano - e che viene prodotto in Argentina. Secondo l’Eurostat, l’Italia è la ter-

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Contraffazione alimentare za potenza agricola dell’Ue e sono proprio le nostre aziende agricole a pagare lo scotto peggiore in ambito di contraffazione alimentare. A poco vale l’idea che, se ci imitano, è per l’eccellenza dei nostri prodotti: l’agropirateria crea un contraccolpo pesantissimo anche sull’occupazione nel Belpaese. Non ruba solo ricchezza, ma trecentomila posti di lavoro. Tradotto, se noi riuscissimo a contrastare questo tipo di imitazione, l’Italia offrirebbe trecentomila posti di lavoro in più. A novembre dello scorso anno il Ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, aveva presentato un ricorso alla Commissione Europea sul “Prosek” croato, ma si attendono ancora gli esiti e le controdeduzioni. Il cruccio maggiore per gli imprenditori agricoli che hanno investito risorse e infinito impegno nel lavoro, resta quello di essere sempre al passo coi tempi, vista l’evoluzione tecnologica. Ce lo confermano i titolari di due aziende: una storica, a conduzione familiare, e l’altra da poco nata su iniziativa di un giovane con alle spalle una laurea in Economia e un master in Agribusiness. «Confrontarsi col tema della contraffazione è davvero drammatico per chi, come me, ha scelto di fare agricoltura e quindi di restare». A dircelo è Veronica Barbati, dell’Azienda Agricola Barbati, che aggiunge: «Ho ereditato un’azienda di famiglia, e vedere prodotti di agropirateria mentre tenti di comunicare il valore dell’agricoltura nel nostro Paese, delle tradizioni, del patrimonio culturale che c’è dietro il cibo, ti fa sentire un po’ sconfitta». La pensa allo stesso modo Francesco Paltoni della Società Agricola H.Q.F. che sottolinea anche come: «Vedere prodotti che prendono il marchio o indicano nostre denominazioni poi smentite dalla lettura delle etichette, 26

è un’immagine che ci rattrista. Per contro, ci rende carichi di orgoglio perché se c’è così tanta richiesta di prodotto italiano, allora vuol dire che facciamo molto bene quello che i nostri nonni e le generazioni passate ci hanno insegnato». E nel caso di Veronica Barbati, come detto, si tratta proprio di una tradizione familiare: «La mia è un’azienda agrituristica, allevamento ma anche produzione di vini e prodotti ortofrutticoli. Per me che la vivo molto anche in relazione al consumatore finale, il tema della contraffazione è ancora più forte e ancora più sentito. Molto spesso, confrontandomi con i clienti che scelgono la nostra azienda, mi rendo conto di quanto sia difficile sterzare rispetto ad una comunicazione sbagliata. Arrivano turisti che hanno assaggiato il prodotto contraffatto ancor prima di quello originale italiano. Accade ed è piuttosto assurdo doversi quasi giustificare».

Riesce comunque a far conoscere e apprezzare facilmente le nostre produzioni autoctone, ma afferma: «Che fatica trovarsi davanti del San Marzano - magari prodotto negli Usa - che invece è un prodotto tipico della mia terra. Quando ti trovi di fronte imitazioni che hanno costi di produzione assolutamente non paragonabili ai nostri, sul prezzo noi ci andiamo a perdere». È la qualità la carta vincente della produzione nostrana. «Il falso - ci dice Francesco Paltoni - è un affronto al nostro territorio». Ci racconta di aver avviato la sua attività due anni fa sulla base della tesi fatta per il master, forte di un amore per la terra nato anche grazie ai racconti dei suoi nonni e col supporto dei genitori. Produce carne bovina da un incrocio tipico del suo territorio - il viterbese - di cui è originaria la razza maremmana, che ha valorizzato attraverso la sua azienda.

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Lavoro e vita privata

IN ISLANDA, LA SETTIMANA LAVORATIVA DURA… 4 GIORNI Un esperimento condotto nella Capitale islandese ha coinvolto 2.500 dipendenti pubblici, che hanno lavorato meno ore a parità di stipendio. Per i ricercatori si è trattato di un “successo travolgente” di Romina Vinci

E

siste un luogo nel quale il lavoro non assume necessariamente il primo posto nella sfera quotidiana. Un luogo in cui il weekend dura tre giorni, e le persone hanno molto più tem-

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po da dedicare ai propri cari. Un luogo dove non si vive di lavoro, ma c’è anche il lavoro. Per trovarlo, questo luogo, bisogna attraversare l’Europa, e spingersi a Nord, tra vulcani, geyser e ghiacciai eterni.

In Islanda, a Reykjavík in particolare, si lavora otto ore al giorno, ma soltanto fino al giovedì. Si tratta di un esperimento durato quattro anni, dal 2015 al 2019, e condotto dal governo islandese in accordo con il comune della capitale. L’ESPERIMENTO Dipendenti di uffici pubblici, servizi sociali, scuole materne e ospedali sono passati dalle classiche 40 ore lavorative a settimana a 35-36 ore (a seconda dei casi). Non c’è stata alcuna diminuzione dello stipendio, nonostante abbiano sempre lavorato almeno un’ora in meno al giorno, perché sono state messe in atto alcune strategie volte a riorganizzare la giornata di lavoro. Come è stato possibile tutto ciò? C’è stata, ad esempio, una riduzione del numero di riunioni, preferendo comunicazioni via email. È stato diminuito anche il numero delle pause caffè, e le attività giornaliere sono state ridistribuite ottimizzando il tempo a disposizione. L’esperimento ha coinvolto quasi 2.500

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lavoratori (si tratta di circa l’1% della popolazione attiva islandese). Secondo i dati raccolti da Alda (Association for democracy and sustainability), la prova si è rivelata un successo. I risultati, infatti, hanno dimostrato che la produttività è rimasta invariata, in alcuni casi addirittura aumentata. I lavoratori coinvolti hanno particolarmente apprezzato la giornata libera: c’è chi l’ha utilizzata per recuperare le energie, chi per passare più tempo in famiglia, chi ne ha approfittato per dedicarsi e coltivare i propri hobby. Il successo dell’iniziativa ha spinto i sindacati ad attivarsi per rinegoziare i contratti di lavoro. Ed il risultato è sotto gli occhi di tutti: oggi l’86% dei dipendenti islandesi ha scelto di lavorare meno per lo stesso stipendio. UN ESEMPIO DA SEGUIRE Non si tratta di un’utopia. «L’esempio islandese della settimana lavorativa più breve ci dice che non solo è possibile lavorare di meno ai nostri tempi, ma è anche possibile un cambiamento progressivo», ha dichiarato Gudmundur D. Haraldsson, ricercatore di Alda. E si auspica che il modello possa essere applicato anche ad altre sfere lavorative: «La tabella di marcia che abbiamo messo a punto per il settore pubblico dovrebbe interessare chiunque desideri usufruire dell’orario di lavoro ridotto». «Questo studio mostra che la più grande prova al mondo di una settimana lavorativa più corta nel settore pubblico è stata sotto tutti i punti di vista un successo travolgente», ha dichiarato Will Stronge, direttore della ricerca presso Autonomy, un team che ha contributo all’analisi dei dati. È convinto che il settore pubblico islandese sia maturo per essere un pioniere delle settimane lavorative più brevi, ed esorta gli altri governi a prenderlo come punto di riferimento, traendone lezioni.

ADDIO STRESS Difficile dire se questo nuovo modo di concepire il lavoro possa diventare un modello di business esportabile in tutto il mondo. Di certo i benefici sono innegabili, almeno dal punto di vista dei dipendenti. È stato riscontrato, infatti, un netto miglioramento della qualità della vita. Del resto, è cosa ormai nota che spesso è proprio l’ambiente di lavoro ad aumentare stati d’ansia e di malessere. Al punto che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) parla di “burnout”, cioè esaurito, proprio per identificare lo stress cronico associato al contesto lavorativo. Ed è indubbio che una riduzione del tempo passato dietro la scrivania riesca a tenere a bada anche queste condizioni mentali preoccupanti, agendo per ristabilire un giusto equilibrio tra vita e lavoro. NEL RESTO DEL MONDO Ma già altri Paesi si sono attrezzati per tentare di spuntare le ore di lavoro. In Giappone, ad esempio, il governo starebbe proprio pensando di ridurre a quattro giorni l’impiego settimanale per aumentare il tempo libero dei cittadini. Nell’agosto 2019, il colosso informatico Microsoft aveva condotto un esperimento, concedendo, ai suoi dipendenti della sede di Tokyo, un giorno di riposo in più al mese. I risultati di quell’esperimento furono positivi: la multinazionale rilevò un aumento della produttività, misurato in termini di vendite per dipendente, del 39,9% rispetto allo stesso mese del 2018. In Nuova Zelanda, l’azienda Unilever sta testando su alcuni dipendenti il modello dei quattro giorni di lavoro a paga invariata. In Spagna, invece, è stato messo a punto un programma sperimentale con 50 milioni di finanziamenti pubblici, per vedere se l’opzione delle 32 ore settimanali sia percorribile. E se provasse anche l’Italia?

IL MITO DELLA SETTIMANA CORTA Era il 1953 quando, Winston Churchill, disse che si sarebbe arrivati a lavorare quattro giorni a settimana grazie al progresso tecnologico. Vent’anni prima, Keynes, il più influente tra gli economisti del ventesimo secolo, ipotizzò un mondo dove tutti avrebbero potuto godere del tempo libero per vivere la propria vita. Secondo i suoi calcoli, si sarebbe giunti a lavorare solamente 15 ore alla settimana. A distanza di quasi un secolo, il suo obiettivo continua a rimanere, però, soltanto un’utopia. UNA CAMPAGNA SUL WEB La New Economics Foundation, un ente britannico che individua buone pratiche di vita, ha lanciato una campagna sul web per promuovere la settimana ridotta. «Riuscire a guadagnare orari di lavoro più brevi, senza che questo comporti una perdita di stipendio, è un modo per affrontare i sintomi del sovraccarico lavorativo - si legge sulla loro pagina web - perché fornisce alle persone più tempo per riprendersi, esser parte del processo democratico, riuscendo anche a prendersi cura di se stessi». Per maggiori informazioni: neweconomics.org/campaigns/ shorter-working-week

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Intervista

GIACOMO PORETTI: «AVREI VOLUTO FARE IL MEDICO OPPURE IL FILOSOFO» Oggi è un comico famoso in trio con Aldo e Giovanni, e anche uno scrittore di successo. Ma non ha dimenticato il suo passato da metalmeccanico e, soprattutto, da infermiere. Che ora è divenuto ispirazione per il suo ultimo romanzo di Raffaello Carabini

© Giovanni De Sandre

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È

il 33% (magari un po’ meno vista l’altezza, quella “di un vaso di gerani”, come titolava il suo primo libro del 2013) del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, formatosi nel 1991. Giacomino Poretti, dopo aver fatto il metalmeccanico e poi per 11 anni l’infermiere, decise di dedicarsi alla comicità, che, soprattutto insieme ai due amici, gli ha dato enorme successo a teatro, con i film e in televisione. Collaboratore dei quotidiani La Stampa, Avvenire e Corriere della Sera, e dal 2019 direttore del Teatro Oscar di Milano, ha da poco pubblicato il suo terzo libro, Turno di notte, con protagonista l’infermiere Sandrino Saetta. Da quali esperienze o idee o sogni derivano le tematiche di Aldo, Giovanni e Giacomo? Domanda alla quale è molto arduo rispondere. Penso che, se posso estendere il mio pensiero a tutta la categoria degli artisti, sia che siano drammatici sia che facciano ridere, per loro il terreno più fertile sia la fantasia. Nel nostro caso, il desiderio di raccontare comicamente la realtà e delle vicende non può che servirsi della fantasia. Di sicuro non c’è dietro un ragionamento razionale, approfondito sullo scopo. Per il comico, una parte di ciò che racconta è immerso in una specie di mistero. Ci sono delle specializzazioni tra voi? Il precisino, il confusionario e il colto... Ognuno di noi tre, con le peculiarità del proprio carattere o della personalità, si sente a proprio agio quando si trova a interpretare delle situazioni che sono un po’ più vicine a lui. Anche se comunque il discorso rischia di farsi un po’ scivoloso, perché il comico non è mai completamente autobiografico. Pesca dentro qualcosa di sé, ma il gioco e la fantasia aiutano a creare personaggi che sono altro da sé. Il trio comico, quando avete

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iniziato, era piuttosto usuale, i Trettrè, la Smorfia… Oggi, invece, è una formula estinta, voi esclusi. Come mai? Come è cambiata la comicità da allora? Sembra che la realtà odierna sia sempre più individualistica. Anche i mezzi con cui si manifesta, penso soprattutto a Internet, rendono difficile il dialogo. Trent’anni, quarant’anni fa il palcoscenico era proprio il teatro, dove nasceva tutto; poi si passava in televisione. Oggi basta lo schermo di un telefonino e da lì possono nascere cose viste in tutto il mondo. È il meccanismo di realizzazione/fruizione che è molto cambiato. Lei ha sempre un po’ sofferto per la sua altezza. Le ha dedicato il suo primo libro Alto come un vaso di gerani... Da ragazzino ho sofferto molto di questa... bassezza. Come si diceva una volta, ho maturato proprio un complesso di inferiorità. E il gioco di parole ci sta tutto. Poi si diventa grandi dentro, si matura e, alla fine, sono arrivato ad accettare questa condizione, che è stata in effetti una fortuna più che una sfortuna. Perché, se fossi stato alto e bello come sognavo - un po’ più bello di quello che sono adesso, voglio dire -, non avrei potuto fare il comico. Tutto sommato mi è andata molto, molto bene. Cosa c’è di diverso tra la persona di Giacomo comico famoso e quella di Poretti infermiere? Anche questa è una domanda molto difficile. Adesso, ciò che si vede pubblicamente è certo qualcosa che mi appartiene. Se devo dirlo sinteticamente, però, credo di non essere molto differente da quando facevo il metalmeccanico o quando facevo l’infermiere in ospedale. Forse adesso, come avviene a tutte le persone famose, il pubblico - che mi vuole tantissimo bene - vede soprattutto l’aspetto bello, positivo, quello che fa scattare la risata, ma poi

tutti sanno che esiste una vita privata al di là dell’esibizione. Una vita privata che è grosso modo uguale per tutti, con le proprie sofferenze, le tristezze, le difficoltà, gli imbarazzi, le vergogne.... La pandemia di Covid-19 ha fatto riscoprire e apprezzare da tutti il lavoro di quelli che lei definisce “i soldatini della speranza che non chiude mai gli occhi”. Lei è diventato infermiere un po’ per caso, un po’ per necessità; ma la vocazione, che spesso viene considerata la spinta per farlo, non c’entrava proprio nulla? Penso che sia sbagliato considerare certi lavori, anche l’infermiere, come pura vocazione. Non ci credo assolutamente. Nella vita la maggior parte delle scelte di ognuno di noi è dovuta a delle sliding door strane, a delle coincidenze particolari, a degli accadimenti fortuiti. Sono poche le persone che decidono fin da ragazzi di perseguire un’attività e non è necessario avere la vocazione per fare certi lavori, l’infermiere, il medico. Forse, lasciatemelo dire perché sono un comico, neanche per fare il prete. Cosa non riusciva proprio a sopportare della professione di infermiere? Non me ne sono andato dall’ospeda-

le perché non lo sopportavo. Io ho il grosso rammarico di non aver potuto studiare, dopo la terza media son dovuto andare a lavorare in fabbrica. Entrando casualmente a lavorare in ospedale mi sarebbe piaciuto tantissimo fare il medico. Avrei voluto fare il medico oppure il filosofo nella vita, ma non avendo studiato, non avendo la maturità, non ho potuto. Me ne sono andato solo perché dentro di me avevo un’altra urgenza che mi spingeva, questa voglia del teatro, dell’arte, ancora confusa, ancora incerta. Appena si sono create le condizioni, la mia inquietudine mi ha fatto uscire. Ha suddiviso il libro in cinque parti: Calor, Tumor, Rubor, Dolor e Functio Lesa, che corrispondono ai cinque segni di un’infiammazione. Perché? Quando feci la scuola per infermieri nel ’77, erano appena state introdotte delle modalità di insegnamento anglosassoni. Si parlava di nursering e l’insegnamento cardine, dal punto di vista medico, era la descrizione degli effetti dell’infiammazione, perché, una volta compreso quel meccanismo, si poteva comprendere l’andamento di quasi tutte le malattie. Un iter denominato in latino. Un meccanismo di difesa del corpo contro un cancro, febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Intervista un ictus, il Covid-19, una puntura di vespa. Suor Silvina, nel libro, lo descrive come il più grosso regalo che Dio fa all’essere umano: dopo avergli creato il corpo, gli vuole talmente bene che gli offre anche dei meccanismi di difesa. Lo racconto in maniera un po’ scientifica, un po’ teologica, un po’ comica. Sono molto affezionato a questa suddivisione. Lei oggi dirige il Teatro Oscar di Milano. Come indirizza le sue scelte? È una follia che condivido con un altro scrittore, Luca Doninelli, e con Gabriele Allevi, un organizzatore di feste. Abbiamo superato i 60 tutti e tre e abbiamo cercato uno spazio dove si potessero discutere certe tematiche. Milano, prima del Covid, era una città di dimensioni assolutamente europee, con 400mila turisti l’anno, molto attraente anche dal punto di vista architettonico. Abbiamo voluto fare un teatro che ponesse delle domande alla città: dove sta andando? Che senso ha tutta questa frenesia? Non è che andando così veloci o in alto si dimentichi l’essenza di come siamo fatti? Il nostro è un po’ il teatro dell’anima. Tutte le scelte vanno in quella direzione, con attori, commediografi, opere che abbiano il senso di indagare le cose. Nel libro, le vicende dell’infermiere Saetta sono alternate dai suoi pensieri, domande - un po’ accusatorie, un po’ impertinenti - rivolte a un Dio che non risponde mai. Perché? Intanto perché l’infermiere che fa la notte vive in una condizione molto particolare. Ci sono notti in cui non ci si riesce a fermare un attimo, tante e tali sono le emergenze che possono accadere. Ci sono delle notti, invece, in cui non succede veramente niente. E il tempo della notte è il più propizio, e anche il più scomodo, il più inquietante, per suscitare certi pensieri. Sandrino non è diverso da tutti quanti noi, che, almeno una volta 32

GIACOMO FA IL... ...TURNO DI NOTTE Il titolo completo dell’ultimo libro di Giacomo Poretti è “Turno di notte - Storia tragicomica di un infermiere che avrebbe voluto fare altro”, ed è ambientato in “quella strana fabbrica dove manca sempre il personale, e dove la materia prima, gli ammalati, invece non manca mai”, l’ospedale, dove l’autore ha lavorato a lungo prima del grande successo con gli amici Aldo e Giovanni. Cucendo insieme con eleganza non priva di rimandi, anche colti, la realtà e il suo caustico umorismo, Saetta - questo il nome del protagonista, impegnato in un intenso monologo - riesce a farci scoprire lati poco noti e poco piacevoli della vita ospedaliera, grande “scuola di umiltà”, oltre che di sopravvivenza.

nella vita, ci siamo domandati a cosa serve, qual è il suo scopo, perché è fatta così. È un cardine del progetto del libro che Saetta si interroghi sul significato delle cose, numerosissime. Ponendosi le domande, forse, può riuscire ad avere una risposta. Quello che veramente temo è che certe domande rischino di scomparire dalla

nostra mente: non abbiamo più il coraggio di esprimerle. Sarebbe molto più drammatico che il porsele. Definisce l’ospedale una scuola di umiltà anche per i medici e gli infermieri, non solo per i malati. È sicuro che sia sempre così, specie per certi primari? L’occasione è per tutti. Non è matematico che ciascuno la viva. In questo periodo gli infermieri sono portati dal Covid all’attenzione di tutti; è giusto, ma è anche fastidioso, perché succede sempre che l’opinione pubblica crei degli eroi e immediatamente dopo se ne sbarazzi. Quando ho visto la famosa foto dell’infermiera accasciata sul computer, da ex-collega mi sono detto: “Forse si potrà capire la fatica fisica che l’infermiere fa”. Non se ne parla mai, ma io, che ho lavorato in fabbrica negli Anni ’60 dove era durissimo, quasi prima dei sindacati, posso dirle che fare l’infermiere era ed è molto più impegnativo proprio fisicamente. Inoltre, un infermiere, un medico, sono sempre in bilico, in un crinale molto scivoloso, tra il cinismo e l’esagerata affezione al malato. Se sei cinico, lo fai perché è troppo doloroso e ti difendi, ma rischi di far male il mestiere; se ti affezioni, in certi reparti rischi di perdere un amico tre o quattro volte la settimana. L’altra difficoltà è questa. Quanto pensa che il potere terapeutico del ridere possa realmente aiutare? Si è mai trovato, ai tempi, a provare qualche battuta con un malato? Sono piuttosto rigido sull’argomento. Può sicuramente funzionare in pediatria. Con Aldo e Giovanni ci siamo andati diverse volte. In altri reparti è più difficile, specie in oncologia, dove ho lavorato per molti anni. Credo funzioni di più la vicinanza vera, la compassione. Una persona, in una condizione così, ha altri pensieri. A me non è mai capitato di dire battute, non c’era spazio e non sapevo neppure far ridere.

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Psicologia

QUELLI, SÌ, CHE ERANO BEI TEMPI! di Anna Costalunga 34

Gli ultimi studi rivalutano un sentimento troppo spesso legato alla malinconia e alla tristezza; la nostalgia, invece, può essere un ostacolo alla solitudine, alla noia e all’ansia

I

l passato, a volte, ci appare come un paese straniero dal quale siamo stati esiliati, a cui aneliamo tornare. Una canzone risveglia il ricordo di un amore vissuto; il profumo del pan di Spagna riporta la mente all’infanzia; un gruppo di ragazzi con gli zaini in spalla evoca la spensieratezza della gioventù. La nostalgia è una triste felicità che ci riporta alle gioie del tempo che fu e ci fa soffrire al pensiero che quelle esperienze siano ormai irripetibili e perse per sempre. Cristallizzate in un trascorso che appare sereno e perfetto. Una sorta di paradiso perduto, che nella memoria si tinge dei toni sfumati del rosa di un tramonto.

