Italia Publishers 03/2019

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Italia Publishers - Anno XXXI - n° 03/2019 - Prezzo euro 10,00 - Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LOM/MI

MEETING LEADERS

Big Image Systems: l’antesignano della stampa inkjet wide format e del soft signage MEETING LEADERS

Re-board, pioniere degli alveolari, cresce puntando su cultura, qualità e sostenibilità SPECIALE

Durst inaugura il suo nuovo quartier generale, tributo al digitale e alla fiducia dei clienti


“NON SIAMO STATI I PRIMI AD INTRODURRE LA TECNOLOGIA LED NELLA STAMPA UV, MA LO ABBIAMO FATTO NEL MIGLIORE DEI MODI SENZA SCENDERE A COMPROMESSI.” Andrea Riccardi Head of Product Management Large Format Printing & Fabrics

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sommario 03

EDITORIALE

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NEWS

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Quando il valore eccede il (grande) formato

Novità, tecnologie e tendenze dai player del mercato digitale

MEETING LEADERS 10 |

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Big Image: l’antesignano della stampa inkjet wide format e del soft signage Il pioniere svedese degli alveolari punta su cultura, qualità e sostenibilità

STRATEGIE

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Lavoro di squadra, offerta completa e cura del cliente: Inprinting svela i suoi segreti

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Con il taglio di Unico TT, ogni materiale si trasforma in una possibilità creativa

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Alta qualità e bassi costi di gestione: Fast On Paper convince Selegrafica 80

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Industria Grafica FG affida ad Automa A|3020 la finitura delle sue stampe su rigido

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Oltre gli inchiostri alternativi, il sito INX di Praga è polo di ricerca, sviluppo e innovazione

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Esko e B+B supportano la trasformazione digitale dei “nuovi” big del printing

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SUPPORTI 48 |

Goodbye PVC? Squid avvia una rivoluzione tessile nella glass decoration digitale

EVENTI 50 |

Il nuovo quartier generale Durst è un tributo al digitale e alla fiducia dei clienti

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Finisce l’era delle fiere “a silos”. Arriva il primo evento che celebra la convergenza

SPECIALE 58 |

Il negozio contemporaneo è emozionale ed educativo, omnicanale e “local”

IDEE PER CRESCERE 62 |

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Il digitale è un elemento pervasivo in ogni ambito di applicazione del business

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Italia Publishers – Anno XXXI – n° 03 2019 Registrazione: Tribunale di Milano n. 74 del 12/2/94 Iscrizione al ROC n° 26062 del 23/11/2015 Direttore responsabile Silvia Guglielmi Co-editore Lorenzo Villa

Collaboratori Davide Medri Veronica Pastaro Francesca Zorzetto

Responsabile operativo Gabriele Lo Surdo Pubblicità marketing@densitymedia.com Copertina Sara Ciprandi www.saraciprandi.com

Stampa Unigrafica (MI) www.unigrafica.it

Tiratura 4.500 copie In fase di certificazione secondo il Regolamento CSST

Postalizzazione Sered (MI) +39 02 91080062

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Prezzo: € 10,00 / Arretrati: € 20,00 Abbonamento 8 num: € 70,00 (Italia) / € 140,00 (estero) Uff. abbonamenti: abbonamenti@densitymedia.com

Italia Publishers rispetta l'ambiente. Stampiamo su carte certificate FSC, impiegando energia proveniente da fonti rinnovabili con garazia di origine. Spediamo utilizzando film biodegradabile in MATER-BI.

Editore Denstiy srl Via Thaon di Revel, 21 20159 Milano P.IVA 03454220124

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editoriale di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

Quando il valore eccede il (grande) formato Che le dimensioni non siano tutto nella vita è un assunto comune. Ricordate l’esilarante spot anni Ottanta del pennello grande? Anche molti operatori italiani del large format, dopo l’inebriamento dei primi anni, lo hanno imparato, a proprie spese. Al punto che troppi sembrano essersi disinnamorati dell’arte di ingigantire le immagini. Ci domandiamo perché, dato che l’inkjet di grande formato è la tecnica più giovane nelle arti grafiche. Ma girando l’Europa per confezionare il numero che state leggendo, ci si è risollevato il morale. Abbiamo la prova che tecnologie, materiali e applicazioni considerati delle commodity sono in realtà pieni di valore inespresso, incompreso o sottovalutato. Ed è ancora possibile fare del large format una professione ricca e sognata. A farci sognare sono storie come quella di Big Image e del suo fondatore Werner Schäfer, che vi raccontiamo a pagina 10. E quelle di Re-board a pagina 18, Durst a pagina 50 e INX a pagina 40, che ci ricordano come prodotti e aziende apparentemente simili non siano sempre comparabili. Il tema è che molti operatori del large format italiani hanno smesso di sognare, di divertirsi nell’ingigantire immagini e creare emozioni. Non pensano più che dentro un materiale, una stampa o un inchiostro inkjet ci sia un pezzo del proprio sogno, e del proprio valore. Così, si svegliano ogni mattina più avviliti, incapaci di raccontare le proprie storie, asserviti a capitolati che spesso neppure esistono. Miopi di fronte all’innovazione tecnologica, sempre più inclini a comprare un macchinario perché, in fondo, “ce l’hanno tutti”. Schiacciati dalla continua ricerca di alibi per la propria ignavia e, in ultima analisi, più poveri. Umanamente ed economicamente. È vero, là fuori è pieno di pareti grandi da imbrattare con grandi pennelli, buyer agguerriti a spuntare il prezzo più basso, venditori di tecnologia pronti a sconti scandalosi, costruttori poco fantasiosi ed emulatori senza speranza. Ma quello del large format resta un mercato ricco di tradizione, valori e potenzialità inespresse. Sta a voi decidere da che parte stare. A noi piace l’idea di raccontarvene il lato virtuoso, e regalarvi buone storie, qualche idea e un po’ di ispirazione.


news swissQprint Karibu: cambiano i paradigmi nella stampa roll-to-roll Al prossimo FESPA swissQprint scriverà una nuova pagina della storia del digital printing presentando Karibu, la sua prima stampante roll-to-roll. Per scoprirla, abbiamo partecipato al VIP event organizzato da Fenix DG, presso la sede del costruttore svizzero. La nuova Karibu ha una luce massima di stampa di 3,4 metri. La tecnologia di curing è LED UV. Sul piano applicativo, per soddisfare i trend di mercato, la nuova piattaforma è progettata per la stampa su una vasta gamma di materiali flessibili, tessuti in particolare. Grande cura è stata prestata all’alimentazione delle bobine, che

sono alloggiate in appositi cassetti e il cui trascinamento (anche in dual-roll) è assistito da sistemi di tensionamento e correzione automatica delle deviazioni sull’asse X. Tra le chicche, destinate a semplificare la vita degli operatori e migliorare i risultati qualitativi, l’aspirazione a zone indipendenti, regolabile dall’operatore con tasti a sfioramento, e un sistema di retroilluminazione a LED indipendenti per il controllo visivo di applicazioni backlite. Nuovi anche gli inchiostri, low odour e con certificazione Greenguard Gold. swissqprint.com fenixdigitalgroup.com

‖ Un momento del VIP Event dedicato ai clienti italiani di Fenix DG

‖ AGILA è il nuovo sistema di plotter da taglio in piano di Elitron, dotato di testa di taglio multiutensile plug & play per un rapido cambio utensile

Elitron amplia l’offerta tra automazione e due nuovi cutter Al Sign Expo di Budapest, Elitron ha svelato in anteprima AGILA, un nuovo plotter compatto per il taglio in piano. Disponibile nei formati 1.600x1.300 e 800x1.300 mm, AGILA è pensato per i piccoli e medi operatori della comunicazione visiva e del packaging. La macchina vanta un’innovativo sistema “plug & play” che premette di effettuare cambi utensile senza bisogno di collegare/ scollegare cavi. Ma il costruttore italiano è pronto ad alzare ulteriormente l’asticella a FESPA. In occasione dell’evento, presenterà

il software Klick, per la preparazione automatica delle lavorazioni di stampa e taglio, nonché due nuovi plotter da taglio in piano: Kombo SDC+ 21.32, che vanta un’area di lavoro di 2.100x3.200 mm per una piena integrazione con stampanti digitali da 3,2 m di luce; e Spark 19.16, con conveyor belt e area di lavoro di 1.900x1.600 mm. Grazie alla sua cultura dell’automazione e ad una produzione Made in Italy, Elitron promette di giocare un ruolo sempre più centrale nella nostra industria. elitron.com

Michael Ring da Gallus a MTEX per supportare la crescita Alcuni lo considerano il “padre”di PrimeFire, la celebre piattaforma narrow-web che ha proiettato Gallus (società del gruppo Heidelberg) nell’olimpo degli innovatori digitali dell’etichetta. Americano di origine ed europeo d’adozione, con 30 anni di esperienza nel settore, Michael Ring è senza subbio un innovatore della nostra industria. Non deve quindi sorprendere che il manager abbia scelto di porre le proprie competenze al servizio di

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una nuova ed entusiasmante avventura. Da qualche settimana è il nuovo CEO di MTEX NS, il giovane e dinamico costruttore portoghese di stampanti inkjet, che dalle piattaforme tessili ha gradualmente ampliato la propria offerta alle piattaforme inkjet per etichette e cartone ondulato. Contestualmente Eloi Ferreira, fondatore e ormai ex-CEO dell’azienda, assume il ruolo di Executive President. mtex.eu

‖ Da sinitra, Eloi Ferreira, fondatore di MTEX NS, e Michael Ring, nuovo CEO dell’azienda portoghese specializzata nella costruzione di stampanti inkjet


news La convergenza analogico-digitale è già realtà nell’universo BOBST Sempre più spesso i leader induscussi della tecnologia convenzionale si propongono come teorizzatori di nuovi ecosistemi “ibridi”, in cui i processi e le tecnologie analogiche convivono e si compenetrano con l’inkjet, supportati da infrastrutture software condivise. Se non di apripista – a quello ci hanno già pensato i brand

“nativi digitali” – BOBST ha scelto di ritagliarsi un ruolo guida per le migliaia di stampatori, converter ed etichettifici che già utilizzano con successo i suoi sistemi. E in generale per l’intera industria. Ne è stata prova e dimostrazione la grande open house mondiale tenutasi dall’1 al 4 aprile presso BOBST Firenze (la con-

sociata italiana del costruttore svizzero, specializzata in tecnologia narrow-web e innovazione). Oltre a mostrare dal vivo le performance della propria tecnologia inkjet proprietaria, sviluppata con il brand Mouvent, BOBST ha accompagnato brand owner e stampatori in un percorso di digitalizzazione complessiva dei

processi, che efficienta a livelli mai visti tutti i processi di preparazione, prestampa, stampa e finishing analogici. Obiettivi (raggiungibili e in parte raggiunti) sono l’interconnessione totale delle piattaforme, la riduzione del time-to-market e il miglioramento della supply chain del packaging. bobst.com

‖ A sinistra, Federico d’Annunzio di BOBST illustra alcune delle innovazioni tecnologiche sulle unità flexo durante l’open house. Qui sopra, un modulo inkjet di Mouvent.

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news

Xeikon Café registra il sold out tra tecnologia e ispirazione VIENI A TROVARCI A FESPA MONACO Stand A5-F11

L’edizione europea dello Xeikon Café (l’omologo evento americano è in calendario per il 14-26 maggio a Chicago) si è ormai affermata tra gli appuntamenti irrinunciabili per una popolata community di brand-owner, designer, stampatori e packaging converter. Merito di un format azzeccato, che pone Xeikon tra i precursoni di quella che definiremmo una grande open house inclusiva, esperienziale e ispirata. L’evento, che quest’anno ha registrato oltre 1.000 presenze, è chiaramente incentrato sui valori e i vantaggi della produzione digitale, ma la presenza di numerosi partner e un eccellente programma seminariale lo rendono un’occasione unica di apprendimento, networ-

king e riflessione. Tra i temi dibattuti all’edizione di quest’anno, i cambiamenti in atto nei comportamenti dei consumatori e nella comunicazione a loro dedicata, e l’impatto che il packaging può avere su queste dinamiche. Sul fronte produttivo, la grande area espositiva di Xeikon si è trasformata in un vero e proprio workshop, dove i visitatori hanno potuto assistere ai più evoluti processi di design, preparazione, stampa, nobilitazione e converting di innumerevoli tipologie di packaging ed etichette. Tutti arricchiti da design innovativi, personalizzazioni, materiali inediti e un’interazione spinta con il consumatore finale. xeikon.com

‖ In alto, uno scorcio dell’area espositiva che ha accolto Xeikon Café, all’inteno della sede del costruttore belga (a Lier). Qui sopra, Aljan de Boer, analista di trend globali, durante il suo keynote speech.

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meeting leaders

Big Image: l’antesignano della stampa inkjet wide format e del soft signage di Lorenzo Villa

Grazie a tecnologie proprietarie, creatività, e competenze uniche, da più di trent’anni l’azienda svedese crea “esperienze visive di grande formato” per i propri clienti

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L

a comunicazione visiva ha scoperto il tessuto, e se n’è perdutamente innamorata. Al punto che è fin troppo facile, ultimamente, imbattersi in schiere di sfegatati sostenitori del poliestere e della sublimazione. Peccato che, fino a qualche anno fa, il 90% di questi ultimi non avrebbe mai preso in considerazione materiali diversi da quelli plastici. La verità è che pionieri si nasce, ed esserlo non è questione di anzianità di servizio,

né di potenza finanziaria. È una questione di attitudine, e di mentalità. Per questo abbiamo voluto approfondire la conoscenza della svedese Big Image Systems che è da decenni un riferimento globale nell’ambito della stampa tessile per la comunicazione visiva. Come dicevamo, il mondo si divide in innovatori e follower; e già nell’arrivare alla sede di Big Image a Täby (alle porte di Stoccolma) ti rendi conto che avrai a che fare con un esemplare della prima categoria. Lasciato l’aero-


foto: Sacher Film

porto e percorsi una quarantina di chilometri, ti aspetti di approdare alla solita anonima zona industriale, invece Google Maps ti porta nel cuore di un quartiere residenziale, sulla riva di un lago cristallino, di fronte a un gigantesco hangar per idrovolanti. Dopo numerosi traslochi e incrementi della capacità produttiva, nel 1998, Big Image ha infatti eletto a propria “casa” questo straordinario edificio, già sede del laboratorio di scenografie del Royal Dramatic Theatre di Stoccolma.

Gli inventori del soft signage Ancora cinque o sei anni fa, la locuzione “soft signage” era appannaggio di pochi precursori di una comunicazione visiva in tessuto dai contorni poco definiti. Difficilmente, dunque, nel 1987 qualcuno l’avrebbe usata per definire le applicazioni realizzate da Werner Schäfer, fondatore di Big Image. Eppure proprio di questo si trattava: soft signage. Ma facciamo un passo alla volta. Al nostro arrivo in azienda ci ac-

colgono Johanna Schäfer, figlia di Werner, e Andreas Skantze, una carriera iniziata come operatore di prestampa dell’azienda, che lo ha condotto a diventarne direttore commerciale e portavoce. «Werner si occupava di fotografia professionale, che all’inizio degli anni Ottanta era un mondo basato su film, tecniche reprografiche e processi chimici. I formati erano piccoli, si stampava su carta e le tecnologie impiegate erano analogiche», spiega Skantze. «Ebbene, Werner voleva qualco-

sa di opposto. Sognava immagini di grande formato, riprodotte su tessuto grazie a tecniche digitali. Ma a quei tempi non esistevano macchine adatte. Quindi ne ha inventata una». Oltre 35 anni dopo, l’intuizione di Schäfer si è trasformata in un florido mercato per ‖‖ Sullo sfondo, una scena di “Habemus Papam” di Nanni Moretti. Per il set del film, Big Image, interpellata dalla pluripremiata scenografa Paola Bizzarri, ha riprodotto la Cappella Sistina in tessuto, in scala 1:1.

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meeting leaders

decine di costruttori e centinaia di operatori. «In numerose occasioni, in diversi Paesi, ho raccontato che nel 1987 siamo stati i primi al mondo a fare stampa digitale di grande formato, e nessuno ha mai obiettato», precisa Skantze. La Big Image di oggi è un business da 12 milioni di euro, con un team di oltre 60 persone, due sedi produttive e rivenditori in Italia, Regno Unito, Francia e Stati Uniti. Da Durst a Infinitus, per una stampa senza limiti di formato Presso il sito produttivo di Täby sono installate sei stampanti di grande formato Durst – sia della serie Rho, con inchiostri UV curable, che Rhotex, con inchiostri a sublimazione. Tra queste anche una Rho 512R e una Rhotex 500 da 5 metri. Indipendentemente

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dalla tecnologia di stampa, tutte le macchine vengono usate solo su tessuto. Per la sublimazione l’azienda ha scelto calandre Monti Antonio. Un parco macchine imponente con cui l’azienda produce una media di mezzo milione di metri quadrati all’anno. Ma non è la stampa il cuore dell’offerta di Big Image. «Il nostro valore è nella capacità di gestire l’intero processo. A partire dalle prime conversazioni con il cliente, durante le quali capiamo come usare la stampa digitale di grande formato per rispondere alle sue esigenze», spiega Skantze. Per sequire questo approccio, Big Image si avvale di propri esperti e di partner commerciali nei vari mercati in cui è presente. Avviato il dialogo col cliente, i product manager prendono in carico il progetto, creano la commessa attraverso

una piattaforma web-based proprietaria, e commissionano la preparazione del file, che infine viene stampato. Qui inizia la fase più complessa, la specialità di Big Image, in cui risiede molta della proprietà intellettuale dell’azienda. «Quasi tutto ciò che stampiamo è soggetto alle variazioni dimensionali tipiche del tessuto, che possono variare in senso longitudinale, trasversale e talvolta anche diagonale, in presenza di immagini più chiare o più scure». Per ovviare a queste criticità, Big Image ha messo a punto particolari accorgimenti tecnici nei processi di post-stampa, come l’ottimizzazione e la compensazione automatica del taglio (effettuato con plotter piani Zünd G3), i cui parametri vengono impostati in base a informazioni conservate nel gestionale aziendale. Gli stessi accorgimenti vengono adottati per la cucitura. Tutti i tavoli di lavoro e le attrezzature accessorie sono poi dotate di ruote, così da poter creare, all’occorrenza lo spazio a terra necessario a confezionare stampe di ogni dimensione. Il secondo sito produttivo di Big Image ha aperto i battenti nel 1995 a Potsdam, nei pressi di Berlino, ed è specializzato nella realizzazione di progetti speciali per l’industria teatrale e cinematografica. Qui sono installate le due stampanti progettate da Werner Schäfer insieme alla Technische Universität Berlin (università tecnica di Berlino) e denominate In-

finitus. Ciascuna di esse ha una larghezza di stampa di 12 metri e può produrre immagini con una lunghezza massima di 50 metri in un pezzo unico (600 m2 senza giunture). Infinitus utilizza inchiostri pigmentati a base acqua formulati e prodotti da Big Image. «Ci divertiamo molto. Ogni giorno è diverso dal precedente, e affrontiamo sfide incredibili per i nostri clienti. Ancora oggi, dopo 32 anni di stampa digitale su tessuto, continuiamo a dire sì ai progetti che non abbiamo idea di come realizzare», racconta Johanna Schäfer. 6.000 tessuti, frame, LED e invenzioni per progetti unici Il reparto cucitura di Big Image opera su due turni, impiegando fino a 50 operatori. Qui l’azienda confeziona applicazioni rettangolari, circolari, tridimensionali, talvolta retroilluminate o apribili, associate o meno a un particolare frame o ad altri elementi strutturali. Per affrontare e risolvere qualsiasi sfida tecnica ed estetica, il team di Big Image ha testato oltre 6.000 tipologie di tessuto, centinaia di essi in poliestere, ma ‖‖ In alto, il management team di Big Image Systems: da sinistra, Andreas Skantze, direttore vendite, Johanna Schäfer, titolare e membro del CdA, e Rickard Eskilsson, CEO dell’azienda. Qui sotto, Infinitus, la stampante digitale con una larghezza di 12 metri, progettata e costruita dal fondatore dell’azienda Werner Schäfer.


