VerdEtà 78 - Febbraio 2021

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SPAZIO DONNA

RICERCATRICI, FIGLIE NOSTRE MARIA ROSA BATTAN, Vicepresidente Nazionale CNA Pensionati Il 2020 è stato, come dicono tutti un anno da dimenticare, a meno che non si vogliano riconoscere i meriti che la scienza, con i mezzi a disposizione è riuscita a darci nel campo della ricerca/scienza. Sono state giustamente molto elogiate infatti, le tre ricercatrici dello Spallanzani di Roma che per prime sono riuscite a isolare il virus che ancora ci perseguita, il COVID. Anche l’individuare il vaccino è un ulteriore e indispensabile frutto della ricerca scientifica. La ricerca, tuttavia, non si ferma se su di essa si investe. Vorrei evidenziare infatti, il ruolo che la scienza ha nella nostra vita e come fino ad ora siamo riusciti a minimizzarlo, a non darne il giusto valore. Pensando a questo, mi è venuta subito in mente una mia amica che racconta le difficolta vissute da una ragazza, sua figlia Greta, nell’esprimere il proprio

Greta Pintacuda 28 | VERDETÁ n° 78

sapere (che non è ballare e cantare aggiungo io) e averne il giusto riconoscimento. Per questo motivo ho ritenuto di riportare il percorso di Greta attraverso questa sua testimonianza. Sicura che molte di noi, mamme e nonne, hanno nel cuore le scelte di figli/e con analoghi percorsi e leggendo lo condivideranno. Dottoressa Greta Pintacuda Sono stata educata e cresciuta in un contesto in cui la parità di genere faceva parte della natura delle cose, banalmente fattuale come un’operazione aritmetica o un evento metereologico. Due più due fa quattro, fuori piove, la dimensione della progettualità non si declina al maschile o al femminile. Il privilegio di non aver sofferto discriminazione alcuna, mi ha permesso di misurarmi col maschile senza timori o complessi durante l’interezza del mio precorso scolastico e universitario. D’altro canto, la mia estraneità alle logiche del paternalismo e della discriminazione contro le donne, mi ha spesso resa incapace di diagnosticarne i sintomi, purtroppo presenti e preponderanti in ambito accademico. Solo dopo essermi trasferita a Cambridge, per un master in biologia molecolare seguito da un dottorato di ricerca ad Oxford, ho notato il contrasto netto tra Inghilterra e Italia nella composizione del corpo universitario. Almeno la metà del personale era composto da donne e ragazze come me. Netto contrasto rispetto alla popolazione studentesca dell’università che mi aveva formata in Italia, la Scuola Normale Superiore di Pisa. Unica biologa ammessa alla Classe di Scienze 2007, mi trovai a far parte del suo sparuto 10% femminile. La struttura fortemente competitiva della Scuola improntata allo sviluppo talvolta brutale dello spirito critico ed auto-critico, rende difficile distinguere


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