Italia Ornitologica - 10 - 2020

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVI numero 10 2020

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Didattica & Cultura

Il Diamante guttato

Lancashire, sempre in crescita

Il Melado TinerfeĂąo

La Quaglia nella pittura tra il XV e il XVII secolo



ANNO XLVI NUMERO 10 2020

sommario 3 5 9 13 17

Editoriale Gennaro Iannuccilli

Il Diamante guttato Francesco Faggiano

L’udito Giovanni Canali Lancashire, sempre in crescita Pier Pastorino

Il Melado Tinerfeño Giuseppe Nastasi

Genetica diretta ed indiretta: riflessioni Bruno Ginda e Emilio Sabatino

Per Alfio Valdarnini un prestigioso riconoscimento Francesco Rossini

L’importanza dello spazio e del territorio negli uccelli Pier Franco Spada

Fabrizio Silvano Roberto Basso

Il Benacus, nuova razza di canarino arricciato Luigi Bustaffa, Pietro Peluso e Antonio Strazzer

Orni-flash News al volo dal web e non solo

Estrildidi Fringillidi Ibridi

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39 41 43 47 51 54

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Canarini di Forma e Posizione Arricciati

La Quaglia nella pittura tra il XV e il XVII secolo Ivano Mortaruolo

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

Lizard, antichità vivente Antonio Di Tillio

Pagina aperta Argomenti a tema

Il collezionismo ornitologico (2ª parte) Francesco Badalamenti AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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Photo Show

Didattica & Cultura

Il farinello comune Pierluigi Mengacci

Lettere in Redazione Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 16 luglio 2020

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Maurizio Manzoni, Francesco Rossini

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Commissione Salute, Benessere animale e Ricerca Scientifica: Elena Circella, Giuseppe Marruchella, Gianluca Todisco

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Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani

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Inoltro postale in Italia: Effezeta srl Via Amilcare Mazzocchi, 36 - 29122 Piacenza

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 10 - 2020 è stato licenziato per la stampa il 28/09/2020



Editoriale A volte le immagini raccontano molto più delle parole: è il caso di quanto avvenuto in occasione dell’Assemblea annuale delle Associazioni F.O.I. svoltasi a Chianciano Terme il 6 Settembre 2020, voluta fortemente dal Presidente e da tutto il Consiglio Direttivo, dopo il forzato rinvio dello scorso Aprile a causa del lockdown in atto in tutto il Paese. L’esigenza di riunirsi non è stata solo dettata dal dover necessariamente sviluppare i tanti punti all’ordine del giorno, bensì dal desiderio di poterci finalmente incontrare in presenza, seppur con l’attenta osservanza delle disposizioni di prevenzione dovute all’emergenza sanitaria. Crediamo che la sequenza di scatti fotografici che qui pubblichiamo in una sorta di “galleria emozionale”, possa far ben comprendere gli stati d’animo dei tanti partecipanti. Grazie a tutti coloro che ci sono stati e a coloro che, pur avendo voluto, non hanno potuto essere con noi… con la speranza di ritrovarci presto – e più numerosi – in situazioni di normalità che appaiono, ad oggi, ancora non ben delineate all’orizzonte. GENNARO IANNUCCILLI


Editoriale


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Diamante guttato Ricordi, allevamento e selezione di FRANCESCO FAGGIANO, foto GIORGIO DELLE DONNE

Introduzione Tra i ricordi più lontani delle mie esperienze d’allevamento ritrovo un episodio il cui protagonista fu il D. guttato, uno degli Estrildidi australiani a me più caro. Episodio legato un po’ alla fortuna del principiante, che vede la realizzazione dei miei primi due ibridi di D. guttato x D. mandarino, nati nell’estate del 1991 in una volieretta cilindrica sistemata tra i fiori di una lantana, dove l’anno precedente avevo svezzato in purezza, tra mille difficoltà, due Cordon blu. La coppia formata dal maschio di DM e la femmina di guttato era stata alloggiata per tutta la primavera nel piccolo locale d’allevamento che mio padre aveva realizzato (come grazie a Dio ancor oggi ha la forza di continuare a fare per me). Probabilmente a causa della stufetta e della luce artificiale mal gestita, i soggetti non avevano accennato alcun segno di estro, per cui a fine maggio decisi di metterli a riposo in questa voliera esterna dove era rimasto un nido a pera in vimini, utilizzato dai Cordon blu l’anno precedente, e che avevo lasciato come riparo notturno. Ben presto l’ambiente favorevole indusse l’estro nel maschio che col suo tipico richiamo, o meglio display nuziale, si proponeva alla compagna, non altrettanto solerte. Arrivò poi giugno e per potermi permettere l’acquisto di altri esemplari nelle mostre autunnali, mi ero trovato un lavoro estivo che però mi obbligava ad allontanarmi per due settimane consecutive da casa e dall’aviario... una vera tragedia perché la coppia aveva fatto il nido e si accingeva a deporre e proprio il giorno della mia

Il Diamante guttato è stato presente con alterne fortune nel mio aviario, regalandomi anche l’orgoglio di ottenere con 95 punti il “Best Ibridi” a Reggio Emilia

partenza depose il primo uovo! Le due settimane passarono veloci tra la fatica del lavoro e le “notti brave”, imperdibili per un adolescente, cosi 16 giorni dopo tornai a casa per un solo pomeriggio e quasi non ci credetti quando, ispezionando il nido, vi trovai due piccoli appena schiusi! Ebbi il tempo di sperare che li portassero a svezzamento, confidando nel maschio di mandarino, e ripartii per altre due settimane, chiedendo ad un mio amico di passare da casa di lì a sei

Pulli di pochi giorni di guttato falso opale

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Piccoli di guttato falso opale a lipocromo giallo

giorni per provare ad anellarli, nell’eventualità fossero stati allevati... Fine della storia: nel mese di novembre uno dei due soggetti si aggiudicò il titolo di campione di razza nella mostra della mia amata AOS. Da quel momento, il Diamante guttato è stato presente con alterne fortune nel mio aviario, regalandomi anche l’orgoglio di ottenere con 95 punti il “Best Ibridi” a Reggio Emilia con l’ibrido di Padda x guttato; per questo mi sento di consigliare a tutti gli appassionati di “australiani” questa splendida specie capace di dare grandi soddisfazioni, tanto in selezione quanto in ibridazione. Ecco perché ora che non li allevo più seguo con piacere i successi del giovane ed entusiasta Giorgio Delle Donne, che mi delizia con i suoi successi. Descrizione Il Diamante guttato è una specie caratterizzata da due elementi fenotipici principali che sono la base della sua selezione: la struttura e i disegni. Per questa specie è difatti richiesta una struttura notevole, con taglia superiore ai 12,5 cm, testa larga di base trapezoidale, petto largo e tondeggiante,

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Piccoli a fenotipo classico

spalle larghe e schiena dritta che termina con una coda corta e squadrata. Il ventre deve essere ben sollevato dal posatoio e la posizione allo stesso è richiesta tendenzialmente verticale. Si è soliti paragonare il Diamante guttato al Ciuffolotto europeo per similitudini nella struttura, ricordando però che nel guttato ali e coda sono corte! I disegni precisi e geometrici aiutano nel complesso il realizzarsi di un’immagine compatta e possente che esprime vigore e forza. Dal becco verso l’occhio, il quale presenta un evidente cerchio perioculare realizzato grazie alla carnosità delle palpebre dello stesso colore lipocromo del becco, distinguiamo le redini di forma rettangolare che, dall’attaccatura del becco, arrivano e circondano l’occhio; devono essere simmetriche, precise e di un bel nero pieno. Abbiamo poi la bavetta, di colore bianco che dal mento arriva al petto dove stacca nettamente sulla banda pettorale nera, larga e precisa che separa quest’ultimo dal ventre candido su cui lateralmente troviamo il disegno dei fianchi, idealmente un rettangolo nero

ornato da file regolari di grandi pallini bianchi che devono essere assolutamente tondeggianti. È importante un confine netto tra il grigio bluastro della testa e il dorso brunastro che termina con il vistoso e brillante groppone scarlatto. Sulle piume del codione, il lipocromo rosso è caratteristicamente stratificato su lamelle cornee, che ci indicano queste piume ornamentali, un po’ come per la maschera del Diamante di Gould. Meno evidenti ma tipici della specie sono i calzoni neri che poco si allungano sui fianchi. Il becco del guttato deve essere corto, conico e di un bel colore violaceo per la commistura tra lipocromo, circolazione sanguigna e melanina. Spesso la base è leggermente più chiara, pur essendo questo un difetto; se non eccessivamente evidente, questa schiarita è tollerabile. E’ importante nella selezione del fenotipo ricordare che i colori dei vari distretti sono netti e non inquinati tra loro: in particolare, la bavetta deve essere più candida e netta possibile, la banda pettorale deve avere la linea di margine superiore e inferiore dritta e regolare, i pallini devono essere ordinati su almeno due file ed


essere candidi. Il Diamante guttato tende alla pinguedine, dunque sarà attenzione dell’allevatore evitare che i soggetti ingrassino e soprattutto che accumulino enormi cuscinetti di grasso sul petto e sul ventre, che non solo imbruttiscono la sagoma dei soggetti, ma ne compromettono la salute. Il Diamante guttato è un granivoro longevo e prolifico se ben gestito come spazi e razione alimentare, quindi non farlo ingrassare è la prima delle sue esigenze. Mutazioni Pur essendo una specie abbastanza diffusa, soprattutto nei Paesi del nord Europa, attualmente ha evidenziato in modo stabile veramente poche mutazioni fenotipiche a suo carico, di cui in primis la classica mutazione bruno sessolegato, che si fa però fatica a selezionare in modo eccellente a causa della base eumelanica molto ossidata dell’ancestrale, che evidentemente non permette di tradurre in eu-bruna e soprattutto in feomelanina il potenziale melanico degli esemplari, i quali si presentano spesso più di colore “isabellino” che bruno. Va evidenziato come il fenotipo classico realizzi un deposito feomelanico minimo, che ci indica un’impossibilità di espressione di notevoli toni marroni. Altra mutazione presente ormai da quasi trent’anni anche nel nostro Paese e di cui solo recentemente si è avuta un’idea attendibile di cosa potrebbe realmente essere, è il “falso opale”, detto anche semplicemente opale o argento. In realtà, pare che questa varietà in ibridazione con il DM feo (che poi feo non è...) abbia prodotto un ibrido mutato. Tale informazione, seppur attendibile, non è stata però ancora confermata da successivi tentativi. Sostanzialmente questa mutazione, che ribadisco non essere un opale, produce un fenotipo che nel complesso è certamente assimilabile ad un opale, ma con differenze importanti, prima tra le quali l’evidente dislocazione superficiale delle melanine e la loro disomogenea distribuzione, che soprattutto nel dorso realizza spesso uno sgradevole effetto marmorizzato; poi manca l’effetto rifrattivo, che di contro apprezziamo in ottimi esemplari interessati dall’opale tanto

Diamante guttato, particolare del groppone e della coda corta

nel Padda quanto nel Becco d’argento. Comunque, il primo vero indizio che non sia un opale ma una strana forma di feomelanismo, è dato dal colore rosso degli occhi nei piccoli. Come riferimenti selettivi è fondamentale ricercare l’uniformità dell’espressione melanica grigio perla che deve garantire l’evidenziarsi di tutti i disegni della specie su di un fondo grigio perlaceo e non bianco o beige. È importante ricordare, in effetti, che questa mutazione, che permette un residuo eumelanico grigio, non deve portare, se ben selezionata, alla cancellazione di nessun disegno! Ovviamente le aree interessate da lipocromo come becco, palpebre e codione presenteranno una tonalità appena più chiara ma comunque intensa e brillante del lipocromo. Le zampe non devono essere interessate da schiarimento e devono presentarsi melanizzate. Come per altri Estrildidi, nel guttato è fissata con successo la mutazione a “lipocromo giallo”, nome assolutamente improprio perché oggi

Nidiata di Diamante guttato falso opale

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sappiamo che questo fenomeno in tutti gli uccelli è dato da una mutazione del grado di ossidazione delle molecole lipoidi rosse che così appaiono arancio, quindi il viraggio del colore non è di tipo quantitativo, legato alla sua diluizione (riduzione della quantità) o carenza del pigmento come nell’avorio, ma ad una modifica della sua qualità! Ovviamente becco, palpebre e codione dovranno presentarsi dello stesso brillante e intenso arancio. Sulla base classica (leggi nerobruno), anche se non è facile capirne il perché e soprattutto lo riesce a notare solo chi veramente conosce bene la specie, la mutazione “lipocromo giallo” determina una leggerissima riduzione anche del fondo melanico bruno, di cui non ci spieghiamo il motivo. Molto belli sono gli esemplari combinati, quali i bruno a lipocromo giallo e i “falsi opale” a lipocromo giallo, combinazione, quest’ultima, davvero gradevole, dove le tonalità grigio perla delle melanine vengono esaltate dal lipocromo arancio brillante. Si suppone infine che quei soggetti particolarmente schiariti, dove i disegni appena percettibili sono dati da un estremo residuo di melanina beige, siano la combinazione tra il bruno ed il “falso opale”, teoria interessante e potenzialmente corretta di cui però nuovamente, ad oggi, non abbiamo riscontri certi. Concludendo questa veloce carrellata sulle mutazioni di colore del guttato, voglio ricordare la varietà “alichiare” che

Diamante guttato falso opale a lipocromo giallo

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probabilmente era un topazio, oggi purtroppo ufficialmente estinta. Ornicoltura Il guttato è un granivoro il cui temperamento e la cui tendenza alla pinguedine obbligano l’allevatore ad alloggiarlo in gabbie spaziose, o meglio volierette, dove con il movimento brucerà più calorie e scaricherà le tensioni anche con attività di arricchimento ambientale come il bagno, che non deve mancare, spighe immature, qualche tarma ecc. In una voliera capiente si hanno anche buoni risultati con l’allevamento in purezza, ma anche in questo caso, come nel Diamante di Gould, i piccoli non raggiungono le richieste strutture fisiche per via di un’alimentazione più magra e soprattutto quantitativamente inferiore rispetto a quella che i Passeri del Giappone garantiscono. Al misto esotici è bene aggiungere una parte di scagliola e una di panico, entrambi semi ben appetiti da questa specie; un pastoncino morbido e costanti integrazioni di sali minerali e calcio sono importanti al mantenimento in salute dei soggetti. Per gli esemplari che avessero accumulato grasso sul petto e/o sull’addome, un metodo efficace di dimagrimento consiste nel togliere le mangiatoie ogni giorno dal pomeriggio all’indomani mattina, lasciando a disposizione la sola acqua. Il prolungato digiuno determinerà la desiderata perdita di peso entro

7-10 giorni, riportando in forma i soggetti che, se grassi, difficilmente si riprodurranno con successo. L’estro anche in questi Estrildidi è determinato dall’abbondanza di cibo proteico e non tanto da grassi, a cui si associa lo stimolo della preparazione del nido, per il quale suggerisco la cassetta per gli ondulati di colore e la fibra di cocco, oltre che il bagno quotidiano. La femmina in buone condizioni di salute depone fino a 7-8 grosse uova per covata, con un massimo di 4 covate consecutive, in cui però non sempre abbiamo elevati tassi di fertilità. I Passeri del Giappone sono ottime balie ma, viste le dimensioni e l’esigenza di raggiungere taglie notevoli, intervenire con un paio di imbeccate a base di pappa proteica è un’attenzione utilissima. Anche durante la muta, il bagno quotidiano è fondamentale come antistress e per sviluppare un piumaggio corretto. E’ consigliabile evitare gli affollamenti e ancor meglio alloggiare in stormi misti i novelli, per evitare liti e deplumazione. Infine, in ibridazione è possibile, a seconda del partner, utilizzare sia il guttato maschio che la femmina senza alcun problema, considerando che attualmente il guttato è uno degli Estrildidi australiani che ha dato più ibridi in assoluto, tanto con le Lonchure, Padda compreso, quanto con altri australiani, fino ad arrivare a ibridi estremi come quello con il Fetonte e addirittura l’Amaranto del Senegal, per dare tanto spazio alla fantasia!

Ibrido di Diamante guttato x Padda


DIDATTICA & CULTURA

L’udito

Le cosiddette orecchie dei gufi non sono orecchie

di GIOVANNI CANALI, foto: WIKIPEDIA e G. MARSON

I

sensi degli uccelli sono più o meno sviluppati, talora molto, con diversità fra le diverse specie. La vista è uno dei più sviluppati e studiati. Tuttavia anche l’udito è di rilievo e merita osservazioni. Tralascio dettagli anatomici dell’orecchio, per i quali ci sono testi dettagliati, come pure quelli che vado a citare. Sui sensi degli uccelli mi sento di raccomandare il testo di Tim Birkhead “I sensi degli uccelli”, ed. Ricca, Roma, 2017 - traduzione di Marco Gustin e Alessandra Lombini - ed altri della letteratura fondamentale come “Il mondo degli uccelli” di Gianfranco Bologna, ed. Arnoldo Mondadori, Milano, 1976. Le nozioni di base mi erano già note, ma molte altre le ho apprese dal citato testo di Birkhead, molto dettagliato oltre che di piacevole lettura e a cui faccio ampi riferimenti, secondo il quale la maggior parte degli uccelli è in grado di udire frequenze sonore fra 05 e 6 kHz (la k sta per 1000, vale a dire che equivale a 500 e 6000 hertz). Per confronto, noi li percepiamo tra i 16 e i 20.000 hertz e il cane avverte suoni di frequenze fino a 40.000 - 46.000 hertz. Si badi però che certe frequenze sono udite meglio dagli uccelli. Fra i campioni dell’udito vi sono i rapaci notturni, gli Strigiformi. Anche il Bologna mette in evidenza l’udito dei rapaci notturni e ne individua la migliore acuità uditiva fra i 2000 ed i 4000 hertz. La ragione è ovvia: devono sentire i rumori, anche quelli minimi, che producono le loro prede in un ambiente buio. Fra l’altro gufi e civette sono molto sensibili agli acuti richiami dei roditori loro prede. Sappiamo che le cosiddette orecchie dei gufi non sono orecchie e non agevolano l’udito; ma sono solo ciuffetti di penne di ornamento, forse con funzione di

riconoscimento di specie o di finte armi. Diverso è il caso del disco facciale ben evidente in barbagianni e allocchi, che funziona come una parabola di penne che dirigono i suoni verso gli orecchi, che negli strigiformi sono fortemente asimmetrici, poiché uno si apre più in alto ed uno più in basso. Questa asimmetria favorisce la percezione e la loca-

lizzazione del punto di emissione dei rumori. È stato infatti sperimentalmente dimostrato che il barbagianni si orienta grazie ai suoni ed è in grado di localizzare le prede in movimento anche al buio completo artificialmente creato, quando conosce le caratteristiche della stanza. Altrimenti è incerto e rischia di sbattere contro gli ostacoli di cui non

Allocco della Lapponia (Strix nebulosa), fonte: wikipedia.org, autore: Peterkz

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conosce l’esistenza. L’allocco di Lapponia riesce addirittura a sentire i movimenti delle prede non visibili sotto la neve, grazie alle orecchie molto grandi e molto complesse, protette da una pelle mobile e schermate da penne particolari, che affondano nella sovrabbondanza di circa dieci centimetri di piumaggio che ingrossano molto l’aspetto della testa, come anche ci descrive in una sua suggestiva osservazione alla mano Birkhead. Si segnala ampiamente in letteratura la possibilità caratteristica degli Strigiformi di associare all’udito la vista acutissima, per controllare l’ambiente, e la capacità di ruotare solo la testa di 270 gradi, vale a dire 135 per parte, pur rimanendo fermi col corpo, quindi meno visibili a prede e predatori. Eccetto le poche specie con testa nuda, come le faraone o certi avvoltoi, gli uccelli hanno penne sulle orecchie – spesso più lucide per la loro struttura particolare – che le proteggono pur consentendo di udire. È una struttura molto importante per gli uccelli legati all’acqua, per evitarne l’ingresso. Un altro aspetto interessantissimo è