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Breve storia di un sentimento vecchio quanto l’uomo Il nostalgico più famoso della letteratura è senz’altro Ulisse, l’eroe della guerra di Troia che abbandona la ninfa Calipso per tornare ad Itaca, dall’amata moglie Penelope, rinunciando al dono dell’immortalità. È dunque nell’epopea omerica che prende forma il concetto di nostalgia, un sentimento etimologicamente nato in Grecia (da nostos, ritorno, e algos, dolore) ma coniato nel XVII secolo dal medico svizzero Johannes Hofer, per definire il malessere che colpiva i soldati al fronte, lontani dalla patria. Un sentimento ammantato di una connotazione negativa, tradizionalmente associato a melanconia e tristezza. Una fama sinistra che ha attraversato il tempo. Nel XIX e XX secolo la nostalgia è stata variamente classificata come una “psicosi da immigrati”, una forma di “melancolia” e un “disturbo mentale compulsivo”. Ma quando lo psicologo Constantine Sedikides e il suo gruppo dell’Università di Southampton (Regno Unito) hanno iniziato a studiarla, la prospettiva è cambiata. Da emozione stucchevole, se non dannosa, la nostalgia si è infatti trasformata in una preziosa risorsa per la mente. Al punto che, sostengono i ricercatori, è consigliabile coltivarla. Il team di psicologi ha infatti scoperto che questo sentimento non solo non ha nulla a che vedere con la depressione ma, al contrario, contrasta la solitudine, la noia e l’ansia. Il valore terapeutico della nostalgia Il ricordo del primo bacio, degli amici di un tempo, di una musica non generano in chi li prova sofferenza, bensì serenità e ottimismo per il futuro. Sedikides stesso, infatti, ha ammesso che il pensiero costante della vita precedente (le origini greche e le

esperienze lavorative negli Stati Uniti) non procurava al suo animo un senso di infelicità, piuttosto di gratificazione, e che le scelte e gli avvenimenti del passato danno un senso al presente, all’essere hic et nunc. «La nostalgia - racconta - mi riporta alle radici, dà continuità alla mia vita e mi spinge ad andare avanti con ottimismo». Gli studiosi hanno analizzato le storie di centinaia di persone provenienti da varie parti del mondo, scoprendo che le categorie della nostalgia sono universali e ricorrenti: ricordi di amici e familiari, vacanze, matrimoni, canzoni, viaggi, paesaggi. Le storie individuali tendono sempre a presentare il sé come protagonista circondato dagli amici e dagli affetti più intimi. La maggior parte degli intervistati ha riferito di provare nostalgia almeno una volta alla settimana e quasi la metà ha ammesso di sperimentarla fino a tre o quattro volte in più. Per misurarne scientificamente gli effetti, i ricercatori hanno testato alcuni soggetti inducendo in loro dei sentimenti negativi attraverso il racconto di un disastro mortale e sottoponendoli poi a un test della personalità studiato per farli sentire molto soli. Dopo i primi istanti di tristezza per le sorti delle vittime, preoccupati del proprio isolamento, tutti si sono dimostrati inclini alla nostalgia. Una strategia utile per il benessere psichico: dopo essersi abbandonati al sentimento, si sentivano infatti meno depressi e meno soli. Un generatore di ottimismo ed empatia Guardare una vecchia foto o ricordare i compagni di scuola, insomma, non scatena solo l’emozione di un momento, ma fa da ponte tra il passato e il presente, tra ciò che siamo e ciò che saremo, dando la sensa-

NOSTALGIA, ISTRUZIONI PER L’USO Attenzione: la nostalgia è un sentimento da maneggiare con cura. Un uso “errato”, avvisano gli esperti, potrebbe rivelarsi controproducente. È il rischio che corre chi cede troppo alle lusinghe del passato a scapito del presente. La nostalgia della giovinezza è forse una delle più frequenti e intense perché - spiegano gli psicologi - ha a che fare con molte esperienze destinate lasciare un solco emotivo profondo nell’animo: il primo bacio, il primo viaggio, il matrimonio. Inoltre, con l’età, insorgono nuovi problemi e il contorno familiare e sociale inizia a trasformarsi, lentamente ma inesorabilmente. Per molti, allora, la nostalgia finisce per ridursi ad un semplice paragone tra ciò che è e ciò che è stato. Con la conseguenza di arrivare ad affermare che, in fondo, il meglio è ormai alle spalle. In realtà, sappiamo che non è l’infanzia (o la giovinezza) a farci star bene, ma il ricordo dell’innocenza e della gioia con cui si viveva da bambini. Il confronto, avverte ancora Sedikides, non è dunque l’atteggiamento vincente per rapportarsi al passato. L’approccio corretto è piuttosto quello di interrogarsi sulla vita trascorsa, riconoscendo alle esperienze il loro giusto valore. Ricordiamo Antoine da Saint-Exupery: «Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per raccogliere legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito». È questa la spinta emozionale più giusta per guardare al futuro con fiducia ed ottimismo. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Psicologia

PARERI E STRATEGIE

Constantine Sedikides afferma di avere individuato alcune strategie per aumentare il livello personale di nostalgia al quale attingere nei momenti difficili. Una tattica, da lui stesso sperimentata, è quella di creare nel presente più momenti destinati - in futuro - a diventare memorabili, ricorrendo alla cosiddetta “nostalgia anticipatoria”. Un’altra è quella di attingere al proprio “deposito nostalgico” ogniqualvolta si abbia bisogno di una spinta psicologica o di una motivazione in più. In quei momenti, suggerisce, è fondamentale concentrarsi esclusivamente sui ricordi, assaporandoli senza confrontarli con nient’altro. Secondo Rosalía Baena, dell’Università di Navarra (Spagna), la nostalgia è un sentimento in crescita. Forse a causa dei problemi economici, ma certamente per la crisi dell’identità culturale e dei valori personali che caratterizzano l’era post-moderna. La nostalgia come rifugio rassicurante dalla perturbabilità del presente fa trionfare serie televisive ambientate nel passato come Downton Abbey, o musical come Grease. E che dire delle applicazioni per i social, che permettono di dare un tocco malinconico alle foto grazie al sapiente impiego dei filtri in seppia o bianco e nero? 36

Nel ricordo si innesca un meccanismo di liberazione che permette di superare traumi e sensazioni spiacevoli del passato zione che la vita - col suo bagaglio di vicende negative e positive - abbia realmente un senso. Regalando così un pieno di ottimismo per il futuro, per sua natura incerto, e contemporaneamente rafforzando l’autostima e la resilienza nel presente. Una tesi peraltro sostenuta anche dalle neuroscienze: nel ricordo, infatti, si innesca un meccanismo di liberazione che permette di superare traumi e sensazioni spiacevoli del passato. In questo passaggio un ruolo fondamentale è svolto dalla corteccia cerebrale, con il coinvolgimento anche di amigdala, talamo e ipotalamo, respon-

sabili dell’attivazione degli impulsi che restituiscono il feedback positivo. Ma la nostalgia non favorisce solo l’equilibrio emotivo: si dimostra anche un motore di empatia e connessione sociale. Tant’è che, sempre secondo lo studio, il ricordo di eventi tristi provoca la vicinanza e la solidarietà del prossimo, allontanando così il senso di solitudine e di tristezza. È stato infatti dimostrato che le coppie si sentono più vicine e più felici nella condivisione di ricordi nostalgici, col risultato di alimentare nel tempo un “circolo vizioso” di generosità e altruismo.

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Società

CARNEVALE N

LE MASCHERE STORICHE LUNGO LO STIVALE

ascono originariamente con riti religiosi ma è il teatro a farle conoscere in maniera decisamente più diffusa. È grazie alla Commedia dell’Arte se diventano protagoniste assolute del nostro immaginario, col loro corredo di incredibili personalità, abiti spesso singolari e accenti tipici dialettali. L’origine delle maschere tradizionali che conosciamo risale al XVI secolo. Erano la leva che gli attori usavano per interpretare delle “maschere”

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di Sadìa Maccari Arlecchino, Brighella, Meneghino, Gianduja. Ma anche Colombina, Pantalone e Capitan Spaventa. Sono solo alcune delle maschere della nostra tradizione, figure di un passato incredibilmente familiare. Oggi, però, per lo più superate. Eppure hanno origini molto lontane e affondano nella storia di ogni regione o città di provenienza

ovvero dei personaggi stilizzati che rappresentano tratti caratteriali, vizi e virtù del genere umano. C’era il cavaliere, il guascone, la serva, la damigella e così via. Tutti a darsi il cambio in spettacoli che, spesso e volentieri, avvenivano proprio per le strade. Il più noto resta di sicuro Arlecchino. È il più colorato e sembra derivare dallo Zanni bergamasco, dal quale ha ereditato l’infernale maschera nera, un personaggio già noto nell’antica Roma prima che nella Commedia dell’Arte. Ma non tutti sanno che il

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suo abito, in origine, era tutto bianco, e che i riquadri colorati non erano altro che toppe che lui, per l’estrema povertà, aggiungeva di volta in volta al capo. Servo, infedele al padrone, è il re delle burle e degli imbrogli. Agile nel movimento e con la lingua lunga, spesso usa il dialetto. All’altro capo della Penisola c’è invece un personaggio ritenuto storicamente suo antagonista - chi non li ha mai visti rivali nel teatro dei burattini?! -: il celebre Pulcinella (noto anche come Policinella o Pollicinella). Questo personaggio nasce nel ’600 a Napoli. Nel teatro delle marionette è il servo di Mangiafuoco a cui però si ribella. Risalendo, a Roma troviamo il celebre Rugantino, noto anche al di là della tradizione del Carnevale. È un picaro e il suo nome viene da “ruganza” che sta per “arroganza”. Ma come ogni picaro, in fondo ambisce a un riscatto. Con lui, tra i personaggi del Carnevale romano, c’è sicuramente Meo Patacca, una figura curiosa di popolano, abile con le armi, senza un quattrino, che vive a Trastevere (storico quartiere di Roma): un attaccabrighe. Su a Bologna c’è invece Balanzone: superbo, prolisso, brontolone. Millanta una cultura che però poi rivela non possedere: imbottisce i suoi discorsi di citazioni latine che intercala col dialetto bolognese. Il Dottor Balanzone è di certo una delle più note tra le maschere tradizionali. Come pure Gianduja, collega del Piemonte, legato al territorio dell’astigiano. Il nome sembra venire da Gioann dla doja - Giovanni dal boccale -, anche se “doja” sarebbe piuttosto il recipiente per il vino. Anche la Lombardia è ricca di queste figure che, spesso, non sono altro che forme allegoriche della vita e degli atteggiamenti umani. A Bergamo ce ne sono almeno un paio. La più nota - di cui abbiamo già detto - è senza dubbio

Arlecchino. Poi, arriva Brighella. Un altro attaccabrighe, alla stregua degli altri smargiassi sparsi per tutta la Penisola, ma davvero pronto a tutto pur di ottenere ciò che vuole, disposto a sfidare la sorte, è sempre convinto di farla franca. Canta e balla, anche lui è figlio della Commedia dell’Arte. Ma come non citare Meneghino, naturalmente lombardo. Ha la particolarità di non indossare mai la maschera e di entrare in scena a volto scoperto. È saggio e si prende gioco della ricchezza e dei potenti. L’invenzione di questo personaggio, una sorta di archetipo, viene fatta risalire addirittura a Plauto. La bella, invece, è lei: Colombina! La veneziana, fidanzata di Arlecchino ma nelle mire di Pantalone che, invece, la vorrebbe per sé. È la servetta furba, audace, seducente. Non resta allora che ricordare Pantalone. Lui, veneziano, ricco e spilorcio. Fa il mercante e dal suo carattere deriva l’espressione “Paga Pantalone”. Non a caso, viene rappresentato sempre con addosso una sacca piena di monete. Tra le più tradizionali ci sono poi Capitan Fracassa (detto anche Capitan Spaventa): ligure, soldato, spaccone, fifone, anzi proprio codardo. Deriso, prende spesso un sacco di botte. Di figure curiose e legate al culto del-

«Le maschere tradizionali erano la leva usata dagli attori per interpretare personaggi che rappresentavano tratti caratteriali, vizi e virtù del genere umano» la terra, ce ne sono molte disseminate da un capo all’altro del Paese. Un esempio? I Mamuthones. Vengono dalla Sardegna e, loro sì, sono davvero spaventosi. Hanno maschere in legno nero, la schiena ricoperta di pelli di pecora e rumorosissimi campanacci. Peggio ancora in termini di spavento, gli Ainu Orriadore, interamente rivestiti con pelli di pecora e maschere fatte addirittura di ossa. Decisamente più su, in Trentino Alto Adige, ci sono invece gli Schnappviechern. Un nome pressoché impronunciabile ma di sicuro effetto, con una bocca enorme che aprendosi e chiudendosi produce un grosso frastuono.

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Attualità

IL DIFFICILE “MESTIERE” DEI NONNI

di Sanzia Milesi

Fare i nonni significa ricoprire un ruolo molto importante nella famiglia ma spesso ci si può confondere nel tipo di relazione che si instaura coi nipoti. La pedagogista Emily Mignanelli, ha provato a fare chiarezza, insegnando ai nonni a fare bene il loro “lavoro”

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er lei, Emily Mignanelli, sarebbe necessario istituire un vero e proprio “Sindacato dei Nonni”, in grado di tutelare il loro diritto al tempo libero, senza sensi di colpa e obblighi al perpetuo accudimento della “prole della prole”. Ma è altresì convinta che i nonni debbano comprendere il proprio ruolo e i “confini” del loro agire, molto chiaramente. È così che i suoi corsi per “Nonni efficaci” (l’ultimo in gennaio)

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sono autentici “corsi di sopravvivenza ai figli cresciuti e ai nipoti in crescita”. Perché, chiarisce introducendo le lezioni online: «Quello che non viene spiegato bene ai genitori quando nasce loro un figlio è che dovranno gestire anche i loro genitori diventati nonni. Daranno consigli non richiesti, daranno cioccolate di nascosto ai nipoti, compreranno loro giochi che finiranno rapidamente nel dimenticatoio. Ma sapete cosa? Tutto questo lo

faranno per amore, per puro amore verso i figli dei loro figli. Certo che per crescere un bambino l’amore non basta, servirebbe anche una buona dose di informazioni, buonsenso, consapevolezza e strumenti». Emily Mignanelli (nella pagina successiva, foto in basso), vive a Osimo, nelle Marche, la patria di Maria Montessori. È una giovane pedagogista e maestra, una ricercatrice e una madre, molto preparata. A 34 anni, ha due lauree - una in Scienze della Formazione Primaria e una in Scienze Pedagogiche - e ora sta studiando per prendere la terza, in Psicologia, mentre lavora all’Università di Macerata come assistente in Pedagogia Generale ed è consulente e formatrice al sostegno familiare presso il centro Corallo, che ha inaugurato nel 2019. Nel 2020, l’editore Feltrinelli l’ha chiamata per scrivere un saggio - che ha avuto un buon successo - dal titolo Non basta diventare grandi per essere adulti, in cui spiega “come smetterla di essere figli e prendere in mano la nostra vita”. Sempre nello stesso anno, con l’editore Lindau ha pubblicato Hundreds of Buddhas - Viaggio intorno al mondo alla ricerca di nuovi paradigmi educativi, che ha preso vita dall’omonimo blog e dalle sue esperienze, dall’India alla California, passando per New York. E ora sta ultimando nuovi volumi, di prossima uscita. Tutto questo, mentre si prende cura dei suoi due figli - Vittorio di 14 anni e Amedeo di 4 - nonché dei tanti bambini, da 0 a 14 anni, che frequentano la sua scuola “Serendipità” e i progetti educativi dell’Associazione Lilliput, che ha fondato quando aveva appena vent’anni. Un modello educativo in cui i bambini vivono nella Libera Repubblica dell’Infanzia, con una loro moneta e un negozio interno; scelgono a quali lezioni partecipare e possono licenziare un maestro, se portano sufficienti prove

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che non è un buon esempio per loro; gestiscono un’agenzia di viaggi che organizza le gite e vendono i manufatti del loro negozio di ceramiche, e poi cucinano e puliscono la scuola, perché di bidelli non ce n’è l’ombra. Un luogo dove, soprattutto, viene rimesso al centro il bambino nella sua relazione con l’adulto che lo cresce, evitando automatismi tossici e favorendo la giusta narrazione di sé come “forma terapeutica per eccellenza”. Riconoscendo in queste nuove leve il più potente meccanismo di rinnovamento sociale. Iniziamo da un aneddoto sui luoghi familiari. Ci racconti del centro Corallo? È stata una meravigliosa scoperta. Anni fa cercavo una sede a Osimo per il mio centro di pedagogia. Chi affittava lo spazio mi ha fatto vedere il posto e l’ho subito percepito come un luogo familiare, in cui mi sentivo a mio agio, ma ho scoperto che questa era la vecchia camiceria del mio bisnonno, solo quando ho firmato il contratto e ne ho parlato con i miei familiari. A loro non avevo ancora detto nulla, per evitare le paure che solitamente suscitano le mie idee: “Apro una scuola”, “Lascio tutto e vado nove mesi in giro per il mondo...”. Di solito, racconto tutto a cose fatte. Così, ho scoperto che mia nonna (da bambina) viveva proprio lì sopra; i miei genitori abitano in un palazzo a 50 metri da qui e in questa strada c’è sempre stato “tutto” il mio mondo finora. C’è il mio solco: è la via che ho percorso da piccola per frequentare le scuole e che percorro per andare al lavoro e riprendere i miei figli dai nonni. I tuoi nonni come erano, come li hai vissuti? I nonni hanno un valore enorme nella vita di una persona. Io sono la nipote di un angelo e devo a mia nonna Rossana, la mamma di mio padre, enorme affetto e gratitudine per

ciò che sono. Nella mia infanzia l’ho spesso idealizzata. È stata una bimba tolta ai genitori e affidata alle cure delle zie. Il dolore dell’infanzia per alcuni è una trappola, mentre per altri è la promessa di una grande umanità. Questa è stata lei con i nipoti e questa cerco di essere io, in una dimensione allargata, nel mio “fare con i bambini”. I miei nonni non erano consapevoli di alcune dinamiche e mi hanno tenuta distante da alcune verità, ma mi hanno affiancata in tutto. Cucinavamo con spensieratezza, cantavamo, ballavamo... Ricordo solo la gioia e l’essere presente. Questa è una dimensione a cui attingo anche nel mio

lavoro. La realtà della mia infanzia è stata una realtà fatta di magia. Questa nonna popola tutto il mio mondo. Quale “funzione” hanno i nonni? I nonni sono una risorsa e una ricchezza importantissima. Ma è fondamentale che sappiano stare al loro posto per mantenere una natura armonica nelle interazioni familiari, in cui ciascuno ricopre un ruolo assegnato. I nonni sono un’enorme eredità affettiva e relazionale, ma devono accettare che il loro figlio (o figlia) è oramai un adulto. Senza esercitare il proprio potere su di lui e sul nipote. E senza vivere con nostalgia la genitorialità ormai perduta o facendo ricadere sui nipoti le tensioni che hanno coi loro figli. Credo che debbano sapersi cogliere come capostipiti. Loro sono un monte vicino alla sorgente, da loro tutto parte. E possono sciogliere molte catene, smorzare molte dinamiche, se imparano a porsi nella giusta posizione che compete loro. Hanno un grande potere e grandi responsabilità (non colpe), ma devono saper riconoscere che “prima” di loro ci sono i genitori. Per poter fare tutto questo in modo sano, devono “risolvere” la loro genitorialità. Poter raccontare i propri errori e le proprie fragilità è liberatorio, libera intere generazioni. Come scriveva Jung: febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Attualità

«La mia vita è la storia di una autorealizzazione dell’inconscio». Per questo è importante “ripulire” le dinamiche familiari. Se taci una verità, non è vero che proteggi l’altro come pensi; mentre se la liberi, liberi te e gli altri che ti stanno attorno. Nello stereotipo, i nonni viziano... Il nonno non deve essere quello che vizia. È semmai colui che può avere più tempo a disposizione e quindi magari anche più pazienza, favorendo attività lente, altrimenti improbabili per tante coppie che conducono una vita frenetica. Ma non devono esserci contrasti con le scelte dei genitori. Il lusso del nonno pensionato è aver tempo a disposizione e deve essere questo il di più, il tempo trascorso, non la complicità: “ti compro...”, “facciamo questa cosa senza dire niente…”. Altrimenti è depistante per l’educazione del bambino. E per giunta non fonda una relazione, ma opportunismo. Come porsi correttamente nella relazione? I nonni - ma così anche i genitori - devono percepire il bambino non come un diritto acquisito per legame di sangue, ma come un individuo. Non si tratta del 42

“figlio due”, i nonni devono elaborare il lutto: è finito il loro tempo di essere genitori. E questo, in un certo senso, dona loro più libertà nella relazione. Diventano la figura vicina, che capisce il bambino, ma in un confine di rispetto con i genitori. Se non mi sento realizzato nel mio lavoro o nel matrimonio, e sposto tutte le mie aspettative sulla dimensione genitoriale, nell’affermarmi come madre (o come padre), non permetto all’altra persona di crescere, perché altrimenti mi sento persa. “Ti stiro”, “ti porto fuori il cane”, “faccio tutto io” perché ho bisogno di fare ancora il genitore: non è sano, bisogna lavorare sul lasciar andare. La condizione dei nonni è perfetta. Hanno la saggezza dell’età, sanno per quali battaglie vale la pena impegnarsi e quali lasciar perdere, hanno avuto modo di poter comprendere se stessi, perché il passare del tempo ha eroso i loro scogli più appuntiti e ora possono prendersi cura di sé. Questi nonni “moderni” ce l’avranno davvero del tempo per sé? Bisogna assolutamente istituire un Sindacato dei Nonni! Devono imparare a dire di no. A rispondere che non possono occuparsi dei nipoti, perché se ne

vanno in crociera o perché vogliono fare le parole crociate, senza sentirsi in colpa. Non si “devono” prendere cura dei nipoti, lo fanno se vogliono. Non si insegna scegliendo sempre la rinuncia. Alcune rinunce sono eccessive, una forma di deprezzamento personale e un ostacolo allo sviluppo dei figli. È il genitore l’adulto responsabile di tenere il bambino, non il nonno in pensione. Un conto è una tantum, altro conto è darlo per scontato come fosse un loro lavoro. Quali esperienze hai avuto ai tuoi corsi con i nonni? Ho iniziato a far corsi con i nonni una manciata di anni fa. Una quindicina di partecipanti a lezione. Mentre i genitori, di solito sono tutti concentrati nella fascia dai 30 ai 45 anni, per i nonni è diverso: si va dai 55 agli 85 anni. Anche visivamente, sono completamente diversi. Hanno la loro vita scritta addosso: dall’operaio al primario. Ma mi ha colpito che quando si siedono a parlare dei nipoti, ogni differenza si annulla. Hanno tutti una lucidità e un’apertura mentale incredibile nel parlare dei propri errori tra loro (cosa che, invece, non hanno davanti ai loro figli), come ad esempio, quello di aver imposto l’aspettativa della laurea. Quando poi ho iniziato a fare i corsi anche online, è stato bellissimo. Vedevi dalla nonna delle Dolomiti con le treccine e la mantellina di lana, ai colori sgargianti del nonno siciliano. Sono veramente aperti. “Io non capisco ma sono disposto/a ad ascoltare”: è la posizione più frequente. Com’è capitato, ad esempio, parlando di relazioni omosessuali dei nipoti. Interagiscono, si consigliano tra di loro, sono spigliati. Sono nell’atteggiamento del non aver nulla da perdere, anzi, proprio per non perdere il loro rapporto con figli e nipoti, sono disposti a rimettersi in gioco. Ma va considerato che spesso purtroppo i nonni non hanno uno spazio per parlare tra loro, così come non c’è un luogo per il loro sostegno educativo.

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Focus

DARE PIÙ VITA AGLI ANNI. È POSSIBILE ? di Giovanna Vecchiotti

Gli ultimi dati Istat riguardo al numero di centenari presenti nel nostro Paese ci regalano una fotografia sorprendente perché, nonostante l’imperversare della pandemia, coloro che hanno superato le cento primavere sono aumentati rispetto all’anno precedente. I centenari italiani viventi al 1° gennaio 2021, infatti, erano 17.156 mentre nel 2020 risultavano 14.804; quindi, oltre 2mila persone in più. L’Italia, dunque, si conferma ancora una volta tra le Nazioni più longeve del pianeta e tra quelle con l’aspettativa di vita più alta. Da decenni, l’intento di numerosi studi scientifici è quello di carpire il segreto della longevità, ma anche di comprendere se sia possibile rallentare l’invecchiamento e aumentare, nel contempo, la qualità e la salute degli anni di vita guadagnati. Qualche risposta c’è. Sembra che, in primis, la longevità sia merito della genetica - che pare tracci il solco della nostra possibilità di raggiungere o meno il secolo di vita -, e poi della messa in pratica di stili di vita salutari, senza dimenticare, comunque, che non si vive a lungo senza il progresso della Medicina e l’accesso alle cure su vasta scala. Una certezza, però, esiste già: la vecchiaia è una parte essenziale dell’esperienza umana, ma raggiungerla è ancora un privilegio. L’estensione di questo privilegio al maggior numero di persone dovrebbe essere, quindi, l’obiettivo principe di ognuno di noi, e anche delle Istituzioni, a cui spetta il compito di attuare politiche adeguate. Raggiungere la vecchiaia in buone condizioni di salute, invece, un imperativo per tutti.

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STEREOTIPI, IL NEMICO NUMERO UNO

Vivere in una società in cui i canoni di bellezza e prestanza fisica sono tenuti in estrema considerazione induce spesso a “rinnegare” la propria anzianità per paura di essere giudicati inadeguati

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di Ilaria Romano

on l’aumento dell’aspettativa di vita, il processo di invecchiamento è diventato un fenomeno di massa; eppure, nonostante gli studi e l’interesse sul tema, la vecchiaia è ancora oggetto di pregiudizi, stereotipi e paure. Uno dei paradossi della società contemporanea è che nonostante - o forse proprio per questo - una crescente fetta di popolazione sia composta di anziani, i canoni di bellezza, giovinezza, prestanza fisica ed efficienza siano dominanti e sovrarappresentati, e tutto ciò che non rientri in uno schema “socialmente rassicurante” sia spesso rinnegato, o relegato a uno spazio intimo. Non a caso uno dei fenomeni in crescita in questi ultimi anni è la cosiddetta gerascofobia, ossia la persistente paura di invecchiare, associata a una fase naturale della vita che spaventa per i cambiamenti fisici, psichici e sociali che può comportare. Spesso ci si riferisce al celebre personaggio del romanzo di Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, per introdurre il tema del rapporto con la propria immagine e i cambiamenti che in modo naturale la vita ci mette di fronte. Il Dorian Gray contemporaneo rappresenta l’emblema di una società nella quale la necessità di apparire porta all’ostentazione di un’immagine pubblica di sé che quasi mai coincide con quella reale. Nel libro In pensione con il dottor Faust, la ricercatrice Rita Cavallaro parla di un patto faustiano tra anziani e società: «L’uno si impegna a disconoscere la sua condizione, a vivere attivamente come se nulla dovesse succedere, l’altra si impegna a non riconoscerlo per quello che è. La vecchiaia non è tanto emarginata, non esiste. Si parla di anziani, terza, quarta età, ma si usa raramente la parola vecchio». Come testimonia anche l’antropologo Marc Augé nel

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suo Il tempo senza età, l’esperienza comune a tante persone in età avanzata è quella di ritrovarsi giudicati secondo luoghi comuni scontati e superficiali, dove il termine “vecchio” assume solo connotazioni negative, come se gli anziani dovessero solo subire un’età carica di difficoltà e decadimento, quando invece non è affatto così. Eppure, in un contesto sociale dove la morte e di conseguenza la vecchiaia restano un tabù, non meraviglia il tentativo di rimuoverne i segni, quanto e più a lungo possibile. La paura di invecchiare negli ultimi decenni è decisamente aumentata - spiega a 50&Più il sociologo Antonio Censi, a lungo dirigente di una Rsa e autore del libro Vita da vecchi. L’umanità negata delle persone non autosufficienti -, la nostra società si rifiuta di prendere in considerazione l’idea stessa del decadimento fisico. Tutto quello che si sta facendo sul piano “educativo” è finalizzato alla negazione, all’allontanamento dalla condizione di decadimento fisico e dipendenza dagli altri. Di conseguenza questi problemi tendono a essere esclusivamente assegnati ai servizi, e la società fatica a riconoscersi nelle persone che stanno attraversando questa fase della loro esistenza. La conseguenza è una grande incomprensione, perché anche gli anziani si aspettano di essere riconosciuti come persone. Cosa significa per un anziano essere riconosciuto in quanto persona? Ricevere quegli aiuti che gli consentano di condurre la vita che ha sempre fatto, che è cosa ben diversa dall’offerta di una serie di prestazioni d’assistenza erogate in modo standardizzato e possibilmente a costi contenuti. Io ho lavorato a lungo nell’ambito delle Rsa e ho potuto verificare da vicino i limiti di un approccio esclusivamente medicalizzante, incen-

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trato sulla gestione dei costi dell’assistenza, secondo un modello aziendalistico che considera le persone solo dal punto di vista dei bisogni assistenziali. Dovremmo ribaltare questo paradigma e preoccuparci di riconoscere la persona nella sua complessità, cercando di stabilire una continuità con la vita che conduceva. Ad esempio, se si andassero a visitare le case delle persone che vivono nelle residenze sanitarie, si scattassero delle foto degli ambienti, si facessero delle riprese, si capirebbe molto della loro storia e sarebbe più facile riconoscere l’identità di quel singolo individuo. A volte i ricoveri avvengono in maniera sbrigativa, o arrivano troppo tardi, quando la situazione si è deteriorata, i problemi si sono acuiti e la persona fatica ancora di più ad adattarsi. Si contrasta la paura con la conoscenza? Anche di ambienti come le Rsa, apparentemente chiusi e “altro” rispetto al resto della società? Pensiamo alla pandemia, che ha avuto l’effetto di richiamare l’attenzione pubblica sui servizi di queste realtà e sulle fragilità che esistevano già prima del Covid; ma anche sull’impegno e la dedizione di tanti singoli operatori che hanno dato prova di resistenza, anche davanti ai fallimenti organizzativi. Sul fronte umano abbiamo avuto numerosi segnali di attenzione, ascolto e dedizione, ed è da questo che si deve ripartire per un rilancio dei servizi che mettano al centro le persone. Il problema non è rendere più efficiente l’assistenza, ma restituire umanità a questi luoghi. Con le nostre paure, noi cerchiamo di difenderci, di tenere lontane queste realtà, ma bisognerebbe invece avere il coraggio di far emergere i problemi, discuterne, piuttosto che coltivare l’idea che esista una formula calata dall’alto che elimini ogni forma di sofferenza e di disagio associate a questa fase della vita. Siamo di fronte a realtà difficilmente programmabili, perché ogni giorno comportano degli imprevisti, e dunque la scelta deve essere fra il rilancio di un modello organizzativo che ha mostrato dei limiti nell’approccio alla vecchiaia, oppure cercare di fare tesoro delle testimonianze umane. Ma per questo ci deve essere una mobilitazione morale della società, che parta da tutti, perché gli anziani di domani siamo noi. Come si contrasta lo stereotipo dell’anzianità come età fragile e decadente? Innanzitutto dobbiamo pensare che tante delle forme di disagio legate all’età anziana non nascono dalla pur naturale e presente decadenza fisica, ma dalle relazioni con gli altri e dai cambiamenti che intercorrono ad alimentare una sensazione di allontanamento dal mondo e di riduzione dello spazio fisico e sociale. In fondo la fragilità dell’età anziana e la sua rappresentazione ci servono a mascherare altre fragilità, presenti in ogni fase della vita, fra i giovani e fra gli adulti, e che dovrebbero al contrario creare una comunanza umana, farci fare un passo in avanti sul piano della comprensione e dell’arricchimento.

