SAGGI
Finanziamento tra “privati” su piattaforme web: il peer to peer lending di Giuseppe Cassano e Stefano Chiodi Sommario: 1. Il credito disintermediato: il finanziamento su piattaforma. – 2. Tipi di finanziamento. – 3. Quadro normativo. – 3.1. Il problema dei flussi finanziari: l’Istituto di pagamento. – 3.1.1. La vigilanza sugli Istituti di pagamento. – 3.2. La riserva di legge e la raccolta di risparmio presso il pubblico. – 3.3. La normativa europea. – 4. Conclusione. Dall’esperienza anglosassone anche in Italia si sta diffondendo, con qualche difficoltà, il P2P lending. Si tratta di finanziamenti erogati ad opera di soggetti non bancari: mutui a medio periodo o rapporti di factoring, di importo contenuto, erogati mediante piattaforme web specializzate. Il risparmio di costi dovuto alla disintermediazione, parametri meno severi e la velocità di erogazione, sono i principali fattori competitivi. L’assenza, nel nostro Paese, di una normativa specifica, tuttavia, pone tutta una serie di difficoltà che rischiano di minarne lo sviluppo. From the Anglo-Saxon experience, P2P lending is spreading in Italy too, with some difficulty. These are loans disbursed by entities other than anks: medium-term loans or factoring relationships, of limited amount, disbursed through specialized web platforms. The main competitive factors are costs savings due to disintermediation, less stringent parameters and delivery speed. The absence, in our country, of a specific piece of legislation, however, poses a whole series of difficulties that risk to undermine its development.
1. Il credito disintermediato: il finanziamento su piattaforma
In epoca moderna l’attività di concessione del credito è divenuta pressoché appannaggio esclusivo delle istituzioni bancarie che, nel perdurare della ben nota (ed ancora attuale) crisi finanziaria, a causa del credit crunch, hanno lasciato insoddisfatta una fetta di mercato “marginale”. La concessione del credito, infatti, è divenuta particolarmente difficoltosa per certi cluster di clientela a causa del crescente rischio di insolvenza (indotto dalla stessa crisi) e dalla necessità degli intermediari di rivedere la propria struttura organizzativa, rendendola più snella e profittevole, circostanza quest’ultima che poco risulta compatibile con una clientela di piccola dimensione, indipendentemente che si tratti di privati in cerca di soddisfare le proprie esigenze di consumo o di micro/ piccole imprese. Gli strumenti tecnologici del web, che nel frattempo si sono fatti sempre più diffusi ed efficaci, hanno permesso l’avvento di modalità di raccolta di risparmio indirizzate alla massa mediante l’utilizzo di piattaforme online a ciò deputate: è così nato il c.d. crowdfunding mediante il quale la massa indistinta di risparmiatori in cerca di una remunerazione per i propri capitali, diviene direttamente prestatore di denaro avviando un processo di disintermediazione “affascinante” per il pensiero comune di quest’epoca, per il quale l’emancipazione da istituzioni “ingombranti” (e le banche ne sono un esempio) può divenire appagante a prescindere, una sorta di ribellione (ma, molto spesso, una “ultima spiaggia”). Il crowdfunding non trova una definizione univoca, o meglio, una univoca modalità di realizzazione, pur essendo
solitamente identificato con la raccolta di risparmio da investire nel capitale di rischio di aziende innovative, le tanto famose start-up. In realtà si sono sviluppati, soprattutto nei paesi anglosassoni, più modelli, che qui si elencano per dare una veloce visione di insieme: donation, reward, lending ed equity crowdfunding. I primi due sono “socialmente-orientati”: il donation crowdfunding è una raccolta con scopi filantropici umanitari, una colletta vera e propria, dove l’aspetto umano è predominante (ne è esempio la “colletta” indetta in Facebook a favore di una iniziativa lodevole, lanciata da chi festeggia il compleanno, una versione moderna di “niente regali, ma opere di bene”). Il reward crowdfunding è animato dallo spirito partecipativo, magari in un progetto all’avanguardia, dal quale non si attende un ritorno economico (tutt’al più l’oggetto o servizio così lanciato), bensì la soddisfazione di poter dire “io c’ero!” (classico esempio di finanziamento di una start-up innovativa) (1). Infine, escluso da questo breve scritto, l’equity crowdfunding, finalizzato al finanziamento del capitale di rischio di un’azienda, focalizzeremo qui quello che solitamente e semplicemente viene definito “peer-to-peer lending” (finanziamenti su piattaforme), anche definito social lending: si tratta di un prestito di denaro erogato in un contesto di disintermediazione che, come anticipato, ha preso forza nei mercati anglosassoni quale risposta al credit crunch che colpì particolarmente le esigenze dei privati e delle P.M.I. a cavallo del 2008-2009 e tuttora (1) Di Lorenzo, Crowdfunding e start up innovative: tecnica redazionale, in Notariato, 2016, 437 ss.
DIRITTO DI INTERNET N. 1/2021
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