Barbagianni (Tyto alba), fonte: wikipedia.org, autore: Stevie B

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che gli uccelli sentono differenze minime fra i richiami dei consimili: è noto che gli storni sanno riconoscere il singolo individuo. Sotto questo aspetto una campionessa è l’uria, che è in grado di distinguere i richiami dei suoi pulcini (che a loro volta identificano i genitori) anche in mezzo al frastuono e al nutrito coro di richiami della colonia. È stato sperimentalmente accertato che il guaciaro, una specie di caprimulgo messicano, presenta la particolare capacità di orientarsi in grotte buie captando con l’udito gli echi dei suoi richiami a bassa frequenza, che rimbalzano dalle pareti e dagli ostacoli, utilizzando una sorta di sonar simile a quello di certi mammiferi, come i delfini e i pipistrelli, che però emettono segnali a frequenze più alte, schiocchi e squittii solo in parte udibili per l’uomo. Con i loro ecoscandagli biologici a onde della frequenza di 50.000 hertz, alcune specie (come il pipistrello pescatore Noctilio leporinus) riescono a percepire, dalla distanza di una decina di metri, perfino le piccole increspature della superficie dell’acqua, che rivelano l’affiorare

del pesce o della rana, mentre quelle notturne che si nutrono di insetti volanti, come il ferro di cavallo (Rhinolophus ferrumequinum), possono misurare la velocità relativa del loro volo rispetto a quella della preda tramite l’effetto Doppler e identificare l’eco di fili anche di piccolissimo spessore. In modo analogo si destreggiano al buio certi rondoni asiatici, le salangane, che nidificano in grotte ed i cui nidi (fatti di muco) sono utilizzati dalla cucina cinese. Non tutte le specie hanno le stesse capacità uditive; per esempio, pare che il grido di allarme ad alta frequenza di alcuni uccelli canori non sia avvertibile dal rapace loro predatore, meno sensibile a quelle frequenze, che ha quindi difficoltà a rilevare la loro presenza e a localizzarli. Va pure detto che nel canto degli uccelli sono contenute frequenze non udibili dall’uomo ma che forse sono udite dagli uccelli. Birkhead si chiede se il canto ci sembrerebbe meno melodioso ed affascinante se lo udissimo interamente, ed umilmente me lo chiedo anch’io. In effetti, l’orecchio umano ha difficoltà crescente a percepire, come distinti, suoni diversi man mano che l’intervallo tra loro si riduce avvicinandosi al decimo di secondo. I canti degli uccelli contengono però elementi che si susseguono ad intervalli molto più brevi e secondo alcuni studi sembra molto probabile che, sotto questo aspetto, l’udito degli uccelli sia molto più ricettivo di quello umano e che recepiscano i suoni in modo diverso. A questo proposito, il canarino è un uccello canoro di notevole interesse e spesso è citato da Birkhead, che è autore del testo “THE RED CANARY” copyright 2003 Tim BirKhead. Del resto, oltre ad essere altamente canoro, il canarino è animale domestico molto frequentemente allevato e quindi facilmente studiabile, senza contare che esistono anche razze da canto virtuose. Il canto del canarino è fra i 2 o 3 kHz e comprende parti che a noi umani sfuggono. Birkhead cita un aspetto particolare, detto “sillaba sexy”, fatta di elementi ad alta e bassa frequenza in rapida successione, circa 17 volte al secondo, che a noi sembra solo un trillo continuo. Questa sillaba, invece, pare sia ben percepita dalle femmine, le


quali - se tutto quadra - si predispongono all’accoppiamento. È noto l’atteggiamento di invito della femmina quando fa il “seggiolino” come si dice nel nostro gergo, almeno in quel di Parma (al scrané - scritto come si legge). Ho più volte notato come nel canarino si possano individuare diversi tipi di canto, che hanno funzioni e significati differenti. Esiste un canto di sfida territoriale fra maschi che si fronteggiano, poi vi è il canto di corteggiamento, di cui sopra, quando il maschio si esibisce verso una femmina, poi direi un canto ludico, fatto per il piacere di cantare, che probabilmente è quello che selezionano gli allevatori di canarini da canto. In effetti, durante le gare i cantori non devono vedersi e le gabbiette sono schermate o poste una sopra l’altra e di femmine nei paraggi non ce ne sono. Sarebbe interessante valutare bene le note che differenziano questi canti, almeno quelle percepite, ma è operazione non facile, che io non sono in grado di fare adeguatamente; spero in qualche volenteroso cultore del canto. Ritengo probabile che i canti suddetti, che sono già diversi al nostro orecchio, a quello del canarino lo siano molto di più e che quindi possano stimolare nei consimili reazioni ben diverse, dal timore alla seduzione. A livello di allevamento, vista la sensibilità dell’udito dei nostri amici pennuti, è bene, nei limiti del possibile, evitare ambienti molto rumorosi. Anche noi stessi sarebbe bene evitassimo rumori violenti e improvvisi. Cosa diversa la

Harzer roller, fonte: wikipedia.org, autore: Stevie B

radio che pare favorire il canto, ma senza esagerazioni e solo in nostra presenza. I parrocchetti sono sensibili alla musica (come le otarie) e ne segnano “danzando” il ritmo ma, oltre ai mammiferi e agli uccelli cantori in genere, moltissimi altri animali come grilli, rane, rospi e raganelle, ecc. comunicano con suoni diversi e hanno quindi organi capaci di percepirli. Le frequenze sonore di questi segnali sono connesse anche alla distanza a cui devono arrivare: bassissime (infrasuoni) degli elefanti che comunicano a distanza di chilometri; relativamente basse per i rapaci che cacciano dal cielo, richiami squillanti degli uccelli che vivono nel bosco, acuti nei nidiacei. Le onde sonore a bassa frequenza percorrono maggiori distanze e subiscono

meno l’attenuazione da parte degli ostacoli; le onde ad alta frequenza sono invece fermate e riflesse dagli ostacoli e arrivano meno lontano. Sarebbe questa la ragione evolutiva per cui i piccoli di moltissime specie emettono pigolii, squittii e richiami ad alta frequenza per chiedere soccorso o per segnalare la loro posizione ai genitori, evitando così di essere uditi dai predatori o da conspecifici estranei non sempre benevoli che si trovino nelle vicinanze (Giuliano e M. Maddalena Ferrari, Bestie da guerra, ed. Albatros, Roma, 2012 - testo interessantissimo e particolarissimo ove si fa una disamina di tutti gli animali usati in guerra, che sono molto più di quelli noti, e con grande competenza). Anche i nostri bambini, peraltro, hanno voce più acuta degli adulti…

Canarini Malinois in voliera, foto: G. Marson

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Lancashire, sempre in crescita di PIER PASTORINO

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l Lancashire, sicuramente il re dei canarini di forma e posizione lisci nonché il padre di tutti i ciuffati, una razza che negli scorsi anni avevamo quasi totalmente perso, ma che la testardaggine e la passione di pochi hanno preservato fino a noi e la passione di altri ha fatto di tutto per ricreare. Alcune linee genetiche pure si sono mantenute a stento fino ad un certo punto grazie a pochi allevatori inglesi, italiani, belgi, tedeschi e olandesi. Fortunatamente, gli allevatori hanno ripreso interesse verso questa splendida razza e probabilmente la difficoltà di reperimento di soggetti o la presun-

Fig. 1 - Standard Coppy

Gli allevatori hanno ripreso interesse verso questa splendida razza

tuosa idea di una facile ricostruzione da parte di alcuni allevatori, hanno portato a vari tentativi di ricrearla utilizzando i meticciamenti tra i suoi discendenti più illustri, il Crest e lo York. Successivamente, nel tentativo di velocizzare una presunta selezione e/o per sfruttarne le dimensioni, a questi si sono aggiunti il Bernois, l’Arricciato Padovano e l’Arricciato Gigante Italiano. Questi inopportuni meticciamenti, insieme a errate informazioni come la taglia a 23 cm., hanno portato una serie di difetti e tare nella razza (la taglia è stata correttamente riportata alla misura tradizionale di 21 cm. in occasione della riunione C.O.M.-O.M.J. di Cervia 2018, grazie ad una mozione congiunta presentata alla C.O.M. da parte di Gran Bretagna ed Italia) Alcuni esempi sono: le arricciature sul ventre (gene molto difficile da eradicare in quanto dominante), i ciuffi tondi non a ferro di cavallo che sorpassano la punta del becco e che somigliano fin troppo più al ciuffo del Crest, le penne di gallo che questa razza non ha mai avuto e che non sono mai state ammesse ma che per un refuso di stampa, oggi corretto, risultavano ammesse sulle schede giudizio C.O.M. di molti Paesi. Non ultimi, come difetti sono comparsi: il blocco testa spalle, la

coscia troppo evidente, la coda alzata e lo zampettio, caratteristiche tipiche dello York. In Italia il Club, per stimolare gli allevatori a migliorare i piumaggi e le forme con la semplice selezione, ha fatto e sta facendo una campagna contro il meticciamento e nel 2016 ha inserito e richiesto alla sua Federazione di inserire le categorie degli intensi (piuma stretta e ruvida, carica di lipocromo). Da allora si è visto un notevole aumento della presenza di Lancashire intensi, ma soprattutto di canarini con piumaggio più compatto, per intenderci quelli che erroneamente vengo-

Fig. 2 - Standard Plainhead

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Fig. 3 - Attuale scala valori F.O.I.

Fig. 4 - Nuova scala valori F.O.I.

no da tanti chiamati semi-intensi ed esposti generalmente, con qualche dubbio, nelle categorie degli intensi e che hanno un piumaggio per consistenza e compostezza molto più simile a quello degli uccelli silvani, con lievi brinature ma con un’ottima carica lipocromica. Tali soggetti, anche se per ora con taglie un po’ inferiori, mostrano le peculiarità del piumaggio che recitano gli antichi testi sulla razza, tanto da indurre a considerare la possibilità che il Lancashire antico potesse non avere

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tipologie come brinato ed intenso, ma fossero tutti soggetti brinati con una eccezionale carica lipocromica, che possono essere tranquillamente accoppiati ad oltranza tra di loro senza rischiare il decadimento dei piumaggi o la tara dei lumps. La taglia si aumenta con un’accurata selezione, avere un canarino esclusivamente grande non significa avere un buon Lancashire. Il Lancashire prima di essere grande deve avere le forme tipiche previste dallo standard, poi con la selezione lo si accrescerà. Le scorciatoie come i meticciamenti hanno portato solo ad una dispersione dei geni puri della razza, che ora con fatica e tempo occorrerà rimettere insieme selezionando nel modo giusto. Tutta questo materiale genetico di provenienza varia si è portato dietro non solo caratteristiche negative strutturali ma anche cromatiche, reintroducendo le melanine non solo sui punti di elezione del ciuffo, ove sono tollerate, ma anche nella zona femorale e in altre parti del corpo, fino a produrre soggetti pezzati o addirittura prevalentemente melaninici, altra caratteristica difficile da eradicare definitivamente ed assolutamente estranea alla razza antica. La problematica della comparsa delle pezzature su alcune linee di selezione non deve scoraggiare gli allevatori, in quanto con un’accurata selezione, nel corso di pochi anni, si riesce a ridurre notevolmente tale evento cromatico/genetico fino poi ad azzerarlo quasi del tutto nel lungo termine, come è avvenuto nelle razze di colore dei gialli, bianchi, rossi ecc. La meta ambita è quella di avere in allevamento degli splendidi, imponenti, eleganti giganti che rispettino gli standard di forma, piumaggio e posizione, totalmente gialli o bianchi come nei tempi che furono. Nel tentativo di raggiungere rapidamente l’errata taglia dei 23 cm., oltre ai meticciamenti si è ricorso ad accoppiamenti tra brinati (penna larga e soffice) a penna lunga, per soggetti con le stesse caratteristiche. Ciò ha portato ad un ulteriore decadimento del piumaggio, dando adito ad alcuni di richiedere l’ammissione dei pezzati e melaninici nella razza, per ovviare alla decadenza del piumaggio secondo una, a

Tali soggetti, anche se per ora con taglie un po’ inferiori, mostrano le peculiarità del piumaggio che recitano gli antichi testi sulla razza

mio avviso improbabile ed empirica, capacità delle melanine di indurire e migliorare le penne anche se non presenti nel soggetto ma presenti nella genetica. Io ritengo che, vista la grande presenza al momento dei pezzati, potesse essere solo un modo di ridurre i danni e rendere commerciabile uno scarto di allevamento. Nella riunione C.O.M.-O.M.J. del 2018 Italia e Gran Bretagna si sono opposte con una proposta congiunta specifica alla C.O.M. ed è stato sancito che il Lancashire è unicolore giallo o bianco, con ammesse solo screziature di melanina sul ciuffo non oltre la nuca. Oggi finalmente nelle nostre mostre si osservano Lancashire molto più tipici di quando anni fa mi sono avvicinato alla razza; c’è ancora molto da fare ma, ora che gli allevatori della razza sono in buon numero, la selezione, quella vera, sta progredendo velocemente e ci sono ottime possibilità che in un vicinissimo futuro la maggior parte dei soggetti esposti superino la sufficienza. Devo aggiungere che i disegni dello standard pervenuti fino a noi non chiarivano bene le caratteristiche, perché sempre fatti in prospettiva con qualche licenza artistica e, quindi, non davano dati certi per effettuare anche solo otticamente dei raffronti delle proporzioni tra le varie parti del corpo, che ahimè dovevano essere soggettivamente intuite da chi effettuava il giudizio, risultando molto spesso percepite in modo diverso. Su queste considerazioni il Club Italiano Canarino Lancashire, sentendo anche i pareri positivi dei responsabili UK, ha deciso di iniziare un percorso di rettifica strutturando una commissione di allevatori soci del club. Tale


Team tecnico C.I.C.L.

commissione, dopo essersi interfacciata telematicamente ed aver raccolto tutti i documenti storici di archivio C.I.C.L. e quelli gentilmente forniti dagli amici inglesi, ha approntato una bozza e si è riunita presso la sede del club in Battipaglia (Sa) nei giorni 15 e 16/02/2020 (Foto sopra) per discutere e redigere la documentazione finale. Il lavoro di revisione ha interessato 3 punti principali: 1 - La definizione del disegno (fig. 1 e 2). 2 - La parte descrittiva dello standard. 3 - La scheda di giudizio (fig. 3 vecchia scheda e fig. 4 nuova scheda). Nella scala valori si sono valorizzati maggiormente la forma del corpo il piumaggio e le zampe. Questo per evitare che nelle mostre, come in passato, vincessero soggetti più simili a degli scadenti Crest che al Lan-

Il Presidente del Club Pier Pastorino

Team tecnico C.I.C.L.

Di grande supporto a tale lavoro è stata la ormai consueta stretta collaborazione del Club con la Commissione Tecnica Nazionale F.P.L.

cashire, solo perché di taglia maggiore. Di grande supporto a tale lavoro è stata la ormai consueta stretta collaborazione del Club con la Commissione Tecnica Nazionale F.P.L. della F.O.I., nella quale abbiamo trovato come sempre un eccellente ed indispensabile alleato e partner che, mettendo a disposizione le sue prerogative istituzionali e capacità tecniche, ha reso possibile l’adozione delle modifiche in Italia dalla stagione mostre 2021. Una volta visionato dai responsabili C.O.M.-O.M.J. UK e relativo Club, il lavoro fatto è stato riconosciuto dagli stessi meritevole di essere adottato anche oltremanica. Il Club Italiano Canarino Lancashire ed i responsabili UK si sono di comune accordo prodigati in difesa dell’antico standard di questa splendida razza e, coadiuvati dalla C.T.N.-C.F.P.L. italiana ed UK, già in passato hanno richiesto le modifiche necessarie a correggere errori e preservare le caratteristiche peculiari della razza. Le loro mozioni, a tutela della razza Lancashire, hanno trovato i

favori anche delle altre nazioni che quasi sempre all’unanimità hanno votato le modifiche proposte. La speranza e l’augurio è che si riesca sempre, con la collaborazione degli amanti di tale razza, a preservarla, diffonderla e riportarla agli antichi fasti come la sua fierezza ed eleganza meritano. • Coordinamento: PIER PASTORINO presidente C.I.C.L. • Commissione/team tecnico del Club Italiano Canarino Lancashire: P. PASTORINO, C. BERNO, C. CAROPPO, G. ASCIONE, S.M. MALLOZZI, D. SIRONI, S. PALMA • C.T.N.-C.F.P.L.: SALVATORE ALAIMO (Presidente), CARMELO CAROPPO, CLAUDIO BERNO • Responsabili UK: SIMON TAMMAM, KEVIN MCCALLUM, GRAHAM BRADBROOK • Grafiche : S. ALAIMO, Dott.ssa R. DE MARZI • Parti descrittive standard a cura: C. BERNO, S. ALAIMO

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Il Melado Tinerfeño di GIUSEPPE NASTASI, foto FERNANDO ZAMORA (fotosdecanarios.com)

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n canarino che ha certamente una storia particolare è il Melado Tinerfeno. Parlo di storia particolare perché questo canarino ha avuto certamente una strana vicenda che nessun altro canarino ha mai avuto. I primi Arricciati apparvero nei Paesi Bassi intorno alla metà del ‘700 e avevano una forma non ancora ben defi-

Melado Tinerfeño lipocromico

Dall’accoppiamento del Bossù con gli Arricciati, si iniziarono a selezionare i primi soggetti con portamento ad uno (1) tipico del Bossù

nita, in quanto si trattava di uccelli che non avevano il classico piumaggio attillato ma presentavano delle zone del corpo con piume mosse. Questo nuovo canarino che da subito si diffuse in Belgio e Olanda aveva come caratteristica principale che il fattore “arricciatura” generasse un carattere poligenico o multifattoriale; dall’accoppiamento di un canarino arriccia-

Melado Tinerfeño melaninico

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to con uno liscio, apparivano sempre delle zone arricciate. Anche oggi vediamo che, se accoppiamo un arricciato ad un sassone, la progenie è formata da canarini che presentano zone del corpo quanto meno abbastanza mosse. Tuttavia si tratta di arricciature parziali e diverse fra i vari soggetti (vedere Zingoni “Canaricoltura” ed. F. O. I. seconda ed. 1977 cap. “Genetica delle arricciature” pag. 511). La diffusione in tutta Europa di tali soggetti fu sin da subito molto importante e, anche se le quotazioni furono

Melado Tinerfeño lipocromico pezzato

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In Spagna i primi Arricciati furono immediatamente accoppiati a varie razze; tra queste il Bossù che, nell’800, era già molto diffuso in tutta l’Europa

altissime, molti allevatori non si fecero mancare i canarini arricciati nei loro allevamenti. La Spagna, così come l’Italia, fu una grande estimatrice di Arricciati e gli allevatori iberici comprarono, da subito, grandi quantità di canarini con questa nuove caratteristiche. In Spagna i primi Arricciati furono immediatamente accoppiati a varie razze; tra queste il Bossù che, nell’800, era già molto diffuso in tutta l’Europa. Dall’accoppiamento del Bossù con gli Arricciati, si iniziarono a selezionare i primi soggetti con portamento ad uno (1) tipico del Bossù e con piumaggio voluminoso. Questa nuova razza di canarino fu selezionata in modo estremamente scrupoloso sull’isola di Tenerife. Si hanno notizie della presenza di questa nuova razza su una famosa rivista dell’epoca edita in Francia, il “Journal des Oiseaux”, che in un articolo riportava appunto la notizia secondo cui in Spagna si fosse selezionata una nuova razza di canarino che presentava un portamento ad uno (1) di media/grande struttura, e con un piumaggio molto folto, la quale, per il colore, veniva chiamata Melado, cioè “colore del miele” sicuramente perché allora il colore dominante era il giallo. Correva l’anno 1850, questa rivista fu pubblicata fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale, poi chiuse i battenti. Alcuni allevatori spagnoli selezionarono, con incroci ed accoppiamenti tra soggetti intensi, canarini con scarso piumaggio ma anch’essi con portamento ad uno (1); da qui l’origine del Gibboso. L’isola di Tenerife era il posto dove quasi tutti gli allevatori allevavano il Melado ed infatti, ogni anno, qui si tiene una “specialistica” che ha cent’anni di vita, dedicata solo a questa razza. Per molto tempo non venne mai in mente a nessuno di far riconoscere questa razza a livello internazionale nonostante fosse molto diffusa nella sola Spagna. Ciò fino a quando la federazione spagnola, conscia della bellezza di questa razza, non pensò di riconoscerla a livello nazionale. Era il 1991 e, successivamente definito lo standard di eccellenza, iniziò l’iter di riconoscimento a livello C.O.M.