Riflettori puntati su Karibu

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meeting leaders ‖‖ A sinistra, il reparto di stampa, taglio e cucitura della sede svedese di Big Image. Qui trovano spazio sei stampanti Durst, da 3 e 5 metri, nonché calandre per sublimazione Monti Antonio e plotter da taglio Zünd.

anche in cotone, nylon, fibre naturali e miste. «Non vogliamo aderire a uno standard. Dialogando con un cliente, non partiamo mai da un tipo di tessuto e da un prezzo. Parliamo piuttosto della sua “large format visual experience”, di come risolvere il suo problema selezionando immagini, tessuti, inchiostri, tecnologia di stampa etc.», spiega Skantze. Big Image collabora con tre principali produttori di tessuti, fornendo loro indicazioni e specifiche per migliorare il prodotto. E ha messo a punto una particolare tipologia di bordino interamente in polie-

stere, che eguaglia le performance del silicone, ma risolve il problema del disaccoppiamento e dello smaltimento come rifiuto speciale. Da cinque anni, poi, l’azienda ha investito nello sviluppo di un sistema proprietario di profili in alluminio modulari. Tra le particolarità, un sistema che consente di riporre e spedire un intero pannello luminoso (compreso di profilo, stampa e sistema di illuminazione) in un semplice tubo. Innovazioni semplici ma geniali, che costituiscono solo una parte della proprietà intellettuale che distingue Big Image dalla concorrenza.

Competenze variegate e formazione continua, per un tailor-made estremo I collaboratori di Big Image provengono da differenti settori artigianali. Arrivati in azienda, tutti ricevono una formazione specifica sulle tecniche e sui processi digitali. L’assenza di scuole dedicate, ha indotto Big Image a dialogare con università e istituti di arte, grafica, stampa e tecnologia. In azienda si alternano ogni anno decine di giovani per progetti di formazione e apprendistato, la maggior parte dei quali trova

poi lavoro presso altri operatori del digitale. «Sponsorizziamo le scuole, le aiutiamo a sviluppare corsi che vanno dalla stampa digitale al fotoritocco. È così che troviamo i fuoriclasse che cerchiamo, ma anche un modo per avvicinare molte giovani leve al lavoro», spiega Johanna Schäfer. Negli anni sono stati più di 200 gli studenti coinvolti in attività formative sponsorizzate da Big Image. Immaginazione, sostenibilità, clienti super-soddisfatti La mission aziendale di Big Image si spinge ben oltre la fornitura di ottimi servizi di stampa digitale. «Nel breve termine sarebbe più facile vendere volumi di stampa. Ma ci chiediamo quanto sia sostenibile e quanto i clienti che acquistano volumi siano leali», spiega Skantze. «Di norma non lo sono. Per questo la nostra strategia è incentrata sulla creazione di soluzioni di alto valore per

Oltre la stampa, c’è la “large format visual experience” Nell’era dei social e degli slogan, molti non ci fanno neanche più caso, ma le parole hanno un peso. È quello che pensa Big Image Systems, che ai propri clienti ha scelto di non proporre un servizio di stampa di grande formato, ma di offrire un’esperienza. Andreas Skantze ci spiega cosa significa, al cospetto di una gigantesca riproduzione di un ritratto fotografico di Ingrid Bergman. «Ogni volta che metto cinque, dieci o venti persone di fronte a questa immagine, e chiedo a ciascuno quali sensazioni gli suscita, non ricevo mai la stessa risposta. Anzi, si aprono dibattiti e interazioni inaspettati. Significa che il gruppo nel suo insieme condivide un’e-

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sperienza collettiva e scrive una nuova storia per questa immagine. Una dinamica che sarebbe impossibile davanti a una piccola foto pubblicata su Instagram”. Per Big Image creare, riprodurre e mettere in opera immagini di dimensioni extra large, non significa limitarsi a ingigantire un file nato per un altro utilizzo, ma stimolare vaste platee di osservatori, fruitori (e consumatori) a incontrarsi, parlare, condividere. Non una tattica, ma una strategia frutto della profonda cultura dell’immagine di Big Image. Un approccio unico, che trasforma l’azienda da stampatore a generatore di esperienze veicolate attraverso la stampa.

‖‖ Un ritratto di Ingrid Bergman, stampato in formato 4x4 metri, campeggia nel reparto di produzione di Big Image Systems, ed è occasione di confronto sul senso e sul valore collettivo di una “large format visual experience”



foto: Sacher Film

meeting leaders

foto: Sacher Film

Tessuto e stampa digitale portano la Cappella Sistina a Cinecittà

‖‖ In alto, il regista e attore Nanni Moretti durante le riprese di Habemus Papam, girato all’interno di una riproduzione in scala 1:1 della Cappella Sistina, ricostruita a Cinecittà grazie alle competenze e alle tecnologie di Big Image Systems. Qui sopra, una scena del film che permette di apprezzare il realismo delle pareti e degli affreschi (in tessuto) e dei marmi policromi del pavimento, anch’essi stampati in digitale.

Big Image Systems vanta un’esperienza ineguagliabile, ma ci sono progetti che intimorirebbero anche l’esecutore più preparato. Nel 2009, la scenografa Paola Bizzarri contatta l’azienda svedese su raccomandazione del Teatro San Carlo di Napoli (di cui Big Image è fornitore abituale). La sfida, inaudita, è quella di riprodurre in dimensioni reali la Cappella Sistina per potervi ambientare le riprese del film “Habemus Papam", di Nanni Moretti. Non un fondale, ma l’intera cappella, lunga oltre 40 metri, larga quasi 14 e alta più di 20. Par-

tendo dalle misure esatte, da un volume illustrato e dalla scrupolosa analisi di dettagli, cromie e prospettive, Big Image mette in campo tutte le sue competenze, selezionando i tessuti più adatti alle pareti e alla volta, nonché utilizzando in combinazione le tecnologie di stampa Durst e Infinitus. Inoltre, per riprodurre i marmi policromi dei pavimenti l’azienda seleziona uno speciale materiale conosciuto come “showfloor”. Solo tre mesi dopo, Nanni Moretti e i suoi cardinali si riuniscono sull’iper-realistico set per girare.

clienti motivati. È ciò che il padre di Johanna ha fatto fondando quest’azienda, e noi portiamo avanti questa tradizione». Dialogando con il team di Big Image capisci immediatamente che qui una conversazione basata sul prezzo non può esistere. Percepisci anzi che la normalità è fatta di visioni creative e orientamento alla soluzione. Per rendere sistematico questo approccio, Big Image ha inaugurato un dipartimento chiamato Big Lab, dove

Big Image è la sostenibilità. Che si declina anzitutto in impegni concreti e tangibili, come le certificazioni ISO 9001 e 14001, e la certificazione Carbon Neutral a livello Scope 3 per il calcolo e la compensazione di tutte le emissioni di CO₂. Ma anche nell’impegno a incentivare i propri clienti a stampare meno, in formati più grandi e con maggior valore aggiunto. Infine quello che Big Image considera il valore più importante,

ovvero la soddisfazione del cliente a livelli inimmaginabili. «La prima cosa cui pensiamo la mattina, e l’ultima prima di andare a letto, è rendere i nostri clienti più soddisfatti», conclude Skantze. «Anche quando lo sono già molto, noi proviamo a fare meglio. Per questo siamo sostenibili, creativi, promotori di una qualità estrema e di idee vincenti. Rendere i clienti incredibilmente soddisfatti è il nostro credo, il fine per cui ciascuno di noi lavora ogni giorno».

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i clienti e i loro designer possono discutere le proprie esigenze, non parlando di prodotti ma di risposte creative a esigenze concrete, per il retail, gli eventi, le fiere. «Tutto dipende da noi. Non abbiamo mai pensato che questo mercato fosse troppo piccolo, o povero. Crediamo piuttosto che il limite del nostro successo risieda in noi, nella nostra immaginazione», osserva Skantze. Forse ovvio, ma non meno importante, un valore chiave per


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meeting leaders Il brand Re-board resta fissato nell’immaginario collettivo come l’inventore dei pannelli in cartone alveolare, al punto da esserne divenuto un sinonimo

Il pioniere svedese degli alveolari punta su cultura, qualità e sostenibilità di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

E

sploso come fenomeno destinato a cambiare la comunicazione visiva, quello dei pannelli in cartone alveolare è un mercato che non ha mai smesso di crescere, sebbene a ritmi meno sostenuti di quanto ci si aspettasse. Ai pochi brand globali, per lo più espressione di grandi cartiere, si affiancano piccoli produttori nazionali, che servono i converter locali con materiali molto diversi per qualità,

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caratteristiche tecniche e aspetto estetico. Uno scenario vivace ma deregolamentato, che rende difficile per stampatori, allestitori, designer e brand owner districarsi tra le varie offerte, al punto che alcuni committenti si limitano spesso a dire: «Facciamolo in Re-board». Sebbene pochi ne conoscano le origini, il brand svedese resta infatti scolpito nella memoria degli addetti ai lavori come il primo, e in un certo senso l’originale. Per questo, abbiamo

deciso di raccontarvi cosa c’è di unico dietro il Re-board. Non è un caso che tale materiale sia nato in Svezia (dove il 60% del territorio nazionale è ricoperto da foreste), a Norrköping, una cittadina 160 km a sudovest di Stoccolma, in cui hanno sede numerose cartiere e converter dell’ondulato. Qui, Re-board Technology ha il suo quartier generale dal 2003, nonostante la proprietà dell’azienda sia rimasta nelle mani del suo fondatore

solo fino al 2011. In seguito, l’azienda è stata acquisita da Stora Enso che, dopo averne seguito lo sviluppo per circa un lustro, l’ha ceduta, nel 2017, all’attuale proprietà. Oggi il titolare e CEO di Re-board Technology è Gustaf Redin, che prima di abbracciare l’industria cartaria ha avviato startup di successo nei servizi, nelle telecomunicazioni, e nella formazione. È lui che ci accoglie in azienda, pronto a raccontarci tutto di Re-board.


meeting leaders Cosa rende unica Re-board Technology? Le donne e gli uomini che ci lavorano. Sono orgogliosi di essere dei pionieri, di vivere e lavorare dove i materiali compositi in carta sono stati inventati e realizzati. Erano pionieri dodici anni fa, e oggi continuano a guidare una rivoluzione per rendere Re-board ancora più eccellente e sostenibile.

intervista a Gustaf Redin CEO di Re-board Technology

“Se chiedessi ai miei collaboratori di fare un prodotto più scadente di questo, probabilmente si rifiuterebbero.”

Una sfida tecnologica, trasformata in prodotto L’idea di creare un materiale composito in carta, ma con caratteristiche tecniche e strutturali estreme, è stata incoraggiata da un progetto di R&D destinato all’industria aeronautica locale. Il fatto che Re-board si sia poi affermato in tutt’altri contesti – come quello della pubblicità, dell’allestimento e degli espositori – è la diretta conseguenza della sua straordinaria resistenza e durevolezza. Ideato dai fondatori di Design Force (questo il primo nome dell’azienda), l’innovativo pannello è realizzato con una tecnologia brevettata, che un team di esperti di produzione cartaria ha continuamente perfezionato. Tra le caratteristiche che da sempre rendono unico Re-board c’è la sua ecosostenibilità, resa possibile dall’impiego di sola fibra di celluosa vergine, di colle a base acqua, e di tecniche produttive rispettose dell’ambiente. «Oggi la sostenibilità è un tema centrale per qualsiasi business, ma nel 2003 non era

Qual è la mission più importante che perseguite? Ciascuno di noi sente la responsabilità di soddisfare pienamente ogni singolo cliente, consegnandogli un prodotto di qualità estrema, nei tempi più brevi. Considero un privilegio lavorare con persone che esprimono un tale amore per la nostra azienda. Come è possibile far crescere il business senza intaccare questo spirito? Circa un terzo dei miei collaboratori erano già qui nel 2006, in cima alla lista delle priorità. Gli inventori di Re-board sono stati dei pionieri della green economy», commenta Redin. Sebbene la Design Force di allora, fosse molto diversa dalla Re-board Technology di oggi, molti di coloro che vi lavoravano sono ancora qui, a testimonianza della bontà di un’idea che ha saputo imporsi nel mercato globale della comunicazione. Se nei primi anni di attività, dal piccolo stabilimento uscivano singoli bancali di materiale destinati a progetti da sogno, oggi la rete di distributori è estesa a tutto il mondo e l’ordine minimo è pari a un intero camion.

altri sono arrivati nel 2010 con l’ingresso di Stora Enso nella proprietà. Il restante 33% l’ho assunto personalmente nella fase di espansione più recente. Cerchiamo persone con il giusto mindset, che abbiano voglia di sposare il nostro spirito pionieristico. Molti di loro arrivano direttamente dalla scuola, ma qui dentro trovano tanto know-how da poter crescere velocemente, assumendo ruoli di leadership in tempi brevi. Credi che un materiale come Re-board avrebbe potuto nascere fuori dalla Svezia? Non è casuale che i Paesi scandinavi producano tanta carta e polpa di cellulosa. Qui ci sono foreste, industria, ingegneri, logistica, competenze, e una cultura forestale e cartaria che non puoi ricostruire altrove. È un orgoglio che non puoi copiare, perché ha a che fare con il vivere qui, lavorare accanto a una foresta. È un po’ come la tradizione tessile in Italia. taglio e laminazione sono eseguite in modo sequenziale, per produrre i singoli fogli che vengono infine sovrapposti secondo il particolare schema “angolato” che rende unico Re-board. Tra i miglioramenti introdotti nell’ultimo biennio, l’azienda ha investito in un nuovo sistema di gestione integrato Siemens, che ha comportato il rifacimento completo di

In che modo questi plus si riflettono nel vostro prodotto? Conosciamo le nostre foreste e ogni singolo albero. Sappiamo quanto è importante utilizzare una fibra nuova anziché una riciclata cinque o sei volte, che magari arriva dall’Asia o dal Sud America. Utilizziamo fibra lunga per dare resistenza al prodotto. E colle waterbased, anziché a base plastica o hot-melt, perché sia totalmente sostenibile. Se chiedessi ai miei collaboratori di fare un prodotto più scadente di questo, probabilmente si rifiuterebbero. Perché non sarebbe più Re-board. Alcuni affermano che spedire nel mondo compositi in carta è come spedire aria, quindi è antieconomico. Hanno ragione, perché questo prodotto è all’85% aria. Ma dentro Re-board ci sono tanta intelligenza e valori unici e inimitabili, che ha senso metterlo in un container e spedirlo. cablaggi e sistemi di segnalazione sui macchinari, aumentandone la precisione e la produttività. A margine della produzione trovano spazio alcuni reparti ausiliari. Tra questi, attira la nostra attenzione quello dedicato al recupero delle polveri di produzione e alla loro trasformazione, grazie a un compattatore, in cilindri di fibra di alta qualità. Attraverso la collabo-

Eccellenza produttiva e obiettivo zero scarti Re-board Technology è un’azienda compatta, che il management ha scelto di mantenere tale nonostante la crescita. La produzione si articola su reparti adiacenti, a partire dal magazzino materie prime, dove sono stoccate le bobine provenienti dalle cartiere. Le operazioni di ondulazione, incollatura,

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meeting leaders ‖‖ A sinistra, un operatore movimenta bobine di carta destinate all’ondulatore. In basso, un pannello di Re-board in uscita dalla linea di laminazione.

razione con un gruppo di ricerca universitario, Re-board trasforma poi questi cilindri in pellet idrofilo e biodegradabile, utilizzabile in agricoltura per la messa a dimora delle sementi. Una delle tante accortezze che rientrano nella politica ambientale dell’azienda, il cui obiettivo è ridurre al minimo scarti di produzione ed emissioni. L’accresciuta efficienza degli impianti ne ha aumentato l’uptime, consentendo a Re-board Technology di gestire gli attuali volumi produttivi su due turni per quattro giorni alla settimana, che consentiranno di raddoppiare la produzione senza installare nuovi macchinari. Non un alveolare qualsiasi Chi si chiede cosa renda Re-board

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inimitabile potrebbe cercare risposta nei brevetti che sono alla base della sua costruzione. Ma non basterebbe. La ricetta del noto materiale è infatti un mix di scelte tecnologiche legate alla carta, alle colle utilizzate per assemblarlo, ai trattamenti superficiali, ai macchinari utilizzati per la produzione e, non ultimo, alle straordinarie competenze che risiedono nelle risorse umane dell’azienda. «È una combinazione di questi e altri fattori», spiega Redin. «Ci sono un processo e una serie di elementi specifici che sono brevettati. Ma, in definitiva, è il prodotto finito in sé a essere unico. Basta lavorarlo con un plotter da taglio e osservare il risultato per capire». La produzione non è eseguita in modo seriale su formati e colori standard, ma è un

mix di prodotti ad alta rotazione e produzioni completamente tailormade. Molti materiali sono infatti realizzati su specifiche del cliente e sono completamente personalizzati per spessore, accostamenti cromatici e dimensione. Ricerca, sviluppo e innovazione distribuite Quello che si svolge in Re-board Technology è un grande lavoro di squadra, che riguarda produzione, controllo di qualità, ricerca e sviluppo, product development. Ogni giorno, designer e brand owner di tutto il mondo esprimono infatti esigenze complesse di materiali fire-retardant, dotati di particolari caratteristiche costruttive e di stampabilità, capaci di resistere a condizioni estreme

di temperatura e umidità, talvolta addirittura utilizzabili in esterno. Il tutto, senza derogare a requisiti di ecosostenibilità e riciclabilità. Questo ha portato il costruttore svedese a intessere collaborazioni strette con università, istituti tecnici e cartiere, nonché altri fornitori e terze parti. «Siamo troppo piccoli per avere un grande reparto di R&D, per questo sfruttiamo il nostro network», spiega Redin. «Se lavori con partner esterni commetti forse più errori e impieghi più tempo, ma hai un modello di innovazione distribuita, sei più libero mentalmente e non hai costrizioni date dalla tua ricerca». Assunto a fine 2018, Fredrik Hoff è il primo dipendente di Re-board Technology con una formazione puramente cartaria, oltre che il suo nuovo Production Manager dell’azienda. Grazie alla sua esperienza nel product development e nel supporto tecnico ai clienti, lavora a stretto contatto con i converter per comprendere come utilizzano i materiali Re-board, contribuire a migliorare la qualità dell’applicazione e ridurre gli sprechi. «La cultura del “trial and error” è positiva, ma richiede tempo», spiega Hoff. «Per questo ci sforziamo di effettuare test con parametri molto precisi e ottenere risultati che possiamo interpretare velocemente, migliorando il tasso di successo». Re-board Technology investe ingenti risorse per eseguire test chimici, strutturali e di solidità presso laboratori partner. L’obiettivo è non limitarsi a un fisiologico miglioramento incrementale, ma perseguire un miglioramento radicale ad ogni generazione del prodotto. L’importanza delle partnership e il ruolo dei designer L’impiego di Re-board nella nostra industria implica un’interazione del materiale con tecnologie di stampa e di converting in costan-



meeting leaders

Fredrik Hoff Production Manager di Re-board Technology

“La cultura del trial and error è positiva, ma richiede tempo. Per questo effettuiamo test con parametri molto precisi.” te evoluzione. Anche qui Re-board è un apripista. Sin dagli esordi collabora con i più importanti costruttori, a partire da Esko e HP. La partnership con questi e altri brand della tecnologia consente al produttore svedese non solo di promuovere il prodotto, ma di effettuare una validazione puntuale e raccogliere feedback. Uno dei fattori cruciali è poi il dialogo con i designer. Una community affascinante e ispirata, che in molti casi non possiede però competenze specifiche di progettazione su tre dimensioni. Per questo, Re-board Technology ha scelto di introdurre in azienda un application designer, che dalla primavera 2019 supporterà agenzie e brand owner nella definizione delle loro esigenze, nello sviluppo del design e nell’utilizzo di prodotti e tecniche di lavorazione. Alleati dei brand per una comunicazione sostenibile La riduzione dell’impiego di plastica è un tema caro ai brand owner. Non solo in Europa, dove le direttive comunitarie imporranno una stretta alle plastiche monouso, ma in tutte le economie evolute. Grazie alle sue caratteristiche, Re-board è già il supporto d’elezione per applicazioni decorative e strutturali all’interno di punti vendita, fiere e location. Ma l’obiettivo è trasformarsi sempre più in un’alternativa a lastre acri-

