Montagne360 | Settembre 2021

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NUOVE ASCENSIONI a cura di Carlo Caccia

Esiste un’altra vita L'11 settembre 2016 ci lasciava Paolo Leoni. Ma restano i suoi capolavori in parete – firmati con Graziano Maffei e Mariano Frizzera – e i ricordi che hanno portato Diego Mabboni e compagni a dedicargli una via sulla splendida Piramide Armani, nel gruppo dolomitico della Vallaccia guardare le loro vie, capolavori visionari sulle grandi pareti dolomitiche, sembra che ogni volta abbiano voluto fare qualcosa di speciale. Anche se ai tempi, complice indubbiamente una naturale predisposizione all’agire per se stessi, senza strombazzare a destra e a manca, quelle linee non furono quasi considerate: roba antiquata da tranquilli quarantenni che nella vita, quella normale, facevano tutt’altro. Il “Feo”, che era un po’ il “leader” del terzetto, lavorava addirittura in banca, agli antipodi di un Manolo no limits la cui Supermatita sul Sass Maòr (1980) si svolge non lontana dalla pressoché contemporanea Bruno Crepaz (1982) dei nostri. Stiamo parlando, per chi non l’avesse intuito, di Graziano Maffei, Paolo Leoni e Mariano Frizzera: una cordata unica, quasi naïf eppure irresistibile, che tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso ha firmato salite come la Via della cattedrale sulla Sud della Marmolada (1983 e 1985 con uscita diretta) e Il canto del cigno sulla Piramide Armani, nel gruppo della Vallaccia (1986). Delle altre, per ora, ci piace ricordare la triade sulla Sudovest della stessa “regina delle Dolomiti”: una serie perfetta avviata nel 1979 con la Karol Wojtyła, proseguita nel 1982 con la Via dei quarantenni e idealmente conclusa nel 1988 con L’ultimo dei paracadutisti, che sale direttamente alla Punta Penìa ed è stata liberata nel 2012 da Hansjörg Auer e Much Mayr (con difficoltà di 8b+). Qualcosa di speciale, dicevamo. Ed è arduo pensarla diversamente osservando insieme le tre linee che superano i pilastri Cristina, Carla e Augusta (che sono le mogli dei nostri protagonisti) e proseguono su quelli superiori: stanno lassù, parallele, a ricordarci di Graziano (19391994), Paolo (1942-2016) e a far ripensare a Mariano, classe 1939 come il “Feo”, tante e tante giornate di avventura e amicizia, scri-

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vendo a grandi lettere, in uno stile inimitabile, la storia dell’alpinismo.

appariscente Piramide Delmonego, spicca nel cuore del fianco ovest di Cima Undici. La Via dei tre diedri di Maffei e Marino Stenico

UNA PERFETTA, VERTICALISSIMA, LISCIA PIRAMIDE Abbiamo detto, poco fa, Piramide Armani e Vallaccia. Eccoci dunque in uno dei gruppi dolomitici relativamente meno noti, che s’innalza a sud-est di Pozza di Fassa suddiviso nei due complessi di Cima Dodici (2446 m) e Cima Undici (2550 m) tra i quali s’incunea un selvaggio vallone – la Vallaccia vera e propria – che confluisce da sud nella valle di San Nicolò. La Piramide Armani, dal profilo inconfondibile e affiancata a destra dalla meno

(1974) ne supera il settore destro mentre lo spigolo sinistro è stato salito da Graziano con Giuliano Stenghel (1976). Ed eccoci al 1986: Maffei e Leoni prima passano in piena parete, su placche incredibili, firmando la già citata Il canto del cigno, e poi si spostano a destra, oltre la Via dei tre diedri, completando la Via dei cinque muri. Ma su quella “perfetta, verticalissima, liscia piramide”, come l’ha descritta il mitico “Feo” – e se non ci credete salite al bivacco Zeni, guardate in su e godetevi la meraviglia


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