Ricordo che il Prof. Zingoni, al Campionato Mondiale di Pordenone nel 1989, mi parlò di questa razza, mi disse che era stato a giudicare in Spagna, ed aveva visto esposti in una mostra una cinquantina di canarini “strani”. Me li descrisse come una specie di Arricciati del Sud ma con portamento ad uno (1), canarini che lui non giudicò e che non giudicò nemmeno l’altro giudice di Arricciati, ma che furono destinati al giudizio di un allevatore esperto spagnolo. Lui riconobbe la bellezza di quei canarini ma mi disse che non potevano essere riconosciuti a livello C.O.M. perché si differenziavano dall’Arricciato del Sud solamente per il portamento e, come si sa, per ottenere il riconoscimento di una nuova razza, bisogna che essa presenti almeno due caratteristiche diverse da un’altra razza. Il riconoscimento di questo canarino a livello C.O.M. è avvenuto nel 2002 in occasione del Campionato Mondiale di Ypres in Belgio. Il Melado è una razza stupenda: si tratta di un canarino con portamento ad uno (1) e di grande taglia; infatti, deve essere almeno di diciotto centimetri e con piumaggio vaporoso. La caratteristica principale, oltre al portamento, è costituita dallo jabot, che deve essere formato da piume corte le quali, nascendo simmetricamente da ambo i lati, convergono verso il centro senza congiungersi. Lo sterno deve essere coperto solo da piume corte, lisce e sottili chiamate “filopiume”. Esse sono le piume che si trovano normalmente sotto le piume ma, in questo canarino, devono apparire evidenti nello sterno. Per tutte le altre caratteristiche si può fare riferimento al “cugino” Arricciato del Sud, con il quale il Melado ha una somiglianza ma con cui evidentemente non ne condivide le origini. Ovviamente, se i soggetti non presentano il portamento ad uno (1), possono essere confusi con gli Arricciati del Sud, anche perché, non assumendo il giusto portamento, lo jabot appare più vaporoso. In tal caso siamo di fronte a dei canarini che non presentano le caratteristiche tipiche della razza dichiarata e che, quindi, vanno inesorabilmente squalificati.

Per molto tempo non venne mai in mente a nessuno di far riconoscere questa razza a livello internazionale nonostante fosse molto diffusa nella sola Spagna

Il connotato meno evidente in questa bellissima razza è la taglia; infatti, lo standard prevede che la lunghezza del soggetto debba essere almeno di diciotto centimetri, ma devo dire che anche i soggetti più belli stentano ad arrivare a questa lunghezza, non superando spesso i diciassette centimetri. Come dicevo, è una razza antica, perciò la selezione è abbastanza fissata e di bei soggetti ne circolano abbastanza. Naturalmente, i più belli sono i soggetti spagnoli sebbene, ormai, si allevino bei soggetti anche in altri Stati, Italia compresa.

Melado Tinerfeño lipocromico

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DIDATTICA & CULTURA

La Quaglia nella pittura tra il XV e il XVII secolo Considerazioni introduttive e presentazione di alcune opere di IVANO MORTARUOLO, foto da Internet, AUTORI VARI

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e si volge lo guardo alle opere pittoriche realizzate su tela o tavola tra il XV e il XVII secolo, ci si accorge che solo in rari casi la quaglia veniva riprodotta… e spesso con ruoli accessori e di “contorno”, mentre altri volatili, come ad esempio il cardellino, in vario modo suscitarono gli interessi di un buon numero di pittori. Non conosco il motivo di questa, per così dire, “defezione artistica” e, pertanto, sono costretto ad avventurarmi nell’impervio terreno delle ipotesi. La spiegazione di tale fenomeno potrebbe preliminarmente ricercarsi nel fatto che il piccolo galliforme, per le sue peculiarità morfologiche e cromatiche, non possiede particolari attrattive dal punto di vita estetico, e inoltre la sua carne, pur essendo sapida, in passato non era ritenuta di spiccato pregio e rarità. Per quanto attiene al primo aspetto, va rilevato che il Rinascimento (e il periodo successivo) si caratterizza anche per i numerosi viaggi oltre i confini europei e per la scoperta di terre lontane: eventi questi che favorirono l‘importazione di oggetti, piante e animali sconosciuti. Questa realtà potenziò la già crescente e consolidata attenzione per le novità. Fu così che studiosi, aristocratici,

In rari casi la quaglia veniva riprodotta… e spesso con ruoli accessori e di “contorno”

Pisanello: “Madonna della quaglia”. Tempera e oro su tavola, cm 54 x 32. Museo di Castelvecchio, Verona. Fonte iconografica: Wikipedia, foto: Paolo Villa

ricchi borghesi e anche esponenti del clero, intrapresero la collezione di oggetti rari, di riproduzioni artistiche di flora e fauna, di animali vivi ed imbalsamati, di piante coltivate in appositi orti oppure conservate essiccate (tali raccolte botaniche venivano chiamate in passato “orti secchi” e successivamente “erbari”), ecc. Una particolare testimonianza di tale “moda” ci viene offerta anche dalle cosiddette “stanze delle meraviglie”, caratterizzate da nutrite raccolte di peculiari e/o raffinate espressioni dell’operato umano (artificialia) e di oggetti provenienti dal mondo della Natura (naturalia) (1). Fu così che pure alcuni esponenti della dinastia medicea (segnatamente il Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici, 15411587, e Anna Maria Luisa de’ Medici,1667-1743, figlia di Cosimo III) furono coinvolti in tali raccolte, anche se costituite prevalentemente da artificialia. I Medici subirono altresì il fascino degli animali (soprattutto esotici), i quali vennero ospitati in capaci serragli ed eleganti voliere. Non sorprende, quindi, se vari artisti di corte furono incaricati di ritrarli. Alla luce di quanto esposto si comprende come la quaglia, essendo fin troppo comune e con

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Cardellino, particolare dell’opera “Madonna della quaglia”

Quaglia, particolare dell’opera “Madonna della quaglia”

una livrea caratterizzata da uno spento cromatismo, non avesse molte chances attrattive se la si paragonava ai numerosi, inconsueti e variopinti uccelli esotici (e il medesimo risultato si otteneva anche dal confronto con alcuni policromi, accattivanti volatili nostrani). Rivolgendo ora uno sguardo alla quaglia come fonte alimentare, va osservato che le sue carni hanno costantemente appagato le aspettative dei buongustai, dall’antica Grecia fino ai nostri giorni. Si rende però necessaria una precisazione che attiene a credenze del passato. Plinio e altri veteres auctores, infatti, riferiscono che vi era una certa diffidenza a consumare tali uccelli, poiché si riteneva che fossero affetti da epilessia e che le carni potessero risultare tossiche a causa della loro abitudine a cibarsi anche di germogli e semi di piante velenose (in particolar modo la cicuta). È opinione abbastanza diffusa fra gli esperti di cucina che gli uccelli più gustosi al palato siano la beccaccia, la coturnice, la pernice e la starna. Quindi alla quaglia verrebbe attribuito un posto di secondo ordine in un’ipotetica hit-parade gastronomica, ma ciò nonostante ben figurava sulle tavole di per-

P. Porpora: “Rose, quaglie, rane e cavaliere d’Italia”. Olio su tela, cm 74x 99. Museo del Louvre Parigi. Fonte iconografica: Bocchi e Bocchi, 2005

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sonaggi appartenenti alle aristocrazie e alte borghesie europee. Una peculiare testimonianza ci viene fornita dalla celebrazione, in data 8 giugno 1466, delle nozze fra la sorella di Lorenzo il Magnifico, Nannina, e Giovanni Rucellai. Infatti, in occasione del terzo giorno di festeggiamenti (martedì), tra i vari arrosti, furono offerti anche quelli di quaglia. Tuttavia, se sul fronte estetico e culinario il nostro galliforme appariva “deficitario”, dal punto di vista simbolico poteva vantare un repertorio di tutto rispetto, in quanto gli venivano attribuiti peculiari significati di natura cristologica e, inoltre, costituiva l’emblema della concordia coniugale (soprattutto nel Medioevo). Il Signore, infatti, con le quaglie sfama gli Israeliti in fuga dall’Egitto e diretti verso la terra promessa (Esodo 16, 13). Questo episodio ha così contribuito ad attribuire ai pennuti il significato di cibo eucaristico e, conseguentemente, di sacrificio di Cristo per la salvezza degli uomini. Quest’ultimo aspetto è stato rafforzato dalla credenza (rivelatasi realistica e che gli etologi definiscono “esibizione di distrazione”) secondo la quale la femmina della quaglia, all’avvicinarsi di un predatore, si allontana dal nido fingendosi ferita: siffatto comportamento in genere mette al sicuro i propri figli, ma talvolta può richiedere il tributo della vita del generoso genitore. La quaglia, dunque, poteva ritenersi la metafora del Redentore. Ciò posto, se si realizza un’ipotetica comparazione con il corredo simbolico che faceva capo al cardellino, emerge che le attribuzioni al galliforme potevano ritenersi molto simili. Ma paradossalmente i due pennuti ebbero diversi, opposti destini dal punto di vista iconografico. Invero, all’umile quaglia venne offerto pochissimo spazio nelle rappresentazioni pittoriche devozionali, mentre il gaio passeriforme colonizzava, seppur con discrezione, le opere di una nutritissima schiera di artisti (ne sono stati individuati 254 di cui 214 italiani). Tuttavia, in una tavola le due specie convivono e sembrano rafforzarne la portata simbolica. Mi riferisco al


dipinto chiamato “La Madonna della quaglia”, attribuito ad Antonio Pisano detto il Pisanello (c.1395- 1455) e datato intorno al 1420. Nel quadro, realizzato su tavola con tempera e oro, sono collocati due cardellini a fianco della Madonna e il Bambino (uno per lato). Questi uccelli rimandano, nella tradizione cristiana, all’anima salvata dal gesto e dalla parola di Cristo, alla Passione e anche allo stesso Redentore. La quaglia, invece, è posta in basso, in primo piano e a contatto con il manto virginale. I volatili vengono così a formare una sorta di triangolo che, a mio giudizio, amplifica e potenzia il messaggio cristologico. I due personaggi sacri e i tre pennuti poggiano su un prato fiorito chiamato hortus conclusus (tradotto letteralmente “orto chiuso, recintato”), che nell’iconografia del tempo assume il significato di purezza della Vergine Maria: caratteristica questa che Pisanello rafforza proponendo anche delle rose le quali, data la loro rilevanza simbolica, rappresentano la Vergine stessa e la sua mancanza di peccato. Maria è raffigurata seduta sul prato (utilizzando un cuscino) e non su di un trono, come la sua condizione di madre di Cristo le avrebbe permesso, ma ciò non è casuale. Questa peculiarità, infatti, corrisponde a un modello pittorico definito “Madonna dell’umiltà”, secondo il quale lo stare a contatto con la terra rimandava a tale sentimento e comportamento. Non a caso la parola umiltà trae origine dal latino humus= terra, e da ciò umiltà= proveniente dalla terra. Nella Vergine sono altresì particolarmente significative l’espressione del volto e la testa piegata in avanti, che ne definiscono maggiormente il suo stato d’animo nel momento in cui i due angeli sovrastanti la incoronano. Azzarderei, a questo punto, l’ipotesi che anche la quaglia, con il suo carico simbolico, posta ai piedi della Madonna e colta in una postura apparentemente “dimessa”, potrebbe aver contribuito a completare l’alone di umiltà che il pittore, in vario modo, ha voluto ben evidenziare e rafforzare nella sua opera. Questo quadro presenta caratteristiche di indubbio pregio e ricercatezza,

però, anche ad una lettura prima facie, manifesta degli errori grossolani come, ad esempio, le lunghissime mani di Maria e la contorta mano destra di Gesù. Pertanto, l’opera viene considerata l’espressione iniziale di un percorso che successivamente porterà Pisanello a maturare una non comune abilità in eterogenee attività artistiche, caratterizzandosi per l’eleganza e la cura dei particolari. Di rilevante importanza sono anche le sue rappresentazioni naturalistiche realizzate ad vivum, anticipando così un orientamento artistico, detto “naturalismo”, che vedrà in Leonardo da Vinci (14521519), Durer (1471-1528), Arcimboldo (1526-1593) e Caravaggio (1571-1610) fra i maggiori esponenti. La seconda opera che propongo è un olio su tela, dal titolo “Rose, quaglie, rane e cavaliere d’Italia”, realizzato dal napoletano Paolo Porpora (16171673), il quale ben presto s’impose come fiorante (costituiva il nome di coloro che allora erano specializzati nella rappresentazione dei fiori, non a caso veniva chiamato “Paoluccio delli Fiori”) e come pittore di sottoboschi. Quest’ultimo orientamento, com’è noto, costituisce un genere pittorico affermatosi nell’ambito delle nature morte, nel quale lo scenario è poco luminoso, talvolta quasi oscuro, e affollato da insetti, rettili, anfibi, uccelli, fiori, funghi e piante, dove spesso si consumano atti predatori o si creano situazioni di conflitto fra animali. In questo singolare microcosmo, pertanto, si rappresenta anche la lotta per la sopravvivenza e l’allusione al perenne conflitto fra il bene e il male appare evidente. Porpora, trasferitosi negli anni Quaranta a Roma, ebbe occasione di conoscere e apprezzare gli olandesi Otto Marseus van Schrieck detto Ottone Marcellis (1619 ca. -1678) e Matthias Withoos detto Calzetta Bianca (16271703), entrambi attivi nell’Urbe per qualche anno e unanimemente considerati esponenti di spicco di tale genere pittorico. Indubbiamente il nostro fu molto influenzato dai prefati due artisti, ma seppe esprimere una certa autonomia narrativa e stilistica caratterizzata

Cavaliere d’Italia, particolare dell’opera “Rose, quaglie, rane e cavaliere d’Italia”

dalla scarsa e talvolta inesistente attenzione ai richiami simbolici e dalle attenuate espressioni aggressive di alcuni animali. Inoltre, dimostrò un’ottima capacità mimetica nel ritrarre organismi vegetali e animali, dedicò particolare attenzione sia per l’ottenimento di una resa cromatica e lumini-

Quaglia, particolare dell’opera “Rose, quaglie, rane e cavaliere d’Italia”

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F. de Hamilton: “Attrezzatura per la caccia agli uccelli”. Olio su tela, cm150,5 x 125,9. Jagdschloss Grunewald, Berlino. Fonte iconografica: Grimm, 1992

stica, sia nella scelta dell’impianto compositivo. Rivolgendo ora lo sguardo al quadro in esame, inizialmente l’immagine del cavaliere d’Italia colonizza l’attenzione, in quanto collocata in primo piano e sviluppata su buona parte del lato destro della tela. Il volatile è elegante, fiero e impettito, caratteristiche queste rese ancor più vivide dal bianco di gran parte della livrea e dalle lunghe zampe rosse, in palese contrasto con lo scuro dello sfondo. La zampa destra è ritratta, forse fissata nel momento in cui sta per muovere un passo. L’insieme è di grande valenza artistica, ma se si guarda con

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gli occhi di un ornitofilo, apparirà poco verosimile, perché la postura del corpo è decisamente allungata rispetto al reale. Probabilmente l’artista ha potuto osservare un soggetto in pelle o da poco ucciso, in grado di offrire soltanto indicazioni fenotipiche ma certamente non etologiche. Sono altresì incline a ritenere, in base a ricerche effettuare in passato, che questo quadro abbia il merito di proporre per la prima volta il cavaliere d’Italia nelle nature morte realizzate nel periodo preso in esame. Suggestiva è la rappresentazione della civetta la cui cromia del corpo, soprattutto la testa, sembra dissolversi nello

sfondo, ma i suoi occhi, per converso, sono luminosi e penetranti. Le quaglie sono tre, disposte lungo un immaginario asse diagonale che dal lato sinistro si sviluppa verso il centro della tela. Il primo soggetto, a mio giudizio, presenta caratteristiche di peculiare originalità, anche se può non risultare ben chiaro cosa lo spinga a piegarsi sul lato sinistro con la testa alzata e le ali allargate (quella destra s’intravede). Forse la spiegazione va ricercata nell’insolita morfologia della zampa sinistra che presenta evidenti segni patologici: le dita sono, infatti, tutte ritorte e in apparenza doloranti, costringendo l’animale a piegarsi e poggiare sull’altra zampa. Tuttavia, non si può escludere che l’autore abbia semplicemente raffigurato il volatile in una cosiddetta “esibizione di distrazione”, la quale, come accennato in precedenza, viene attivata in una situazione di pericolo (forse scaturita dalla cupa presenza, nella tela, del rapace notturno). Non so quale delle due ipotesi potrebbe ritenersi più attendibile, di certo il volatile sembra comunque vivere sensazioni non piacevoli: di dolore nella prima interpretazione e di paura nella seconda. Al contrario, le altre due quaglie, disposte in verso opposto, sono colte in differenti posture di osservazione e sembrano apparentemente tranquille. Una delle due rane ha catturato una farfalla, però l’immagine, anche in questo caso, non rievoca il senso di aggressività e di lotta spesso rappresentati dai suddetti due pittori olandesi, perché l’anfibio appare immobile con l’espressione sorniona e compiaciuta, mentre il dramma vissuto dall’insetto è appena accennato, quasi inesistente. Tuttavia, ad una farfalla morta se ne contrappone un’altra viva, ben al sicuro nella parte alta della tela. Tra gli elementi vegetali presenti nella scena, le rose meritano una particolare menzione poiché sono ben evidenziate nella loro consistenza tattile e, con il delicato e luminescente cromatismo, rischiarano l’atmosfera e nel contempo ne esaltano i contrasti. Apprezzabili appaiono anche le relative foglie in procinto di seccarsi, di


caravaggesca memoria. Buona è inoltre la resa luministica offerta dai sassi dello specchio d’acqua, dalle lamelle del fungo e anche dalla rugiada sulle piante. Questa è dunque un’opera molto interessate e non a caso ha trovato ospitalità in uno dei musei più prestigiosi del mondo: il Louvre. Il terzo quadro è un cosiddetto trompe-l’oeil (letteramente “inganna l’occhio”), un genere pittorico inserito nell’alveo delle nature morte, la cui peculiarità consiste sostanzialmente nella fedele riproduzione degli oggetti e nella particolare attenzione per le prospettive e le luci, tali da trarre in inganno l’osservatore. L’opera è stata realizzata su tela da Frans de Hamilton tra il 1665 e il 1670. Purtroppo di questo artista si hanno poche e spesso frammentarie notizie. Anche il suo nome appare “incerto” poiché su alcuni documenti è indicato come Franz o Francis. Di certo viaggiò molto per lavoro, prevalentemente in località dell’area germanica. Viene segnalato attivo nel 1640 a Bruxelles e nel 1697 ad Augusta (Germania), inoltre fu pittore presso la corte di Baviera dal 1683 al 1689. Il de Hamilton dipinse prevalentemente scene di natura morta ispirandosi ad ambienti di sottobosco e a soggetti attinenti alla caccia. Il dipinto che propongo è intitolato “Attrezzatura per la caccia agli uccelli”, che “probabilmente fu eseguito su commissione del principe elettore Federico Guglielmo, alla corte di Brandeburgo. Vi è raffigurata l’attrezzatura per la caccia agli uccelli: il sacchetto di lino, la spada con decorazioni in argento, il corno da caccia, lo schioppo, il corno per la polvere da sparo, la gabbia per l’uccello da richiamo e un carniere con lo stemma di Brandeburgo e le iniziali del padre del principe elettore, tutto raffigurato in grandezza naturale” (Grimm, 1992). Ai preziosi e raffinati manufatti per l’attività venatoria, sembra contrapporsi la modesta gabbietta contenente uno sventurato maschio di quaglia destinato a fare da richiamo. Tuttavia, è l’umile uccello, raffigurato mentre osserva incuriosito un ipotetico spettatore, che dà vita a un contesto immobile, inanimato e muto. Credo che l’ar-

tista, oltre ad aver ben evidenziato lo status sociale del destinatario dell’opera, non intendesse proporre un particolare messaggio, anche se la tela, come accennato, potrebbe offrirci qualche spunto di riflessione. La raffigurazione, per le sue peculiarità, s’inserisce in un filone di trompe-l’oeil che si sviluppò particolarmente in Olanda e che circoscriveva la propria attenzione agli oggetti per la caccia,

NOTE (1) Il quantitativo degli oggetti facenti parte delle collezioni più importanti era davvero notevole. Per averne un’idea riporto un brevissimo brano di una lettera scritta nel settembre 1577 a Francesco I de’ Medici (1541 - 1587) dallo scienziato bolognese Ulisse Aldrovandi (1522 - 1605): “…per augumentar di continuo il mio Theatro di natura nel quale insino ad hora ho tredici millia cose diverse…”

Quaglia, particolare dell’opera “Attrezzatura per la caccia agli uccelli”

soprattutto ai volatili, come testimoniano le immagini di gabbiette, reti, carnieri e così via. Colgo l’occasione per segnalare che Frans de Hamilton è anche l’autore di un noto quadro intitolato “Concerto degli uccelli”, nel quale vengono ritratte sessantuno specie ornitiche, ma la quaglia ne è esclusa. Concludo questa nota, concepita ab origine abbastanza contenuta e destinata agli amici ornitofili, nella speranza di essere riuscito a offrire qualche informazione sulle eterogenee rappresentazioni della quaglia, e di aver stimolato altri a intraprenderne ulteriori ricerche.

