INTERVISTA AL TECNOLOGO
COVID19, audit e certificazioni: che fare?
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utta la filiera agro-alimentare svolge una funzione essenziale e in questo momento di crisi mondiale la prosecuzione delle attività sta affrontando difficoltà dovute alle disposizioni a salvaguardia della salute pubblica, che impongono importanti condizionamenti nei luoghi di lavoro, e alla forte diminuzione del personale disponibile. Ma se quindi la produzione alimentare non si è fermata, è necessario garantire il mantenimento degli standard di qualità dei prodotti, degli impegni sociali e il rispetto di accordi commerciali nei confronti dei clienti. In questo contesto, norme e standard continuano a essere un valido punto di riferimento per le imprese insieme alle certificazioni volontarie. In questa intervista vogliamo chiedere a Paolo Rebolini, consulente senior per la sicurezza alimentare, quali sono i mezzi a disposizione degli organismi e delle imprese per poter mantenere e rinnovare le certificazioni in essere.
Lei si occupa di consulenza delle imprese di produzione alimentare: in questo particolare momento quali sono le richieste a cui deve rispondere? Sì, seguo aziende di produzione di alimenti e di imballi per alimenti; dopo un
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primo momento in cui è stato necessario informare le aziende sulle implicazioni portate da questo tipo di virus – per quanto noto – sono state indicate le misure volte a mitigare gli effetti sul personale, sui prodotti e sulla catena di fornitura. Le aziende che seguo sono per lo più certificate secondo vari schemi proprietari di sicurezza alimentare, per cui partivano già da un buon livello di prevenzione igienico-sanitaria sia nei siti che in relazione al loro prodotto.
L’adempimento degli obblighi normativi previsti dalle certificazioni di sistema garantisce i requisiti di qualità dei prodotti e dei processi: in che modo le aziende riescono a garantire la conformità ai requisiti previsti, a fronte delle disposizioni a salvaguardia della salute pubblica che impongono importanti condizionamenti nei luoghi di lavoro? Le aziende che seguono schemi di certificazione tipo BRC, IFS o FSSC22000 hanno di base una serie di misure in atto che sono assolutamente sufficienti per le garanzie di qualità e sicurezza dei prodotti (che siano alimenti o imballi). Tali misure sono parte della normale routine e non sono diminuite, semmai
sono state rinforzate quelle già esistenti, ad esempio, per rispettare i requisiti di distanziamento contingentando l’accesso alla mensa o limitando la presenza contemporanea ai punti ristoro, o per aumentare la frequenza di lavaggio e disinfezione delle mani, anche con dispositivi introdotti ad hoc o creando gruppi omogenei intercambiabili tra i dipendenti, in modo da minimizzare gli effetti per il sito in ottica business continuity in caso che una persona venga in contatto con il virus, o favorendo lo smart working secondo gli indirizzi ministeriali e così via.
In questa fase, come è possibile rinnovare o aggiornare le proprie certificazioni? Le certificazioni hanno come elemento caratterizzante le verifiche de visu presso le strutture produttive; di fatto si è venuta a creare una situazione che ha portato via via a limitare, fino ad impedire, l’esecuzione dei sopralluoghi in sito (alcune aziende, comunque, avevano già da fine febbraio escluso l’accesso di terzi ai loro locali). Oggi non è possibile rinnovare la certificazione, al massimo estendere il certificato per alcuni mesi, anche se esistono differenze tra i vari proprietari degli schemi di sicurezza alimentare.
Produzione & Igiene
Maggio/Giugno 2020