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‖‖ Qui sopra, una fase di controllo ottico della qualità del prodotto finito. A destra, uno scorcio del magazzino dedicato al prodotto finito.

liche, truciolati e altri materiali rigidi. «In Svezia la principale catena di supermercati ha smesso di installare strutture in plastica, e sta scegliendo il cartone anche per rimpiazzare elementi in legno», spiega Redin. «Grazie a Re-board hanno già convertito quasi il 25% dei punti vendita, realizzando intere pareti». Un altro vantaggio tangibile dell’utilizzo di materiali cartacei è la loro leggerezza, che ne semplifica la costruzione, il trasporto e la completa riciclabilità, con enormi riduzioni nei consumi di derivati del petrolio, e di CO₂ emesso. Verso mercati nuovi e globali Uno dei temi cruciali di ogni business o prodotto di successo, è la sua scalabilità. Nel caso di Re-board, abbiamo già citato i numerosi prodotti “alternativi”. Qual è dunque il suo reale spazio di crescita? Il mercato di Re-board è solo all’inizio, e a dimostrarlo ci sono le numerose aree su cui Re-board Technology sta investigando e investendo. Non solo comunicazione visiva e allestimenti, ma progetti correlati all’arredamento, ai materiali da costruzione, alla produzione di stampi. Per arrivare al possibile

impiego nella produzione di casse mortuarie, più leggere, economiche, resistenti e biodegradabili. Al pari di altre innovazioni, quella introdotta da Re-board ha finora scalfito solo la superficie, e lascia intravedere mille nuovi business nell’industria, che potranno implicare modifiche nella finitura superficiale, resistenza agli agenti atmosferici e chimici, capacità di trattenere e rilasciare liquidi. Una sfida entusiasmante, che ci parla di un’invenzione e di un prodotto tutt’altro che commoditizzato. Che in futuro potrà entrare nelle nostre vite e nelle nostre case per

rimpiazzare efficacemente materiali che utilizziamo da decenni. Con una strategia di sviluppo graduale, seria e ambiziosa, Re-board sta poi mettendo a segno una continua crescita della propria presenza globale. L’Europa rappresenta oggi il 70% delle esportazioni, con UK, Germania, Francia e Benelux tra i mercati trainanti. Le crescite più importanti si registrano però in Australia, Giappone e USA. Tra i fanalini di coda anche mercati del printing grandi ed evoluti, come Italia e Polonia, dove Re-board Technology ha intenzione di crescere e investire.


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strategie Il grande formato pone obiettivi sempre più sfidanti e standard qualitativi elevati. Non solo service, ma investimenti in tecnologie innovative, consulenza e flessibilità

Lavoro di squadra, offerta completa e cura del cliente: Inprinting svela i suoi segreti di Veronica Pastaro // veronica@densitymedia.com

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rescita del fatturato del 50%, clienti soddisfatti e dipendenti entusiasti. Qual è il segreto di Industrie Grafiche Inprinting per conseguire simili risultati in un settore maturo e competitivo come quello della stampa digitale di grande formato? «Tecnologie innovative e un ottimo servizio di consulenza sono i nostri pilastri: tutto il resto è azione, rapidità e qualità», si legge sul sito istituzio-

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nale. Pochi elementi per una ricetta essenziale e chiara, all’insegna della flessibilità e di standard qualitativi sempre più sfidanti. Nel corso dei suoi 15 anni di storia, Inprinting ha costruito un efficace modello di business, capace di mettere al centro il cliente per soddisfarne ogni esigenza e far fronte ai quotidiani imprevisti. I lavori vengono allora prodotti all’interno, limitando progressivamente il ricorso a terzisti e dotandosi delle tecnologie

necessarie. La conferma del successo del paradigma arriva da una crescita dichiarata a doppia cifra e dal recente investimento di circa un milione di euro per l’installazione di due impianti d’avanguardia, che vanno a completare il già articolato parco macchine. Simili traguardi diventano possibili soltanto valorizzando il fattore umano dell’impresa, dove risiedono le vere competenze e la possibilità di fare la differenza sul mercato.

Un servizio completo, dalla progettazione all’allestimento Fin dalla sua apertura, nel 2004, Inprinting è sempre stata in ascolto delle richieste del mercato. Ini‖‖ In alto: a sinistra, il wrapping di un pullman turistico per il lancio di Smart FourTwo Cabrio; a destra, lo stand di In moto a Roma Motodays. Nella pagina a fianco, le due nuove stampanti Durst LED installate da Inprinting, una Rho 512R (roll-to-roll) e una P10 250 HS (ibrida).


strategie

Libero Paglia Amministratore unico di Industrie Grafiche Inprinting

“Non ho mai pensato di competere sul prezzo. Anche quando lavoriamo come service, cerchiamo di dare al cliente qualcosa in più.”

zialmente i soci fondatori Libero Paglia e Lorenzo Curzio, oggi rispettivamente amministratore unico e direttore di produzione, pensavano di posizionarsi nel segmento della stampa digitale di piccolo formato. Ben presto, però, si è presentata l’opportunità di spingersi nel grande formato, con una commessa del CONI per un portale di 300 metri quadri. Entrare in questo settore comporta, però, un aumento di complessità nel flusso di lavoro dell’azienda, nonché la nessità di sviluppare soluzioni originali. Una sfida che Inprinting decide di accettare. Le prime realizzazioni importanti sono destinate al settore sportivo.

Tornando indietro con la memoria, Paglia ricorda: «A quel tempo, la M. Roma Volley non aveva ancora un palazzetto di proprietà, perciò era necessario ricreare l’allestimento a ogni partita. Un incarico impegnativo che ci ha dato modo di metterci alla prova e mostrare la qualità del nostro lavoro, nonché la nostra efficienza e la rapidità». Uno dei punti più alti di questa parabola ascendente è stato raggiunto in occasione della finale di Coppa CEV, quando Inprinting ha ricevuto l’incarico di realizzare il palco per la premiazione. Poco tempo per ultimare il lavoro, per di più, sotto i riflettori: «Il risultato è stato celebrato

dai complimenti di organizzatori e partecipanti all’evento. Questo ci ha aperto molte porte», prosegue Paglia. Oggi l’azienda è attiva nelle installazioni pubblicitarie, nell’allestimento di location per eventi, di punti vendita e centri commerciali, nonché nella decorazione di automezzi e nella comunicazione visiva di grande formato. Ma il desiderio di essere “diversi” si coglie senza difficoltà: «La nostra forza è nel servizio che offriamo, seguendo il cliente della A alla Z. Dall’ideazione all’allestimento, curiamo ogni aspetto del progetto, senza trascurare la gestione dell’imprevisto». Per battere la concorren-

za, infatti, Inprinting ha deciso di investire nella qualità dei prodotti e nella cura del cliente, a partire da un accurato servizio di prestampa. «Non ho mai pensato di competere sul prezzo. – afferma Paglia – Anche quando facciamo solo service, cerchiamo di dare al cliente qualcosa in più». Investimenti in tecnologie industriali e d’avanguardia La competitività di Inprinting deriva dalle sue scelte tecnologiche, orientate al costante ampliamento della gamma di prodotti offerti, ma anche a limitare al minimo la necessità di rivolgersi a terzisti. Fin

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strategie

dai primi anni di attività, l’azienda si evolve a ritmo serrato. Per soddisfare le richieste dei clienti e servirli a 360 gradi, gli investimenti in tecnologia non possono che riguardare macchinari d’avanguardia. Così, l’impresa romana sceglie come partner per la stampa Durst, con cui avvia una relazione fruttuosa, a tutt’oggi salda. L’elenco delle tecnologie del brand altoatesino utilizzate da Inprinting nel corso degli anni è lungo. La prima a entrare in azienda è l’ibrida Rho 205 (2008), sostituita in seguito da una Rho 700 (2011), e da una Rho P10 200 (2014). Nel 2016 arriva anche la roll-to-roll Rho 320. Nonostante i costanti investimenti, nel 2018 Inprinting si trova a fare i conti con la necessità di aumentare ulteriormente la sua capacità produttiva. Così, a cavallo con il nuovo anno, arrivano in azienda la roll-to-roll Rho 512R Plus LED e l’ibrida Rho P10 200 HS LED. L’una sostituisce la Rho 320R, dando all’azienda l’opportunità di stampare anche sul formato 5 metri; l’altra sostituisce la P10 200, garantendo la possibilità di raddoppiare la propria produttività. Particolare degno di nota è che Inprinting è la prima azienda al mondo a installare una Rho P10 con lampade LED. Mentre Paglia ci mostra il suo parco macchine, afferma con orgoglio: «Dai tempi della Durst 205, abbiamo fatto investimenti ogni anno. Possiamo essere affidabili

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con i nostri clienti perché disponiamo di macchine industriali. In 12 anni che lavoriamo con tecnologie Durst, i fermo macchina si contano sulle dita di una mano». Ciò assicura la certezza dei volumi di produzione e, di conseguenza, dei tempi di consegna, in linea con un modello di business incentrato sull’efficienza. Le ultime installazioni hanno potuto beneficiare dell’iperammortamento previsto dal piano Industria 4.0. Le tecnologie Durst sono state infatti connesse con il gestionale aziendale, nonché con l’assistenza tecnica Durst. A riprova che gli investimenti tecnologici di Inprinting intendono perseguire elevati standard qualitativi, tutte le macchine da stampa presenti in azienda – inclusi i due plotter Roland e il plotter HP Latex da 160 cm – sono gestite mediante il RIP Caldera. «La fedeltà cromatica e la possibilità di ottenere risultati simili su tutte le stampanti sono fondamentali del nostro modo di produrre. Una buona fetta della nostra clientela è rappresentata da grandi brand che danno grande rilevanza a questi aspetti», sottolinea Paglia. La cura del cliente e relazione Inprinting non ha mai temuto lavori impegnativi. «Per diversi anni siamo stati gli unici forni-

tori di materiali per l’allestimento di tutti gli eventi della Fiera di Roma, e oggi gestiamo molte delle installazioni pubblicitarie dell’Aeroporto di Fiumicino. Ma facciamo anche maxi affissioni e wrapping pubblicitario di autobus, pubblici e privati, o di intere flotte aziendali. – riepiloga il manager – Riusciamo a essere competitivi sul mercato perché siamo flessibili, grazie a un’organizzazione “smart” e a un flusso di lavoro ottimizzato. Siamo in grado di accontentare le richieste di chi ci chiama la mattina per avere i lavori pronti la sera, anche quando si tratta di produzioni piuttosto importanti».

‖‖ In alto, una riproduzione di Piazza San Pietro, realizzata per il Josp Fest. Qui sopra, un’applicazione in materiale calpestabile realizzata per Ray-Ban.

L’orientamento al cliente si traduce inoltre nell’immaginare soluzioni personalizzate e curate nei minimi dettagli, scegliendo supporti e accessori idonei al caso specifico, fino ad arrivare alla ricerca (quasi) maniacale di nuovi materiali e soluzioni creative. Della campagna pubblicitaria per il lancio di Smart Fortwo Cabrio, Paglia racconta: «Ci avevano chiesto di decorare alcuni autobus, così abbiamo proposto delle modifiche al pro-


strategie getto grafico originale per far sì che ogni mezzo decorato desse l’illusione di essere esso stesso una Smart gigante». O ancora, emblematica è stata la realizzazione di una grande commessa (il wrapping di 50 Smart) per un importante brand del tabacco: «Lavoravamo di notte sulle vetture, impegnando buona parte dello spazio e delle persone a disposizione, mentre di giorno andavamo avanti con la produzione ordinaria». Si aggiunge poi un mix di curiosità per le soluzioni creative, studio delle applicazioni già presenti sul mercato ed esplorazione di nuovi materiali. Il tutto all’insegna di una maggior sostenibilità per ridurre il più possibile l’impatto sull’ambiente. Basta un giro per gli uffici e una rapida occhiata all’arredamento per accorgerci che per Paglia non si tratta soltanto di belle parole: «Con i pallet degli imballaggi abbiamo realizzato i nostri divani, mentre con i pannelli rigidi impiegati negli allestimenti abbiamo dato vita a scaffalature e mobili portadocumenti, nonché a sedie di cui ho disegnato personalmente il design. È la stessa cura che riserviamo ai nostri clienti, ai quali sempre più spesso chiediamo di riportarci il materiale dismesso: da una parte ci assicuriamo che non venga smaltito in modo improprio; dall’altra regaliamo a quegli stessi clienti gli oggetti che riusciamo a realizzare. Ci sembra un bel modo per ridare vita a materiali di qualità, pensati per resistere nel tempo». All’apparenza piccoli e quasi insignificanti accorgimenti, che denotano però un’attenzione ben radicata alla clientela. Questa, dal canto suo, sembra apprezzare e i numeri sono in continuo aumento. Ci si potrebbe dunque facilmente aspettare che un simile modello di business sia sostenuto da una strategia marketing particolarmente aggressiva nei confronti del mercato. Ebbene, Paglia confessa candidamente: «Non abbiamo mai investito in pubblicità. Addirittura non abbiamo nemmeno le indicazioni

su strada per segnalare la nostra sede: arriva qui soltanto chi già ci conosce. Il segreto del nostro successo è costruire con i clienti relazioni profonde. Il resto lo fa il passaparola». In effetti, la parte preponderante dell’area commerciale è composta da Libero Paglia, il cui vanto è l’innata capacità di instaurare rapporti di fiducia con i clienti, insieme all’intuito che gli permette di «trovare lavoro anche dove non c’è». Il merito delle persone I successi dell’azienda sono merito anche e soprattutto delle persone che la compongono . A descriverci questo aspetto è Lorenzo Curzio, direttore di pro-

duzione di Inprinting, che lavora quotidianamente fianco a fianco con i collaboratori dell’azienda, oltre a occuparsi del controllo qualità sui prodotti realizzati. «Fanno parte della nostra squadra solo professionisti del settore, con diversi anni di esperienza sulle spalle. All’inizio erano addirittura loro a spiegarci alcuni aspetti tecnici o pratici del lavoro, che a noi sfuggivano. Grazie all’apprendimento reciproco, abbiamo potuto instaurare un rapporto alla pari, in cui la differenza dei ruoli non è di ostacolo al dialogo». Con simili premesse, l’atmosfera aziendale non può che beneficiarne, secondo Curzio: «Si respira un clima rilassato, libero dalla

paura dell’errore, che permette di spendere un giovedì sera per una partita calcetto tutti insieme, o intere nottate per il wrapping di una flotta di automezzi. Ci piace pensarci come una famiglia e, quando abbiamo avuto bisogno di fronteggiare lavori che richiedevano un complesso lavoro manuale, c’è sempre stato qualcuno disponibile, per raggiungere insieme gli obiettivi, anche a costo di qualche sacrificio». In soli 15 anni di vita, incentrando il proprio business su completezza del servizio, tecnologie d’avanguardia, cura del cliente e lavoro di squadra, Inprinting ha senza dubbio dimostrato che in questo settore c’è ancora ampio spazio per dire la propria.

Lorenzo Curzio Direttore di produzione di Industrie Grafiche Inprinting

“Fanno parte della nostra squadra solo professionisti del settore, con diversi anni di esperienza sulle spalle.”