BIBLIOGRAFIA - Bocchi G. e Bocchi U. (2004-2005). Pittori di natura morta a Roma. Arti Grafiche Castello, Viadana. - Grimm C. (1992). Natura morta. Ist. Geografico De Agostini, Novara - Mortaruolo I. (1988). Cenni sulla tossicità della cicuta negli uccelli. Italia Ornitologica, 1: 35-36. - Mortaruolo I. (2004). Sulla quaglia: considerazioni di ordine storico, biblico, mitologico, simbolico ed etimologico. La Pagina, 8:16. - Mortaruolo I. (2005) - Il Cardellino nella pittura, in “Carduelis carduelis conoscere il Cardellino” di Renzo Esuperanzi, Edizioni FOI, Piacenza, pp. 15-25. - Mortaruolo I. (2018). Lorenzo il Magnifico (1449-1492) e gli animali (uccelli compresi). Italia Ornitologica,12 : 27-30.

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: FABIO MURARO – RNA 270H con la fotografia che ritrae il soggetto “Diamante codalunga ancestrale a becco rosso, (Poephila acuticauda hecki)” Complimenti dalla Redazione!

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.



CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Lizard, antichità vivente Considerazioni sull’evoluzione recente di ANTONIO DI TILLIO, foto AUTORI VARI (per gentile concessione di HUW EVANS)

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l percorso evolutivo di una razza può essere influenzato da diversi fattori, alcuni legati alla volontà e capacità degli allevatori, altri non sempre gestibili o prevedibili, sia esterni (ad esempio, guerre ed epidemie) sia intrinseci ai soggetti allevati (come variabilità e/o stabilità genetica, prolificità della razza ecc.). Nel canarino Lizard, considerato “il più bello e il più antico tra gli «inglesi»” (1), l’allevamento e la riproduzione continuano da circa tre secoli a trasmetterne le stesse originarie ed uniche caratteristiche fenotipiche, anche se bisogna dire che, verosimilmente, la livrea dei soggetti moderni ha ormai raggiunto un livello estetico difficilmente riscontrabile in un passato più o meno remoto (2). La genetica del Lizard ha quindi dimostrato di essere caratterizzata, allo stesso tempo, da una incredibile stabilità e longevità, ma anche da una potenzialità tale da consentirne continui ulteriori miglioramenti, verso un sempre maggiore avvicinamento a quell’ideale previsto dallo standard di razza. Alla base dell’originaria comparsa delle peculiari caratteristiche che hanno reso il canarino Lizard unico nel suo genere, vi sono fattori ancora sconosciuti su cui molto si è dibattuto. Il Lizard per molti aspetti è diverso dagli altri canarini, non solo come rappresentante dell’unico vero tipo di “disegno”, ma anche per altre particolarità come, ad esempio, l’in-

Nel canarino Lizard, considerato “il più bello e il più antico tra gli «inglesi»”, l’allevamento e la riproduzione continuano da circa tre secoli

Antica raffigurazione di una coppia di London Fancy con nidiaceo (tratta da “The Illustrated Book of Canaries and Cage Birds”, di Blakston et al., 1878-81, disponibile sul web all’indirizzo: https://www.biodiversitylibrary.org/item/101262#page/7/mode/1up).

dole vivace ed irrequieta ed il canto, che ricordano più da vicino il tipo selvatico, nonché per una intelligenza ed una micro-personalità secondo alcuni più spiccate (3) ed un piumaggio dalla tessitura diversa, più folto, morbido e vellutato, rispetto ad altre varietà. La maggior parte degli autori ipotizza che in origine potrebbe essersi verificata una mutazione genetica, successivamente fissata e perfezionata con l’allevamento selettivo (4). Minoritaria è invece la tesi sostenuta da altri, secondo cui il Lizard deriverebbe dall’ibridazione con il verzellino fronte rossa (Serinus pusillus). Il fascino delle origini è accresciuto anche dagli indubitabili legami genetici e fenotipici con una razza affine ed altrettanto antica, il London Fancy, canarino con corpo chiaro (generalmente giallo) in contrasto con ali e coda nere, che ha però trovato un diverso e meno fortunato destino, essendosi estinto con la Prima Guerra Mondiale (sembra che nel 1930 ne esistessero ancora alcuni esemplari, ma di qualità scadente e frutto di meticciamenti) (5). Alcuni autori hanno voluto individuare una delle cause della sua scomparsa nelle difficoltà incontrate dagli allevatori per ottenere soggetti puri e privi di macchie sul corpo. La parentela tra queste due antichissime razze è comunque testimoniata anche da alcune vecchie illustrazioni (v. foto n. 1), da cui si evince che nelle prime fasi di svi-

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Eccellente disegno di femmina argentata senza calotta evidenziato dalla rotondità del corpo

luppo i giovani London, prima della muta, erano del tutto simili a canarini Lizard. Diversi allevatori sono oggi all’opera per far rivivere quest’altra antica, misteriosa e bellissima razza, di cui molto si parlerà di qui a venire. (ndr: sul London si è pubblicato recentemente facendo riferimento alla mutazione “progressive greying”. L’ipotesi di questa mutazione, o simile, come origine del London potrebbe essere esatta con notevoli probabilità). Tornando al Lizard, se le origini e le sue prime fasi evolutive restano un

mistero, oggi è comunque possibile osservare, attraverso un ragionevole lasso temporale, quale ne sia stata l’evoluzione in epoca moderna, fino al modello attuale che ora tutti possiamo ammirare. Personalmente ho cominciato ad allevare Lizard alla fine degli anni ’80 e la mia esperienza si è poi arricchita con varie attività, come quelle di giudice regionale di CFPL, consigliere del LCCI (Lizard Canary Club Italiano) e membro della LCA (Lizard Canary Association of Great Britain). Le vicende della vita mi hanno successivamente allontanato, per molti anni, dal mondo dell’ornicoltura; ma il fuoco covava sotto la cenere ed al ripresentarsi delle condizioni ideali sono tornato recentemente a coltivare, con rinnovato entusiasmo, la passione per il canarino Lizard. Il lungo periodo di pausa dall’allevamento e dalle mostre mi consente ora di confrontare, con sufficiente obiettività, i Lizard odierni con quelli di 20 o 30 anni fa ed attraverso le immagini di ieri e di oggi, cogliere i segni più tangibili ed evidenti delle tappe evolutive percorse di recente da una razza così antica e geneticamente stabile. Frequentando i principali eventi espositivi ho così potuto constatare come il livello medio degli esemplari, in questi ultimi anni, si sia elevato insieme al numero di allevatori di livello nazionale ed internazionale; nuovi appassionati hanno raccolto il testimone

Femmina dorata con colore di fondo e disegno presenti anche nella zona compresa tra le zampe

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sostituendo o affiancando altri allevatori di più lungo corso. Oggi è quindi più facile reperire soggetti di buon livello, con ottimo disegno sia dorsale (spangling) che ventrale (rowings), quest’ultimo in passato certamente più trascurato e carente (v. foto n. 2). Accanto a queste novità sicuramente positive, purtroppo ho trovato anche sorprese meno gradevoli, come l’introduzione delle categorie a concorso riservate al “Lizard blu”, riconosciuto dalla COM nel 2010. In merito alla diffusione di tale varietà mi sono sempre dichiarato fermamente contrario, per motivi che già nel 1988 il Menassé così sintetizzava: “Nel Lizard blu si cerca di eliminare il giallo così da ottenere soggetti a calotta e colore di fondo bianchi … Trattasi di tentativi che finiscono sempre per far degenerare le peculiari caratteristiche razziali … come sono parimenti condannabili i meticciamenti con i Canarini a fattore rosso tendenti a inserire questo colore in una razza come la Lizard fissata da secoli in caratteristiche non perfettibili con meticciamenti del genere”. Non a caso in Inghilterra la LCA (Lizard Canary Association) tuttora non riconosce tale categoria, anche se nel 2011 è sorto oltremanica il Blue Lizard Canary Club. Eliminare un connotato importante e fondamentale come il colore di fondo, per di più attraverso l’immissione di geni “alieni” ovvero non appartenenti all’antico corredo genomico del Lizard, costituisce un non senso da un punto di vista tecnico

Soggetto deficitario per colore e disegno con presenza di bianco intorno alla cloaca


ed un pericoloso elemento di inquinamento della purezza della razza da un punto di vista genetico. Si può dire infatti che il Lizard rappresenti una sorta di opera d’antiquariato vivente, creata in epoca georgiana. Per i collezionisti antiquari il problema principale è da sempre quello di accertare se un determinato articolo (mobile, quadro, oggetto d’arte) sia realmente antico e non un falso; questo è possibile cercando ed esaminando dettagli spesso nascosti, che solo un esperto normalmente è in grado di individuare. Nel caso del Lizard, giudici e allevatori solitamente osservano il canarino solo dall’alto, lateralmente e frontalmente, trascurando le zone più nascoste che invece, secondo Huw Evans (6), sono in grado di rivelarci la purezza della razza, ovvero l’assenza o meno di meticciamenti. Si tratta della zona compresa tra il basso ventre e le zampe fino alla radice della coda, ove nel caso dei Lizard puri continuano ad essere pre-

senti, come nel resto del corpo, le marcature del disegno (rowings) ed il colore di fondo, senza riduzione di intensità (v. foto n. 3). Viceversa, nei Lizard “meticci” tali elementi tenderanno a scomparire dalle suddette aree, lasciando il posto a zone prive di disegno, con colore di fondo pallido e sbiadito, fino a diventare bianco intorno alla cloaca (v. foto n. 4). (ndr: i carotenoidi del Lizard non sono elaborati, vale a dire che non abbiamo le xantofille del canarino ma i carotenoidi della dieta, non elaborati, che vanno direttamente nella penna, come la luteina. Il colore di fondo carotenoide è di conseguenza più carico e diverso da quello degli altri canarini). Per questo Huw Evans raccomanda ai cultori del Lizard tradizionale di adottare tali accorgimenti, al fine di allevare un ceppo che possa dirsi realmente puro. In conclusione, posso affermare che, se da un lato ho ritrovato un Lizard attualmente in buona salute per

quanto riguarda la sua diffusione ed il livello qualitativo medio, dall’altro non posso fare a meno di scorgere nubi oscure all’orizzonte, per quanto attiene alla purezza genetica della razza. In questo contesto la Lizard Canary Association, dopo aver scongiurato l’estinzione del Lizard in epoca post-bellica, si erge ancora una volta a baluardo dell’integrità di una razza che rappresenta il gioiello vivente più antico della canaricoltura. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI (1) W. Ross, Come allevare gli uccelli – manuale pratico, De Vecchi Ed., 1974, pag. 213. (2) G.T. Dodwell, The Lizard Canary and other rare breeds, Triplegate LTD, 1982, pag. 8. (3) V. Menassé, Enciclopedia dei canarini, De Vecchi Editore, Milano, 1988, pag. 243. (4) G.B.R. Walker & Dennis Avon, Coloured, Type & Song Canaries, Blandford, 1994, pag. 124. (5) G.T. Dodwell, The complete book of canaries, Merehurst Press, London, 1986, pag. 85. (6) Huw Evans, Lizard canary basics, part 17: Bottoms up!, 16-2-2020, disponibile sul web all’indirizzo: https://finespangledsort.com

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Se desideri proporre un argomento scrivi a: redazione@foi.it

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nche in questo numero, il “nostro” Giovanni Canali ha raccolto per la rubrica “Pagina Aperta” una serie di ulteriori osservazioni e domande poste da alcuni allevatori, soprattutto principianti ma non solo, elaborando una sorta di nuovo dialogo immaginario per fornire, in maniera simpatica ma al contempo esaustiva, chiare risposte e giusti consigli. Buona lettura…

Dialogo immaginario n. 2

Argomenti a tema

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izio allevatore anziano, ha appena finito di sistemare l’allevamento, quando, dopo aver bussato entra Caio, ragazzino anche troppo entusiasta e che tutto vuole conoscere. Tizio: “Ciao, qual buon vento?” Caio: “Spero di non disturbarla, volevo farle visita e vedere come le andava.” Tizio: “Non darmi del lei, fra allevatori per me è buon uso darsi del tu, e comunque nessun disturbo, a meno che tu non voglia ancora chiedermi come si distinguono i maschi dalle femmine, senza guardare sotto la coda, metodo peraltro non sicuro”” Caio: “Faccio un po’ fatica a darti del tu, mi sforzerò e comunque ho capito tutti gli aspetti del dimorfismo nel canarino ed ho pure recepito che, trattandosi di fatti quantitativi, è possibile sbagliare, ha sbagliato qualche volta anche lei, anzi dico anche tu.” Tizio: “Esatto, e tanto per ripassare guarda quel maschio agata intenso giallo è: fortissimo di fianchi, debole di mustacchi, ed anche la morfologia è grassottella più da femmina, se non fosse che il padre è isabella e la madre agata avrei dei dubbi sul suo sesso.” Caio: “Hai ragione, però l’intensità è da maschio, non presenta brinatura.” Tizio: “Bravo! Hai individuato una caratteristica maschile, sono rare le femmine intense senza brinatura. Inoltre, allora ti aggiungo che anche il tono limone del giallo è abbastanza carico, da maschio, le femmine sono meno ricche di lipocromo e quindi sembrano più limone.” Caio: “Pensi di tenerlo?” Tizio: “Forse come riserva, ho un fratello migliore. Sai, con la sterilità che viaggia preferisco non avere maschi contati.” Caio: “Mi spiegavi che una volta non era così, è vero?” Tizio: “Diciamo che i maschi sterili ci sono sempre stati, ma erano per lo più appartenenti a razze delicate, nel canarino di colore erano ben rari. Inoltre quando c’erano uova sterili la colpa era quasi sempre, per non dire sempre del maschio, oggi invece abbiamo anche femmine che depongono uova sterili, pure se accoppiate con maschi sicuramente fecondi, avendo fecondato altre femmine. Insomma la sterilità è diventata pesante.” Caio: “La ragione si sa?” Tizio: “Questa è una domanda che sarebbe meglio fare ad un veterinario, che avesse fatto degli studi specifici, più che a me. Ci sono diversi pensieri, c’è chi parla di selezioni spinte, o di consanguineità, e c’è chi ipotizza patologie diverse o l’uso improprio delle medicine. Io propendo per le patologie, visto che anche senza selezioni spinte o consanguineità o errori con le medicine, il fenomeno si verifica, magari un poco meno spesso, ma si verifica. In ogni caso sarebbe bene evitare eccessi selettivi ed affiancare alla selezione per l’estetica anche quella per la rusticità.” Caio: “Capisco, ma se si seleziona meno rigorosamente non si vince abbastanza o no?” Tizio: “Non fraintendermi, si deve selezionare bene ma senza esasperazioni, come consanguineità strettissime ed accoppiamenti in purezza reiterati. Fra l’altro, l’uso di portatori non è minore selezione, ma facilita spesso un’ottima espressione del carattere ricercato, solo che ne nascono meno.” Caio: “Ci sono molti, anche importanti, che raccomandano la consanguineità, ma so che tu si contrario.”


Tizio: “Gradirei non essere frainteso; so benissimo che importanti autori consigliano la consanguineità, e so benissimo che ci sono esempi storici che ne indicano l’importanza in certi casi, specialmente iniziali della selezione, ma non è un argomento per tutti. Se ne può discutere ad alto livello, ma non con chi deve cominciare ad allevare come te! Per gestire bene la consanguineità ci vuole un talento superiore alla media, poiché la consanguineità deve essere associata ad una severa selezione, altrimenti è una scorciatoia per il disastro. Quindi ne riparleremo fra qualche anno, se sarai diventato abbastanza bravo!” Caio: “Scusa se insisto, ma cosa è la depressione da inincrocio?” Tizio: “È un indebolimento che si verifica con accoppiamenti in consanguineità ed è il problema maggiore della consanguineità. Non potremmo parlare di cose più semplici? Tanto per dirne una, hai capito cosa ci deve essere sempre a disposizione nelle gabbie?” Caio: “Si certo, acqua di bevanda da rinnovare ogni giorno, misto di semi da soffiare e setacciare preferibilmente ogni giorno, osso di seppia, poi periodicamente il pastoncino di base, ma durante l’allevamento della prole quello da allevamento ogni giorno. Poi so che ci sono opinioni diverse su frutta e verdura, ma tu sei favorevole ad una somministrazione quotidiana, magari con vegetali diversi, per via delle vitamine e perché è un piacere per i canarini.” Tizio: “Bene, ma hai dimenticato di fare cenno ai semi immaturi, che chi ha la possibilità farebbe bene a somministrare abbondantemente ogni giorno, tu sei giustificato a non darli poiché abiti nel centro storico, ma Sempronio che abita in campagna ne riempie le gabbie. Del resto i semi immaturi sono il cibo naturale.” Caio: “Si lo so, sono stato a trovarlo; oltre alle erbe selvatiche, usa anche di quelle coltivate, che semina nell’orto: girasole, cicoria, lattuga, ed usa anche frumento e mais, sempre con semi immaturi.” Tizio: “Certo un ottimo trattamento, inoltre usa anche le uova del suo pollaio. Praticamente, invece di usare il pastoncino da allevamento, usa quello base arricchito con le uova stesse; una bella fortuna avere l’allevamento in un podere di campagna!” Caio: “Però mi hai spiegato che anche al supermercato ci sono uova senza coloranti e che vanno bene.” Tizio: “Si è vero, la condizione di naturale è scritta sulla confezione e ci si può fidare, le leggi sono severe. Inoltre lo si vede dal colore del tuorlo, giallino invece che di un bel rosso artificiale.” Caio: “Mi spiegavi che a livello di sabbia Scorcio della voliera federale a Piacenza e grit non tutti sono d’accordo.” Tizio: “Si, persone molto qualificate si sono espresse contro, anche segnalando danni che pare essere stati rilevati in letteratura medica. Il fatto è che le mole fornite dal grit agiscono nello stomaco muscolare aiutando l’azione dello stesso per lo schiacciamento del cibo; sono necessarie o quantomeno utili nelle specie che ingoiano i semi senza sgusciarli, tipo galliformi e columbiformi, ma per quelle che sgusciano i semi, come il canarino, la cosa da taluni è negata o messa in dubbio come utilità.” Caio: “Ma tu cosa ne dici?”

