ESCURSIONISMO
La montagna che non conosci Lo chiamano turismo di prossimità. Di fatto significa scoprire (o riscoprire) quello che c’è intorno a noi. Come un monte, il Sabotino, che è sempre stato lì, ma che può svelare valenze inaspettate testo e foto di Alberto Canevelli*
V
ere e proprie processioni di reclusi comunali hanno visto il Sabotino come meta ideale. I più in solitaria, altri in piccoli gruppi, ben distanziati per non dare nell’occhio. Nei giorni rossi era previsto addirittura partire a piedi da casa e a piedi farci ritorno. Se non è processione, questa... Obiettivo: dribblare il virus e mantenere in sesto tanto il corpo quanto la mente. La mente infatti a volte parte, non riesce a capire, vuole volare. Guardare oltre quel tipo che ti incrocia con cappello e mascherina e ti accenna un saluto che ricambi per pura cortesia, ma non hai idea di chi possa essere. Il tuo sguardo lo supera e punta più in alto dei tuoi piedi di pioggia. Da sotto le nuvole di un nero antracite ti pare di
40 / Montagne360 / settembre 2021
trovare un vecchio amico perduto. Eri solito andare a trovarlo quando eri scolaro, avevi imparato una serie di date, di celebrazioni, la mappa intricata delle sue trincee e delle profonde caverne. Gallerie ramificate dentro una groviera di roccia dove gli echi rimbombano ma il silenzio parla lo stesso, a volte gridando. Per chi era già qui, e per chi poi ci è arrivato, identifica il Nord, un forte richiamo esoterico. Il suo profilo con luci a bandiera di notte e un grande Tito di giorno ha accompagnato tutte le nostre giornate fino a diventare invisibile. Troppo consueto, troppo scontato, lì in quell’angolo di cielo dove potrebbe stare il ritratto del nonno o il lungo Senna che abbiamo preso a Parigi e appeso a quel muro.
INSEGUENDO LA FAME D’ARIA Ce l’hanno mostrato quando si era ancora a scuola, ci hanno raccontato tutto di lui e delle persone che lassù hanno provato cosa significa “guerra” con cannoni veri e scarpe di cartone. Cos’altro avrà più da dirci? Non resta che un grande masso di roccia calcarea, con una forma a strano cappello, un mucchio di sassi spigolosi e taglienti, tana ideale per la nostra vipera dal corno che qui sta di casa. Motivo in più per lasciarlo dov’è. Arrivano giorni diversi, lo sguardo si alza e vediamo che lui è sempre lì, le stesse rocce, le stesse luci, la stessa scritta. Il nostro orizzonte si arresta. Le gambe fremono e si mettono in moto da sole, la fame d’aria che prende non è Covid ma noia, sindrome da divano ormai non