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QUANDO LA PAURA DI INVECCHIARE DIVENTA FOBIA Quella sensazione preoccupante e costante che il tempo comprometta le nostre capacità fisiche e cognitive in psicologia è definita gerascofobia, la paura di invecchiare, e compare anche in giovane età di Ilaria Romano

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invecchiamento è un fatto naturale, ma le reazioni all’avanzare dell’età possono essere molto differenti, come pure le paure legate ai cambiamenti fisici e di stile di vita. Come spiega Lucia Montesi, psicologa e psicoterapeuta, bisogna distinguere la fisiologica paura di invecchiare che tutti possiamo sperimentare in alcuni momenti, da quella patologica che rientra nelle fobie specifiche e che può compromettere la qualità della vita. Dottoressa Montesi, come si manifesta la gerascofobia e quali sono i fattori che la scatenano? La vera e propria fobia dell’invecchiamento può comparire a qualsiasi età, anche a vent’anni, ma è più frequente dopo i cinquant’anni: si manifesta con ansia che può arrivare fino all’attacco di panico di fronte ai segni di cambiamento fisico, con pensieri negativi sul futuro, su quella che potrebbe essere la vita nella vecchiaia. Può assumere aspetti molto diversi a seconda delle persone: per alcuni la paura è quella di perdere bellezza, prestazione fisica, capacità fisiche e cognitive, sviluppare una demenza. Per altri il timore è la perdita del ruolo sociale, del prestigio legato al proprio lavoro, oppure della perdita dei mezzi di sostentamento, del rischio di avere bisogno di assistenza e di non poterla avere. La gerascofobia si manifesta attraverso comportamenti che si mettono in atto per cercare di arrestare o negare l’invecchiamento, ossia il ricorso alla chirurgia estetica, all’esercizio fisico esagerato, al mantenimento di ritmi di lavoro eccessivi, alle relazioni con persone molto più giovani. Quanto influiscono i modelli sociali dominanti in questo tipo di paure? Forse la principale influenza su questo tipo di paure deriva proprio dalla

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cultura e dalla società in cui viviamo, che ci propone continuamente modelli di bellezza e di immagine secondo determinati standard: bisogna essere belli, giovani, attivi, efficienti. Ed è difficile resistere a questa follia collettiva in cui tutti corrono verso un ideale irraggiungibile, per poi sentirsi inadeguati rispetto a modelli lontani dalla normalità, ma che comunque influenzano il nostro modo di vivere e percepire noi stessi. Basti pensare che anche nello scegliere una fotografia da pubblicare sui social cerchiamo sempre di privilegiare quella in cui si vedono meno i segni del tempo, e nella quale sembriamo più efficienti. Questa è poi l’immagine che rimandiamo agli altri, e che influenza moltissimo. La pandemia ha influito sulle paure legate all’avanzare dell’età? Purtroppo la pandemia ha amplificato ancora di più le paure, perché ha messo in luce la fragilità legata all’età anziana, per le conseguenze stesse del Covid che si accentuano all’aumentare dell’età. E poi ci ha portato a riflettere su tutte le tematiche legate alla solitudine e al bisogno di assistenza. Inoltre, questo periodo caratterizzato da restrizioni e lockdown ci ha fatto sentire un po’ tutti derubati del nostro tempo, come se fossimo invecchiati di due anni senza averli vissuti pienamente. Perché la vecchiaia è ancora legata a una narrazione per stereotipi, nonostante l’aumento della vita media e la possibilità di preservare a lungo condizioni di benessere psicofisico? Perché sono le persone più giovani che spesso si esprimono sugli anziani, ma raramente sentiamo la voce dei settantenni, degli ottantenni, che si esprimono su loro stessi; perché magari lo spot pubblicitario è creato per loro ma non da loro, come pure la co-

municazione sui social, ma la realtà è molto diversa anche se emerge poco. C’è una discrepanza tra quelle che sono le paure e le proiezioni su come ci si immagina l’età anziana e la realtà, poiché dalle ricerche emerge che più della metà degli ultraottantenni è più che soddisfatta della vita che conduce. In realtà, quello che temiamo sono delle fantasie che proiettiamo sull’anzianità, che di solito è meglio di come viene immaginata. Ci sono dei comportamenti o degli atteggiamenti che possono essere considerati campanelli d’allarme per capire quando una paura fisiologica sta diventando una fobia? In psicologia non c’è un comportamento giusto o sbagliato di per sé, quindi ricorrere alla chirurgia estetica o al fitness diventa un problema solo se si supera la linea di confine della perdita di controllo, e della creazione di una dipendenza. Sentirsi in ansia o in colpa se non si fa una determinata cosa non è sano, come pure fare esercizio fisico tanto da compromettere la propria salute anziché apportare dei benefici, oppure spendere in cosmetici e chirurgia estetica tanto da compromettere le proprie finanze, o sacrificare i propri affetti. Come si può contrastare la gerascofobia? Parlando di più tra fasce di età diverse, perché ci si ascolta poco e c’è poco scambio. Se un giovane potesse ascoltare da una persona anziana com’è la sua vita, molti dei timori si ridimensionerebbero. Conoscere ciò che fa paura tranquillizza e aiuta a vivere meglio. Poi è importante chiedersi che cosa faccia paura nello specifico, perché magari è possibile adottare delle soluzioni e prepararsi a riguardo. Documentarsi su cosa significa invecchiare è fondamentale perché consente di mettere in luce anche gli aspetti

positivi: l’età che avanza comporta dei cambiamenti, non necessariamente negativi, perché porta ad una maggiore consapevolezza di sé, e spesso significa riuscire a fare finalmente la vita che si vuole. Non c’è una ricetta unica per tutti, ma ognuno deve riconnettersi prima con se stesso, riflettere su quello che vuole e cercare di vivere nel presente. Cercare continuamente di sfuggire ai segni del tempo porta a non trovare mai una soddisfazione, ma a spostare sul piano fisico ciò che non soddisfa della propria vita. Come terapeuta si è trovata di fronte a casi di paure di questo tipo? I casi capitano e il ventaglio delle cause è estremamente variegato: c’è la persona che è ossessionata dal diventare demente, per la quale tutto ruota attorno al controllo delle prestazioni cognitive; quella terrorizzata dal fatto di rimanere sola, o di non valere più niente agli occhi degli altri perché non lavora più. In realtà, moltissime delle problematiche si ricollegano alla paura dell’invecchiamento, e anche della morte che questo richiama, un altro tema che ancora ci turba. Questi temi sono ancora poco studiati e tendono ad essere rimossi dalla nostra coscienza, ma rimuovere completamente l’argomento non consente di metterne in luce anche gli aspetti positivi. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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LA LONGEVITÀ DIPENDE IN GRAN PARTE DA NOI

Vivere più a lungo si può, ma a certe condizioni. Innanzitutto modificando il proprio stile di vita, con una sana alimentazione e attività fisica costante. Così possiamo favorire una vecchiaia serena e in salute di Giovanna Dall’Ongaro

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uperati i cinquant’anni, prima o poi, c’è da scommetterci, ci si ritrova a pronunciare la fatidica frase: “oramai non ho più l’età per…”. C’è chi lo dice con rammarico perché avrebbe una gran voglia di fare molte delle cose considerate “sconvenienti” per gli over 50, come andare a ballare, vestirsi con colori sgargianti, cantare a squarciagola al concerto del cantante preferito insieme agli altri fan di trent’anni più giovani. Ma c’è anche chi “ci marcia” e ricorre alla scusa dell’età avanzata per evitare di fare sport o di portare i nipoti al parco. Sbagliano gli uni e gli altri. Perché da un po’ di tempo a questa parte la scienza ci invita a smettere di considerare l’età come un ostacolo o come un alibi, a seconda dei punti di vista. Sembra infatti che l’età indicata sui documenti valga solo per calcolare quanti anni sono trascorsi dalla nascita, nulla di più. I veri conti in tasca li fa l’età biologica, il parametro che misura quanto ci siamo effettivamente allontanati dalla gioventù in base a determinate condizioni dell’organismo e non al dato anagrafico. Per questo motivo l’espressione “non ho l’età” perde di significato: l’età anagrafica (che è quella a cui ci si riferisce in questo contesto), infatti, può dirci solo quanto siamo invecchiati ma non come. È quanto ci ha spiegato con estrema chiarezza Licia Iacoviello, professoressa di Igiene e Salute Pubblica all’Università dell’Insubria di Varese, capo del Laboratorio di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, che ha studiato a lungo i fattori che incidono sulla salute e sull’invecchiamento. Professoressa Iacoviello, è vero che l’età biologica conta più di quella anagrafica? L’età biologica è un indicatore diverso da quello dell’età anagrafica. Non si

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basa come quest’ultimo sugli anni trascorsi dalla nascita, ma sulla funzionalità del nostro organismo. Può succedere che una persona di 80 anni abbia un organismo funzionale come quello di una di 50 anni e viceversa. E tutto ciò è indipendente dall’aspetto fisico. Ossia, avere un’età biologica inferiore a quella anagrafica è qualcosa di diverso dal semplice “sembrare più giovani”. Quindi, avere un aspetto esteriore “giovanile” non significa avere un’età biologica inferiore a quella anagrafica? Le due cose possono andare di pari passo, ma non necessariamente. I parametri in base ai quali si calcola l’età biologica sono altri. Per conoscere l’età biologica si valutano la funzione epatica, renale, il metabolismo lipidico, le condizioni delle cellule del sangue. Poi ci sono altri biomarcatori specifici dell’invecchiamento, ossia misurazioni che indicano come e a che velocità si sta invecchiando. Tra questi c’è, per esempio, la lunghezza dei telomeri, le parti terminali dei cromosomi che accorciandosi accelerano l’invecchiamento. Le dimensioni dei telomeri sono quindi indicative dell’età dell’organismo. Poi ci sono i marcatori epigenetici che, semplificando al massimo, sono quelle molecole che indicano se i geni agiscono favorendo o ostacolando la salute. Il nostro stile di vita può infatti influenzare la funzione del Dna in senso positivo o negativo, anche se non può intervenire sulla sequenza. Mettendo insieme tutti questi parametri si ottiene un punteggio associato all’età biologica. Sono già disponibili diversi test per fare il calcolo. Perché è importante conoscere l’età biologica di un individuo? Le ricerche condotte dal nostro gruppo hanno dimostrato che l’età biologica è correlata alla longevità. Chi ha un’età biologica inferiore

a quella anagrafica ha meno probabilità di ammalarsi e quindi di morire prematuramente. Conoscere l’età biologica è importante perché, a differenza di quella anagrafica, questa è modificabile. Sta dicendo che è possibile ringiovanire o per lo meno rallentare l’invecchiamento abbassando l’età biologica? Da qualche tempo a questa parte è stato superato il paradigma secondo il quale l’età è un dato di fatto non modificabile. Si è scoperto infatti che si possono portare indietro le lancette dell’orologio biologico intervenendo sullo stile di vita. Un’alimentazione salutare, come la dieta mediterranea, l’attività fisica regolare, una vita serena priva di stress, sono fattori che possono abbassare l’età biologica. Quindi non è già tutto scritto nel Dna… La nostra salute e il nostro modo di invecchiare dipendono non solo dalla componente genetica ma anche da quella epigenetica, che è legata allo stile di vita. Uno stile di vita salutare può modificare la funzione del Dna in senso positivo. Chi ha avuto in dotazione con la nascita dei geni sfavorevoli che predispongono a determinate malattie può controbilanciare la cattiva sorte adottando buone abitudini alimentari, praticando regolarmente attività fisica, rinunciando al fumo, allontanando lo stress e mantenendo un peso forma. Secondo lei ci sarà mai un elisir di lunga vita capace di abbassare l’età biologica? Una pillola che rallenta l’invecchiamento? Esistono già molti farmaci che intervengono sui fattori di rischio, migliorando la salute generale e allungando la vita. Però sono convinta che sarebbe meglio puntare sullo stile di vita più che su una pillola miracolosa. I benefici della dieta mediterranea ba-

«Per conoscere l’età biologica si valutano la funzione epatica, renale, il metabolismo lipidico e le condizioni delle cellule del sangue» sata su cereali preferibilmente integrali, frutta, verdura, basso consumo di prodotti animali, alimenti di produzione agricola e non industriale sono oramai assodati. Allora perché non cominciare a cambiare le abitudini a tavola piuttosto che sperare in un elisir di lunga vita? febbraio 2022 | www.spazio50.org

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VIVERE CENT’ANNI? SI PUÒ. MA, PER ANDARE OLTRE, SERVE UNA MARCIA GENETICA IN PIÙ

Per alcune specie animali, superare il secolo di vita non è un fatto eccezionale. Qual è il segreto? Possedere un maggior numero di copie di alcuni geni protettivi che rallentano l’invecchiamento di Adelaide Vallardi

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oro ci sono riuscite. E non sono le uniche. Gli fanno compagnia gli elefanti, tanto per fare un per esempio. Oltre alle dimensioni gigantesche, le tartarughe delle Galapagos condividono con i pachidermi la caratteristica più ambita di ogni specie, Homo sapiens

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in primis: vivere a lungo, molto a lungo, e in salute. Sì, perché la natura ha deciso che ad alcuni animali la longevità spetti di diritto, come un bonus premio consegnato all’intera categoria e non solo a singoli individui. Insomma, nel caso delle tartarughe e degli elefanti, centenari si nasce e

non ci si deve sforzare più di tanto per diventarlo. In assenza di imprevisti, per questi animali superare il traguardo di un secolo di vita è la regola e non l’eccezione. Da che dipende questa fortuna? Ammettiamolo onestamente: la domanda non è per nulla disinteressata. E se ci sta così tanto a cuore scoprirlo è perché speriamo di poter rubare alla natura il segreto della longevità e di servircene poi per allungare la vita della nostra specie. Gli studi sulle tartarughe delle Galapagos e sugli elefanti invitano a rivolgere l’attenzione ad alcune specifiche caratteristiche genetiche tipiche di questi animali e non di altri. Si è scoperto, infatti, che le testuggini e gli elefanti posseggono, in numero superiore rispetto ad altre specie, le copie di alcuni geni protettivi che rallentano l’invecchiamento e allontano il rischio delle malattie legate all’avanzamento dell’età, come il cancro. Questi geni, cercheremo di spiegarlo in maniera semplice, innescano un processo di riparazione del Dna dai danni dell’invecchiamento o dei tumori. Per questa ragione il cancro è una malattia rarissima sia tra le tartarughe delle Galapagos che tra gli elefanti. Fortunati loro. Noi che apparteniamo alla specie Homo sapiens non siamo stati così tanto premiati dalla natura. Non possiamo lamentarci se ci confrontiamo ai nostri “cugini” scimpanzé, che raramente superano i 50 anni di età. Secondo alcune stime recenti, alcuni

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di noi potrebbero arrivare entro il 2100 a vivere fino a 130 anni. Ma si tratterà comunque di casi eccezionali perché i geni della longevità non vengono assegnati di default a tutti gli esseri umani, non sono il marchio di fabbrica di ogni esemplare messo al mondo. Per la maggior parte di noi, la longevità è una conquista più che un destino e per ottenerla si punta sullo stile di vita, l’alimentazione sana, l’attività fisica regolare, niente fumo ecc… È questa la via umana per campare cent’anni. Ma le persone estremamente longeve, quelle che arrivano a spegnere in salute 105, 110, 115 candeline (il record attuale è di 122 anni), hanno una marcia genetica in più, la stessa delle tartarughe giganti e degli elefanti. Anche loro posseggono un meccanismo di riparazione del Dna grazie al quale la salute viene preservata a lungo. Lo ha dimostrato uno studio recente dell’Università di Bologna condotto su 81 supercentenari italiani il cui genoma è stato analizzato in ogni minimo dettaglio, in cerca del “trucco” che permette di tenere alla larga le malattie dell’invecchiamento. «L’invecchiamento è un fattore di rischio comune per diverse malattie e condizioni croniche. Abbiamo scelto di studiare la genetica di un gruppo di persone che vivevano oltre i 105 anni e di confrontarle con un gruppo di giovani adulti della stessa area in Italia», ha spiegato Paolo Garagnani, professore associato presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale, Diagnostica e Specialistica dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. Il genoma degli 81 supercentenari è stato messo a confronto con quello di 36 persone in salute di circa 60 anni, per individuare le differenze nei geni tra i più anziani e i più giovani.

Dal confronto è emerso che gli ultracentenari posseggono alcune specifiche caratteristiche genetiche simili a quelle delle specie animali più longeve. Chi possiede questi particolari tratti genetici può, per dirla in maniere semplice, fare affidamento costantemente su una squadra di pronto intervento all’interno delle cellule, che ripara i danni del Dna ogni volta che se ne verifica uno. Non solo: il fortunato corredo genetico degli ultracentenari consente all’organismo di eliminare le cellule danneggiate (spingendole al suicidio, apoptosi) e di contrastare il cosiddetto stress ossidativo, responsabile della formazione dei famigerati radicali liberi associati all’invecchiamento. Tutti questi processi sono coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di molte malattie, come il cancro. Ma il genoma degli ultracentenari si distingue anche per un altro aspetto che sembrerebbe cruciale per allungare la vita: il Dna delle persone estremamente longeve presenta un numero basso di quelle mutazioni che naturalmente si accumulano nell’arco della vita. Lo studio suggerisce quindi che il segreto della longevità estrema è scritto nei geni e che dipenda dalla combinazione di due fattori: l’abilità di riparare i danni del Dna e la possibilità di ridurre al minimo le mutazioni naturali. «Precedenti studi hanno dimostrato che la riparazione del Dna è uno dei meccanismi che consentono una maggiore durata della vita tra le specie. Abbiamo dimostrato che questo è vero anche per gli esseri umani e i dati suggeriscono che la diversità naturale nelle persone che raggiungono gli ultimi decenni di vita è, in parte, legata alla variabilità genetica che conferisce ai semi-supercentenari la peculiare capacità di gestire effi-

Il corredo genetico degli ultracentenari consente all’organismo di eliminare le cellule danneggiate e di contrastare lo stress ossidativo, responsabile della formazione dei famigerati radicali liberi cacemente il danno cellulare durante il loro corso di vita», commenta Cristina Giuliani, professore associato presso il Laboratorio di Antropologia Molecolare, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Università di Bologna, coautrice dello studio. Con tanta buona volontà e un po’ di fortuna, molti di noi potrebbero diventare centenari. Ma senza i geni giusti ci si ferma lì. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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A CACCIA DELL’ELISIR DI GIOVINEZZA Dai laboratori più avanzati, le nuove molecole e le infusioni di plasma che promettono di rallentare l’invecchiamento cellulare di Anna Costalunga

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alla leggendaria Ambrosia degli antichi Greci alla pietra filosofale degli alchimisti medioevali, la ricerca dell’immortalità affascina l’uomo fin dai tempi antichi. Una speranza rimasta ovviamente disattesa. Ma se la morte resta l’unica certezza, si può sempre sperare di “lavorare” sulla vecchiaia, cercando di rimanere giovani e in buona salute il più a lungo possibile. L’aspettativa di vita è aumentata vertiginosamente ma non sempre è possibile fare un buon uso degli anni in più a disposizione, poiché spesso l’anzianità è associata a condizioni di malattie e fragilità che conducono ad un rapido declino fisico. Se è vero che la vecchiaia si prepara da giovani, rispettando salutari regole di vita, l’elisir di giovinezza oggi ha il nome di una serie di farmaci noti come geroprotettori e senolitici. Obiettivo di entrambi sono le cellule senescenti, invecchiate e non più in grado di svolgere le loro funzioni, che tuttavia - prima di morire rimangono a lungo nell’organismo secernendo alcune sostanze dannose, causa di infiammazioni. Sono chiamate anche cellule zombie, perché in grado di “contaminare” le cellule vicine, diffondendo l’infiammazione a tutto il corpo con un effetto domino. L’idea degli scienziati oggi è trovare - se non l’elisir di lunga vita - quanto meno una cura universale contro le malattie neurodegenerative e vascolari, il cancro e il diabete. L’assunto della ricerca sui farmaci geroprotettori, infatti, è impedire il deterioramento del fisico non appena inizino a svilupparsi i sintomi di queste patologie, che normalmente insorgono con l’età. Scopo delle ricerche, dunque, non è la longevità in

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sé, ma piuttosto la promessa di una “durata della salute” (healthspan), intesa come una vecchiaia libera da malattie. Tra le centinaia di sostanze allo studio figura la rapamicina, promossa da immunodepressore a supporto di trapianti a farmaco in grado di correggere i meccanismi cellulari danneggiati dal trascorrere dell’età. Un altro composto in grado di ritardare i processi di comorbidità è la metformina, oggetto di sperimentazioni su pazienti over 60 alla Mayo Clinic di Rochester (Stati Uniti), che ne evidenziano la capacità di agire sui meccanismi dell’insulina per ridurre lo stress infiammatorio causato dalle cellule zombie. Tuttavia, un solo principio di per sé non è sufficiente a bloccare il processo di senescenza. Sempre i ricercatori della Mayo Clinic hanno scoperto che la somministrazione di un cocktail di farmaci - composto da un

Oggi, l’idea degli scienziati è trovare - se non l’elisir di lunga vita - quanto meno una cura universale contro le malattie neurodegenerative e vascolari, il cancro e il diabete antitumorale e da un flavonoide, la quercetina - impedisce l’insorgere di aterosclerosi e osteoartrite. Ma l’aspetto più intrigante della nuova frontiera dell’antiaging è la cura con il plasma prelevato da soggetti giovani. Una pratica “vampiresca”, sostenuta da diverse società, tra le quali la californiana Ambrosia e da milioni di dollari di investimento. L’ultima ricerca volta a dimostrare

l’utilità delle trasfusioni di plasma giovane come possibile trattamento anti-Alzheimer risale al marzo 2021. Quinfeng Qiang, autore principale dello studio, sostiene infatti di aver documentato il ruolo centrale di un recettore dei globuli rossi nell’ostacolare il declino cognitivo, collegando la sua perdita nel tempo all’insorgere della senescenza. Il settore dell’anti-invecchiamento smuove anche enormi interessi economici. Secondo un rapporto dell’agenzia P&S Intelligence - esperta in ricerche di marketing -, il comparto passerà dagli attuali 191,5 miliardi di dollari a 421,4 miliardi entro il 2030. Di conseguenza si moltiplicano nel mondo i cacciatori dell’eterna giovinezza, all’inseguimento della formula ideale, e il settore dell’anti-invecchiamento, dunque, attira sempre più risorse. Nel Regno Unito sono al lavoro

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più di 260 aziende, 250 investitori, 10 non profit e 10 laboratori di ricerca. Nella Silicon Valley, in California, ricchi e misteriosi investitori finanziano l’industria dell’eterna giovinezza a tutti i costi. Una delle ultime start up è Altos Labs, tra i cui facoltosi sovvenzionatori figurano il fondatore di Amazon, Jeff Bezos e Yuri Milner, il miliardario che ha fatto la sua fortuna con Facebook. Milner ha 59 anni e Bezos 57. Forse il raggiungimento della mezza età li ha spinti ad indagare sulla questione. Di certo entrambi possono contrapporre alla paura di invecchiare la disponibilità economica necessaria per un investimento di tale portata. Bezos del resto non è nuovo a questi interessi: insieme al fondatore di PayPal, Peter Thiel, ha scommesso sulla Unity Biotechnology, altra società californiana, la cui missione è “estendere

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la durata della salute umana, garantendo un’esistenza non gravata dalle malattie dell’invecchiamento”. L’ultimo progetto dell’azienda, partita con un finanziamento base di 300 milioni di dollari, riguarda un farmaco senolitico per l’osteoartrite, che promette - tramite infiltrazioni al ginocchio - di contrastare la malattia distruggendo le cellule senescenti. In futuro lo stesso farmaco potrebbe essere impiegato nel trattamento del dolore in altre parti del corpo. Un’altra start up ad operare nella Silicon Valley è Calico (California Life Company), lanciata da Google nel 2013 con 1,5 miliardi di dollari per studiare le cause dell’invecchiamento e come contrastarlo. Tra le aziende del settore (BioAge, BioViva, The Longevity Fund…), una - la Cellular Longevity Inc. sta sviluppando nuovi trattamenti per garantire ai cani una vita più

lunga e una vecchiaia più attiva. E possibilmente estendere in futuro i risultati della ricerca anche alle persone. È dunque arrivato il tempo in cui le conoscenze nel campo della biologia e le tecnologie sempre più raffinate permettono di individuare e ostacolare efficacemente alcune delle cause del processo di senescenza. Ma restano alcuni interrogativi etici. A partire dagli esperimenti di parabiosi (la pratica chirurgica che unisce due organismi simili connettendo i rispettivi sistemi circolatori) alla base delle terapie plasmatiche, fino ad un interrogativo di fondo: come coniugare tutto questo con il sovrappopolamento e lo sfruttamento del pianeta? E infine: siamo consapevoli che respingere la vecchiaia non significhi in realtà negare la condizione stessa della nostra umanità? Certo un mondo di ultra centenari, in cui tornare sui banchi di scuola a 60 anni o cambiare vita a 80, è oggi un traguardo sempre meno fantascientifico. Un successo dovuto anche alla medicina, il cui fine ultimo è mantenere le persone in buona salute, non importa quale sia la loro età.