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Argomenti a tema

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Tizio: “Questa è una domanda che sarebbe meglio fare al veterinario di fiducia, comunque ho sentito dire che pietruzze siano state trovate anche nello stomaco muscolare di fringillidi selvatici. Per quel che mi riguarda non uso la sabbia, poiché troppo fine, la ritengo inutile, forse dannosa e potrebbe essere costipante, uso però un grit calcareo senza spigoli taglienti. Questo dubbio sulla sabbia è recente. In passato la usavo e devo dire di non aver avuto evidenze negative.” Caio: “Vedo che ne usi poco.” Tizio: “Si è inutile sprecare e utilizzo quei contenitori cilindrici piccoli nei quali i canarini non riescono a defecare.” Caio: “E che ne dici di chi stende la sabbia sul fondo della gabbia?” Tizio: “È un pessimo sistema, oltre allo spreco ed all’uso almeno opinabile, si sporca e favorisce malattie. Devi sapere che una volta ho perfino visto uno che setacciava la sabbia sporca, un invito a nozze per i patogeni. Sul fondo, quando non ci sono le griglie è meglio non mettere nulla e pulirlo spesso, quando ci sono invece è opportuno mettere la carta paglia assorbente, o usare i rulli per batteria. Caio: “Ci dimentichiamo della pannocchia di panico, vedo che tu la metti, è necessaria?” Tizio: “Necessaria no, però la considero utile. Il panico è un ottimo seme, non a caso è la base dell’alimentazione di molti estrildidi, però non piace al canarino che, se lo trova nel misto, lo trascura del tutto; invece in pannocchia lo appetisce volentieri, probabilmente perché diventa divertente alimentarsi ad una pannocchia in modo simile al naturale. Semmai bisogna ricordare che è un seme non oleoso e quindi si potrebbe aggiungere un poco di oleosi in più nel misto, oppure dare i semi condizionatori a parte che sono oleosi, certo senza esagerare. Inoltre è una fonte di cibo in più che potrebbe essere utile in caso di un giorno di assenza dell’allevatore.” Caio: “E per quanto riguarda i semi cotti e germinati?” Tizio: “Sono due robe ben diverse! Da non confondere, i semi cotti io non li uso, perdono parte delle loro proprietà come le vitamine termolabili e creano una massa viscida. Per rendere più appetibile il pastone è molto meglio l’uovo! Quando si usa un buon pastoncino da allevamento già pronto va bene così, altrimenti l’uovo oltre ad essere molto nutriente, rende più appetibile il pastone base. Magari ricorda che con l’uovo nel pastone base, si utilizza sia il tuorlo che l’albume, con 10 minuti di cottura dal bollore. Tornando ai semi, i germinati subiscono una trasformazione che sembra arricchirli di vitamine, fra cui la E, ma non ho dati certi. Se si usassero, si dovrebbe far menzione alla pulizia lavandoli bene prima e dopo, c’è chi usa anche prodotti chimici. In passato li ho usati, ma ora non più, ritengo che le verdure fresche siano già sufficienti.” Caio: “Sulle vitamine e sulle medicine cosa mi dici?” Tizio: “Spero che tu non mi abbia confuso con certi praticoni che fanno danni! Questa domanda falla al veterinario! Per quello che ne so io, le vitamine si possono dare su consiglio del veterinario, ma una alimentazione buona e variata non dovrebbe renderle necessarie. Per quanto concerne i farmaci, secondo molti, il loro cattivo uso ha favorito resistenze che prima non esistevano. Le medicine si usano quando servono e nelle dosi indicate dal veterinario e non da qualche dottor Dulcamara di turno - conosci l’opera: “L’elisir d’amore”? - ecco, vedo che annuisci.. Tieni anche presente che un farmaco che ha dato ottimi risultati in un allevamento non è detto che li dia anche in un altro, la patologia potrebbe essere diversa e richiedere terapia diversa. Il guaio è che certi sintomi si somigliano molto ed occorre spesso anche l’esame di laboratorio. Caio: “Penso di aver recepito, comunque, come dici tu a volte occorre anche fortuna, dico bene?” Tizio: “Diciamo di si, anche se la fortuna è piuttosto casualità, ma non ti adagiare, non deve essere una scusa, pensa a: evitare affollamenti, a curare l’igiene, l’alimentazione ed a selezionare soggetti che imbeccano e non solo per la bellezza, la casualità va aiutata”! GIOVANNI CANALI


DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Seconda parte

I distintivi testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

I

l distintivo è un piccolo fregio che di norma appuntato sulla giacca, portato su un abito, indica l’adesione a una determinata organizzazione. Nel nostro micro cosmo di ornitofili può ad esempio indicare l’appartenenza alla Federazione, a una Associazione Ornitologica territoriale, a un Club di Specializzazione, ma può anche rappresentare l’avvenuta partecipazione a una esposizione ornitologica, a un Campionato o ad altro importante evento del settore, oppure può essere commemorativo di una particolare storica ricorrenza, o ancora rappresentare il conseguimento di uno specifico status, simboleggiare un premio vinto, l’attribuzione di una benemerenza, il raggiungimento di una certa anzianità di ruolo e molto altro ancora; sono in sintesi, molteplici le occasioni per coniarne uno.

I distintivi vengono talvolta banalmente confusi con quelle che più comunemente sono chiamate spillette, cioè i cosiddetti “bottoncini”

Distintivi dell’Ordine dei Giudici della F.O.I.: a sinistra smaltato e rifinito a mano, prodotto negli anni ’50 da una storica azienda Milanese; a destra il modello in uso a partire dagli anni ’80 e sino ad oggi (il cerchietto dorato indica la permanenza nei ruoli per almeno 25 anni)

I distintivi vengono talvolta banalmente confusi con quelle che più comunemente sono chiamate spillette, cioè i cosiddetti “bottoncini”. Questi, frequentemente realizzati in economia o con materiali scadenti (come la plastica), sono talvolta frutto di lavorazioni grossolane e approssimative, di fatto sminuendo l’immagine dell’Associazione che rappresentano e perfino l’autorevolezza di chi li indossa. Internazionalmente sono più di frequente conosciuti con il termine an-

glosassone: “pins” o “pin badges”. I britannici, invero, sono appassionati cultori nella realizzazione di distintivi. Nel nostro ambiente di ornicoltori, la collezione dei distintivi, immediatamente dopo quella dei francobolli, è probabilmente quella con una più ampia diffusione ed è sicuramente quella di più rapida, facile e immediata individuazione; infatti, in occasione delle mostre ornitologiche non è infrequente incontrare espositori/allevatori che pongono in bella vista, a mo’ di

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Piccola collezione di distintivi della Federazione Ornicoltori Italiani, dai primi modelli decorati a mano degli anni ’50, sino all’ultima versione del 2019 per commemorare il 70° anniversario della F.O.I. I distintivi più antichi sono prodotti dalla Picchiani & Barlacchi di Firenze, azienda che opera dal 1902 nella realizzazione di articoli di elevata qualità e pregio. In basso a sinistra il mio primo distintivo, quello con cui ho iniziato la collezione. Un omaggio con l’iscrizione del 1987 da parte l’allora segretario della mia Ass.ne (il compianto Riccardo Marrone). Lo porto ancora adesso appuntato nel gilet dell’Ordine dei Giudici

trofei o mostrine, i distintivi della loro collezione (spesso trattasi di doppioni, disponibili per un eventuale scambio hobbistico con altri collezionisti).

Mini serie di distintivi, in argento 925, della prima metà degli anni ’90. Quelli commissionati dall’Associazione Ornitologica Trinacria di Palermo, sono prodotti dall’oreficeria “F.lli Ciroldi” che in quegli anni realizzava la premiazione in medaglie in oro e argento per molte Associazioni Ornitologiche

Sotto il profilo qualitativo, i distintivi possono essere catalogati a partire dal semplice ed economico modello plastificato, con carta ricoperta da un tra-

Differenti metodi per appuntare alla giacca il distintivo. In alto a destra la versione dei distintivi più antichi: “da asola”, a fianco la cosiddetta versione a chiodo lungo, il modello a spillone con chiusura di sicurezza e in basso a destra il chiodino con blocco da ultimo in uso

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sparente o con leghe e metalli poveri, sino ad arrivare al gioiello vero e proprio, in argento, oro o altri metalli preziosi. Tra questi due estremi, esiste una ampia fascia intermedia costituita da prodotti realizzati in serie industriale di media o buona qualità, ma vi è anche una tradizione artigianale storica che conia e crea, a regola d’arte, pezzi di elevata fattura. Resinati, smaltati, dipinti a mano, incisi, coniati, o stampati, ne esistono svariate versioni, per tutti i gusti e per tutte le tasche. Le aziende più qualificate curano nei dettagli ogni fase di lavorazione, dall’ideazione del disegno, fino alla finitura e al controllo qualità. I migliori prodotti degli artigiani italiani rappresentano in tutto il mondo l’eccellenza del Made in Italy, la maestria degli artisti e degli scultori e le tecniche dei nostri più bravi incisori, che realizzano e plasmano opere, a volte, davvero uniche. Nel collezionare, catalogare e raccogliere distintivi, si possono ipotizzare diversificate sotto sezioni, per cui c’è chi colleziona soltanto quelli commemorativi del Campionato Mondiale di


Ornitologia C.O.M., chi si specializza in pin riguardanti esclusivamente una medesima razza, chi preferisce quelli nazionali delle Associazioni Ornitologiche, piuttosto che quelli di uno stesso paese estero, chi soltanto quelli vintage, chi predilige quelli dei Club di specializzazione, chi ancora soltanto quelli realizzati in metalli preziosi; insomma le opzioni sono molteplici e c’è ampio spazio per molte variabili e per la fantasia. I distintivi non sono soltanto dei pezzi di metallo, ma oggetti immortali che consentono di mantenere vivi ricordi importanti, di conservare nel tempo e tramandare una parte della storia dell’ornitologia. Anche se è un piccolo oggetto, il distintivo racchiude in sé un grande significato, poiché quando viene indossato rappresenta un evidente e prestigioso segno di riconoscimento. Personalmente, quando indosso il

Gruppetto di distintivi vintage di produzione Britannica

distintivo della F.O.I., quello dell’Ordine dei Giudici o quello del mio Raggruppamento, sottolineo lo spirito di appartenenza portando con orgoglio quel pic-

colo simbolo che diventa l’elemento distintivo. In conclusione, se ne avete colto appieno il senso… non li chiamerete mai più spillette.

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DIDATTICA & CULTURA

Genetica diretta ed indiretta: riflessioni di BRUNO GINDA e Emilio SABATINO, foto B. GINDA, E. SABATINO e FOI

E

cco in un pomeriggio d’estate come tanti altri nel mese di Agosto, due amici seduti a parlare con il mare che schiaffeggia con dolcezza la sabbia, mentre il sole si appresta a lasciare il posto alla luna; riaffiorano nei loro ricordi la natura e il fascino dei suoi abitanti, in modo particolare del mondo alato, i loro colori e le loro forme. Da appassionati del mondo ornitologico, ci siamo chiesti come possa la

Arricciato del Sud giallo, all. A. Rosa

‘Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno l’invoca, la primavera la invidia. (Cit. E. Flaiano)

genetica classica determinare la funzione di un dato gene, basandosi sulla ricerca di fenotipi dovuti ad eventi di mutazione e sulla loro interpretazione, che comprende la mutagenesi sistematica dei geni con lo scopo di produrre collezioni di colorazioni (prevalentemente recessive) di tipo ‘perdita di funzione’. L’analisi della mutazione identifica un gene (definito da alleli mutanti) che collabora alla realizzazione del feno-

Canarino selvatico, all. Pasquale De Maio

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Canarino albino

tipo. Con il tema ‘genetica inversa’ si intende una particolare analisi genetica che, partendo dal genotipo (bagaglio genetico di ogni essere vivente), identifica il fenotipo (l’espressione finale di una manifestazione visiva della tipicità dell’essere vivente). Viceversa, la genetica classica determina un particolare genotipo partendo dall’analisi del fenotipo. Da quando il canarino è allevato in ambiente controllato si sono manifestate svariate mutazioni, la maggior parte delle quali mantenute grazie alla capacità di selezione da parte dell’uomo. Da tener presente che alcune mutazioni avvengono anche allo stato libero, come l’isabellismo e l’albinismo, forse già note nel canarino Atlantico o canarino selvatico (Serinus canaria), nativo delle Isole Canarie, Azzorre e Madeira, il quale si presenta con colorazione giallo verde con sfumature brune sul dorso. In allevamento, numerosi incroci e selezioni, oltre che mutazioni, hanno dato origine a molteplici

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La genetica classica determina un particolare genotipo partendo dall’analisi del fenotipo

Gli autori dell’articolo

variazioni di colore, portamento e piumaggio. I canarini lipocromici derivano da una mutazione, ritenuta di acianismo, che ha impedito al gene ancestrale preposto alla formazione delle melanine di funzionare, pertanto la livrea (fenotipo) presenta solo i lipocromi (colore), oppure appare bianca se gli stessi sono inibiti. L’acianismo inibisce le melanine tranne quelle dell’occhio. L’albinismo è dovuto da una mutazione che può avere diversi alleli recessivi, i quali determinano una scarsa produzione dell’enzima tirosinasi necessario per la sintesi della melanina ed agisce anche sull’occhio. L’isabellismo, detto anche eritrismo, è una mutazione che trasforma l’eumelanina nera in bruna. Tornando ai giorni nostri, grazie alla passione e alla costanza di tanti ottimi allevatori e genetisti, è stato possibile portare le vecchie e nuove mutazioni genetiche e le loro conseguenze fenotipiche alla massima espressione in ornitologia, sicuri che questa porti sempre più una costante crescita nel miglioramento e nello studio delle mutazioni attuali. Alla fine di questo articolo, è bello pensare quanti di noi (allevatori e appassionati), ammirando i vari soggetti nelle loro forme, posizioni e colori, all’interno del proprio allevamento o presso le mostre espositive, si chiedano come e quanto il ruolo della genetica abbia determinato il fenotipo.


CRONACA

Per Alfio Valdarnini un prestigioso riconoscimento testo e foto di FRANCESCO ROSSINI

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omenica 6 settembre 2020 in occasione dell’Assemblea Nazionale delle associazioni aderenti alla FOI, il Consiglio Direttivo Federale ha consegnato alcuni riconoscimenti a diversi personaggi del nostro movimento, come spesso è consuetudine in queste occasioni. Ma la vera novità è che, per la prima volta in assoluto, è stata assegnata una targa con cui la FOI ha voluto premiare il miglior allevatore italiano in occasione dell’ultimo Campionato Mondiale di Ornitologia di Matosinhos 2020 in Portogallo. Il primo allevatore a cui è stato conferito questo prestigioso riconoscimento è Alfio Valdarnini che, non a caso, è un “assiduo frequentatore” dei vertici delle classifiche delle principali mostre nazionali ed internazionali. Alfio vanta ben oltre 300 titoli negli ultimi 10 anni e questo la dice lunga sulle sue capacità di allevatore e sul metodo di selezione genetica dei suoi soggetti che lo ha portato a creare diversi ceppi di assoluto valore. Ho usato il termine “diversi” perché Alfio seleziona canarini di colore di molteplici tipi ma con una netta preferenza per l’Opale a fattore rosso in tutte le categorie. Ho deciso di scrivere quest’articolo non solo per i successi che Alfio ha meritatamente conseguito nell’ultimo decennio, ma anche e soprattutto per l’amicizia e la stima reciproca, che ci accomuna dai primi anni 90. In tanti anni di frequentazione dei nostri “ambienti”, ho conosciuto molti allevatori affermati ma solo pochi di questi, e non me ne vogliano, hanno

La FOI ha premiato il miglior allevatore italiano in occasione dell’ultimo Mondiale di Ornitologia di Matosinhos 2020 in Portogallo

mantenuto inalterata nel tempo l’umiltà che ha sempre contraddistinto questo nostro “fuoriclasse”.

Abitando a pochissima distanza da lui ed essendo anche cliente dell’attività che gestisce a Firenze insieme alla famiglia, ci frequentiamo da diversi anni e non l’ho mai sentito “autocelebrarsi” per posizionarsi su di un gradino più alto rispetto agli altri. Non lo ha mai fatto perché Alfio è veramente un “grande” e quando uno è un grande non c’è alcun bisogno di lodarsi da solo perché, fra gli addetti ai lavori, i più sono perfettamente in grado di riconoscerne i meriti. La vita mi ha insegnato a dubitare sempre di chi ostenta un ego esagerato e ad apprezzare chi con competenza ed umiltà ottiene,

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Il Presidente FOI Antonio Sposito a sinistra, con Alfio Valdarnini a destra e la moglie Fabiola

nonostante l’assenza o quasi di proclami, dei meritati riconoscimenti che vengono sicuramente notati dalla maggior parte delle persone. I risultati espositivi che ha ottenuto Alfio nel lungo periodo si possono ottenere solo se si è veramente competenti e assoluti padroni della materia. Qui non si tratta di quelle meteore che spariscono nel giro di pochi anni e che hanno ottenuto degli sporadici successi. Qui si tratta di uno che conosce bene la genetica, che sa perfettamente come si porta avanti una selezione mirata a raggiungere i connotati di razza. Il suo è un pro-

Il momento della consegna della Targa FOI

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Qui non si tratta di quelle meteore che spariscono nel giro di pochi anni

cedimento metodico ed efficace che non lascia praticamente nulla al caso. Se non fosse stato per queste sue grandi capacità, dopo la disavventura di Matosinhos 2016 in cui perse 140 canarini, Alfio non si sarebbe più rialzato.

Fra quei canarini c’erano tantissimi soggetti, i migliori che aveva prodotto, che aveva pianificato di tenere in allevamento come riproduttori. Pensate un po’ che batosta, ma anche in questo caso, dopo un primo comprensibile periodo di scoramento che gli aveva fatto addirittura ipotizzare di smettere di allevare, aveva raccolto i “cocci” di quella annata e, con il supporto di moglie e figlie, era velocemente ritornato ad essere il pluripremiato allevatore di prima. Anche nel mondo del lavoro Alfio è riuscito a gettare il cuore oltre l’ostacolo facendo sempre scelte vincenti con l’indispensabile contributo della sua famiglia. E pensare che è partito praticamente da zero e adesso la sua azienda è una dei leader italiani per la vendita di prodotti ornitologici. Ma non è stato facile ed è stato proprio durante le difficoltà che la famiglia gli ha dato la forza per superare, uniti, le avversità che spesso la vita ci riserva. Gente tosta la famiglia Valdarnini, gente onesta, leale, buona, lavoratrice e sicuramente generosa. Quando Alfio è stato chiamato dal CDF per la consegna della targa conferita al merito, lui si è presentato con la moglie Fabiola e questo gesto, oltre a quello di essere presente a Chianciano anche con le figlie Alessandra ed Enrica, è la testimonianza della volontà di rendere giustamente partecipi dei suoi successi tutti coloro che in un modo o nell’altro gli hanno consentito, supportandolo e con grandi sacrifici, di raggiungere i traguardi più ambiziosi. Personalmente ho colto in questo gesto una rara sensibilità e, ribadisco, una umiltà che mi rende orgoglioso e felice di poterlo annoverare fra gli amici più cari. Non ho alcuna remora ad ammettere che la commozione che traspariva nel suo sguardo in quegli attimi è riuscita a emozionare anche me, perché Alfio, in un colpo solo, ci ha trasmesso la passione, la competenza e l’umiltà con cui si approccia da sempre nell’allevamento dei suoi canarini ed il suo grande amore per la famiglia. E credetemi, di questi tempi non è poco.