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strategie La tedesca Plot.com, specializzata nel grande formato, sceglie la tecnologia di taglio digitale Protek per automatizzare la finitura e introdurre nuovi prodotti

Con il taglio di Unico TT, ogni materiale si trasforma in una possibilità creativa di Veronica Pastaro // veronica@densitymedia.com

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uando arriviamo a Erlensee, piccola cittadina nelle vicinanze di Francoforte, fra le villette a schiera scorgiamo l’insegna di Plot.com. Nel parcheggio una signora saluta calorosamente un uomo che ha appena appoggiato dei pannelli stampati nel suo bagagliaio. È Klaus Benderoth, direttore di Plot.com, che ci sta aspettando. La nostra chiacchierata prende avvio proprio dalla sua figura, a cui la

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storia dell’azienda è indissolubilmente legata. Passione, cura per i dettagli e ricerca di soluzioni creative per rispondere alle esigenze dei clienti nel settore del grande formato: sono questi alcuni dei tratti che l’hanno spinto, nel 2015, ad adottare Unico TT di Protek per gestire la finitura di tutti i materiali, sia rigidi che flessibili, e scoprire nuove applicazioni. Una tecnologia chiave nel business di un’azienda che produce per grandi brand nazionali e per musei locali,

che concedono libertà creativa e, al tempo stesso, si aspettano proposte originali. Da laboratorio artigianale a impresa strutturata Klaus Benderoth non è un tecnico, ha una formazione manageriale. Dopo diversi anni di attività nei fotolaboratori, nel 1995 diventa direttore di produzione presso un importante stampatore di grande formato. Negli anni seguenti,

Benderoth amplia le sue competenze tecniche, acquisisce una notevole esperienza, e stabilisce relazioni solide con tutti i principali committenti dell’azienda. Nel 2006, l’organizzazione in cui era manager chiude i battenti. ‖‖ In alto, a sinistra, una targa in alluminio composito realizzata da Plot.com utilizzando le tecnologie swissQprint Oryx e Protek Unico TT. A destra, un operatore dell’azienda a lavoro sulla macchina da taglio Protek.


strategie ‖‖ Allestimenti realizzati da Plot.com per l’Historisches Museum Frankfurt (a sinistra) e l’Archäologisches Museum Frankfurt (in basso)

Benderoth decide di mettersi in proprio e si trova a un bivio: dare fondo a tutti i suoi risparmi, rinunciando ad alcuni progetti personali, o coinvolgere un finanziatore esterno. La scelta cade su questa seconda via e, nel 2006, nasce Plot.com, partecipata al 75% della holding ACM Unternehmensgruppe. «È stata una decisione giusta. Abbiamo registrato una crescita che altrimenti non sarebbe potuta essere così rapida. – afferma il manager – Siamo partiti con tre collaboratori e due stampanti. Oggi i numeri sono quasi triplicati: siamo diventati una decina di persone e disponiamo di cinque stampanti, oltre a diverse macchine per la finitura».

celebrare lauree e compleanni dei propri figli. Offriamo un’assistenza che non si trova online, e ciò ci permette di essere vicini alle persone». Ma Plot.com serve soprattutto aziende medio-grandi, che le affidano la realizzazione di volumi contenuti di prodotti per la loro comunicazione (roll-up, poster, totem, espositori, stand fieristici), di qualsiasi dimensione e su qualsiasi materiale. «Ai clienti offriamo consulenza e supporto nella progettazione, flessibilità, tempestività nel risolvere

eventuali problemi. Siamo il partner ideale per lavorazioni urgenti o tirature limitate. – spiega il direttore di Plot.com – Non abbiamo prezzi bassi, ma giusti, ovvero commisurati alla qualità che offriamo e al tempo che dedichiamo alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni più creative». Una passione che diventa business: i musei Oltre ad aziende e privati, una parte significativa dei clienti di

Plot.com è costituita da musei. L’Historisches Museum Frankfurt (Museo storico di Francoforte) è uno tra i primi con il quale Benderoth ha iniziato a collaborare, nel 2009: «Dopo svariati tentativi, abbiamo capito che il modo più elegante per riportare le didascalie era direttamente sulla carta da parati. Così, prima abbiamo dipinto la carta dello stesso colore delle altre pareti del museo, poi ci abbiamo stampato sopra le scritte. È un lavoro che abbiamo svolto tutto internamente, possiamo dire in modo artigianale». In seguito l’azienda ha collaborato anche con il Jüdisches Museum Frankfurt (Museo Ebraico), e poi ancora con il Deutsches Technikmuseum Berlin (Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica), per il quale ha decorato un vetro con una superficie di oltre 4 m2, per un peso complessivo di quasi 80 chili. «Amiamo seguire da soli la maggior parte dei progetti, fino all’installazione. Quando occorre, però, ci affidiamo a partner esterni, tra cui applicatori e allestitori», precisa il manager di Plot.com. Tuttavia, per realizzare proget-

Consulenza e flessibilità per competere sul mercato A dispetto del nome, Plot.com ha deciso di non vendere online, bensì di privilegiare il contatto diretto con i propri clienti. Al tempo stesso il suo radicamento sul territorio è riconosciuto come un valore aggiunto. Sostiene Benderoth: «Siamo felici di soddisfare anche le richieste di piccoli clienti della zona, così come di privati. Sono molte, per esempio, le mamme che vengono da noi per progettare e stampare poster per

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strategie

‖‖ In alto, le tecnologie utilizzate da Plot.com per stampa e finitura di supporti rigidi: swissQprint Oryx (a sinistra) e Protek Unico TT (a destra). In basso, un’applicazione in metacrilato e alluminio composito, fresata con la piattaforma Protek.

ne. Amo studiare il modo migliore per realizzare l’allestimento di una mostra». È questo lo spirito che spinge Plot.com alla continua ricerca di nuove soluzioni in grado di soddisfare i clienti.

ti complessi, non è sufficiente la conoscenza tecnica dei materiali. «Dal mio punto di vista, si tratta essenzialmente di un lavoro di creatività, che parte dall’ascolto del cliente. Spesso architetti e designer hanno idee che devono essere perfezionate per diventare realizzabili. Occorre escogitare soluzioni che siano al tempo stesso originali e funzionali». Gli occhi di Benderoth brillano, mentre ci confessa: «Non si tratta soltanto di un lavoro. I musei sono la mia passio-

Dalla stampa alla finitura. Un parco macchine all’insegna della qualità

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Il parco macchine dell’azienda è andato evolvendosi nel corso degli anni, per offrire risposte sempre più puntuali. Mentre Benderoth ci guida alla scoperta del suo laboratorio, ci fermiamo nell’area dedicata alla stampa roll-to-roll: «Utilizziamo differenti tecnologie in base alle richieste dei clienti, sia in termini di prodotti che di effetti

cromatici. Siamo attrezzati per la stampa fotografica di grande formato, per poster e banner standard, nonché per la riproduzione di colori metallici». A luglio 2018, l’azienda ha introdotto anche Océ Colorado 1640: «Da quando ce l’abbiamo, la nostra produttività è aumentata notevolmente, così come la qualità dei prodotti. Che dire? È un’ottima stampante». Qualche metro più in là, nell’area destinata alla stampa su rigido, spicca incontrastata una swissQprint Oryx. «È stato un investimento doveroso, per rispondere alle esigenze di qualità di alcuni nostri clienti, primi fra tutti i musei. Nella riproduzione di un dipinto, infatti, l’esattezza del colore e la definizione

dell’immagine sono requisiti fondamentali. E non potevamo che affidarci all’engineering svizzero», spiega Benderoth. Questo stesso criterio ha guidato la scelta dell’unico plotter da taglio in piano attualmente in uso nell’azienda: Protek Unico TT: «Quando abbiamo visto per la prima volta Unico TT, ci è sembrato subito di riconoscere la stessa solidità strutturale che caratterizza le stampanti swissQprint. È stata infatti l’architettura industriale a convincerci a investire in questa tecnologia». L’adozione di Unico TT per cambiare passo Passare dalle lavorazioni artigianali all’utilizzo di una macchina


strategie ‖‖ A sinistra, la testa di Protek Unico TT, che consente di montare fino a tre utensili contemporaneamente. In basso, il primo lavoro realizzato da Plot.com con Unico TT: parallelepipedi in cartone per indicare l’argomento dei volumi contenuti negli scaffali della bibliotega Stadtbibliothek di Hanau.

automatica altamente performante non è stato immediato. Il direttore di Plot.com ammette: «Prima dell’arrivo di Unico TT tagliavamo con strumenti manuali qualsiasi tipo di materiale. La necessità di lavorare in modo più rapido ci ha imposto un cambio di mentalità e ha creato alcune difficoltà pratiche. In questa fase di transizione, abbiamo ricevuto il supporto di Protek, che ci ha affiancato passo passo». Del resto, è stato necessario più training del previsto, a ragione della molteplicità di funzioni disponibili: Plot.com ha scelto una configurazione quasi full optional, con fresa, lama fissa e oscillante, strumento per il mezzo taglio, nonché rotelle di cordonatura. L’azienda ha infatti apprezzato la possibilità di montare contemporaneamente fino a tre strumenti di lavoro, così da non dover eseguire continuamente cambi utensile. Ampia è anche la gamma di materiali per i quali Plot.com utilizza Unico TT: cartoni, spugne, plastiche, compositi, legno e molti altri. Il tutto su formati che possono arrivare fino a 3x2 m: «Le dimensioni dei soggetti da lavorare non sono un problema. Il piano di Unico TT è più grande di quello della nostra Oryx, e la sua larghezza superiore a quella di tutte le nostre stampanti roll-to-roll». Una simile versatilità ha naturalmente aperto nuove opportunità di business per Plot.com: «Adesso possiamo offrire ai clienti soluzioni che prima sarebbe stato impensabile realizzare a mano. – commenta Benderoth – Non solo Unico TT abbatte tempi e costi di lavorazione, anche a vantaggio dei clienti, ma è un abilitatore quando si tratta di sviluppare nuove applicazioni con materiali inusuali». A tal proposito, il direttore ci racconta del primo grande lavoro realizzato con la macchina per la

vicina Stadtbibliothek (Biblioteca della città) di Hanau: «Quando hanno inaugurato la nuova sede ci hanno commissionato la realizzazione di alcuni parallelepipedi di legno, per indicare l’argomento dei volumi contenuti nei diversi scaffali. Ci siamo immediatamente resi conto che il costo di un prodotto del genere sarebbe stato troppo alto. Così, abbiamo proposto un’alternativa in cartone che ha pienamente soddisfatto il cliente, oltre a garantirgli un notevole risparmio». Poi aggiunge: «A dire il vero, abbiamo venduto il progetto prima dell’effettiva installazione di Unico TT. Così ci siamo resi conto di quanto la nuova macchina potesse essere determinante, sia per noi che per i nostri clienti».

Oggi, a distanza di quattro anni dall’adozione, la soddisfazione e l’entusiasmo sono ancora ai massimi livelli: «Nonostante abbiamo in laboratorio una macchina da taglio roll-to-roll, utilizziamo Unico TT anche per il mezzo taglio di materiale adesivo. – sottolinea Benderoth – Persino su soggetti piccolissimi, garantisce una precisione senza paragoni». La scelta tecnologica è stata confermata nel tempo anche dal punto di vista del funzionamento: «Ha sempre lavorato in modo impeccabile. Non sono mai stati necessari interventi tecnici straordinari. Peraltro, credo che ancora non conosciamo tutte le potenzialità di Unico TT, e che ci sia ancora margine per ampliare e migliorare la nostra offerta».

Klaus Benderoth Direttore di Plot.com

“Non solo Unico TT abbatte tempi e costi di lavorazione, ma è un abilitatore quando si tratta di sviluppare nuove applicazioni con materiali inusuali.”

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strategie L’azienda romana, riferimento nell’affissione pubblicitaria, ha scelto la soluzione di Mario Belloli Automazioni, per gestire grandi volumi di stampa su carta

Alta qualità e bassi costi di gestione: Fast On Paper convince Selegrafica 80 di Gabriele Lo Surdo // gabriele@densitymedia.com

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nutile girarci intorno: Selegrafica 80 rappresenta un unicum nel panorama italiano delle aziende di stampa, così come in quello delle aziende cartotecniche. Sotto lo stesso tetto, in uno spazio complessivo di 8.000 m2, convivono tecnologie per la prestampa, la stampa, la finitura e il converting, sia analogiche che tradizionali. Sin dalla sua fondazione, nei primi anni Ottanta, il business di Selegrafica 80 è indissolubilmente legato all’industria del cinema. Così l’azienda – nata come stampatore offset di libri e materiale per affissione – ha ampliato progressivamente il suo parco macchine e la sua offerta, cercando di rispondere in maniera sempre più completa alle esigenze di produttori e distributori cinematografici. Una prima evoluzione, compiutasi negli anni Novanta, ha riguardato l’introduzione di tecnologie per il converting di cartone ondulato, destinate alla produzione di espositori e totem. Poi, nei primi anni Duemila, l’azienda inizia ad esplorare le possibilità offerte dal digitale, con l’installazione di macchine entry-level di

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‖‖ Un particolare della stampante MS JP4, parte della linea di produzione Fast On Paper


strategie ‖‖ A sinistra, la sede di Selegrafica 80 alle porte di Roma. Lo stabilimento, di oltre 8.000 m², ospita gli uffici e la produzione dell’azienda, nonché diversi magazzini di materiali grezzi e di prodotti finiti pronti per la consegna. In basso, da sinistra, Giorgio Petrollo e Andrea Orlandi, rispettivamente direttore commerciale e responsabile di produzione dell’azienda.

piccolo e grande formato. Riconosciuti i vantaggi di questa tecnologia, a distanza di pochi anni, installa due HP Scitex Turbojet. Selegrafica 80 diventa così uno dei primi stampatori digitali d’Italia per capacità produttiva; ma anche una delle prime aziende d’Europa ad essere espressione di quel trend a cui oggi, dieci anni più tardi, abbiamo dato il nome di “industry convergence”. Nell’ultimo decennio, complici l’elevata capacità produttiva e l’ampia gamma di prodotti offerti, Selegrafica 80 sbarca sul web con il brand Prinko (www.prinko.it) e, al contempo, amplia il suo bacino di clientela “offline” arrivando a servire regolarmente catene di supermercati, centri commerciali e multisale, oltre che diverse concessionarie pubblicitarie del Centro-Sud Italia.

Alcune perché troppo costose, altre perché troppo lente, altre ancora per incompatibilità tra gli inchiostri usati per la stampa e la colla usata per l’affissione. Giorgio Petrollo, direttore commerciale di Selegrafica 80, racconta: «Le Turbojet sono straordinarie. Ma hanno tempi di avviamento molto lunghi. E l’operatore ha l’onere di gestire tutta una serie di attività preparatorie alla stampa, nonché presidiarle durante l’intera produzione. Inoltre sono lontane dagli odierni standard di efficienza

energetica. Abbiamo cercato per anni un’alternativa». MBA è stata pioniera nel prestare ascolto a questa esigenza, e nel darle risposta creando Fast On Paper: una nuova linea di stampa per carta, con inchiostri base acqua, nata in collaborazione con tre partner d’eccellenza (MS per la stampa, Isocarbo per gli inchiostri, Fotoba per la finitura). Lo scorso anno Selegrafica 80 ha investito nella nuova soluzione. «Tra i principali motivi che ci hanno spinti a scegliere Fast On

Paper c’è la sua qualità di stampa. Con Turbojet lavoriamo a una risoluzione di 360 dpi, con una goccia da 80 picolitri. Fast On Paper ci ha permesso di fare un enorme salto in avanti. Nelle stampe di “piccolo formato”, 70x100 e 100x140, la qualità è nettamente superiore. I clienti se ne sono resi conto immediatamente», spiega Petrollo. «Ma ci sono anche altre caratteristiche di questa tecnologia che i clienti hanno notato e apprezzato. Come, per esempio, il fatto che gli inchiostri sono totalmente inodori, a differenza di solvente e UV. Per chi espone le nostre stampe in ambienti chiusi, l’assenza di odore e la maggior definizione sono aspetti molto importanti». Ma Fast On Paper offre anche altri vantaggi tutt’altro che secondari. La chiave per una produzione economica è nell’uptime Quello della carta stampata non è

Dopo anni di stampa con inchiostri a solvente, arriva l’alternativa base acqua Nonostante il reparto digitale di Selegrafica 80 sia stato oggetto di continui investimenti, per anni la sola tecnologia impiegata dall’azienda per la stampa su carta è stata il solvente. Tutte le soluzioni più “moderne” risultavano, per un motivo o per l’altro, inadatte a questa applicazione.

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un mercato ricco. Per essere adeguata a questa applicazione una macchina da stampa deve avere un costo di esercizio molto basso. Quindi da una parte è importante avere grandi volumi da stampare, dall’altra che la macchina abbia un uptime elevato. «Fast On Paper è pronta a produrre in massimo dieci minuti dall’accensione, e per il suo avviamento non sono richieste procedure complesse», spiega Andrea Orlandi, direttore di produzione di Selegrafica 80. «In generale è una macchina che richiede molti meno interventi dell’operatore. Se la temperatura e l’umidità dell’ambiente sono costanti, anche la qualità di stampa è costante; e si può stampare per ore, senza bisogno di effettuare

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pulizie delle teste, né di presidiare la macchina». La Fast On Paper di Selegrafica 80 è configurata con uno svolgitore e un riavvolgitore ad alta capacità (rispettivamente da 1.000 e da 300 metri). Pur essendo la macchina molto produttiva, l’intervallo tra le varie operazioni di carico e scarico materiale è sufficientemente lungo da permette all’operatore di cambiare postazione e dedicarsi ad altre attività. Questo a vantaggio di una gestione più snella del reparto, nonché di un miglior contenimento dei costi. «Arriviamo a stampare su Fast On Paper fino a 2.000 m2 in un turno. Ma questo si traduce in appena due ore di lavoro per l’operatore», conclude Orlandi.

Un’assistenza post-vendita promossa a pieni voti Anche nel post-vendita MBA ha dimostrato di saper fare la differenza. Essendo il numero di installazioni di Fast On Paper ancora contenuto, è lo stesso Belloli a gestire gran parte delle richieste di assistenza dei clienti. Così facendo, è in grado di dare risposte in tempi brevi oltre che quasi sempre risolutive. «Belloli è il nostro punto di riferimento. Noi abbiamo creduto nella sua tecnologia e, al tempo stesso, lui sta credendo nella nostra azienda», commenta Petrollo. «Gestiamo grandi volumi di stampa, spesso con tempi di consegna brevi. Non possiamo permetterci di

‖‖ Nelle foto: 1) le due linee di stampa, basate su tecnologia a solvente HP Scitex Turbojet, per poster in carta e banner in PVC; 2) vista posteriore di MS JP4 con, in primo piano, lo svolgitore ad alta capacità, capace di ospitare bobine da 1.000 m. 3) MS JP4 durante la stampa di poster 100x140 su carta per retroilluminazione; 4) Rifilo automatico dei poster, da bobina a prodotti finito, con taglierina Fotoba XLD 170.

scontentare un cliente a causa di un fermo macchina. Quando abbiamo incontrato qualche difficoltà abbiamo sempre ricevuto risposte tempestive. In ogni caso, abbiamo avuto bisogno di assistenza soprattutto nelle settimane a ridosso dell’installazione. In seguito la macchina ha sempre lavorato regolarmente».



strategie Lo storico stampatore campano ha internalizzato le lavorazioni di fresatura e taglio grazie a una collaborazione straordinaria con il costruttore Automa Pantografi

Industria Grafica FG affida ad Automa A|3020 la finitura delle sue stampe su rigido di Gabriele Lo Surdo // gabriele@densitymedia.com

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mega stampatori del Nord Italia, del Centro Europa, e del Nord America hanno tanto da insegnare; ne siamo convinti e, da anni, non smettiamo di sottolinearlo. Ma è vero anche che i loro modelli di business non sono gli unici capaci di creare valore (per fortuna!). Industria Grafica FG, piccolo stampatore digitale del Sud Italia, incarna a tutti gli effetti una delle migliori alternative possibili. Aprendoci le porte

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della sua sede di Salerno ci ha dato modo di scoprire una storia straordinaria, che ha tra i suoi protagonisti anche il costruttore di sistemi da taglio e fresatura Automa Pantografi. Industria Grafica FG compie 34 anni quest’anno. Il suo fondatore, Giovanni Citro, è un veterano del settore. La sua carriera è iniziata nel 1969 in un fotolaboratorio milanese. Oggi, a cinquant’anni di distanza, Giovanni è ancora il primo ad arrivare in

azienda ogni mattina. La sua passione per il lavoro – di fotolitista, prima, e di stampatore digitale, poi – è genuina e profonda; così come la sua vocazione all’innovazione. Tanto che i figli Fabrizio e Giusy non possono fare a meno di esserne contagiati. Sono loro infatti che, dal 2014, tengono saldamente in mano le redini dell’azienda, delineano le strategie di crescita per il futuro, sviluppano nuove linee di prodotti e operano le scelte tecnologiche.