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AYRTON SENNA, EROE NEL VENTO

Bello, vincente e sfortunato, Senna era molto più di un campione di Formula 1. A quasi trent’anni dalla tragica morte in gara, il suo mito di mago della velocità, uomo ardente e malinconico, implacabile “esploratore del limite” è più vivo che mai

di Giulio Zinno di Leonardo Guzzo ella gerarchia dello sport esistono i campioni, i fenomeni e gli eroi. Quelli che sovrastano la maggioranza in abilità, quelli che per talento e carisma travalicano lo sport e poi quelli che spostano un limite, che dello sport ha solo la veste e riguarda in realtà tutta la “famiglia umana”. Ayrton Senna appartiene a quest’ultima cerchia:

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eroe per l’impulso di correre più veloce di tutti, per la sfida a essere se stesso senza compromessi, a vivere la sua originalità e a plasmare le circostanze. Nato a Sao Paulo il 21 marzo del 1960, Senna è il rampollo di una famiglia agiata, il successore designato alla guida dell’impresa creata dal padre Milton Da Silva. Traballa sulle gambe e i genitori lo ri-

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battezzano “Beco”, il boccale di birra in brasiliano, assimilando la sua camminata instabile a quella di un ubriaco. I medici non sanno trovare la causa del disturbo, confidano nel tempo e il tempo alla fine guarisce il piccolo Ayrton; il senso del bilico gli resta impresso e si trasferisce in un’attrazione irresistibile per le macchine e i motori. A quattro anni il padre gli lascia il volante della sua auto, poi gli costruisce una macchinina su misura per esercitare la sua passione. Ayrton si cimenta giovanissimo coi kart, impara a smontarli e rimontarli pezzo per pezzo, a conoscerne ogni bullone. A 13 anni è affidato alle cure del “Tché”, leggendario addestratore di piloti di San Paolo, e il suo responso è lapidario: non ha mai visto un altro correre come quel ragazzino. Senna s’impone come kartista in Brasile e poi in Europa. In Italia e in Inghilterra si cimenta con le macchine da corsa: mette a frutto l’abilità affinata nell’apprendistato sui kart, ma scopre solo allora il brivido della “vera” velocità, e non può più farne a meno. Nel 1981 sposa l’amica d’infanzia Lilian de Vasconcelos, l’anno dopo il padre lo richiama al dovere in Brasile e Ayrton obbedisce. Passa sei mesi fuori da se stesso, come un morto in vita, il suo sogno sembra compromesso e il matrimonio va a rotoli. Poi finalmente il padre si convince a “lasciarlo libero”: può diventare a tutti gli effetti un pilota professionista e conquista un posto in Formula Uno al

volante della Toleman. È il 1984. Non vince nemmeno una gara ma, il 3 giugno, nel Principato di Monaco dà lezioni di guida sul bagnato. In testa c’è il francese Alain Prost, che avanza accorto su una macchina molto più potente: Senna va quasi in parata e sta per superarlo quando la corsa viene interrotta per via della pioggia battente. Da quel momento Prost, il bassotto col naso da silfo, il “professore” che calcola ogni vittoria, diventa il suo nemico giurato, colpevole di un furto e di essere il più bravo, a parte lui. L’anno dopo Ayrton passa alla Lotus, vince il suo primo Gran Premio in Portogallo e bissa in Belgio. Ottiene due vittorie anche nel 1986 e nel 1987 e si consacra tra i migliori piloti del circuito. Nel 1988 Prost lo vuole come compagno nella scuderia McLaren, avallando l’inizio di una tra le più formidabili rivalità della Formula Uno. Quell’anno Senna vince otto gare su sedici e conquista il titolo mondiale dei piloti. Nel 1989 il rapporto con Prost s’incrina per uno screzio in gara a Imola e la tensione culmina in un clamoroso incidente a Suzuka, in Giappone. Il francese è davanti, Senna insegue nel campionato del mondo e in gara: vede uno spiraglio in curva e cerca di sorpassare il compagno di squadra, che lo chiude. Per l’impatto entrambe le vetture finiscono fuori pista: Prost si arrende, ma Senna riparte con una manovra contestata e vince. Dopo il traguardo, la doccia fredda: la direzione di gara lo squalifica, togliendogli la vittoria e ritirandogli la licenza di pilota per sei mesi. Ayrton sbraita, perde il campionato dietro a Prost e patisce una ferita destinata a non guarire mai. Nel 1990, a Suzuka, le parti si invertono: Senna è primo nel campionato e parte in pole position, Prost è passato alla Ferrari e insegue. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Beco Vita in romanzo di Ayrton Senna

Gian Paolo Ormezzano

Leonardo Guzzo (Napoli, 1979) è scrittore e giornalista. Scrive per «Il Mattino» e «L’Osservatore Romano». Per Pequod ha già pubblicato Le radici del mare (2015) e Terre emerse (2019).

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Leonardo Guzzo Beco

Il teatro della sua pantomima la lotta eroica tra bene e male, la crociata per affermare il suo diritto ad essere l’eletto - traballa. Non gli basta trasferirsi alla Williams, la scuderia più forte Devo sempre vincere. Questo è. Se non vinco nonmodifica mi sento soddisfatto. del del momento: una Fa parte della mia personalità: ci ho messo una vita a chiarirlo, rendermene conto, e l’ho sempre applicato alle corse. La regolamento acosa riscrive gerarchie più importante,le l’unica che conta, è essere te stesso. Non permettere agli altri di cambiarti perché vogliono cambiarti. è vincere sempre. Mi rifiuto di fuggire e Senna faticaLadallamiaalotta.motivazione trovare il giusto È la mia natura, andare dritto fino alla fine. assetto della vettura. Nel 1994 è costretto a ritirarsi durante le prime due gare e chiede una modifica meccanica per essere più competitivo a Imola, Q nel Gran Premio di San Marino. Il piantone dello sterzo è allungato con l’innesto di un tubo saldato a mano, in modo da garantirgli maggiore spazio nell’abitacolo strettissimo. La vettura perde in aderenza: al sesto giro del GP, già funestato da una morte in pista nelle qualifiche, va dritta alla curva del Tamburello e si schianta velocissima contro il muretto di recinzione. Senna è immobile, ha la testa piegata di lato. Lo tirano fuori dalla macchina, non risponde. Un pezzo saltato della sospensione gli è entrato nel casco sotto la visiera, qualcuno lo vede esalare l’ultimo respiro, o ne ha l’impressione. La corsa in elicottero all’ospedale di Bologna e le cure successive sono inutili: alle 18.40 la dottoressa Maria Teresa Fiandri annuncia al mondo che Senna è morto. Il 5 maggio, in Brasile, si svolgono i funerali di Stato ma Ayrton non è nella bara. Non è nella tomba, nelle statue o nei cimeli dei musei, ma nei luoghi, nelle cose e nelle persone che ha lasciato dietro di sé in tutto il mondo. Nella curva del Tamburello ha chiuso i conti col mito: ha sorpassato verso l’alto, per lanciarsi nel luogo invisibile che appartiene più propriamente agli eroi.

Della magia di Senna mi piace sapere che non voglio sapere il perché. Il libro di Guzzo fornisce al mio non sapere una forte dose di parole, come un lungo mantra, una formula esoterica di cui non è obbligatorio conoscere pignolescamente il significato. Basta offrire mente e cuore alla prima pagina per rimanere presi, bloccati – divorati direi – da una scrittura davvero eccezionale: piena ma non barocca, ricca ma non proterva, cesellata ma non narcisistica. Nelle pieghe di questa scrittura corre l’eroismo solitario di Senna, la sua umanità sdrucita, lo sguardo vivo, guizzante e a volte perfino triste, il che vuol quasi sempre dire intelligente. Non c’è modo più efficace di un’evocazione magica per riportarlo in vita. La magia letteraria di Beco ha rinforzato la mia fantasia e la mia “sottomissione” nel rapporto con Ayrton Senna: è come quando uno è innamorato e scopre che quella certa musica, quel certo quadro gli servono per non capire bene il suo amore, e dunque per goderselo di più.

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Alla prima curva del tracciato, la stessa dell’anno precedente, il pilota francese prova a sorpassarlo, Ayrton chiude la traiettoria e i due finiscono di nuovo fuori pista. Gara terminata, nessuna squalifica e stavolta è Senna a trionfare nel campionato piloti. L’anno successivo, quasi a farsi perdonare quella scorrettezza, Ayrton rivince il campionato con una stupefacente dimostrazione di classe. Vince per la prima volta nel Gran Premio del Brasile, sul circuito di Interlagos a San Paolo, compiendo gli ultimi giri senza poter cambiare marcia e finendo stremato, tanto da non riuscire a tirarsi fuori dall’abitacolo della sua McLaren. Intorno è il tripudio, dentro è la sensazione di aver adempiuto a una missione: come tre anni prima, quando ha vinto il suo primo titolo e Dio gli è apparso per “riscaldargli il cuore”. Ha fede, Ayrton, legge un passo della Bibbia alla vigilia di ogni gara, si fa benedire la maglia ignifuga che indossa sotto la tuta, si estranea in una sorta di meditazione prima della partenza. Dice le sue preghiere e si sente eletto, anche quando la sorte gli volta le spalle e per due anni annaspa, penalizzato da una macchina non più all’avanguardia e tenuto a galla soltanto dal suo inarrivabile talento. Nel 1993, nel Gran Premio d’Europa, compie la sua impresa forse più leggendaria: cinque sorpassi nel primo giro sulla pista bagnata, quando le differenze meccaniche si appianano e conta solo la bravura del pilota. A fine anno, però, a vincere il campionato mondiale è Prost, che annuncia il ritiro dalle corse. Ayrton perde il rivale per eccellenza e forse anche un po’ di mordente.

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C’è una grandezza superiore in Ayrton Senna, che prescinde da tutto e tutti. Un magnetismo che avvince, al di là delle corse e i motori, al di là dello sport. Anche io l’ho avvertito, occupandomi di Formula Uno da direttore di «Tuttosport» e poi da inviato colorista de «La Stampa», pur senza incocciare mai nel pilota brasiliano. E mi ha toccato, di riflesso, il dolore speciale per la sua tragica scomparsa. Pensavo si chiudesse così ma mi sbagliavo. Molti anni dopo, finito Senna e finito io come inviato speciale nello sport del mondo – il che è più che nel mondo dello sport – mi è piombato addosso questo Senna di Leonardo Guzzo e sono rimasto una volta di più, e in maniera più intensa di una volta, avvolto dal personaggio. Senna non ha vinto più di tutti, e probabilmente non è stato il più bravo di tutti. Però mai nessuno ha attirato tanto amore. In Brasile me lo hanno accostato non a Pelè – troppo facile e poco vero – ma al più difficilmente e intensamente amato Garrincha, calciatore con le stimmate della poliomielite a fargli strano il passo. Senna sembrava aver patito una polio dentro, tutta sua. Traballava, come suggerisce “Beco”, il soprannome di quando era bambino che Guzzo mirabilmente assegna come titolo al suo libro. Infantile era l’eroe Senna – misterioso, estremo, puro – come infantile è l’amore di cui resta oggetto. Una spiegazione a questo amore non c’è ma anche non deve a tutti i costi esserci. Il campione, e mica solo dello sport, ha un fluido che ci raggiunge e ci condiziona. Se conoscessimo questo fluido arriveremmo a produrlo in serie e sarebbe uno schifo.

BECO. VITA IN ROMANZO DI AYRTON SENNA Una biografia letteraria: così si può definire Beco, l’omaggio di Leonardo Guzzo al mito di Ayrton Senna. Non una raccolta di fatti memorabili, ma una storia sul talento e la determinazione di Senna, sul suo temperamento di pilota e il suo calmo furore di uomo. Un ritratto prismatico del campione brasiliano alternato a testimonianze in prima persona di parenti, amici, amanti, compagni e avversari, e alle confessioni dello stesso Ayrton. Beco è un libro originale fin dal titolo, che allude al soprannome di Senna bambino, incerto nella camminata. Queste pagine parlano di un uomo diventato eroe attraverso il suo sogno: Senna uomo che ha continuato a traballare nella velocità, che ha vissuto e vinto traballando e che traballando è scomparso. Ma non è caduto. Ha volato nella realtà e oltre, per proiettarsi nel mito. «Cantare un eroe è forse il modo più giusto per raccontarlo», sostiene l’autore, e Gianpaolo Ormezzano - storico direttore di Tuttosport - lo ribadisce nella prefazione: «ll libro di Guzzo fornisce al mio ricordo di Senna una forte dose di parole, come un lungo mantra, una formula esoterica di cui non è obbligatorio conoscere pignolescamente il significato. Basta offrire mente e cuore alla prima pagina per rimanere presi, bloccati da una scrittura davvero eccezionale».

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Concorso 50&Più Sezione Prosa

SULLE ALI DELLA CREATIVITÀ

Dopo le Farfalle, al Concorso 50&Più arrivano le Libellule. Un ulteriore riconoscimento al talento e alla voglia di mettersi in gioco di Stefano Leoni

Quando si crea un’opera non si spende solo tempo o magari denaro, ma si investono aspirazioni, pensieri, speranze. E proprio per questo essere premiati per ciò che si è creato è senz’altro entusiasmante. Figuriamoci, poi, quando si riceve più di un premio per il proprio talento. L’emozione è la stessa che provano i partecipanti al Concorso 50&Più quando vincono una Farfalla d’Oro e, magari, successivamente ricevono il premio Libellula. Dopo aver vinto in una delle quattro discipline del Concorso, infatti, i partecipanti possono mettersi di nuovo in gioco in quella stessa disciplina artistica gareggiando per aggiudicarsi la Libellula d’Argento. Ma non è tutto. La giuria, infatti, ha il potere di scegliere quattro ulteriori opere tra quelle in lizza (una per sezione) a cui andrà la Libellula d’Oro. Un momento che vuole ripagare di tutto l’impegno dimostrato dai partecipanti durante questo Concorso artistico. Per vedere le opere che si sono aggiudicate la Libellula basta visitare il sito www.spazio50.org/concorso50epiu.

Laureata in Scienze Naturali e in Scienze Biologiche, ha insegnato presso le scuole medie e superiori. Da 14 anni è la coordinatrice della 50&PiùUniversità di di Lucca. Partecipa al Concorso 50&Più per la seconda volta; nel 2020 ha vinto la Farfalla d’Oro per la Prosa e la Superfarfalla. Vive a Lucca.

Il cuore in mano di Rosa CONTE

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rego, signora”. L’inappuntabile cameriere posa sul tavolino il mio succo di frutta, lo ringrazio con un sorriso. Mi piace tanto questo hotel di Abano, dove spesso veniamo a rilassarci. Adoro questa aria antica, nobile ed elegante. Arredi, quadri, preziose porcellane, lampadari di Murano fanno rivivere la scintillante atmosfera della Belle Époque. Qui il generale Diaz ha firmato il Bollettino della Vittoria che nel 1918 chiude la Grande Guerra. Al Grand Hotel Trieste & Victoria mi sento coccolata e viziata, sentieri profumati di fiori invitano a rilassanti passeggiate all’ombra di alberi esotici e le acque calde delle piscine termali mi avvolgono e mi accarezzano in un abbraccio morbido e rassicurante. Purtroppo tu non vuoi più viaggiare, dici che siamo troppo “vecchi”. Ovviamente hai torto marcio ed entrambi sappiamo bene che si tratta di un alibi per mascherare la tua riluttanza al solo pensiero di prendere un aereo, o un treno o un’auto per scoprire bellezze che non conosciamo. Eppure sei ancora molto energico e sportivo, per non parlare di quanto alacremente svolgi ancora la tua attività. Non ho mai conosciuto nessuno che ami il suo lavoro con tale passione e dedizione, ancora oggi continui ad aggiornarti per poter offrire ai pazienti il massimo della professionalità. Sfogli distrattamente un giornale ed io inizio a dipanare il filo dei ricordi. Avevo quasi 29 anni. Mia madre era un po’ preoccupata perché mi vedeva già avviata sulla strada dello “zitelfebbraio 2022 | www.spazio50.org

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Concorso 50&Più laggio” ed io non facevo niente per non farglielo credere. Non avevo avuto fidanzati fino ad allora, tanti aspiranti candidati, questo sì, ma niente di più. Era martedì grasso e fui invitata ad una festa privata. Ancora oggi io detesto sia il Carnevale che le maschere, per cui mi limitai ad indossare una camicetta bianca con una lunga gonna colorata ed un paio di orecchini vistosi e portavo sciolti i miei lunghi capelli scuri. L’appartamento si trovava in un palazzo storico nel centro della città, risalente al 1300 e impreziosito da trifore e quadrifore. Saloni, caminetti antichi, tappeti ed arredi eleganti mi intimidirono un po’. A festa inoltrata il padrone di casa mi invitò a ballare. Nonostante insegnassi da sei anni ed avessi appreso l’arte di domare torme di esuberanti ragazzini dagli 11 ai 14 anni, non avevo perso la mia naturale riservatezza. Fui pertanto titubante, ma accettai per educazione anche perché, oltre al Carnevale e alle maschere, detesto anche il ballo del mattone. Per sciogliere il ghiaccio lui fece un apprezzamento sul mio orologio e mi chiese se era un Baume&Mercier. Che imperdonabile sbadata! Un prezioso orologio d’oro, regalo dei miei genitori, al polso di una già improbabile zingara! Guardai meglio l’autore del complimento e… mi persi nei suoi occhi “color di foglia”. Parlammo del più e del meno, ma il mio cuore già perdeva qualche battito. Sei una sciocca, mi dicevo, lui balla con te come ha ballato con le altre ragazze, per dovere di ospitalità. Figurati se ti considera, adesso vedrò spuntare da qualche parte una moglie oppure una statuaria fidanzata che si avvicinerà a noi con sorrisetto sardonico e… «Mi dai il tuo numero di telefono?», mi chiese. Sei mesi dopo eravamo sposati. Fu un viaggio di nozze da sogno. Cinque giorni nel più esclusivo hotel di Portofino e poi via, verso il Paradiso Terrestre. Sabbia di borotalco, l’aria odorosa, un mare dai colori incredibili e la barriera corallina delle Isole Seychelles mi fecero capire che quello era il posto dove avrei voluto vivere per sempre. Fino ad allora non mi ero mai 62

avventurata nel mare profondo, ma lì non potei rinunciare allo snorkeling in acque calde e cristalline ed incontrare i pesci multicolori come in uno straordinario acquario. La prima notte camminammo a lungo sulla spiaggia, percorsa continuamente da granchi mostruosamente grandi e rumorosi, ma ciò che mi incantò fu lo spettacolo mozzafiato del cielo, che sembrava non poter contenere le stelle. Non avevo mai visto un cielo così traboccante di luci palpitanti, il solo pensiero ancora oggi mi emoziona. Il nostro matrimonio fu un salto nel buio per entrambi, due sconosciuti che hanno unito le loro vite ed intrapreso un cammino insieme. Allora ti piaceva viaggiare; abbiamo visitato quasi tutte le capitali europee e siamo ritornati in Africa, negli Stati Uniti ed in Brasile ed ovviamente abbiamo percorso in lungo e in largo il nostro meraviglioso Paese. Ti ricordi quanto abbiamo riso quando il tuo collega ti disse: “Ma che fai, porti tua moglie a Rio de Janeiro? È come andare in un ristorante stellato e portarsi dietro il panino!” Mi ha assai divertito essere paragonata ad un sandwich!!! Certamente non sono mancati, come in ogni coppia, i momenti di contrasto. Non è stato facile starti accanto e cercare di smussare gli angoli acuti di un carattere a volte spigoloso e spesso ho dovuto attingere al Pozzo di San Patrizio della mia pazienza. Sei testardo, distratto ed impaziente, talora maschilista e molto diretto e non sai cosa significa la parola diplomazia. Ho imparato a conoscere i tuoi occhi quando, grigie lame d’argento, emettono bagliori scintillanti oppure quando, placidi laghetti alpini pieni di tenerezza, cangiano con la luce catturando le sfumature del cielo o degli alberi. Ho imparato ad ammirare la professionalità, l’umanità e competenza nel tuo lavoro, la tua passione infinita che ti faceva dimenticare gli orari, magnifica ed inebriante droga che ancora oggi, dopo 52 anni, non ti abbandona. Turni massacranti quando lavoravi all’Ospedale, anche di 36 ore, non ti

hanno mai fatto perdere quel desiderio stupendo e meraviglioso di aiutare gli altri a combattere la battaglia contro la malattia. Non sentivi stanchezza ed hai sempre affrontato i problemi, anche nell’ambiente di lavoro, con estremo coraggio e franchezza, senza mai scendere a compromessi o cercare facili guadagni. Scrupoloso e preparato, hai sempre perseguito il bene dei malati seguendo il tuo istinto e senso clinico, a volte disattendendo le linee guida e rischiando in prima persona, forte anche dell’enorme esperienza accumulata in tanti anni di trincea. Ricordi quella fredda mattina invernale quando il suono del telefono ci svegliò bruscamente? Laura, nostra amica, ti chiedeva di recarti da loro perché il marito, di soli 35 anni, non si sentiva bene. Mentre scorreva l’elettrocardiogramma improvvisamente il pennino impazzì e riconoscesti con grande preoccupazione i terribili segni della fibrillazione ventricolare. Afferrasti Marco, che aveva perso conoscenza, e senza tanti complimenti lo depositasti sul pavimento iniziando immediatamente le manovre rianimatorie. Passarono 20 lunghissimi minuti prima che l’ambulanza arrivasse. In seguito mi dicesti che stavi per smettere, avendo la netta impressione di massaggiare un cadavere, ma la vista del ventre turgido di Laura ti dette la forza di continuare. Non potevi tollerare che quel bambino dovesse nascere già orfano di padre. Le manovre continuarono anche a bordo dell’ambulanza e poi al pronto soccorso, finalmente con l’aiuto del defibrillatore. Eri assistito dal collega cardiologo di turno e dall’anestesista, i quali, vista la mancata ripresa del paziente, ti chiesero di constatarne il decesso. Tu non li hai ascoltati ed hai continuato fino a quando Marco non iniziò a respirare autonomamente. A distanza di pochi giorni Laura dette alla luce la sua bambina ed un mese dopo nacque anche il nostro cucciolo. Era il 1982, l’anno dei favolosi mondiali di calcio e con i nostri amici e i due piccoli in culla trepidavamo davanti alla tv a tifare Italia. Ricordo che avevamo un rituale scara-

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Libellule d’oro

mantico, ad ogni partita della nostra Nazionale dovevamo tutti mantenere la stessa postazione davanti allo schermo. Direi che ha funzionato! E la nostra amica Grazia? Ti riferì con noncuranza di un “dolorino” al torace. La tua immediata diagnosi di aneurisma dissecante dell’aorta, che le lasciava poche ore di vita, fece sì che in tempi record fosse sottoposta ad un lungo e delicato intervento da parte del più abile cardiochirurgo, che fortunatamente operava a Firenze. Oggi, a distanza di 25 anni, Grazia può godersi con gioia i tre vispi nipotini. Ed ancora altri pazienti da te estratti dalle tenebre dell’arresto cardiaco, uno perfino in palestra, mentre ti allenavi. Salvati dalle tue mani esperte, dalla tua caparbietà nel volerli strappare alla morte. Per te, mio eroe silenzioso, nessun clamore ma il riconoscimento più importante, l’affettuosa gratitudine dei tanti a cui hai regalato una seconda vita. Il filo dei miei pensieri continua a svolgersi, ma ora diventano dolorosi. Sollevi lo sguardo dal giornale e forse noti che i miei occhi sono appannati da un velo di tristezza perché mi chiedi: «A cosa stai pensando?». No, non te lo dirò che sto rivivendo il dolore per la perdita dei miei genitori e del mio unico fratello, quando ti bagnavo la camicia di lacrime e tu mi stringevi forte tra le braccia mormorandomi tenere parole di conforto. Non ti dirò di quante volte ti importunavo con mille problemi di salute o di quando andavo in ansia per una linea di febbre di nostro figlio e tu riuscivi sempre a rassicurarmi. Non ti racconterò dell’angoscia provata quando, colpita da un grave ipertiroidismo gravidico, mi dicesti che sarebbe stato opportuno non avere altri figli. Anche in quella occasione hai saputo curarmi con perizia ed affetto. La luce calda e morbida del tramonto estivo fa brillare le pagliuzze dorate nei tuoi occhi, gli stessi che tanti anni fa mi hanno stregato. Allontano i pensieri tristi e sorrido mentre ti rispondo. «Pensavo che è quasi ora di cena. Vogliamo andare?».