CRONACA

L’importanza dello spazio e del territorio negli uccelli testo e foto di PIER FRANCO SPADA

L

a distanza sociale che poniamo tra noi e gli altri non è un fatto casuale. Una fiorente letteratura su questo argomento ha iniziato a svilupparsi negli anni Sessanta in America sulla base di studi e ricerche effettuate da numerosi psicologi ed esperti di prossemica. Ne è emerso in primo luogo che la distanza è un fatto “sociale”, e che ciascuno di noi tende ad amministrare il proprio spazio in maniera diversa a seconda della circostanza. Si parla quindi di “distanza intima”, fino ai 45 cm, quella che tengono tra loro persone legate dal massimo grado di confidenza: genitori e figli, soprattutto se piccoli, innamorati e amici molto stretti. Si parla di “distanza personale”, dai 45 ai 75 cm, più orientata alla “vicinanza” che si stabilisce per esempio quando si parla con un amico; dal metro e 20 cm ai 3 metri e mezzo, si parla di

Nidiata di calopsitte lutino, allevamento Federico Mura

Ogni uccello infatti mantiene uno spazio personale intorno a sé

“distanza sociale”, quando caratterizza i rapporti pubblici e professionali. Oltre i 3 metri e mezzo, parliamo di “distanza pubblica”, cioè quella tenuta da un relatore ad esempio durante una lezione universitaria, un convegno, un comizio. Il varcare questi spazi può assumere significati ben precisi, come il tentativo di creare una maggior intimità, o, al contrario, di tenere le distanze. Mi sono chiesto, se tutto questo ha lo stesso valore e quali analogie, differenze o similitudini ci sono, e se ci sono, parlando di “Spazio e Territorio” tra noi

umani e il mondo animale, in particolare con i nostri animali di affezione. Ogni uccello infatti mantiene uno spazio personale intorno a sé. Le dimensioni di questo spazio cambiano a seconda dello stile di vita dell’uccello, della sua posizione sociale e delle circostanze. È una politica ragionevole come accadde tra noi esseri umani mantenere le distanze dal proprio vicino. Evita le collisioni al momento del decollo e previene le contestazioni durante i pasti. Gli uccelli difendono anche una zona ben delimitata, nota come “territorio”, che viene usata per nutrirsi o per riprodursi, o per l’una e l’altra cosa. Se due uccelli si avvicinano troppo l’uno all’altro, questo lo possiamo vedere facilmente anche nelle gabbie dei nostri locali di allevamento, uno dei due si allontana. La distanza minima accettabile tra due uccelli è chiamata “distanza

Parrocchetto dal groppone rosso maschio in riproduzione, allevamento Federico Mura

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Voliera esterna di psittacidi, allevamento Federico Mura

individuale”. Lo spazio che separa due rondini appollaiate sui cavi dell’alta tensione dà un’idea dei limiti di questa distanza. Gli uccelli si mantengono fuori dalla portata dei loro simili, per cui la distanza individuale dipende dalle dimensioni della specie: circa 30 cm per i gabbiani comuni e meno per gli uccelli più piccoli, come ad esempio per i nostri canarini, perché le dimensioni dello spazio individuale dipendono anche dalle circostanze. Ad esempio, è zero tra una coppia di canarini in estro o tra uccelli che hanno posatoi comuni. Le distanze individuali impediscono le liti tra

Pulli di ondulati lutini, allevamento Federico Mura

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di loro; gli storni, ad esempio, si mantengono a distanza quando vanno in cerca di cibo sul prato. Le questioni riguardanti i posatoi e il cibo sono presto liquidate, perché ogni uccello è consapevole della propria posizione nella gerarchia alimentare, imparata attraverso una serie di schermaglie. I giovani si sottomettono sempre agli anziani e raramente un uccello cambia posizione nell’ambito della gerarchia. Sempre negli storni, per esempio, l’intervallo tra due individui corrisponde esattamente alla distanza entro la quale questi uccelli si possono colpire

con il becco. Si può interpretare questo spazio, come un piccolo “territorio mobile”. Un territorio è la zona che un animale difende dagli intrusi al fine di tenere per sé un bene poco abbondante, di solito cibo. In genere il territorio ha carattere permanente: un allocco, per esempio, difende il suo territorio nel corso di tutta la vita adulta. Di contro, una cesena difende un cespuglio solo fino all’esaurimento delle bacche. Sia per l’allocco, sia per la cesena vale senz’altro la pena di consumare tempo e energia nella difesa del territorio, perché una provvista esclusiva di cibo equivale a una garanzia di vita facile. Una cesena difende i frutti caduti a terra da altri tordi, ma quando arrivano frotte di uccelli affamati la difesa è inutile. Ancora, se c’è sovrabbondanza di bacche nelle zone circostanti, non vale la pena di difendere le proprie provviste personali. Un altro bene da difendere è lo spazio per l’allevamento dei piccoli. Il maschio difende il territorio, a volte aiutato dalla femmina. Le coppie di cince, tordi e scriccioli necessitano ad esempio di una fonte sicura di cibo per la prole, ma alcuni uccelli, specialmente quelli che nidificano nei buchi, difendono solo le immediate vicinanze del nido. Oltre ad essere un asilo in cui allevare i piccoli, i territori servono a distanziare i nidi e

Nidiata di fife fancy, allevamento Alberto Demuro


Pulli di parrocchetto dal groppone rosso, allevamento Federico Mura

quindi a ridurre le razzie: se una cornacchia o una ghiandaia ruba le uova da un nido, ne cercherà delle altre nella stessa zona e le probabilità che ne trovi sono minime se i nidi sono distanziati tra loro. Nelle annate buone, si può sopravvivere in uno spazio più ridotto. Gli uccelli privi di territorio non allevano la prole e possono anche patire la fame. Sono sempre in cerca di uno spazio e, alla morte di un proprietario, ne prendono senza timori il posto. Da una personale ricerca svolta su alcune specie di uccelli presenti in Sardegna, riporto alcune cifre interessanti legate ai territori utilizzati da queste specie. Le cifre riportate sono solo indicative, le dimensioni del territorio utilizzato da questi uccelli sono elastiche e i territori individuali mutano a seconda dell’idoneità dell’habitat. In generale, i territori più vasti sono usati come riserva di caccia; quelli di dimensioni minori si sviluppano intorno al nido e tendono a restringersi dopo la deposizione delle uova.

Verdone femmina ancestrale in cova, foto di Pier Franco Spada

• Storno – durante la riproduzione – 1 m2 • Rondone – durante la riproduzione – nido • Allocco – tutto l’anno – 20 ettari e oltre • Colombaccio – durante la riproduzione – 4000 m2

Tutte queste osservazioni fatte in natura, possono essere riportate per una migliore osservazione degli uccelli presenti nei nostri allevamenti, dato che nonostante passino i secoli certe caratteristiche naturali e comportamentali vengono sempre comunque conservate.

Voliera di ondulati di colore, allevamento Federico Mura

Territorio di alcuni uccelli comuni in Sardegna: • Merlo - tutto l’anno - 2000 m2 • Fringuello - durante la riproduzione – 7000 m2 • Picchio Rosso – tutto l’anno – 5 ettari e oltre • Cinciallegra – durante la riproduzione – 1,2 ettari • Pettirosso – tutto l’anno – 1/1,5 ettari

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DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Fabrizio Silvano (Stazzano 1947 - 2020)

Per trentasette anni ha lavorato nel Settore della Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Alessandria

di ROBERTO BASSO, foto PIERO BRAVIN

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iglio unico e discendente da una famiglia di commercianti, sin da giovanissimo, gli fu permesso di dedicarsi con una certa libertà all’accrescimento dei suoi interessi naturalistici, per l’eccezionale spirito di osservazione e per il fatto che annotava qualunque cosa lo incuriosisse. E così, mosso da continui entusiasmi, si fermò ai primi anni liceali per portare avanti la sua grande passione soprattutto in territorio Scrivia, la valle e l’omonimo torrente. Negli anni ’70 ha modo di conoscere e frequentare l’esimio ornitologo Edgardo Moltoni, all’epoca direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, di cui Fabrizio parlerà spesso per la grandissima e fondamentale impronta ricevutane. Diventa così anche un ottimo preparatore e tassidermista, lasciandoci importanti testimonianze di presenze avifaunistiche del territorio ligure – piemontese, tant’è che le sue preparazioni sono oggi conservate in diverse importanti collezioni pubbliche e private. Per trentasette anni ha lavorato nel Settore della Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Alessandria, acquisendo il titolo di Ufficiale di Polizia Provinciale con funzione di capozona. Amava svolgere attività di presidio, rilevamento, monitoraggio del territorio, a cui dedicava molte energie anche al di fuori dell’orario lavorativo; la sua indole lo rendeva poco propenso verso le attività sedentarie e d’ufficio, era un uomo d’azione

A sinistra, Silvano al centro Boano durante una delle tre spedizioni scientifiche in Africa nel Burkina Faso

e del fare più che del dire. Ben presto maturò in lui il desiderio, ma anche l’esigenza, di creare nel suo comune (Stazzano) una struttura civica – naturalistica in cui raccogliere, catalogare e valorizzare materiali del territorio. Nel 1974 nacque così il Gruppo Naturalisti di Stazzano, di cui Fabrizio fu promotore e socio fondatore. Alla fine degli anni ‘70 l’associazione sviluppò l’idea – progetto di fondare un museo

di storia naturale comunale. Fu individuata come sede “Villa Gardella”, residenza donata dal medico Giuseppe Gardella al Comune di Stazzano nel 1964. All’interno di questa suggestiva villa immersa nel verde, dopo diversi interventi di adattamento e restauro, il 4 maggio 1980 fu possibile istituire ed avviare il Museo Civico di Storia Naturale di Stazzano, struttura che divenne ben presto un punto di riferi-

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Silvano presso il suo centro di inanellamento attorniato da una delle tante scolaresche che lo visitavano

mento per ricercatori, studenti di ogni livello e grado ma soprattutto degli ornitologi piemontesi e non solo. Oggi il Museo ha un proprio percorso didattico espositivo che si snoda in cinque ampie sale e sezioni tematiche. La prima custodisce minerali provenienti da grotte e cave del Centro – Nord Italia, ma anche reperti fossili e

Oggi il Museo ha un proprio percorso didattico espositivo che si snoda in cinque ampie sale e sezioni

Un tenero momento di insegnamento durante le fasi preliminari di peso, sessaggio e inanellamento di un piccolo insettivoro

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rocce raccolti nell’Appennino Ligure. La seconda sala contiene la sezione ornitologica, ricca di esemplari dell’avifauna italiana e non solo, unitamente a uova e caratteristici nidi e piccoli mammiferi, frutto di diverse donazioni, soprattutto da parte dello stesso Fabrizio Silvano e da Mario Carrega di Vignole Borbera. Nella terza sala sono ben rappresentati i grandi mammiferi, unitamente ad alcuni anfibi, rettili, pesci, crostacei, molluschi dell’Appennino ligure – piemontese, così come un esemplare di lupo, di cui andava particolarmente orgoglioso. Venne investito il 25 marzo 2014 da una ragazza che andava al lavoro, a 500 metri dal suo centro di inanellamento. Fu riconosciuto come “lupo” dall’Istituto di Veterinaria di Torino che, dopo gli esami genetici, glielo restituì affinché venisse conservato nel Museo. La quarta sala è interamente dedicata all’entomologia, in particolare alle farfalle indigene diurne e notturne e a numerosi coleotteri. La quinta ed ultima sala è dedicata ai vegetali ed ospita il più importante erbario della Provincia di Alessandria, con oltre seimila fogli di diverse specie botaniche, frutto del lungo e paziente lavoro di Mario Carrega e Domenico Silla. Nel Museo sono presenti anche un’importante biblioteca ed emeroteca che consta di oltre duemila titoli e un ricco archivio fotografico. Va ricordato che grazie al Gruppo Naturalisti di Stazzano, è stato possibile pubblicare periodicamente un notiziario locale ricco di informazioni scientifiche. Fabrizio Silvano, oltre ad essere stato dal 1980 direttore del Civico Museo di Stazzano, che possiamo definire una sua creazione, ha ottenuto diverse cariche, tra cui quella di socio fondatore, membro del consiglio direttivo e dal 2018 socio onorario del G.P.S.O. (Gruppo Piemontese Studi Ornitologici). Dal 1990 è stato fondatore e responsabile scientifico del Centro di Inanellamento Provinciale del Torrente Scrivia sito a Cassano Spinola, dotato di patentino “A” dall’I.S.P.R.A. come inanellatore, partecipò al progetto “Piccole Isole Mediterranee” per lo studio


della migrazione nei campi di inanellamento nell’Isola di Capri, Palmaria, Ventotene, come pure in altre località alpine, Colle delle Finestre, Vaccera e tante altre. Oggi risulta autore o coautore di oltre cinquantacinque pubblicazioni scientifiche su riviste italiane ed estere. Negli ultimi anni profuse molte energie anche nello studio etologico di due specie poco conosciute: l’assiolo (Otus scops) e il succiacapre (Caprimulgus europaeus), monitorando la popolazione della Valle Scrivia. Nel 2019 iniziò anche un progetto, in collaborazione con la Svezia, di geolocalizzazione di queste due specie tramite un minuscolo geolocator. È stato docente in numerosi corsi di formazione per guide naturalistiche, guardie ecologiche, guardie venatorie volontarie e operatori faunistici; da sempre collaborò attivamente o ideò progetti di educazione ambientale

L’autore assieme a Silvano in una delle sale espositive del Civico Museo di Stazzano

La prima piattaforma di annunci on-line per lo scambio di uccelli da gabbia e da voliera, di attrezzature e accessori ornitologici OrniScambio è raggiungibile cliccando il banner sul sito

www.foi.it

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La suggestiva facciata di Villa Gardella, oggi sede del Civico Museo di Storia Naturale di Stazzano, voluto e fondato da Silvano

rivolti a scolaresche di ogni ordine e grado ed anche con diverse prestigiose Università italiane, fungendo anche da correlatore di oltre 30 tesi universitarie a carattere ecologico e zoologico. Ben presto raggiunse una capillare conoscenza del territorio alessandrino, tale da renderlo un prezioso punto di riferimento per chiunque volesse interessarsene. Persona dal carattere aperto, gioviale e disponibile, dotato di grande energia

e spirito operativo sapeva però anche, ove occorresse, essere determinato e coerente nelle sue decisioni. È proprio per il suo coraggioso temperamento se, nel 1980, fu organizzato un sit-in e l’occupazione della sala consiliare “Ghilini” sede della Provincia di Alessandria, dove per sei giorni “h24”, 51 agenti hanno dormito e mangiato. Grazie a questa estrema azione, sei anni dopo furono avviati i concorsi volti a regolarizzare le posizioni di tutti gli agenti provinciali, agenti che ancor oggi ricordano con affetto la sua memoria e il suo operato. Questi suoi aspetti caratteriali gli consentirono così di legare importanti

Si dimostrò valido e insostituibile componente in diverse spedizioni scientifiche rivolte ad approfondire aspetti zoologici ed ecologici

Silvano con il primo lupo rinvenuto investito nella Valle Scrivia e oggi custodito nel Museo a Villa Gardella

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Copertina del volume monografico sugli uccelli della Valle Scrivia da lui edito nel 2008

amicizie e rapporti collaborativi con molti tra i più autorevoli naturalisti e ornitologi italiani, tra cui Edgardo Moltoni, Aldo Pazzuconi, Giovanni Boano, Toni Mingozzi, Claudio Pulcher, Federico Torregiani, Marco Pavia, Silvio Spanò e molti altri. Si dimostrò valido e insostituibile componente in diverse spedizioni scientifiche rivolte ad approfondire aspetti zoologici ed ecologici: in Egitto nel 1992, in Argentina nel 1994, in Perù e nello stato Amazonas nel 2002, nonché in Burkina Faso nell’Africa Occidentale nel 2010/2011/2012. L’ornitologo Fabrizio Silvano ha così lasciato un incolmabile vuoto tra tutti gli amici, colleghi e persone che hanno avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo. Mancheranno le sue dotte e coinvolgenti lezioni ai bambini delle scolaresche di ogni ordine e grado, come pure ai numerosi allievi che negli anni si sono avvicinati allo studio dell’ornitologia. È grazie a lui se tanti studenti universitari poterono svolgere tesi inerenti il territorio dello Scrivia. L’auspicio è che i tanti progetti e iniziative da lui avviati possano proseguire ed accrescersi, così come lui avrebbe desiderato.


CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Il Benacus, nuova razza di canarino arricciato testo e foto di LUIGI BUSTAFFA, PIETRO PELUSO e ANTONIO STRAZZER

L

a razza di canarini di forma arricciati Benacus deve il proprio nome al Lago di Garda, sulle cui sponde è stato ideato. Riconosciuto dalla FOI a

livello nazionale nel 2016, ha debuttato a livello internazionale nel 2019. Presentato dal giudice internazionale Giuseppe Nastasi al 67° Campionato Mondiale di

Ha debuttato a livello internazionale nel 2019

Benacus Pezzato Testa Ciuffata

Ornitologia tenutosi a Zwolle, in Olanda, ha ricevuto il primo giudizio entusiasta da parte della giuria internazionale. Malgrado qualche difficoltà durante l’ingabbio, facilmente aggirata dall’insuperabile Staff della F.O.I., il Benacus, con altrettanta facilità, ha superato anche il secondo esame COM al Mondiale tenutosi nel 2020 a Matosiñhos, in Portogallo. Lo standard di eccellenza della razza fu elaborato dagli autori di questo scritto con l’aiuto degli indimenticabili giudici internazionali sigg. Giovanni Bertoncello e Alfano Stach. Fa piacere ricordare, in questa sede, che il ciuffo fu inserito nella selezione grazie ad un fiorino bianco T.C. di rara bellezza, fornito proprio dal giudice Bertoncello. Il giudice internazionale Giuseppe Corsa, nel suo ruolo di Presidente della Commissione Tecnica Nazionale CFPA, ricevuta la segnalazione che si stava lavorando alla selezione di questa nuova razza, ebbe l’attenzione e la cortesia di recarsi personalmente presso l’allevamento Peluso, in quel di Riva del Garda, per comprendere appieno le procedure selettive utilizzate e per dare un fattivo contributo tecnico alla definizione di uno standard che, nel rispetto delle direttive C.O.M., rendesse la razza immediatamente riconoscibile.

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Disegno Benacus Lipocromico Testa Ciuffata

Il risultato di questo intenso lavoro, tecnico e selettivo, ha dato origine ad uno splendido canarino le cui caratteristiche di razza sono, allo stato attuale, ben definite e stabilizzate, come sosteneva, già due anni or sono, il giudice Nastasi a Zwolle.

Gli allevatori devono avere grande attenzione nel selezionare con cura questo canarino per esaltare le caratteristiche proprie della razza e per ottenere soggetti di tipicità eccellente. Solo in questo modo sarà possibile far sì che la razza venga apprezzata da un numero

In ricordo di Claudio Emissivi

I

l 17 Aprile 2020 è venuto a mancare il nostro socio ed amico Claudio Emissivi. Lo ricorderemo sempre come maestro di passione ed entusiasmo ornitologico. Fu tra i fondatori primari dell’Associazione Ornitologica Mantovana ed innovatore perseverante del canarino di colore. La sua umiltà e lo spiccato spirito associativo sono stati stimolo di continuità e di profonda amicizia. I vari titoli di campione conseguiti nelle più importanti rassegne sono stati sempre motivo di vera e comune aggregazione degli amici all’Associazione Ornitologica Mantovana, ed era proprio questo il suo carisma. A nome di tutta l’A.O.M. nel tuo indimenticabile ricordo, seguiremo i tuoi insegnamenti di alta moralità. Ciao Claudio A.O.M. MANTOVA

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sempre maggiore di allevatori e, diffondendosi, migliori sempre di più. Lo standard che riportiamo di seguito evidenzia le tipicità ed esalta le differenze con le razze consimili. Commento alle singole voci dello Standard: Testa e collo: testa a forma di nocciola, collo lungo liscio, punti 20 Testa ciuffata: ciuffo composto conforme alla forma della testa, che si diparte da un punto centrale di essa coprendola interamente e lasciando scoperti la radice del becco e gli occhi. Testa liscia: a forma di nocciola con assenza di sopracciglia. Collo: lungo e proteso in avanti. Portamento: a forma di sette, punti 15 Collo proteso in orizzontale a livello dei carpi nella posizione di lavoro, corpo verticale con coda perpendicolare al posatoio. Il soggetto, avendo sugli arti inferiori una leggera flessione al calcagno, assume con facilità la posizione di lavoro e la mantiene nel tempo. Da considerare difetto l’eccessiva irrequietezza e l’aggrapparsi alle sbarrette. Taglia: lunghezza 16 cm, ben proporzionato; soggetti con lunghezze inferiori a 16 cm saranno severamente penalizzati. Punti 10 Jabot: composto da due arricciature che dai lati del collo convergono verso il centro per coprire completamente la zona giugulare; punti 10 Oltre a coprire completamente la zona giugulare, la moderata abbondanza di piumaggio deve ricoprire totalmente lo sterno. Fianchi: corti, leggermente folti, simmetrici, rivolti verso l’alto senza coprire le ali o raggiungere le spalline; punti 10 Arti inferiori: lunghi, deplumati al ginocchio, leggermente flessi al calcagno; punti 10 La leggera flessione del calcagno è un connotato riveniente sia dall’accoppiamento con il Bossu che con il Fiorino. Spalline: con netta demarcazione centrale, simmetriche, incuneati fra i carpi. Punti 5 L’osservazione di questo connotato va fatto sia dall’alto, per apprezzarne la lunghezza e la quantità, sia da dietro: da questa prospettiva le spalle saranno alte, leggermente larghe.


