POMEZIA-NOTIZIE
Marzo 2022
“VOLLI, E VOLLI SEMPRE…”
IMPERIA TOGNACCI E “LA SPECULAZIONE ESTETICA E SIMBOLICA NELLA POESIA DI VINCENZO ROSSI” di Gianni Antonio Palumbo una monografia agile e pregevole quella che la scrittrice e saggista Imperia Tognacci ha dedicato a Vincenzo Rossi, scrittore nato a Cerro al Volturno, dapprima pastore e poi, dopo il conseguimento della laurea in Lettere, docente e dirigente scolastico, scomparso nel 2013. Il volume Volli, e volli sempre… La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi è stato edito da Genesi dopo aver ottenuto la “Dignità di Stampa saggistica” nel corso dell’edizione del 2020 del prestigioso premio I Murazzi, indetto dall’Associazione culturale Elogio della Poesia. L’autrice, Imperia Tognacci, originaria di San Mauro Pascoli, poetessa e narratrice di
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lungo corso sulla cui opera numerosi critici hanno espresso il loro apprezzamento, non è nuova al genere saggistico. Ha infatti più volte rivolto la propria attenzione all’opera di Giovanni Pascoli, pubblicando, tra l’altro, nel 2002 una monografia con le Edizioni del Centro studi letterari “Eugenio Frate”. Il volume su Vincenzo Rossi è seguito da una lucida postfazione di Francesco D’Episcopo, che si apre con la constatazione, confermata dal bel libro della Tognacci, dell’efficacia della cosiddetta “critica degli scrittori”. Lo scritto di Imperia Tognacci si segnala infatti per la finezza della lettura e per il pregio di uno stile elegante e limpido al contempo, che non perde mai di vista il fine della chiarezza comunicativa. L’opera è suddivisa in sette capitoli, consacrati ad aspetti differenti della riflessione esegetica. Il primo traccia un profilo di Vincenzo Rossi, mirato a cogliere l’essenza dell’uomo e del poeta, precisando l’intento di non procedere in ordine cronologico nella rassegna delle opere dell’autore, ma semmai di voler fornire una descrizione caratterizzante della sua produzione lirica. Emerge subito il profondo senso della natura di Rossi (condiviso peraltro dalla stessa Tognacci poetessa; basti citare, in tal direzione, lo splendido Prigioniero di Ushuaia), alimentato da “gli eterei orizzonti delle diverse visuali del suo Citerone”, dai primi anni della sua esistenza trascorsi en plein air, dalla capacità innata di “far germinare nei suoi scritti le voci di tutte le creature che popolano il silenzio e la pace dei monti e delle valli della sua terra, il Molise”. Fondamentale appare per Rossi la dimensione della solitudo, quella medesima solitudine che per Petrarca era vivificante se animata dai libri e che, anche per Rossi, diventa – a contatto con la Natura – occasione di autoauscultazione per sondare le profondità dell’uomo interiore. Nel secondo capitolo, emerge l’attitudine all’impressionismo del Nostro, in uno stimolante confronto con le caratteristiche del fanciullino pascoliano. Il terzo focalizza il tema dell’antropomorfismo, evidente perfino nei