Sezione Poesia La passione per la poesia e l’arte in genere la porta a frequentare laboratori di scrittura, lettura e teatro. Ha partecipato a diversi concorsi. Partecipa al Concorso 50&Più per la dodicesima volta; nel 2009, 2011 e 2014 ha ricevuto la Menzione speciale della Giuria per la Poesia; nel 2017 ha vinto la Farfalla d’Oro e, nel 2018, la Libellula d’Oro sempre per la Poesia. Vive a Salgareda (Tv).

Nelle piccole stazioni albergano i sogni di Bianca Maria RORATO

La vita come un treno veloce, salta l’appuntamento desiderato quando non rispetta l’orario. Perdersi alle fermate importanti, sono luoghi sconosciuti, vorresti avere qualcuno accanto. Nelle piccole stazioni albergano i sogni, previste soste troppo brevi. Il fischio lungo, acuto, per dire sono qui, ci sono anch’io. Viaggi di notte, trampolino di pensieri autistici che tolgono il sonno. Manca l’entusiasmo per nuove conoscenze. La fretta è inutile, fermiamo le corse senza fine, con chi vuol sempre aver ragione. Scendere dalle consuetudini non è facile, la mente non favorisce i cambiamenti. Arrivare al capolinea con un bagaglio consistente, felici di non aver sprecato il viaggio inutilmente.

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Concorso 50&Più

Libellule d’oro

Sezione Pittura

Sponda sul fiume Sile di Antonietta PILLA

È amante dell’arte in tutte le sue forme: la pittura, la fotografia, la grafica, il ricamo e l’arte culinaria. Al Concorso 50&Più, nel 2003 e nel 2005, ha ricevuto la Menzione speciale della Giuria per la Pittura; nel 2007 ha vinto la Farfalla d’Oro; nel 2008, 2013 e 2016, la Segnalazione della Giuria e, nel 2011, la Libellula d’Oro, sempre per la Pittura. Vive a Villorba (Tv).

Sezione Fotografia

Giocando alla pesca di Cesarina RIGO

Fotografa per passione, partecipa al Concorso 50&Più dal 2013. Nel 2015 ha vinto la Farfalla d’Oro per la Fotografia. Vive a Monticello Conte Otto (Vi). 64

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SCHEDA DI VOTAZIONE PER IL CONCORSO PROSA, POESIA, PITTURA, FOTOGRAFIA È questo il momento più atteso dai finalisti: superare la selezione. I cinque candidati al premio finale per le sezioni Prosa, Poesia, Pittura e Fotografia, attendono ora il giudizio inappellabile dei lettori. Come ogni anno, con la

scheda di votazione qui proposta, sarà scelto il vincitore per ogni disciplina. Dunque, votate secondo le vostre preferenze: quella crocetta che traccerete sul quadratino posto a lato di ogni nome, sarà decisiva.

Da ritagliare e inviare in originale a 50&Più - Via del Melangolo 26 - 00186 Roma entro il 30/04/2022 (eventuali schede fotocopiate/scansionate saranno ritenute nulle). La votazione può essere effettuata anche online, all’indirizzo www.spazio50.org Cognome

Nome

Via Cap.

Città

Telefono

Acconsento al trattamento da parte di Editoriale 50&Più S.r.l. dei dati personali da me forniti. Tale trattamento avverrà nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento (UE) 2016/679 e delle disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale, ed ai soli fini della registrazione del voto da me espresso.

Firma

PROSA

POESIA

PITTURA

FOTOGRAFIA

La guerra e i miei occhi di bambina - Maria GOGATO

Sfogo palindromo Simonetta CALIGARA

Vortice Covid Carmine RAIOLA

Le mani che sanno… Armando FESTINI

Della Libertà e dell’Amore Maria Pia CORTELLESSA

Acqua sui fondali Francesca D’ERRICO

Il silenzio del mondo Giuliana CAPOCCHIA

Il contatto negato Annalisa GATTI

Rosso, giallo, arancio e… azzurro - Evelina MAYER

Le sue mani Gemma FERRO

Tra il profumo dei fiori Marco LENCI

Il volto del coronavirus Giulio Rocco CASTELLO

Il pianoforte delle stelle Luciana SALVUCCI

Nascere all’epoca del Coronavirus - Marco LENCI

Castelluccio di Norcia e la sua fioritura - Marcella SABBA

Schizzi di nuvole sul Tevere Salvatore SCARPINO

Occhi Gabriele VALENTE

Il bosco Luigina MARAN

Campo di grano Claudia Alessandra TENANI

Frutti in vendita al mercato di Nishiki nel centro di Kyoto Lucia Stefania D’EGIDIO

Libellula d’Oro per la Prosa: Libellula d’Oro per la Poesia: Libellula d’Oro per la Pittura: Libellula d’Oro per la Fotografia:

Rosa CONTE, di Lucca, con l’opera Il cuore in mano. Bianca Maria RORATO, di Salgareda (Tv), con l’opera Nelle piccole stazioni albergano i sogni. Antonietta PILLA, di Treviso, con l’opera Sponda sul fiume Sile. Cesarina RIGO, di Monticello Conte Otto (Vi), con l’opera Giocando alla pesca. MENZIONI SPECIALI

Marinella BONGIOLATTI, Giuseppina GATTI, Giuseppe GESANO, Caterina LORENZETTI, Giuliano MARROCCO, Stefano PENDOLA, Massimo ZUBBOLI.

GRECO, Mauro OTTAVIANI, Arnaldo PAUSELLI, Santuccia PETRETTI, Deniz TUNCER.

FOTOGRAFIA: Marina CAPOVILLA, Luigi DAVOLI, Roberta MARCONI, Antonietta PIANA, Rossana PIANIGIANI. POESIA: Maria Luisa ANDRIGHETTO, Gabriella BATIGNANI, Patrizio BELEGGIA, Isabella CUNSOLO, Luigi DAVOLI, Gianfranco EPIFANI, Anna Lisa GRITTI, Giuseppe ORLANDI, Ideale PIANTONI, Antonino TROVATO. PITTURA: Franca AMBROSI, Maria Teresa FIORATO, Angela SEGNALAZIONI Prosa: Ilde ROSATI, Tiziana MICHELINI. Poesia: Giovanni Mario MELOSU, Luciano ZONI. Pittura: Maria BUSATO. Fotografia: Giuseppina RIGHETTI.

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Società

IL RISCHIO

NON CONOSCE

ETÀ: I NUMERI DEL GIOCO D’AZZARDO IN ITALIA Sono sempre più gli over 65 che cadono in questo tipo di dipendenza. Se per alcuni si tratta solo di uno svago, per molti altri sfocia purtroppo nella patologia. E il settore muove un giro d’affari pericolosamente in forte crescita di Giuseppe Cionti

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e è vero che i numeri non mentono mai e che, in molti casi, rappresentano una cartina di tornasole per inquadrare un problema, facciamoli parlare anche su un tema discusso quanto complesso, perché legato a introiti giganteschi. Si sa, come sintetizzavano i padri latini, che pecunia non olet (il denaro non ha odore), peccato però che in questo caso il business è legato a questioni che sconfinano nel patologico. “Dipendenza patologica dai giochi elettronici o d’azzardo” è, infatti, la ludopatia secondo il dizionario Treccani. Una patologia che colpisce attualmente oltre un milione e 300mila italiani, dei quali almeno 12mila (il 10%) sotto cure medico-psicologiche. Una popolazione che non ha età quella del giocatore e che interessa

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tutte le fasce anagrafiche, se si pensa che dal pensionato che dilapida risparmi e sforzi di una vita, si passa a giovani e giovanissimi, con una media nazionale di spesa pro capite che si attesta su oltre 1.400 euro. Come ormai appurato da realtà istituzionali come la Commissione parlamentare antimafia, il fenomeno, proprio per il volume di affari che produce nel nostro Paese, attira sempre più le brame delle organizzazioni criminali. Insomma, ce n’è abbastanza se non per normare il settore (attualmente privo di qualsiasi legge organica) almeno per aprire qualche riflessione. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato che gestisce la parte legale del business, nell’ultimo Libro Blu (2021), ha presentato i dati principali relativi a macchinette, lotterie, Gratta e Vinci e giocate online. Il volume di denaro giocato in Italia, si apprende, è aumentato del 3,5%, attestandosi su un valore di 110,54 miliardi di euro. Negli ultimi 5 anni censiti (2015-2019) le dimensioni del gioco hanno seguito un trend crescente con un più +25,3% per quanto riguarda la raccolta, più +14,4% per la spesa e un bel +29,5% di incassi per il pubblico erario. Entrando nel dettaglio, i dati ci riferiscono che la sola rete fisica, escludendo quindi il comparto del gioco online, ha prodotto incassi pari a 74,1 miliardi di euro mentre quasi inarrestabile sembra essere la crescita della raccolta online, che nel 2019 è stata pari a 36,4 miliardi di euro (+16% rispetto al 2018), un terzo delle giocate complessive in Italia. I più gettonati online, sembrano essere i giochi di carte, quelli di sorte a quota fissa (tipo casinò, Lotto, ndr) e i giochi a base sportiva. Per quanto riguarda, invece, la raccolta sul gioco legato alla rete fisica, i cosiddetti “apparecchi da intrattenimento”, ovvero slot machine e video lottery, si confermano, nonostante una tendenza in evidente calo, i più utilizzati: circa 46,7 miliardi di euro nel

2019, il 63% delle giocate complessive su rete fisica. Infine, per quanto riguarda i dati del consumo pro capite di gioco d’azzardo legale, sul podio salgono nell’ordine Abruzzo, Lombardia e Campania, mentre chiudono la graduatoria Calabria, Basilicata e Valle d’Aosta. Ma come ha influito lo tzunami della pandemia anche in un settore come questo? E come si profila il gioco d’azzardo al tempo del Covid-19? Uno studio svolto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa a giugno 2020 ha rilevato il cambiamento dei comportamenti di gioco nel periodo di lockdown. È stata registrata una generale diminuzione del gioco fisico, con più del 35% dei giocatori che ha ridotto le puntate e quasi il 23% che ha addirittura smesso di giocare, mentre un intervistato su tre ha dichiarato di aver aumentato le giocate online. Tra gli habitué del gioco fisico, il 12% ha continuato anche durante l’isolamento e circa il 10% ha puntato sul web. L’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ifc), sollecitato dall’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci), da alcune Regioni e da altri soggetti istituzionali, ha messo a punto in questo periodo, sotto la guida della ricercatrice ed esperta Sabrina Molinaro, uno strumento ad hoc per la rilevazione del fenomeno: il questionario online GAPS #iorestoacasa. «Abbiamo sviluppato uno strumento agile per investigare gli aspetti relativi al gioco su tutto il territorio nazionale ha spiegato la Molinaro -. A preoccupare sono soprattutto le possibili implicazioni derivanti dalla chiusura di agenzie di scommesse, sale gioco e Bingo e dallo spegnimento delle slot machine: la chiusura del comparto fisico dei giochi, ormai terminata, ha reso necessario monitorare le variazioni dei comportamenti, per valutare se le limitazioni abbiano favorito la migrazione verso l’azzardo online o favorito trasgressioni alle regole di isolamento». febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Società Per quanto riguarda il gioco online, il 33,8% ha riferito di aver aumentato le occasioni di gioco, il 28,8% di non aver modificato le proprie abitudini e l’11,3% di aver iniziato a praticare questa modalità proprio durante l’isolamento. L’importo dell’online nel periodo in questione si è rivelato più consistente, con il 14,6% che ha speso oltre 500 euro e l’11% tra i 200 e i 500 euro. Il 56,8% ha, invece, ammesso di essere in perdita. Tra le fasce di età più a rischio in quella che si può trasformare da un gioco ad una trappola, risulta quella della terza età, come confermato da una ricerca a livello nazionale dal titolo Anziani e Azzardo, condotta da Gruppo Abele e Auser, in collaborazione con Libera; ha messo in evidenza che fra Gratta e Vinci e Superenalotto sono molti gli anziani che rischiano di giocarsi - è proprio il caso di dirlo - la propria pensione. Esplorando il comportamento di gioco d’azzardo tra la popolazione over 65 in 15 regioni d’Italia, si scopre che il 30% circa dei giocatori over 65 predilige Lotto e Superenalotto, il 26,6% il Gratta e Vinci e le lotterie istantanee, il 15% il Totocalcio e il Totip, il 10,2% i giochi di carte, il 3,8% slot e video lottery. Ricevitorie e tabaccherie sono i luoghi in cui si gioca più frequentemente (44,9%); seguono i bar (24%), l’abitazione privata (8%) e i centri commerciali (6,4%). Il 45,3% degli anziani afferma di giocare per vincere denaro, il 19,7% lo fa per divertimento e solo l’8,8% per incontrare persone. Il 51,6% degli intervistati sono uomini, mentre il titolo di studio più rappresentato è la licenza media (31,2%), seguito dal diploma di maturità (26,4%) e dalla licenza elementare (15,5%). La puntata massima mai fatta per i giocatori anziani definibili come “patologici” rileva cifre che vanno dai 1.500 euro per Bingo e scommesse, ai 6.000 68

Le puntate al gioco tra gli scommettitori anziani oscillano tra i 1.500 e i 6.000 euro, ma c’è chi arriva a giocarsi fino a 20mila euro, spesso i risparmi di una vita intera euro per giochi di carte o slot e Vlt. Fino ad arrivare a casi rari quanto estremi di chi è giunto a giocarsi fino a 20.000 euro come puntata massima al Lotto o al Superenalotto. «Abbiamo promosso questa ricerca - spiegano i promotori - per colmare un vuoto di informazione. Vogliamo far crescere tra le persone anziane la consapevolezza di quanto possa essere facile cadere nei rischi del gioco d’azzardo patologico, che ha ricadute umane e sociali pesantissime». A svolgere un’indagine locale su anziani e gioco è stato anche l’Istituto di fisiologia clinica del Cnr su incarico della Asl di Bergamo. È emerso che nel bergamasco il 44% dei senior ha giocato d’azzardo, soprattutto Gratta e Vinci acquistati in tabaccheria. A rischio di comportamenti problematici sono soprattutto “anziani soli e che si ritengono in cattiva salute”; si precisa che i giochi più diffusi tra gli over sono Gratta e Vinci, lotterie istantanee

e Superenalotto, con la speranza che “una vincita consenta loro di migliorare le proprie condizioni di vita”. Un enorme giro d’affari, dunque, sul quale le mafie, come appurato da fonti investigative e giudiziarie, hanno messo gli occhi. Un libro dal titolo Azzardopoli 2.0. Quando il gioco si fa duro... le mafie iniziano a giocare (Edizioni Gruppo Abele), ha raccontato numeri, storie e giri d’affari criminali di quella che viene definita la “terza impresa” italiana. Daniele Poto la descrive come «l’unica azienda con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi che colpisce il nostro Paese. Che può contare su ben 6.181 punti e agenzie autorizzate sul territorio e che interessa ben 49 clan che gestiscono “i giochi delle mafie” e fanno saltare il banco. Una percentuale importante sull’universo - si legge nel libro - dei 55 clan mafiosi censiti nelle relazioni Antimafia in relazione all’usura».

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Scienze

MENOPAUSA: I BENEFICI DEGLI ORMONI “NATURALI”

di Paola Stefanucci

Un valido aiuto per contrastare la fastidiosa sintomatologia menopausale è fornito dagli ormoni bioidentici, ricavati da sostanze vegetali. Ma attenzione alla somministrazione “fai da te”, che può diventare dannosa

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i affaccia, più o meno, verso la quinta decade d’età. Ma sembra non essere più (considerata) l’inizio del “declino”. La menopausa sorprende le donne dei nostri tempi sulla ribalta familiare, professionale e sociale ancora in primo piano. E, grazie alla “conquista” della longevità, cariche di un lungo futuro davanti a sé. Si vorrebbe attraversare naturalmente in buona salute e senza crisi esistenziali questa fase particolare della vita femminile, che coincide con la chiusura dell’età potenzialmente fertile. Tuttavia il nuovo assetto ormonale dettato dalla menopausa, in partico-

lare per la carenza di estrogeni, determina una serie di disturbi variabili da una donna all’altra per frequenza, intensità e durata. Le alterazioni del metabolismo osseo, lipidico e glucidico incrementano il rischio di osteoporosi, diabete, obesità, malattie cardiache e cerebro-vascolari. Vampate di calore, insonnia, sudorazione notturna, senso di stanchezza, difficoltà di controllo del peso corporeo, secchezza vaginale, calo della libido e instabilità emotiva peggiorano la qualità della vita. Per contrastare e alleviare la fastidiosa sintomatologia menopausale, il ricorso a terapie che prevedono l’assun-

zione tra l’altro di ormoni bioidentici, integratori, prodotti fitoterapici e formulazioni nutraceutiche, sovente preferite ai prodotti convenzionali cosiddetti “di sintesi”, è sempre più frequente. Con quali benefici? Ne parliamo con Osvaldo Sponzilli, direttore dell’Ambulatorio di Medicina Anti-aging, Omeopatia e Agopuntura presso l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli a Roma, nonché docente di Medicina Integrata presso gli atenei capitolini de “La Sapienza” e di “Tor Vergata”. Professor Sponzilli, lei è esperto di BHRT, anglo-acronimo che sta per “Bio-identical Horfebbraio 2022 | www.spazio50.org

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Scienze mone Replacement Therapy”, ovvero “Terapia ormonale sostitutiva con ormoni bioidentici”. Qual è la differenza con la terapia ormonale sostitutiva (TOS) classica? Tutti gli ormoni bioidentici sono tali perché effettivamente identici nella struttura chimica e molecolare a quelli prodotti normalmente dal nostro corpo, responsabili della regolazione di molte, se non tutte, le attività metaboliche. Nella TOS vengono utilizzati soltanto due ormoni: progesterone e beta estradiolo, in genere a dosi abbastanza elevate; mentre la BHRT ne propone un ventaglio molto ampio. A partire dal pregnenolone - “la madre di tutti gli ormoni” -, da cui originano tutti gli ormoni sessuali maschili e femminili (testosterone, estrogeni, progesterone); poi, il DHEA (deidroepiandrosterone), l’estriolo, il testosterone. Gli ormoni bioidentici non sono realizzati in laboratorio come i loro “cugini” di sintesi utilizzati nella TOS, ma si ricavano perlopiù da sostanze vegetali quali, ad esempio, la patata dolce americana, l’igname selvatico o il tribolo. Li possiamo definire “naturali”? La naturalità deriva dal fatto che le molecole degli ormoni bioidentici sono uguali in tutto a quelle umane ed essi vengono somministrati sotto forma di preparazioni galeniche magistrali, allestite in farmacie specializzate dietro presentazione di ricetta medica. È bene ribadire che gli ormoni bioidentici sono ormoni a tutti gli effetti. Ad alte dosi potrebbero avere effetti negativi. Devono essere sempre prescritti da un medico, dopo aver effettuato gli esami specifici sia ematici sia salivari, e la cura va monitorata nel tempo. La somministrazione avviene attraverso la via orale con capsule o compresse, sempre assemblate in laboratori galenici farmaceutici o, 70

ancora, in compresse da sciogliere sotto la lingua; oppure in creme che possono essere applicate sulla cute dei polsi o dell’inguine o, in molti casi, direttamente a livello vulvare nella zona sotto clitoridea. Nel trattamento dei (più comuni) disturbi della menopausa, quando è consigliabile optare per la terapia con i bioidentici? Senza dubbio la BHRT è consigliata alle donne che hanno paura o resistenza ad affrontare la terapia ormonale sostitutiva classica per l’influenza negativa, che alcune sperimentazioni hanno dimostrato, nelle problematiche di cancro al seno. La BHRT è priva di rischi? I dosaggi con cui si somministrano gli ormoni bioidentici sono bassissimi, potremmo dire in “low dose”, simili a quelli che produce il corpo umano all’età di quarant’anni nella donna. Alcune sperimentazioni americane

mettono in guardia anche contro con la somministrazione di ormoni bioidentici per il rischio del cancro al seno. Ma questo perché in America gli ormoni bioidentici sono di derivazione chimica e non vegetale e vengono venduti liberamente nei supermercati, cosa che in Europa non è permessa. Infatti, in Italia, come nel resto d’Europa, devono essere prescritti - è importante sottolineare questa differenza - da medici esperti nella materia con ricetta galenica magistrale. I dosaggi che si usano negli Stati Uniti sono altissimi e quindi pericolosi, contrariamente a quello che facciamo noi in Italia con prescrizioni personalizzate e dosaggi bassi simili a quelli fisiologici. In sintesi, quali sono i vantaggi di questa nuova strategia ormonale per la menopausa? I vantaggi fondamentali della terapia BHRT sono quelli di una terapia

«Le vitamine essenziali in menopausa sono la B6, la B3, l’acido folico, la vitamina D, la vitamina E e l’acido ascorbico o vitamina C»

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personalizzata, differente da donna a donna, in base ai suoi sintomi e soprattutto alla sua genetica. Ciò non è possibile con la TOS, in cui si utilizzano esclusivamente prodotti confezionati in dosi standard e dove le uniche possibilità terapeutiche sono rappresentate esclusivamente dagli ormoni progestinici e dal beta estradiolo. Trasferiamoci sul versante maschile: quali sono gli ormoni bioidentici raccomandati per curare i sintomi dell’andropausa? Senza dubbio, il pregnenolone, che ha il vantaggio di preservare la memoria, di rallentare il processo di invecchiamento e di migliorare il rendimento sessuale maschile; a volte accoppiato, con cautela, al testosterone. Esiste comunque tutta una serie di ormoni “low dose”, cioè a dosaggi molto bassi che possono essere utilizzati con il metodo omeopatico. Quali vitamine bisogna tenere sotto controllo in menopausa? Le vitamine essenziali in menopausa non solo per il mantenimento dell’equilibrio ormonale ma per lo stato globale di salute sono la B6, la B3, l’acido folico, la vitamina D, la vitamina E e l’acido ascorbico o vitamina C. Quest’ultima in forma ascorbato di potassio ha evidenziato una notevole azione nella prevenzione delle patologie degenerative. È utile l’assunzione di fitoterapici? E, in particolare, di quali? Sì, solo se prescritti dal medico. Si tratta di sostanze che hanno un’azione farmacologica. Vale anche per le vitamine. Il “fai da te” è (sempre) pericoloso. È importante evitare l’autoprescrizione. Solo il medico può valutare attentamente la necessità della prescrizione terapeutica e le possibili interazioni con eventuali altri farmaci o integratori. La fonte più pregiata di fitoestrogeni è rappresentata dal trifoglio rosso e dai derivati della soia, ricchi di isoflavoni, sostanze che

Il pregnenolone è tra gli ormoni bioidentici raccomandati per curare i sintomi dell’andropausa. «Ha il vantaggio di preservare la memoria, rallentare il processo di invecchiamento e migliorare il rendimento sessuale» come sostiene il professor Osvaldo Sponzilli (foto sopra).

hanno struttura e azione analoga a quelle degli ormoni femminili. Anche la maca, le cui virtù medicamentose erano già note agli Incas, ne è ricca. La maca possiede un effetto energizzante e antiossidante, stimola inoltre la secrezione di endorfine e serotonine, due ormoni legati al benessere e al buon umore, limitando la sintesi del cortisolo, un ormone dello stress che tende ad aumentare con l’invecchiamento. Gli isoflavoni sono presenti pure nella cimifuga e nella salvia. L’agnocasto è invece in grado di aumentare la produzione degli ormoni progestinici. Il ginseng ha proprietà adattogene e toniche, favorisce la capacità dell’organismo di adattarsi allo stress rafforzando il sistema immunitario, endocrino e nervoso, migliorando le capacità fisiche e mentali. Il tribolo stimola la produzione di ormoni androgeni al pari della muira pauma, una piccola pianta nativa della foresta amazzonica, nota come “albero della potenza”. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Scienze

a cura di Fondazione Umberto Veronesi

PER LA SALUTE DELL’UTERO PREVENZIONE E SCREENING

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gni donna, nel corso della sua vita, sperimenta piccoli e grandi cambiamenti che coinvolgono la salute dell’utero. Alcuni sono fisiologici, legati ad eventi come la gravidanza, la menopausa, il trascorrere degli anni. Altri sono invece un possibile segno di qualcosa che non va, ed è importante conoscerli. QUANDO L’UTERO SI AMMALA Come tutti gli organi, anche l’utero può essere colpito da forme tumorali. In genere si tratta di forme benigne, cioè non si diffondono ai tessuti circostanti o ad altri organi, e di solito non sono un pericolo grave. I FIBROMI (O LEIOMIOMI) Colpiscono oltre una donna su 40, superati i 30 anni. Sono tumori benigni che originano dal miometrio, appaio-

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IL COLLO DELL’UTERO Anche il collo, o cervice, dell’utero, può essere colpito da lesioni pretumorali e tumori, causati dal papillomavirus umano (HPV). Si possono prevenire in modo efficace con lo screening (Pap test e HPV test, offerti nei programmi organizzati a tutte le donne fra i 25 e i 65 anni) e con la vaccinazione, offerta a ragazzi e le ragazze a partire dal 12° anno d’età. Si può effettuare anche in età adulta, ma è bene discutere dei benefici con il medico.

no come lesioni ben circoscritte, rotondeggianti, di varia dimensione. Si sviluppano durante l’età riproduttiva e con la menopausa generalmente regrediscono. In molti casi non danno sintomi, ma in altri possono causare sanguinamenti uterini anomali, mestruazioni abbondanti, dolore addominale e, talvolta, infertilità. Si curano con farmaci ormonali e, se necessario, si possono asportare. L’ENDOMETRIOSI È dovuta alla presenza di tessuto endometriale (tipico della parte interna dell’utero) dove non dovrebbe trovarsi, ovvero al di fuori dell’utero, spesso su ovaie e tube. Provoca dolore pelvico, talvolta legato alle mestruazioni, ai rapporti sessuali o allo svuotamento dell’intestino. La diagnosi spesso è ancora tardiva, vi si giunge con l’ecografia e, se il sospetto è fondato, con

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la laparoscopia e l’esame istologico. Prima di intervenire il medico propone spesso terapie ormonali. Quando è necessario si ricorre a cauterizzazione o asportazione delle lesioni endometriosiche. I POLIPI ENDOMETRIALI Si tratta di neoformazioni prevalentemente benigne che originano dall’endometrio. Possono presentarsi a qualsiasi età e solitamente si manifestano con un sanguinamento uterino anomalo. Il percorso diagnostico prevede l’ecografia transvaginale e l’ultrasonoisterografia; è però con un’isteroscopia (l’esame endoscopico dell’interno dell’utero) che si possono eseguire biopsie o rimuovere completamente i polipi (polipectomia isteroscopica). I TUMORI Ogni anno, circa 8.300 donne ricevono una diagnosi di tumore maligno dell’utero, la terza neoplasia più frequente nelle donne tra i 50 e i 69 anni. Ne esistono molti tipi, classificati in base alla parte dell’utero in cui si sviluppano, ciascuno con caratteristiche specifiche; ma, talvolta, si presentano in forma mista. Gli adenocarcinomi dell’endometrio sono la forma più frequente, soprattutto dopo i 60 anni. Nell’80% dei casi questi tumori sono di tipo endometrioide, dovuti ad una crescita incontrollata delle ghiandole dell’endometrio, mentre più raramente (nel 5% o meno dei casi) sono forme più aggressive, come gli adenocarcinomi papillari o a cellule chiare. Nel miometrio e nello strato connettivo possono svilupparsi dei sarcomi, più rari ed eterogenei.

troppo - l’età. Naturalmente conta l’azione degli ormoni femminili e, ad esempio, la comparsa precoce delle mestruazioni, una menopausa tardiva, l’assenza di gravidanze e l’uso di terapie ormonali sostitutive a base di soli estrogeni possono aumentare il rischio. Al contrario, l’assunzione di estrogeni combinata a progesterone, come nel caso della pillola anticoncezionale, non sembra aumentare il rischio di contrarre un tumore all’utero e, anzi sembrerebbe avere un’azione protettiva. Altri fattori di rischio sono invece, almeno in parte, modificabili: sappiamo, ad esempio, che le donne obese o diabetiche hanno un rischio rispettivamente tre e quattro volte più alto di contrarre un tumore endometriale rispetto a donne non diabetiche e normopeso. E I SINTOMI? La diagnosi precoce dei tumori del corpo uterino è spesso facilitata dalla comparsa di sintomi evidenti fin dai primi stadi. Questo, insieme alla disponibilità di terapie adeguate, li rende curabili efficacemente nella gran parte dei casi. Ecco perché, nel caso in cui comparissero sanguinamento anomalo, perdite vaginali o dolore nella zona pelvica, è bene consultare con tempestività il proprio medico o ginecologo di fiducia. Inoltre, una visita annuale dal ginecologo è una buona abitudine da non trascurare mai.