Piumaggio: composto, brillante, moderatamente voluminoso; addome liscio, esente da arricciature, tutti i colori ammessi. Punti 5 Ali: Lunghe, uniformi, ben aderenti al corpo. Punti 5 Le ali devono essere larghe, lunghe e integre; dovranno essere ben aderenti al corpo e in nessun caso incrociare. Coda: lunghezza proporzionata al corpo, stretta e lievemente biforcuta all’estremità. Punti 5 La coda dovrà essere ben proporzionata e soprattutto integra, non presentando il Benacus un’indole irrequieta. Benessere generale: stato di salute buono, vivace, curato igienicamente. Punti 5 Come tutti gli arricciati di posizione, il giudizio del Benacus dovrà essere fatto in tarda mattinata, dove si presume ci saranno le migliori condizioni ambientali e il canarino sarà al massimo della forma; naturalmente, verrà giudicato sul tavolo alto.

La gabbia da esposizione è quella a cupola con un posatoio in alto, centrale, di sezione tonda e diametro mm 12. Anello F.O.I. tipo B Il successo ottenuto nelle prime due presentazioni internazionali ha suscitato in tutti noi grande entusiasmo e ravvivato la voglia di allevare. L’attuale stagione riproduttiva sta, fortunatamente, procedendo benissimo e lascia ben sperare per il futuro. Chiediamo a tutti gli allevatori di questa simpatica razza di prodigarsi per partecipare con noi al Mondiale che, se si terrà, avrà luogo a Valencia nel gennaio 2021 (rinviato al 2022, ndr), presentando il maggior numero possibile di soggetti tipici. Siamo fiduciosi che il Benacus potrà superare con facilità questo terzo ed ultimo esame C.O.M. che sancirà, ce lo auguriamo, il suo definitivo riconoscimento internazionale.

Disegno Benacus Lipocromico Testa Liscia

Fai da te… se si rompe la molletta dello sportellino da gabbia

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1. Munirsi di una molletta togliendola ad una vecchia gabbia 2. Acquistare dal ferramenta un rivetto da cm.2,5x0,5 3. Con una tronchesina tagliare la stecca ove c’è la molletta rotta ad un centimetro dal basso 4. Togliere la molletta rotta ed infilare nel giusto verso quella “nuova”, di seguito infilare il rivetto incastrandolo nel moncone della stecca tagliata 5. Con l’aiuto di una pinzetta agganciate la molletta 6. E voilà lo sportellino funzionerà di nuovo. “Brevetto” CIRINO MESSINA

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O rniFlash Gli storni cantano quando si sentono felici e di buon umore

News al volo dal web e non solo

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na ricerca analizza il canto degli uccelli, in particolare degli storni, e come questo sia influenzato o meno dal “buon umore” e da sentimenti positivi dell’animale. Questo studio è stato sviluppato dai ricercatori dell’Università del Wisconsin ed è stata pubblicato sulla rivista Scientific Report. La ricerca vede come protagonista un uccello in particolare, lo Storno, che vive praticamente in ogni parte del globo, fatta eccezione per l’America meridionale e l’Antartide. Sono uccelli molto gregari e formano degli stormi con numerosi individui. Per la ricerca è stato somministrato, a qualche individuo, un farmaco particolare: il Fentanyl. Esso è un potente analgesico ed un oppioide sintetico che dona agli esseri umani un senso di euforia e che, secondo gli scienziati, avrebbe indotto l’uccello a stare “di buon umore” e tranquillo, uno stato positivo per l’animale, quindi. Dopo la somministrazione del farmaco gli uccelli sotto studio sono stati portati all’interno di un’area che loro considerano serena e sicura, spesso associata a ricordi piacevoli per il volatile. È stato dunque registrato ed analizzato il canto di questi uccelli con il buon umore indotto tramite farmaco, e quello che gli scienziati hanno ascoltato è un canto molto particolare, diverso dal solito, che sembrava quasi del tipo free-form jazz. Questi uccelli sono particolarmente attivi e cantano spesso quando si trovano all’interno di uno stormo che conferisce, quindi, all’animale un sentimento positivo perché l’individuo si sente circondato da altri della sua stessa specie, al sicuro e a suo agio. Ecco quindi che se cantano quando sono da soli è perché, di conseguenza, sono tranquilli e di umore positivo, come quando si trovano all’interno di uno stormo. Fonte: https://tech.everyeye.it/notizie/storni-cantanoquando-sentono-felici-buon-umore-469411.html Immagine: kanecountyconnects.com

Un binocolo integrato, sempre pronto all’uso

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utti gli uccelli hanno occhi straordinari e un’ottima resa dei colori, ma i rapaci come l’aquila dalla testa bianca (Haliaeetus leucocephalus) sono veri fuoriclasse. All’interno dei loro grandi occhi si trovano “lenti addizionali” in grado di creare un’immagine ingrandita quando lo sguardo dell’animale si concentra sul soggetto. In pratica è come avere un binocolo integrato nell’occhio. La visione periferica rimane comunque ottima e consente a questi uccelli di compiere manovre precise in volo anche a bassa quota mentre puntano il bersaglio. Una “tecnologia animale” che li porta a fare cose per noi impensabili: un gheppio, per esempio, può avvistare una cavalletta tra l’erba a cento metri di distanza ed è anche sensibile alla luce ultravioletta. Grazie a questa caratteristica può vedere le tracce di urina (che reagisce a questa porzione dello spettro luminoso brillando debolmente se illuminata dal sole) dei piccoli roditori, le sue prede preferite. Noi uomini possiamo scordarci certe prestazioni, ma anche alcune persone hanno un “occhio” fuori dal comune. Un pilota militare dell’aeronautica israeliana, Giora Epstein, il più grande asso dell’era moderna, attivo negli anni ’60-70 del secolo scorso, aveva una vista così acuta da individuare gli aerei nemici al doppio della distanza degli altri piloti. Lo chiamavano “occhio di falco”. Fonte: https://rivistanatura.com/un-binocolo-integrato-sempre-pronto-alluso/


O rniFlash Una prima mondiale per Abu Dhabi con la sosta di uccelli ultra-rari on l’inizio della migrazione autunnale degli uccelli, uno degli uccelli più rari al mondo è stato avvistato sul campo da golf Saadiyat Beach ad Abu Dhabi da due membri del Comitato degli Archivi degli Uccelli degli EAU, EBRC, Oscar Campbell e Simon Lloyd. L’uccello, un Whimbrel delle steppe (Numenius phaeopus alboaxillaris), è una sottospecie estremamente rara del diffuso Whimbrel, che attraversa regolarmente gli Emirati in primavera e in autunno. L’uccello visto ad Abu Dhabi era un giovane, nato quest’anno. È la prima volta che un giovane Whimbrel delle steppe viene visto in qualsiasi parte del mondo. Si stima che il Whimbrel delle steppe, la più rara delle cinque sottospecie di Whimbrel, abbia una popolazione globale di circa 100 uccelli. Non sono mai state individuate più di 19 coppie riproduttive, in tre siti di riproduzione, e il numero massimo mai visto insieme è di 11 esemplari, durante la migrazione nel Mar Caspio. La scoperta dei membri dell’EBRC Campbell e Lloyd, entrambi insegnanti della Scuola Britannica Al Khubairat, è stata fatta il 29 agosto. L’uccello è stato ritrovato il 31 agosto da un altro membro dell’EBRC, Peter Hellyer, ed era ancora presente l’11 settembre. Ora si ritiene che abbia continuato a migrare verso l’Africa orientale. I Whimbrel delle steppe differiscono dalle altre sottospecie di Whimbrel per avere una parte inferiore del corpo in gran parte bianca, priva delle barre e dei segni scuri che sono altrimenti tipici dei Whimbrel. Fonte: https://wam.ae/it/details/1395302871053

La Francia sospende la caccia alla tortora con una decisa inversione di marcia

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a tortora europea non sarà più cacciata legalmente in Francia questo autunno, dopo che il Conseil d’Etat ha vietato la caccia alle specie elencate in vulnerabilità. La sentenza del Conseil d’Etat ha affermato: “Il Consiglio rileva che, poiché la specie è diminuita dell’80% in 15 anni, gli esperti raccomandano un divieto di caccia per questo uccello selvatico - e il governo non ha presentato alcun argomento che gli consenta di giustificare la sua autorizzazione alla caccia.” La mossa arriva settimane dopo che il governo francese aveva approvato la caccia legale di 17.460 tortore europee questo autunno, nonostante la consultazione pubblica durante l’estate abbia rilevato che circa il 77% di 20.000 persone era contrario all’idea. La Ligue de Protection des Oiseaux (LPO) ha fatto pressioni contro il decreto e afferma che almeno 7.000 tortore sono già state uccise in questa stagione. La decisione è stata anche presa perché la Commissione europea ha chiesto allo Stato francese di “mettere in atto tutte le misure” per aiutare la popolazione europea della tortora a tornare a un “buono stato di conservazione”, ha detto l’LPO. Fonte: https://www.birdguides.com/news/france-suspends-turtle-dove-hunting-in-dramaticu-turn/?fbclid=IwAR0LVoZ6j8kdhUr8eIxWU6XIUWuNTcguaN0rCuiP7CIJcB866Jr4QxpP3A

News al volo dal web e non solo

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ALIMENTAZIONE

Il farinello comune Uno spinacio selvatico, edule, officinale e batteriostatico testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI

“Le erbacce sono semplicemente delle piante di cui non abbiamo ancora imparato a conoscere le virtù. Quello che la nostra mano oggi strappa e butta via, in futuro diventerà vitale”. (Anonimo) Introduzione In questi giorni di “reclusione” dovuti al Covid-19, ho aperto il quadernetto dei miei appunti di “orto-ornitofilo” e alla lettera “F” ho riscoperto un’erbaccia edule chiamata Farinello. Voglio raccontarvi come questo spinacio selvatico sia entrato a far parte delle erbe officinali di mia conoscenza e di utilizzo, confidando che sia utile per chi ancora continua ad estirparlo, non lo abbia gustato e non ne conosce le virtù fitoterapiche e batteriostatiche. Nell’attesa dell’amico agronomo Massimo che avevo chiamato per un consiglio sulla potatura del corbezzolo, i cui rami stavano entrando in competizione con quelli del pino, mi son messo ad estirpare alcune erbacce infestanti lungo il percorso che delimita l’orticello. È un pomeriggio soleggiato di metà aprile; avevo nelle mani alcune “erbacce” appena sradicate, quando Massimo, appena giunto vicino a me: - “Ehi! Gigi, eccomi qui, ho trovato il cancello aperto… sempre al lavoro…” - “Ciao, ciao, ben arrivato. Il rombo della tua moto ti precede in maniera inconfondibile… (una 500 Guzzi sport). Sto estirpando alcune erbacce”. - “Fammi vedere… non sembrano tutte erbacce: questa ad esempio è il Farinello o Farinaccio, ossia uno spinacio selvatico. Si riconosce da questa polverina bianca che ha sulla parte inferiore delle foglie. È

Pianticella di farinello in primo piano

ottima come verdura cotta e in misticanze di insalata. Ha tra l’altro molte proprietà fitoterapiche per la cura e prevenzione di varie malattie che non sto ad elencarti, ma che puoi trovare in qualsiasi trattato di erbe selvatiche. Invece di estirparlo, recidilo alla base, se ti dà fastidio, e «ricaccerà» dandoti dell’ottima verdura per la casa e delle infiorescenze con semini che puoi tranquillamente dare ai tuoi canarini. Sono molto gradite anche a passeri, cardellini, verdoni e altri uccelli silvani che, di sicuro, frequentano il tuo giardino…” - “Ma, Massimo, mi infestano tutto l’orto…”

- “Fa finta di aver piantato gli spinaci e l’Angela sarà contenta” - “Sarà una gara dura fare accettare dall’Angela questo farinello; con la piantaggine, a forza di insistere, qualche fogliolina sono riuscito a portarla in tavola… ma che battaglie! Io le raccolgo e lei durante la capatura me le scarta. Proverò a darlo ai canarini e, come tu dici, spero che lo gradiscano come le altre verdure!” - “Dai, guardiamo questo corbezzolo da abbassare. Entro il mese va potato… Facciamo presto, non ho molto tempo, mi aspetta un’altra persona!” Controllato il corbezzolo e deciso quali

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Pianta di farinello nata vicino ad un bulbo di cipolla

rami tagliare per dargli una forma più aggraziata e più accessibile per la raccolta dei frutti, ci sediamo sotto il portico per una breve chiacchierata e per un bicchierino di nocino. Non facciamo in tempo a gustarcelo per intero che squilla il cellulare di Massimo e lui: “Sono da Gigi, il tempo di arrivare e sono lì”. Bevuto l’ultimo sorso ci alziamo e lo accompagno alla moto. Strada facendo, augurandomi buon lavoro, Massimo aggiunge un ultimo consiglio sul Farinello: “Quando avrai gustato il Farinello e scoperto le sue proprietà, sicuramente non lo estirperai più e anche l’Angela lo accetterà sicuramente. A proposito, dov’è? Non si è fatta vedere...” - “È andata a casa di Micaela a trovare la nipotina Sahumi” - “Allora porta i miei saluti a tutte due… e un bacione alla nipotina”. Ci salutiamo, mette in moto la sua “Guzzi 500 sport “, indossa il casco, sale e ne va.

Farinello in fiore

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Poco dopo, ecco mia moglie. Le riferisco della visita di Massimo, dei saluti, dei consigli che mi ha dato sulla potatura del corbezzolo ed anche su di una erbaccia che stavo estirpando, chiamata farinello, uno spinacio selvatico che, secondo lui, può essere cucinato come gli spinaci; è buono anche come verdura in insalata. Angela mi interrompe e mi dice: - “I giorni scorsi, del farinello hanno parlato a Geo & Geo, illustrandone le proprietà, il suo utilizzo in cucina sia in insalata che cotto per il ripieno di ravioli, di cannelloni ed anche per un pesto con aglio e mandorle. Allora, visto che ci sono, invece di estirparlo e gettarlo, me le raccogli e proviamo a farne un pesto?”. (Mia moglie confeziona “pesti particolari”, ritenuti ottimi e molto graditi dalle figlie e da qualche amico che li ha assaggiati!) Il suo intervento mi spiazza, data la sua ritrosia a certe erbe selvatiche da sempre evitate, perché ritenute per tradizione non commestibili. Ed io che credevo di sudare le proverbiali sette camicie per farle accettare questo farinello! Cosa ha potuto fare una trasmissione televisiva! Comunque, prima di aderire alla richiesta di mia moglie, ho voluto conoscere meglio le proprietà di questo spinacio selvatico e, come suggeritomi dall’amico Massimo, alcuni trattati di erbe selvatiche hanno soddisfatto la mia curiosità.

Descrizione Botanica Il farinello comune (nome scientifico Chenopodium album ) è una pianta erbacea diffusa in tutta la penisola italiana e in tutte le regioni temperate e subtropicali del mondo. Appartiene alla famiglia delle Chenopodiaceae. Da non confondersi con il Buon Enrico (Chenopodium bonus Henricus L.), anch’esso commestibile e annoverato tra gli spinaci selvatici; più comune in montagna e molto raro in pianura, ha le stesse proprietà fitoterapiche del Chenopodium album. Il Farinello, chiamato anche Farinaccio, è una specie arborea polimorfa infestante e subisce le influenze dei vari habitat in cui cresce, per cui se ne annoverano moltissime sottospecie. Può assumere anche l’aspetto arbustivo fino a raggiungere un’altezza di circa 150 cm. La radice è del tipo a fittone. Le foglie sono alterne, picciolate di forma spatolato-lanceolata. I fiori sono di colore verdastro. Il frutto è una capsula che alla maturità diventa carnosa e succosa. Ogni frutto contiene un solo seme nerastro e lucido a forma lenticolare. (Per migliori informazioni vedasi l’allegata foto tratta da Wikipedia). Etimologicamente il nome deriva dal greco chen (= oca) e pous (= piede) oppure podion (= piccolo piede), per la forma delle foglie simili al piede dell’oca. Il nome specifico Album si riferisce alla colorazione dell’infiorescenza oppure alla farina bianca che ricopre le foglie, che al tatto lascia tracce visibili, (utile per il riconoscimento della pianta) e da qui anche il nome italiano di Farinello o Farinaccio. In Italia, questa pianticella, la troviamo facilmente lungo i sentieri di campagna, negli orti, nei campi incolti e anche nei terreni aridi. In alcune nazioni, ed ultimamente anche da noi, il Farinello viene coltivato come pianta per uso alimentare per le sue proprietà organolettiche (sapore pronunciato e deciso, meno insipido dello spinacio classico) che ricordano quelle della quinoa (pianta erbacea appartenente alla stessa famiglia delle Chenopodiaceae con infiorescenze rossastre), ed anche ad uso medicinale, per le sue riconosciute proprietà officinali.