Visione cristallina e scelte tecnologiche consapevoli «Il nostro flusso di lavoro è organizzato secondo i principi dell’Industria 4.0. Macchine e software sono interconnessi per garantire una produzione più ef‖‖ In alto: a sinistra Giovanni, Fabrizio e Giusy Citro, titolari di Industria Grafica FG; a destra, il mandrino da 3 kW di Automa A|3020 durante la fresatura di un pannello di Forex 10 mm


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ficiente. Tutte le nostre stampanti hanno meno di tre anni. Inoltre, per poter realizzare ogni applicazione con la tecnologia più indicata e proporla sul mercato con il miglior rapporto qualità/prezzo, abbiamo investito in macchine complementari tra loro. Abbiamo stampanti sia per materiali in bobina che rigidi, con larghezze di stampa fino a 3,2 m, e inchiostri eco-solvent, latex, a pigmento, LED UV curable e a sublimazione», spiega Fabrizio Citro. Gli obiettivi di Industria Grafica FG sono molto chiari. Da una parte, non porre limiti alla creatività dei clienti e, anzi, promuoverne la libera espressione. Dall’altra, stare fuori dall’affollato mercato dei grandi volumi a prezzi stracciati, puntando a lavorare per una clientela selezionata, in cerca di pro-

dotti di qualità, costruiti a misura delle proprie esigenze. Infine c’è il desiderio di essere ecosostenibili a tutti i livelli: nella selezione di macchine e materiali, nell’organizzazione dei processi produttivi, e nelle scelte relative all’approvvigionamento energetico. Naturalmente il reparto produzione di Industria Grafica FG ospita anche una dotazione completa di macchine per la finitura. Tra tutte, quella che attira la nostra attenzione (nonché la ragione della nostra visita) è Automa A|3020. La sagomatura di materiali rigidi non è più “roba da ricchi” Per anni Industria Grafica FG si è servita di fornitori esterni per le lavorazioni di taglio e fresatura. Nel 2015, però, Giovanni e

Fabrizio Citro iniziano a interrogarsi sull’opportunità di acquistare una pantografo a controllo numerico per gestire queste lavorazioni internamente. «Volevamo una macchina piana 3x2, con la telecamera per sagomare al vivo pannelli stampati. Tutti i costruttori leader di mercato ci hanno proposto macchine con un prezzo quasi doppio rispetto a quanto avevamo previsto di spendere, e con performance ampiamente superiori alle nostre reali necessità», racconta Fabrizio Citro. «Dopo una lunga ricerca, ci eravamo quasi rassegnati a percorrere una via alternativa, o rinunciando alla telecamera e al formato 3x2, o rivolgendoci a produttori cinesi». Grazie a un fortunato passaparola, però, l’azienda entra in contatto con Automa Pantografi, un

‖‖ Nelle foto: 1) la stampante Anapurna H2050i utilizzata da Industria Grafica FG per stampare su supporti rigidi; 2) alcuni esempi di stampa, inclusi nel vasto campionario dell’azienda; 3) il team di Industria Grafica FG capitanato da Giovanni Citro e da sua moglie Antonia Grimaldi (al centro), rispettivamente fondatore e amministratore dell’azienda.

costruttore di pantografi CNC per il mondo industriale con sede a pochi chilometri da Salerno. Antonio Petrarca, co-fondatore di Automa Pantografi, racconta: «Quando abbiamo incontrato FG non avevamo un macchina pensata per la comunicazione visiva e non conoscevamo questo settore. I nostri pantografi CNC non montavano né telecamera né utensile per il taglio a lama. Fabrizio [Citro, N.d.R.] ha condiviso con noi le

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strategie esigenze dell’azienda e ci ha chiesto se saremmo stati in grado di realizzare una macchina come a loro serviva. Così abbiamo iniziato a fare insieme una serie di test sui materiali che usavano di più, nonché a sviluppare le nuove funzionalità richieste». È questo l’inizio di una storia unica che vede cliente e fornitore trasformarsi in partner e partecipare congiuntamente alla realizzazione di una nuova macchina per fresatura e taglio a lama, ottimizzata per il mondo grafico e, soprattutto, ac-

cessibile anche alle aziende di stampa medio-piccole. Giusy Citro commenta: «È stata una scommessa. Ancora oggi alcuni clienti rimangono a bocca aperta quando gli diciamo che la Automa A|3020 è fatta a Sala Consilina. Ma a noi è piaciuta subito l’idea di portare avanti un simile progetto con un’azienda del territorio». Ad oggi, sono quasi due anni che la nuova macchina è operativa presso il reparto produzione di Industria Grafica FG. «Utilizziamo Automa A|3020 per realiz-

zare espositori, totem sagomati e insegne pubblicitarie. Lavoriamo sulla macchina una media di quattro ore al giorno. Ma sono capitati anche picchi di lavoro che l’hanno tenuta impegnata a tempo pieno, per diversi giorni consecutivi. Non è una tecnologia ideale per lunghe tirature, ma all’occorrenza è in grado di affrontarle, a patto che non si abbia fretta», spiega Fabrizio Citro. «Del resto, non siamo un discount. I clienti si rivolgono a noi per piccoli e medi quantitativi di alta qualità. La velocità massima di Automa A|3020 non è elevata [6 m/min, N.d.R.]. Ma ci siamo resi conto che è superiore a quella necessaria ad ottenere il risultato che desideriamo. Nel caso dei pannelli compositi in alluminio, per esempio, siamo più produttivi andando a un terzo della velocità nominale della macchina. Infatti, così il taglio è perfettamente pulito e l’operatore non deve eseguire alcuna rifinitura manuale». All’inizio del 2019 la Automa A|3020 di Industria Grafica FG è stata aggiornata con l’installazione del nuovo utensile per il taglio con lama oscillante, di cui Automa ‖‖ A sinistra, la testa multiutensile di Automa A|3020, che può accogliere contemporaneamente un mandrino e una lama oscillante pneumatica. In basso, un espositore da banco in Forex 10 mm.

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Pantografi ha da poco completato lo sviluppo. La macchina è così completa. Angelo Cava, co-fondatore di Automa Pantografi, però spiega: «La macchina di FG è una prima evoluzione dei nostri pantografi per l’industria. Progressivamente ne abbiamo migliorato prestazioni e funzionalità, fino a renderla del tutto stabile, oltre che compatibile con una gamma di materiali più ampia. Ora, basandoci sull’esperienza fatta, abbiamo ultimato lo sviluppo di una nuova macchina specifica per il mondo della comunicazione visiva. Si chiama VISIO e offre performance superiori. Ha una struttura più pesante, un nuovo piano aspirante, e un controller di ultima generazione. Inoltre è compatibile con gli standard dell’Industria 4.0, come anche Automa A|3020». Internalizzare per dare il massimo ai clienti Che si tratti di stampa o di finitura, gestire ogni lavorazione in casa non è solo una questione di marginalità. Industria Grafica FG adotta questa strategia soprattutto per dare di più ai propri clienti. «Con le macchine in casa possiamo fare sperimentazione e trovare soluzioni originali che diano maggior valore ai progetti dei clienti. Recentemente ci è stato chiesto un gioco da tavolo gigante. Abbiamo detto di sì perché sapevamo di poterlo realizzare interamente in casa. Per la stampa abbiamo utilizzato la tecnologia LED UV curable; mentre per sagomare le pedine e la valigetta destinata a contenere il gioco abbiamo utilizzato Automa A|3020». Avere in azienda una macchina per il taglio in piano è dunque utile per far fronte alle lavorazioni di finitura quotidiane, ma anche per rafforzare i rapporti con i propri clienti, sviluppando per loro prodotti unici. Lo hanno capito bene sia Industria Grafica FG – che ne ha fatto un tratto distintivo del proprio business – sia Automa Pantografi – che ha sviluppato la nuova VISIO proprio per rendere questa opportunità accessibile a tutti i piccoli stampatori.


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strategie Costruita nel 2013, e costantemente potenziata, l’unità europea dedicata all’inkjet è pronta a supportare le nuove sfide del display graphics e della stampa industriale

Oltre gli inchiostri alternativi, il sito INX di Praga è polo di ricerca, sviluppo e innovazione di Lorenzo Villa // lorenzo@densitymedia.com

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’evoluzione dell’inkjet negli ultimi vent’anni è stata epocale. Anche nel display graphics, da cui derivano la maggior parte dei prodotti e dei produttori. L’accresciuta capacità produttiva dei macchinari, l’aumento della base installata e la diversificazione applicativa, hanno proiettato gli inchiostri inkjet in una dimensione industriale, riducendo le distanze e a volte unendo le forze tra pionieri digitali e co-

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lossi globali della chimica. Tra le storie emblematiche c’è quella di INX, braccio digitale del gruppo Sakata, che ha saputo cogliere il meglio da storie pionieristiche ed esperienze maturate sul campo ai tre capi del globo. Partendo dal Giappone, dove Sakata ha il suo quartier generale, per spingersi in America, dove è nata l’avventura di Triangle. Infine nella vecchia Europa, che si è trasformata nel cuore pulsante dei progetti più innovativi. La Repubblica Ceca è

il teatro dell’acquisizione di Megaink Digital nel 2008, sulle cui basi INX ha imperniato il proprio sviluppo digitale. La costruzione della modernissima inkjet factory di Praga nel 2015 segna l’inizio di una nuova fase di R&D distribuita, produzione d’eccellenza, servizi di pre e post-vendita in grado di supportare la trasformazione digitale dell’industria. Per comprendere il valore di questo approccio, abbiamo visitato il sito INX di Praga, dove la multinazio-

nale ha basato ricerca e sviluppo, formulazione, testing, produzione e logistica. Un’infrastruttura autonoma dalle materie prime ai semilavorati, fino ai prodotti finiti, pronta ad affrontare le sfide di crescita dei volumi nei pros‖‖ In alto, l’edificio che ospita la inkjet factory EMEA di INX Digital Czech. Nella pagina a fianco: in alto, il magazzino semilavorati e prodotti finiti; in basso, Avi Bukai, Managing Director dell’azienda, accompagna alcuni partner in un tour dell’azienda.


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simi anni. Ad accoglierci ci sono Avi Bukai, Managing Director di INX Digital Czech, e il Marketing Manager EMEA, Stefano Rogora. Ci guida alla scoperta della inkjet factory è Shinya Mizutani, Director of Inkjet R&D EMEA, una carriera nei laboratori INX di Tokyo e di San Leandro, USA. Più valore per Triangle, nuove sfide nell’industrial printing Negli anni Novanta e nel primo decennio del Duemila la stampa inkjet è rimasta agganciata ad applicazioni grafiche e pubblicitarie, con qualche timido approccio alla stampa su supporti “inusuali”, in prevalenza per la decorazione. Un trend che alla fine del secolo scorso ha ispirato il sogno di Triangle, brand nato per offrire un’alternativa alle decine di migliaia di nuovi “stampatori digitali”, cui andava stretto il legame inscindibile con un unico fornitore di inchiostro. «Erano anni pionieristici, le stampanti e le teste inkjet erano poche e poco performanti, e il prezzo degli inchiostri era spropositato», racconta Bukai. «Per anni il driver dell’inchiostro alternativo è stato il prezzo, ma già da un decennio la scelta dei clienti è basata quasi esclusivamente su performance cromatiche, affidabilità e servizi superiori». Oggi l’imperativo nel digitale si chiama industrial printing, e si traduce da un lato in applicazioni al di fuori della grafica,

dall’altro in performance adeguate agli alti volumi di packaging, cartone ondulato, etichette, tessuti, legno, metallo e tanti altri. Mercati dove qualità, velocità, ripetibilità, disponibilità, stabilità, sicurezza, shelf life e prezzo d’acquisto costituiscono requisiti imprescindibili per un inchiostro. Se infatti le chimiche inkjet più utilizzate restano quelle note – base acqua, UV curable e solvente – nuovi processi si affacciano al digitale, e i print engine esprimono performance enormemente superiori. Al fianco di clienti finali, costruttori e rivenditori In un mercato maturo e in rapido mutamento, produrre e vendere

inchiostri inkjet significa dialogare con innumerevoli interlocutori, tutti estremamente esigenti, talvolta in competizione tra loro. E fornire loro soluzioni di inchiostro funzionali a esigenze specifiche, preservando livelli di esclusività e riservatezza. Un tempo predominante, anche il business after-market non smette però di crescere. Su questo fronte, INX continua a sviluppare la gamma di inchiostri alternativi a marchio Triangle, distribuiti nel mondo attraverso una rete capillare di rivenditori. Il secondo target, in costante crescita, è quello dei costruttori di macchine da stampa, che si rivolgono a INX per ottenere chimiche di inchiostro e coating in grado di soddisfare i re-

quisiti delle proprie attrezzature e applicazioni. Fluidi che vengono quasi sempre commercializzati con il brand del costruttore. Tra i clienti ci sono alcuni dei più grandi costruttori mondiali di stampanti large format, sistemi narrow-web per arti grafiche ed etichette, piattaforme single-pass per il packaging. Terzo gruppo sono i produttori di teste inkjet, che si avvalgono delle competenze chimiche di INX per ottimizzare le performance dei propri engine di stampa, impiegati poi dai costruttori OEM per sviluppare macchinari. «Spesso abbiamo già un inchiostro compatibile con una testa in base a PH e viscosità, ma quando lo utilizziamo su una nuova stampante o supporto, riscontriamo differenze di comportamento», spiega Mizutani. «Questo è normale, così lavoriamo coi costruttori per mettere a punto nuove schede elettroniche, forme d’onda e accorgimenti che contribuiscono a migliori risultati di qualità, adesione e durevolezza». Infine ci sono le centinaia di utilizzatori di piattaforme inkjet, che acquistano l’inchiostro direttamente da INX in base ad alti volumi di consumo, o alle strategie “open ink” perseguite da alcuni costruttori. L’ink lab come arma vincente La nostra visita inizia dal laboratorio di R&D, uno dei gioielli del

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strategie

Shinya Mizutani Director of Inkjet R&D EMEA di INX Digital

“La sicurezza è un argomento ricorrente nella conversazione con i costruttori, specie in settori come packaging e tessile.” sito INX di Praga, dove un team lavora per realizzare e migliorare i prodotti, sia a brand Triangle che OEM e private label. Lo spazio è dotato di strumenti evoluti per analizzare la forma della goccia in fase di getto, rilevare la dimensione delle particelle di inchiostro, determinare i componenti di una sostanza, effettuare test di asciugatura con lampade UV mercury e LED UV, simulare l’azione della luce solare e della pioggia, portare l’inchiostro o il campione stampato a condizioni estreme di temperatura, simularne l’invecchiamento accelerato, rilevarne il punto di infiammabilità o testarne la solidità. «Qui sviluppiamo nuovi inchiostri o miglioriamo prodotti esistenti, basandoci sui

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feedback dei nostri venditori e product manager», spiega Bukai. «Ogni giorno ci coinvolgono per fare la differenza sul mercato, e il nostro scopo è migliorare continuamente, se necessario formulando nuovi inchiostri per soddisfare i bisogni degli enduser». Una sfida aggiuntiva per il team di R&D di Praga è la vastità e complessità dell’area EMEA, in cui si parlano decine di lingue diverse. Una regione che conta peraltro il maggior numero di costruttori e integratori al mondo. Competenze globali, R&D e produzione distribuita Capacità di reagire, risolvere problemi pratici, fornire risposte

rapide e prodotti efficaci, sono requisiti imprescindibili per soddisfare un mercato veloce e globalizzato. Per questo INX ha creato un’infrastruttura di condivisione e scambio delle informazioni tra i suoi hub mondiali dell’inkjet. Il laboratorio di R&D di Praga può contare sulle competenze acquisite nei decenni dagli omologhi giapponesi e americani. Può accadere che una richiesta inedita in Europa, magari sia già stata oggetto di test in Asia, dando vita a dispersioni e prodotti già disponibili, su cui fare eventuale fine-tuning. In altri casi la formulazione parte da zero. «Spesso conosciamo la testa stampa, da cui ricaviamo viscosità e tensione superficiale», sottolinea Mizu-

‖‖ Qui sopra, uno scorcio del laboratorio di R&D EMEA di INX Digital, basato presso l’unità produttiva di Praga. In basso, l’area produttiva e la linea di riempimento di taniche e bottiglie. Nella pagina a fianco, la linea di etichettatura e confezionamento dei prodotti.

tani. «E nella maggior parte dei casi sappiamo su quale materiale stamperemo. Così possiamo modificare la formula per migliorare l’adesione, e fornire rapidamente un primo batch di prodotto». Laddove il costruttore dell’attrezzatura o della testa di stampa necessita di una specifica certificazione, prendono il via intensivi test chimici, fisici e meccanici. Per formulare il miglior inchiostro, i laboratori INX dispongono di un vastissimo database di materie prime, tra cui monomeri, resine, dispersioni e pigmenti. Se un inchiostro è già ottimo per una testa di stampa e un materiale, ma è formulato per stampare in multi-pass con curing mercury UV, quasi certamente necessiterà di modifiche per essere utilizzato in single-pass con lampade LED UV. A parità di testa e di materiale, infatti, avrà parametri aerodinamici e di asciugatura diversi. Anche sul fronte produttivo, INX ha dotato i suoi tre siti mondiali delle stesse tecnologie di macinatura e dei medesimi processi, così da poter localizzare velocemente la produzione in un altro stabilimento, preservando le caratteristiche del prodotto. «La nostra


strategie strategia e la nostra forza risiedono in un set di materie prime e in una formula vincente, e nella capacità di replicarle localmente», spiega Rogora. «Così riduciamo costi e tempi di consegna, allunghiamo la shelf life e riduciamo i costi di magazzino per clienti e rivenditori». Obiettivo sicurezza e sostenibilità L’inchiostro è da sempre sul banco degli imputati come la maggiore fonte di rischio per operatori e utilizzatori finali del materiale stampato. Se la stampa digitale ha contribuito a innovare, educare e in una certa misura “ripulire” il mercato, le diatribe tra sostenitori e detrattori dell’UV curable, del solvente e del waterbased non accennano a placarsi. Dal canto suo INX, che sviluppa tutte le tipologie di inchiostri inkjet, continua ostinatamente a elaborare soluzioni per rendere l’inchiostro più sicuro e sostenibile. Questo si traduce nella costante ricerca di materie prime di qualità, con ridotte etichettature di rischio. «La sicurezza è un argomento ricorrente nella conversazione con i costruttori, specie in settori come il packaging e il tessile», spiega Mizutani. «Sostanze che cinque anni fa erano considerate sicure, oggi sono bollate come pericolose». Anche in questo caso, un’infrastruttura di R&D dislocata in diversi continenti consente a INX di recepire le normative ambientali e di sicurezza più stringenti in ogni parte del mondo, rimettendole a disposizione degli altri mercati. E di reagire velocemente nei casi, sempre più frequenti, di carenza o messa al bando di alcune materie prime. Il laboratorio R&D di Praga gestisce ogni anno centinaia di nuovi progetti, a volte anche una dozzina in contemporanea, la maggior parte dei quali vedono la luce e si trasformano in prodotti vincenti. «Abbiamo un tasso di successo vicino al 100%. Ma può accadere che un’opportunità attraente sul piano dell’innovazione, commercialmente non decolli. Sono

mesi di lavoro investiti senza un ritorno, ma la consideriamo una straordinaria occasione di apprendimento», conclude Rogora. Una produzione d’eccellenza L’area produttiva di INX Digital Czech si articola su 15.000 m2, in larga parte occupati dal magazzino verticale che ospita semilavorati, stock di prodotto finito e packaging. Il magazzino è progettato all’insegna della sicurezza totale, con pavimentazioni speciali e scaffali dotati di vasche per il recupero dei liquidi. Adiacente c’è il magazzino materie prime, sigillato e a prova di scoppio. Grazie ad un sistema automatizzato di prelievo dai fusti, gli ingredienti vengono pompati direttamente verso l’area di produzione. Qui un sistema di riempimento automatico prepara i batch, secondo la ricetta predisposta dal computer e con uno scarto massimo di 10 grammi per 1,5 tonnellate di prodotto. Ciascun batch va da un minimo di 200 kg a un massimo di 1.500 kg ed è preparato direttamente nei contenitori d’acciaio usati per la macinazione. Quando i mixer sono in azione, i contenitori vengono raffreddati con un liquido refrigerante a circuito sigillato, che azzera il consumo di acqua. Tra le particolarità del protocollo produttivo di INX c’è l’esclusivo sistema di filtraggio, implementato e migliorato fino alla pressoché totale assenza di impurità. A valle delle mixing station c’è la stazione di riempimento dei contenitori, dalla cartuccia da 440 ml alla tanica da 20 litri, passando per bottiglie e bag-inbox di differenti capacità. Infine, l’impianto di etichettatura e confezionamento è interamente digitalizzato. Sulla base della ricetta e del marchio prescelto (INX, OEM o private label), l’etichetta viene composta dal software (collegato al SAP aziendale) in modo dinamico, popolando il template con tutte le informazioni di sicurezza aggiornate. Infine, una stampante inkjet con fustellatura laser in linea realizza il numero esatto di etichette necessarie a confeziona-

re il batch. Un’area di stoccaggio è poi dedicata al controllo qualità: qui vengono conservati per due anni i campioni di tutti i lotti di produzione. Tutti gli ordinativi di inchiostri Triangle per la regione EMEA sono prodotti, confezionati e spediti da Praga. Vantaggi tangibili per clienti e partner All’inaugurazione del sito di Praga, nel 2015, l’obiettivo dichiarato dal management di INX era supportare i clienti in Europa, Medio Oriente e Africa con produzione, logistica e R&D allo stato dell’arte. Un target pienamente centrato, come testimoniano i livelli di efficienza, qualità e capacità produttiva raggiunti. Quasi quattro anni di operatività e continuo miglioramento, tuttavia, permettono a INX di stilare un bilancio ancora più pragmatico, che vede crescere volumi e tasso di soddisfazione di clienti e partner. Per i costruttori OEM vedere accorpate sotto lo stesso tetto tutte

le fasi produttive (inclusa la produzione del packaging) si traduce nella miglior garanzia di sicurezza dei propri marchi, ricette e proprietà intellettuale. Una logica produttiva industriale, unita alla capacità di produrre tailor-made, è poi un vantaggio per i grandi clienti, che consumano centinaia di litri al giorno e possono contare su rifornimenti sicuri, limitando i costi di magazzino. Infine i rivenditori Triangle, più restii ad abbandonare gli apparenti vantaggi di acquistare da una filiale commerciale, comprando direttamente in fabbrica si avvantaggiano di un prodotto sempre fresco, con la massima shelf life, e dei migliori servizi di controllo qualità e post-vendita. Specie oggi, che la gamma di inchiostri si va ampliando, sull’onda della crescita vorticosa del soft signage e delle applicazioni tessili. Molte delle chimiche d’inchiostro sviluppate da INX negli ultimi 18 mesi, infatti, sono pensate per applicazioni sublimatiche e per la stampa direct-to-garment.

