Diritto internet 1/21

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GIURISPRUDENZA CIVILE

IL COMMENTO

di Pasquale Mazza Sommario: 1. La vicenda. – 2. Rilievi critici. Davvero l’azione per risarcimento del danno extracontrattuale può rappresentare un’utile alternativa al rigetto in rito? – 3. Sulla restituzione dei dati personali. – 4. Le prospettive future e le perplessità attuali. Sempre più spesso i giudici della cautela sono chiamati a statuire sulla riattivazione degli accounts rimossi dal social network Facebook. Finora, invero, sono state adottate soluzioni anche assai confliggenti, sia negli esiti che negli argomenti. La vicenda che qui si commenta ha visto respinte in rito le istanze avanzate dagli utenti ex art. 700 c.p.c., in virtù di una conclusione, pur corretta, posta al termine di una motivazione che suscita qualche perplessità. L’ordinanza offre dunque, da una duplice prospettiva sostanziale e processuale, l’occasione per meditare sulla tutela del diritto costituzionale di espressione, nell’apparente contrasto che sembra oggi emergere con il principio dell’autonomia privata reclamata dai providers. More and more often the judges are requested to rule on the reactivation of the accounts removed from the social network Facebook. Indeed, very conflicting solutions have bene adopted hitherto, both in terms of results and arguments displayed. The case annotated saw the claims for preliminary injunctions rejected, by virtue of a conclusion which, although correct, comes at the end of a motivation that raises some doubts. The decision therefore offers, from a dual substantive and procedural perspective, an opportunity to reflect on the protection of the constitutional right of expression, in the apparent conflict that seems to emerge with regard to the principle of private autonomy claimed by the providers.

1. La vicenda

L’ordinanza in epigrafe trae origine da un’istanza cautelare mirante al ripristino di alcuni diritti fondamentali asseritamente lesi a causa dell’oscuramento di pagine e profili da parte di un popolare social network. Di seguito si offre un compendio dell’episodio. La Federazione Nazionale Arditi d’Italia (d’ora in avanti, FNAI) ed altre due persone fisiche – agenti sia in proprio sia quali legali rappresentanti dell’associazione – chiedevano al Tribunale di Trieste la riattivazione della pagina Facebook facente riferimento alla FNAI e dei loro rispettivi profili personali, tutti cancellati dopo la pubblicazione di contenuti rievocanti il fascismo. Nella specie, si riteneva essere stato violato il diritto costituzionale alla libertà di associazione (art. 18), a fronte di messaggi considerati come non contrastanti con la gamma di contenuti rispetto ai quali Facebook reputa intollerabile la visualizzazione e agisce pertanto in autotutela. A puntellare la pretesa vi era il richiamo alla ben nota pronuncia emessa – sempre in sede cautelare ex art. 700 c.p.c.– dal Tribunale di Roma rispetto all’oscuramento della pagina Facebook dell’associazione CasaPound (1),  (1) Tribunale di Roma, sez. spec. impresa, 12 dicembre 2019, in questa Rivista, 2020, 63 ss., con commento di Venanzoni, Pluralismo politico e dibattito pubblico alla prova dei social network, in Danno e resp., 2020, 487 ss., con nota di Quarta, Disattivazione della pagina Facebook. Il caso CasaPound tra diritto dei contratti e bilanciamento dei diritti, e in Foro it., 2020, I, 722 ss. In sede di reclamo, il Tribunale di Roma, sez. XII, 29 aprile 2020, in questa Rivista (versione online), ha affermato la natura ordinaria del contratto con Facebook, però comunque arrivando al rigetto del ricorso giacché sarebbe preclusa all’autonomia privata la possibilità di comprimere l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti. Da tale assunto si è tratto che l’esercizio del recesso non può andare a detrimento della libertà di associazione e di espressione, dovendo altrimenti configurarsi

laddove il giudice capitolino, per vero al termine di un ragionamento stringato e apodittico, ha qualificato il rapporto tra l’utente e la piattaforma social in termini non riducibili alla stregua di un comune rapporto privatistico, attesa la cruciale funzione che sembrano dispiegare oggigiorno questi nuovi strumenti di divulgazione (anche) del pensiero politico. Dalla natura simil-pubblicistica del ruolo dell’hosting provider, è disceso dunque l’asserto secondo cui quest’ultimo potrebbe disabilitare

– in assenza di una giustificazione oggettiva che in concreto non si è ravvisata – un recesso illegittimo, che dunque, similmente a quanto accade nell’ambito lavoristico, dà corso alla tutela manutentivo-ripristinatoria del rapporto contrattuale. In analoga direzione si era già mosso il Tribunale di Pordenone 10 dicembre 2018, n. 2139, in Juscivile, 2019, 292 ss., con nota di Calpona, Congelamento della pagina Facebook e lesione dei diritti all’identità e all’immagine. Nella fattispecie, era stato disattivato un account tramite cui l’utente aveva divulgato un video di una partita di tennis, chiaramente in violazione dei diritti riservati. Anche qui, in ragione di una ravvisata sproporzione nel rimedio della disattivazione, soprattutto in termini di lesione dei diritti costituzionali, il giudice ha ingiunto la riabilitazione del profilo, munendo peraltro l’istanza dell’astreinte. Facendo invece leva sul rischio di esclusione dal mercato per l’impresa il cui account su eBay era stato sospeso, vedi Tribunale di Catanzaro 30 aprile 2012, in Dir. dell’informazione e dell’informatica, 2012, 1174 ss., con nota di Aranguena, Sospensione di un account su eBay: il contratto telematico B2B tra accettazione point and click e tutela dell’accesso al mercato del commercio elettronico. In senso contrario alla possibilità di ripristinare l’account, ma per ragioni di merito anziché di rito come nell’ordinanza de qua, Tribunale di Roma, sez. diritti della persona e immigrazione civile, 23 febbraio 2020, e Tribunale di Siena, sez. unica civile, 19 gennaio 2020, in questa Rivista, 2020, 281 ss., con nota di Stella, Disattivazione ad nutum del profilo Faceboook: quale spazio per la tutela cautelare ex art. 700?. L’ordinanza romana è stata altresì pubblicata in Dir. dell’informazione e dell’informatica, 2020, 552 ss., con nota di Mazzolai, Hate speech e comportamenti d’odio in rete: il caso Forza Nuova c. Facebook.

DIRITTO DI INTERNET N. 1/2021

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