Valori nutrizionali - calcolati per 100 gr. di farinello comune - fonte: U.S. Department of Agriculture, Agricultural Research Service. 2011. USDA National Nutrient Database for Standard Reference, Release 24 (). - RDA = dose giornaliera consigliata Nutrienti principali Acqua Calorie Proteine Grassi Ceneri Carboidrati Fibre Carboidrati Minerali Calcio Ferro Magnesio Fosforo Potassio Sodio Zinco Rame Manganese Selenio Vitamine Vitamina C (acido ascorbico) Tiamina (vitamina B1) Riboflavina (vitamina B2) Niacina (vitamina B3 o PP) Acido Pantotenico (vitamina B5) Piridossina (vitamina B6) Folati Acido folico Folati alimentari Folati (DFE) Vitamina B12 Vitamina A (RAE) Retinolo Vitamina A, IU Vitamina D (D2+D3) Vitamina D

84.3 43 4.2 0.8 3.4 7.3 4

g kcal g g g g g

309 1.2 34 72 452 43 0.44 0.293 0.782 0.9

mg mg mg mg mg mg mg mg mg μg

80 0.16 0.44 1.2 0.092 0.274 30 0 30 30 0 580 0 11600 0 0

mg mg mg mg mg mg μg μg μg μg μg μg μg IU μg μg

Proprietà ed utilizzo Il farinello è un’erba spontanea che possiamo avere a disposizione a partire dalla primavera, con la raccolta delle sue tenere foglioline per usi culinari; durante l’estate per i suoi capolini fioriti e, a fine autunno, per la raccolta dei semini maturi, i quali, oltre che come alimento per i nostri volatili, possono essere tritati per produrre anche un’ottima farina. Vitamine, minerali, aminoacidi, ecc. riportati nella tabellina allegata dimostrano quanto sia ricca di nutrienti questa umile pianticella, così da renderla veramente utile, come diceva l’amico Massimo, sia in cucina che in

133,3 % RDA 11,4 % RDA 27,5 % RDA 6,7 % RDA 1,5 % RDA 13,7 % RDA

15 % RDA 72,5 % RDA

Lipidi Grassi saturi C14:0 - Acido miristico C16:0 - Acido palmitico C18:0 - Acido stearico Grassi monoinsaturi C16:1 - Acido palmitoleico C18:1 - Acido oleico C20:1 - Acido gadoleico C22:1 - Acido erucico Grassi polinsaturi C18:2 - Acido linoleico C18:3 - Acido linolenico C20:4 - Arachidonico Colesterolo Fitosteroli Aminoacidi Triptofano Treonina Isoleucina Leucina Lisina Metionina Cistina Fenilalanina Tirosina Valina Arginina Istidina Alanina Acido aspartico Acido glutammico Glicina Prolina Serina Altro

0.059 0.002 0.047 0.005 0.15 0.002 0.115 0.013 0.02 0.351 0.313 0.036 0.002 0

g g g g g g g g g g g g g mg

0.038 0.163 0.253 0.35 0.354 0.049 0.089 0.166 0.175 0.226 0.253 0.116 0.322 0.431 0.521 0.249 0.223 0.2

g g g g g g g g g g g g g g g g g g

Farinello appena raccolto

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Semi di farinello, fonte: casaegiardino.it

fitoterapia e farmacologia. Anche la medicina ufficiale ha riconosciuto scientificamente quello che la medicina popolare asseriva sulle proprietà medicinali del farinello, vale a dire la sua utilità nella prevenzione e cura di varie malattie. Proprietà medicinali Fra tutte le proprietà del farinello, la più importante, anche nell’uso ornitologico, è l’antielmintica, vale a dire utile ad eliminare svariati tipi di vermi o elminti parassiti. Altre proprietà sono: antiflogistiche (riesce a prevenire o addirittura curare

Chenopodium bonus Henricus da Segreti e vertù delle piante medicinali

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Chenoposium album da Wikipedia

un gran numero di infiammazioni); antireumatiche (utile contro le affezioni reumatiche), carminative (favorisce la fuoriuscita dei gas intestinali), stomachiche (agevola la funzione digestiva), e digestive in generale

Fra le proprietà del farinello, la più importante, anche nell’uso ornitologico, è l’antielmintica

Chenopodium album da Le Erbe Selvatiche di E. LAZZARINI

(utile in casi di stipsi e costipazione). In fitoterapia vengono consigliati degli infusi di foglie fresche come ottimo rimedio carminativo, emmenagogo e digestivo aromatico. Vengono pure consigliati impacchi fatti con le foglie per curare gli ascessi e per evitare la formazione di bolle nelle scottature o piccole ustioni. I semi e le farine ricavate del Farinello, che contengono dal 16 al 21% di proteine, dal 42 al 69% di glucidi e dal 4 al 5% di lipidi e mediamente circa un 25% di fibre, hanno un’ottima proprietà vermifuga soprattutto verso gli Ascaris lumbricoides.


In cucina Il farinello può essere usato sia crudo, con foglie e giovani germogli in misticanze di insalata, sia cotto, per ripieni di ravioli, cannelloni ecc. o per farne dei pesti. Consiglio una vecchia ricetta che mia moglie ha rintracciato nei suoi libri di cucina, dopo aver ascoltato la suddetta trasmissione televisiva. Ha fatto saltare in padella con olio, aglio e pancetta, germogli e foglie del farinello: vi dico che, fin dal profumo, il mio gusto è risultato pienamente soddisfatto! Va ricordato che, durante la cottura, il farinello si riduce di molto, per cui è meglio abbondare nella quantità. Se viene lessato, usare poca acqua, così da preservare buona parte delle proprietà nutrizionali, vitamine e sali minerali. I semini possono essere consumati come cereali, per preparare dolci, saltati in padella o tritati per ottenerne della farina. Nei nostri allevamenti di uccelli da compagnia Prendendo spunto dalla natura, dove cardellini, verdoni, verzellini, passeri ed altri silvani, nel periodo riproduttivo, si nutrono di infiorescenze con semini allo stato lattiginoso e nel periodo autunnale, aggrappati agli steli, carpiscono gli ultimi semi che non sono stati portati via dal vento. Chi ha la possibilità di reperire, come me, anche questa pianticella erbacea in posti lontani dal traffico, non inquinati, in terreni ed orti sicuri da diserbanti e prodotti chimici, meglio se a colture biologiche, può tranquillamente fruire dei benefici di tutti i componenti nutrizionali di questo spinacio selvatico, a partire dalla primavera fin ad ottobre inoltrato. Foglie, germogli fioriti e semini sono un ottimo alimento che può accompagnare i nostri volatili in tutti gli stadi della loro vita. Logicamente senza abusarne, come per qualsiasi altro alimento.

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Ed ecco che il farinello, per chi ha la possibilità di reperirlo, diventa quasi indispensabile in tutta la sua interezza. Le foglioline primaverili, i capolini fioriti carichi di semini allo stato lattiginoso, semi e farina, senza dimenticare l’acqua di cottura in cui questo spinacio selvatico rilascia tutti i suoi principi attivi, molto indicata per inumidire tutti i pastoncini, danno un valido supporto, anche economico, nella gestione dell’allevamento.

Farinello in precottura per frittata

Sono un alimento interessante sia i semini essiccati sia la farina di farinello, i cui contenuti e proprietà sopra riportati possono essere utili nell’integrazione dei pastoncini. Apportano una buona quantità di magnesio, calcio, potassio, ferro e fosforo e sono ricchi di lisina, un amminoacido carente nelle farine dei classici cereali. È bene ricordare che la carenza di lisina determina le seguenti sintomatologie: arresto della crescita o perdita di peso e peggioramento della qualità delle piume. Il fabbisogno di questo aminoacido è molto più importante e necessario per lo sviluppo dei pulli e durante la muta rispetto al fabbisogno per il mantenimento dei volatili adulti. Pertanto, un’integrazione di lisina, che possiamo anche fornire con la pianta del farinello e suoi derivati, è particolarmente indicata soprattutto nel primo periodo di vita. Inoltre, l’ottima presenza di niacina, oltre ad apportare tutti i benefici intrinsechi di detta vitamina, rende il farinello molto utile anche nel periodo della muta, in quanto agisce positivamente sul sistema nervoso, con funzione regolatrice, contrastando i livelli di stress.

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Alcune curiosità non solo storiche Molti scavi archeologici documentano che fin dalla preistoria questa pianticella erbacea abbia accompagnato l’uomo nel suo percorso evolutivo come pianta edibile. Alcuni scritti dicono che gli Atzechi lo utilizzassero per ricavare una farina dai suoi semi. Gli antichi Romani coltivavano il Chenopodium come ortaggio e lo ritroviamo in alcune ricette di Apicio, come verdura digestiva. Scavi archeologici eseguiti in Svizzera, Spagna e nelle isole Ebridi ma soprattutto l’uomo di Tollund, una mummia ben conservata trovata in una torbiera danese nel 1950 e risalente a circa 350 a.C., ne testimoniano la diffusione, dato che nello stomaco di quest’ulti-

L'autore con una pianta di farinello in fioritura nell'orto

Frittatina con foglie di farinello

mo furono trovati i resti di una zuppa con molti semi ed erbe diverse, tra cui il farinello. Tutto ciò conferma che questo spinacio selvatico fosse conosciuto e utilizzato come erba commestibile, come verdura per zuppe e che i suoi semi oleosi facessero parte, assieme ad altri cereali, della composizione di pane non lievitato. Oggi, a conferma delle sue proprietà medicinali, il farinello è presente in erboristeria, fitoterapia e farmacologia e per le qualità organolettiche anche nelle cucine di chef più o meno rinomati, per la preparazione di alcuni piatti a base di pesce, ad esempio merluzzo al farinello e zenzero, oltre alle varie preparazioni sopra menzionate. Al termine di questa indagine mi son detto: “Allora, Gigi, perché non lo facciamo entrare nella nostra tavola (così accontento la mia signora con il pesto di farinello) e, perché no, anche in quella dei canarini?” Detto e fatto: Con tutte le verdure in pentola è finito, nel pesto e in misticanze è stato ben gradito, nell’acqua di cottura… cous-cous e pastoncini, l’ho servito ai canarini. (Toh! M’è scappata una quartina!) Ad maiora, semper.


Rinascita delle Associazioni, nuovi stimoli al proselitismo

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a qualche tempo assistiamo impotenti ad una riduzione di iscritti alle Associazioni affiliate alla F.O.I. Cercando di capire le motivazioni di tale fenomeno, tra soci che non rinnovano e gente che, anche se a conoscenza dell’Istituzione, decide che a “nulla” serve, mi sono posto la domanda: perché? Il mio pensiero va al peso della crisi economica, ala scarsità di occupazione, alla decadenza del singolo connessa con il nichilismo sociale. Tali motivazioni non sono sicuramente da tutti percepite e quindi accettate, scaricando colpe su chi eventualmente non le ha. Proviamo qui ad elencarne altre che, insieme alle precedenti, potrebbero darci una visione più chiara e farci capire dov’è il problema principale e come cercare di risolverlo. Ripensando a quanto giornalmente la vita mi ha insegnato ed ogni momento vissuto, a quante persone, in circa 35 anni di appartenenza al movimento ornitologico, ho conosciuto, porrei come concausa emorragica, l’evoluzione della società, nella quale oggi viviamo. Questo cambiamento è certamente attribuibile alla velocità con la quale oggi si vive sempre in affanno, non si ha tempo per niente e per nessuno, neanche per gli affetti, figuriamoci per gli uccelli. Questo uomo non ha tempo per la natura: il volere tutto e subito, il cercare profitto da ogni singolo momento speso, la frenesia del valore assoluto del dio denaro e del raggiungimento dei propri scopi, lontani da quelli altrui, se non utili per sé stesso. A questo va aggiunto un iper-protezionismo familiare, capace di generare eterni fanciulli inabili a gestire una vita autonoma, che porta i giovani a restare in famiglia fino ad una età una volta inaccettabile. A questo punto bisogna anche parlare di ciò che io chiamo “la cultura degli isotteri” che va a coincidere con il sistema abitativo condominiale, il quale poco spazio lascia a luoghi ricreativi personali. Detto questo, voglio ora approfondire ciò che più mi sta cuore, la vita sociale e le attività ad essa correlate. In moltissimi casi, si palesa una negligente colpa dei dirigenti di base, incapaci di stimolare curiosità, incapaci di pensare iniziative adatte ad attrarre nuovi adepti o anche solo a conservare quei soci che, privi del fuoco ornitologico, lasciano dopo uno o due anni di iscrizione, perché non ben motivati nel continuare la loro esperienza associativa; gente che non ha mai partecipato non solo ad incontri tecnici ma neanche ad Assemblee sociali. Sarebbe interessante conoscere, a questo proposito, anche la percentuale di Associazioni che partecipano alle Assemblee Federali. Se facciamo una elementare proporzione, tra le Associazioni federate e mostre ornitologiche richieste, possiamo tracciare una prima analisi sconfortante, ma sufficiente ad

evidenziare il problema. Lo scorso anno, circa 227 Associazioni Federate, più della metà, sono rimaste inattive, non hanno, cioè, organizzato ed effettuato alcuna manifestazione capace di soddisfare i propri associati ed attirare la curiosità dei tantissimi amanti dell’ornicoltura. La colpa, prima di cominciare con lo scarica barile, sta nella mancanza di stimoli incentivanti per gli stessi Amministratori di base. Sarebbe, per esempio, interessante capire quante e quali Associazioni non hanno mai partecipato alle Assemblee, oppure organizzato mostre ornitologiche o altre manifestazioni a tema che diano lustro e visibilità al nostro hobby ed alla nostra capillare organizzazione. Da questo si dovrebbe partire per eliminare i rami secchi di una quercia che ha solo bisogno di nuova linfa e, per usare un eufemismo ornitologico, non di posti dove far nidificare corvi. Eppure questi rami secchi, in sede di adunanza generale, hanno lo stesso peso politico di quelle Associazioni che durante l’anno danno lustro e visibilità al Sodalizio. Ora volendo aiutare queste zavorre a riemergere dal fondo melmoso dello stagno della immobilità e dar loro la possibilità di vivere e contare quanto basta anche a livello politico, invitandoli a produrre acqua corrente che rinfreschi la nostra Federazione, dovremmo cercare di mettere a punto una cura riabilitante e ricostituente per lo scopo. Lo stimolo primario potrebbe essere quello della attuazione del sistema elettorale in uso nelle Società per Azioni, o altrimenti detto “Voto Pesante”. Della serie “conti quanto vali”. La F.O.I.-ETS è costituita da soci ordinari, cioè ASSOCIAZIONI. Ogni Associazione ha nel proprio “portafoglio” un numero X di “quote” (soci). Ora immaginiamo un parallelismo con le S.p.A. Possiamo dire che ogni socio corrisponde ad una azione. Se consideriamo che secondo il regolamento Federale la misura minima delle “azioni” per poter far parte della S.p.A. è di 15 soci, dovremmo dare la possibilità alle Associazioni che con il loro impegno accrescono ogni anno il capitale sociale, di contare più di quelle che inermi vegetano come delle alghe sottraendo così ossigeno a quelle piante che si dannano per produrre fiori e nuova vita. Con un pratico esempio, cerco di spiegarmi meglio: un voto ogni 15 soci, aumentato del 30 % per ogni altra attività, quali convegni, corsi ludico educativi nelle scuole primarie, gestione di parchi naturali pubblici o privati ed ogni altra attività capace a dare visibilità e nuovi iscritti. Credo che questo potrebbe dare una scossa elettrica alle nostre Associazioni, porterebbe alla ribalta solamente Presidenti fattivi, capaci e propositivi, evitando così la occupazione delle poltrone.

Lettere in Redazione

di S ERGIO PALMA

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del consiglio direttivo federale del 16 luglio 2020 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Rinvio Assemblea Nazionale Giudici; Il CDF, preso atto della richiesta pervenuta a mezzo mail in data 30 giugno 2020, prot. n. 32/ab/2020, dispone il rinvio dell’Assemblea Nazionale Giudici prevista per il 5 settembre 2020 al mese di aprile 2021. - Ratifica delle modifiche proposte dalla CTN CFPL; Il CDF rimane in attesa del parere dell’ODG solo all’esito del quale procederà alla eventuale ratifica modificativa di: - standard e scala valori per la razza Fife Fancy - standard e disegno per la razza Lancashire; - scheda e scala valori per la razza Gloster Fancy - disegno Razza Spagnola. - Rapporto di collaborazione scientifico con Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (DISTAL) con sede in Bologna, delega al Presidente per la sottoscrizione del protocollo d’intesa, del programma tecnico scientifico e dell’accordo economico, erogazione del relativo contributo; Il CDF comunica di aver attivato un rapporto di collaborazione con l’Università di Bologna – Alma Mater Studiorum, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (DISTAL), Prof. Luca Fontanesi, PhD (Full Professor of Animal Breeding and Genetics), Department of Agricultural and Food Sciences, Division of Animal Sciences, per ricerca genetica sui colori del canarino con particolare riferimento alle mutazioni nel gene melanophilin. La Federazione Ornicoltori Italiani collaborerà con il Prof. Fontanesi e con il Suo gruppo di lavoro fornendo il materiale genetico da esaminare e sarà di sostegno all’Università di Bologna per l’attuazione del progetto di ricerca in parola anche mediante la compartecipazione dei costi a sostenersi. Al Presidente viene conferita delega per la sottoscrizione del protocollo di intesa, del programma tecnico scientifico e dell’accordo economico. Il CDF deliberà altresì l’erogazione del relativo contributo economico. - Segnalazione disciplinare a carico di Maurizio Capuani da parte del RR Lazio; Il CDF ha ricevuto una segnalazione dal Consiglio Direttivo del Raggruppamento Regionale Lazio che, nel verbale di assemblea del 23 febbraio 2020 riportava frasi ingiuriose assuntivamente proferite dal Presidente dell’AOBF sig. Maurizio Capuani. Il CDF delibera pertanto l’apertura di procedimento disciplinare, disponendo la trasmissione del verbale in attenzione al sig. Maurizio Capuani affinché lo stesso faccia pervenire proprie osservazioni entro il 31 agosto 2020. - Delega al Presidente di sporgere denuncia-querela nei confronti dei Signori Valendino Giuseppe e Nobili Carlo Maria per le affermazioni diffamatorie dagli stessi postati sui social network. Il CDF, preso atto di alcuni messaggi postati su facebook dai Signori Valendino Giuseppe e Nobili Carlo Maria dal contenuto diffamatorio e gravemente lesivo della onorabilità, dell’onestà e della trasparenza delle attività della Federazione e dei suoi Dirigenti, conferisce delega al Presidente di sporgere denuncia-querela nei confronti dei predetti per le ipotesi di reato

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a configurarsi. La delega va ritenuta altresì comprensiva della facoltà di costituzione di parte civile. - Il CDF, a seguito richiesta di contributo pervenuto via mail in data 10 luglio 2020 da parte del Presidente Raggruppamento Calabria Giuseppe Zarola, ad oggetto lo svolgimento di un Corso G.E.M. per la gestione informatizzata delle Mostre Ornitologiche (giudizio dei soggetti con “TABLET”) ed un Corso sulla Gestione Sanitaria degli Allevamenti, previsto per sabato 3 ottobre 2020 a Pianopoli (CZ) delibera la concessione di un contributo pari ad euro 500,00. - Il CDF delibera la concessione di euro 500,00 al nuovo Consiglio Direttivo del Raggruppamento Sardegna, eletto nella tornata assembleare del 4 luglio 2020, a titolo di contributo ordinario. - Il CDF prende atto della relazione illustrativa pervenuta dalla CTN CFPL a seguito di contatti avuti con i Club di Specializzazione tramite telefonate e video chiamate su WhatsApp, in sostituzione dell’annuale incontro con i club in sede FOI causa Covid-19. - Il CDF, a seguito di specifica richiesta in tale senso pervenuta, autorizza il Presidente del Club del Malinois a poter utilizzare nel corrente anno il contributo ricevuto per l’anno 2019. - Il CDF concede deroga ai Raggruppamenti Lazio, Abruzzo-Molise e Marche-Umbria, affinché organizzino il Campionato Interregionale “Cuore d’Italia” ed alcune mostre specialistiche nel medesimo locale fieristico sempreché le manifestazioni vengano svolte in via autonoma e nel rispetto delle norme contenute nel regolamento generale mostre. Si precisa che tale deroga viene concessa solo per la prossima stagione mostre in considerazione delle difficoltà organizzative conseguenti all’emergenza sanitaria. - In relazione al procedimento di riconoscimento del Canarino di Forma e Posizione Arricciato denominato TorZuino, il vice presidente Diego Crovace, dopo aver esaminato la documentazione fornita dalla CTN FPA, costituita dallo standard tecnico della nuova razza, corredato da disegni della stessa; da un documento di presentazione; dalla descrizione dei parentali che l’ha originata; dall’ampio corredo fotografico; dalle schede tecniche di giudizio redatte a partire dal 2014, ha compiuto delle consultazioni al riguardo con il presidente di collegio, Angelo Ceccarelli. All’esito di tali attività lo stesso ha relazionato il CDF il quale prende atto ed approva che la prima fase di giudizio di questa razza in corso di riconoscimento è stata superata. - A fronte della richiesta formulata nell’ambito del verbale del CDF 26 aprile 2020, in relazione alla richiesta della CTN EFI di esposizione a concorso del Cardellino Testa Bianca, nelle combinazioni con la mutazione Pastello e con la mutazione Opale, oltre alla ulteriore sovrapposizione di mutazioni del Lipocromo (Cardellino Testa Bianca Pastello Giallo, oppure Cardellino Testa Bianca Opale Giallo), la stessa CTN EFI ha fatto pervenire una esaustiva relazione, corredata da fotografie di esemplari che manifestano le combinazioni di mutazioni in rassegna. A seguito dell’analisi della predetta relazione e considerati gli esiti delle consultazioni avute dal vice presidente Diego Crovace al riguardo, il CDF ratifica la richiesta di esposizione a concorso delle combinazioni di mutazioni in argomento.




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