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strategie Tra crescita organica e acquisizioni, la bergamasca CPZ rafforza la sua leadership e inaugura una nuova digital factory, che in quattro mesi cresce già a ritmi vorticosi

Esko e B+B supportano la trasformazione digitale dei “nuovi” big del printing

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onsolidamento, acquisizioni, e creazione di business capaci di unire il meglio del mondo analogico e di quello digitale; sono queste le parole d’ordine del printing nel terzo millennio. Un trend già affermato nei mercati ricchi e competitivi del Centro e Nord Europa, che inizia a farsi strada anche in Italia. Protagonista del nostro racconto è una family company bergamasca, che negli ultimi due

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anni ha messo a segno acquisizioni di valore strategico – tra le altre, il sito e la capacità produttiva di Castelli Poligrafiche – riportando sotto l’ala italiana aziende del territorio che da decenni erano controllate da gruppi tedeschi. Fondata da Carlo Carrara all’inizio degli anni Ottanta, come tipografia di famiglia, l’azienda è cresciuta rapidamente e ha saputo completare brillantemente il passaggio alla nuova generazione. Marzio Carrara, attuale

CEO, ha infatti condotto la “sua” SpA al successo attraverso un modello di business fortemente differenziato, redditizio e customer-centric, trasformandola da grande tipografia a provider di servizi a 360°. Per esempio, già negli anni Novanta CPZ vantava una business unit dedicata ai progetti web, in cui oggi lavorano cinque persone. Negli scorsi due esercizi, il gruppo, che impiega 104 collaboratori su due siti, è cresciuto in maniera rilevante

nei suoi settori storici di attività: stampa commerciale, produzione di agende e quaderni, oltre che materiali cartotecnici per la GDO e il retail. Al punto da incaricare il management di mettere a punto un business plan nuovo e inedito, ‖‖ In alto, il reparto digitale di CPZ; da sinistra Marco Patelli e Nicola Sonzogni, manager di CPZ Group, e Alberto Costa di B+B International. Nella pagina a fianco, un confronto tecnico su un progetto realizzato con Kongsberg C44.


strategie Chi sono i clienti tipici di CPZ, e cosa fate di speciale per loro? Siamo partner di editori, aziende manifatturiere, catene di franchising e della GDO. Anche molti webto-print producono da noi. Può apparire banale, ma il nostro segreto è mettere il cliente al centro, aprirgli le porte dell’azienda, farlo sentire coinvolto, come se CPZ fosse anche un po’ sua.

intervista a Mattia Carrara Co-titolare di CPZ Group

“La nostra è una visione industriale, che implica un certo grado di automazione e variabili ridotte al minimo.”

in grado di valorizzare il capitale tecnologico e umano dell’azienda, ma soprattutto la straordinaria base di clienti fidelizzati, con l’obiettivo di aumentarne il grado di soddisfazione e ampliare la gamma di servizi a loro dedicati. Il progetto, nato tra ottobre e dicembre 2018 tra le mura del sito CPZ Group di Costa di Mezzate (BG), si incardina sulla riorganizzazione degli spazi tra i due stabilimenti e si focalizza sulla nascita di una nuova entità produttiva al 100% digitale. A coordinare quella che è a tutti gli effetti una startup è Mattia Carrara, esponente della terza generazione del business di famiglia. Per comprendere meglio le sfide e gli orientamenti tecnologici di CPZ Group, abbiamo incontrato lui e il management aziendale nel nuovo sito dedicato alla produzione digitale.

Non è azzardato creare da zero una business unit digitale? Al contrario, è la naturale prosecuzione della nostra strategia, ma con una visione organica e industriale. Offrivamo già servizi digitali di piccolo formato, mentre packaging, display e lavorazioni speciali non erano strategici. Infatti i clienti si affidavano ad altri. Come pensate di essere incisivi in un mercato già maturo? La nostra ricetta non cambia, e inizia dalla relazione con il cliente, da prodotti e servizi unici. Per un evento, ad esempio, dialoghiamo con il cliente su idee, strategia, immagine coordinata del progetto di allestimento. Da lì sviluppiamo tutto internamente, dalle immagini ai gadget, dagli stampati commerciali alle soluzioni web.

Un’azienda nell’azienda Con il trasferimento di tutta la capacità produttiva offset nel grande sito di Cenate Sotto (BG), parte del takeover di Castelli

Quali le sfide tecnologiche? La nostra è una visione industriale, che implica un certo grado di automazione e variabili ridotte al minimo. Abbiamo capito che, in un flusso digitale, il principale collo di bottiglia è il taglio. Al crescere della complessità del tracciato di fustellatura o fresatura, decresce la produttività dei cutter. Da qui la scelta di Kongsberg, che già dalla configurazione base si è rivelata veloce, potente ed efficace. Lasciando aperti grandi spazi all’ulteriore automazione e robotizzazione dei processi. Più materiali rigidi o flessibili? Il nostro cliente non si pone limiti applicativi, quindi noi non possiamo porci limiti tecnologici o materici. Per la stampa abbiamo scelto sistemi flatbed e roll-to-roll, che ci garantiscono piena modularità. Kongsberg taglia efficacemente entrambi i tipi di media, e ci consente anche di produrre in modo fulmineo ed economico gli imballi in ondulato per le spedizioni.

andati vicini. Sappiamo quanto la tecnologia sia abilitante, e quella digitale non fa eccezione. Fujifilm era già tra i nostri fornitori accreditati, mentre in B+B abbiamo trovato ciò che cercavamo in un nuovo partner per il digitale. Ovvero? B+B non è solo il distributore di un grande marchio come Esko, ma un team di professionisti permeati di cultura e know-how digitale. Nella relazione con loro, poi, rivediamo la nostra visione di partnership, di capacità di offrire soluzioni uniche e inedite.

Quali gli obiettivi di crescita? Ci eravamo posti un obiettivo da raggiungere nel primo anno, per poi reinvestire in nuovi macchinari. E in quattro mesi ci siamo già

Puoi farci un esempio? ArtiosCAD è stata una scoperta in itinere, che si è rivelata illuminante. All’inizio abbiamo parlato di hardware, ma spontaneamente ci siamo trovati ad approfondire con B+B altri aspetti del workflow, dal design strutturale del prodotto al nesting, all’ottimizzazione dei file di taglio. È ciò che B+B chiama Formula Digitale, su cui all’inizio eravamo scettici, ma che infine ci ha entusiasmati. Abbiamo capito che un macchinario non basta per sviluppare un business digitale vincente, e instaurare un dialogo con il cliente a un livello diverso.

Poligrafiche, CPZ Group ha creato gli spazi e le condizioni per il graduale sviluppo di una grande digital factory, che già impiega 13 addetti provenienti dagli altri reparti aziendali, con un’età media

di 30 anni. Nata come servizio complementare, la nuova business unit ha sfornato la prima commessa il 20 gennaio di quest’anno. Nella sua “versione 1.0” la linea di produzione digitale

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strategie ‖‖ A sinistra, due designer di CPZ Group analizzano il prototipo di un display progettato con ArtiosCAD e realizzato con Kongsberg. In basso, dettaglio della testa di taglio di Kongsberg C44, sullo sfondo il reparto di produzione.

occupa già 3.000 m2 ed è costituita da piattaforme flatbed Fujifilm Acuity Select HS per la stampa diretta su pannelli rigidi, Acuity LED 1600 e 3200R per la stampa su materiali flessibili, un cutter Kongsberg C44 da 3x2 metri e una serie di attrezzature accessorie per laminazione, occhiellatura e taglio XY. Il layout produttivo è disegnato per adattarsi ai più evoluti modelli di “design to delivery”, con magazzini dedicati per materie prime e semilavorati, confezionamento e consegna dei prodotti finiti. Ad oggi le commesse di CPZ Group sono realizzate al 90% su materiali standard come Forex, Dibond, cartone ondulato e cartoni alveolari, e una vasta gamma di vinili e materiali flessibili. Ma ogni

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giorno vengono testati nuovi supporti, sia in stampa che in taglio e fresatura. Solo la prestampa, che impiega una ventina di tecnici specializzati, resta centralizzata e in comune con il resto del gruppo. Per far fronte alle crescenti commesse di display e packaging, alle più disparate lavorazioni su materiali flessibili e progetti cartotecnici realizzati sulle tre stampanti digitali, il cutter Kongsberg è oggi utilizzato su un turno pieno, con picchi di 10-12 ore al giorno. Tanto che CPZ sta già pianificando l’installazione di una seconda unità con conveyor belt. «Servendo grandi brand della GDO e del retail, arriviamo a produrre anche 1.500 o 2.000 pannelli sagomati per singola commessa, che dob-

biamo confezionare e spedire in decine di punti vendita in Italia», ci spiega Mattia Carrara. «Questo impone una grande velocità e precisione sia nel taglio del materiale, che nella fustellatura del cartone per realizzare imballi e sottoimballi». Tra periodi di picco e momenti più tranquilli, il reparto di taglio digitale di CPZ Group gestisce oltre 300 m2/ora di media. Progettazione cartotecnica e automazione del workflow La grande eterogeneità di formati, materiali e lavorazioni accessorie del digitale, ha indotto CPZ a ottimizzare i flussi produttivi, a partire dalla preparazione dei file di stampa e taglio. Nell’ambito

del confronto serrato tra il team di R&D di CPZ Group e i consulenti di B+B, il gruppo bergamasco ha scelto iCut Suite di Esko, che effettua la verifica preliminare del PDF, ottimizza i percorsi di taglio, crea le abbondanze ed effettua il nesting automatico dei file, migliorando la resa sul formato e consentendo significativi risparmi di materiale. Il software Esko, in abbinamento alla telecamera del cutter, rileva inoltre eventuali distorsioni dell’immagine stampata ed effettua una correzione automatica del tracciato di taglio. Tra i plus più apprezzati da CPZ, la possibilità di gestire le materie prime e i residui di materiale a magazzino, e la creazione dei preset di taglio in base al tipo di materiale. Altra importante introduzione è ArtiosCAD, il software Esko di progettazione per progettare packaging e display, che i designer di CPZ hanno affiancato alla Creative Suite di Adobe. «Prima utilizzavamo solo Illustrator, Photoshop e i software grafici più comuni. L’introduzione di ArtiosCAD ci ha offerto uno strumento potente per sviluppare efficacemente packaging e display complessi, cui possiamo agganciare la grafica e che possiamo inviare al cliente per un preview virtuale dettagliatissimo», racconta Fabio Imberti, Responsabile R&D di CPZ. «Questo non sostituisce la realizzazione del prototipo, ma alleggerisce moltissimo i cicli di modifica e approvazione, e crea un valore enorme nella relazione con il cliente». Partendo da zero, grazie a strumenti evoluti e ad un percorso di tutoraggio e formazione degli operatori, il business digitale di CPZ cresce a ritmi sostenuti. Al punto che la nuova divisione si prepara già al raddoppio di spazi, attrezzature, produttività e complessità delle lavorazioni. Di certo è un player di cui torneremo a parlare molto presto.


À


supporti Nasce un innovativo materiale tessile, messo a punto in Belgio e commercializzato in Italia da Filmolux, per decorare, schermare e oscurare vetri “in style”

Goodbye PVC? Squid avvia una rivoluzione tessile nella glass decoration digitale

L

a decorazione dei vetri, per lo più realizzata con pellicole in PVC ad effetto sabbiato, è un mercato grande e in costante espansione. Complice il crescente impiego di grandi superfici trasparenti nell’architettura, sia commerciale che residenziale. Al di là dei grattacieli disegnati da archistar, che spuntano come funghi a Milano e nelle grandi città europee, i muri lasciano infatti sempre

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più spazio a vetrate terra-cielo, sia all’interno che sui perimetri di quasi tutti i nuovi edifici. Superfici eteree, che aprono nuove prospettive lavorative e abitative, ma quasi sempre necessitano di soluzioni di mitigazione visiva e termica, e (in carenza di muri su cui appendere quadri, poster e wallpaper) si trasformano in spazi da decorare. Progettato e lanciato come una sfida da Lampe Textiles, produttore belga di tessuti per l’arredamento,

Squid è la prima soluzione tessile per il rivestimento di superfici in vetro. Il materiale è disponibile in differenti cromie, tutte neutre, tenui ed eleganti, con l’obiettivo di poter facilmente rimpiazzare la classica tenda, schermando la vista dall’esterno ma preservando (grazie all’esclusiva microforatura) un certo livello di trasparenza di finestre e vetrate. Un alleato perfetto per architetti e interior designer, che tuttavia ha iniziato a fare proseliti anche nel va-

riopinto mondo della grafica e della stampa digitale. Complici tre peculiarità che rendono Squid un vero game changer nel settore: si può stampare, si taglia e si sagoma agilmente con un plotter da taglio, e soprattutto si spelli‖‖ In alto: a sinistra, la Glasshouse of Textiles, realizzata con Squid per la Milano Design Week 2019; a destra, un’applicazione realizzata con il medesimo materiale e stampata con tecnologia inkjet


supporti 1

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‖‖ 1) Dettaglio di un lavoro stampato su Squid in bobina. 2) Il materiale in fase di stampa sulla EFI VUTEk LX3 Pro di Alpac. 3) Una fase del taglio della bobina di Squid stampato con un cutter Zund G3. 4) Campioni di Squid stampato e tagliato.

Stampabile, sagomabile, adesivizzato e lavabile: bello e possibile! L’innovazione, quella vera, è sempre fatta di luci e ombre. Poi diventa arte nota, ed è più soggetta a emulazione e a diventare un prodotto o servizio di commodity. Squid è appena fuori dalla sua fase embrionale, e gli estimatori

delle soluzioni iper-qualitative e (appunto) innovative ne stanno scoprendo solo ora gli elementi di unicità. Nel progettarlo, tuttavia, gli ingegneri di Lampe Textiles hanno già tenuto conto di molte variabili, al punto che i plus di

Squid superano già i punti interrogativi. Le lavorazioni sin qui eseguite dal produttore e dai SAP in varie parti del mondo (inclusa Alpac in Italia) ne hanno comprovato l’eccellente stampabilità, specie con tecnologia inkjet UV

curable tradizionale e LED. Altrettanto buoni sono i risultati del taglio passante su cutter digitali con utensili a lama oscillante. Squid è resistente all’umidità e può essere smacchiato con un panno e un detergente leggero.

cola e si applica senza particolari accorgimenti grazie al retro adesivizzato e al liner.

più dinamiche, sane e creative. Per il team di Filmolux, quella di Squid si è rivelata una sfida entusiasmante, ma anche ricca di incognite. Squid è meraviglioso al tatto e alla vista, ma non costa poco e conserva una quantità di variabili per un suo utilizzo “industriale”, che solo il tempo e l’esperienza aiuteranno a fugare. Per questo il materiale non è ordinabile da chiunque, e il suo utilizzo è limitato a un gruppo ristretto di utilizzatori capaci di credere nella

glass decoration tessile, sviluppare un progetto coerente, eseguire le lavorazioni accessorie, applicare il materiale e fornire al progettista e al cliente finale adeguata consulenza sull’uso e sulla manutenzione del materiale applicato. Per questo Lampe Textiles ha creato il programma SAP (Squid Application Partners). Non è poi casuale che a scommettere per primo su questa opportunità sia stato uno dei pionieri italiani della stampa digitale, uno dei

primi a credere nel tessuto come materiale alternativo al PVC e come area di business alternativa alla pubblicità. L’azienda in questione è la lombarda Alpac, fondata e guidata da Mauro Oliva, che già da mesi ha messo a punto una strategia di sviluppo dedicata a Squid. In occasione della Design Week 2019, Alpac ha supportato Filmolux nella realizzazione della Glasshouse of Textiles, una straordinaria installazione di tessuto su vetro a Palazzo Litta.