PER APPROFONDIRE CONFORMAZIONE, CARATTERISTICHE E FUNZIONE L’utero è un organo cavo a forma di imbuto posto nel basso ventre. Fa parte dell’apparato riproduttivo femminile e ha lo scopo di accogliere l’embrione e permettere la crescita del feto durante la gravidanza. È costituito da una parte centrale (corpo dell’utero) collegata alle ovaie tramite le tube di Falloppio, e alla vagina tramite il collo dell’utero o cervice uterina. Il corpo dell’utero è costituito da due strati di tessuti: • il miometrio: lo strato muscolare esterno che consente all’utero di contrarsi per il parto; • l’endometrio: lo strato interno che, in età fertile, ogni mese si ispessisce per permettere l’eventuale avvio di una gravidanza e, se ciò non accade, si sfalda e viene espulso con la mestruazione.

PREVENZIONE E FATTORI DI RISCHIO Come accade per molte altre neoplasie, il primo fattore di rischio per i tumori del corpo dell’utero è - purfebbraio 2022 | www.spazio50.org

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Scienze

PRANA MUDRA

MUDRA FLYING LOTUS

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raticare le “mudra”, gesti Yoga simbolici delle mani, è considerata una vera e propria terapia naturale efficace. Secondo la filosofia orientale, questi gesti agiscono mettendo in comunicazione il corpo, la mente e la coscienza. Vengono create delle barriere nel corpo che hanno lo scopo di contenere l’energia e di canalizzarla, evitandone la dispersione. Vi sono mudra di carattere più fisico che vengono svolti attraverso alcuni asana o posizioni della pratica Yoga. Questa categoria include le mudra di viso, mani e dita poiché considerate di grande impatto sull’intero organismo. Non si sa con precisione quale sia l’origine delle mudra; le posizioni e gli esercizi di mani e dita, infatti, non si trovano solo in Asia, ma in numerose culture di tutto il mon-

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GYAN MUDRA

SURYA MUDRA

VAYU MUDRA

MUDRA SHIELD OF SHAMBHALA

LO YOGA DELLE MANI PER RITROVARE ENERGIA E BENESSERE Una pratica con cui, attraverso l’allungamento, il piegamento o l’intreccio delle dita delle mani, si va ad agire e a stimolare alcune aree del cervello e del corpo, con grandi benefici fisici e spirituali di Viviana Rubini do. In India questi movimenti compaiono oltre 5mila anni fa e hanno una lunga tradizione religiosa: per alcune divinità, certe posizioni delle mani sono talmente caratteristiche

da renderle identificabili non solo attraverso la postura, ma soprattutto con le mudra. Le divinità Shiva, Vishnu e Brahma vengono sempre rappresentate nelle loro tipiche

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posizioni e mudra caratteristiche. Del rituale meditativo per le mani si ha traccia nell’antico sciamanesimo e nella cultura vedica, dove la gestualità delle mani e i mantra accompagnano le cerimonie sacre, in cui i bramini invocano l’energia della Terra e del Cielo per incanalarla nel corpo a scopo benefico. In alcuni testi antichissimi, le mudra fondamentali, vengono considerate così potenti da essere di aiuto per distruggere la vecchiaia e la morte. Di fatto, questi movimenti sono elementi fissi nei rituali di tutte le religioni: i cristiani pregano tenendo le mani giunte all’altezza del petto, in altri culti le braccia si tendono in alto per invocare Dio oppure si battono le mani per scacciare gli spiriti maligni. Ogni mudra stimola parti diverse del cervello ed è pensata per direzionare l’energia in una specifica parte del corpo. Nella tradizione vedica gli esercizi per le mani sono associati ai cinque elementi naturali che si traducono in energie. Ogni dito rappresenta un elemento e un punto di connessione con l’energia ad esso collegata (o con la qualità che in un certo momento vogliamo risvegliare in noi). In particolare: al pollice è associato il sole (fuoco); all’indice è collegata l’aria (energia che si muove); il medio è il dito dello spazio (espansione, apertura); l’anulare è legato alla terra (radici, stabilità); il mignolo è il dito dell’acqua (fluidità, movimento). Anche se questi semplici gesti possono sembrare inefficaci, noteremo i loro effetti rilassanti nel tempo. Per riconquistare la calma interiore e una salute migliore, le mudra devono essere praticate regolarmente. Concentrarsi sulle posizioni delle mani e delle dita da mantenere per alcuni minuti aiuta la mente a rilassarsi. Quando si è irrequieti, rap-

presentano un momento di pausa e di quiete nella nostra vita frenetica. Possono delinearsi come un approccio semplice e potente con noi stessi, una coccola. E possono essere fatte ovunque, ogni volta che se ne sente bisogno, anche in coda al supermercato o in metropolitana. Basta eseguire con mani e dita certi movimenti fino a ottenere la posizione desiderata che va poi mantenuta per qualche minuto, distendendosi e respirando con calma. Se praticate durante la meditazione, invece, le mudra producono determinati stati di coscienza che favoriscono la nostra armonizzazione globale. L’effetto si basa, da un lato, sul loro impiego tradizionale in caso di specifici disturbi, ma soprattutto sul cambiamento del flusso energe-

tico nelle mani, che avviene unendo, piegando e allungando determinate dita. Esattamente come i piedi, anche le mani possono essere suddivise in zone riflesse che corrispondono a determinate zone corporee e a determinati organi. Mediante un delicato massaggio a pressione di specifiche parti delle mani è possibile attenuare disturbi quali mal di testa o mal di schiena, e stimolare ed equilibrare le funzioni dei vari organi. Inoltre, il massaggio della mano favorisce il rilassamento di tutto il corpo, aumentando così il benessere generale. Le mudra si praticano muovendo le dita e le mani in modo da riprodurre una specifica illustrazione. La pressione delle dita deve essere leggera e piacevole e le mani devono essere rilassate. Ecco alcune delle posizioni più conosciute: Mudra Prana (di energia). Consiste, nel piegare il mignolo e l’anulare e quindi toccare la punta di queste due dita fino alla fine del pollice. Con questa posizione si sperimenta una riduzione dei problemi di affaticamento e si rafforza il corpo e sistema immunitario.

“Mudra” è un termine sanscrito che significa letteralmente “sigillo”, “gesto”, “segno”. La mano racchiude in forma ridotta tutti gli elementi del cosmo e i gesti simboleggiano un ponte tra il mondo spirituale e quello esterno. L’efficacia della gestualità dipende dalla consapevolezza del praticante e dall’intensità e durata dell’attività.

Mudra Apaan (della purificazione). Si esegue con il pollice che tocca medio e anulare, e mantenendo le altre dita tese. Simboleggia la purificazione; tra gli effetti benefici ha, infatti, l’eliminazione delle tossine dal corpo, il miglioramento della circolazione e delle funzioni digestive. Mudra Gyan (della conoscenza). Associata spesso alla posizione del loto, si pratica toccando la punta del pollice con il dito indice, tenendo le altre tre dita piegate o dritte. Questa posizione favorisce il rilassamento della mente e la concentrazione. Ciò riduce ansia, stress e insonnia. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Tecnologia e dintorni CURIOSITÀ

a cura di Valerio Maria Urru

La start up francese Voyager by Immertech sta lavorando ad una macchina capace di viaggiare nel tempo e nello spazio grazie ad un algoritmo che elabora immagini a 360°

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È IN ARRIVO IL “CASSETTO DIGITALE DEGLI ATTI” La PA fa un altro passo avanti verso la digitalizzazione

Dopo l’obbligatorietà dello SPID, il 2022 sarà l’anno in cui la Pubblica Amministrazione intraprenderà la strada della digitalizzazione completa. Questo grazie al “Cassetto Digitale degli Atti” di PagoPa che, come suggerisce il nome stesso, permetterà agli utenti di dire addio ai documenti cartacei. Vi saranno memorizzate infatti tutte le ricevute di pagamento, le notifiche, le lettere, le ricevute e le risposte date alla PA, gli atti e le notifiche di valore legale.

www.pagopa.gov.it

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SMISHING, QUANDO LA TRUFFA ARRIVA TRAMITE SMS Una frode in costante aumento: come difendersi

Gli attacchi di tipo smishing - attuati tramite sms - stanno aumentando. Questa truffa consiste nell’invio di un falso sms che sembrerebbe provenire dalla propria banca, dall’Inps o dall’Agenzia delle Entrate. Il testo all’interno spinge l’utente a cliccare su un link che solo in apparenza rimanda al sito originale. In realtà si tratta di una copia perfetta del sito che carpisce i dati della persona. La soluzione? Diffidare e cancellare subito l'sms, senza cliccare sul link.

www.postemobile.it/sicurezza-consumatore/smishing

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SOLUZIONI CONTRO I SUPERINCARI DELLA BOLLETTA Con le App cerchiamo l’offerta migliore sul mercato

Il 2022 non si è aperto di certo bene a causa dei notevoli rincari legati al costo dell’energia. Due le soluzioni: restare a guardare oppure usare qualche App per trovare l’offerta migliore sul mercato. Ne suggeriamo due: Switcho, con un algoritmo scansiona bollette, rilevando consumi/ spese, propone il fornitore più adatto; MisterBolletta, invece, ricerca la migliore soluzione fra i fornitori più affidabili e indica all'utente gruppi di acquisto che garantiscono le tariffe migliori.

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IL FUTURO DEI NOSTRI SMARTPHONE? SOSTENIBILE In Francia una legge per facilitare le riparazioni

Lo scorso anno è iniziata in Francia una piccola rivoluzione che potrebbe cambiare il nostro approccio allo smartphone. Una legge contro gli sprechi infatti ha obbligato i produttori a indicare quanto la riparazione dei dispositivi sia facile, incentivando la pubblicazione delle istruzioni. La legge impone persino di indicare il “grado di riparabilità” dei prodotti, con un numero da 1 a 10, nel caso si rompano.

www.ecologie.gouv.fr/indice-reparabilite

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Dal 1° al 3 Febbraio a Riyadh, in Arabia Saudita, si tiene LEAP, grande evento tecnologico a cui prendono parte oltre 700 startup e le più importanti compagnie tech del mondo. www.onegiantleap.com/en/home.html

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ABBIAMO SCOPERTO CHE C’È VITA DOPO LA VITA. Grazie al tuo lascito testamentario a Fondazione Umberto Veronesi, la ricerca oncologica potrà andare avanti e migliorare la vita delle generazioni future.

Fondazione Umberto Veronesi sostiene i migliori ricercatori, impegnati a trovare nuove terapie per i tumori e per le patologie ad essi correlati. Scopri di più su lasciti.fondazioneveronesi.it Per saperne di più e ricevere gratuitamente la guida informativa sui lasciti, telefona allo 02 76018187 o scrivi una e-mail a lasciti@fondazioneveronesi.it In alternativa, compila il coupon e invialo via fax al numero 02.76406966 oppure in busta chiusa a Fondazione Umberto Veronesi - Via Solferino 19, 20121 Milano.

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Previdenza

a cura di Luca Giustinelli

Previdenza: cosa cambia (per ora) nel 2022

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gni anno, la Legge di Bilancio porta novità, più o meno significative, in materia previdenziale. Quest’anno, poi, dalla Legge di Bilancio si attendeva la soluzione all’acceso confronto che ha occupato buona parte del dibattito politico dei mesi scorsi, e che, nel tentativo di trovare soluzioni per “superare” la Legge Monti-Fornero, ha visto susseguirsi varie proposte (alcune meritevoli di attenzione, altre non sostenibili dal punto di vista finanziario) per evitare lo “scalone” che si sarebbe creato a seguito del mancato rinnovo della fallimentare “Quota 100” (a cui potranno comunque accedere, anche nei prossimi mesi e anni, i lavoratori che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2021 i requisiti richiesti). Ma la difficoltà di trovare soluzioni sostenibili per la finanza pubblica da un lato e non penalizzanti per i lavoratori dall’altro, ha costretto il Governo ad adottare soluzioni interlocutorie, affidando poi a specifici tavoli tecnici con le parti sociali il non facile compito di indicare soluzioni e misure di tipo strutturale da adottarsi a partire dal 2023. Vediamo, nel dettaglio, le novità previdenziali 2022.

Nuove misure, modifiche ed estensioni nella Legge di Bilancio. Da Quota 102, Opzione Donna e APE sociale, passando dal Contratto di espansione fino al fondo pensione per chi ha almeno 62 anni Quota 102 Potranno accedere al pensionamento con requisiti anticipati rispetto a quelli previsti dalla “Legge Fornero” coloro che, entro il 2022, maturano 64 anni di età (i nati, cioè, entro il 31 dicembre 1958) e 38 anni di contribuzione (di cui almeno 35 di contribuzione effettiva). Tuttavia, il diritto - purché maturato entro il 31 dicembre 2022 - potrà essere esercitato anche in un momento successivo. A “Quota 102” si applicano le stesse regole che già valevano per “Quota 100”: incumulabilità con qualsiasi reddito da lavoro (con l’eccezione per attività di lavoro autonomo occasionale svolta nel limite di 5.000 euro complessivi lordi annui) fino alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia; applicazione di una “finestra” di tre mesi tra la maturazione del diritto e l’accesso al pensionamento per i lavoratori del settore privato (la

prima decorrenza possibile è quindi fissata al 1° maggio prossimo) e di sei mesi per quelli del settore pubblico. Del resto, come “Quota 100”, anche questa è una misura-ponte (quella aveva un arco di vita triennale, per il periodo 2019-2021, questa è limitata al solo anno 2022, in attesa della vera e propria riforma del sistema pensionistico) ed è rivolta per larga parte alla stessa platea di soggetti: i lavoratori che maturano 64 anni nel 2022 sono gli stessi che hanno maturato 62 anni nel 2020 e che - se erano in possesso di 38 anni di contribuzione - potevano già accedere a “Quota 100”. Opzione Donna È stata prorogata di un altro anno l’“Opzione donna”. Anche per il 2022, quindi, alle donne lavoratrici dipendenti (private e pubbliche) e alle lavoratrici autonome è concessa la possibilità di anticipare la pensione in presenza dei seguenti requisiti, febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Previdenza

perfezionati entro il 31 dicembre 2021: 35 anni di contributi; 58 anni di età per le dipendenti private o pubbliche (nate entro il 31/12/1963); 59 anni di età per le lavoratrici autonome (nate entro il 31/12/1962). Ovviamente, restano confermate l’applicazione del sistema di calcolo della pensione interamente contributivo e la finestra mobile (12 / 18 mesi tra la data di maturazione del diritto e la decorrenza). Sia per “Quota 102” che per “Opzione donna” vengono confermate, inoltre, le particolarità per i lavoratori del settore scolastico, che potranno accedere al pensionamento a decorrere dal 1° settembre e che, a questo fine, dovranno presentare domanda entro il 28 febbraio 2022. APE Sociale Anche l’“Ape Sociale” - che nelle previsioni dei mesi scorsi sembrava destinato ad essere reso una misura strutturale - viene prorogato di un anno, per tutto il 2022. Questa misura (acronimo di “Anticipo Pensionistico”) di accompagnamento alla pensione è destinata ai lavoratori con almeno 63 anni di età che: a) si trovano in stato di disoccupazione, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione e che sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni; b) assistono (cosiddetti “caregivers”) da 80

almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni; c) hanno un riconoscimento di invalidità civile pari o superiore al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni; d) sono lavoratori dipendenti con almeno 36 anni di anzianità contributiva e hanno svolto per almeno sette anni negli ultimi dieci, ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, una o più delle attività gravose espressamente indicate dalla legge. Proprio per quest’ultima categoria di lavoratori, la Legge di Bilancio ha introdotto le maggiori novità, estendendo da 15 a 23 le categorie di mansioni “gravose” che possono beneficiare dell’anticipo pensionistico e riducendo il requisito contributivo (da 36 a 32 anni) per alcune categorie: operai edili e lavoratori del settore della ceramica. Una novità riguarda anche i lavoratori in stato di disoccupazione, che dal 2022 potranno accedere all’APE appena conclusa la fruizione dell’indennità di disoccupazione, senza attendere ulteriori tre mesi, come invece era precedentemente richiesto. Contratto di espansione Questa misura, la cui principale finalità non è il pensionamento dei lavoratori, bensì la crescita della competitività delle imprese, prevede comunque

una forma di prepensionamento per i lavoratori che si trovino a non più di 5 anni dal pensionamento di vecchiaia o anticipato, cioè che facciano valere: almeno 62 anni di età e 20 anni di contribuzione; almeno 36 anni e 10 mesi di contributi (uomini) o 35 anni e 10 mesi (donne), indipendentemente dall’età anagrafica. Ovviamente, l’accesso a questa forma di pensionamento non è di tipo individuale, ma presuppone la sottoscrizione di un accordo da parte dell’azienda con il Ministero del Lavoro e le rappresentanze sindacali, che - a fronte di impegni che l’azienda si assume - consente all’impresa di applicare misure di contenimento del costo del lavoro (incentivo all’esodo anticipato e riduzione dell’orario di lavoro con riconoscimento di CIG). La Legge di Bilancio, oltre a riproporre questa misura anche per il 2022 e 2023, ne ha ampliato la portata, estendendola anche alle aziende di minori dimensioni, con almeno 50 dipendenti (anche calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi) rispetto al limite dimensionale di 100 dipendenti precedentemente previsto. Fondo pensione 62 anni La Legge di Bilancio 2022 ha istituito inoltre un fondo destinato a favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese in crisi, che abbiano raggiunto un’età anagrafica di almeno 62 anni; per le modalità di attuazione della norma sarà necessario attendere un decreto attuativo. Gli Uffici 50&PiùEnasco presenti su tutto il territorio nazionale possono fornire ai lavoratori interessati tutte le valutazioni e le informazioni sulle misure previdenziali previste per il 2022 e potranno provvedere alla presentazione delle relative domande.

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Le sedi 50&Più provinciali Abruzzo Telefono L’Aquila - Viale Corrado IV, 40/F 0862204226 Chieti - Via F. Salomone, 67 087164657 Pescara - Via Aldo Moro, 1/3 0854313623 Teramo - Via Guglielmo Oberdan, 47 0861252057 Basilicata Telefono Matera - Via Don Luigi Sturzo, 16/2 0835385714 Potenza - Via Centomani, 11 097122201 Calabria Telefono Cosenza - Viale degli Alimena, 5 098422041 Catanzaro - Via Milano, 9 0961721246 Crotone - Via Regina Margherita, 28 096221794 Reggio Calabria - Via Tenente Panella, 20 0965891543 Vibo Valentia - Via Spogliatore snc 096343485 Campania Telefono Avellino - Via Salvatore De Renzi, 28 082538549 Benevento - Via delle Puglie, 28 0824313555 Caserta - Via Roma, 90 0823326453 Napoli - Via Cervantes, 55 int. 14 0812514037 Salerno - Via Zammarelli, 12 089227600 Emilia Romagna Telefono Bologna - Strada Maggiore, 23 0516487548 Forlì - Piazzale della Vittoria, 23 054324118 Ferrara - Via Girolamo Baruffaldi, 14/18 0532234211 Modena - Via Begarelli, 31 0597364203 Piacenza - Strada Bobbiese, 2 - c/o Unione Comm.ti 0523/461831-32-61 Parma - Via Abbeveratoia, 61/A 0521944278 Ravenna - Via di Roma, 104 0544515707 Reggio Emilia - Viale Timavo, 43 0522708565-553 Rimini - Viale Italia, 9/11 0541743202 Friuli Venezia Giulia Telefono Gorizia - Via Vittorio Locchi, 22 048132325 Pordenone - Piazzale dei Mutilati, 6 0434549462 Trieste - Via Mazzini, 22 0407707340 Udine - Viale Duodo, 5 0432538707-538705 Lazio Telefono Frosinone - Via Moro, 481 0775855273 Latina - Via dei Volsini, 60 0773611108 Rieti - Largo Cairoli, 4 0746483612 Roma - Via Cola di Rienzo, 240 0668891796 Viterbo - Via Belluno, 39/G 0761341718 Liguria Telefono Genova - Via XX Settembre, 40/5 010543042 Imperia - Via Gian Francesco De Marchi, 81 0183275334 La Spezia - Via del Torretto, 57/1 0187731142 Savona - Corso A. Ricci - Torre Vespucci, 14 019853582 Lombardia Telefono Bergamo - Via Borgo Palazzo, 133 0354120126 Brescia - Via Giuseppe Bertolotti, 1 0303771785 Como - Via Bellini, 14 031265361 Cremona - Via Alessandro Manzoni, 2 037225745-458715 Lecco - Piazza Giuseppe Garibaldi, 4 0341287279 Lodi - Via Giovanni Haussmann, 1 0371432575 Mantova - Via Valsesia, 46 0376288505 Milano - Corso Venezia, 47 0276013399 Pavia - Via Ticinello, 22 038228411 Sondrio - Via del Vecchio Macello, 4/C 0342533311 Varese - Via Valle Venosta, 4 0332342280 Marche Telefono Ancona - Via Alcide De Gasperi, 130 0712075009 Ascoli Piceno - Viale Vittorio Emanuele Orlando, 16 0736051102 Macerata - Via Maffeo Pantaleoni, 48a 0733261393

