La forma delle nuvole
Un padre e una figlia osservano il mondo
LA MORALE AL TEMPO DEI SOCIAL di b-mub1o ; bou]b- -uoC]Ѵbo
I In Rete è più facile scatenare polemiche, scandalizzarsi, ZʬPYOP]^T. Molte testate giornalistiche lo sanno e alimentano questa indignazione pur di mantenere la propria visibilità. Ma è solo una falsa informazione, che fa leva sul valore simbolico di singoli episodi 10
www.spazio50.org | settembre 2022
n tempi non sospetti, Andy Warhol disse che un giorno tutti avrebbero avuto quindici minuti di fama. È quello che è successo a Samantha Leshnak Murphy, una giocatrice di calcio, bianca, che l’anno scorso è diventata, almeno per un attimo, icona planetaria della lotta al politicamente corretto. La scena è questa. Si sta per giocare una partita del campionato nazionale femminile tra le Portland Thorns FC e le North Carolina Courage, la squadra di Leshnak. In America impazzano le proteste antirazziste per la morte di George Floyd. Parte l’inno e le giocatrici si inginocchiano per esprimere solidarietà al movimento antirazzista Black Lives Matter. Tutte tranne Leshnak che rimane in piedi, e la sua foto fa il giro del mondo. È una di quelle storie con un tale potere simbolico da viaggiare alla velocità della luce. Col suo gesto la calciatrice entra nell’Olimpo degli antieroi coraggiosi che non si sottomettono alla morale - o forse al moralismo - dominante. Che si oppongono al puritanesimo di coloro per i quali è necessario umiliarsi per la sola colpa di essere bianchi. Il problema è che le cose - come spesso capita - non sono come appaiono a prima vista. Leshnak Murphy è davvero rimasta in piedi durante l’inno, ma quando c’è stato un momento di
silenzio per le vittime del razzismo si è inginocchiata anche lei insieme alle sue compagne. Dopo la polemica che l’ha investita e il mix di elogi e insulti che ha ricevuto sui social, l’atleta ha spiegato che viene da una famiglia di militari e per lei sarebbe stato irrispettoso mettersi in ginocchio durante l’inno. L’interesse nei suoi confronti è presto scemato. Cosa ci insegna questa vicenda? Probabilmente poco. Ma certamente ci ricorda che la maggior parte delle notizie di questo genere dura un tempo insigni¿cante prima di sparire dalla nostra memoria e dalla nostra coscienza. E che la battaglia sul politicamente corretto ha poco a che fare coi fatti. È spesso una battaglia per la nostra attenzione. Il giornalista Ezra Klein ha notato come, con gli sconvolgimenti prodotti da Internet nell’industria dell’informazione, è emerso un fenomeno da lui de¿nito “giornalismo identitario”. In un contesto economico in cui la competizione tra testate è enorme, il modo migliore per attirare l’attenzione è trovare una nicchia, puntare a un tipo speci¿co di lettore e tenerne vivo l’interesse facendo appello alla sua identità (soprattutto politica) e, spesso, alla sua rabbia. Klein si riferisce al contesto americano, in cui Repubblicani e Democratici sono sempre più polarizzati, ma è un fe-