Squid è pronto per il mercato italiano, e Alpac è il primo SAP Da esploratori e inguaribili curiosi lo avevamo scoperto al FESPA di Amburgo nel 2017, ma a investirci e portarlo in Italia è stata Filmolux, la società del gruppo Neschen che ha nella sua filiale italiana una delle sussidiarie

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eventi L’azienda altoatesina conferma il suo slancio verso il futuro inaugurando un edificio unico, disegnato e realizzato per essere emblema della sua vision

Il nuovo quartier generale Durst è un tributo al digitale e alla fiducia dei clienti di Veronica Pastaro // veronica@densitymedia.com

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intesi di tradizione e innovazione. Nonché la svolta nell’evoluzione da costruttore di macchinari di alta qualità a fornitore di soluzioni di processo integrate. È ciò che rappresenta il nuovo quartier generale di Durst, inaugurato lo scorso 5 aprile sotto i nostri occhi e fiore all’occhiello della sede di Bressanone. La storia di Durst affonda le sue radici all’inizio del secolo scorso, quando i fratelli Julius e Gilbert Durst trasformano la propria passione per la fotografia in un vero e proprio business, con l’invenzione e la produzione artigianale di primordiali apparecchiature fotografiche, tra cui una delle prime macchine per la stampa in serie. Nel successo dell’attività imprenditoriale svolgono un ruolo chiave la fiducia e il supporto economico della famiglia Oberrauch: la combinazione di competenze tecniche e disponibilità di capitale è proficua e nel 1936 viene fondata ufficialmente l’azienda. Nonostante siano trascorsi oltre 80 anni, Durst porta sempre il nome dei suoi fondatori e la proprietà è la medesima: il passaggio alla terza generazione, da Christof

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eventi

‖‖ In alto, i partecipanti all’inaugurazione del nuovo quartier generale di Durst, dello scorso 5 aprile. A destra, gli uffici che affacciano sul giardino sopraelevato, arredati secondo moderne linee di design per il comfort dei collaboratori.

al figlio Harald Oberrauch, è stato completato negli ultimi anni. In contemporanea ha impugnato le redini dell’azienda Christoph Gamper, in qualità di CEO e comproprietario, proprio a suggellare il legame con la famiglia titolare. Un’evoluzione dei vertici che si inserisce nel solco della tradizione ed è espressione di una struttura dirigenziale giovane e di una vision sempre più proiettata all’innovazione, di cui la sede di Durst appena inaugurata è emblema. I valori e il legame con il territorio Oggi tra i leader mondiali nello sviluppo e nella produzione di sistemi di stampa digitale ad alte prestazioni, Durst rappresenta un caso unico: durante la cerimonia di inaugurazione dell’edificio svoltasi nella mattinata, dalle parole del decano della città Albert Pixner, trapela l’impronta etica dell’azienda, che interpreta la tecnologia come uno stru-

mento a servizio dell’uomo e del bene comune. In questa prospettiva, una benedizione particolare invita i presenti a mettere a disposizione della collettività i propri talenti. A rimarcare poi l’appartenenza al tessuto sociale e territoriale, c’è la presenza del sindaco Peter Brunner: non può esimersi dal ringraziare Durst per la sua presenza fedele e costante a Bressanone, dove l’impresa è stata fondata, nonché per la creazione

di competenze e posti di lavoro. In un contesto in cui un numero sempre maggiore di imprenditori percorre la via della delocalizzazione, ci rincuora vedere che c’è chi sceglie di rimanere e investire in infrastrutture d’avanguardia in Italia. Rappresenta poi una curiosità il fatto che il quartier generale sia la rielaborazione di un vecchio progetto per un edificio aziendale dotato di una torre, firmato da Othmar Barth, pioniere dell’architettura moderna in Alto Adige:

gli architetti Patrik Pedò e Juri Pobitzer dello studio bolzanino Monovolume si sono ispirati agli studi di oltre 50 anni fa, realizzando così un’ala galleggiante piatta con una torre a sei piani. Sono le parole di Christof Oberrauch a riconoscere i meriti e a rimettere le persone al centro della giornata di celebrazione: «Ringrazio i numerosi clienti qui presenti. Sono loro che hanno reso possibile questa costruzione, insieme ai nostri ingegneri, che li

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eventi

ascoltano e lavorano per rispondere alle loro necessità, e quindi a ciò che sarà per noi il futuro». L’innovazione che guarda al futuro L’edificio ha un aspetto futuristico. La facciata in metallo verniciato a polvere presenta 850 piccole finestrelle, che si possono illuminare di diversi colori: un design a pixel che rende tributo alla digitalizzazione. Un’allusione ai processi in cui si è specializzata l’azienda: dall’elaborazione digitale dell’immagine, alla stampa.

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Non si tratta però solo di una questione di estetica, bensì del fatto che l’innovazione è parte integrante del DNA di Durst, e qui si gioca la sua capacità di veicolare un’idea e trasmetterla all’esterno. «Soltanto nel 2018 abbiamo investito quasi 20 milioni di euro in ricerca e sviluppo. È la prova del nostro non sentirci mai arrivati, che ci ha spinti per esempio a integrare diverse startup per sviluppare anche la componente software», sottolinea Harald Oberrauch. «Se vuoi che tutto rimanga com’è, devi cambiare tutto».

Dal canto suo, Christoph Gamper aggiunge: «Se siamo arrivati dove siamo è perché moltissime persone in Durst stanno lavorando duramente per realizzare le migliori tecnologie sul mercato». In effetti i numeri parlano chiaro: oltre 700 collaboratori, 295 partner e quasi 20 consociate nel mondo, a cui presto si aggiungerà una filiale in Australia. Tutto concorre all’ispirazione Fra i paesaggi montani del Sudtirolo, la torre del quartier generale di Durst svetta verso il cielo, quasi a

‖‖ In alto, il giardino sopraelevato collega la nuova ala dell’edificio (a destra) e l’ala già destinata alla produzione (a sinistra). Qui sopra, un momento del discorso di Christoph Gamper, CEO di Durst, nella cornice del Durst Campus.

voler contemplare il panorama da prospettive nuove. Si trovano qui, al quarto piano, gli uffici di Gamper e dei suoi collaboratori più stretti, per mantenere elevati i livelli di ispirazione e al tempo stesso ricordare che esistono cime più alte da raggiungere. Al piano superiore, è in allestimento la cosiddetta “war room”, che attende di essere teatro


www.gmgcolor.com

Wherever a color goes it stays that color

La nostra promessa è quella di consentire a tutti gli stampatori di riprodurre sempre risultati prevedibili con un’elevata fedeltà del colore e alta qualità, sia che si tratti di stampa di imballaggi che di stampa commerciale.

Poiché stiamo mantenendo questa promessa da più di 30 anni, le aziende di tutto il mondo si affidano sempre più al software realizzato da GMG.


eventi di battaglie a colpi di idee innovative. Infine l’ultimo piano ospita un piccolo giardino, essenziale, che affaccia direttamente sullo stabilimento produttivo. Per rimanere con i piedi ben piantati per terra. Dalla torre è possibile scorgere un altro angolo di verde, al primo piano, che assolve la funzione di collegamento tra l’ala appena inaugurata e l’area già destinata alla produzione: così guardano verso il “giardino sopraelevato” anche i nuovi uffici, concepiti con ampie vetrate e secondo moderne linee di design, per essere più confortevoli e lasciare ampio spazio alla creatività. In questa suggestiva cornice, si inserisce il Durst Campus, dedicato a eventi formativi per il personale interno e per i clienti. Non è un caso che la scelta della “patrona” a cui dedicare il campus sia caduta su Ada Lovelace, che nel 1842 inventò il primo programma per computer, e per prima intuì l’esistenza di una relazione tra matematica e poesia. In questa sede, dove si apre il pomeriggio, non può che essere Christoph Gamper a fare gli onori di casa: «I Sudtirolesi sono da sempre destinati all’innovazione. Qui lo spirito delle persone le spinge a puntare al meglio. Noi abbiamo trovato i talenti migliori nel Sudtirolo e nel resto del mondo, e li abbiamo portati qui», prosegue il CEO di Durst. «Non abbiamo il permesso di fallire». Simili sforzi sono dedicati ai “Dursters”: «Ci piace definire così una razza rara di clienti, quelli che scelgono Durst

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e rimangono con noi per tutta la vita», spiega Gamper. «Pensando a loro, investiamo le nostre maggiori energie». A conclusione di un’intensa giornata, Durst fa dono a tutti i suoi ospiti di una ricetta per un modello di business di successo orientato al futuro, presentata da Markus Anschober, Managing Partner di IMP. Fra gli ingredienti principali, non mancano l’open innovation, la capacità di pensare in grande, di sviluppare soluzioni disruptive e di strutturare organizzazioni agili incentrate sulle persone. Tutti elementi che Durst ha sempre posto a fondamento del proprio business e di cui il nuovo headquarter è la più evidente espressione. Prima di congedarci da questa incantevole atmosfera, ci concediamo una visita al Customer Experience Center, un’ampia area dimostrativa dove Durst inviterà sempre più spesso i clienti internazionali, per incontrarli in un contesto più intimo e informale rispetto alle fiere. Qui, al piano terra di casa Durst, è possibile scoprire l’intero portfolio di soluzioni per la stampa di grande formato, tessile, e di etichette. A un selezionato gruppo di visitatori, è stata inoltre offerta l’opportunità di apprezzare, in anteprima mondiale, le nuove tecnologie che saranno presentate a FESPA. ‖‖ A sinistra, la hall del nuovo quartier generale di Durst, appena inaugurato. Qui sotto, il Customer Experience Center, dove scoprire l’intero portfolio di soluzioni Durst per la stampa di grande formato, tessile, e di etichette.


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eventi A Dallas, dal 23 al 25 ottobre, andrà in scena la prima edizione di PRINTING United, un’occasione per scoprire le potenzialità della stampa a 360 gradi

Finisce l’era delle fiere “a silos”. Arriva il primo evento che celebra la convergenza

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egli ultimi anni, l’industria della stampa ha assistito a una serie di eventi che non hanno mantenuto la promessa di portare qualcosa di innovativo. Ci sono molti motivi per cui le fiere non fanno più centro, nonostante in passato siano state considerate eventi da non perdere. Tra questi, l’incapacità di adattarsi all’industria: una formula che aveva successo dieci anni fa probabilmente

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oggi non è più adatta. Gli eventi hanno essenzialmente bisogno di guardare al futuro, in quanto le aziende sono in cerca di occasioni che possano aiutarle a crescere. Il fatto è che le fiere “a silos”, dedicate a singoli segmenti di mercato, stanno diventando sempre meno rilevanti. Comprendere l’industria a livello macro è fondamentale per pianificare una fiera di successo. Al tempo stesso, una prospettiva “micro” è altrettanto importante e troppo spesso si

perde nel quadro generale. Cosa si aspettano le singole aziende da un evento? PRINTING United, che lancerà il suo primo evento quest’anno a Dallas, Texas, negli Stati Uniti, dal 23 al 25 ottobre, è una fiera che ha considerato le tendenze del mercato e ha chiesto all’industria il suo contributo.

Speciality Graphic Imaging Association (SGIA), e Mark J. Subers, Presidente di Printing and Packaging della società statunitense di media B2B NAPCO Media, entrambi con opinioni forti e condivise sulla direzione del settore, è nata l’idea di PRINTING United.

La convergenza dei settori

‖‖ In alto, un momento di SGIA Expo 2018. Nella pagina a fianco (in alto), il Kay Bailey Hutchinson Convention Centre, che ospiterà la prima edizione di PRINTING United.

Dopo un entusiastico incontro tra Ford Bowers, CEO di


eventi

Ford Bowers CEO di PRINTING United

“La filosofia di PRINTING United è quella di realizzare un evento che riconosca l’evoluzione del settore e aiuti le aziende ad adattarsi alle nuove tendenze.” Una ricerca incentrata sul mercato USA, commissionata da SGIA in collaborazione con NAPCO, ha avuto lo scopo di determinare il grado di migrazione tra i diversi segmenti. I risultati hanno confermato i punti di vista delle organizzazioni: il 95% degli intervistati ha dichiarato di vedere opportunità di espansione all’interno del proprio settore, mentre il 93% crede che l’espansione si stia verificando nell’industria più in generale. Non si tratta di una tendenza solo degli Stati Uniti: la convergenza si sta verificando in tutti i settori della stampa, ed è indicativo della necessità di più azioni per aiutare le aziende a reagire e a far crescere i loro profitti. La fiera è il successore di SGIA Expo, e ora offre agli espositori l’opportunità di aumentare la propria presenza e di portare all’evento più soluzioni per una vasta gamma di segmenti di mercato, grazie al più ampio raggio d’azione di PRINTING United e alla maggior superficie dei padiglioni. L’industria sembra dar ragione di questa manovra, con più del 90% della superficie espositiva venduta (al momento della scrittura di questo articolo). Espositori come Ricoh e Canon hanno più che raddoppiato il loro stand rispetto a SGIA Expo 2018. Questo campo di applicazione più ampio è naturalmente un reciproco vantag-

gio: i partecipanti possono vedere tutto ciò che riguarda i loro segmenti principali d’interesse ed esplorare opportunità di espansione, tutto sotto lo stesso tetto. Riconoscere l’evoluzione della stampa e sostenere le aziende Ford Bowers, CEO di PRINTING United, spiega: «La filosofia di PRINTING United è quella di realizzare un evento che riconosca l’evoluzione del settore e aiuti le aziende ad adattarsi alle tendenze del mercato, pur rimanendo altamente competitive e redditizie. L’evento offre una nuova prospettiva su ciò che possono ottenere. La vasta gamma di soluzioni in esposizione lo rende il perfetto ‘one-stop shop’, per esplorare le opportunità di migrazione e scoprire come si può trarre profitto da segmenti al di fuori del proprio business primario». Mark J. Subers, Presidente di PRINTING United, aggiunge: «Questa è una fiera che comprende tutti i segmenti, quindi, che tu voglia tenerti aggiornato sulle novità del tuo settore o guardare a ciò che potrebbe essere possibile, PRINTING United può aiutarti a portare il tuo business al livello successivo». La sfida di rimanere competitivi è ovviamente un importante fattore trainante nel passaggio verso la convergenza nel settore, ma

esistono anche più opportunità che mai. La crescita degli investimenti nella stampa digitale sta a indicare che l’ingresso in nuovi segmenti di mercato è sempre più raggiungibile. Anche una prospettiva ottimistica nel settore gioca un ruolo fondamentale. L’ultimo rapporto di drupa sulle tendenze globali, per esempio, mostra che la fiducia nel futuro dell’industria è più alta di quanto sia stata in anni precedenti. Si potrebbe quindi sostenere che è un momento ideale per le aziende per guardare oltre i loro mercati primari, verso nuove potenziali fonti di reddito. Essendo l’unico evento che serve

come base centrale per una così ampia gamma di soluzioni di stampa in Nord America, PRINTING United avrà naturalmente maggiore attrattiva per i mercati statunitense e canadese. Tuttavia, poiché la velocità di sviluppo dei prodotti continua ad aumentare, una fiera annuale che offre l’opportunità di coprire tutti i segmenti in un unico luogo è certamente motivo sufficiente per gli Europei per considerare il viaggio attraverso l’Atlantico, negli anni che intercorrono fra un’edizione di drupa e l’altra. Per maggiori informazioni sull’evento, visita il sito printingunited.com.

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speciale Il retail fisico è in crisi? La svolta è un approccio dinamico, esperienziale e consumer-centric, in cui stampa e decorazione possono giocare un ruolo centrale

Il negozio contemporaneo è emozionale ed educativo, omnicanale e “local” di Francesca Zorzetto // francizorzetto@gmail.com

I

l retail vive una fase di forti contrasti, influenzato da scenari economici ancora incerti e consumatori che si muovono in direzioni diverse. Eppure i brand non smettono di investire nel punto vendita, sperimentare nuovi format, aprire nuovi store e rinnovarne il concept. È in corso un cambio generazionale importante, con i “baby boomers” che vanno in pensione e i millennial

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che diventano i nuovi consumatori da attrarre. Con un numero crescente di nativi digitali, anzitutto i bambini e ragazzi della generazione Z, che si affaccia agli scenari di consumo. Un contesto complesso, ma ricco di opportunità. Il retail fisico affronta un profondo mutamento, ma è in buona salute, perché il punto vendita si conferma il luogo migliore per creare brand awareness e accrescere la cosiddetta “brand equity”.

Monomarca, multimarca, indipendente, GO o GDO, il punto vendita resiste e attrae. Qualcuno obbietterà che molti negozi chiudono, questo è vero, ma le nuove aperture controbilanciano o superano i fallimenti. E anche in un mercato “prudente” come quello italiano, il dinamismo è percepibile. È quindi inevitabile che gli operatori del retail oggi più che mai necessitano di una mappa per orientarsi.

Francesca Zorzetto inizia il suo percorso di consulente e formatrice free-lance nel 2005, dopo una significativa esperienza in azienda. Oggi supporta brand e realtà indipendenti nella presentazione di prodotti e servizi, nello sviluppo di competenze e nella realizzazione, attraverso il visual merchandising, di obiettivi commerciali. Scrive di visual merchandising e retail marketing e nel 2010 è co‑autrice di “Temporary Store: la strategia dell’effimero”. Dal 2014 collabora con Retail Institute Italia e dal 2015 coordina il corso di specializzazione in Visual Merchandising di IED Venezia. Ha fondato il blog milanretailstore.com e organizza “visual tour” tematici a Milano per aziende e addetti ai lavori.


speciale

L’innovazione prescinde da location e dimensione

foto: The IHA Innovation Awards

Avere una mappa, per quanto difficile da disegnare, permette di capire cosa proporre, e a chi. I modelli del retail non sono astrazioni e si devono tradurre in materiali, investimenti e innovazioni. Con alcuni clienti, poi, è necessario vestire i panni dei consulenti a 360 gradi. Proviamo allora a classificare le leve necessarie per attrarre i consumatori. Nel mio lavoro analizzo molti casi di studio, e occupandomi di visual merchandising ho la fortuna di avere una visione trasversale tra settori diversi. Per questo vi propongo, attraverso una breve analisi dei principali cluster, alcune delle leve

che rendono il negozio uno store contemporaneo. Anzitutto, non è una questione di dimensioni o di modello organizzativo. Ho visto molti negozi storici o indipendenti, quindi estranei alle logiche della GDO, capaci di sviluppare soluzioni davvero innovative. Anche senza budget da favola, il piccolo può essere pilota del cambiamento, quindi il mio invito è quello di osservare a 360 gradi, senza precludersi vie alternative. All’estero, in settori come l’Home Furniture e il Food, ci sono innumerevoli punti vendita indipendenti e piccole catene che sono modelli da imitare. I negozi periferici tendono ad organizzare eventi e ripensare gli spazi, favorendo il traffico e la permanenza dei consumatori,

e diventano così store “di destinazione”. Altri, per ampliare il loro bacino geografico dopo aver raggiunto notorietà e visibilità locale, creano un loro e-commerce. Il cliente al centro Ho deciso di proporvi quattro tipologie di cluster, con leve diverse per attrarre e fidelizzare il proprio target, e per ciascuno ho scelto un case study rappresentativo. È importante rilevare che tra cluster diversi c’è un elemento comune, che è una reale “customer centricity”, ovvero mettere il cliente al centro di ogni azione dopo averne analizzato caratteristiche, desideri, bisogni e comportamenti. Perché il consumatore premia

‖‖ Qui sopra, le aree dei punti vendita Petit Bateaux sono caratterizzate da cromie diverse, per orientare il cliente; la comunicazione è immediata e coerente con il target. In basso, lo store di oggettistica per la cucina dell’olandese K’OOK ospita interi weekend di workshop dedicati alla cucina e al cibo (italiano).

chi lo ascolta e gli propone storie ed esperienze. Come ci ricorda il filosofo Zygmunt Bauman: «I consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in un senso secondario e derivato». Proviamo quindi a spostarci dai prodotti e mettiamo in scena negozi “contemporanei”, non solo attuali e aggiornati, ma anche un po’ temporanei, con allestimenti e spazi dinamici. Lo store “emozionale” punta su atmosfera e sensazioni Premesso che le emozioni sono il motore che guida le scelte del consumatore e la sua fedeltà a un marchio, un punto vendita emozionale è caratterizzato dall’uso sapiente dell’atmosfera, dove per atmosfera intendiamo gli elementi relazionali e materiali che coinvolgono i sensi del cliente. Il visual merchandising è una leva, soprattutto per creare un layout facile e leggibile, insieme ad allestimenti in vetrina e in-store che valorizzano il mix merceologico, e guidano in modo facile ed intuitivo il

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speciale ‖‖ Il primo locker di Carrefour Italia presso il Caldera Park di Milano; la stampa digitale è predominante sul punto vendita, e la comunicazione invita a fare la spesa in modo diverso, per conciliare lavoro e vita privata

cliente nel suo percorso. Lo store è accogliente nei materiali e nelle persone, che ne diventano “brand ambassador” e non semplici venditori. Un bellissimo esempio è il negozio aperto lo scorso autunno a Roma (in via Frattina) da Petit Bateau, storico marchio per bambini e non solo. Lo spazio, che ha una superfice di 180 m2, è basato sul concept della “cabane a jeux” sviluppato dallo studio francese Cut Architectures. Lo store si trasforma in un mondo dedicato ai più piccoli e alla loro creatività, dove anche gli adulti possono fare shopping con soddisfazione. Il cuore della boutique è un’area giochi oversize, un mondo magico per i bambini e per gli adulti, e una risorsa per uno shopping rilassato. È presente poi un’area dedicata al ritiro dei capi acquistati online, ideale elemento di “omnicanalità”. Da Petit Bateaux la comunicazione in-store è un punto di forza e si rivolge alternativamente sia gli adulti che ai bambini, entrambi decisori o influenzatori d’acquisto, oltre che fruitori dello spazio di vendita. Per guidare i clienti vengono utilizzati elementi di signage semplici e facilmente decifrabili, che parlano prevalentemente per immagini. Anche il visual merchandising, il layout e la colorazione degli arredi semplifica il percorso e facilita le scelte. Gioco, scoperta e curiosità sono i valori che si sperimentano in boutique.