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Pesaro - Strada delle Marche, 58 0721698224/5 Molise Telefono Campobasso - Via Giuseppe Garibaldi, 48 0874483194 Isernia - Via XXIV Maggio, 331 0865411713 Piemonte Telefono Alba - Piazza S. Paolo, 3 0173226611 Alessandria - Via Trotti, 46 0131260380 Asti - Corso Felice Cavallotti, 37 0141353494 Biella - Via Trieste, 15 01530789 Cuneo - Via Avogadro, 32 0171604198 Novara - Via Giovanni Battista Paletta, 1 032130232 Torino - Via Andrea Massena, 18 011533806 Verbania - Via Roma, 29 032352350 Vercelli - Via Duchessa Jolanda, 26 0161215344 Puglia Telefono Bari - Piazza Aldo Moro, 33 0805240342 Brindisi - Via Appia, 159/B 0831524187 Foggia - Via Luigi Miranda, 8 0881723151 Lecce - Via Cicolella, 3 0832343923 Taranto - Via Giacomo Lacaita, 5 0997796444 Sardegna Telefono Cagliari - Via Santa Gilla, 6 070280251 Nuoro - Galleria Emanuela Loi, 8 0784232804 Oristano - Via Sebastiano Mele, 7/G 078373612 Sassari - Via Giovanni Pascoli, 59 079243652 Sicilia Telefono Agrigento - Via Imera, 223/C 0922595682 Caltanissetta - Via Messina, 84 0934575798 Catania - Via Mandrà, 8 095239495 Enna - Via Vulturo, 34 093524983 Messina - Via Santa Maria Alemanna, 5 090673914 Palermo - Via Emerico Amari, 11 091334920 Ragusa - Viale del Fante, 10 0932246958 Siracusa - Via Eschilo, 11 093165059-415119 Trapani - Via Marino Torre, 117 0923547829 Toscana Telefono Arezzo - Via XXV Aprile, 12 0575354292 Carrara - Piazza 2 Giugno, 11 058570973-570672 Firenze - Via Costantino Nigra, 23-25 055664795 Grosseto - Via Tevere, 5/7/9 0564410703 Livorno - Via Serristori, 15 0586898276 Lucca - Via Fillungo, 121 - c/o Confcommercio 0583473170 Pisa - Via Chiassatello, 67 05025196-0507846635/30 Prato - Via San Jacopo, 20-22-24 057423896 Pistoia - Viale Adua, 128 0573991500 Siena - Via del Giglio, 10-12-14 0577283914 Trentino Alto Adige Telefono Bolzano - Mitterweg - Via di Mezzo ai Piani, 5 0471978032 Trento - Via Solteri, 78 0461880408 Umbria Telefono Perugia - Via Settevalli, 320 0755067178 Terni - Via Aristide Gabelli, 14/16/18 0744390152 Valle d’Aosta Telefono Aosta - Piazza Arco d’Augusto, 10 016545981 Veneto Telefono Belluno - Piazza Martiri, 16 0437215264 Padova - Via degli Zabarella, 40/42 049655130 Rovigo - Viale del Lavoro, 4 0425404267 Treviso - Via Sebastiano Venier, 55 042256481 Venezia Mestre - Viale Ancona, 9 0415316355 Vicenza - Via Luigi Faccio, 38 0444964300 Verona - Via Sommacampagna, 63/H - Sc. B 045953502

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Fisco

a cura di Alessandra De Feo

Effetti della notificazione: atto tributario e scissione soggettiva La Corte di Cassazione Sezioni Unite si è espressa sul termine decadenziale degli atti tributari

C

ome è noto, gli Organi dell’Amministrazione Finanziaria, a seconda delle imposte oggetto di controllo, devono notificare l’eventuale atto con cui rettificano l’operato del contribuente, entro un termine decadenziale. A seconda dell’imposta interessata dal controllo, la relativa norma prevede sia i termini e sia le modalità con cui l’Ufficio è tenuto ad eseguire il suddetto accertamento. In caso di mancato rispetto di detto termine da parte dell’Amministrazione Finanziaria, il contribuente potrà impugnare l’atto presso le competenti Commissioni Tributarie, per farne dichiarare la relativa nullità. A titolo indicativo, ai fini delle imposte dirette, l’articolo di nostro interesse è il n. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, che prevede, in via di principio, che gli avvisi di accertamento debbano essere notificati dall’Amministrazione Finanziaria, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; mentre, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di sua nullità, il termine è di 7 anni. Certamente, oltre a dette norme generali, si devono poi considerare le specifiche disposizioni che, per particolari motivi, in alcuni casi hanno prorogato il suddetto termine (come, ad esempio, le leggi che hanno introdotto i cosiddetti condoni fiscali) e come, da ultimo, l’articolo 67 del “Decreto Cura Italia” che ha comportato che tutti i termini, di decadenza o di prescrizione, relativi alle

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attività degli uffici degli enti impositori che avessero avuto scadenza nel corso del 2020, fossero automaticamente prorogati a fine 2022 (si veda anche la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 8 del 3 aprile 2020, più specificatamente, il paragrafo 2.1). Inoltre, nel detto periodo previsto dalla legge, è anche riconosciuto all’Amministrazione Finanziaria il potere di modificare la richiesta in aumento, integrando l’avviso precedentemente emesso in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. In questo caso, nell’avviso dovranno essere indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti di cui siano venuti a conoscenza. L’atto tributario è “rispettoso” del termine decadenziale imposto dalla legge, se entro tale scadenza risulti emesso ed oggetto di richiesta di notificazione. A tal fine la Corte di Cassazione Sezioni Unite, con la sentenza del 17 dicembre 2021 n. 4.053, è nuovamente intervenuta precisando che rileva la data in cui l’ente ha realizzato gli adempimenti necessari per la notifica dell’atto e non quella di conoscenza dello stesso da parte del contribuente. A tali conclusioni sono giunte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a pronunciarsi sul contrasto giurisprudenziale sorto in tema di applicabilità, anche agli atti impositivi, del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione sia quando quest’ultima sia eseguita dall’ufficiale giudiziario che quando sia effettuata dal messo notificatore speciale ex articolo 60 D.P.R.

n. 600/1973 e articolo 16, comma 4, del D. Lgs. n. 546/1992. Il supremo consesso ha, quindi, enunciato il seguente principio di diritto: “In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’articolo 60 del D.P.R. n. 600/1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente”.

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IN VIAGGIO CON 50&PIÙ L’esperienza quarantennale nell’organizzazione di turismo associativo, la professionalità acquisita nella costante ricerca di nuove soluzioni, oltre alla sensibilità di chi conosce a fondo le esigenze e le aspettative dei soci 50&Più, identificano il Tour Operator 50&Più Turismo, l’unico riferimento nazionale per le tue vacanze e i tuoi viaggi di qualità.

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Crociera Fluviale 2022 Navigando la Saona e il Rodano Dal 2 al 9 aprile

Un itinerario straordinario nelle vallate della Saona e del Rodano, attraverso la Borgogna, la Provenza e la Camargue, dove scoprire le meraviglie di un patrimonio storico, architettonico, naturalistico ben conservato e i vigneti dei vini più famosi al mondo.

ITINERARIO 1° giorno

Arrivo a Lione

Imbarco e sistemazione in cabina.

2° giorno

Lione

Al mattino Santa Messa. Pomeriggio visita della città.

3° giorno

Mâcon

Visita all’Abbazia di Cluny (X sec.). Pomeriggio libero. Escursione facoltativa a Chalon-sur-Saone.

4° giorno

Vienne

Visita della città romana: Tempio di Augusto e Cattedrale.

5° giorno

Avignone Escursione a Pont du Gard e ad Uzès. Pomeriggio visita di Avignone.

6° giorno

Avignone Escursione ad Arles e visita dell’anfiteatro romano, la cattedrale, il centro storico. Rientro a bordo. Pomeriggio libero. Escursione facoltativa in Camargue.

7° giorno

Viviers

Escursione nell’Ardèche e visita del Castello di Grignan.

8° giorno

Lione

Arrivo e sbarco.

IMPORTANTE - L’itinerario e le escursioni possono subire variazioni per cause di forza maggiore e condizioni di navigazione.

A bordo della MN VIVA - 4 Stelle Superiore La motonave dispone di tre ponti, un luminoso ristorante, salone panoramico, area benessere, sala di lettura e negozio di bordo. Le cabine ai ponti Diamante e Rubino sono dotate di balcone e ascensore, le cabine al ponte Smeraldo sono con finestra. QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE Ponte

suite

cabina doppia

cabina singola

Superiore Diamante

€ 1.550

€ 1.450

-

Intermedio Rubino

€ 1.480

€ 1.380

-

Inferiore Smeraldo

-

€ 1.280

€ 1.580

Quota supplementare per i non soci: € 50 La quota comprende: Crociera di 8 giorni/7 notti in cabina della categoria prescelta • Trattamento di pensione completa a bordo (dalla cena del 1° giorno alla prima colazione dell’8° giorno) • Cocktail di benvenuto e cena di gala a bordo • Escursioni e visite guidate inserite nel programma (ingressi esclusi) • Tasse portuali • Polizza medico/bagaglio e spese Covid-19 • Polizza annullamento viaggio (fino a € 2.000) • Assistenza di personale medico e staff 50&Più. La quota non comprende: Viaggio per e da Lione • Assicurazione integrativa • Escursioni facoltative (da regolare in loco) • Trasferimenti per e da aeroporti e stazioni ferroviarie • Ingressi dove previsti • Tutte le bevande, mance, extra in genere e tutto quanto non sopra specificato. TRASPORTI in pullman GT: partenza da Milano (Stazione Centrale) per Lione A/R da definire alla chiusura delle prenotazioni. TRASPORTI in aereo: con voli A/R dalle principali città italiane: tariffe migliori disponibili al momento della prenotazione e trasferimenti dall’aeroporto al porto di Lione, da definire alla chiusura delle prenotazioni. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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19/01/22 16:44


50&PIÙ EVENTI NAZIONALI

DAL 29 MAGGIO AL 26 GIUGNO

2022

Incontri 50&Più è un evento associativo importante, è una grande festa di inizio estate dove circa 2.000 soci 50&Più si ritrovano per condividere il piacere di una vacanza al mare, dove rilassarsi in spiaggia o in piscina, divertirsi con gli amici e fare nuove conoscenze, assistere a convegni e incontri organizzati da 50&Più, agli spettacoli di qualità realizzati nell’anfiteatro del villaggio e, non ultimo, vivere nuove esperienze in serenità. In loco potrete contare sull’assistenza dello staff 50&Più e 50&Più Turismo, e del medico dedicato ai soci 50&Più per un’assistenza H24. Esperienza, organizzazione e rapporto qualità/prezzo sono il vero valore aggiunto che genera il grande successo di partecipazione a questo Evento turistico-associativo di 50&Più. Tutte le proposte saranno confermate a condizione che si possano garantire i più alti standard di sicurezza e tutela dei partecipanti, il tutto nel rispetto delle normative vigenti. Qualora i pacchetti venissero annullati, i pagamenti effettuati dai Soci 50&Più verranno debitamente rimborsati.

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In SARDEGNA presso il CALASERENA VILLAGE 4 Stelle - MARACALAGONIS/VILLASIMIUS (CA) Gli Incontri 50&Più si svolgeranno nella splendida Sardegna, terra dalle incantevoli meraviglie storiche, culturali, archeologiche e naturalistiche. L’intera costa di Villasimius, con le sue splendide calette, offre un’incredibile vista mare, insieme ai limpidi colori dell’acqua e alle lunghe spiagge di arenaria. Vi aspettiamo nella bella Sardegna! SOGGIORNO AL CALASERENA VILLAGE Un villaggio 4 stelle, posto direttamente su una delle più belle spiagge sabbiose dell’Isola, tra Cagliari e Villasimius, nel comune di Maracalagonis, a 30 km dall’aeroporto del capoluogo sardo. Il villaggio è immerso in una folta vegetazione, in un suggestivo bosco di pioppi, eucalipti e tamerici, che lo congiunge al mare. È un ottimo punto di partenza per ammirare l’architettura dei suggestivi nuraghi (a circa 80 km dal villaggio), le opere artistiche dei musei e delle pinacoteche di Cagliari (a soli 30 km), nonché la bellissima Villasimius (a 20 km) e l’isola di S. Pietro con le sue splendide calette (a 125 km). Inoltre, a 120 km, si può visitare il Parco della Giara, uno dei rari esempi di natura incontaminata in Europa. Le camere sono suddivise in palazzine di 3 piani con ascensore e in villini a due piani, dotate di tutti i comfort. L’ampia spiaggia sabbiosa e privata è attrezzata con ombrelloni, lettini e sdraio, spogliatoi e docce, bar, punto di assistenza e informazioni. A disposizione degli ospiti barche a vela e windsurf, canoe e campo da beach volley.

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19/01/22 16:44


QUOTA INDIVIDUALE DI SOGGIORNO (7 NOTTI/8 GIORNI)

IN CAMERA DOPPIA

IN CAMERA SINGOLA

IN CAMERA TRIPLA

Dal 29 maggio al 5 giugno

€ 545

€ 685

€ 450

Dal 5 al 12 giugno

€ 655

€ 790

€ 535

Dal 12 al 19 giugno

€ 720

€ 840

€ 575

Dal 19 al 26 giugno

€ 785

€ 890

€ 615

SOGGIORNI DI 9, 10 o 14 NOTTI SU RICHIESTA RIDUZIONI 3° e 4° letto bambino (fino a 3 anni n.c.) in camera con 2 adulti, gratuito 3° e 4° letto bambino (da 3 a 8 anni n.c.) in camera con 2 adulti, 70% 3° e 4° letto bambino (da 8 a 12 anni n.c.) in camera con 2 adulti, 50% Quota supplementare per i non soci: € 50 LE QUOTE COMPRENDONO: • Soggiorno presso il Calaserena Village (le camere saranno disponibili a partire dalle ore 16:00 del giorno di arrivo e dovranno essere liberate entro le ore 10:00 del giorno di partenza); • Trattamento di pensione completa a buffet dalla cena del giorno di arrivo al pranzo del giorno di partenza (per arrivi anticipati con il pranzo incluso i servizi terminano con la prima colazione del giorno di partenza); • Bevande ai pasti inclusi acqua minerale, vino e bibite alla spina; • Formula Extra All Inclusive al bar principale, al bar della spiaggia e al ristorante (come di fianco specificato); • Servizi balneari in spiaggia attrezzata (1 ombrellone, 1 lettino e 1 sdraio per camera); • Facchinaggio in arrivo e in partenza; • Animazione diurna e serale con spettacoli, piano bar, giochi e tornei; • Partecipazione ad attività culturali e ricreative organizzate da 50&Più; • Assistenza in loco di personale medico H24; • Assistenza in loco di personale 50&Più e 50&Più Turismo; • Assicurazione bagaglio/sanitaria/copertura Covid-19 e annullamento viaggio, UNIPOL SAI Assicurazioni. LE QUOTE NON COMPRENDONO: • Trasporti da e per il Calaserena Village (quotazioni su richiesta); • Escursioni da prenotare e pagare in loco; • Eventuale pasto extra (adulti: € 26,00 - bambini: € 15,00); • Imposta di soggiorno comunale, da regolare in loco; • Extra in genere e tutto quanto non specificato.

FORMULA EXTRA - L’All Inclusive Bluserena Oltre ai servizi della Pensione Più: al Bar, caffetteria, bibite alla spina da 20 cl, succhi di frutta, sciroppi, birra, granite, vino, prosecco, amari e liquori, aperitivi e vermouth, grappe; Happy Hour dalle 17:30 alle 19:30 con selezione di cocktail; durante i pasti una bevanda da 40 cl. (da 3 anni); due accessi a settimana, a ristorante, presso Il Gusto e BluBeach Restaurant. ESCURSIONI FACOLTATIVE (da regolare in loco) Si ritorna nella splendida Sardegna, con il mare tra i più belli del mondo e terra dalle incantevoli meraviglie storico-culturali: dall’architettura dei suggestivi nuraghi (a circa 80 km dal villaggio) alle opere artistiche dei musei e delle pinacoteche di Cagliari (a soli 30 km), dalla bellissima Villasimius (a soli 20 km) all’isola di S. Pietro con il centro storico (a 125 km).

Richiedi programma dettagliato e quotazioni definitive: - Email: info@50epiuturismo.it - Tel. 066871108/369 - Oppure presso le sedi Provinciali 50&Più ORGANIZZAZIONE TECNICA: 50&PIÙ TURISMO Srl Largo Arenula, 34 - 00186 ROMA Aut. Regionale 388/87

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Cultura

Libri

IL BLU NON TI DONA JUDITH SCHALANSKY Traduzione di Flavia Pantanella nottetempo 160 PAGINE 17 EURO

SE IL VIAGGIO SI TRASFORMA IN SOGNO. QUANDO LA MEMORIA DIVENTA FANTASIA

L’ultimo romanzo di Judith Schalansky è una discesa nei ricordi di Jenny, bambina curiosa e sensibile. Ma sono ricordi inventati, pieni di poesia, che mescolano finzione e realtà. E un lago può diventare un oceano di Renato Minore I nostri lettori forse ricordano Judith Schalansky, che si è imposta con libri fortunati come Atlante delle isole remote, Lo splendore casuale delle meduse, Inventario delle cose perdute. Proprio a proposito di quest’ultimo, che ha ottenuto il prestigioso Premio Strega Europeo, la quarantaduenne scrittrice tedesca spiegò il suo metodo di scrittura in una intervista pubblicata sulla nostra rivista. Per lei, “il fatto e la finzione non possono essere separati, il fatto è romanzato e la finzione si trasforma in realtà”. Il blu non ti dona è il suo nuovo libro, sognante ed erratico come gli altri. È un memoir, è il soffice scrigno che contiene e modella un romanzo di formazione, è un romanzo marinaro. Ed è anche l’autobiografia inventata, l’infanzia di Jenny, bambina molto curiosa, ricettiva e piena di fantasie sulla costa baltica della DDR, negli ultimi anni del secolo scorso. Un itinerario libero nella memoria, che sogna ancora le acque verdazzurre e i giocosi cavallucci marini. UNA CREATURA FATTA PER LA GIOIA Maria Grazia Calandrone Solferino 176 pagine Prezzo: 15 euro

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Ma gli spazi e i tempi della lontananza sono spesso disintegrati in nome della poetica del viaggio mentale, nelle schegge del ricordo mescolato con la finzione/fantasia di luoghi e figure storiche. E tutto come in un tapis roulant con qualche indugio e qualche balzo più veloce, leggende, mito e storia, l’aerostato Pommern nelle sue libere ascensioni, e Aliosa, lo zarevic, il bambino malato che non può cadere né vedere il sangue. Jenny fa esperienza del mondo che ha intorno e dell’“altrove”, dai “tesori della nonna” all’albergo dove si affollano i bambini malati. Allarga nell’immaginazione ogni sguardo, la laguna “diventa il grande oceano (…), dove i cavallucci marini che un tempo popolavano le coste baltiche dovevano essere migrati o meglio giunti a nuoto”. Il blu non ti dona è un romanzo poetico e visionario, che anche questa volta consigliamo ai nostri lettori sapendo che, come per gli altri della Schalansky, non li deluderà.

Molti nostri lettori conoscono, hanno letto Alda Merini, l’indimenticabile poetessa scomparsa nel 2009, molto “popolare” anche per le sue apparizioni mediatiche. Ora, Maria Grazia Calandrone si prova nella scommessa di raccontare la sua “biografia poetica”, sapendo che “immergersi nella sua vita significa immergersi nel perturbante, calarsi nel disordine impassibile di una donna che cerca di estrarre da un dolore inimmaginabile, immeritato, continuo, un amore incondizionato per la vita”. Calandrone porta avanti la sfida con empatia poetica e critica, lo sguardo amorevole di chi, senza esserne inghiottita, sa sfiorare l’intreccio di vita e poesia che è anche una forma particolare di follia: è l’inconscio gridato in cui tutto s’impasta: orrore, tenerezza, visione, abbrutimento, sogno, violenza. Una scommessa vinta.

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Arte

In mostra, a Milano, il “cambio di paradigma” attuato dal grande pittore olandese del movimento neoplastico De Stjil e dell’astrattismo geometrico

PIET MONDRIAN: ALLA RICERCA DELL’ESSENZA di Ersilia Rozza Il primo film di Maurizio Nichetti, il divertente Ratataplan del 1979, inizia con il neolaureato protagonista a un colloquio di lavoro, dove ai candidati viene chiesto di disegnare un albero. Tutti ne tratteggiano - e male - uno, schematico, monocromo, stilizzato, tranne il nostro, che ne raffigura uno rigoglioso, frondoso, colorato: sarà l’unico a non venire assunto. Il riferimento del comico torinese è a una serie iconica di opere di Piet Mondrian (18721944), uno dei più significativi pittori del ’900, tra i teorici dell’astrattismo. I quadri che il maestro olandese dedicò agli alberi, al suo melo in particolare, rappresentano in maniera immediata il progressivo abbandono della rappresentazione del reale, il passare dai quadri impressionisti degli inizi alle semplici linee astratte affogate nella terra di Siena o nel grigio degli esiti finali, perché, come scrisse nel 1941: «L’arte non deve seguire l’aspetto della natura, bensì quello che la natura realmente è». Per una mostra che porta il titolo Piet Mondrian. Dalla figurazione all’astrazione, tali opere sono indispen-

sabili: non proporle avrebbe dovuto imporre un titolo differente. Magari il “cambio di paradigma”, perché l’esposizione milanese offre, in un bellissimo allestimento, dapprima il confronto tra i pittori della Scuola dell’Aja - attiva tra il 1860 e il 1890 e dedita a una rappresentazione quasi fotografica e spesso en plein air di paesaggi, marine, persone - con le progressive ricerche del maestro, sempre più schematiche e “mentali”, fino ad arrivare ai suoi dipinti “neoplastici”, con le celebri griglie in rigoroso equilibrio tra quadrati e rettangoli di diverse dimensioni e dai vividi colori base. Informazioni sulla mostra: MUDEC, Museo delle Culture Via Tortona n. 56, Milano Orario: lun. 14.30/19.30; mar.-mer.-ven.dom. 10/19.30; gio.-sab. 10/22.30. Biglietti: € 14; ridotto € 12 (over 65, under 26, disabili, insegnanti, militari, forze dell’ordine, convenzioni); ridotto € 8 (ragazzi dai 6 ai 13 anni, giornalisti, convenzioni); gratuito per under 6, accompagnatore disabile e guide. www.mudec.it/ita/piet-mondrian-dalla-figurazione-allastrazione Fino al 27 marzo

DA NON PERDERE LUCCA Carlo Levi L’autore di Cristo si è fermato a Eboli fu anche pittore, uomo politico, scenografo. La mostra Levi e Ragghianti. Un’amicizia tra pittura, politica e letteratura racconta il suo rapporto con il critico Carlo Ludovico Ragghianti, con numerosi quadri e disegni, lettere, fotografie. Fondazione Ragghianti Fino al 20 marzo

PALERMO Arte contemporanea La grande collettiva L’alatro, lo stesso, dedicata alle proposte più recenti di Lida Abdul e Joan Jonas, Mario Merz e Lawrence Weiner, Alfredo Jaar ed Emily Jacir, inaugura il triennio palermitano di Fondazione Merz al padiglione ZACentrale. Cantieri Culturali alla Zisa Fino al 27 marzo febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Cultura

Teatro

di Mila Sarti

LA GRANDE RIVINCITA DELLO SPETTACOLO DAL VIVO

Mai smettere di sognare! Forse è stata questa la formula vincente che ha permesso al Comunale di Vicenza, e anche ai tanti teatri italiani, di rinascere “Per sempre ti rivedo” è l’immenso verso poetico di Giuseppe Ungaretti, preso in prestito dalla Fondazione Teatro Comunale di Vicenza, per presentare la nuova stagione. È bastato aggiungere solo la parola “teatro”: A teatro, per sempre ti rivedo, per entrare nello spirito profondo di questa speciale ripartenza, nell’infinita gioia di tornare a condividere spazi, parole, persone, tutto ciò che lo spettacolo dal vivo regala. Completo, ricco, diversificato, così è apparso il cartellone 2021-22 che spazia dalla prosa alla danza, dal circo contemporaneo alla concertistica, alla sinfonica, al cinema, al Ridotto, proseguendo coi progetti delle residenze artistiche e quelli formativi per famiglie e bambini. Pubblici diversi, di tutte le età per grandi artisti che si muovono fra classici e drammaturgia contemporanea, concerti 88

del grande repertorio e creazioni di puro divertimento. Perché l’intento è quello di stare insieme, emozionarsi insieme, ridere insieme. Giancarlo Marinelli, direttore artistico, sostenuto dai responsabili delle varie sezioni, ha fatto un gran lavoro programmando oltre settanta appuntamenti. Per la prosa, l’1 e il 2, Alessio Boni e Serra Yilmaz ci fanno fantasticare col loro Don Chisciotte liberamente ispirato al capolavoro di Cervantes. Altro appuntamento di febbraio, il 22 febbraio e il 23, con l’ultimo romanzo di Pirandello, Uno, Nessuno, Centomila, con Pippo Pattavina e Marianella Bargilli. Il 26, Machine de Cirque Show, spettacolo dell’omonima compagnia canadese con artisti circensi e musicisti pronti a stupirci. Informazioni: www.tcvi.it

EVENTO BOLOGNA

Riflettori accesi sulle novità

Dopo venti mesi dal primo lockdown, il Teatro Duse è ripartito alla grande con una stagione teatrale di quasi sessanta titoli diversi. Brillanti, tragici, attuali, comici e politici; questi i temi a febbraio di Glauco Mauri, Stefano Accorsi, Paola Quattrini, Angela Finocchiaro, Antonio Catania, Marco Travaglio e di molti altri artisti.

GENOVA

Il Politeama brilla di nuovo

Anche il Teatro genovese non si è lasciato intimidire dal periodo buio vissuto ed è partito a pieno regime con prosa, commedie, musical, comicità, teatro di narrazione, danza e show internazionali. Fra le presenze di questo mese, Michele Serra, Ale e Franz, Isa Danieli e Giuliana De Sio, Francesco Piccolo e Pif.

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Musica

IL NUOVO NEIL YOUNG «Barn è un disco speciale, contiene canzoni che sono tipiche di questi tempi», così il 76enne Neil Young presenta il suo 41° album. I brani ecologisti e profondi, inquieti e sdolcinati del canadese, acustici oppure elettrici, disegnano di nuovo il suo inimitabile country rock, cui i Crazy Horse (è al 14° cd con loro) offrono spunti di classe, grazie anche al chitarrista new entry, Nils Lofgren.

di Raffaello Carabini

JOHN WILLIAMS DIRIGE I BERLINER PHILHARMONIKER

ROCK ITALIANO

Registrato lo scorso autunno con la prestigiosa orchestra, il doppio cd The Berlin Concert esce il 4 febbraio, giorno in cui il grande compositore di colonne sonore compie 90 anni

La rivista americana Rolling Stone ha scritto: «John Williams non ha bisogno dei film, i film hanno bisogno di lui». Le magiche colonne sonore del maestro newyorchese sono state spesso determinanti per approfondire e arricchire le trame e gli avvenimenti di numerosi tra i più importanti film apparsi a partire dagli Anni ’50, quando debuttò firmando le musiche di alcune serie tv, fino a oggi, all’ultimo Star Wars. E, nonostante concluda le 90 primavere il 4 febbraio, continua a scrivere e a produrre. Il suo John Williams in Vienna, con i Wiener Philharmoniker e l’ottima violinista Anne-Sophie Mutter, è stata la registrazione sinfonica più venduta del 2020, prima nelle classifiche di molti Paesi. I suoi temi, dai film di Harry Potter, Indiana Jones, Le

streghe di Eastwick, Schindler’s List e via dicendo sono stati rielaborati per la grande orchestra con esiti emozionanti e a volte inattesi. Il nuovo cd del compositore, In Berlin, anch’esso doppio e dal vivo, ne è la continuazione, con il supporto dei Berliner Philarmoniker, un’altra tra le più importanti orchestre del mondo. Dal tema per le Olimpiadi di Los Angeles del 1984 alla marcia di Superman, da Jurassic Park a E.T., da Incontri ravvicinati del terzo tipo ai vari Star Wars, la musica di Williams (5 premi Oscar e 52 candidature, secondo solo a Walt Disney) coinvolge senza se e senza ma, volando libera anche lontano dalle immagini, mentre i numerosi nuovi adattamenti mostrano l’inossidabile lucidità e profondità del grande autore.

AL GRAND HOTEL ABISSO DEI ROSELUXX Non è un bel soggiorno quello che immaginano i quattro Roseluxx per il nostro futuro, prossimo alla fine tra vizi disperati e normalità squallida. La band della cantante Tiziana Lo Conte e del chitarrista-paroliere Claudio Moneta arriva al terzo cd Grand Hotel Abisso, con un rock vario e convincente, che passa dalle migliori idee di casa nostra a quelle alternative a stelle e strisce, dalle influenze cantautorali alla sperimentazione della cover della magnifca Song To The Siren di Tim Buckley. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Cultura

Cinema

FILM IN USCITA DRAMMATICO

QUEL GIORNO TU SARAI Regia: Kornél Mundruczó con: Lili Monori, Annamària Làng

Una famiglia fa i conti con l’eredità della Shoah. Nonna, madre e nipote. Tre generazioni si confrontano sui delicati temi della memoria e dell’identità: dai campi di concentramento nazisti, dove miracolosamente nasce una bambina. Un potente messaggio di speranza affidato ai giovani per lenire e guarire le ferite della Storia. Produce Martin Scorsese.

COMMEDIA

CORRO DA TE Regia: Riccardo Milani con: Pierfrancesco Favino e Miriam Leone

Single in carriera e affascinante sciupa femmine. Il 50enne Gianni (P. Favino) fa di tutto per conquistare la bella di turno: anche inforcare la sedia a rotelle e fingersi malato. Il manager è però chiamato a un cambio radicale di visione quando incontra Chiara (M. Leone) amante della musica e del tennis, ma disabile per davvero. 90

di Alessandra Miccinesi

ENNIO, IL MAESTRO

Il premio Oscar Giuseppe Tornatore rende omaggio a Ennio Morricone, il grande compositore di colonne sonore scomparso nel 2020, con un docufilm pieno di bellezza

Una “love story” infinita tra musica e schermo, raccontata da Giuseppe Tornatore con soave tenerezza, ricordando Ennio Morricone, il Maestro. Senza la sua musica - forte e vibrante, delicata e struggente - il cinema non sarebbe lo stesso. C’era una volta in America, Gli intoccabili, Mission e Per un pugno di dollari, tanto per citare qualche titolo. Eppure, il compositore romano ai suoi esordi sentiva la musica da film come un’umiliazione: «Pensavo di smettere negli Anni ’70. Scrivendo, volevo la rivincita: vincere su questa colpevolezza». Parole dette col groppo in gola da un maestro d’orchestra mai sceso dal podio, ma sempre empatico e schietto. Era scritto su un pentagramma pieno di note a margine che il suo estro dovesse accompagnare le immagini dei film più amati dalla gente. Dalla prima

all’ultima colonna sonora, una cavalcata di trionfi la sua. Ce lo ricordano Joan Baez - interprete della ballata-inno Sacco e Vanzetti - Bruce Springsteen, Ettore Scola, Carlo Verdone, Gillo Pontecorvo. «Colorava le canzoni, le faceva diventare un’altra cosa», dice Gianni Morandi. «La sua musica era innovativa allora e lo è ancora oggi», ribatte Clint Eastwood. «Ennio ha ampliato la mia visione», confessa Tarantino. Sentire una musica di Morricone e sapere che è stato lui a scriverla indovinando il titolo del film - è la riflessione che mette d’accordo tutti: cinematografari e gente comune. Se non è magia questa.

Regia: Giuseppe Tornatore Genere: biografico

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Corti di Lunga Vita, il concorso di cortometraggi dell’associazione 50&Più, è pensato per tutti coloro che vogliono realizzare opere che fanno riferimento all’anzianità e all’invecchiamento. Per partecipare, è necessario presentare opere inedite o edite (purché realizzate e trasmesse dopo il 1° ottobre 2020) di durata uguale o inferiore ai 7 minuti. Tutte le opere dovranno declinare il tema “Abbracciami!” – che guiderà questa edizione – in relazione alla terza età.

Per maggiori informazioni e per rimanere aggiornati sul bando di quest’anno, è possibile visitare la pagina


Vivere in armonia

seguendo le stagioni

VERSO GIORNI PIÙ LUNGHI «Contro la melanconia togli foglie di verbena e falle bollire in buon vin bianco e generoso, e di questo vino bevi e di questa erba mettine nella minestra, e sempre starai allegro» Almanacco Barbanera 1895 a cura di:

FEBBRAIO Tra tutti è il mese più corto. Quello che, fra dolci e allegrie del Carnevale, sembra arrivare e andarsene a gran velocità. Ma di primato, febbraio, ne ha anche un altro. Tradizione vuole che sia il mese più freddo, pronto a portare gelate e neve prima di lanciarsi verso la primavera. Ma non preoccupiamoci, a rischiarare le giornate arrivano le candele benedette della Candelora, mentre a scaldare i cuori ci penserà come sempre san Valentino, seguito a un passo da Faustino, protettore dei single. Poi, tra devozioni e feste, c’è un appuntamento speciale: il 5 febbraio è la Giornata contro lo spreco alimentare, per un mondo più equo e solidale. Senza dimenticare che è pure tempo di tornare nell’orto e nel giardino per le semine, le potature e la cura delle aromatiche. Perché la terra ha allungato il suo respiro, e lo stesso fanno le giornate, che vedranno spuntare, da un momento all’altro, le prime, timide violette. 92

L’ORTAGGIO DI FEBBRAIO Il finocchio (Foeniculum vulgare dulce) In questo momento dell’anno mette a disposizione le sue vitamine A, B e C, quest’ultima assai utile contro le affezioni da raffreddamento. Povero di grassi ma ricco di fibre, è un’eccellente fonte di sali minerali, in particolare potassio, acido folico, magnesio, calcio e fosforo. Il proverbio Chi assai semina e non custode, assai tribola e poco gode. Seppur non difficile da coltivare, è bene conoscere alcuni punti deboli del finocchio, quali la sofferenza per troppa acqua e per le basse temperature. Preferisce infatti un clima temperato caldo, senza gelate invernali. La semina I semi si interrano a dimora e a file con la Luna calante, da maggio a settembre, coperti con solo 1 cm di terra. Quando spuntano, diradare lasciando una pianta ogni 25 cm circa. Al Sud si coltivano anche varietà a semina primaverile (febbraio) da raccogliere in estate. Se invece si fa il trapianto, ci vogliono la Luna crescente e piante di almeno un mese. Raccolta e conservazione I grumoli si raccolgono scalarmente dall’autunno all’inverno. Importante, a seconda della località, raccoglierli prima dell’arrivo delle gelate per evitare che si rovinino. Si conservano in frigorifero non più di una settimana. Si possono congelare, ma solo dopo averli sbollentati.

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BUONO A SAPERSI! Lunga vita al caffè Un tempo, nelle fattorie non si buttava via niente: con i rami dei salici si legavano le viti, con i gusci delle uova si fortificava la calce, con i torsoli del mais si accendeva la stufa. Oggi, l’economia circolare riprende la saggezza contadina. Ad esempio, i fondi del caffè possono essere trasformati in un materiale ecologico con cui realizzare lampade, tazze... E ancora, è possibile usarli come concime per piante acidofile o, se mescolati con olio d’oliva, possono diventare un ottimo scrub anticellulite.

NEL CESTINO DEL MESE

NELL’ORTO, NEL GIARDINO, SUL BALCONE Nonostante l’inverno non abbia ancora allentato la morsa, nell’orto e nel giardino riprendono i lavori. Si comincia ovviamente con il proteggere le piante, come impongono freddo intenso e gelate. E bisognerà farlo rispettando l’ambiente, utilizzando quindi la pacciamatura, ovvero coprendo la base di ortaggi, alberi o arbusti con foglie, paglia, cortecce. Poi, con la Luna calante, seminare in semenzaio basilico, bietola da coste, cipolla bianca, erba cipollina, lattuga, prezzemolo, ravanello, rucola e sedano. All’aperto, invece, bietola da orto, le varietà precoci di carote, cavolo cappuccio primaverile-estivo, rape e spinaci. Se non già fatto, si possono ancora piantare i bulbilli di aglio e il topinambur. È tempo anche di potare e cimare (ovvero ridurre la cima) le siepi spoglianti, gli arbusti a fioritura autunnale e quelli che hanno già perso i frutti. Iniziare a potare pure le ortensie e le erbe aromatiche. Nei giorni di Luna crescente, seminare ceci, zafferano, piselli (al Nord), in semenzaio i peperoni, e mettere a dimora le zampe di asparago. In giardino propagare per talea begonie, dalie e viti americane mettendole in substrato di sabbia e terriccio. Mettere a dimora forsizia, cotogno giapponese, clematide e rose. Tra i rampicanti piantare convolvolo e pisello odoroso. Seminare viola e violacciocca in vaso e pelargoni in semenzaio.

COLTIVARE CON LA LUNA

POTATURE: QUANDO CI VUOLE UN BEL TAGLIO! “Per San Valentino primavera sta vicino”. E se la bella stagione si annuncia, bisogna attivarsi per preparare le piante al risveglio, soprattutto potandole. Senza foglie mostrano le “belle forme”, come si diceva un tempo, si vedono bene i rami difettosi, di troppo o malati. Con forbici e forbicioni ben affilati cominciate, in Luna calante, a fare i tagli necessari. In genere, nei fruttiferi si taglia molto se hanno prodotto molto, di meno se, invece, hanno prodotto poco. La potatura è un dialogo con la pianta, di cui si devono conoscere passato, presente e futuro. Nel caso degli arbusti ornamentali, prima di tagliare, verificate dove fioriscono e producono le bacche. Se producono sul nuovo, allora favorite con una potatura drastica la nascita di rami nuovi.

SE HAI ½ GIORNATA

ORTAGGI: carciofi, cardi, carote, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cavolo broccolo, cavolo cappuccio, cavolo verza, cicorie, cicorini da taglio, cime di rapa, cipolle invernali, finocchi, indivie, lattughe, porri, radicchi rossi, rape, rucola, sedani, spinaci, valeriana e valerianella. FRUTTA: arance, bergamotti, cedri, clementine, kiwi, limoni, mandarini, pere Conference e pompelmi.

AROMI: prezzemolo, rosmarino, salvia e timo.

IL SOLE Il 1° sorge alle 07.13 e tramonta alle 17.15. L’11 sorge alle 07.01 e tramonta alle 17.28. Il 21 sorge alle 06.48 e tramonta alle 17.40. Le giornate si allungano. Il 1° febbraio si hanno 10 ore e 2 minuti di luce solare e il 28 se ne hanno 11 e 12 minuti. Si guadagnano 1 ora e 10 minuti di luce solare. LA LUNA Il 1° sorge alle 07.46 e tramonta alle 17.28. L’11 tramonta alle 03.28 e sorge alle 12.27. Il 21 tramonta alle 09.14 e sorge alle 23.03. Luna crescente dal 2 al 15. Luna calante dal 17 al 28. Luna Nuova il 1°, Luna Piena il 16. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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Giochi

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di Lionello e Favolino

di Enrico Diglio

TEST 1 Osservate attentamente le sei seguenti coppie di figure e i numeri ad esse associati e dite quale numero sostituisce il punto interrogativo nell’ultima coppia, utilizzando un criterio logico da determinare.

REBUS Lionello 9 7 2 4...

TEST 2 Osservate attentamente i due gruppi di parole sotto riportati e dite quale parola va, secondo logica, inserita nel secondo gruppo al posto del punto interrogativo. REBUS Lionello ...2 6 6 » IL MIO NIPOTINO È invitante, così, quando pretende di venir sollevato ancor più in alto, ma è così dolce, si morbosamente dolce, ch’io lo divoro con i miei baci! INDOVINELLO Favolino » NOSTALGIA D’EMIGRANTE Ho una pena nel cuore! È così triste la grande casa che racchiude sempre - senza speranza - il tempo ormai dannato: addio, vent’anni, addio trent’anni, senza che al mondo possa dire “Grazie”!

TEST 3 Osservate il seguente gruppo di figure e andate a pag 96.

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preferibilmente abitante a Roma, Formia o Latina, ma posso corrispondere con lettori o lettrici anche dalla Germania. Desidero una vera amicizia, per stare insieme, fare qualche passeggiata od organizzare qualche iniziativa. Telefonare al 3895981224 oppure al 3291099073. Sono una vedova di 86 anni, con tutti gli acciacchi della mia età, ma ancora indipendente e capace di intendere ed agire. Sono pensionata, ho due case a Catania e Taormina, ma sono sempre sola. C’è una signora per bene che avrebbe piacere a venire a vivere con me per farci compagnia? Telefonare allo 0942625873 oppure al 3285573756. Costretto in casa, a causa incidente, gradirei ricevere libri, dischi e francobolli. Se richiesto, collaboro alle spese di spedizione. Inviare a: Italo Fontanari, Strada romana 8 - 38061, Ala (Tn) oppure telefonare al 3401254769. Vuoi conoscere nuovi amici? Gruppo di referenziati soli cerca ovunque nuove amicizie, per corrispondenza, gite, hobbies, tempo libero. Massima serietà. Telefonare al 3273863631 (ore 14.00-17.00, giorni feriali).

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INDOVINELLO Il mio nipotino = Il tiramisù ENIGMA Nostalgia d’emigrante = L’ergastolano

Stuzzica cervello

TEST 1 - Il numero che sostituisce il punto interrogativo è 7. Esso, infatti, permette di rispettare il criterio logico valido per le altre cinque coppie di figure: il numero che compare all’interno della coppia è dato dalla somma dei lati delle figure che compongono la coppia, se la figura di dimensioni maggiori della coppia è di colore verde; se invece la figura di dimensioni maggiori è di colore rosso, il numero associato alla coppia è dato dalla differenza tra il numero dei lati della figura di dimensioni maggiori e il numero dei lati di quella più piccola. Quindi: nella coppia dove compare il punto interrogativo c’è una figura più grande di colore verde composta da tre lati e una più piccola di quattro lati, per cui va effettuata la somma dei lati che fornisce come risultato 7. TEST 2 - La parola da inserire nel secondo gruppo, contrassegnato dalla lettera b), è FONTE. Essa differisce, come tutte le parole del gruppo b), da una parola del gruppo a) solo per una lettera, in questo caso la N al posto della R: PERA PENA

TARA TANA

SARTO SANTO

FORTE FONTE

CERA CENA

TORO TONO

VARO VANO

VERA VENA

TEST 3 - Quale delle seguenti otto coppie di figure non compare nel gruppo prima visto? a)

_Soluzioni_7_max 96

b)

c)

d)

f)

Via Castello, 5 - 35036 Montegrotto Terme (Padova) Italia

(...2 6 6) L asce; LTA giù sta = ...la scelta giusta

e)

g)

h)

Resort +39 049.793477 Info piscine +39 049.8914735 www.termepreistoriche.it

20/01/22 15:34


BAZAR

a cura del Centro Studi 50&Più

Questo spazio offre informazioni, curiosità, notizie utili. Come ogni bazar, sarà luogo d’incontro e di scambio. Potete quindi inviarci le vostre segnalazioni e quesiti a: centrostudi@50epiu.it

DIRITTI

ni delle vetture che solitamente guidano e alla loro ridotta sicurezza.

IN SICILIA UN GARANTE PER GLI ANZIANI La Giunta Regionale siciliana è la prima ad aver approvato il disegno di Legge che istituisce il Garante della Terza Età. Tra i tanti compiti, questa figura può: intraprendere iniziative per assicurare prestazioni sanitarie che migliorino la qualità di vita degli anziani; agire contro eventuali inadempienze; vigilare sul rispetto dei livelli essenziali relativi ai diritti civili e sociali. Ma le misure di tutoraggio non riguardano solo salute e sicurezza, si rivolgono anche a tematiche di interesse culturale e alla diffusione della conoscenza delle leggi in materia. www.ars.sicilia.it

TECNOLOGIA

GUIDA ANZIANI AL VOLANTE: QUANTO RISCHIANO? L’Istituto americano per la sicurezza stradale (IIHS) ha condotto una ricerca sull’indice di fatalità, in caso di sinistri, tra gli anziani. Al volante quelli con un’età pari o superiore a 75 anni sembrano avere 4 volte più probabilità di perdere la vita in incidenti gravi rispetto agli altri conducenti. Eppure la causa consiste non tanto nella condizione del loro stato psico-fisico ma nei veicoli che guidano. Secondo l’indagine, infatti, gli anziani over 70 hanno meno probabilità di guidare un’auto nuova e più sicura. E sebbene incorrano in un numero di incidenti tendenzialmente minore, la fragilità della corporatura è uno dei principali rischi legati alle condizio-

FAKE NEWS, ANZIANI SEMPRE MENO SPROVVEDUTI Secondo una ricerca congiunta della Cornell University, Scripps College e Claremont Graduate University, i senior non sembrano avere maggiori probabilità di cadere in truffe sul Covid rispetto alle generazioni più giovani. Al contrario, risultano essere molto più diffidenti. Lo studio ha coinvolto 210 partecipanti, di cui 68 di età compresa tra 18 e 40 anni, 79 di età compresa tra 41 e 64 anni e 63 di età compresa tra 65 e 84 anni. Uno degli strumenti di misurazione utilizzati in questo studio è stata la cosiddetta “scala di ricettività delle notizie false”.

SALUTE MIRTILLI, IL SUPER FOOD DELLA LONGEVITÀ Aiutano la memoria, mantengono il cuore in salute e permettono di invecchiare in modo sano: i mirtilli sembrano confermarsi un vero e proprio super food. Ora tra i loro benefici si può annoverare anche il miglioramento nel controllo dell’umore, aiutando a gestire ansia e depressione. Tutto merito dei flavonoidi di cui sono ricchi e che contengono specifiche molecole in grado di combattere i danni al DNA e rallentare quelli legati all’età. I mirtilli sono stati così collegati a tassi più lenti di

declino cognitivo. Inoltre, consumarne tre o più porzioni a settimana potrebbe ridurre il rischio di infarto fino al 34%. SALE IL CONSUMO DI ALCOL TRA GLI ANZIANI A partire dai 65 anni il 25% delle persone consuma bevande alcoliche quotidianamente. È quanto emerge da uno studio svizzero condotto su 6.000 individui e che ha considerato le dipendenze delle persone anziane. Secondo questa indagine, l’11,6% degli over 65 presenta una grave dipendenza. Inoltre, un terzo del 7,5% di persone che hanno un consumo “problematico” ha cominciato a farlo dopo l’età della pensione. Le cifre sono antecedenti la pandemia, ma la crisi potrebbe aver ulteriormente aggravato il problema.

FILM CRY MACHO RITORNO A CASA Regia di Clint Eastwood Con C. Eastwood, D. Yoakam, F. Urrejola Ispirato ad una storia vera, tratta dall’omonimo libro del 1975 di N. Richard Nash, il film narra di Mike Milo, ex star di rodeo e allevatore di cavalli. Impegnatosi con una sua vecchia conoscenza per riportargli il figlio più giovane dal Messico, l’anziano cowboy farà un viaggio carico di imprevisti che gli serviranno ad espiare parte delle colpe di una vita. Troverà così una nuova forza e un approccio diverso al mondo. Nel corso del viaggio la redenzione di Mike passerà anche per gli insegnamenti che offrirà al ragazzo. febbraio 2022 | www.spazio50.org

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19/01/22 16:50


Lettere al direttore

Risponde Giovanna Vecchiotti Direttore responsabile 50&Più

UN DECISO “NO” ALL’ARROGANZA. NESSUNO È AL DI SOPRA DELLA LEGGE Il caso Djokovic-Australian Open ci ricorda che troppo spesso viene usato il proprio status per aggirare disposizioni e regolamenti Gentile direttrice, sono una persona molto attiva, con un grande amore per lo sport, e che continua ad allenarsi nonostante l’avvicinarsi delle 80 primavere. Ho sempre creduto che l’attività sportiva, soprattutto se praticata in gruppo, servisse non soltanto a fortificare il fisico ma anche a forgiare l’anima, tirando fuori il meglio dalle persone. Ho sempre pensato che gli sportivi, in particolar modo se grandi campioni, dovessero essere “un esempio” per gli altri, soprattutto per i più giovani, ponendosi come modello da seguire. Premesso ciò, immagini quanto sia rimasto deluso e indignato dalla vicenda Djokovic-Australian Open, non tanto perché il numero uno del tennis mondiale non fosse vaccinato (non voglio entrare nel merito delle sue ragioni), quanto per la mancata assunzione delle proprie responsabilità. Il campione, infatti, ha scelto - per così dire - “una scorciatoia” che gli permettesse di giocare in barba a leggi, disposizioni e regolamenti. La sua fama, i suoi soldi (tanti), il suo talento gli hanno fatto credere di potersi porre al di sopra delle regole, gli hanno fatto esercitare quel “lei non sa chi sono io” di cui troppi si riempiono la bocca. Beh, che dire caro Djokovic, se prima erano in pochi a sapere chi fossi veramente, ora lo sa tutto il mondo. Edoardo Giuffré

In effetti, signor Edoardo, il ritenersi al di sopra delle leggi - quelle degli umani e quelle di Dio -, è una prerogativa di molti, troppi. Dal politico che festeggia privatamente nonostante il lockdown a quello che, sui social, incita alla rivolta un popolo, e si indigna quando il proprio account viene disattivato; dallo sportivo che viola ripetutamente la quarantena al magnate che riduce ragazzine in schiave sessuali, sicuro di poterla fare franca. Il denominatore che riunisce tutti, però, non sono solo i soldi (tanti, come dice Lei), ma il potere che esercitano queste persone. Ed è quello a fargli perdere il contatto con la realtà, a fargli credere che ogni loro azione debba passare impunita. Finché sul loro cammino non incontrano un addetto alla dogana zelante, una ragazza che decide di porre fine ad una vita di soprusi e ricatti, un fan deluso che mette in rete il party non autorizzato del proprio beniamino. Ed ecco che il loro castello di carte, tenuto su dall’arroganza e dalla protervia, viene giù. Perché, se c’è sempre un tempo per vivere ed uno per morire, c’è anche un tempo per pagare.

PARLIAMONE... Chi volesse scrivere a Giovanna Vecchiotti può farlo: per posta - C/O Redazione 50&Più Via del Melangolo, 26 - (RM) per fax - 066872597 per email - g.vecchiotti@50epiu.it 98

www.spazio50.org | febbraio 2022

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20/01/22 15:09


ESSE LE COMPR I PER ORIGINAL I! GLI OCCH

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Kathy ha migliorato la sua vista con Blue Berry, e ha impressionato la sua oculista

La mia vista è migliorata, grazie a Blue Berry! Kathy ha scritto per raccontarci la sua meravigliosa storia: “Sono una donna di 62 anni, che ha portato gli occhiali fin dall’età di 10 anni. Un giorno feci un normale controllo della vista, ma i risultati non furono molto confortanti. Mi ricordai di aver letto di Blue Berry su alcune riviste, così, qualche tempo dopo, iniziai ad assumerlo. Tornai dalla mia oculista per i controlli di routine, e mi fece notare che la mia parte visiva riguardante la lettura era notevolmente migliorata. Ne restò letteralmente impressionata.

LO SAPEVI?

nda guerra Durante la seco dell’aviazione mondiale i piloti ti poiché inglese erano no iderevoli mangiavano cons illi neri la notte quantità di mirt in missione, per prima di andare notturna. affinare la visione

Non starò mai più senza Blue Berry™ Le dissi che avevo iniziato a prendere le compresse di Blue Berry e lei mi confermò che molto probabilmente erano state queste a farmi migliorare la vista. Volevo solo far sapere a tutti che prodotto meraviglioso è Blue Berry. Ho portato gli occhiali fin da quando avevo 10 anni ed ora che ne ho 62, la mia vista è migliorata! Non starò mai più senza Blue Berry. Grazie per avermi fatto conoscere questo prodotto così efficace che mi ha aiutato a migliorare la vista” Blue Berry è l’integratore naturale per la vista più venduto in Scandinavia e lo è da almeno dieci anni. Blue Berry è approvato dall’associazione per la salute Canadese come integratore utile nella prevenzione della degenerazione maculare e della cataratta.

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