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Eventi e corsi a tema per uno store “educational” Gli eventi sono una leva importante per creare traffico e aumentare la permanenza. Un palinsesto ben organizzato, che trasmetta l’identità del negozio a target specifici, fortifica la relazione con il consumatore. Eventi e corsi consentono anche a negozi “fuori mano” di trasformarsi in cosiddetti store di destinazione. Organizzare sessioni in cui le persone imparano e interagiscono, in una logica di “edutainment”, è un valore differenziante. Ogni iniziativa, poi, necessita di attività e materiali di comunicazione e promozione dedicati. Inoltre, lo store è incentivato a trovare soluzioni anche temporanee per allestire un’area dedicata alla formazione. Nelle mie ricerche mi sono imbattuta in K’OOK, un negozio (il nome è emblematico) specializzato in oggettistica per la cucina basato a Wormerveer in Olanda. K’OOK, che si è aggiudicato anche un GIA AWARD (il premio internazionale alle innovazioni nel Retail per il segmento Home), organizza eventi e corsi sulla cucina. Tra i punti di forza ci sono interi weekend di workshop dedicati alla cucina italiana, di cui il negozio propone ingredienti base come caffè e olio a proprio marchio. Cucina italiana in Olanda? Non un paradosso, ma un’idea geniale! Nei

Paesi del Nord Europa, l’Italia è sinonimo di buon gusto e convivialità, ed è sorprendente apprendere che la nostra lingua è ormai la quarta più studiata al mondo. K’OOK grazie anche ad una comunicazione molto mirata sui social con food blogger e v-blogger è in grado di raggiungere un’ampia fascia di potenziali clienti. Tutti gli appassionati di cucina italiana in Olanda (o gli espatriati) sono così potenziali clienti di K’OOK, un esempio di negozio contemporaneo e di destinazione. Il messaggio è chiaro: trovate una nuova nicchia di “impallinati” e troverete un filone aureo o – per citare Seth Godin, teorico del “viral marketing” – avrete la vostra autentica “mucca viola”. L’apparente conflitto tra offline e online, quando lo store è “omnicanale” Molti hanno visto nell’e-commerce il tramonto del punto vendita “brick & mortar”, ma non è andata così. Se ben gestita, la coesistenza tra i due format è un’opportunità e non teme la cannibalizzazione. Omnicanalità, infatti, è la parola chiave del presente e del futuro del retail. La sfida è piuttosto quella di assecondare un consumatore onnivoro, il classico millennial (ma non solo), che a mezzanotte si compra un e-book su Amazon, ma al tempo stesso è un assiduo

cliente della piccola libreria iperspecializzata dietro l’angolo. Per ragioni di tempo, disponibilità e convenienza, talvolta acquistiamo online capi di abbigliamento di un brand magari già testato nel “fisico”, sfruttando le opzioni di consegna a casa o in ufficio o in negozio. In questo scenario ci sono i brand nati online, che magari creano un luogo fisico tramite un pop-up store o un temporary store. O viceversa aziende fisiche, che sbarcano online per ampliare i mercati e alleggerire i magazzini. Possibilità infinite, in cui le parole chiave sono integrazione dei canali e studio del comportamento dei consumatori. Un case study interessante arriva da Carrefour, un colosso della GDO. A febbraio 2019 Carrefour Italia ha lanciato il primo locker presso il Caldera Park di Milano, che consente al consumatore di fare la spesa online su carrefour.it e scegliere come punto di ritiro l’opzione locker di via Caldera. Dopo aver pagato e scelto il giorno del ritiro, grazie ad un QR code il cliente può sbloccare il locker e ritirare la spesa dall’armadietto, concepito per ospitare e conservare beni deperibili. Un progetto pilota, parte della strategia di sviluppo “Carrefour 2022”, che sarà declinato su altri punti di ritiro. Interessante è anche la scelta della location, il Caldera Park, un business center che ospita 55 aziende (tra cui Carrefour Italia), su cui gravitano 4.000 impiegati, oltre a fornitori e visitatori. Il luogo e la comunità: lo store “local” Questo è uno dei cluster più interessanti, perché ha mille sfaccettature. In un mondo dominato dai colossi del retail, i consumatori (in testa millennial e generation Z) sono affascinati dai marchi più piccoli e di nicchia, legati al terri-


speciale torio. Il che non significa che un negozio locale non possa conquistare il mondo, Grom docet. Ma torniamo allo store “local”, che ha tre principali caratteristiche. Anzitutto è “local” nel retail design, ovvero recupera l’anima della location anziché pretendere di colonizzare il mondo con un format estetico predefinito. Basti pensare al rinnovato Louis Vuitton di Firenze, dove troviamo ampie tracce del recupero del “Genius loci”. A sua volta The Merchant of Venice, marchio di profumeria di alta gamma, nelle sue boutique sfoggia uno storytelling fortemente ispirato all’arte profumiera veneziana, ma ogni spazio (Roma, Milano, Firenze…) omaggia la città che lo ospita con dettagli unici. Lo store local tende poi a diventare un “community store” un luogo che crea dei legami con il proprio territorio e le sue esigenze. Non parliamo di luoghi di aggregazione politica, ma di negozi aperti al sociale, ad esempio attraverso iniziative di “charity” che sostengono associazioni o cause locali. La terza declinazione è il negozio o prodotto che si ispira fortemente ad un luogo, a un territorio, alle sue abitudini. Nel food & beverage il successo della catena Caffè Napoli, che ha portato il rito del caffè napoletano a Milano, Londra e presto in altre città. In questo cluster resta emblematica la storia di Brandina The Original, la linea di borse, accessori, oggetti made in Italy, realizzata con il tessuto dei lettini da mare. La storia inizia da un libro fotografico pubblicato nel 2004 da Electa Mondadori e dedicato alla Riviera Adriatica. L’autore, Marco Morosini (fotografo e designer) ha utilizzato per le sovracopertine del libro il tessuto di un’icona delle nostre vacanze: il lettino da spiaggia. Il tessuto, oltre alle sue caratteristiche materiali, ha un grande potere evocativo e riporta al mondo affascinante della

Riviera Adriatica degli anni ‘60. Richiami a un mondo vissuto o immaginato, in grado di affascinare in Italia e all’estero. La storia è esaltata, oltre che nelle collezioni, nel concept delle Botteghe Brandina, i negozi monomarca del marchio di design balneare. Grazie a decorazioni, cromie ed elementi iconici (tutti stampati) entrare in una Bottega Brandina vuol dire sentirsi un po’ in vacanza, e trasformare l’esperienza di shopping in viaggio. Il futuro? È pensare out of the box Il mercato è complesso, ma il retail è vivo e dinamico, il consumatore si evolve costantemente ed è

sempre più protagonista nella sua relazione con prodotti e marchi. L’arrivo sulla scena di generazioni iper digitalizzate e ancora imperscrutabili ci riserverà molte sorprese. Greta Thunberg ha 16 anni ed è già un global influencer, è una generazione Z e c’è da chiedersi se la sensibilità al clima, sua e dei suoi coetanei, potrà influenzare il retail. Dobbiamo guardare in grande e lontano, ma anche sotto casa, perché – spero di averlo dimostrato – anche nelle periferie e tra i negozi indipendenti si possono trovare grandi idee e innovazioni. Il mio invito è quello di abbandonare i preconcetti, compresi quelli sull’ecommerce. Omnicanalità vuol dire anche packaging, imballi ed

etichette personalizzate. Si parla del negozio come luogo di eventi e di corsi, il che implica e implicherà sempre più l’utilizzo di materiali POP e stampe di grande formato per delimitare gli spazi. Gli store “local”, magari per accrescere la propria reputazione, commissioneranno gadget, shopping bag speciali, imballi, carte da pacco personalizzate, postcard e brochure emozionali, decorazioni in-store e per le vetrine. In conclusione, lo store contemporaneo è una buona opportunità per tutti. Per questo è importante essere creativi non solo nel progettare e ricercare nuovi materiali in risposta a una domanda esplicita, ma anche nell’intravedere, per primi, queste nuove opportunità.

‖‖ A destra e in alto, nelle Botteghe Brandina la stampa è protagonista, ogni dettaglio riporta alla Riviera Adriatica, al mare. E la “shopping experience” è già viaggio.

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idee per crescere A Milano, la Digital Week 2019 è stata occasione per numerosi spunti e riflessioni. Come si trasforma la relazione fra azienda-cliente? Quali gli effetti delle tecnologie?

Il digitale è un elemento pervasivo in ogni ambito di applicazione del business di Davide Medri // davidemedri.businessconsultant@gmail.com

L

a Digital Week è una manifestazione che si svolge a Milano dal 2018, e tratta a 360 gradi il tema del digitale: del suo impatto, presente e futuro, su tutti gli aspetti della società, quindi anche sul mondo del business. Oltre 500 eventi generano spunti di riflessione, conoscenza, incontri, entusiasmo, e anche tanto ottimismo per un futuro migliore. Puoi vedere dove si andrà nei

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prossimi decenni, quanti lavorano per l’ecosostenibilità, il risparmio energetico, la salute, le telecomunicazioni e tanto altro. Impari che siamo all’interno di una rivoluzione appena iniziata, molto più veloce e pervasiva delle precedenti. I nostri nipoti faranno professioni che oggi non siamo nemmeno in grado di immaginare. Comprendi che tutti a vario titolo siamo immersi nel digitale e, se nella vita privata possiamo anche cerca-

re faticosamente di starne il più possibile alla larga, nel business questo non è più realistico. Basti vedere come e quanto siano già stati rivoluzionati interi settori merceologici. Dall’editoria, al turismo, alla stampa. E appare anche chiaro a chi scrive che stiamo passando, dall’epoca in cui l’uomo creava le macchine e diceva loro cosa fare, all’epoca in cui saranno le macchine a dirci cosa dobbiamo fare. Perché più esperte e affidabili di noi.

Davide Medri è attualmente senior advisor in BIP (Business Integration Partners), con un percorso professionale misto tra marketing, vendite e formazione, sia all’interno di aziende multinazionali che nella libera professione. Tra le esperienze, dieci anni trascorsi nel mondo delle Arti Grafiche e del Digital Printing in HP Indigo e Xerox. Le competenze di Davide coprono due ambiti chiave: quello commerciale (vendite, negoziazione, account management, sales management) e quello della comunicazione interpersonale “allargata” (stili di comunicazione interpersonale, public speaking, coaching, gestione riunioni). In parallelo una passione per la fotografia, praticata e insegnata.


idee per crescere Google, Alexa) sono l’ultima frontiera dell’acquisizione di informazioni nel contesto più personale. Questa rivoluzione digitale tocca tutta la filiera all’interno dell’azienda: dalle ricerche marketing, ai processi produttivi, all’offering, alla customer experience, alla logistica, al service, al CRM, fino alle attività di back-office. I clienti? «Super-empowered consumer» Google

«I dati sono la nuova elettricità» Satya Nadella, CEO di Microsoft Le tecnologie digitali sono mature e affidabili. Possono essere sfruttate da aziende di ogni dimensione e settore, e il volano sta nella loro integrazione. In particolare sono quattro quelle che stanno suscitando maggior interesse nei più disparati ambiti applicativi. • Big data. La possibilità di raccogliere una quantità elevatissima di informazioni da fonti differenti (internet, email, rete satellitare, punti vendita etc.) e di processarli con server sempre più potenti sarà fondamentale per comprendere il cliente e costruire comunicazioni mirate al singolo nel suo contesto (a tal proposito, si veda il box Cross-selling e up-selling). • Intelligenza artificiale e machine learning. L’intelligenza artificiale dopo un primo boom era stata relegata a un ruolo minore per diversi anni. Oggi nuove applicazioni e una crescente potenza di calcolo consentono di avere a disposizione dispositivi che non solo interagiscono con l’ambiente circostante e prendono decisioni (classico esempio la guida assistita), ma sono in grado di apprendere e riprogrammarsi sulla base delle informazioni acquisite.

• Geolocalizzazione (e 5G in arrivo). Il 44% delle ricerche sul web viene effettuato da dispositivi mobili, e il dato è in crescita, secondo i dati forniti da Google). Non solo, tramite dispositivi come Google Assistant, il processo di acquisto sarà guidato fino alla fase finale ricevendo indicazioni dal dispositivo. • Neuromarketing. Le tecnologie di rilevazione degli stati emotivi (face detection, eye-tracking, EMG, skin conduction) consentono di conoscere nel profondo, al di sotto della sfera cosciente, le reazioni dei consumatori, e le loro preferenze d’acquisto. Anche un’azienda operante nel mondo delle arti

grafiche può giovarsene per ottimizzare la realizzazione del suo sito web e del suo materiale promozionale. I grandi player (Google, Amazon, Facebook con Instagram e Whatsup, Apple) stanno convogliando grandi energie per aumentare il tempo medio di utilizzo dei dispositivi online. Sia per popolare i loro database con il maggior numero possibile di informazioni, sia per costruire offerte sempre più personalizzate e coerenti con le caratteristiche e le preferenze dei consumatori. Giochi, applicazioni, promozioni, concorsi sono tutti espedienti per farci restare il più possibile attaccati allo smartphone e interagire. Gli assistenti casalinghi (Hey

Il cliente, sia consumatore finale che aziendale, è sempre più connesso, grazie e a causa delle strategie sopra descritte dei grandi player (si veda il box alla pagina seguente sulle conseguenze dell’uso dello smartphone sulla psiche). Si caratterizza per alcuni aspetti ricorrenti. • Curioso. Si informa e fa comparazioni. Visita il web prima di compiere un acquisto, in media l’80% delle volte. Ha di fronte in tempo reale molteplici possibilità di scelta. • Esigente. Vuole personalizzazioni. Cresce il numero di ricerche che includono “per me” nella richiesta. • Impaziente. Vuole una connessione veloce, risposte immediate e semplificazione di ogni azione. • Si fida in modo selettivo. Se deve valutare un’azienda, si fida più delle dichiarazioni dei

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idee per crescere Cross-selling e up-selling La famosa sezione di Amazon “I clienti che hanno comperato questo prodotto hanno comperato anche….” viene svolta ora in automatico attraverso algoritmi specializzati. Ciò ha portato una crescita considerevole del fatturato. Sono già numerose le aziende nel mondo delle arti grafiche che artico-

lano la loro proposta commerciale online suggerendo accessori, finiture (up-selling) o prodotti complementari (cross-selling). Il suggerimento in funzione del comportamento di altri consumatori può essere una ulteriore spinta all’incremento dell’importo dell’acquisto medio.

Quali conseguenze ha l’uso dello smartphone sulla psiche Una serie di studi recenti ha messo in luce in modo scientifico alcuni effetti derivanti dall’utilizzo dello smartphone, che sono già palesi nel comportamento delle persone, come dipendenza, minore disponibilità all’attesa e capacità di focalizzazione ridipendenti che della comunicazione della stessa. Per valutare un prodotto o un servizio consulta forum e recensioni online. • Segue un percorso d’acquisto complesso, nel quale entrano a far parte tutti gli elementi della filiera: sito web, logistica, sistemi di pagamento etc. e che si può interrompere in un attimo per uno di questi fattori. Se per esempio, volendo modificare la mia scelta una volta arrivato al carrello, facessi fatica a tornare indietro, potrebbe rinunciare ad acquistare. • Utilizza strumenti come Google Lens, Google Assistant e Alexa per comunicare con il web. «Senza dati, sei solo un’altra persona con un’opinione» W. Edwards Deming A fronte degli elementi sopra descritti, le aziende hanno davanti uno scenario molto sfidante, ma ricco di opportunità. Queste sono le principali linee guida.

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dotta. Da un punto di vista aziendale questo significa che il cliente deve essere attratto in modo veloce, chiaro, sintetico e con un processo fluido, che gli impedisca di distrarsi e di trovare ostacoli nel suo percorso di selezione e di acquisto. • Il digital marketing è sempre più al centro non solo delle strategie commerciali, ma anche complessive dell’azienda. Nel momento in cui si decide di “immergersi” nel digitale, bisogna ripensare tutto, e non certo limitarsi ad avere un bel sito. • La presenza online comporta l’utilizzo integrato e coerente di una varietà di strumenti: e-mail, Google (SEO e SEM), social network, dispositivi mobili, sito aziendale, geolocalizzazione. L’imperativo diventa: «La persona giusta, al momento giusto, con il messaggio giusto». • I dati acquisiti devono essere sistematizzati e andare a costruire la Customer data platform, dove clienti e prospect saranno profilati secondo: identità, preferenze, azioni compiute. Un CRM efficiente svolge una funzione cruciale. • Le azioni di marketing dovranno essere supportate da una serie di strumenti di raccolta e

utilizzo dei dati coerenti con le offerte commerciali. • Velocità e snellezza. Tutte le operazioni svolte sul web devono essere all’insegna della rapidità e della semplicità. Una considerevole parte dei processi di acquisto si interrompe quando il cliente trova difficoltà nel procedere. La logistica deve essere coerente con il resto dei processi. • Analytics. Il digitale presenta il grande vantaggio di poter misurare qualsiasi operazione. In termini di redemption delle azioni, revenue, costo campagna, comportamento dei clienti e tanto altro. L’analisi e l’interpretazione dei dati sono fondamentali per dirigere le strategie e le decisioni aziendali. • Investimenti. Tutte le operazioni devono essere supportate da attrezzature proporzionate al livello di servizio promesso, e gestite da risorse dotate della competenza adeguata. L’epoca delle soluzioni “fatte in casa” è definitivamente terminata.

«Il tuo brand è ciò che dicono di te dopo che sei uscito dalla stanza» Jeff Bezos, fondatore di Amazon Un tema a parte è quello della reputazione. Se l’azienda è presente sul web, dovrebbe dedicare una sezione del sito alle testimonianze degli utenti, seguire con attenzione eventuali commenti e recensioni sui forum tematici e far sentire la sua presenza. Avere una pagina Facebook e un account LinkedIn, e popolarli assiduamente di contenuti per migliorare la sua visibilità. Sicuramente occorre una risorsa parzialmente o interamente dedicata a questa attività. La quantità e la varietà degli strumenti offerti dalla trasformazione digitale aprono grandi opportunità alle aziende per ampliare i propri mercati su scala globale, servire meglio i clienti e fidelizzarli. Rappresentano però anche una minaccia, nel momento in cui se ne trascura l’importanza, o se ne fa un utilizzo scorretto o superficiale.


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